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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

PICCOLA BIBLIOTECA MALARNESI


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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

DELLO STESSO AUTORE:

Pellegrinaggio a Novi Ligure


Vita di Sant’Osso da Buco
Filosofia delle anguille
Passaggi a livello dell’Olanda nel XV secolo
Breve storia del Pongo
Se non ti andava bastava dirlo
Cavalli da tiro e altre cose da non tenere in salotto
Cacciatori di albicocche
Amici come prima
Crampi
L’amore ai tempi del termosifone
Storia del pinolo
Manuale di giurisprudenza ragionata del pattinaggio artistico

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

INDICE

INTRODUZIONE ........................................................................................ 5
OTTONE DIOCANE ......................................................................................... 7
EUGENIO NONFAPPO .................................................................................. 10
JOHNNY BACINELLO .................................................................................... 14
GIROLAMO CACCAMUCCO........................................................................... 19
AUSCULTO MORTACCI.................................................................................. 23
ARTEMISIO SCARTABELLO ........................................................................... 27
GIANNÀNSIA MANCALLI CANI ................................................................... 31
GIANNI PANISIO FALSETTO ........................................................................ 35
EFISIO SCARTABROCCHI .............................................................................. 41
EUSCROTO DA BELLINZONA ...................................................................... 46
EUCLIDIO CARTONGESSO ........................................................................... 50
KANGURO TURAFAWA ................................................................................. 55
SAN CALCARO DA RIDRACOLI .................................................................... 60
ZUMMO FISCIAI ............................................................................................. 64
CENTRODESTRO SINISTRONI ...................................................................... 69
DÀNDOLA SOCIALETTI ................................................................................ 75
BRAMO MUTANDE ........................................................................................ 78
IOLANDO GERUNDI...................................................................................... 81
BRUTTÒDIO TRISTERELLI ............................................................................ 85
HENTRO DARRETRO .................................................................................... 88
FISTIFACCHIO SBORRONI............................................................................. 91
GIOVANNENRICO MARIA DI CAZZOFRATTO........................................... 95

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OPULENZIO PIATTINI .................................................................................. 98


JEREMY (JERRY) MOLESTINO ....................................................................102
CENTAURO SFRACAGNI .............................................................................107
JOHNNY BRUTTODEE .................................................................................110
JOHNNY BLEBLENZIO ................................................................................115

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INTRODUZIONE
L’idea di una raccolta di biografie illustri ci venne un giorno,
mentre stavamo pascolando alcuni dromedari nei giardini
pubblici di Dresda. Ricordiamo ancora il momento in cui
una signorina dell’aristocrazia locale si avvicinò e ci chiese
gentilmente “Che belle gobbe! Sono vostre?”.

Il pensiero di quel momento ci fu così caro che decidemmo


subito di sederci su una panchina e scrivere alcune note sul
palmo della mano di un netturbino di passaggio, il quale ci
ringraziò caldamente e andò via canticchiando l’inno
nazionale uzbeko.

Giunti nella modesta magione che occupavamo all’epoca,


una soffitta al 37 di PuzzerStraße, abbandonammo subito il
romanzo d’avventura che avevamo intentato, dal titolo
provvisorio di “Il Peto Fantasma”, ci facemmo spazio
sull’angusto scrittoio e iniziammo a scrivere e scrivere, senza
sosta, per tutta la notte, con la sola compagnia di Sophie, la
nostra adorata seppia da passeggio.

Alla mattina, ci accorgemmo che, invece dell’opera


bibliografica che volevamo redigere – forse a causa di
libagioni eccessive e di un consumo non trascurabile di
liquore al tamarindo – le nostre carte riportavano
semplicemente la parola “cassapanca” ripetuta 2874 volte.

E tuttavia, amammo come figli quei fogli vergati a fatica,


nella solitudine della soffitta, con il buio della notte sassone
fuori dalla finestra, e con poche correzioni – principalmente

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togliendo la parola “cassapanca” e mettendone altre –


divennero l’opera che siamo fieri di presentarvi.

A Frau Hornenstein,
che all’apice del piacere intona sempre uno jodel bavarese.

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Ottone Diocane

Fig. 1 - Ottone (a destra) durante un convegno di intarsiatori di pifferi


a Nuova Delhi

Ottone Diocane (Bologna, 1934-2008) è stato uno scrittore


e politologo italiano. Proveniente da una famiglia molto
povera - i suoi genitori vendevano gatti di polvere alla borsa
nera durante la Grande Guerra - Ottone si diploma al
conservatorio e tiene qualche concerto, prima che il
pubblico si accorga che non sta suonando alcuno strumento,
ma semplicemente facendo delle pernacchiette con la bocca.
Nonostante cerchi di giustificarsi dicendo che il “prprforte”
è uno strumento e che lo suonava anche Haendel, gli viene
ritirato il diploma e confiscato anche il labbro superiore.
Riceve però un importante attestato di stima di Panuzio

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Sparafuffa, che all’epoca scriveva sul “Piccolo” con lo


pseudonimo di “Scusate”.

Ottone riterrà Panuzio il suo mentore spirituale e la sua


grande ispirazione, nonostante ciò, non troverà mai il
coraggio di conoscerlo personalmente, limitandosi a fingersi
un postino per “sentire la sua dolce voce al citofono”. Nel
1973 viene coinvolto nel Partito Comunista, anche se le sue
idee politiche non sono mai state del tutto chiare: alla
domanda “Perché si iscrisse al Partito?”, Ottone ha sempre
risposto “Credevo fosse un bar”.

Nel ‘78 si iscrive a Lotta Continua (“Nel Partito non


avevano mai il Chinotto”) e decide di partecipare ad un
attentato contro la sede del MSI, offrendosi di portare lui
stesso il criceto esplosivo che avrebbe dovuto detonare
all’interno del palazzo.

Tuttavia, un curioso incidente che coinvolse un gatto, la


polizia e il suo alluce destro lo portò al suo primo arresto,
esperienza che lo cambiò profondamente e gli fece assumere
una posizione più moderata all’interno del panorama
politico: scontata la pena rimase famosa la sua dichiarazione
“Il Chinotto non vale tutto questo”.

Uscito dalle formazioni estremiste, si dedicò al decoupage


per alcuni anni, scrivendo nel contempo alcuni importanti
saggi tra cui: “Oggi va così” (1981, Sellerio) e “Ho trovato
escrementi di cane nella mia cassetta della posta, sospetto
del geometra Pianezzi” (1983, Sellerio), che forniscono un
interessante spaccato della vita politica del suo pianerottolo
negli anni ‘80.

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In quegli anni scriverà per Bompiani anche un meno


fortunato romanzo, “Gerani”, in cui per 890 pagine
descrive, appunto, i suoi gerani. Negli anni ‘90 la sua figura
evolve e torna su alcune delle sue posizioni per segnare una
ulteriore evoluzione del pensiero politico diocaniano: il
risultato è un saggio dal titolo “Forse non è stato Pianezzi,
e forse non erano di cane” (1991, Mursia).

Il dilemma morale lo accompagnerà per tutta la vita, fino a


farlo giungere, nel 2001, ad una svolta religiosa testimoniata
dal racconto breve “Un angelo mi ha cacato nella posta”
(Ed. Paoline), scritto durante un lungo pellegrinaggio in
Terrasanta (che per curiose ragioni egli credeva situata in
provincia di Macerata). Nel 2007 i medici di diagnosticano
una grave malattia, la tosse, per cui decide di ritirarsi dalla
vita pubblica e scrivere un lungo trattato agiografico che
uscirà postumo con il titolo di “Memorie Asfittiche”.

Morirà nel settembre del 2008, tragicamente investito dal


bob a quattro della Repubblica Ceca che stava recandosi
all’Olimpiade di Pechino.

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Eugenio Nonfappo

Fig. 2 - Eugenio Nonfappo mentre esamina il celebre “Arazzo


Bulgaro” rappresentante alcuni marsupiali discinti

Eugenio Nonfappo (Budrio, 1858 - Pamplona 1929) è stato


un filosofo e moralista italiano. Bambino prodigio cresciuto
all’interno di una famiglia benestante (i suoi nonni avevano
uno spaccio molto ben avviato di martore da
combattimento), Eugenio viene indirizzato fin da giovane
allo studio della viola da gamba, della filosofia greca, della
matematica e delle lingue morte.

Frequenta l’Università a Vienna, dove conosce Otto


Saltafoss, un ebreo ceco con una peculiare tendenza alla
dialettica maieutica e al travestitismo, che lo introduce al bel
mondo della società austriaca. Nel famoso caffé
“Kekerosberg”, egli formerà insieme ad altri intellettuali il
“Circolo della Mano Morta”, società semi-segreta con il

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compito ufficiale di studiare scientificamente nuovi metodi


per “fare i vaghi” in situazioni imbarazzanti. In realtà, il
circolo si pone subito alcune importanti sfide morali, tra cui
quella principale è di trovare nuove strategie psichiche per
“dissimulare l’interesse lubrìco che pare inopinatamente
manifestarsi laddove si manifestino opere grafiche quali
Veneri denudate, Ninfe (nel caso di Franz H. anche di alcuni
Giovanni Battista e di un Ercole del Pollaiuolo) ed altri corpi
femminei non abbigliati in tutto o in parte, turbando la
fruizione dell’opera nei suoi intenti puramente artistici”.

In quegli anni, la cronaca viennese è profondamente scossa


da uno scandalo che investe la capitale come un uragano,
dividendola in due opposte fazioni, l’una schierata a favore
di un rinnovato e rigoroso moralismo e l’altra troppo intenta
in attività onanistiche per dichiarare alcunché. Il fatto di
cronaca viene riportato in prima battuta dal
“Kurbelzapfen”, ma farà in breve tempo il giro del mondo,
riportato dal “Times” e da “Le Monde”: una giovane
servetta, rinvenuto in un trumoncino nella camera della
contessa Shönebrüste uno scatolotto contenente alcuni
dagherrotipi ritraenti la contessa in pose assai discinte e
inequivocabilmente erotiche, sottrasse tali manufatti per
rivenderli ad un tipografo locale senza scrupoli, che li diffuse
clandestinamente attraverso apposite ristampe in bianco e
nero e dipinte a mano.

Duramente condannata dalla Chiesa e dal pontefice, che si


espresse in modo categorico sulla necessità di “richiudere la
scatola dello dimonio e ricacciarla dell’abisso di lussuria donde è
venuta”, la pratica di consultare tali ristampe per scopi

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autoerotici divenne tuttavia così comune che a Vienna


generò una vera e propria moda, con locali appositi (le
cosiddette “Fappenhäuser”) e persino nuovi inserti nei capi
di abbigliamento (come la “Tasche für Nacktbilder”, ecc.),
rimasti poi negli abiti tradizionali, sia pure con lo scopo di
trasportare piccoli animali o pannocchie di mais cotte.

Eugenio intravede in questo scandalo la possibilità di


portare alla ribalta del grande pubblico le sue idee sulla
continenza e sul decoro, e decide quindi di dare alle stampe
un virulento pamphlet dal titolo “Hält Ihre Hände”, in cui
sostiene che non è moralmente accettabile guardare
immagini di nobildonne discinte senza il permesso dei loro
consorti o quantomeno di un alto prelato.

Dall’altra fazione, gli rispose Laido Von Spanner,


pubblicando una serie di articoli sulla rivista tirolese
“Bohrren” in cui da un lato difese strenuamente il diritto del
pubblico di “tangere le sue proprie parti libertariamente” e
dall’altro sostenne che “qual nobildonna ormai non impressiona
sui nitrati d’argento il proprio giardinetto dell’esperidi o quei suoi
tempietti adorni di belletto?”. Inoltre, sostenne il Von Spanner,
se la contessa avesse davvero tenuto alla riservatezza di dette
immagini, l’avrebbe conservate in luogo più sicuro e in uno
scatolotto a chiave d’una marca più degna - magari austriaca.

Nonostante le posizioni nazionalistiche della controparte,


l’abilità dialettica, unita al coinvolgimento d’un comitato di
nobildonne austriache a difesa della libertà di far vedere e
nascondere le proprie grazie a piacimento con finalità
meramente artistiche, nonché al supporto di alcuni vescovi

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bavaresi, porterà infine il Nonfappo alla vittoria della


diatriba.

Un ultimo tentativo del “Bohrenn” fu la pubblicazione di


una intervista ad una marchesa ungherese che dichiarò di
aver dicevuto dal Nonfappo un “ritratto stampato del suo
pinnacolo, tra l’altro comprovatamente non corrispondente in
dimensioni e foggia all’originale”. La marchesa venne però
tacciata di scarsa moralità in quanto collezionista di artefatti
mentulomorfi, e quindi definitivamente screditata.

Ritiratosi dalla scena pubblica non prima di aver ricevuto la


medaglia d’oro al valor militare per aver “impedito lo sfascio
delle truppe più impegnate a pugnare con le proprie pudenda che col
nemico oltre trincea”, Nonfappo viaggiò a lungo, morendo in
un tragico incendio a Pamplona, a quanto pare travolto
mentre cercava di distruggere un grande archivio di
fotografie ritraenti la giovanissima nobildonna Faciala de
Navarra: sul contenuto di tali immagini andate purtroppo
tutte distrutte, gli storici non sono in grado di avanzare altro
che vaghe ipotesi.

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Johnny Bacinello

Fig. 3 - Bacinello con gli “Squinty Raccoons”. Sulla grancassa un


disegno raffigurante Gennife Mordinocche

Johnny Bacinello (New Orleans, 1911 - Managua, 1991) è


stato un jazzista americano, noto soprattutto per la sua
tormentata e tragica relazione con la ballerina Gennife
Mordinocche. Nato da una famiglia di emigranti molisani
(suo padre attraversò l’oceano su un peschereccio nascosto
in un pesce spada), Johnny (al secolo Giovigi Ernefano
Bacinello) crebbe nei sobborghi poveri di Manhattan, dove

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i suoi genitori ebbero per primi l’intuizione di fabbricare


whisky artigianale fatto di operai irlandesi per venderlo alle
patate. “L’idea”, dichiarò poi Bacinello, “aveva
indubbiamente del potenziale, ma per un motivo o per
l’altro mio padre non riuscì mai a sfondare, rimanendo
sempre nel dubbio che ci fosse un qualcosa di sbagliato nel
suo business”.

Nel 1928, il padre Eugiorgio è costretto a dichiarare


bancarotta, ed è un periodo molto difficile per la famiglia
Bacinello: la famiglia è costretta a vendere tutti i calzini
destri e a indossare ogni giorno due calzini sinistri. In una
lettera ad un suo corrispondente eschimese, Eugiorgio lo
descriverà come un periodo incredibilmente duro
paventando anche l’ipotesi di “farla finita gettandomi con
un bersaglio disegnato sulla schiena in una piscina piena di
narvali”.

Intanto Johnny ha imparato a suonare il clarinetto da un


anziano pansessuale nero di origine caledoniana che gli dà
lezioni in cambio di trementina da fiuto, ed inizia ad esibirsi
nei piccoli locali del suo quartiere riscuotendo un certo
successo. La sua prima formazione, gli “Squinty Raccoons”,
comprende, oltre a Bacinello, altri 3 membri tutti di origine
italo-americana: Terry Vaschetta (alla batteria), Luigio
“Lou” Mastello (al contrabbasso), e Bernacco “Babe”
Contenitore (al pianoforte).

Le cose, per il gruppo, sembrano mettersi subito bene e il


loro agente Bobby Stemperato (detto “Bugs”) procura loro
numerose date in tutti gli Stati del Sud. Tuttavia, la fama e la
prosperità del gruppo sono destinate a non durare a lungo:

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prima Lou Mastello viene ritrovato tra la vita e la morte nella


sua camera di motel, a quanto pare intossicato da una
massiccia dose di peperonata, poi è la volta di Babe
Contenitore a rischiare la vita cadendo da sobrio in una
piscina piena di bourbon.

I continui litigi tra i membri della band porteranno infine


Bacinello alla amara decisione di sciogliere il gruppo: è
l’aprile del 1934, e i Raccoons si trovano tutti in tourné a
San Diego, tranne Terry Vaschetta, che si sta esibendo da
solo a Fresno di fronte ad un pubblico allibito. La sera
stessa, recatosi a giocare a volano per annegare la delusione,
Johnny farà la conoscenza che più cambierà il corso del suo
destino: si tratta di Jesus Maria Portaombrelo, un
costaricano che per lavoro controlla che nei buchi delle palle
da bowling non vengano messe gomme da masticare usate.

I due diventano molto amici, e Portaombrelo aiuterà anche


economicamente il Bacinello nel periodo in cui va formando
la sua seconda band, che vedrà la luce nel 1935 con il nome
di “Pio X”. I problemi però ricominciano nel momento in
cui Johnny conosce la sorellastra di Jesus, Gennife
Mordinocche (il padre è anch’esso di origine italiana), una
ballerina di pizzica caraibica erotica che ha la curiosa
caratteristica fisica di avere 2 mignoli per ogni piede, e
viceversa.

Johnny se ne innamora perdutamente, inizialmente non


ricambiato, ed inizia per questo a bere smodatamente, tra
l’altro soltanto acqua tonica. Le sue insistenze però alla fine
sortiscono un qualche effetto e Gennife cede alle lusinghe

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del Bacinello, soprattutto quando egli millanta la possibilità


di regalarle l’Oklahoma.

La relazione tra Johnny e Gennife è da subito molto


contradditoria e a tratti violenta: lei è solita picchiarlo con
delle anguille vive, mentre lui arriva - in un impeto di gelosia
- a spalmarle di Nutella l’interno delle scarpe da ballo. Dopo
un anno di relazione, in cui insistentemente Johnny chiede
alla sua amata di smettere con la danza erotica e dedicarsi
alla casa e alla famiglia, o quantomeno di “ballare solo in
locali frequentati da ingegneri meccanici”, Gennife rimane
incinta di quella che sarà la loro unica figlia: in onore della
nonna di lei, la chiameranno Interdetta (Interdetta “Diddy”
Bacinello diventerà una nota pornostar verso la fine degli
anni ‘90, in un particolare genere fetish che coinvolge donne
anziane, la produzione di cappelletti e la presenza di
numerosi scoiattoli).

