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Il Romanticismo musicale

Con il termine Romanticismo ci si riferisce a quella corrente artistico letteraria


che si afferma all’inizio dell’Ottocento e permea tutta la cultura del periodo, esaltando (in
netto contrasto con la filosofia settecentesca) la superiorità del sentimento e
dell’immaginazione, rispetto all’oggettività della ragione.
Il Romanticismo coinvolge tutte le espressioni artistiche ed in particolare la musica.
Il musicista infatti viene visto ora come il “poeta dell’animo umano”, colui che con
la sua musica può portare alla luce gli aspetti più profondi e nascosti dell’individuo.

Il musicista trova dunque un nuovo posto all’interno della cultura e della società:
forte del proprio valore artistico, egli afferma ora la propria totale libertà creativa.
Il desiderio di rappresentare fedelmente il proprio mondo interiore, descrivendo
musicalmente atmosfere e sensazioni, porta i musicisti romantici a creare brani ricchi di
contrasti di ogni genere.
In molti di essi si incontrano forti sbalzi di intensità, cambi di ritmo e di
velocità, nette contrapposizioni di colore e di atmosfera, mentre la melodia
diventa sempre più cantabile e appassionata e acquista un ruolo di
primaria importanza nella composizione.

L’Opera nel Romanticismo


Mentre la musica strumentale si sviluppa soprattutto nei Paesi di cultura tedesca, l’opera è
il genere che caratterizza la musica e la cultura italiana dell’Ottocento.
L’opera buffa, pur non scomparendo del tutto, va progressivamente declinando, perché
non risponde al desiderio di intensità e drammaticità tipico dell’arte romantica. Tra i
compositori che si dedicano ancora al genere settecentesco dell’opera buffa il più
importante è sicuramente Gioacchino Rossini (1792-1868).
La musica di questo grande compositore è spesso brillante ed energica, ma quello che la
rende inconfondibile è la presenza dei famosi crescendo: si tratta di
una tecnica che consiste nel ripetere più volte la stessa cellula ritmico-melodica, ogni volta
con un’intensità maggiore, dovuta anche all’aggiunta progressiva di nuovi strumenti.

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Secondo il musicista l’orchestra non doveva solo accompagnare i cantanti, ma essere con
loro protagonista.
Dai suoi contemporanei Rossini è apprezzato soprattutto per le doti di immediatezza e di
allegria presenti in molta parte della sua produzione. La critica moderna ha messo in luce
la profondità dell’opera rossiniana anche quando questa si muove nel genere comico.
Dotato di una facilità di invenzione straordinaria (famoso l’aneddoto secondo cui egli
preferiva riscrivere una pagina di musica caduta in terra piuttosto che chinarsi a
raccoglierla), capace (come Mozart) di caratterizzare psicologicamente i personaggi delle
proprie opere, Rossini è insuperabile nel trattamento ritmico e dinamico delle voci e
dell’orchestra e rappresenta una tappa fondamentale nell’evoluzione del teatro musicale
dagli ideali illuministici del Settecento verso la sensibilità romantica ottocentesca.

Video 1 e 1bis : Gioacchino Rossini, dall’opera “Il Barbiere di Siviglia”, “Ouverture” e


“Largo al Factotum”
“Il Barbiere di Siviglia” è un’opera buffa in due atti composta da Rossini nel 1816 in
collaborazione con il librettista C. Sterpini.
L’ouverture
è il classico brano strumentale che viene eseguito dall’orchestra all’inizio dell’opera. Le
ouverture di Rossini sono molto conosciute (oltre a quella che ascolteremo anche quelle,
ad esempio, quelle delle opere “La Gazza Ladra” e il “Guglielmo Tell”) e spesso vengono
eseguite dalle orchestre in concerto, estrapolandole cioè dal contesto operistico.

“Largo al Factotum”
Siamo nella parte iniziale dell’opera il protagonista Figaro si presenta per la prima volta in
scena e illustra le sue doti di tuttofare (factotum).
L’ aria iniziale dell’opera, nella quale il protagonista si presenta per la prima volta, prende il
nome, nel gergo operistico, di cavatina.

