L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un borgo o in un
centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. Le case
disabitate diventano le camere di una struttura che è in grado di offrire tutti i servizi alberghieri in
un contesto di autenticità. L’albergo diffuso è la grande occasione per il sistema di offerta italiano
di sperimentare e proporre ai mercati della domanda stili di ospitalità originali, nei quali proporre il
proprio approccio ospitale, la propria cultura dell’accoglienza, senza prendere in prestito procedure
e modalità gestionali standard.
La prima idea di albergo diffuso prende origine in Carnia, a seguito del terremoto del 1976, dalla
necessità di utilizzare a fini turistici case e borghi disabitati, e ristrutturati a fini abitativi. Il termine
“albergo diffuso” viene utilizzato per la prima volta nel 1982 all’interno del “progetto pilota
Comeglians” portato avanti da un gruppo di lavoro che si avvale della consulenza di Giancarlo
Dall’Ara. Esso si distingue per il fatto di offrire al turista l’opportunità di vivere un’esperienza
unica, all’interno di borghi antichi colmi di storia e di cultura, al cospetto di una natura
incontaminata e affascinante.
Per assistere alle prime parziali realizzazioni dell’idea di AD, però occorre aspettare gli anni ’90.
Tra i motivi che hanno ritardato il passaggio dall’idea dell’Albergo Diffuso alla realizzazione
concreta vi sono tre ordini di problemi:
problemi di tipo normativo: bisogna infatti aspettare il 1998 per vedere in Italia, e
precisamente in Sardegna, la prima normativa che permette agli AD di essere riconosciuti e
di poter operare a tutti gli effetti;
resistenze culturali: i proprietari di case preferivano affittare secondo modalità tradizionali i
loro locali, o preferivano tenere vuote le abitazioni piuttosto che avventurarsi in soluzioni
giudicate troppo innovative;
problemi di definizione e di messa a punto del modello ospitale.
Sono molti i motivi per i quali il numero degli alberghi diffusi è ancora ridotto, rispetto all’enorme
potenziale del nostro Paese. In primo luogo gli ostacoli normativi: anche se oggi l’Albergo Diffuso
è normato in tutte le regioni del Paese (con la sola eccezione della Provincia Autonoma di Bolzano),
quasi la metà delle Regioni non ha un regolamento attuativo, e ciò impedisce di fatto la nascita di
strutture che, offrendo il soggiorno ed i servizi in case pre-esistenti, riescano anche a garantire tutti i
servizi alberghieri.
In secondo luogo la mancanza di una adeguata conoscenza del modello dell’Albergo Diffuso,
spesso confuso con altri modelli di ospitalità diffusa, ad esempio con il Paese Albergo, o con forme
spontanee ed ibride di ospitalità orizzontale, che si attivano sempre più spesso nei borghi in
concomitanza con l’Alta Stagione o in occasione di eventi particolari, ma che nulla hanno a che
vedere con una struttura di carattere alberghiero come l’Albergo Diffuso. Un altro motivo per il
quale l’Albergo Diffuso non è ancora sufficientemente presente in molte realtà del Paese è la
mancanza di misure di incentivazione specifica, o di deroghe di carattere urbanistico che
permettano a chi vuole dare vita ad una esperienza di Albergo Diffuso, di poter conservare
l’autenticità della proposta anche dal punto di vista strutturale.
Per ovviare alle discordanti leggi regionali, e per tutelare i principi su cui si basa il vero Albergo
Diffuso, è nata l’Associazione Nazionale degli Alberghi Diffusi che riconosce 82 Alberghi Diffusi
dal Friuli alla Sicilia, dalla Sardegna al Lazio. Le regioni con la maggiore concentrazione di AD
sono Lazio, Umbria, Sardegna e Toscana.
La particolarità di tale formula risiede nel fatto che non prevede la costruzione di nuovi edifici o di
nuove strutture ma recupera quelle già esistenti, evitandone l’abbandono e il degrado. Le camere ed
i connessi servizi ricettivi sono ubicati all’interno di unità abitative pre-esistenti, mentre l’attività di
ristorazione può essere svolta anche in un centro esterno, comune a tutte le unità.
Essendo qualificato come albergo, rispettando la normativa nazionale (legge n. 217 del 17 maggio
1983, ai cui artt. 6-7 definisce le tipologie di strutture ricettive) deve presentare almeno sette camere
gestite in modo unitario, offrire un servizio di assistenza continuativo, un punto ristoro, mentre è
facoltativo il servizio di ristorazione interna. Le differenze rispetto ad un albergo tradizionale sono
numerose e legate soprattutto alla forte integrazione dell’Albergo Diffuso nel territorio in cui sorge
e nella comunità in cui viene realizzato, grazie alla quale è possibile presentare un’offerta in cui il
turista sia considerato non un estraneo di passaggio, ma un abitante del luogo.
La formula dell’Albergo Diffuso, così come anche gli altri modelli propri dell’Ospitalità Diffusa, si
presenta come proposta flessibile ed adattabile a diversi contesti e territori. Ciò nonostante è
richiesta la presenza di determinati requisiti affinché si presentino le condizioni necessarie per poter
effettivamente realizzare simili progetti di ospitalità.
Un primo elemento che bisogna considerare è il tipo di territorio, di borgo, o di località nel quale far
sorgere l’Albergo Diffuso, che non deve essere privo di attrattive di tipo naturalistico, storico, o
culturale. Un altro requisito è dato dall’effettiva disponibilità di stanze, case, appartamenti, il cui
posizionamento dovrebbe risultare adeguato da un punto di vista sia logistico (vicinanza tra loro,
vicinanza alla hall centrale e relativa facilità di raggiungimento ecc.) che architettonico (ciò che
riguarda la dimensione, l’aspetto esteriore, la sicurezza, l’arredo, il comfort e i servizi di cui sono
dotate le stanze). Oltre a questo bisogna verificare la presenza di spazi utilizzabili per la fornitura
dei servizi comuni e tutti gli altri servizi ed attività che vengono fornite alla clientela dell’albergo.