Ormai sfinito dalle droghe e dall’acqua tonica, Johnny non


riesce più a reggere il ritmo della vita in tournée, e dopo
alcuni episodi disastrosi (a Minneapolis emette un rutto così
potente durante un concerto da provocare una parziale
sordità permanente al pastore protestante K. J. Borborigm),
gli altri membri della band iniziano a chiedergli di non
partecipare più ai concerti e lo sostituiscono con un bradipo
impagliato scherzosamente chiamato “Goebbels”.

Il successo del bradipo sarà tale e tanto da oscurare quello


dell’intera band: sposatosi con (e si dice fortemente
influenzato da) una artista d’avanguardia tibetana di nome
Oko No, Sloth Goebbels finirà tragicamente ucciso da un

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lemure dello zoo di Vancouver che dichiarerà di aver agito


per conto di Arthur H. Fonzarelli.

Allontanatosi dalla famiglia e in povertà per aver dilapidato


tutto il suo patrimonio in un fallimentare investimento nel
mercato dei toupet per cani, Johnny Bacinello fuggirà con
una cameriera di Memphis, Henrietta Sonounuomo (che
Johnny lascerà dopo lo choc di aver scoperto che in realtà
lei non solo non è di Memphis ma non ci è nemmeno mai
stata) e con l’idea di rifarsi una vita in Nicaragua, aprendo
un piccolo locale in cui cercherà con scarso successo di
vendere sassolini ai turisti.

Qui trascorrerà una vecchiaia modesta, dimenticato da tutti,


e morirà il 5 Ottobre 1991, soffocato dal peto di un
formichiere che aveva imprudentemente assunto come
tuttofare.

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Girolamo Caccamucco

Fig. 4 - Girolamo Caccamucco, “Autoritratto” (1954)

Girolamo Caccamucco (Orbetello, 1918) è un pittore


italiano appartenente alla corrente detta dei “Puppari”. I
suoi genitori, poverissimi, sbarcavano il lunario impagliando
topi da rivendere alle famiglie troppo povere per avere dei
veri topi. Nonostante le misere condizioni, inizia a disegnare
con il carboncino sui muri del paese, finché viene notato dal
maestro di pittura Ciro Patocco, che decide di prenderlo a
bottega come apprendista.

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“Inizialmente”, scrive il Patocco, “il giovane dimostrava un


interesse quasi esclusivo per le mammelle. Egli ne disegnava
ovunque, e in grande quantità, di varia foggia e dimensione,
con una dovizia di particolari che aveva dell’incredibile per
un garzone della sua età”. Tale passione gli rimarrà sempre
come cifra espressiva, e lo porterà negli anni a sviluppare un
vero e proprio genere artistico, che vede il seno femminile
come metafora dell’intero universo.

Nel 1935, un commerciante di arachidi locale - Lorello


Gelosoni - gli commissiona il ritratto della figlia Eleosdraia,
che il Caccamucco dipingerà riversa e capovolta sul letto e
con i seni scoperti. Non comprendendo l’intento artistico
del pittore, il Gelosoni distruggerà l’opera (di cui ci rimane
solo uno schizzo preparatorio) e tenterà anche di menomare
l’autore con un trinciapolli.

Lo scandalo giova però alla popolarità del Caccamucco, che


inizia a lavorare per alcune case di piacere e per le
gentildonne più disinibite. È del 1938 la sua prima grande
opera “Menne di Afrodite”, dove getta le basi del suo
intento artistico, a metà tra il neoclassicismo e le cartoline
del barbiere. Recensita dalla critica come “il maggior tributo
della storia all’immagine delle petto femmineo”, l’opera
viene esposta a Parigi e riscuote un grande successo di
pubblico: è l’apice del riconoscimento artistico del
Caccamucco, che vive tra gli agi in una villetta in Provenza
costruita a guisa di capezzolo

Tuttavia, la guerra e le difficoltà creative iniziano fin da


subito a minare la carriera del Caccamucco, che inizia in
questo periodo a frequentare una giovane lattaia, Enrica

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Ellapeppa, attratto soprattutto dai suoi modi gentili e dalla


sua spiccatissima intelligenza. La relazione è però molto
travagliata, anche perché la giovane ha una intensa vita
sociale mentre il Caccamucco rimane spesso a casa, da solo,
finendo vittima di una grave depressione che gli farà
dipingere solo opere minori e prive di quella vastità
espressiva che caratterizza il periodo più brillante. Tale fase
creativa, definita dai critici “Periodo Peppette”, terminerà
solo con una grave crisi che lo porterà anche ad un breve
ricovero in un sanatorio in Val Brembana, da cui uscirà
completamente trasformato.

Trasferitosi a Roma, e lasciata la sua tormentata relazione,


Caccamucco inizierà un periodo incredibilmente fecondo,
spaziando dalla scultura plastica (“Giunone che corre senza
reggipetto”, 1946) alla tempera (“Opera Spagnola”, 1947)
all’acquaforte (“Ritratto di Donna Abbondanzia
d’Aragona”, 1949), passando per tecniche insolite e per vere
e proprie performance artistiche in cui egli si esibisce
durante le cosiddette “Opere manipolatorie” su modelle
cosparse di olio d’oliva taggiasca. E’ importante anche la sua
produzione concettuale (“Due cerchi ravvicinati”, 1953),
che lo porterà verso stilemi estremamente raffinati, come
nella serie “Areole”, iniziata nel 1955 e terminata solo nel
1961.

La sua maturità artistica si manifesta nel grandioso progetto


della Cupola di Senigallia e nella consulenza alla costruzione
dello Sferisterio di Mestre, dopo i quali si ritirerà a vita
privata per lungo tempo, seguendo uno stile di vita quasi
monastico e molto riservato.

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Tornato alla produzione nel 1995, sconvolgerà il pubblico


con una serie di disegni intitolati “Culi”, in cui si assiste ad
una totale trasformazione del tratto artistico del
Caccamucco, che lascerà perplessa una parte della critica,
mentre un’altra parte troverà una sia pur minima linea di
continuità con l’opera precedente.

Oggi l’artista, quasi centenario, vive con la moglie e i figli in


Toscana, nei pressi del borgo di Palpàta, dove ha allestito
una grande casa-museo in cui sono conservate alcune delle
sue opere più importanti tra cui la splendida “Mano che
regge sfera”, opera-simbolo realizzata in bronzo e gomma
arabica, e il “Giove che s’appoggia”, raffinato autoritratto
dell’artista dipinto ad olio su tela a balconcino.

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Ausculto Mortacci

Fig. 5 - Il Prof. Mortacci con il suo incredibile dispositivo per


distinguere i piedi dalle mani

Ausculto Mortacci (Roma, 1820 - 1889), è stato un medico


e ricercatore italiano, noto soprattutto per aver introdotto
nella pratica chirurgica l’uso dell’espressione “Oh, cazzo”.
Nato nel quartiere di Prati da una famiglia borghese (i suoi
genitori affittavano pappagalli balbuzienti ad una comunità
di nani sordociechi), il giovane Ausculto dimostra subito
una notevole propensione per l’anatomia umana e animale,
facendo però una leggera confusione tra le due. Iscrittosi a
medicina, durante una autopsia, insisterà per “poter portare
a casa gli avanzi”, ottenendo dai suoi insegnanti una speciale
nota in cui è riportato “stateci attenti, questo è un matto
vero”. Laureatosi con una tesi sui piedi piatti, il Mortacci

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lavorerà per anni nella Clinica “Malus” di Valmontone,


divenendone presto il primario e il capitano della squadra di
palla avvelenata.

La sua grande passione per gli studi produrrà negli anni


alcuni importanti avanzamenti nella pratica medica italiana.
Per primo, introdurrà l’utilizzo di vecchie riviste e quadri
stilizzati nelle sale d’aspetto dei medici, e in un suo
celeberrimo articolo (“Chi è l’ultimo?”, Rivista Italiana di
Medicina, 1853), proporrà un modello innovativo di
gestione dei pazienti, in cui gli anziani arrivano sempre
prima delle sette di mattina. Dirigerà per anni anche la rivista
“Morte Apparente”, da cui diffonderà le sue tecniche
innovative in ambito chirurgico (“Se dopo li richiudiamo è
meglio”, 1858), farmacologico (“Supposte”, 1859) e clinico
(“Fa male se schiaccio qui?”, 1862).

Nel 1865 viene convocato da Re Vittorio Emanuele II per


un consulto privato: dopo una approfondita anamnesi e
numerosi esami clinici, il Mortacci redige uno storico
referto: “Maestà, Voi avete i baffi”, che gli varrà la medaglia
d’oro al valor civile e una toccante lettera di ringraziamento
da parte di Maria Adelaide di cui riportiamo un passo
particolarmente accorato:

“… ormai da mesi ci arrovellavamo sulla salute del nostro amato


consorte, e davamo ormai per perduta ogni speranza, quando un lume
salvifico di conoscenza, sapienza e d’intelligenza ci ha illuminati
rivelando e sanando, sanando e rivelando …”

Ormai all’apice della carriera e della notorietà, dirigente di


varie cliniche tra cui la Sant’Orberto (il cui celebre motto era

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“Cantas ut passat”), e la Diotas Sixta (famosa per aver


ospitato il primo trapianto al mondo di senso
dell’umorismo), il Mortacci si dedicherà anche
all’insegnamento: memorabili le sue lectiones magistralis in cui
- per far comprendere in modo diretto i sintomi delle
malattie - egli era uso contagiare alcuni studenti sorteggiati
con il morbo della febbre tifoidea.

Ausculto Mortacci non prese mai moglie, e non lesinò alcuni


commenti caustici frutto d’una certa sua velatissima
misoginia (“La femmina umana è la più infida delle creature
terrestri, un ibrido malefico tra una murena e una zanzara malarica”).
Tra l’altro, il Mortacci fu un accanito sostenitore della tesi
per cui non solo le donne hanno il cervello più piccolo, ma
anche il dito mignolo dei piedi più brutto.

Le sue ultime opere sul cuoio capelluto (“Toupet e


dintorni”, 1880; “Forfora”, 1882), gli valsero numerosi
premi accademici e una importante pubblicazione
internazionale sulla rivista scientifica londinese “The
Billycock”. Ritiratosi a vita privata, scrisse una
autobiografica molto discussa in cui evidenzia i limiti del
sistema sanitario del Regno, di cui riportiamo un
interessante astratto:

“… è d’uopo ricordare come non siano ancora entrate nell’uso comune


alcune norme che scientificamente sono dimostrate come d’importanza
vitale, a titolo d’esempio prima di iniziare una operazione chirurgica
accertarsi d’essere effettivamente in ospedale e che il paziente sia
presente, e che se presente sia effettivamente il paziente; prima di

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somministrare un farmaco evitare d’assaggiarlo; non porsi


posteriormente ad un paziente ch’abbia contemporaneamente diarrea et
tosse asinina; prima d’effettuare un’autopsia accertarsi che il paziente
sia del tutto morto attraverso alcune domande di cultura generale;
durante le visite ginecologiche evitare di far finta che la propria voce
abbia un’eco; non raccontar facezie a chi abbia appena ricevuto una
sutura; etc. etc. …”

Morirà durante una cena di gala, soffocato da uno knödel di


dimensioni ragguardevoli, regalatogli dall’ambasciatore di
Prussia per avergli diagnosticato con considerevole anticipo
un attacco di starnuti che avrebbe compromesso i rapporti
diplomatici interni con la Vestfalia.

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Artemisio Scartabello

Fig. 6 - Una rara immagine di Scartabello mentre manda a memoria il


nome degli abitanti di Ventimiglia

Artemisio Scartabello (Genova, 1917 - Forlimpopoli, 1998)


è stato un archivista e storico italiano. Nato nel quartiere
genovese di San Fruttuoso da genitori molto agiati, titolari
di una piccola fabbrica di macchine spennapolli, Artemisio
frequenta una severissima scuola religiosa (l’Istituto delle
Reverende Madri Pie Asburgiche Bacchettone dell’Ordine
di San Punizio) da cui riceve una istruzione valida ma anche
una impronta morale molto rigida: per esempio, avendo
richiesto di andare ai servizi in seconda elementare, otterrà
il permesso solo in quarta ginnasio.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Iscrittosi al corso di Storia Antica all’Università di Genova,


troverà un ambiente decisamente diverso, che minerà le sue
granitiche certezze sul mondo (“pensavo che le donne
fossero semplicemente velenose”, cit. da Memorie di un
Archivista Gnostico, Sellerio, 1978), ma gli fornirà anche
numerosi spunti di crescita umana e spirituale.

Fin dai primi studi universitari, lo Scartabello dimostra una


incredibile propensione per l’ordinamento e la
classificazione dei documenti e una memoria eidetica
straordinaria: con grande facilità manda a memoria interi
tomi, tra cui la Storia del Nasello, l’Enciclopedia generale dei
Bovini Liguri ed il Manuale delle Giovani Marmotte
Fasciste. Nel 1938 stupisce tutti i compagni di corso
imparando a memoria i 2481 piatti del menu di un ristorante
cinese, associando ogni piatto ad un numero e viceversa:
l’unico a non impressionarsi particolarmente è il cameriere
del ristorante stesso.

Nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene


assegnato ad un reparto di fanteria speciale, incaricato di
imparare a memoria i nomi dei soldati nemici e poi chiamarli
a sorpresa (“Hey, Frank Rosemberg!”) per esporli al tiro dei
cecchini. Ovviamente lo Scartabello dimostra tutto il suo
talento portando il suo battaglione a conquistare le linee
nemiche nella battaglia di Rosichino, e guadagnandosi per
tale merito la medaglia d’argento al valor militare.

Alla fine della guerra, e con la caduta del fascismo, lo


Scartabello torna ad incarichi civili e va a ricoprire il ruolo di
Archivista Capo nello storico Fiduciario Ufficio di Fermo,
Fano e Ancona. Qui lo Scartabello ideerà il suo famoso

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sistema di classificazione dei documenti, poi adottato da


moltissimi archivi italiani ed europei, definito come
“So.Tut.Me”, in cui in pratica un tizio si ricorda dove sono
tutte le cose archiviate e se hai bisogno chiedi a lui.

Tale invenzione, rivoluzionaria per la sua praticità e facilità


di utilizzo, gli varrà una incredibile notorietà nell’ambito
tecnico archivistico, di cui diventerà uno dei massimi
esponenti di tutti i tempi, nonostante le critiche velenose che
come sempre tendono ad insediare la giusta gloria dei genii
innovatori.

Nel frattempo, lo Scartabello studia i documenti che


archivia, e nel suo complesso sistema analitico si accorge di
alcune importanti incongruenze nelle ricostruzioni storiche
ufficiali. Secondo lui, ad esempio, Carlo Magno era una
donna e si chiamava Giuseppa (o Geppa), la Francia non è
di fatto mai esistita e la Battaglia di Poitiers venne sì
combattuta, ma a palle di neve.

Come tutti i grandi innovatori e i dissacratori, queste sue


affermazioni vengono immediatamente inondate di critiche
feroci dai parrucconi dell’establishment cattedratico, che lo
attaccano sia sul piano accademico che su quello personale
(ed alcuni anche su quello fisico). Otto Inkatzemberg, dalla
storica Università di Turingia, gli fa sapere che “Mai s'è udito
un simile coacervo di fandonie pronunciate da un uomo”,
mentre Aliprando Virulentes, da Madrid, gli scrive che
“l’unica spiegazione è che il vostro cervello sia stato
attaccato dalle camole del legno, o che sia stato sostituito
con una patata marcia”. Gli mostrano invece solidarietà e
appoggio alcuni gruppi europei di studio tra cui l’Ordine dei

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Creduloni della Loira, la Storica Associazione dei Gonzi di


Renania e la rivista scientifica “L’Allocco”, edita in Barbagia.

La sua insistenza e la sua strenua lotta per una rilettura


generale della documentazione storica europea lo
porteranno da un lato in disgrazia dal punto di vista
economico, e dall’altro gli provocheranno una forte crisi
nervosa, acuita dal fatto che il suo metodo per
l’archiviazione “So.Tut.Me” viene messo duramente in
discussione dopo un incidente in cui un archivista di Zurigo
“Battè la testa su una mensola lignea” perdendo del tutto la
memoria, e si dovette pertanto dare l’archivio alle fiamme.

Solo e dimenticato da tutti, Artemisio Scartabello si ritirerà


a Selbagnone, dove vivrà di una misera pensione e dei
contributi di alcune riviste locali (tra cui “Il Merlo” e “Grulli
d’Emilia”) , per le quali scriverà fino alla sua morte, avvenuta
a Forlimpopoli a causa dei postumi d’un eccesso di tintura
per capelli.

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Giannànsia Mancalli Cani

Fig. 7 - Giannànsia (al centro) durante un sit-in per la salvaguardia dei


diritti dei mustelidi in Abruzzo (1973)

Giannànsia Mancalli Cani (Catania, 1949) è una nota


sostenitrice del movimento femminista e attivista dei
movimenti per i diritti civili delle otarie del Nord America.
Nata da una famiglia nobile siciliana (i suoi genitori
acquisirono il titolo nobiliare dal Conte Mancalli di Santa
Brigida, in cambio di un cesto di fichi d’india rivelatisi poi
acerbi), fin da adolescente entrò in profondo conflitto con
l’ambiente familiare, molto legato alle tradizioni e ai costumi
locali.

Il suo primo gesto di rottura, in terza media, fu infatti quello


di rifiutare di essere accompagnata a scuola con il carretto
siciliano di famiglia. Successivamente intrattenne una storia
clandestina con un postino settantacinquenne e -
contemporaneamente - una complessa relazione epistolare

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

con una ragazza groenlandese da cui apprese alcune


problematiche delle lesbiche nel circolo polare artico, tra cui
la principale è che - sotto una certa temperatura - la lingua
tende a rimanere attaccata.

Terminato il liceo classico nonostante varie vicissitudini


d’ordine disciplinare (tentò d’evirare un bidello per “futili
motivi” legati ad una questione di nomenclatura delle
merendine), ha collaborato ad una rivista clandestina
intitolata “Uter Alles”, in cui si promuovevano concetti
“contrari alla morale comune”; in tale edizione non solo si
difendeva il diritto delle donne di avere il pieno controllo e
la proprietà del proprio corpo, ma anche quello di poterlo
ipotecare per ottenere dei fidi bancari.