Le vicende drammatiche e sentimentali, il ritmo incalzante dell’azione, l’interesse per la


storia e il patriottismo sono le caratteristiche principali dell’opera italiana dell’Ottocento.
Oltre a Vincenzo Bellini e a Gaetano Donizzetti la figura emergente dell’opera italiana
ottocentesca è Giuseppe Verdi.

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La vita
Giuseppe Verdi nasce nel 1813 a Roncole, una piccola frazione del paese di Busseto,
nell’allora Ducato di Parma governato dagli Austriaci. La sua famiglia è di umili origini.
Verdi manifesta un precoce talento musicale, e grazie all’aiuto economico di Antonio
Barezzi, un ricco commerciante appassionato e intenditore di musica, riesce a compiere i
primi studi musicali. All’età di 18 anni sempre grazie all’aiuto del suo benefattore e tutore
Barezzi, si reca a Milano per sostenere l’esame d’ammissione al conservatorio, dove viene
clamorosamente respinto. La bocciatura al Conservatorio (che oggi paradossalmente
porta il suo nome) passa alla storia, anche se, a parziale scusante degli esaminatori, Verdi
viene giudicato come pianista e non come compositore. Barezzi lo sostiene ancora,
garantendogli un sussidio per rimanere a Milano e pagarsi lezioni private di musica.
Nel1836 il musicista, terminati gli studi, vince un concorso come maestro di musica a
Busseto, qui sposa la figlia di Barezzi, dalla quale ha due figli.
Ma le ambizioni del giovane Verdi sono altre: conquistare il palcoscenico del Teatro alla
Scala e così, con la famiglia, si trasferisce a Milano.
Purtroppo gravi lutti famigliari incombono sul maestro (perde in breve tempo i due figlioletti
e la moglie) che decide di lasciare Milano per far ritorno a Busseto. Negli anni seguenti si
dedica completamente alla musica e finalmente, nel 1842, arriva il primo grande successo
con l’opera “Nabucco” .
In quest’opera si narra dell’oppressione degli Ebrei da parte dei Babilonesi e venne
interpretata dai patrioti italiani come metafora dell’allora dominazione austriaca.
Dopo il Nabucco le opere di Verdi si succedono con grande frequenza e il compositore
conquista progressivamente il gradimento del pubblico italiano.
Nel salotto milanese della contessa Maffei conosce letterati, intellettuali e patrioti che
vogliono liberare l’Italia dalla dominazione straniera e fare di un Paese diviso in tanti stati
un’unica nazione. Verdi affida gli ideali patriottici alle sue opere: come nel Nabucco anche
nelle sue successive opere “I Lombardi alla Prima Crociata” e “La Battaglia di Legnano”
(che rievoca la battaglia dei comuni dell’Italia settentrionale, nel XII secolo, contro
l’imperatore Federico Barbarossa) il riferimento nascosto al patriottismo è ancor più
palese.
Quando nel 1859 il re di Sardegna Vittorio Emanuele II decide di intervenire contro
l’Austria per liberare il Lombardo-Veneto, si diffonde rapidamente, nei teatri e sui muri
delle case, lo slogan “Viva V.E.R.D.I” (acronimo di Vittorio Emanuele Re D’Italia).

