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L’esame della curva di offerta presuppone l’analisi della teoria

della produzione, che studia in che modo le imprese assumono


decisioni ottimizzanti, cioè decisioni che consentono loro di
massimizzare il profitto e di minimizzare i costi.
Nel processo produttivo, le imprese trasformano i fattori produttivi
(input) in prodotti (output). I fattori produttivi sono: il lavoro, il
capitale (impianti, attrezzature e scorte) e le materie prime (tutti i
beni che l’impresa acquista e trasforma in prodotto finale).
La relazione che lega i fattori produttivi e il livello del prodotto è
la funzione di produzione. Una funzione di produzione descrive
la quantità di prodotto Q che un’impresa produce data una
combinazione di fattori produttivi e ferma restando la
tecnologia.
Si ipotizzi, per semplicità, l’utilizzo di due fattori produttivi il
lavoro (L) e il capitale (K). La funzione di produzione, che lega la
quantità di prodotto alle quantità dei due fattori produttivi
impiegati, può essere scritta come segue:

Q = f (K, L).

Le funzioni di produzione possono assumere diverse forme, a


seconda della tecnologia utilizzata dall’impresa nel processo
produttivo. Tra le più comuni abbiamo, per es.:
Q = 10K + 5L oppure Q = KαLβ. Quest’ultima, molto comune, è
nota come funzione di produzione Cobb-Douglas.
Nell’analisi della produzione, è importante distinguere tra breve e
lungo periodo. Il breve periodo si riferisce ad un arco temporale
nel quale almeno uno dei fattori produttivi non può essere
modificato. I fattori non modificabili nel breve periodo si
definiscono fattori di produzione fissi (per es., il capitale). Il
lungo periodo si riferisce, invece, ad un arco temporale nel quale
tutti i fattori produttivi possono essere modificati. Nel lungo
periodo, quindi, si hanno fattori di produzione variabili.
La produzione nel breve periodo

Ipotizziamo che il capitale sia il fattore di produzione fisso,


mentre il lavoro sia quello variabile. Ciò significa che un’impresa
può modificare il proprio livello di produzione (Q), modificando
la quantità utilizzata del fattore lavoro (L), fermo restando il
capitale (K).
Il contributo che il fattore lavoro offre al processo produttivo può
essere descritto in termini di prodotto medio e prodotto marginale
del lavoro.
Il prodotto medio del lavoro (PML) è dato dal rapporto tra il
livello di produzione totale e la quantità di lavoro utilizzato:

PML = Q/L.

Il prodotto marginale del lavoro (P'L) rappresenta l’incremento di


produzione ottenibile dall’utilizzo di un’unità aggiuntiva di
lavoro:

P'L = ΔQ/ΔL.

A questo punto, possiamo rappresentare graficamente una


funzione di produzione di breve periodo, come segue:
Q

L
47. Curva del prodotto totale.

La rappresentazione grafica della funzione di produzione (figura


47) è la curva del prodotto totale, che mostra il livello di
produzione ottenibile tramite l’impiego di diverse quantità di
lavoro. Il grafico evidenzia come, al crescere di L, il livello di
produzione inizialmente aumenti, per poi diminuire. In altri
termini, ogni lavoratore contribuisce ad incrementare la quantità
prodotta in misura minore rispetto al precedente, a parità di altre
condizioni. Il prodotto marginale del lavoro, ΔQ/ΔL, diminuisce
all’aumentare del numero dei lavoratori e, quindi, la curva di
prodotto totale diventa meno ripida. In generale, il prodotto
marginale del lavoro in un punto è dato dalla pendenza della
curva di prodotto totale in quel punto.

Dalla funzione di produzione, dunque, possiamo derivare la


curva del prodotto marginale del lavoro, che avrà una
pendenza negativa.
P'L

L
48. Curva del prodotto marginale.

Dalla figura 47, possiamo derivare anche la curva del prodotto


medio del lavoro. In generale, il prodotto medio del lavoro in un
punto è dato dalla pendenza della retta che esce dall’origine e
incontra la curva del prodotto totale in quel punto.
Q

B
A

L
49. Prodotto medio.

PML

L
50. Curva del prodotto medio.
Le curve di prodotto medio e prodotto marginale sono
strettamente legate tra loro:

P'L > PML, il prodotto medio è crescente;

P'L < PML, il prodotto medio è decrescente;

P'L = PML, il prodotto medio è nel suo punto di massimo.

Graficamente:

PML
P'L

L
51. Curve del prodotto medio e marginale

La maggior parte dei processi produttivi è caratterizzata, nel breve


periodo, dalla legge dei rendimenti decrescenti.