Iscrittasi ad una scuola d’arte, per mantenersi agli studi si


presterà spesso al mestiere di modella, venendo ritratta in
alcune opere degli autori del suo tempo divenute poi celebri,
come il dipinto “Donna Brutta” (Mimmo Rondella, 1965),
o la scultura “Sfera che rotola” (Olone Baistrocchi, 1966).
Rifiuterà sempre ogni forma di cosmesi, tant’è che dal 1966
venne a lungo scambiata per il Duca Wilhelm di Sassonia,
godendo anche di alcuni privilegi presso le ambasciate.

Nel 1968 parteciperà con grande entusiasmo - solo


parzialmente ricambiato - ai movimenti di liberazione
politica e sessuale. A soli 20 anni scriverà anche il suo primo
libro “Donne e donnole”, edito da Mursia, in cui si evidenzia
la profonda differenza, sempre testardamente ignorata dal
maschio sciovinista, tra la donna e i mustelidi in generale.
Premiata con il trofeo “Fallo d’oro” dall’Associazione
“Stupro è sport”, rifiuterà di ritirare il riconoscimento con

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una feroce lettera in cui esprimerà la motivazione del suo


gesto motivando che la sede della premiazione “non era per
niente comoda ai mezzi”.

Tra collaborazioni con riviste, una breve adesione al Partito


Radicale (da cui si staccherà per profonde differenze di
approccio sociologico e perché la sua sede “non è per niente
comoda ai mezzi”), ed il lavoro di educatrice presso la
Scuola Superiore Femminile “Saffo”, la Mancalli Cani
stringerà una storica amicizia con la giornalista calabrese
Giovanna Cazzonò, prima all’Espresso e poi alla storica
rivista LGBT “Moquette”, sulle quali le due cureranno la
rubrica speciale “Vagina Comunista!” nella quale si
affrontano tematiche quali il plusvalore, la consapevolezza e
l’igiene intima.

A Genova, presso la redazione de “L’Elfo Transessuale”,


Giannansia conosce il grande editore Europo Ruttaluva, con
il quale stringerà un sodalizio editoriale lungo vent’anni. Per
la sua casa editrice, la “Dyke”, scriverà numerose opere, tra
cui ricordiamo “Sopracciglia” (1978), “Vulva e panteismo”
(1979), “Il ruolo della donna nel monopoli: segnalini
sessisti” (1980), “Basta che poi pulisci tu” (1981), “Donna
Madre Amante Strega Panda 4x4” (1983). Notevoli anche i
suoi regolari interventi sulla rivista di cultura lesbica e cucito
“Il Ditale”, da cui diffonde un messaggio di lotta per una
società senza disparità e discriminazioni sessuali, e con una
maggiore diffusione del punto margherita.

Sempre in liguria, a Rapallo, frequenta attivamente il salotto


della Contessa Adolfina Frappo Della Fregna, nobile di
larghe vedute e mecenate delle arti al femminile. Donna di

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grande fascino, se non proprio avvenenente, Giannansia


viene in questo contesto corteggiata da numerosi artisti e
playboy. Il poeta di Monterosso Alicio Vezzeggio la
descriverà “bella come il Partenone, e grande altrettanto”,
mentre lo scrittore sardo Sussulto Murru la userà come
punto di riferimento nel suo romanzo “Anni di peluria”.
Persino Adorato Orsodoro, il celebre regista fiumano,
ammetterà di essersi ispirato a Giannansia per il ruolo del
Venezuela in “Coriandoli a Pentecoste”, vincitore di due
premi Oscar (per il miglior nano non protagonista e per la
migliore sceneggiatura originale scritta da un lemure) e del
Festival di Cannes come migliore film straniero con un
titolo di tre parole di cui una è “Pentecoste”.

Editorialista dell’Unità fino alla sua chiusura, la Mancalli


Cani oggi tiene un noto corso di sociologia e fartgambling
alla Sapienza e scrive saltuariamente per “Cosmopolitan” e
“Sailor Moon”, oltre che sostenere attivamente la possibilità
di autodeterminarsi delle otarie. È annunciato per la fine
dell’anno il suo attesissimo libro “Femminicidio, sì, ma
poi?” che uscirà per i tipi di Einaudi. In una recente
intervista, alla video-giornalista in perizoma e con dei pon
pon sui capezzoli che le chiedeva se oggi, nel 2014, ha
ancora senso parlare di femminismo, ha risposto “No, direi
che siamo a posto così”.

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Gianni Panisio Falsetto

Fig. 8 - Gianni Panisio e la moglie in una scena di vita famigliare

Gianni Panisio Falsetto (Bombilaccio, 1949) è un cantautore


e interprete italiano. Considerato uno dei maggiori artisti di
musica leggera del nostro paese, ha collaborato
praticamente con tutti i maggiori autori musicali e con le più
celebri band del panorama artistico italiano e internazionale.

Figlio di due braccianti molisani la cui principale fonte di


reddito consiste nel macinare il grano saraceno dei
latifondisti con i propri denti, Gianni esordisce giovanissimo

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

al concorso regionale “Festivalocco”, dove a soli 14 anni


stupisce il pubblico con un acuto sulla canzone “La Mamma
del Soldato Innamorato Partenopeo Morto per la Libertà”
che sblocca l’udito all’anziano parroco Don Pasubio e
riattiva la prostata del sagrestano Oreste permettendogli, a
quanto si racconta, di avere finalmente un figlio nonostante
l’età di 96 anni, sei mesi e un giorno.

Il successo discografico non tarda ad arrivare quando, nel


1967, in un bar di Roccaminchiata, incontra una cugina di
Orietta Berti, Cipressa Cìcciri, la quale, colpita dai modi
gentili del giovane Gianni che si offre di riparare un guasto
alla sua auto usando i propri incisivi, decide di portarlo con
sé a Roma come bagaglio a mano.

Qui inciderà, per la casa discografica “Urletti”, il suo primo


album composto da 4 pezzi inediti, 4 cover e una sequenza
di borborigmi. Le cover sono pezzi di Celentano scritti da
Enrico Cutrettola e Franco Sbraccia, cantati però “facendo
finta di niente”, un nuovo stile molto in voga tra i giovani in
quel periodo. I pezzi inediti, scritti da Falsetto insieme a
Gianni Rodari, Pelè, Amintore Fanfani e Ciccio Ingrassia,
diventano subito delle hit nella classifica italiana, in
particolare “Non son legno né teak” e “Superavo i limiti
dell’amore e venivo per questo giustamente multato”.

Ormai alla vetta della notorietà, parteciperà a molte


trasmissioni RAI di successo come ospite d’onore
(“Meraviglione”, 1971, “Uno, due… e la luna”, 1972,
“Lobotomia”, 1974 e “Sparala Grossa”, 1975), duettando
con Mina, i Ricchi e Poveri, Fidel Castro, Calimero,
Margaret Tatcher, Geppo e Tiramolla. Il suo periodo di

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

successo televisivo verrà però bruscamente interrotto a


causa di uno scandalo a sfondo sessuale che lo vedrà
coinvolto insieme a Topo Gigio in un giro di prostituzione
minorile. Nonostante Falsetto verrà totalmente scagionato
in seguito (la Questura era stata tratta in inganno dal fatto
che il vero indiziato aveva il suo stesso segno zodiacale),
questo scandalo mise comunque a repentaglio la sua intera
carriera, mentre distrusse completamente quella di Topo
Gigio che, come tutti sappiamo, a seguito di questi
avvenimenti cadde in una spirale di droghe e alcool fino al
tragico suicidio nella camera d’albergo del Gugliel Motel di
Milano, avvenuta il 15 aprile 1976 dopo aver scritto una
straziante lettera d’amore a Memo Remigi considerata uno
dei primi coming-out dello show business italiano.

Sconvolto e commosso dalla morte dell’amico e compagno


di sventura, Gianni Falsetto gli dedicherà la canzone
“Pupazzo Bill” il cui riferimento alla tragedica vicenda
risulta particolarmente evidente dai versi:

“aveva il cuore di pannolenci / andava in giro avvolto nei suoi poveri


cenci / aveva orecchie grandi come il mare / aveva orecchie per stare ad
ascoltare / era un pupazzo stanco / era un pupazzo stanco di lottare”

Nel 1978 ritroverà finalmente la forza di tornare in scena dal


vivo insieme all’amico e collega Uccio Afono, con il
celeberrimo e ormai storico tour “Papaya Republic” che
avrà il suo apice allo stadio “San Ciro” di Barberino del
Mugello. Tra le tante canzoni che rimangono
nell’immaginario collettivo e nella storia della musica italiana
proprio nelle versioni “live” di questo tour, la più celebre e
amata dal pubblico è senz’altro “Ma come fanno i

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

commissari di bordo”, con cui il duo tipicamente


concludeva tutti i propri concerti prolungandone a volte
l’esecuzione con lunghi assoli e improvvisazioni finché tra il
pubblico alcuni spettatori non iniziavano a mostrare i primi
sintomi di pellagra.

Gli anni ‘80 sono un periodo molto difficile per Gianni


Falsetto: incapace di adeguare il suo stile musicale alle nuove
tendenze elettroniche, viene di fatto dimenticato dal
pubblico che si fa di colpo esterofilo e preferisce quasi
esclusivamente la musica pop americana e inglese.
Incoraggiato dal suo produttore Franco Quarantagatti,
tenterà di lanciare alcuni pezzi in lingua inglese, ma la sua
pronuncia rischierà di scatenare una offensiva della marina
britannica in stile Falkland, placata solo dalla promessa
dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che il
cantante italiano e la sua progenie non avrebbero mai più
pronunciato “nemmeno una parola in lingua inglese almeno
fino alla fine dell’Impero Britannico”.

Dilapidato il proprio patrimonio al gioco del flipper, da cui


gli verrà in seguito diagnosticata una dipendenza patologica,
e dimenticato dal pubblico, Falsetto scomparirà per lungo
tempo dal panorama dello spettacolo italiano, tranne
sporadiche apparizioni in programmi come “Falliti”, del
1984, e “Trombatissimi”, del 1987. In questi anni
attraverserà anche una profonda depressione, fino ad un
tentativo di suicidio avvenuto nel 1989 in cui l’artista
cercherà di togliersi la vita ascoltando per 80 volte di seguito
“Voulez vous danser” in versione Remix.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Nel 1993 viene coinvolto nell’iniziativa benefica “Una


canzone per Casacalenda”, raccolta fondi lanciata per gli
abitanti della cittadina molisana colpita quell’anno da
“parecchia pioggia”. Qui incontra e conosce Babbuccio
Diesis, cantante di origine greca che sta ottenendo un
discreto successo in Europa grazie alla sua potentissima
voce da tenore e alla sua salopette. Babbuccio comprende la
difficile situazione del collega e decide di coinvolgerlo in un
tour che segnerà la rinascita artistica e spirituale di Gianni
Falsetto. Il tour darà anche origine ad un doppio album live
dal titolo “Doppio Album Live Dal Titolo”, considerato a
tutt’oggi uno dei migliori prodotti artistici italiani nel suo
genere, grazie anche alle collaborazioni di musicisti di varie
estrazioni: jazz, blues, rock e anche un campanaro della Val
Brembana.

Tornato alla ribalta del grande pubblico, Falsetto non si


siederà sugli allori ma cercherà di impegnarsi per una seria
formazione musicale, imparando finalmente che “il fa viene
prima del sol” e che il pianoforte si suona con le mani. Da
completo autodidatta apprenderà i rudimenti di numerosi
strumenti musicali, tra cui la chitarra classica, che però
Falsetto interpreta in modo del tutto originale come
strumento a fiato.

Dalla fine degli anni ‘90 ad oggi, Gianni Falsetto ha


pubblicato numerosi album ed alcune raccolte, tutti di
grande successo, vendendo ad oggi oltre 18 milioni di copie,
partecipando al Festival di Sanremo in veste di interprete
(2001), conduttore (2003), soubrette (2006) e strumento
musicale (2007). Oggi conduce una trasmissione sulle reti

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Mediaset, molto seguita, dal titolo “Vite vissute”, in cui


vengono raccontate storie particolari o drammatiche di
gente che mediamente ha l’aria di stare economicamente e
socialmente molto peggio di quelli che la guardano.

Dal 2012 conduce anche su Sky TV la trasmissione di


successo “Errori stupidi che tu non faresti mai e che vedere
fatti da altri ti fa sentire intelligente”, alternando le varie
storie e interviste con interessanti sipari musicali in cui
vengono ospitati artisti internazionali che, per il doppio del
cachet, a volte accettano di duettare con il conduttore
fingendo di trovare la cosa molto divertente.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Efisio Scartabrocchi

Fig. 9 - Scartabrocchi (primo da sinistra) nel suo ruolo più tipico: in


panchina

Efisio Scartabrocchi (La Spezia, 1973) è un ex calciatore e


allenatore di calcio italiano. Figlio di due allevatori di mitili
da combattimento, Efisio esordisce giovanissimo nella
Fivizzanese nel ruolo di terzino destro, mettendosi in
evidenza per la determinazione dei suoi interventi (il suo
compagno di squadra Gianni Malleolo lo ricorda come
“capace di sradicarti il pallone dai piedi anche se stai
giocando a tennis”) e la capacità di corsa sulla fascia (per la
capacità di avanzare e tornare molto velocemente sulle fasce
venne infatti soprannominato “Prepuzio”).

Dopo alcuni campionati regionali viene notato da un talent-


scout e rappresentate di aspirapolvere di Agrigento, che lo
presenterà alle selezioni giovanili dell’Internazionale
permettendo di esibire il suo talento di fronte ai grandi

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campioni dell’epoca. Purtroppo, quel giorno Efisio accusa


un grave episodio di meteorismo che ne pregiudica la
performance, per cui i selezionatori gli preferiscono un
capibara argentino di nome “Paco”.

Deluso ma ben lungi dall’arrendersi, il giovane Efisio torna


in Liguria e si presenta alle selezioni dello Spezia Calcio
ottendendo un primo ruolo come bandierina del calcio
d’angolo: non è quello che Scartabrocchi aveva in mente, ma
come inizio decide di accontentarsi. La sua pazienza viene
infatti premiata: durante una partita amichevole contro il
Panathinaikos, il difensore centrale titolare Libero
Gambarotta si infortuna gravemente riportando una brutta
distorsione all’ano. L’allora allenatore, Martello Richiami, a
corto di riserve, decide di mettere in campo Scartabrocchi
nel campionato imminente, modificando leggermente il
modulo tattico da “dio ce la mandi buona” a “tanto, ormai”.

Scartabrocchi si mette subito in evidenza con una copertura


impeccabile della zona a lui assegnata. Segnerà anche
numerosi gol, nonostante la posizione arretrata, con tiri dalla
distanza che egli effettua con una curiosa tattica che consiste
nel prendere la rincorsa direttamente dalle gradinate per poi
arrestarsi a pochi metri dal pallone, accendersi un sigaro,
discutere di filosofia ed ermeneutica con un compagno di
squadra, aggrottare le sopracciglia, mangiare una mela coi
libri di scuola, farsela toccare di lato e calciare sotto la
traversa urlando “Vammelappiglià!”.

Il quell’anno - grazie soprattutto ai gol e agli assist di


Scartabrocchi - lo Spezia Calcio vincerà il Campionato, la
Coppa Italia, la Coppa dei Campioni, il Gran Premio di

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Montecarlo, la Coppa Volpi come miglior squadra non


protagonista e cinque gomme da masticare grazie alla scritta
“Hai vinto!” all’interno dell’incarto plastificato.

A quel punto, tutte le più importanti squadre italiane


iniziano a contenderselo a colpi di rilancio sul calcio-
mercato estivo. A spuntarla è inizialmente la Juventus, che
lo assolderà per la stagione 1993-1994 e 1994-1995.
Scartabrocchi segnerà nei due campionati
complessivamente 432 gol, di cui la maggior parte su
punizione. La Juventus vincerà entrambi i campionati con
uno scarto punti di 122 sulla seconda classificata (il Milan e
poi la Lazio): celebre resterà l’incontro Juventus-
Cremonese, che la Juve vincerà per 90 a zero guadagnando
eccezionalmente 22 punti in un solo incontro e l’indulgenza
plenaria concessa dall’allora Pontefice Giovanni Paolo II.

Dal 1995 al 1997 è in forza all’Internazionale, dove torna al


ruolo a lui più congeniale di terzino destro, risalendo però
spesso in attacco per mandare verso il centro numerosi
assist per gli attaccanti. Nel 1996, Arrigo Sacchi lo chiamerà
in Nazionale nell’inedito ruolo di attaccante, con il quale si
dinstinse nel Campionato Europeo segnando 18 reti, tra cui
il famoso gol in Italia-Inghilterra noto come il gol su azione
personale più lunga della storia del calcio: Scartabrocchi
inizierà i dribbling ancora in Italia, scartando tutto il
personale Alitalia sul volo per Londra, numerosi passanti,
parte del pubblico, tutti i giocatori della squadra avversaria,
la Regina Madre, Paul McCartney, e segnando di testa su
cross effettuato da lui stesso.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Nel 1998 viene coinvolto in uno scandalo doping, i cui


risvolti non sono mai stati del tutto chiari. Durante un esame
casuale il suo campione di urine prende spontaneamente
fuoco, e i vapori risultanti evocano Satana e Jim Morrison.
Ciò causa un leggero sospetto tra i medici, insieme al fatto
che da alcuni test clinici risulta che Scartabrocchi non ha
attualmente sangue nel proprio apparato circolatorio ma
“un liquido che ricorda chimicamente la composizione di un
mix di antigelo, steroidi, metanfetamine e Ciocorì” (da
“Drugà”, libro-inchiesta sul doping nel calcio del 1999).

Nonostante i vari ricorsi nei quali gli avvocati della squadra


proporranno ostinatamente la tesi del rapimento alieno,
Scartabrocchi verrà squalificato per un anno e la sua carriera
sportiva subirà un brusco stop. Tornerà sul campo
appesantito e irriconoscibile, diventando il bersaglio dei
tifosi e della stampa sportiva (la Gazzetta dello Sport lo
soprannominerà “El Pinzo de Oro”).