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Questo grande musicista è considerato, quindi, il simbolo musicale del Risorgimento
italiano perché, con i riferimenti delle sue opere alla propria realtà storica,
evocata con enfasi dalle sue struggenti melodie, ha contribuito ad accendere gli animi dei
patrioti italiani.
La scomparsa di Bellini e di Donizetti lascia il campo libero a Verdi che , ormai celebre e
popolare, si afferma come il maggiore compositore dell’opera italiana.
La sua musica è semplice, ma ricca di energia e passione. Le sue arie più famose
vengono cantate per strada dalla gente, riproposte dagli organetti e dalle bande musicali.
Dal 1851 al 1853 Vedi compone la famosa trilogia popolare composta dalle tre opere
“Rigoletto”, “Il Trovatore” e “La Traviata”, nelle quali i protagonisti, travolti da grandi
passioni, esprimono tutta la loro umanità.
Verdi è il musicista più popolare dei teatri di tutta Europa. Nel 1870 in occasione dei
festeggiamenti per l’apertura del Canale di Suez gli viene commissionata un’opera, nasce
così una delle più conosciute fra tutte le opere mai scritte: “Aida” ambientata storicamente
al tempo del glorioso Egitto dei faraoni.
Anche se la produzione musicale di questo grande musicista è quasi interamente dedicata
al repertorio operistico negli ultimi anni della sua vita si dedica anche alla musica sacra:
nel 1874 compone la “Messa da Requiem” per onorare la morte di Alessandro Manzoni,
una delle grandi figure del Risorgimento letterario, per il quale nutre grande stima e
amicizia.
Verdi si spegne il 27 gennaio 1901 in un albergo milanese, a testimonianza del grande
affetto di cui gode, i milanesi, per non disturbare gli ultimi suoi giorni di vita, cospargono di
paglia la strada che costeggia l’albergo, al fine di attutire il rumore delle carrozze e dei
cavalli.
Video 2 : G. Verdi, dall’opera Nabucco (atto 3°), coro “Va’ Pensiero”.
L’opera Nabucco è ambientata storicamente nel 592 a.C., quando gli ebrei erano ridotti in
schiavitù dai babilonesi.
Alla prima lettura del libretto Verdi colse subito la somiglianza fra la vicenda della schiavitù
del popolo ebraico e l’allora condizione della sua patria, dominata dagli austriaci.
Decise, così, di sottolineare gli ideali di patriottismo con una musica intensa e
appassionata.
Al momento del celeberrimo coro “Va pensiero” gli ebrei sono costretti ai lavori forzati
lungo la riva del fiume Eufrate. Essi intonano un canto colmo di nostalgia e amore per la
loro patria lontana. Il coro inizia con un pianissimo per crescere lentamente, seguendo lo

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sviluppo dei sentimenti. In particolare le parole “oh mia patria si bella e perduta” sono
sottolineate da un evidente crescendo.
I cori nelle opere sono spesso polifonici (cantano cioè diverse note contemporaneamente),
ma nel coro del Nabucco Verdi ha scritto tutte le voci volutamente “all’unisono”, per
sottolineare simbolicamente il medesimo intento che le accomuna.

Video 3: G. Verdi, da “La Traviata”, “Libiam ne’ Lieti Calici”


La Traviata viene rappresentata per la prima volta a Venezia nel 1853.
La vicenda è tratta dal romanzo “La Signora delle Camelie” di Alexandre Dumas figlio, che
narra una vicenda contemporanea.
Violetta, una donna dalla vita sentimentale travagliata, durante una festa conosce il
giovane Alfredo e sene innamora. Il padre di lui la scongiura di troncare la relazione e
Violetta, per il bene di Alfredo, accetta e abbandona il giovane, che ne soffre moltissimo.
Alla fine, quando il padre gli rivela la verità, Alfredo corre dalla donna amata, ma è troppo
tardi: Violetta, ammalata di tisi, muore tra le sue braccia.
Il brano ci porta nella casa di Violetta (soprano), dove si sta svolgendo una festa. Alfredo
(tenore) e Violetta si sono appena conosciuti, brindano insieme e subito sboccia fra loro
l’amore.

Video 4: G. Verdi, da “Aida”, “Marcia trionfale”.


L’Aida è ambientata in Egitto al tempo dei faraoni: Radames, un valoroso capitano
egiziano, viene incaricato di contrastare l’invasione dell’esercito etiope. Egli è innamorato
di Aida, una schiava etiope che è combattuta tra l’amore per Radames e l’affetto per il suo
popolo.
Durante un incontro amoroso Radames rivela ad Aida un segreto di guerra. L’incontro è
spiato dal padre di Aida che riesce a carpire il segreto. Amareggiato Radames si
consegna nelle mani del gran sacerdote che lo condanna a morte. Inaspettatamente trova,
nel luogo dell’esecuzione, Aida che affronta la morte con lui.
Siamo nel secondo atto al momento della Marcia trionfale: Radames torna vittorioso con il
suo esercito nella città di Tebe.