Tali spazi, inoltre, devono collocarsi sufficientemente vicino a tutte le unità abitative, in modo tale
da poter garantire facile fruizione da parte degli ospiti.
Oltre alle attrattive di tipo turistico presentate dalla località e dal territorio circostante, che risultano
necessarie per interessare i flussi turistici e per stimolarli a trascorrere un soggiorno in quell’area, è
importante che il borgo nel quale sorge l’albergo presenti un certo grado di vivacità, ovvero offra
servizi, possibilità di svolgere attività diverse (passeggiate, escursioni, visite, ecc.) e che,
soprattutto, garantisca agli ospiti esperienze che li avvicinino alla vita rurale della comunità. Qui
interviene un importante aspetto della gestione dell’Albergo Diffuso, poiché bisogna essere in grado
non solo di avviarne l’attività e poi di coordinare tutti gli attori e gli operatori coinvolti, ma
mantenere sempre attrattivo il borgo e il luogo attraverso l’organizzazione di eventi, manifestazioni,
e varie iniziative che coinvolgano quanto possibile i residenti e permettano la valorizzazione del
patrimonio locale nel suo complesso.
Oggi gli alberghi diffusi in Italia sono circa 120, di questi 13 sono in Sardegna, prima regione
italiana ad aver riconosciuto l’albergo diffuso come un modello di ospitalità originale, distinto dagli
altri: una impresa concepita per sviluppare il turismo sostenibile nei borghi del nostro Paese,
offrendo tutti i comfort di una sistemazione alberghiera.
Gli altri Alberghi Diffusi si trovano prevalentemente nel centro-sud del paese, mentre sono di meno
le realtà attive nelle regioni del nord, Toscana a parte.
L'albergo diffuso è una struttura ricettiva turistica la cui formula si è rivelata assai adatta per
comuni, frazioni e borghi che ospitano centri storici dotati d’interesse culturale e di particolari
attrattività. Lo stesso nasce per offrire un'esperienza di soggiorno all'interno di una comunità, di un
centro storico, a cui il turismo può fornire lo stimolo per la nascita e lo sviluppo di nuovi servizi e la
opportunità di crescita attraverso la valorizzazione dei prodotti del territorio, dell'ambiente e della
cultura dei luoghi.
Con decreto presidenziale del 2 febbraio 2015, n. 7 (pubblicato sul supplemento ordinario della
G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2015), sono state approvate le “Norme per il riconoscimento
dell’Albergo Diffuso in Sicilia”. Il comune è individuato come la pubblica amministrazione
competente ad assumere provvedimenti, conseguenti alla verifica dei requisiti presupposti, per lo
svolgimento dell’attività di “albergo diffuso”.
L’Art. 1 ne definisce le finalità e l’ambito di applicazione
L’Art. 2 riguarda la definizione tipologica affermando che “Le unità abitative di cui è costituito
l’albergo diffuso sono situate nel centro storico e/o nel borgo rurale o marinaro, nonché nelle aree
individuate dai comuni nei quali gli strumenti urbanistici non prevedono l’individuazione di centro
storico (zona A). L’albergo diffuso può essere ad apertura annuale (quando effettua un periodo di
attività di almeno nove mesi, anche non consecutivi) oppure ad apertura stagionale (quando effettua
un periodo di attività inferiore a nove mesi, anche non consecutivi, con un minimo di cinque mesi).
L’Art. 3 del regolamento definisce, anche con norme di dettaglio, quali sono i requisiti che l’albergo
diffuso deve possedere.
L’Art. 4 riguarda i requisiti per la classifica.
Ai fini dell’attribuzione dei livelli di classificazione, sulla base della normativa vigente per le
attività ricettive per l’albergo diffuso, si tiene conto dei parametri relativi agli esercizi di
affittacamere compatibilmente con il carattere di ricettività diffusa in ragione del quale non si
applica il limite di sei camere. I requisiti minimi, in atto stabiliti dalla normativa, sono riportati
nell’allegato al Regolamento.
L’Art. 5 disciplina l’avvio e l’esercizio dell’attività.
L’apertura, il trasferimento e le modifiche riguardanti l’esercizio dell’albergo diffuso sono soggetti
alla segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) di cui all’articolo 22 della legge regionale 30
aprile 1991, n. 10 e successive modificazioni presentata dal titolare o, se persona diversa, dal
gestore e dal suo eventuale rappresentante legale ovvero in caso di persona giuridica dalla persona
che ne ha la rappresentanza legale con menzione del mandato, al Comune in cui è ubicata la
struttura.
La SCIA è presentata allo sportello unico per le attività produttive del comune territorialmente
competente (SUAP) e deve contenere tutti gli elementi indicati nel Regolamento.
Il Comune è individuato come la Pubblica Amministrazione competente ad assumere
provvedimenti, conseguenti alla verifica dei requisiti presupposti, per lo svolgimento dell’attività di
“albergo diffuso”.
Gli alberghi diffusi devono essere conformi alle prescrizioni di sicurezza, edilizie ed igienico-
sanitarie.
L’Art. 6, al comma, 1 sancisce l’applicabilità delle nome e dei regolamenti vigenti per le
strutture ricettive per quanto riguarda:
a) la comunicazione e la pubblicità dei prezzi e dei periodi di apertura;
b) gli adempimenti in materia di pubblica sicurezza;
c) la comunicazione dei dati relativi alla rilevazione dell'ISTAT dei flussi turistici.
BIBLIOGRAFIA
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