Al termine dei suoi contratti, deciderà di tentare fortuna


all’estero, accettando un contratto con Neftçi Baku
del’Azerbaigian. Tuttavia, non riuscirà mai del tutto ad
abituarsi allo stile del calcio azero, in particolare per il fatto
che “usano una capra al posto del pallone”. Tornato in Italia,
otterrà un ingaggio nella Lazio nel ruolo di capro espiatorio
di riserva, passerà quindi a varie squadre di Serie C, finché
annuncerà il suo definitivo ritiro dal calcio giocato nel 2002,
durante una partita amichevole a cui parteciperanno tutti i
grandi campioni che furono suoi compagni di squadra, di
cui qualcuno ancora vivo.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Oggi è allenatore del Fraschetta Football Club di


Forlimpopoli e consulente tecnico e ospite fisso di alcune
importanti trasmissioni sportive in TV, tra cui “Recupero”,
con Fulco Millanta, e “Senno di poi”, con l’arbitro Severone
Bufischi, in cui si analizzano per ore fotogrammi sfocati
cercando di capire se era fuorigioco o se sono alcuni nani
che bastonano una lontra.

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Euscroto da Bellinzona

Fig. 10 - Euscroto dimostra all'Abate Pazienzio


l'esistenza delle Sfere Celesti

Euscroto da Bellinzona (Bellinzona, 1301 - Colonia, 1373) è


stato uno dei più importanti filosofi europei ed è
considerato uno dei padri fondatori della branca del
pensiero nota come logica informale.

Rimasto orfano in giovane età, viene cresciuto da uno zio


ricco, che lo invia a studiare prima dai monaci di San
Balbetto, dove impara la retorica e l’arte del linguaggio, e poi
presso il seminario di Santa Tonsilla, dove apprende i

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

rudimenti del canto, della matematica e della medicina.


Diverrà quindi maestro in filosofia dopo aver seguito le
lezioni di prestigiosi insegnanti quali il teologo Asprigno da
Termoli, il retore Quisquiliano e il matematico Spiegone da
Todi.

Euscroto (sull’etimologia del suo nome si sono fatte molte


illazioni, ma recenti studi filologici hanno rivelato che era un
nome piuttosto usato nelle regioni dell’attuale Svizzera
meridionale, e significa “Amico di Dio” e non “Sfere
gradevoli” come suggerisce il Capraccia) è noto soprattutto
per aver introdotto nella logica formale il concetto di “e
sticazzi”.

Tale concetto viene formulato sulla base del fatto che la


maggior parte delle proposizioni della logica formale, più
che essere vere o false, sono del tutto prive del benché
minimo interesse rispetto alla propria condizione di verità
quand’anche rispetto al proprio stesso contenuto.

Per comprendere meglio questo concetto logico, riportiamo


alcuni passi salienti del suo celebre saggio “De Logica
Esticatium”, scritto in latino volgare con un leggero accento
ticinese.

“Petrum vivit in Irelandia. Omne homo qui vivit in Irelandia habet


capillo roscium. Habet Petrum capillo roscium? Ego rispondebit:
Esticatium! Qui est codestum Petrum? Quid importabit? Habemus
numquam condiviso desinarem?”

Oppure, più avanti:

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

“Petronilla vivit in Lutetia. Omnia foemina in Lutetia habet facile


costume. Habet Petronilla sumptae mutandae? Ego rispondebit:
Esticatium! Est Lutetiam quidem pulchra puella? Aut est schrofa
similis in forma atque fragrantia? Qui importat si est de facile accessu
ad pudendam? Lutetia est de multo lungi et lo itinere est periglioso,
quis me garantiscit qui valet sbattimentum?”

Con questa posizione, Euscroto si contrappone fermamente


al “tertium non datur” aristotelico e viene pertanto avversato
dai magistri dell’epoca, che arriveranno a definire la sua
filosofia “parola de satanasso”, facendogli più volte rischiare il
processo per eresia.

Euscroto saprà però sempre accattivarsi la simpatia


degl’inquisitori, sia portando sempre loro “degli ottimi
cannoli”, sia argomentando le proprie tesi con grandissima
abilità retorica, come nel cosiddetto “argomentum ad puellam”:

“Si havvi donna de Lutetia, et tu facit laboro itinerante, tertium datur


certamente”

Superate le difficoltà con la Chiesa, Euscroto tenterà più


volte di stabilirsi a Parigi per insegnare le sue teorie alla
Sorbona, ma purtroppo gli saranno fatali in tal senso alcune
affermazioni sul Re di Francia Filippo il Fortunato del quale
commise l’errore di criticare, in suo discorso, il colore delle
ghette.

Si trasferirà quindi a Colonia, dove insegnerà logica,


matematica e catechismo sui pattini fino alla sua morte,
avvenuta cadendo da una torre alta quaranta metri: non
avendo ancora la scienza scoperto la forza di gravità, molte
persone nel medioevo morivano in questo tragico modo,

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

inconsapevoli del fatto che lanciandosi nel vuoto non si


sarebbe stati “attratti al Cielo da una mano angelica” come
scritto nella Bibbia, bensì ci si sarebbe spiaccicati di sotto.

L’insegnamento di Euscroto nella logica avrà una grande


valore e un peso notevole nella formulazione dei principi
della logica formale moderna. Bertrand Russell dirà di lui:
“Per me è stato come un secondo padre. Entrambi, infatti,
non li ho mai conosciuti”, mentre Wittgenstein, che non gli
perdonerà alcune opinioni sgradevoli sulle implicazioni
materiali, scriverà “Vorrei essere un nano sulle spalle di un
gigante per menarlo meglio”.

Curiosità: nel 1993, all’M.I.T., un gruppo di scienziati costruì


un computer utilizzando, invece della logica Booleana,
quella di Euscroto. Il computer funzionò per un breve
periodo, durante il quale però sfortunatamente mandò senza
mezzi termini a quel paese tutti gli scienziati e poi si diede al
bere e ai giochi d’azzardo. Sviluppò anche un pessimo
carattere, si fece alcuni tatuaggi e prese ad impennare con il
motorino, seducendo in tal modo numerose studentesse.
Poi esplose ferendo ad un orecchio un cugino di Von Braun
che era passato di lì per giocare a freccette col doppiatore
ungherese della rana Kermit.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Euclidio Cartongesso

Fig. 11 - Euclidio (a destra) e un collega mentre disegnano il


disimpegno di un bagno pubblico nel 1979

Euclidio Cartongesso (Weil am Rhein, 1945 - Piazza al


Serchio, 2009) è stato un architetto e designer tedesco. Nato
da una famiglia di lontane origini venete molto ricca e ben
affermata nella borghesia tedesca (i suoi genitori usavano
degli esseri umani come mobilio e dei nani come
soprammobili), studia architettura e design a Basilea,
distinguendosi subito per le sue idee rivoluzionarie. Egli
infatti sostiene con fermezza la teoria per cui “le case non
devono essere asservite ai concetti tradizioni e ordinari
come farci abitare le persone”, ma devono essere “ripensate
come oggetto-cifra, simbolicamente rappresentative dell’Io

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

creativo, emblema del pieno e del completo, senza altro


scopo che il loro ingombro nello spazio”.

La sua prima opera, la Casa-Blocco di Utrecht, è infatti un


cubo di calcestruzzo pieno, sovrastata da un tetto simbolico
a forma di triangolo isoscele di colore rosso, anch’esso in
cemento pieno. Alla domanda “ma in questo modo dove
andranno a vivere le persone?”, che gli muoveranno alcuni
giornalisti e critici, Euclidio risponderà gelidamente “non è
un mio problema”, allontanandosi su una portantina a
braccia in titanio dorato retta da alcuni stagisti del suo
studio.

Negli anni, Cartongesso diventerà una vera archistar e un


maestro del design. Famosissima la sua “Sedia convertibile”,
progettata nel 1975 per la Tisettanta, che può anche essere
indossata come un cappello. “D’altronde” - come osserva
acutamente Cartongesso - “cos’è una sedia se non un
cappello per il culo?”.

Vincerà inoltre il Compasso d’Oro nel 1979 per l’incredibile


design della “Porta Liscia”, completamente priva di maniglie
e perfettamente omogenea, ma con cerniera concepita in
modo che occorra tirare da entrambe le parti. Alle numerose
critiche - mosse come sempre ai grandi geni per ragioni
d’invidia o d’interesse - Cartongesso risponderà: “che gli
uomini non abbiano ancora sviluppato delle ventose sulle
mani è solo questione di tempo”, allontanandosi poi su una
carrozza in titanio trainata da sei stagisti biondi con
finimenti dorati.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Nel 1981, il Comune di Massaciuccoli indice un bando per


la costruzione di un ponte che scavalchi l’omonimo lago.
Euclido Cartongesso decide di donare un progetto al
Comune, a cui è particolarmente legato in quanto ghiotto di
un particolare tipo di tinca in carpione prodotto unicamente
in quei luoghi. Nell’aprile del 1982 perviene quindi
all’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Massaciucoli una
busta chiusa contenente un foglio A0 recante la scritta
“GIRATECI INTORNO” e la firma del Grande Maestro
Cartongesso.

I tecnici del Comune, verificata l’effettiva fattibilità,


decidono di appaltare il progetto allo Studio Cartongesso-
Speer, ed è da qui che inizieranno i problemi realizzativi.
Dapprima la società incaricata dei lavori, la Sbanca & Scappa
S.p.a., sbaglia specchio d’acqua e tenta l’aggiramento del
Lago di Ridracoli, in provincia di Forlì. In seguito, accortisi
dell’errore, gli ingegneri scoprono dopo un sopralluogo
geologico, che il lago è “un posto piuttosto umido, e per lo
più composto di acqua”. Questo compromette gravemente
alcune premesse del progetto originale di Cartongesso, che
prevedeva una struttura in marzapane con riempimenti di
cotone idrofilo e sabbietta per gatti. Infine, a metà dei lavori,
emerge che sul posto esiste già una strada che aggira il lago,
per cui si renderà necessario demolirla ed abbattere anche
un paio di frazioni abitate con la motivazione tecnica che
“alcune case sono indubbiamente brutte”.

A questo punto, il preventivo di spesa iniziale che era di


250.000 lire, due tinche in carpione e un pacchetto di
Marlboro Ligh, lieviterà fino a raggiungere una cifra pari al

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

prodotto interno lordo dell’intero Sudamerica, IVA inclusa.


Il Comune di Massaciuccoli, messo chiaramente in difficoltà
dalla situazione, denuncerà lo Studio Cartongesso-Speer per
danni morali e materiali, oltre che per pesca abusiva di tinche
durante il periodo riproduttivo. Cartongesso risponderà
sdegnato rifiutando ogni addebito e incolpando a sua volta
il Comune di “aver collocato il lago nel posto sbagliato, ed
essersi sempre rifiutato di spostarlo”.

La questione legale si protrarrà per più di 10 anni, finché,


nel 1994, il TAR del Lazio darà ragione ad una studentessa
di Livorno, condannando sia la Cartongesso-Speer che il
Comune di Massaciuccoli a pagarle delle nuove extension.

Nel frattempo, Cartongesso verrà incaricato di progettare


alcune importanti opere tra cui le più innovative sono
senz’altro l’Acquario di Norimberga (costruito in modo che
i visitatori stiano dentro delle vasche piene d’acqua mentre i
pesci passano con le famiglie nei corridoi), e la Stazione dei
Pompieri di Besançon, con la peculiare caratteristica
architettonica di prendere fuoco in caso d’incendio
(caratteristica definita tecnicamente come “metafunzionalità
allertante”).

Verso la fine della propria carriera, il Cartongesso si


trasferirà in Garfagnana, regalando a quelle zone alcune
opere del suo ingegno, come il Palazzetto della Lagna di
Gallicano, in cui fino a 1.500 persone possono trovare un
comodo punto di incontro per lamentarsi, e l’Anfibiodromo
di Camporgiano, dedicato in particolare alle competizioni di
velocità tra rane.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Scomparso nel 2009 per una crisi provocata da un caso di


noia molto trascurato, lascerà una enorme eredità
intellettuale e una profonda traccia nella storia del design e
dell’architettura europei.

Il suo ultimo lascito all’umanità sarà costituito da un tomo


autobiografico dal titolo “Storia del mio incredibile talento,
scritta in modo semplice per voi poveracci ignoranti”, da cui
traspare tutta la potente umanità e la grande modestia che
sempre hanno caratterizzato la carriera e la vita di Euclidio
Cartongesso.

Verrà sepolto con alcuni stagisti sorteggiati nel cimitero di


Piazza al Serchio, in una semplicissima e modesta tomba
monumentale da lui stesso progettata a forma di cavallo
rampante che sovrasta una corona recante il motto
“DEMOLIRE PER DEMOLIRE”, cavalcato da
Cartongesso nei panni di Carlo Magno con la feluca in testa
e la spada di Daitarn III. Sulla lapide, come ultimo segno di
umiltà, non volle nemmeno che fosse apposto il proprio
nome, ma la semplice scritta “IL PIU’ GRANDE GENIO
DI TUTTI I TEMPI”.

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Kanguro Turafawa

Fig. 12 - Kanguro Turafawa nel 1979

Kanguro Turafawa (Tokyo, 1949) è uno scrittore e saggista


giapponese. I suoi genitori si conoscono lavorando
entrambi allo zoo di Tokyo, la madre con il compito di
ridipingere periodicamente le occhiaie dei panda e il padre
incaricato di somministrare antidepressivi agli armadilli.

Dopo la sua nascita, i genitori si trasferiscono a Phankala,


remota cittadina di provincia nella prefettura di Kambo-
Baso. Successivamente si spostano a Kamojli, interessante

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località marittima citata anche nell’antica canzone popolare


giapponese “Sabu aka Muji” del famoso poeta del periodo
Komokura Pu-Chi Dejtli-Li.

Qui il giovane Kanguro trova una ricca biblioteca con testi


giapponesi e stranieri, e si appassiona profondamente alla
lettura, soprattutto degli autori americani ed europei. Nel
1969 conosce Choko Sukando, una studentessa di musica
tradizionale figlia di un ricco commerciante di barbabietole
da fiuto di Hokkaido. I due si sposeranno contro il parere
dei genitori di lei, che avrebbero preferito un lottatore di
sumo professionista, e andranno a vivere a casa di uno zio
ricco.

Facendo grandi sacrifici economici, la coppia riuscirà ad


acquistare un piccolo appartamento proprio fatto di carta di
riso e canna di bambù ed un locale in cui di giorno vengono
somministrati piatti caldi a base di rana e la sera alcolici
occidentali serviti in bicchieri a forma di Hemingway.

È in questi anni, dal 1974 al 1979, che Turafawa scopre e


sviluppa il proprio talento letterario, vincendo alcuni premi
come il prestigioso Gonzodoro (con il romanzo breve
“Pappardelle elettriche”), ed il Testicolo d’Argento (con il
racconto fantascientifico-erotico “Crisalide di ragazzina
minorenne”).

Da qui in poi, Turafawa collezionerà una serie di successi


letterari, tradotti in più di 50 lingue (alcune inventate), tra
cui ricordiamo i più celebri:

Il formichiere in divieto di sosta (tit. orig. “Mokyamo Highisa”), 1984

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Storia di un giovane impiegato (Yomenin Tendo) che un


giorno scopre di avere un tinello in casa di cui non si era mai
accorto. Scoprirà successivamente che questo tinello
proviene da un’altra dimensione del tempo e dello spazio, in
cui l’epoca Aiazzone non è mai esistita. Distrutto dalla
rivelazione, tenterà di uccidersi, ma poi opterà per un
viaggio intorno al mondo in cui conoscerà l’arte, la musica e
ad allacciarsi le scarpe con la forza del pensiero. Tornato in
Giappone, troverà la forza per ripercorrere a ritroso tutta la
sua storia fino a ritrovarsi in un grande tinello cosmico dove
un Formichiere Astrale gli rivelerà il significato di tutta la
sua vicenda. Purtroppo, però il giovane dimenticherà tutto
nel suo ritorno alla realtà, e quindi non gli resterà che
prepararsi un buon sandwich al pollo.

Guarda i petali di cane (tit. orig. “Kosakazo Vaydi Gendo”), 1985

Il racconto inizia con il giovane Takeshi Fappo in una casa


di cura per disturbi alle sopracciglia. La noia dei giorni
sempre uguali viene interrotta da una visione, che Takeshi
ha dopo aver mangiato del tonno avariato, in cui il mondo
intero non è che un involucro all’interno del quale si
nascondono delle presenze misteriose in grado di cambiare
il corso del destino degli uomini attraverso piccoli indizi
nascosti negli articoli delle riviste per soli uomini. Deciderà
di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che pensa
di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che non fa
niente, ma non verrà creduto da nessuno. Ossessionato dalle
riviste per soli uomini, finirà sull’orlo di una crisi nervosa e
della cecità, da cui si risolleverà solo grazie all’aiuto di una
giovanissima infermiera di Honsu, con cui farà sesso

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tantrico in uno stato di parziale catatonia mentre lei indossa


un costume da Lola Bunny.

80F4M3 (tit. orig. “Nokarbo Stohastekketo”), 1990

Molluko Fiakko è un pigro insegnante di matematica, che


durante una dieta scopre un universo parallelo in un
barattolo di carciofini. Affascinato e spaventato da questo
doppio mondo, deciderà di indagare perdendosi in un
labirinto di piccole incongruenze, fino a non distinguere più
il bene dal male e i carciofini dal barattolo. In questa
avventura incontrerà una bellissima serial-killer che vive
sotto la copertura di insegnante di zumba ed uccide i feticisti
tramite una raffinata e misteriosa tecnica con i piedi. I due
si innamoreranno e fuggiranno dalla realtà parallela
ritrovandosi a Sestri Ponente.

Piccoli omini magici che escono da buchi metafisici (tit. orig. “Ovedi-
Kadroka Famale”), 2001

Romanzo della maturità, racconta di una setta di adoratori


degli alluci dei nani che viene coinvolta in un misterioso
scandalo a causa della improvvisa morte del leader Mashiro
Katsunmano. La storia si intreccia coi racconti di un vecchio
soldato dell’esercito che ricorda, attraverso una serie di
lettere ritrovate dalla polizia in un pozzo, la terribile guerra
del 1931 in cui il Giappone tentò di invadere se stesso. Un
giovane poliziotto italo-giapponese, Derriko Scierlocchi,
troverà un filo rosso che unisce le due storie, svelando il
mistero della morte di Katsunmano e quello delle lettere nel
pozzo. Purtroppo, però dimenticherà tutto a seguito di una

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

caduta dal velocipede e non gli resterà che prepararsi un


buon sandwich al tonno.