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Fino alla fine del Settecento quasi tutti i libretti d’opera erano in italiano.
Nell’Ottocento invece, in seguito all’affermarsi di un pensiero romantico che esalta gli
ideali del nazionalismo e del patriottismo, nasce in ogni paese europeo l’opera nazionale
in cui si inseriscono, oltre alla lingua madre, aspetti della cultura e delle tradizioni proprie
di ogni popolo.

Il grande innovatore del melodramma ottocentesco è il tedesco


Richard Wagner (1813_1883).
In quanto studioso di letteratura e filosofia, questo grande musicista incarna più di
qualunque altro la figura dell’artista romantico: concepisce l’opera d’arte come una
sinergia tra tutti i linguaggi artistici. Egli, infatti, non si occupa solo della musica, ma scrive
personalmente anche il libretto delle sue opere, ponendosi come obiettivo il creare l’“opera
totale” che raggruppi varie forme d’arte.
Le opere di Wagner si basano su melodie infinite: un flusso musicale continuo che passa
in modo molto libero dall’orchestra, al coro, ai cantanti, senza interruzioni né schemi
precostituiti.
A questo musicista si deve anche la rivoluzionaria invenzione leitmotiv.
Si tratta di una particolare melodia che è associata simbolicamente a persone, luoghi,
oggetti o sentimenti. Questa associazione viene continuamente ribadita nel corso
dell’opera, tant’è che ad un certo punto non serve più che ci sia una presenza sul palco;
persone, luoghi, oggetti o sentimenti vengono richiamati alla memoria dello spettatore
semplicemente all’udire quella musica a loro associata.
Conscio del potere evocativo della musica Wagner ha creato un espediente scenico che
oggi viene utilizzato in molte realizzazioni cinematografiche.
Nel 1876 grazie all’aiuto del re Luigi II° di Baviera, suo grande ammiratore, concretizza un
suo progetto: la costruzione di un teatro a Bayreuth, tuttora all’avanguardia per la resa
acustica e sede di importante festival musicale in suo onore.

Video 5: R. Wagner, da “La Valchiria”, “La Cavalcata delle Valchirie”.


La Valchiria è una delle quattro opere che fanno parte del più imponente lavoro
musicale dell’Ottocento: la tetralogia (raccolta di quattro opere) dell’”Anello dei
Nibelunghi”, formata dalle quattro opere “L’oro del Reno”, “La Valchiria”, “Sigfrido” e “Il
Crepuscolo degli Dei”.

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La tetralogia è stata scritta interamente (musica, testi scenografie e coreografie) da
Wagner, che impiegò ben vent’anni per completare il lavoro!
La vicenda narra del fantastico e mitologico mondo dei Nibelunghi: le Valchirie, figlie del
potente re degli dei Wotan, sono temibili donne guerriere che cavalcano magici destrieri
alati. La valchiria Brunilde ha osato ribellarsi al padre e Wotan, adirato, scatena una
tremenda tempesta e la declassa da dea a donna mortale abbandonandola su un colle
circondata da lingue di fuoco. Brunilde chiede aiuto alle sorelle che arrivano in suo
soccorso cavalcando nella terribile tempesta.
L’orchestrazione ha una grande capacità descrittiva: il tema delle valchirie è annunciato in
modo possente dagli ottoni, le folate di vento e la pioggia della tempesta sono
rappresentate dalle note degli archi ripetute molto velocemente e l’urlo guerriero delle
Valchirie da una scala discendente di tutta l’orchestra.

L’inno nazionale, una musica del Risorgimento


Oltre al ruolo determinante di Giuseppe Verdi come compositore del Risorgimento, il brano
simbolo del Risorgimento italiano è senz’altro il nostro inno nazionale: l’Inno di Mameli.
Potrebbe essere questo forse l’unico caso nella storia ove un brano musicale porta il nome
di chi ha scritto le parole e non di chi ha scritto la musica.

Goffredo Mameli è stato infatti il poeta genovese che nel 1827 ha scritto le parole del
nostro inno nazionale. Probabilmente l’inno porta il suo nome per il fatto che le parole
richiamano la storia d’Italia e probabilmente anche in onore dello stesso Mameli, che è
stato un eroe combattendo come patriota per la causa risorgimentale e morendo a soli 22
anni.
Ugual merito va comunque anche al musicista Michele Novaro, genovese anch’egli
(come l’amico Mameli) perchè ha scritto le note che tutti cantiamo con la mano sul cuore.