Brulicano i bruchi brum-brum (tit. orig. “Sosemo Jokato”), 2006

L’ultimo romanzo di Turafawa è interamente ambientato


nel mondo del calciobalilla professionistico, in cui circolano
nuove e potenti droghe ed episodi di inaudita violenza,
soprattutto durante le partite clandestine in cui il rifrullo è
ammesso. In questo mondo degradato fatto di
emarginazione e violenza, Maruti e Suzuki si innamorano e
riescono a trovare un passaggio dimensionale in un bar di
Kyoto che sbuca in provincia di Padova. La coppia si
stabilisce quindi ad Abano Terme, dove prende in gestione
un locale da ballo per cani. Una notte però, in un lungo e
strano sogno a Maruti viene rivelata una grande verità su
tutto l’universo e sul significato della vita. Purtroppo, al
risveglio non si ricorda nulla, ed avendo finito il pane per
sandwich, si suicida.

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San Calcaro da Ridracoli

Fig. 13 - San Calcaro mentre osserva un peccatore preparare la


carbonara in modo non ortodosso

San Calcaro da Ridracoli (Ridracoli, 1289 - Roma, 1360) è


stato un religioso e filosofo italiano. Nato da due artigiani
molto esperti nell’impagliare le anatre per essere utilizzate
come birilli in un gioco di bocce allora molto in voga (la
“Pallanserina”), trascorre la giovinezza imparando il
mestiere di sartimbanco, una professione molto pericolosa
in cui ci si trova spesso a correre con delle forbici in mano.

Chiamato da Dio alla vocazione religiosa per la seconda


volta (alla prima volta era risultato occupato), entra nella
Congregazione delle Beata Maria Vergine dei Calzini Spaiati,
dove svolge le funzioni più umili: nettare le latrine, pulire le
stalle e tenere aggiornato il blog del convento. Nel 1314, a

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

causa di una calunnia (venne male interpretata la sua nomea


di “Bocca del Paradiso”, che si rivelò poi riferita unicamente
alla sua capacità oratoria) viene trasferito nel convento di
San Penino Abate, dove svolge la funzione di scrivano e
miniaturista con il compito di occultare sui grandi tomi
illustrati classici gli organi genitali dei nudi con organi
genitali più grandi.

Qui, per la prima volta, ottiene una mirabile visione del


Cristo in Gloria, mentre gli angeli in trionfo lo circondano
festosi, “una grande luce emana d’ogni cosa, come se foss’in
fiamme”, e in sottofondo parte la Sigla della Uefa
Champions League.

In seguito alle visioni, inizia una predicazione erratica nelle


campagne toscane, radunando una incredibile quantità di
persone, perché come si diceva all’epoca “Val più un
affreschetto di Calcaro che un tiro di buoi”. La Grazia di
Dio gli ha infatti infuso una incredibile abilità nel disegnare
sui muri le storie del Vangelo e dei Santi, ambientate per lo
più nelle periferie delle grandi città. Come scrivono gli
storici del tempo:

“… non potete immaginarvi la folla che seguiva Calcaro per la città.


Il popolo non tralasciava di stargli vicino e di portarlo in trionfo…
Non so come spiegarvelo, ma tutte le parole uscite dalle labbra di
Calcaro andavano dritte al cuore. Mentre parlava tutti tacevano e si
sentivano solo profondi sospiri. Nessuno possiede, come lui, il dono di
intenerire e di toccare le anime. I villici attendono anche tredici giorni
in digiuno e penitenza per un suo autografo sulla Bibbia”

Come invece riporta il Ferrabuoi:

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

“Dai primi anni della sua vita alla morte si succedono apparizioni di
Gesù, della Madonna, degli Angeli, estasi, rapimenti, visioni, profezie,
bilocazioni, scrutazioni di spiriti, riproduzione dei fenomeni della
Passione del Signore, lotte coi demoni, esenzioni fiscali, vittorie al gratta
e vinci, posteggi liberi, comitive di studentesse ungheresi sotto la pioggia
in fuga da ostelli in fiamme, e altri miracoli d’ogni genere”

“San Calcaro nutriva un’attenzione particolare anche verso


la vita nascente e verso i giovani discenti, soprattutto quelli
in difficoltà scolastiche e spirituali. Ecco perché anche oggi
egli viene invocato come speciale Protettore dei Ripetenti”
(cit. Giovanni Paolo II). Infatti, già nella seconda metà del
Seicento, San Calcaro era invocato come il patrono degli
esami di riparazione. Nel 1960, in occasione del sesto
centenario della morte, giunsero da ogni parte del mondo
petizioni per ottenere che il Santo fosse proclamato Patrono
delle Lezioni di Recupero, e in seguito Santo Protettore dei
Crediti Scolastici”.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell’agosto 2004, per


l’occasione dell’Anno Calcarino, ha scritto una Lettera al
Superiore Generale della Congregazione dei Redentoristi di
Yellowstone, Padre Bubu; vi si legge questa frase, che
abbiamo visto accogliere i pellegrini all’ingresso del
Santuario di Materdomini Caligae Disparis accanto
all’immagine del Santo: «Veramente Calcaro da Ridracoli è
uno dei piccoli, in cui Dio ha fatto risplendere la potenza
della sua misericordia!». San Calcaro, «una delle figure più
singolari della vita millenaria della Chiesa», è stato veramente
un piccolo grande Santo.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Qualche mese prima di morire, malato e sofferente,


all’esterno della sua cella fece appendere una tabella con la
scritta: «Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole
Dio e per tutto il tempo che piace a Dio. Poi dopo fàmo
tutto un conto»; al padre superiore diceva: «Padre mio, io mi
figuro che questo letto con codesta infermità d’innominabile
sofferenza sia frutto della volontà e dell’amore di Dio.
Certo, è un modo assai bizzarro di mostrare affetto, ma
ognuno ha il proprio carattere»; alcune ultime parole ne
documentano il miracolo cristiano: «Muoio contento, ma
non vado oltre la seconda stellina per il servizio»

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Zummo Fisciai

Fig. 14 - Zummo Fisciai con la celebre giacca in spigato siberiano che


lo accompagnerà anche nei reportage africani

Zummo Fisciai (Buones Aires, 1944) è un fotografo


argentino di origine italiana. Nato da una famiglia di
emigranti molisani, coltivatori di tamarindo impiegato per
scopi cosmetici, studia prima legge e poi chimica dei
peperoni, laureandosi a pieni voti e trovando lavoro in una
fabbrica conserviera.

Inviato in Congo per una raffinata tecnica di mobbing, il


Fisciai porta con sé una macchina fotografica regalatagli da

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

uno zio ricco, ed inizia ad appassionarsi alla fotografia. I suoi


primi scatti sono improntati ad una profonda cupezza e non
vengono immediatamente apprezzati: poi nel 1972, Fisciai
fa una importante scoperta, e toglie il tappo dall’obbiettivo.

Da qui decide di abbandonare la sua promettente carriera di


assaggiatore di peperonata scaduta per dedicarsi a tempo
pieno alla fotografia di reportage. Inizialmente pensa,
insieme alla moglie Manfrotta, di recarsi nelle zone più
tormentate del mondo per denunciare la violenza, la fame e
la sofferenza. Poi, considerato che tale impresa avrebbe
richiesto “un certo sbattimento”, decide di fotografare i
gerani sul terrazzo di sua madre.

Il suo primo lavoro, “Flora” (1974), ottiene un discreto


successo e viene pubblicato da molte riviste specializzate nei
fiori da balcone. Fisciai scriverà su di esso:

“E’ un lavoro primordiale, in cui il significato politico - pur presente -


non è immediatamente percepibile. Tuttavia, già all’epoca, sentivo che
dovevo impegnarmi per il bene dell’umanità”

Dopo un breve periodo di riflessione, Fisciai decide di


intraprendere un altro lavoro che lo porterà in giro per il
mondo per ben 4 anni, alla ricerca di immagini che
raccontino il profondo disagio delle persone in fila ai buffet.

“In questi scatti” - scrive Fisciai - “troviamo tutta la storia


dell’umanità, i suoi istinti primordiali, la lotta per la
sopravvivenza. Io stesso sono rimasto per 23 ore in fila per
un paio di gamberetti che si sono anche rivelati del tutto
insapori. Qui, ogni traccia di umanità scompare e resta solo
la componente di prevaricazione più brutale: conquistare il

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

cibo, prima degli altri. Per chi non supera la prova


rimangono solo due strade: la morte o la focaccia stantìa.”

Al termine di questo lungo viaggio, Fisciai pubblicherà il suo


secondo libro: “Permesso”, in cui vengono raccolti più di
mille scatti in bianco e nero dai buffet più terrificanti del
mondo: la mensa di una grande azienda svizzera, il
matrimonio di una coppia ligure, un villaggio vacanze sul
mar rosso nel mese di agosto, e molti altri ancora. Sono
immagine tremende, a volte scioccanti. Fisciai le
commenterà dicendo: “Il mondo doveva sapere, doveva
vedere cosa sono costretti a subire questi popoli. Una volta,
ero a La Spezia, dopo 3 ore di fila, tutte le acciughe impanate
erano finite, e restavano solo taralli secchi e qualche scaglia
di grana. È lì che ho visto piangere uomini adulti, alcuni
impazzire, perdere la ragione, abbandonarsi alla
disperazione. In qualche modo, in questi lunghi anni, ho
perso tutta la fiducia nel genere umano.”

Tornato in patria, Zummo Fisciai si prenderà un lungo


periodo di pausa, nel quale si dedicherà alla famiglia e alla
coltivazione del luppolo. Solo nel 1986 ritroverà la voglia di
cimentarsi con una grande progetto fotografico,
abbandonando però in parte il filone del reportage per
dedicarsi maggiormente a quello naturalistico. Il suo lavoro,
che prenderà il nome di “Bagoni”, gli richiederà quasi 10
anni, durante i quali fotograferà più di 12.000 specie di
insetti politicamente e socialmente repressi.

Nel 2003, Fisciai decide di lasciare all’umanità una grande


opera che costituisca in qualche modo il suo testamento
artistico e un profondo omaggio al pianeta. Dopo aver

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

pianificato meticolosamente il suo progetto con la moglie


che gli consiglia brillantemente di portarsi “una giacca
pesante”, contributo senza il quale il grande fotografo
probabilmente sarebbe morto di polomonite, Fisciai decide
che si recherà nei luoghi più primordiali, più ancestrali della
Terra, dove gli uomini - se ve ne sono - vivono ancora come
all’età della pietra o all’alba dei tempi, senza cultura, senza
infrastrutture, senza negozi, senza città, senza nulla. E’
l’ottobre del 2004 quando Fisciai parte per l’Abruzzo.

Nei nove anni successivi, il grande fotografo argentino


visiterà gli angoli più remoti e dimenticati del pianeta,
riportando immagini che sembrano scattate al momento
della creazione, o comunque nei venti minuti successivi.
Sarà a Tortona, per due anni, vivendo con una tribù di
Cassano Spinola, talmente arretrata da ignorare
completamente l’avvento della fibra ottica, delle biciclette a
scatto fisso e della cultura hipster in generale. Si sposterà poi
con gli Inuit dell’Appennino Ligure, che abitano in valli in
cui il sole è visibile solo per un brevissimo periodo e
sopravvivono a condizioni di umidità e isolamento
incredibili. Documenterà le colonie di pinguini del
Varesotto e le grandi migrazioni invernali di Yak tra
Voghera e Lomello, dormirà con le tribù dei Grebani di
Borzonasca, che solo per approvvigionarsi di cibo devono
percorrere decine di chilometri su piste di montagna quasi
impraticabili, e documenterà le grandi masse migratorie tra
l’hinterland e il centro di Milano, in cui solo una parte dei
pendolari sopravvive alle durissime condizioni del viaggio.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

“Questi popoli - scrive Fisciai nel suo libro «Qui c’è l’aria
buona» - vivono in pace con la terra. In alcune di queste
tribù è normale che le donne vengano condivise e si
accoppino con tutti i maschi della comunità. Sono regole di
sopravvivenza, e poi devo dire che d’inverno ci si annoia
parecchio”

Oggi Fisciai è tornato a vivere in Argentina, nella fattoria dei


suoi genitori nei pressi di Buenos Aires, dove con la moglie
ha avviato un esperimento per l’allevamento di piccoli
bradipini da mettere in piccole ceste con piccole copertine
per la generazione di “awww” la cui energia viene impiegata
per produrre elettricità ad impatto zero. Ad oggi, il suo
progetto ha già generato 15 milioni di “awww”, convertiti in
200 gigawatt di energia elettrica, evitando emissioni
nell’ambiente per 30 milioni di metri cubi di anidride
carbonica.

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Centrodestro Sinistroni

Fig. 15 - Centrodestro Sinistroni nel 2020


in un momento di rara euforia

Centrodestro Sinistroni (Roma, 1954), è uno scrittore,


giornalista e uomo politico italiano, deputato e fondatore del
PPI (Partito del Poverinismo Italiano), oggi attivamente
impegnato nella battaglia per il diritto dei Draghi di
Komodo alla partenogenesi legalmente riconosciuta.

Nato da una famiglia borgatara romana (la madre sbarca il


lunario con il gioco delle tre carte, mentre il padre partecipa
nel ruolo di asso di coppe), cresce per lo più con una zia
ricca che lo prende in simpatia in quanto di gracile
costituzione e facile all’autocommiserazione.

Terminato il liceo, inizia a partecipare alla redazione della


rivista studentesca “Ops”, dove scrive articoli sull’attualità e
sul panorama politico in cui, come dichiara il Sinistroni nel

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manifesto editoriale, “si realizza il ruolo di chi ha scoperto


d’aver avuto torto senza aver ancora scoperto quale che sia
la ragione”.

Notato da alcuni esponenti del nascente Partito delle Scuse


Facili (PdSF), nel 1979 viene coinvolto come redattore ed
editorialista della testata politica “L’Alibi”. Rimangono
memorabili alcuni suoi elzeviri che firmerà con lo
pseudonimo “Giannenzo Paraculo” in cui prende una
posizione di grande equilibrio sulla questione sociale (“Né
coi poveri né coi ricchi”), l’aborto (“Né con le madri né con
i feti”), la guerra (“Né col fucile né senza”) e la questione
Chiesa-Stato (“Né breccia né Porta Pia”).

Verso la metà degli anni Ottanta, Sinistroni entra in un


conflitto sempre più profondo con la direzione del PdSF,
fino a mostrare chiaramente l’intenzione di uscire dal Partito
in uno storico discorso di cui citiamo uno stralcio
particolarmente significativo:

“Abbiamo sbagliato, sappiamo di avere sbagliato, ma ora ci


caricheremo i nostri pesanti errori sulla schiena, e,
schiacciati dal senso di colpa, partiremo all’alba, avanzeremo
strisciando, sgusceremo lungo un pertugio, dolorosamente,
con difficoltà, ma alla fine del travaglio - ve lo posso
garantire - non troveremo assolutamente nulla.”

Il “Discorso di Chiagni Castello”, come verrà chiamato in


seguito dall’amena località del convegno in provincia di
Macerata, è considerato di fatto l’atto fondante del nuovo
movimento che nascerà proprio quella sera, al Ristorante
Pizzeria Marechiaro, al momento di pagare il conto in cui

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

erano chiaramente stati inclusi due dessert che nessuno


ricordava di aver preso, e che assumerà il nome di
Poverinismo Italiano (PI).

Rappresentato dalla rivista politica “Il collo di bottiglia”,


questo movimento diventerà un partito politico nel 1989,
presentandosi alle elezioni con il simbolo del cane
bastonato, sostituito poi nel 1992 dal simbolo ancora in uso
del gattino bagnato (preferito dai Comitati Poverinisti alla
rana triste in un sondaggio non privo di polemiche).

Alla prima tornata elettorale, il PI prenderà lo


0,0000000001% dei voti, risultato giudicato dalla dirigenza
“molto interessante e indiscutibilmente superiore allo zero”.
Tuttavia il successo insperato, che consentirà al PI se non di
avere rappresentanti in Parlamento almeno di poter
“lasciare un messaggio per essere richiamati appena
possibile”, porterà ad una crisi interna e ad uno scisma che
dividerà il PI in Partito del Poverinismo Italiano (PPI) e
Partito Vittime del Poverinismo Italiano (PVPI).
Quest’ultima fazione incentrerà il proprio programma sul
concetto di lamentela costante e nell’incolpare eventi
ineluttabili del proprio fallimento, mentre il PPI punterà
decisamente verso l’obbiettivo unico dell’autoflagellazione.

Nel 1994, il PVPI si scioglie in quanto le proprie proiezioni


elettorali iniziano ad indicare numeri irrazionali, mentre il
PPI affronta la sfida delle Elezioni Europee. Sinistroni si
candida, ma non ottiene abbastanza voti (“la Zia Eufrazia
ha scelto un brutto momento per lasciarci” - dichiarerà il
politico), riuscendo però a farsi eleggere nel Parlamento

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Puffoso dei Puffi, con sede a Bruxelles, sconfiggendo il


nipote di Gargamella al ballottaggio.

Nonostante il compenso gli venga corrisposto in Puffragole,


Sinistroni riesce a costituire un team di volontari per
affrontare la sfida delle elezioni politiche del 1996 in cui il
PPI - grazie ad una sapiente alleanza con il Partito dei
Gemelli Siamesi (PGS), i Pensionati Acrobatici Italiani
(PAI) e i Democratici Brutti (DB) - otterrà 8 voti, sufficienti
a garantire a Sinistroni un seggio in Parlamento grazie ad un
cavillo della Legge Elettorale noto come “La Regola
dell’Amico”. Sinistroni, all’apice del successo e della felicità
dichiarerà alla stampa “Meno male che avevo tenuto lo
scontrino”.

Unico partito a scampare indenne il processo di


Tangentopoli (unicamente perché i tentativi di corruzione
ricevuti da Sinistroni erano stati tutti effettuati con bustarelle
in cui non c’era denaro, ma bigliettini con alcuni disegnini e
dei bottoni colorati) il PPI otterrà il 98% dei voti nelle
Elezioni Amministrative del 1997.

Sinistroni, ben avvezzo al successo e al potere, accoglierà il


consenso con grande equità e rispetto delle minoranze,
autodichiarandosi Imperatore del Mondo e reistituendo lo
Ius Primae Noctis. Purtroppo, con il successo arriveranno
anche le crisi interne, che frammenteranno la maggioranza
bulgara del PPI in qualcosa di molto simile ad un frullato di
meduse. Nel giro di due mesi e mezzo, infatti, nel PPI
nasceranno 2453 correnti, 489 partiti, 1934 fazioni e 395
squadre di calcetto.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Alle elezioni successive, il suo antagonista storico Sinistrello


Centrodestri otterrà il 2400% dei consensi, venendo eletto
anche da alcuni Inuit del Circolo Polare Artico. Purtroppo,
la strategia di Sinistroni di incentrare tutta la campagna
elettorale sui diritti politici e sociali dei Venusiani non
ottenne un grande riscontro nell’elettorato, né aiutò la causa
del PPI che si vide costretto ad una lunga fase di autocritica.

In questo periodo Sinistroni, pur continuando a far parte del


Parlamento come mascotte a vita, pubblicherà anche alcuni
libri di analisi politica molto significativi, tra cui: “Scusate,
colpa mia” (2002), “Che peccato” (2004), “Mannaggia”
(2005), “Almeno ci siamo divertiti” (2005), “Così così, dai”
(2008), “Pellagra” (2009) e “Ornella Vanoni” (2011).

“In fondo” - ha dichiarato Sinistroni in una recente


intervista - “la politica non è altro che una lunga serie di
errori di cui pentirsi. Sbaglia chi fa, sbaglia chi non fa, sbaglia
chi vota a votare chi non dovrebbe votare e sbaglia chi non
vota a non votare chi dovrebbe votare. È colpa mia, certo,
ma anche e soprattutto colpa vostra. Ed è colpa dei giornali,
della società, della cultura, della scuola, del meteo, della crisi
e delle macchinette che si mangiano i soldi e non ti danno le
noccioline. L’unica strada che vedo per il futuro è un
doloroso cammino di trasformazione, una lunga e penosa
marcia, nudi, scalzi, su una tortuosa via cosparsa di ceci
secchi e ricci di castagna. Solo espiando tutti i nostri errori,
purificati, rinati, saremo pronti a rifarli tutti, tali e quali,
qualcuno anche peggio. Perché è così che funziona, ed è
questo il messaggio di speranza che voglio lasciare ai giovani
che oggi si affacciano alla politica e alla vita sociale: questi

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sono gli errori dei vostri padri, che gravano su di voi come
macigni, non ce la potete fare. Siete giganti sulle spalle di
nani capovolti.”

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Dàndola Socialetti

Fig. 16 - "Sbrocchia" in una foto per la campagna contro l'uso di


cosmetici nei giorni dispari

Dàndola Socialetti (Viareggio, 1986), più nota con lo


pseudonimo o “nickname” di «Sbrocchia», è una celebre
fashion blogger e scrittrice italiana. Come la maggior parte
dei blogger inizia curando il sito internet di una sua zia ricca
e pubblicando in rete dei brevi scritti corredati da fotografie,
il cui tema spazia dall’astrofisica alla minestra di lenticchie.
Le fotografie - grazie ad un sapiente uso del grandangolo -
la ritraggono con un’aura di sensualità, fascino e mistero, in
quanto non ne definiscono mai una precisa identità.

In alcuni scatti del 2005, si fa ritrarre dal fotografo dilettante


Pacopo Polpetti in pose sexy-chic travestita da facocero
gamer professionista. A quei tempi il concetto di facocero-
nerd-sexy era ancora poco sfruttato, e queste immagini

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

conquistano il web in pochissimo tempo garantendole una


certa popolarità.

Il successo arriva nel 2006 quando, raccogliendo tutte le idee


dai commenti del blog, molto popolare all’epoca, pubblica il
suo primo libro dal titolo “*”. Il pubblico, sia pure di
nicchia, apprezza molto la sua opera prima anche grazie al
volano dei social network su cui diventa un vero e proprio
fenomeno di costume, soprattutto tra i single stempiati con
gravi problemi a livello di figura materna (che all’epoca
costituivano il 99,8% del pubblico di internet).

Motivata dal successo, Dàndola-Sbrocchia decide di lasciare


la sua professione di presidentessa dell’emisfero boreale per
intraprendere l’entusiasmante carriera di blogger a tempo
pieno. Decide quindi di attivare una serie di attività
imprenditoriali connesse con il ruolo di fashion blogger
ormai affermata, tra cui:

- brevettare la sua frase tipica “hey, ciao, ma io e te non ci siamo già


visti alla festa di Ilaria?”, che costituirà l’elemento caratterizzante
stampato su una serie di gadget, t-shirt e capi d’abbigliamento.

- intraprendere una serie di corsi ed eventi on-the-road insegnando alle


persone a mangiare la zuppa inglese senza fare rumori strani.

- supportare alcune aziende di abachi e zufoli nel rafforzare la propria


immagine online giocando sul fatto di essere in cima e in fondo agli
elenchi alfabetici.

Nel frattempo, Dàndola partecipa alla sceneggiatura di


alcuni film di successo come “Procioni contro Donnole”,

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

“Ti vorrei convolvolo”, “Donne forti ma fragili. Ma forti.


Ma fragili”, ed il recente “Ginocchia orrende”, del 2013.

Attualmente ha lanciato una attività di crowdfounding per


sostenere la sua iniziativa del più grande e-commerce di nasi
finti d’Europa, e partecipa stabilmente alla trasmissione
radiofonica “Cloppiti” con una sua rubrica dal titolo
“Trovare gonzi prima che ti molli il fisico”. Nel 2012 si è
fidanzata con un produttore brasiliano di liquore al tapiro e
vive a L.A. (Ladispoli Alta) dove scrive e collabora con la
rivista di moda e cultura generale “Peni”. Il suo profilo
Twitter @Sbrokka ha ottantatremila miliardi di follower.

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Bramo Mutande

Fig. 17 - Bramo in uno dei suoi locali preferiti: il "Peluria" di Rimini

Bramo Mutande (Sansobbia, 1944 - Nizza, 2012) è stato un


attore italiano, divenuto famoso sulla scena mondana come
playboy. Figlio adottivo di due mimi specializzati nel genere
fantasy (celebre la loro versione gestuale de “Il Signore degli
Anelli” in cui Bramo recitava spesso nella parte di un sasso),
trascorre la propria gioventù sulla Riviera Ligure nella casa
al mare di una zia ricca, alternando frequenti puntate in
Costa Azzurra dove, con un gruppo di amici (Pippo
Stupefacci, Franco Pucchiacca e Spanco Minori), costituisce

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

una compagnia piuttosto nota negli ambienti della vita


notturna nizzarda e monegasca.

Insieme a Pippo, verso la fine degli anni ‘60, apre il


“Bambù” una delle prime discoteche di Milano, poi chiusa
dopo pochi anni a seguito del famoso “Scandalo del
Bambù”, quando nel retro del locale, invece della consueta
cocaina, venne ritrovata una intera teglia di melanzane alla
parmigiana e un panda in stato comatoso.

Nonostante la partecipazione ad alcuni film (soprattutto B-


movies come “La suora” e “Vongole”), la sua notorietà sarà
dovuta soprattutto dalle sue avventure amorose con donne
bellissime. Nell’estate del 1968 ha un breve flirt con Daisy
Duck, in Europa per una vacanza sulla Costa Azzurra, che
gli porta una incredibile notorietà a livello mondiale.

“A letto”, dichiarerà il Mutande alla stampa francese,


“Paperina (in italiano nel testo, ndr) era di una passione
devastante. Quando la conobbi aveva appena rotto con
Donald, e credo di averla aiutata a superare la depressione e
le ipocrisie della cultura americana mostrandole il vero
mondo e la vera trasgressione, proprio qui, tra i locali e le
alcove della Riviera”

Dedito al gioco d’azzardo e all’insana passione per i


cavallucci a dondolo, Bramo finirà con il dilapidare
rapidamente il proprio patrimonio e a trovarsi costretto a
ricominciare da capo costruendosi una seconda vita come
ostacolo nelle gare di dressage. Le vecchie abitudini sono
però dure a morire, e a soli 68 anni viene colpito da un
malore mentre è impegnato in un party a base di alcool e

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

suffumigi balsamici con un gruppo di pentatlete ninfomani


diciannovenni piuttosto sudate.

Trasportato in ospedale, spirerà poco dopo, lasciando al


mondo una delle sue più celebri frasi, che riassume la
filosofia di una vita dissoluta e vissuta al massimo, tutta e
solo nel presente:

“La mia vita è stata condotta secondo un criterio molto


semplice. Se ho fame, mangio. Se ho sete, bevo. Se voglio
aspirare polvere di ghiandole surrenali di opossum miste a
cocaina purissima dalla pancia di una contorsionista svedese
di quindici anni bendata e legata al letto, aspiro coca e
opossum da una acrobata scandinava minorenne legata al
letto. La semplicità è la chiave felicità.”

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Iolando Gerundi

Fig. 18 - Iolando Gerundi nella sua biblioteca mentre legge una rara
edizione di "Paralipomeni del Convolvolo" di Francisco Capoccia

Iolando Gerundi (Firenze, 1969) è un illustre semiologo ed


esperto di linguistica italiano. Nasce terzo di quattro fratelli
in una famiglia molto povera, che si sostiene grazie alle
entrate del padre, il quale fornisce indicazioni agli
automobilisti di passaggio in cambio di piccole mance.
Purtroppo, però, essendo gravemente balbuziente, causa
spesso ingorghi al traffico e viene per questo costretto ad
abbandonare la professione. Troverà quindi lavoro come
sgabello umano all’Accademia di Belle Arti, dove resterà
fino alla pensione.

Iolando, fin dalle prime classi di scuola, si dimostra


incredibilmente dotato per la grammatica e la sintassi,
correggendo tutto ciò che gli passa davanti con la sua

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

inseparabile matita rossa. Corregge maestri, professori, libri,


manifesti, giornali. In alcuni casi si mette anche nei guai,
come quando cerca di inserire a forza una T a Giovannino
Soprattutto, un adolescente di Molfetta da poco trasferitosi
a Firenze, o quando tratteggia con una sottolineatura rossa
la fronte di Epilino Poiché, un vigile urbano di Urbino in
gita a Fiesole.

Ottenuta una borsa di studio, Iolando si iscrive


all’Università, eccellendo nei corsi di Apostrofìa Romanza,
Filosofia degli Accenti e Modi di Dire. Laureatosi a pieni
voti con una tesi sugli pneumatici, Iolando trova un impiego
come correttore di bozze al giornale “La Nazione”, e intanto
elabora alcune complesse teorie, poi raccolte nel libro
“Metafisica dell’apostrofo”, secondo le quali Dio è in realtà
una emanazione dell’individuo stesso e pertanto si scrive
“D’io”.

Di questo periodo è anche la sua discussa partecipazione alla


società segreta “Correggi ed Impera”, in seno alla quale pare
venne organizzato anche il celebre attentato dinamitardo
alla sede della casa editrice “Bona La Prima”, colpevole di
aver pubblicato un libro in cui gli errori ortografici
superavano incredibilmente il numero di parole in esso
contenute.

Nel 2008 conosce la giovane Circonflessa Puntacazzi, alla


quale resterà a lungo legato da un rapporto sentimentale e
professionale. Circonflessa infatti è una infaticabile
castigatrice dei costumi ortografici e accesa femminista,
autrice di numerose pubblicazioni tra cui “La virgola come
strumento di oppressione sessuale”, “Esclamativi repressi”

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

e “Punto e virgola, o forse dovremmo dire: virgola e


punto?”.

Il rapporto tra i due si incrina però per le crescenti


divergenze di opinioni, e anche perché Iolando nel
frattempo si è invaghito di Anacoluta Adynaton, una
giovanissima italo-americana dai costumi sintattici e sessuali
molto aperti. Con Anacoluta, Iolando vivrà una intensa ma
breve stagione di passione e avventura, sperimentando
nuove posizioni degli aggettivi rispetto ai nomi, e iniziando
numerose frasi con una congiunzione.

Il tempestoso legame tra i due arriverà però presto alla


inevitabile rottura: Anacoluta fuggirà con un batterista
canadese con una forte dipendenza da lesso e mostarda,
iniziando una tragica spirale che la porterà alla misteriosa
morte, nel marzo del 2010, quando venne ritrovata in una
camera d’albergo con un vasetto di salsa verde aperto sul
comodino.

Iolando faticherà a riprendersi da questi eventi della sua vita


privata, ma alla fine troverà le energie per proseguire la sua
carriera accademica diventando anche editore con la Casa
“Trigramma”, in cui vengono raccolti alcuni testi
fondamentali sull’uso corretto della lingua italiana e sulle
ritorsioni applicabili in caso di reiterati abusi della stessa.

Nel 2012 lancia il suo sito internet “Grammarbook”, un


social network in cui si possono “taggare” nomi e fotografie
di persone che hanno commesso degli errori di ortografia,
evitando così che essi possano mettere in pericolo le
conversazioni di altre persone. Utilizzando questo sito e

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

l’apposita App per smartphone, viene garantita una


riduzione di oltre il 60% delle probabilità di sentire frasi
come “Vorrei tanto che tu sia felice” al primo
appuntamento con uno sconosciuto.

Oltre a queste attività, oggi Iolando Gerundi è caporedattore


della rivista di moda e linguistica “OrtoGrazia”, membro del
Collegio dell’Accademia della Farina Kamut e scrive
regolarmente per la rivista giovanile di cultura e società
“Tanto ho uno zio ricco”.

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Bruttòdio Tristerelli

Fig. 19 - Il Tristerelli in un celebre ritratto durante il periodo più


ottimista del suo pensiero

Bruttòdio Tristerelli (Genova, 1912 - S. Giovanni


Tumefatto, 1993) è stato un filosofo e pensatore italiano,
maggiore esponente della corrente denominata del
“Pessimismo esagerato”, altrove definita come
“Infelicitismo crogiolante” o “Pansfighismo”.

Orfano dei genitori, cresce e si forma in Liguria presso la


casa di una zia povera, entrando nel gruppo giovanile “Gufi

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

morti” e frequentando l’associazione accademica poi nota


come “I Ragazzi di Staglieno”. Dirige una piccola rivista
locale di necrologi, intitolata “Loro, almeno”, su cui
vengono periodicamente inseriti editoriali su quanto un
sasso sia mediamente più felice di un essere umano, per
quanto nel suo piccolo anche il sasso i suoi bei problemi di
famiglia se li porta sempre dietro.

Diventato docente della cattedra di Chemioterapia dei


Vermi Ciechi all’Università di Teramo, inizierà un lungo
processo intellettuale che sfocerà nella fondazione
dell’Infelicitismo come corrente di pensiero e filosofia
morale.

Stabilito il primo assunto metafisico che Dio esiste, gioca


contro di noi in un girone della morte e gli servono i tre
punti per passare il turno, il pensiero infelicitista sviluppa
numerosi assiomi etici, tra cui quello secondo il quale ogni
uomo non solo non sarebbe dovuto nascere, ma non
avrebbe nemmeno dovuto compilare il modulo di
iscrizione, e quello, detto del “primo escluso”, per cui tra
due opzioni eticamente equivalenti, l’uomo tenderà a
scegliere quella non più disponibile su Amazon.

La vita, secondo il pensiero Infelicitista, è “una forma di


invalidità permanente” in cui i brevi momenti di apparente
felicità sono per lo più legati ad errori di valutazione “come
quando pensi di avere il numero vincente della lotteria e
invece non è quello giusto, non hai nemmeno il biglietto che
in realtà è un pezzo di carta sporca, e tu non sei a casa
davanti alla televisione ma in un angolo di strada vestito di
stracci ed è tutta una illusione dovuta all’intossicazione da

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colla vinilica”. Come viene riportato nell’incipit di “Fa tutto


schifo e ne ho le prove” (Sellerio, 1960): “La sola cosa bella
che può capitare nella vita di un uomo è il tetano”.

Intervistato da una giornalista negli anni ‘70, dichiarerà di


essersi aperto ad una revisione più moderata del suo
pensiero. “Alcuni momenti di gioia”, dichiarerà, “si possono
effettivamente dare, per quanto effimeri. Ad esempio,
sapere che nel corso delle tremende sconfitte della vita si
possono comunque avere le carie, mi dà un certo senso di
sollievo”.

Le sue principali opere, pubblicate tra il 1955 e il 1981 sono:

- “Anarchia e caos: Neri per caso” (Sellerio)


- “Coliche in Armenia” (Adelphi)
- “Spararsi in bocca come simbolo delle tradizioni natalizie
europee” (Giunti)
- “Cronache di un ascesso” (Adeplhi)
- “La menopausa tra gli adolescenti” (Mondadori)

Prima di morire per le complicazioni di un banale incidente


con un fucile Remington calibro .233 casualmente
appoggiato alla tempia, lascerà un biglietto con una frase
enigmatica, ancora allo studio dei biografi: “Non importa
cosa pensi del bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno. Conta
quello che il bicchiere pensa di te. E i bicchieri, credetemi,
sanno essere dei veri figli di puttana”.