La musica strumentale
La musica strumentale, proprio perché non accompagnata da un testo cantato, diventa nel
Romanticismo, ed in particolare nei paesi di lingua tedesca, la musica per eccellenza:
quella che esprime ciò che vi è di più profondo nell’animo umano, capace di superare i
confini della realtà e di esprimere l’infinito.

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La musica per orchestra
Ascolto 6: F. Mendelsson (1804-1847), sinfonia n° 4 “Italiana”, 1° mov, allegro vivace
Mendelsson, un grande compositore tedesco del’epoca romantica, scrive questa sinfonia
dopo un viaggio in Italia (1831) .
Agli occhi del giovane compositore, abituato alle atmosfere nordiche, i suoni, i colori e i
paesaggi del nostro paese appaiono come qualcosa di meraviglioso; Mendelssohn li
descrive in questa sinfonia dallo slancio gioioso e brillante.

Video 7: F. Schubert (1797-1828), sinfonia n° 8 “incompiuta” 1 mov.


Questa sinfonia, scritta nel 1822, è chiamata incompiuta perché composta di due
movimenti anziché dei tradizionali quattro (non si sa se Schubert la considerasse
terminata o se ne avesse semplicemente rinviato la conclusione).
La storia di questa composizione è abbastanza singolare: Schubert, nel 1823, ne aveva
donato il manoscritto alla “Società degli amici della musica” come ringraziamento alla sua
nomina di socio onorario, ma la sinfonia non fu mai eseguita e se ne persero le tracce.
Dopo ben quarant’anni dalla morte del compositore, per un caso fortuito, il manoscritto è
stato ritrovato e oggi questa sinfonia è, tra tutti i brani di Schubert, uno dei più conosciuti.
La caratteristica più evidente di questo brano è la dinamica: l’alternanza dei piano e dei
forte, dei crescendo e dei diminuendo crea un’atmosfera molto contrastata e inquieta.

Con l’avvento del Romanticismo la musica strumentale diventa più coinvolgente ed


intensa, ma anche, e soprattutto, descrittiva e rappresentativa.
I musicisti del romanticismo perseguono questo intento attraverso un potenziamento a
dell’organico orchestrale ed un conseguente arricchimento timbrico, che conferiscono
all’orchestra una maggiore possibilità sonora e consentono ai compositori di ottenere
maggiori sfumature nelle loro descrizioni.

La sinfonia resta una delle forme compositive più importanti per l’organico orchestrale, ma
spesso si ispira a testi letterari e a poesie, illustrando situazioni precise secondo lo spirito
di musica che viene definita “a programma”
Un grande innovatore in questo senso è Ector Berlioz (1803-1869), egli ha l’idea di
distribuire in sala, prima dell’esecuzione della sua Sinfonia fantastica, un testo letterario
che ha lo scopo di illustrare quello che la sua musica vuole descrivere.

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Video 8: E. Berlioz , sinfonia “Fantastica”, 4° mov, “marcia al supplizio”
La sinfonia Fantastica è un modello di musica a programma: attraverso la musica Berlioz
ci racconta una storia ricca di immagini e sensazioni.
La storia (autobiografica) narra di un giovane artista che si innamora perdutamente di una
donna e vive questo amore tra momenti di sconforto e momenti di esaltazione. In questo
movimento l’artista sogna di uccidere la donna amata e per questo essere condannato a
morte.
Nella marcia al supplizio l’artista è quindi scortato alla ghigliottina, il tempo di marcia
drammatica è alternato al tema degli ottoni che simboleggia l’umore alterno dell’artista tra
il dramma del momento e la felicita dell’amore per l’amata. Un attimo prima della
ghigliottina (il colpo “secco” di tutta l’orchestra) c’è un momento di estrema dolcezza (le
note del clarinetto solo) nel quale gli appare l’immagine della donna amata in tutto il suo
candore.
Berlioz usa un organico orchestrale molto ricco e vario ed un usa timbro degli strumenti in
modo del tutto innovativo.