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Hentro Darretro

Fig. 20 – Darretro in uno dei suoi più riusciti travestimenti

Hentro Darretro (Siviglia, 1920 - Budapest, 1991) è stato un


cosiddetto ladro-gentiluomo, poi collaboratore delle forze
dell’ordine, spagnolo. Nato da una famiglia poverissima (i
suoi genitori masticavano il cibo per le famiglie dei quartieri
abbienti di Siviglia), cresce nei vicoli e sulle strade della città
andalusa.
Fin da giovanissimo apprende l’arte del borseggio e della
truffa, specializzandosi nello svaligiare le ville dei ricchi
borghesi e della decadente nobiltà. Nel 1933 ruba un
piumino da cipria alla contessina Federica Infanta de la
Sfuenda, e per questo viene arrestato e percosso
ininterrottamente dalla polizia fino al 1936, anno in cui viene
rilasciato per una amnistia concessa per l’anniversario
dell’invenzione del gelato al gusto “Malaga”.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Tornato sulla piazza, poverissimo e senza mezzi, circuisce


una anziana ereditiera, Leonilda Pampero de la Grinza,
fuggendo in Svizzera con una cospicua quantità di contante,
due dalmata di peltro e un prezioso ritratto di Goya in cui è
rappresentata una sua zia ricca.
Qui si costruisce una nuova identità come Herzog Rubo,
ebreo slovacco con ascendente capricorno. Tuttavia, il suo
stile di vita dispendioso, le numerose amanti e il suo vizio
per la tosatura dei Collie, lo porteranno in breve a dover
riprendere la strada del crimine.
Vive di grosse truffe ai banchi dei pegni, dove finge di essere
un nobile decaduto in cerca di liquidità e ottiene prestiti
cospicui dando in garanzia tele di inestimabile valore che si
riveleranno poi essere dei banali vassoi da portata macchiati
di sugo.
La sua dialettica, il suo charme, gli abiti elegantissimi,
l’accento straniero, gli consentono di ingannare banchieri,
finanzieri e ricchi imprenditori, convincendoli ora ad
investire nel commercio di furetti con il Ghana, ora ad
acquistare fantomatiche obbligazioni legate all’andamento
del latte di cocco in Groenlandia, ora a cedergli importanti
capitali per investimenti “sicuri” nel mercato dei vitalizi per
polli.
Arrestato dal tenace poliziotto francese Gérard Tattrape,
che lo inseguirà per mezza Europa fino ad incastrarlo ad
Istanbul mentre cerca di vendere il Mar Caspio ad un
fabbricante di ombrelli fiorentino, confesserà tutti i suoi
crimini venendo condannato a 237 anni di carcere, di cui gli
ultimi 5 con il beneficio della libertà vigilata.
Tra i due personaggi - guardia e ladro - è nata però una
simpatia maturata nei lunghi mesi di costante rincorsa, e

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Tattrape comprende l’animo gentile del Darretro, mai


incline ai gesti di violenza e sempre molto attento alla scelta
delle proprie vittime tra i ricchi più opulenti, pigri, e con i
peggiori difetti di pronuncia.
Dopo sei mesi di carcere, infatti, Tattrape propone a
Darretro di diventare un collaboratore dell’Interpol nella
caccia ai ladri più spietati e ai truffatori più abili del vecchio
continente.
Dopo alcune perplessità, Darretro accetta e i due
diventeranno una coppia inseparabile nella lotta al crimine.
Tra i loro arresti più celebri ricordiamo il rapinatore di
origini italiane Aldo Scappo, la coppia criminale composta
da Adalaida Coigonzy e Danny Lenoni, che incastrava ricchi
imprenditori e politici con foto compromettenti e poi li
ricattava ferocemente, Vassilij Svaligi, rapinatore di banche
ucraino e Boris Palo, complice in numerosissime azioni
criminali, sia pure sempre in un ruolo secondario.
Completamente riabilitato, Darretro otterrà anche dei
riconoscimenti ufficiali per il servizio svolto e si ritirerà a
vita privata nel 1979, anche in seguito della morte di
Tattrape, colpito da una pallottola vagante durante un
conflitto a fuoco con un noto stupratore seriale di tacchini.
Sulla sua avventurosa vita sono basati alcuni personaggi del
cinema e della letteratura, in particolare il protagonista del
celebre romanzo “Menti sfuggenti”, scritto da Phil Lology
nel 1982, vincitore di numerosi premi.

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Fistifacchio Sborroni

Fig. 21 – Fistifacchio verifica una inquadratura durante le riprese di


“Pantacollant”, cult movie erotico del 1978

Fistifacchio Sborroni (Napoli, 1959 - Las Vegas, 1998) è


stato uno dei più celebri e pagati attori pornografici degli
anni ‘70-’80.
Nato a Napoli da genitori molto poveri, non conobbe mai il
padre: nonostante vivesse con lui e la madre non si presentò
mai e indossò per quasi tutta la vita una maschera con
occhiali e baffi finti. Questo fatto, unito al trauma
dell’estrema povertà (la madre era solita prostituirsi in
cambio di applausi), lo portò ben presto ad allontanarsi dalla
famiglia e a tentare la carriera militare.
Rifiutato dall’Accademia militare in quanto “fuori standard
per la dotazione bellica italiana”, prima provò ad entrare

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

nella Legione Straniera, fallendo però il test di ammissione


a causa di una risposta errata sulle regole di precedenza
stradale tra cammelli, e quindi decise di emigrare negli Stati
Uniti in cerca di maggior fortuna.
Imbarcatosi da Salerno sul mercantile “Pataffio” con il ruolo
di mozzo e albero di trinchetto di ricambio, arrivò a New
York il 13 settembre 1970 con qualche soldo frutto
dell’eredità di una sua zia ricca e un carico di speranze
giovanili ancora parzialmente inespresse.
Nella Big City Fistifacchio svolge numerosi mestieri: barista,
inserviente, giudice nelle gare di morra cinese, pedicure per
opossum, assistente di volo, infermiere, tacchino del
ringraziamento e redattore di cruciverba semi-
professionista.
Conosce anche una infermiera del Wisconsin, Fonda May
Lewis, con la quale si sposerà nel ‘72, trascorrendo un
periodo di relativa tranquillità tra la famiglia e il suo lavoro
di manutentore dei meccanismi di rotazione dei
copricapezzoli in un locale burlesque di Soho.
Qui un giorno viene notato da un produttore di film per
adulti, Jarry Fappo, il quale si accorge casualmente delle
incredibili dimensioni del pene di Fistifacchio. L’episodio,
narrato nella celebre biografia su Fistifacchio “CineAsta”,
pare sia avvenuto nei bagni del locale, dove il giovane stava
usando la toilette sedendo però nello stesso tempo al
bancone del bar dall’altro lato dell'edificio.
Impressionato dalle potenzialità di Fistifacchio, Jarry gli
propone di entrare nel mondo del cinema pornografico,
anche se inizialmente solo come comparsa. Il talento del
giovane attore si rivela però notevole, e Fistifacchio, sotto

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

numerosi pseudonimi, diventa in breve il re incontrastato


del cinema erotico di quegli anni.
All’epoca i film erotici avevano ancora una trama, a volte
anche piuttosto complessa, e quindi le doti attoriali di
Fistifacchio vengono particolarmente apprezzate, come nel
caso di “Danish Weird Erotica”, ispirato all’Amleto di
Shakespeare, dove il pene di Fistifacchio recita una
indimenticabile versione del celebre monologo nel ruolo di
Yorick.
La fama e il successo, oltre ad una considerevole quantità di
denaro, hanno però su Fistifacchio un effetto
profondamente negativo. L’attore inizia a bere e ad
assumere droghe molto potenti derivate dal sudore dei
girini, diventando in breve tempo gravemente
tossicodipendente.
La sua vita va rapidamente letteralmente a rotoli:
abbandonato dalla moglie, si ritrova a spacciare, prostituirsi,
rubare, compiere truffe e persino dare ripetizioni di latino
ad alcuni liceali ricchi pur di pagarsi le sempre crescenti dosi
di droghe sintetiche di cui è schiavo.
Nel 1998, mentre è a Los Angeles sul set di una pellicola
pornografica dal titolo “Se mi lasci ti sfondo”, Fistifacchio -
sotto l’effetto di alcool e droghe derivate dalla forfora dei
pipistrelli venezuelani - commette un grave errore tecnico e
viene colpito violentemente in testa dal suo stesso pene in
erezione.
Il trauma cranico che ne deriva lo fa cadere in un coma
profondo dal quale l’attore - il cui fisico è già debilitato dalle
sostanze stupefacenti e dall’alcol - non si riprenderà più.
Secondo le sue volontà, verrà cremato e le sue ceneri

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verranno sparse sul mare vicino a San Diego. Il suo pene


verrà cremato a parte e le ceneri, sparse sul Golfo del
Messico, causeranno un oscuramento della luce solare con
un calo delle temperature percepito in tutto l’emisfero
boreale.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Giovannenrico Maria di
Cazzofratto

Fig. 22 – Il Cazzofratto in una litografia dell’epoca, mentre abbandona


una osteria indignato per l’eccessivo tempo di raffreddamento delle
polpette

Giovannenrico Maria di Cazzofratto (Recanati, 1810 –


Roma, 1882) è stato un nobile decaduto e letterato italiano,
ricordato per essere il personaggio con meno pazienza della
storia italiana. Nato prematuro da una coppia di artigiani
specializzati nella produzione di savoiardi per il tiramisù,

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Giovannenrico acquisirà la carica nobiliare da una sua zia


ricca.
Nel 1830 intraprende gli studi di economia, ma dopo 23
minuti abbandona la facoltà in quanto “tediato” dalle
argomentazioni, secondo lui riconducibili tutte ad “un
numero finito di cifre, comprese le quali null’altro vale il
tempo dell’ascolto”. Nei 12 giorni seguenti si iscriverà a tutte
le facoltà universitarie, incluse “Scienze Coloniali”,
“Uncinetto romanzo” e “Papirografia lombarda”.
In nessun caso rimarrà iscritto per più di tre ore, ed il mese
successivo, ritenendo di aver esaurito lo scibile umano,
partirà per un viaggio intorno al mondo. All’altezza di
Recanati Nord, però, provato per le fatiche del viaggio
iniziato due ore prima, si fermerà in un ostello e da qui
rientrerà a casa scrivendo sul suo diario “ho visto quel che
v’era da vedere”.
Si cimenterà in diverse opere letterarie e teatrali, tutte con la
caratteristica d’essere estremamente brevi, come nel caso
della celebre “Omeo e Ulietta”, composta d’un solo atto e
d’una sola battuta, una voce fuori campo che recita
“S’amavano, ma non si volle: perirono”.
Nel 1850 pubblica un romanzo maturo, in cui però decide
di scrivere solo la prima riga d’ogni pagina, lasciando al
lettore “spazio per l’inventiva”. Il romanzo doveva avere
cento pagine così scritte, ma il Cazzofratto si fermò a pagina
tredici, lasciando “ulteriore spazio per l’inventiva”.
Il romanzo rimase come manoscritto sulla scrivania in
quanto l’editore, distante ben due isolati, risultava “assai
difficile da raggiungere”. È solo per un puro caso che tale
opera giunse alle stampe, utilizzata impropriamente da una
delle domestiche per incartare del pesce e poi ritrovata,

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

sempre fortuitamente, da un linotipista belga di nome


Blüppe.
Durante il resto della sua esistenza, fondamentalmente il
Cazzofratto non fece nulla, trastullandosi con piccoli piaceri
domestici, una domestica diciottenne e alcune importanti
riserve di Beaujolais. Giunto ai 70 anni decise “d’essersi
stancato di questo intenso e prostrante mestiere del vivere”,
e si abbandonò sul letto su cui, nel giro di qualche tempo,
spirò.
Oggi il suo corpo riposa in vari cimiteri in quanto le sue
disposizioni (unite ad un cospicuo lascito) furono d’essere
esumato ogni 2-3 mesi e traslato in un nuovo sacello. Sulla
sua lapide sono riportate le sole iniziali G.M.C. in quanto
nella nota testamentaria egli ritenne “d’eccessiva
esasperazione riportare l’intero nome, quando tutti ben
sanno come mi chiamo”.
NB. Tutte le citazioni in virgolettato sono state riportate nel
diario di Giannenrico dal biografo Emanuesto Scribacchi,
assunto perché “la redazione d’un diario è una attività
snervante per un uomo della mia tempra”, come ebbe a
riportare lo Scribacchi stesso.

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Opulenzio Piattini

Fig. 23 – Opluenzio nelle sue stalle private,


dove allevava magistrati da passeggio

Opulenzio Piattini (Roma, 1903 – Portofino, 1995) è stato


un famoso miliardario italiano noto per le sue eccentriche
manifestazioni di ricchezza e il suo raffinato gusto nel lusso
più sfrenato.
Figlio di un magnate del pannolenci, venne partorito
direttamente da una balia per evitare alla madre, la Contessa
Sfaccenzia di Sbaracco, lo sforzo del parto. Già in tenera età
dimostrò una propensione per gli oggetti lussuosi e un certo
sfarzo. La sua carrozzina, progettata dalla Rolls-Royce e

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tempestata di diamanti, raggiungeva la velocità di 240 km/h


con la propulsione di un motore da 500 tate/vapore e
poteva ospitare 12 persone più l’equipaggio, nonché una
piccola cucina da campo.
Raggiunti i 12 anni, chiese ed ottenne un piccolo biplano
privato con cui andare al campetto a giocare a pallone. In
realtà non giocò mai veramente una partita, ma incaricava
diversi giocatori professionisti di interpretare il suo ruolo in
varie parti del campo. Questa attività segnò l’esordio di
numerosi campioni dell’epoca tra cui József Horváth e Tom
Miller.
Innumerevoli furono i suoi eccessi durante l’età adulta, ed è
impossibile ad oggi ricostruire quanto fu leggenda e quanto
verità, anche perché la sua immensa fortuna nel settore delle
parannanze lo rese capace di qualsiasi impresa. Pare
possedesse una motonave così grande che al suo interno
poteva ormeggiare un’altra motonave così grande che al suo
interno poteva ormeggiare un’altra motonave così grande
che al suo interno poteva ormeggiare la prima motonave;
oppure si narra che possedesse una flotta di aerei privati il
cui unico scopo era fargli ombra durante le sue lunghe
passeggiate a dorso di un commercialista.
Ma era nelle piccole cose quotidiane che il suo senso del
lusso si esprimeva con più stupefacente creatività. In
ciascuna delle sue 300 tenute sparse per l’Europa, ogni sera
veniva preparata una cena di 12 portate: se egli non si
presentava, la cena doveva essere mangiata dal
maggiordomo, interamente, e un’altra cena da 12 portate
doveva essere preparata per poter essere gettata
nell’immondizia.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Nell’abbigliamento, Opulenzio era assai stravagante ed


esigente. Indossava solo camicie di seta bianca tratta non da
bachi da seta, ma da una preziosa sostanza secreta da alcuni
magistrati abruzzesi. Di tali camicie, il magnate tendeva a
indossarne almeno 10 o 12 all’ora, attuando dei rapidi cambi
dietro un siparietto che si faceva sempre portare appresso.
Possedeva inoltre 131 cani di piccola taglia, per ciascuno dei
quali aveva predisposto un set di abitini coordinati, un conto
corrente e un avvocato a disposizione per qualsiasi
evenienza. Tali cani avevano poi ciascuno 4 cani-
maggiordomo per aiutarli nelle faccende quotidiane.
Durante il caffè, Opulenzio si faceva servire la bevanda in
una tazzina dentro un’altra tazzina, quest’ultima posata su
una pila di piattini di 15-20 metri, motivo per cui soleva
sorbire il liquido aromatico dalla plancia di un dirigibile ad
elio di 90 metri.
Pare che nella sua vita Opulenzio non abbia mai usato
effettivamente le mani per alcunché, tanto che non
comprese mai del tutto l’uso di queste curiose appendici che
sporgevano dai suoi avambracci. Più volte si interrogò
sull’opportunità di farsele asportare in quanto retaggio di
una provenienza plebea, ma alla fine si fece convincere dal
Re del Belgio (che egli aveva assunto come sgabello) a
soprassedere.
Nel 1985 Opulenzio si ritirò dalla scena pubblica andando a
vivere sulla grande isola di Silegna, un tempo posta tra Sicilia
e Sardegna, che egli provvide a far asportare e cancellare da
ogni atlante e libro di storia “per evitare seccature”. L’isola,
che era all’incirca grande come la Corsica, venne portata via
da alcune navone e attualmente nessuno sa dove si trovi
esattamente.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Da allora si seppe poco delle sue attività, tranne alcuni


episodi isolati, tra cui quello del 1987, in cui per un breve
periodo si comprò il mondo, per poi stancarsene e
rivenderlo ad alcuni banchieri tedeschi, quello del 1989 in
cui prenotò tutte le camere d’albergo del Giappone per
motivi tutt’ora misteriosi, e quello del 1990 in cui, trovatosi
accusato di aver versato meno tasse del previsto, comprò la
matematica e la fece leggermente modificare in modo che i
conti tornassero a suo vantaggio.
Morì nel 1995 in quanto si convinse che poteva demandare
ad alcuni inservienti il compito di respirare, idea che si
rivelò, con il senno di poi, non particolarmente azzeccata.
Durante il suo funerale vennero recisi e sparsi 500 milioni di
fiori di branzacco. Se vi stavate chiedendo perché oggi non
si parla più del branzacco in floricultura, potete ora
immaginare il perché.
Nessuno conosce esattamente l’ubicazione della sua
sepoltura, e c’è addirittura chi sospetta che tutta la faccenda
sia una montatura, e che in realtà non solo Opulenzio non
sia mai morto, ma che la Morte stessa si trovi attualmente
sul suo libro paga alla voce: consulenti.

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Jeremy (Jerry) Molestino

Fig. 24 – Jeremy (a sinistra) col fratello Poggy mentre prova il suo


poncho speciale con mano finta

Jeremy (Jerry) Molestino, nato a Los Angeles nel 1955, è un


celebre studioso e praticante molestatore, produttore di
pellicole cinematografiche e scrittore americano. Nato da
genitori poverissimi (il padre si esibiva come fenomeno da
baraccone fingendo con un trucco di avere due orecchie
sinistre), Jerry cresce nei sobborghi di L.A. applicandosi nei
lavori più umili, tra cui: essere spintonato nei litigi stradali,
fare da corriere per gli spacciatori di carta straccia, farsi

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

venire le carie al posto dei bambini ricchi e altri impieghi


saltuari, fino a che non ottiene il ruolo di caddy in un
importante country club.

Qui conosce Lobo Lobovitz, un ex produttore ebreo di 103


anni che lo prende in simpatia e cerca di insegnargli i
fondamentali del mestiere di agente dello spettacolo e
produttore cinematografico. Purtroppo, l’età avanzata ed
alcuni disturbi di memoria fanno sì che Lobo in realtà finisca
per l’insegnare a Jerry, invece del mestiere, una variante
particolarmente elaborata della canasta.

Jerry però non si arrende e inizia a studiare per conto


proprio diventando in pochi anni semi-professionista
nell’arte della molestia sessuale da passeggio. Dotato di mani
estremamente abili e di un lessico naturalmente offensivo
per il sesso opposto, Jeremy vince una borsa di studio per il
corso di “Intensive Misconduct in Sexual Behaviour” presso
l’Università del Wisconsin, dove si distingue soprattutto
nelle specialità di: Allusione diretta e indiretta; Giochi di
parole sulla Ghiandola Mammaria; Analisi del polpaccio;
Fisica delle Scollature; Salivazione 1 e 2; Epigrafia dei
Genitali.

Nei tardi anni ‘70 forse collabora ad un progetto della CIA


per carpire informazioni sul colore delle mutandine delle
spie russe in Centro America, informazione che - insieme
allo studio di un attacco di battutacce sessiste su larga scala
- secondo i vertici dell'Agenzia avrebbe potuto costituire
un'arma importante nel complesso scenario della guerra
fredda e della crisi in Nicaragua.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Nel 1987 perfeziona la nuova tecnica della “Mano Morta per


corrispondenza” che gli frutterà un award alla International
Laidos Society, e soprattutto inventa e brevetta il “trucco del
braccio ingessato per liberare una mano sotto la giacca”, che
lo porterà, nell’autunno del 1989, ad essere candidato al
Premio Nobel per la fi(si)ca. Fu invece contestatissima con
Henry Pattaperta la paternità sull’invenzione del “buco nella
tasca”: da tale controversia scaturì una causa legale durata
più di vent’anni risoltasi poi in un rimborso miliardario per
il Pattaperta a cui andarono anche i diritti per l’appoggino
sul tram.

Nella sua carriera si dividerà tra insegnamento (alla


Columbus University), performance live memorabili, libri
didattici, saggi e trattati sulla materia. E’ tutt’ora famoso per
aver molestato in modo più o meno sessuale, ricevendone
attestati e denunce circostanziate:

• Madre Teresa di Calcutta


• Nancy Reagan
• La Regina Elisabetta II
• Tutti i membri femminili della Royal Philharmonic
Orchestra, durante un concerto, perfettamente a tempo
con un adagio da Das Liebesverbot oder Die Novize von
Palermo di Wagner
• Tatum O’Neal
• Lo Snorky Frizzina
• Brigitta
• Un sasso
• La Galizia
• La Statua della Libertà tramite un sistema di carrucole e

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

leveraggi
• Una giovanissima ipotenusa
• Ania Pieroni
• La RAI

I racconti delle sue vittime sono ricchi di particolari che


mettono in luce la sua straordinaria capacità di essere
costantemente fuori luogo in materia sessuale. Un giorno, al
posto di “un bicchier d’acqua”, chiese ad una giovane
cameriera “un bicchier d’acqua”, ma con una inflessione
tale, e tali striscianti sottintesi, che lei dovette correre in
bagno e piangere dal 1999 al 2003, risultando
psicologicamente devastata e incapace di usare
normalmente un bicchiere per il resto della sua vita.

Nel 2007, trovandosi nel letto una diciassettenne nuda e


cosparsa di melassa, per dimostrare la sua abilità molestò
l’abat-jour. L’episodio è confermato da Woody Allen, che
era presente ai fatti travestito da melassa, e da una
giovanissima Kristen Stewart nella parte dell’abat-jour.

Non tutte le vittime di Jerry Molestino ebbero il coraggio di


denunciarlo, e di questo lui si dispiacque enormemente,
dichiarando che “il talento non riconosciuto è il maggior
rimpianto di un artista che ha dato tutto alla sua Arte”.
Tuttavia, senza lasciarsi demoralizzare, Molestino sta
continuando la sua attività ancora oggi, perfezionando
antiche tecniche orientali come 手膝盖 (mano-ginocchio) o
乳房眼 (occhio-seno) di origine cinese o “Il fantasma dello

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

stelo di giada al tramonto nella regione di Hokkaido” di


origine giapponese.

Tra le sue opere letterarie fondamentali, ricordiamo:

“Cucù” (Bompiani, 1987)


“Eddai” (Einaudi, 1990)
“Se non capisci gli scherzi” (Adelphi, 1995)
“L'inerzia come alibi” (Bompiani, 2006)
“Allusioni d’amore” (Bompiani, 2009)
“Il pene come intercalare” (Adelphi, 2011)
“Meritocrazia e lingerie” (Adelphi, 2015)

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Centauro Sfracagni

Fig. 25 – Il giovane Cantauro nella sua culla

Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato


Sfracagni nasce a Lugano (CH) nella primavera del 2018,
figlio della nota influencer Mia Fuffababbi e del suo
compagno, il famosissimo rapper Odolino Sfracagni (in
arte Gionni Treppalle).

Mia partorisce in una segretissima clinica elvetica, assistita


dal ginecologo di fama mondiale Uretro Speculoni il quale,
per eccesso di zelo, decide di praticare l’epidurale alla
madre, al padre, agli infermieri e ad alcuni turisti tedeschi
di Hannover casualmente di passaggio di fronte alla clinica.

Per non perdere l’emozione dei dolori e della sofferenza


legati alla magica esperienza della maternità, viene assoldata
una bracciante messicana di 52 anni, alla quale viene

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

trasmesso tutto il processo neurale, tramite sofisticati


meccanismi elettrochimici, in modo che possa raccontare
in una toccante video-intervista cosa ha provato in realtà la
celebre Mia mentre giaceva strafatta tra i fumi della
morfina.

Appena nato, Centauro viene iscritto a tutti i Social


Network esistenti, riceve moltissimi Like e alcune critiche a
cui risponde prontamente cagandosi addosso. I critici della
rete lo ritengono ad oggi il migliore comeback online della
storia dei flame tra adulti e neonati sotto la settimana di
età.

Si scatenano contemporaneamente anche alcune


polemiche sul fatto che – a quanto pare – Centauro avesse
ottenuto da Facebook un database di alcuni milioni di dati
personali in modo da sapere in anticipo in quale giorno
fosse meglio nascere – e con quale sesso – per ottenere
migliori consensi. La sua prima tutina è il frutto di
complesse analisi cromatiche costate al National Institute
of Cazzi Vostri di Vibo Valentia 14 mesi di indagini e
36.000 ore macchina di elaborazione.

Rimangono come icone dei nostri tempi alcune potenti


fotografie diffuse in esclusiva da Gattiny Images (il celebre
istituto arricchitosi con la vendita online di ritratti felini
giovanili). In una il padre sfinito, ormai sveglio da quasi 40
minuti rispetto all’ultima pennichella, crolla su una
poltrona con in braccio il piccolo Centauro. In un’altra
l’intera famiglia viene ritratta in un tenero e spontaneo
abbraccio per la cui coreografia viene ingaggiato Garrison
Rochelle in una delle sue più riuscite interpretazioni.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato, che


la madre ha ribattezzato sul web “Simpaticamente Ugo”,
ha già iniziato a 28 minuti dalla nascita la prima dieta
verticale della sua vita: solo latte, una iperproteica
appositamente studiata dal noto nutrizionista Pappo
Nunpanzy. Ha inoltre già licenziato il suo agente Cacio
Cavalli preferendogli la nota influencer-coach Brandella
Ascitagghi, venduto i diritti d’immagine alla Disney e
sposato il pupazzo Gugu, con il quale però le cose, nel
pomeriggio, hanno iniziato a non andare molto bene, fino
al definitivo lancio fuori dalla culla a cui sono prontamente
susseguite le lettere degli avvocati.

La famiglia ha dichiarato: “Non lo vizieremo, sarà un figlio


di gente normale, non vogliamo che si monti la testa ma che
rimanga umile come noi: ora per favore uscendo potete dire
ai pastorelli che il catering è in fondo a destra?”

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Johnny Bruttodee

Fig. 26 – Johnny Bruttodee durante una performance nel noto locale


undergroud “Alpaca’s Skull”

Johnny Bruttodee, noto anche con gli pseudonimi di Ob


Skifo, G di Gennaro e Ray Catarro, è stato un musicista e
cantante punk della scena londinese negli anni ‘70. Nato in
un quartiere poverissimo dello Shitshire, viene abbandonato
dai genitori in tenera età, quando scoprono che non può
brucare l’erba per sostenersi. Per qualche mese vive a casa
di una zia ricca, Eleanor Bleblenz, di origine neozelandese,
che è solita rincorrerlo con una testa di alpaca impagliata e

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

un decespugliatore. Johhny serberà sempre un caro ricordo


di questa figura materna, dedicandole alcuni pezzi come
“Piss on your grave” e “I hope you rot”. Purtroppo, Eleanor
soffre di una rara malattia che le impedisce di distinguere le
strisce pedonali dalle persone di etnia ispanica. Un tragico
pomeriggio, mentre cammina su Pedro Ramirez, viene
travolta da un camion pieno di incudini e muore sul colpo.
Pedro Ramirez si salva e - per una curiosa coincidenza -
diventa un abile pilota di aerei da diporto morendo poi
tragicamente nello stesso punto in cui John Fitzgerald
Kennedy aveva preso un gelato.

Rimasto solo al mondo Johnny inizia a scrivere canzoni per


un uomo polacco dalla dubbia moralità, che lo ripaga in
patate a forma di Margareth Tatcher, una signora di
Shufford famosa per essere quasi omonima del Primo
Ministro, ma con una “h” spostata. Johnny le vende al
mercato nero per mezzo penny, con cui si compra delle
patate normali. Alla domanda sul perché non mangiasse le
patate a forma di Tatcher, Johnny rispose sempre che “gli
facevano impressione”. Per questo motivo, e per una serie
di ragioni legate ad allergie alimentari, Johnny diventa
anarchico.

Un giorno, mentre vaga per la città in cerca di qualche


lavoretto che gli consenta di sbarcare il lunario, Johnny
incontra Vivenne Westwood, la quale gli chiede alcune
indicazioni per raggiungere Grenthom Street. Johnny non
conosce l’indirizzo, e ha buone ragioni per pensare che sia
inventato, ma si offre comunque di cantare una canzone per
scusarsi. Vivienne rifiuta e chiede al gestore di una polleria,

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

che poi diventerà il leader dei “Mama Rana”, la celebre band


di Disco Music degli anni ‘70. I due non si incontreranno
mai più.

Quello stesso giorno, Johnny chiederà di usare il bagno di


un locale alternativo di Soho a causa di una violenta
necessità corporale dovuta all’abuso di patate, e lì conoscerà
Ranzo “Kit” Boltrum, un bassista franco-bulgaro con un
braccio più lungo dell’altro, alternativamente, che aveva già
suonato con i Melissa Branz e i Parameo, un gruppo che si
ispirava apertamente al rumore che fanno i tombini messi
male quando ci passi sopra con la macchina.

Ranzo e Johnny decidono di fondare una nuova band, ma


litigano furiosamente sul nome, che doveva contenere “Sex”
e un’arma da fuoco, senza trovare un accordo. Decidono
quindi di darsi il nome temporaneo di Sad Banana e
scrivono subito un pezzo molto famoso, “Piscio Antigelo”,
che attirerà le attenzioni del pubblico per il suo sound unico,
simile a quello di un gruppo di picchi cocainomani rinchiusi
in un barile di latta elettrificato.

Al gruppo si unisce Keith Rotella, batterista italo-londinese,


tossicomane, alcolizzato, e con leggeri problemi nel calcolo
dei volumi dei solidi. Keith, Ranzo e Johnny iniziano un
tour nei locali londinesi al cuore della scena punk, tra cui:
“La Cantina del Topo Morto”, “La Cantina del Topo Morto
2”, “Shame”, “Hepatitis”, “Rebellion”, “Da Joe Pizza &
Pies”, “L’appartamento di Ronnie al 37B di Hill Street”,
raggiungendo occasionalmente anche Liverpool,
Birmingham, Lecce, e altre città inglesi.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Il primo album “Potatoes” arriva quasi per caso: Alicia, la


fidanzata di Larry Smort, secondo chitarrista aggiuntosi per
ragioni mai chiarite, registra un live e lo fa ascoltare ad un
produttore di nome Guty Gross, il quale decide che “forse
qualcuno potrebbe comprare persino questa robaccia in un
periodo disperato come questo” e finanzia prima l’album e
poi un singolo con “Piscio Antigelo” sul lato A e
“Cacorane” sul lato B. E’ subito un successo incredibile e
l’album vende 15 copie, mentre il singolo viene prodotto in
30 copie, quasi tutte vendute nel giro di qualche mese. Per
la scena del punk sono numeri mai visti, e sanciscono l’uscita
del genere dall’anonimato per affacciarsi al grande pubblico
di ragazzetti stortignaccoli e insicuri di tutto il mondo.

La band inizia un tour inglese ufficiale, durante il quale i


membri del gruppo si danno agli eccessi più estremi. In un
hotel del Devonshire mangiano molto e poi vanno a
dormire senza neanche fare due passi, in una stazione di
servizio scozzese non si fanno fare lo scontrino e fuggono
prima di essere riconosciuti, ma soprattutto iniziano a
consumare moltissime pastiglie Valda. La loro salute e
l’equilibrio mentale si affievoliscono. Tra i fumi del mentolo,
Johnny diventa violento e picchia la sua compagna, Oretta,
e la induce a consumare moltissima pasta con i ceci. Anche
il loro abbigliamento, che diventerà un’icona di quei tempi,
è molto particolare, fatto di spille, borchie, cavatappi,
brugole e fermatovaglie su magliette strappate, calzini bucati
e mutande con l’elastico molle.

Tutto inizia a precipitare quando Larry evade una tassa sul


possesso di procioni domestici e viene arrestato dalla

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

forestale. Durante l’arresto, Larry oppone resistenza e un


colpo di pistola degli agenti ferisce Dumbo, il procione.
Larry cade in depressione e inizia a drogarsi fino a pensare
di essere Maria Luigia d’Austria. Quando Napoleone,
dall’Elba, non risponde alle sue lettere, si suicida ingerendo
propano nella sua casa di Camden.

La band decide di sciogliersi ma un ultimo evento funesterà


la loro storia. Una notte Johnny, ormai demotivato e stanco,
schiavo dei deodoranti per l’alito alla cannella, in una lite
furibonda colpisce Oretta con un bongo lasciandola priva di
sensi e producendo un suono piuttosto peculiare. Convinto
di averla uccisa, sale sul tetto del palazzo di Lullaby Street
dove la coppia risiede e si getta nel vuoto, atterrando su un
enorme cumulo di materassi. Purtroppo Johnny è
violentemente allergico ai materassi e muore prima
dell’arrivo dei soccorsi, che, diciamocelo, se la stavano anche
prendendo comoda, pronunciando ai pochi passanti le sue
ultime, enigmatiche parole: “La vita mi ha insegnato molto
sulle persone, ma non ho mai capito quelli che escono senza
salvare”.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Johnny Bleblenzio

Fig. 27 – Bleblenzio durante un live


alla Pizzeria Mare Chiaro di Ascoli Piceno

Johnny Bleblenzio (Savona, 1972), al secolo Accordio


Falsorigo Midibasio Tasticchi, è un pianista italiano, noto
soprattutto per essere considerato il più grande esecutore di
musiche da piano bar del mondo. Formatosi al
Conservatorio di Ljubljiana con un percorso di studi tra il
mandolino traverso e il banjo elettrico, decide ben presto
che la sua vena artistica si esprime ai suoi massimi livelli
all’interno della corrente artistica nota come
“Intrattenimento musicale”.

“Mi piace”, dichiarò il Bleblenzio in una intervista allo


Slowly Rolling Stone, “che la gente parli mentre suono,
specialmente al telefono, o che ordini ad alta voce delle birre

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

dal proprio tavolo. Quando ho suonato all’Albert Hall, ho


preteso che ci fossero dei camerieri in platea”.

Nel 1992, a soli vent’anni, ha già prodotto due album molto


importanti nella storia della musica: “Chopin in 3 accordi” e
“Rachmaninov in Do maggiore”. Il suo stile, semplice ma
raffinato, consiste nel prendere un pezzo di una certa
complessità e ridurlo alla sua essenza, poi prendere l’essenza
e ridurla in quello che egli definisce “blen blen blen”, un
tamburellare in 4/4 di accordi che si ripete ossessivamente
fino ad indurre leggeri stati ipnotici, allucinazioni, e in rari
casi, istinti omicidi.

È del 1999 invece il suo celeberrimo album sperimentale


“Due mani e dieci dita, non vi sembra un po’ troppo?”, che,
pur senza raggiungere alte vette nelle classifiche, avrà un
successo di critica senza precedenti.

Nel 2010, in piena maturità artistica, raggiunge l’apice della


notorietà con l’album doppio “Ripassati questo”: nel video,
piuttosto cruento, viene rappresentato l’artista mentre
percuote a colpi di distorsore un chitarrista e poi simula di
annegarlo in un barile di deiezioni suine. Sullo sfondo, la
fabbrica della Roland viene data alle fiamme ponendo
simbolicamente fine a tutti i suoni a “tappeto” della storia.

Attualmente, l’artista è impegnato anche a livello sociale nel


recupero di musicisti con gravi complessi anali che hanno
completamente perso la voglia di divertirsi. Famosi anche i
suoi libri in merito dal titolo “Puoi suonarla anche se non
l’hai provata 3000 volte, fidati di me”, “Improvvisare non è
reato” e “Come smettere di rompere i coglioni agli altri

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

membri di una band e vivere meglio”, oltre ad insegnare


saltuariamente “Solfeggio e cazzeggio” al Conservatorio di
Comacchio.

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Finito di stampare il 5 luglio 2022


Edizioni Leggiucchio
Milano
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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

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Paolo Storvandre Vite immaginarie di uomini illustri

Paolo Storvandre (Savona, 1972) è uno scrittore italiano. Dopo la Laurea


in Scienze Coloniali ha lavorato in Oltrepò, in zona Maciachini e su Venere.
Tornato sulla Terra ha conseguito una seconda laurea in Lingua e
Letteratura Imperiese, con una tesi sul Pesto di Prà. Ha quindi esercitato
per un certo tempo l’attività di saltimbanco presso il Conad di Via Scurati,
ma solo il venerdì pomeriggio. Nel condominio “La Cittadella” conosce
Baluzio Romelli, Gianni Gianni, Utopino Radaelli e Anco Ossi, un reduce
di guerra che ha perso le iniziali nella battaglia d’Algeri. Con questo
manipolo di coraggiosi inizia a pubblicare scritti fortemente influenzati dagli
ingredienti dei tortellini Rana e dagli sproloqui di un vecchio pazzo alla
fermata del 15. È fondatore, redattore,
- 120amministratore
- e usciere della rivista
La Ribollita, edita da uno suo zio ricco.

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