Il Poema sinfonico
Come sviluppo ulteriore della musica a programma nell’Ottocento si afferma un nuovo
genere di musica strumentale per orchestra: Il Poema sinfonico. Di forma più libera del
concerto e della sinfonia, questa composizione è ispirata a soggetti letterari, o artistici
(una poesia, un poema, un personaggio della letteratura, un dipinto), ad argomenti
naturalistici (il mare, la montagna) o autobiografici (un momento di vita vissuta). È questa
la forma che più di altre realizza quell’unione tra le arti tipica del Romanticismo.

Video 9: Modest Mussorgskij , “Una notte sul Monte Calvo”


Modest Mussorgskij (1839-1881) è uno dei più importanti compositori russi del
Romanticismo.
Assieme ad altri quattro suoi colleghi e connazionali formò il cosiddetto “Gruppo dei
Cinque”, che aveva l’intento di valorizzare a la musica russa creando composizioni che al
loro interno includessero degli elementi caratteristici della tradizione musicale russa, e
preservando quest’ultima dalle influenze della musica occidentale.
La valorizzazione del patrimonio musicale tradizionale autoctono non è un caso solo
russo, sull’onda del nazionalismo che nell’Ottocento contagia tutta Europa, anche in altri

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paesi europei ci sono state tendenze analoghe. Questo fenomeno è conosciuto, nella
storia della musica, con il nome di Scuole Nazionali .
“Una Notte sul Monte Calvo” è un poema sinfonico che descrive un sabba, cioè un raduno
di streghe che, secondo una leggenda, si tiene ogni anno sul Monte Calvo, nelle vicinanze
di Kiev (in Ucraina). Nel sabba, che prosegue tutta la notte, le streghe si incontrano col
diavolo finché al mattino il rintocco della campana di una piccola chiesa annuncia il
sorgere del sole e gli spiriti si disperdono.

Il concerto: la musica dei grandi virtuosi


Il concerto è l’altra forma musicale per orchestra che acquista una connotazione
spiccatamente romantica: il virtuosismo dello strumento solista è esasperato in modo da
coinvolgere in modo intenso l’ascoltatore, che rimane letteralmente colpito nell’ascoltare
ora cadenze di una velocità impressionante o pianissimi di una dolcezza mozzafiato.
Nel Romanticismo si afferma la figura del grande solista virtuoso che è spesso anche
compositore di musiche dedicate al proprio strumento. I musicisti più rappresentativi in
questo senso sono sicuramente i pianisti Franz Liszt e Frederich Chopin ed il
leggendario violinista

Niccolò Paganini (1772-1840).


Niccolò Paganini è considerato come il più grande violinista di tutti i tempi. Personaggio
stravagante, sempre vestito di nero, dalla vita irrequieta e sregolata, sul palcoscenico
incanta gli ascoltatori con la sua bravura, e nemmeno lo spezzarsi di una corda del violino
durante un concerto riesce a fermarlo.
Per questo suo virtuosismo quasi “sovrumano” al suo tempo c’era chi pensava addirittura
che avesse fatto un patto col diavolo…
Paganini non è stato solo un grande virtuoso, ma anche un compositore che ha scritto
molti brani dedicati al suo strumento: fra i più conosciuti i 24 capricci per violino solo
(Video 8 Capriccio n° 16) e i sei concerti per violino e orchestra, tutti brani di difficilissima
esecuzione…

Video 10: N. Paganini, dal concerto per violino e orchestra “La Campanella”, 3°
mov, Rondò
In questo concerto (il 2° dei sei) Paganini ha voluto sperimentare l’inusuale accostamento
del timbro del violino con quello di uno strumento a percussione: una piccola campanella.
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Paganini spesso intratteneva il pubblico imitando col suo violino i più differenti fenomeni
della realtà sonora. Nel brano sentiremo il violino e la campanella che “dialogano” con una
incredibile somiglianza timbrica.
Paganini è stato un grande sperimentatore e innovatore per quanto riguarda la tecnica
violinistica: nell’eseguire questo brano oltre ai velocissimi passaggi con l’archetto e ai
rapidi pizzicati, il violinista è chiamato a destreggiarsi nella tecnica del balzato (il rimbalzo
“controllato” dell’archetto) e in quella dei suoni armonici (suoni acutissimi ottenuti
“sfiorando” le corde).

La musica da camera
La profonda trasformazione della società, avvenuta con le rivoluzioni di fine Settecento e
con l’era Napoleonica, ha favorito una nuova attenzione nei confronti delle arti e della
cultura.
Per i romantici l’artista è l’uomo capace, attraverso la sua arte, di rispondere agli
interrogativi dell’esistenza e, grazie al suo genio, di elevarsi al di sopra degli altri uomini.
Grande è il fascino esercitato sulla società da poeti, pittori e soprattutto dai musicisti, che
vengono contesi dalle famiglie borghesi, felici di trascorrere le serate in loro compagnia e
di farsi rapire dal fascino della musica.
In questo contesto il salotto borghese diventa un importante centro culturale dove
intellettuali ed artisti si incontrano creando un importante luogo di confronto tra i vari
linguaggi.
In questi luoghi non manca mai l’ascolto di un brano musicale, eseguito, visto l’ambiente
raccolto da un organico da camera o, più semplicemente, dall’unico strumento che non
manca mai: il pianoforte.
In epoca romantica il pianoforte regna dunque incontrastato, questo strumento diventa di
fondamentale importanza perché ne vengono esplorate le molteplici possibilità tecnico-
espressive e anche perché, grazie alla sua notevole versatilità, può riprodurre in modo
esemplificativo anche brani orchestrali.
I grandi solisti di questo strumento diventano anche compositori che scrivono brani di
breve durata e dallo schema libero (studi, improvvisi, notturni, fantasie, ecc.), e numerose
trascrizioni: nuove versioni di brani destinati in origine ad altri organici (soprattutto
orchestrali).

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I due grandi pianisti del Romanticismo sono Franz Liszt (1811-1886) e Fryderick Chopin
(1810-1849).

Video 11: N. Paganini-F. Liszt “La Campanella” per pianoforte.


Questo brano è la trascrizione (riscrittura di un brano già esistente) operata da Liszt
dell’omonimo brano scritto originariamente da Paganini per violino e orchestra.
Franz Liszt è stato uno dei più grandi pianisti del Romanticismo, ha rivoluzionato, insieme
a Chopin, la tecnica pianistica (era famoso per le sue lunghe dita…) e ha scritto numerosi
brani destinati al suo strumento.

Video 11: Fryderych Chopin “Notturno” in Mib maggiore op. 9 n° 2.


Video 12: Fryderych Chopin “Waltz” op. 64 n°2
Video 13: Fryderych Chopin “Ballade” in G Minor
Video 14: Fryderych Chopin “Fantasie Impromptu”
Chopin è una delle figure più rappresentative della musica romantica, il suo stile raffinato
ed elegante riesce ad evocare atmosfere delicate e quasi da sogno. Per questo motivo è
definito “poeta del pianoforte”.
Chopin è nato a Varsavia nel 1810 e morto a Parigi nel 1849 a causa di un’infezione
polmonare, è stato sepolto a Parigi, ma il suo cuore è conservato a Varsavia, nella chiesa
di Santa Croce.

L’esigenza di un’espressione più personale e poetica dà luogo nei Paesi tedeschi al lied
(canzone), una composizione per canto e pianoforte. Nei leader (plurale di lied) la musica
evoca le immagini suggerite dal testo poetico ed esprime le emozioni legate alle vicende
narrate (spesso derivate da leggende popolari, avventurose e fantastiche).
La riscoperta di questa tradizionale forma musicale (già in uso in Germania fin dal
Medioevo…) si deve soprattutto a Franz Schubert che ne è il massimo esponente (ne ha
scritti più di mille…).

Video 15: Franz Schubert “Ave Maria”


Il lied Canzone di Ellen, più conosciuto come Ave Maria, trae spunto da un poema del
poeta scozzese W. Scott, intitolato La Donna del Lago. Schubert ne ha musicato una delle
pagine più toccanti: La Canzone di Ellen, nella quale la protagonista invoca la Vergine
Maria Perché protegga il suo popolo minacciato dall’invasione dell’esercito nemico.

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