Tale legge stabilisce che, all’aumentare dell’utilizzo di un fattore


produttivo, a parità di altre condizioni, i conseguenti incrementi
di produzione diventeranno progressivamente più piccoli. Ciò
spiega l’andamento delle curve sin qui esaminate.

La produzione nel lungo periodo

Nel lungo periodo l’impresa può modificare sia la quantità di


lavoro sia la quantità di capitale utilizzate nel processo produttivo.
Questa differenza offre due importanti benefici.
Primo: nel lungo periodo, l’impresa può mitigare gli effetti del
prodotto marginale decrescente, attraverso una variazione
congiunta di capitale e lavoro.
Secondo: nel lungo periodo, l’impresa può adottare metodi di
produzione più flessibili, tenendo conto dei costi dei fattori
produttivi. Essa, per esempio, potrebbe decidere di sostituire il
capitale al lavoro, dove ciò dovesse risultare più conveniente.
La misura dell’incremento della quantità prodotta in seguito ad un
aumento dell’utilizzo di tutti i fattori produttivi è di importanza
cruciale per il processo produttivo di lungo periodo di un’impresa.
In economia si usa il termine rendimenti di scala per descrivere
cosa accade alla quantità prodotta se tutti i fattori produttivi
variano simultaneamente e nella stessa proporzione.
Una funzione di produzione ha rendimenti di scala costanti se, a
fronte di una variazione proporzionale di tutti i fattori produttivi,
si ha una variazione della quantità prodotta nella medesima
proporzione.

Una funzione di produzione ha rendimenti di scala crescenti se,


a fronte di una variazione proporzionale di tutti i fattori produttivi,
si ha una variazione della quantità prodotta in misura più che
proporzionale.
Una funzione di produzione ha rendimenti di scala decrescenti
se, a fronte di una variazione proporzionale di tutti i fattori
produttivi, si ha una variazione della quantità prodotta in misura
meno che proporzionale.
Un’impresa, nel prendere decisioni di produzione, deve
considerare non solo la relazione esistente tra le quantità di
input impiegate e il corrispondente livello di output; essa
deve anche considerare la relazione esistente tra la quantità
di output e il costo di produzione. E’ necessario, dunque,
passare dalla funzione di produzione alle curve di costo.

I costi di breve periodo

Nel breve periodo, alcuni fattori produttivi dell’impresa sono fissi,


mentre altri possono variare quando l’impresa varia la quantità
prodotta. Su questa base, è possibile distinguere diverse misure del
costo di produzione.
I costi possono essere divisi in due categorie principali: costi fissi
e costi variabili.
I costi fissi (CF) sono quelli che l’impresa sostiene
indipendentemente dal livello dell’output (canoni di locazione,
premi assicurativi, servizi di sorveglianza, imposte, interessi sui
prestiti, ecc.) e corrispondono al costo fisso dei fattori di
produzione. I costi fissi possono essere eliminati unicamente con
la cessazione dell’attività.
I costi variabili (CV) sono quelli legati al livello dell’output e
corrispondono al costo dei fattori di produzione variabili (per es.,
il lavoro).
Dalla somma del costo fisso e del costo variabile di una data
quantità prodotta, si ottiene il costo totale (CT).

CT = CF + CV.

La relazione tra i diversi tipi di costo e la quantità prodotta viene


sintetizzata graficamente dalle curve di costo.
CT, CV
CF

CT

CV

CF

52. Le curve di costo totale, variabile e fisso.

La curva di costo fisso è orizzontale, poiché il costo fisso non


varia con la quantità prodotta.
La curva di costo variabile è crescente, poiché l’incremento di
produzione richiede un utilizzo di maggiori quantità dei fattori
variabili. Essa, inoltre, passa per l’origine, perché con un output
nullo, anche il CV è nullo.
La curva di costo totale è la somma verticale delle curve di CF e
di CV. Essa è parallela alla curva di costo variabile e giace più in
alto di questa in misura pari all’ammontare del costo fisso.

Altri due concetti di costo che hanno un ruolo fondamentale nelle


decisioni di produzione sono: il costo medio e il costo marginale.
Il costo medio totale (CMT) è il costo totale dell’impresa per
unità di prodotto, cioè :

CMT = CT / Q.
Esso si divide in costo medio fisso e costo medio variabile.
Il costo medio fisso (CMF) è misurato come costo fisso per unità
di prodotto, cioè:

CMF = CF / Q.

Il CMF diminuisce all’aumentare della quantità prodotta, poiché il


CF viene ripartito su una quantità progressivamente crescente.
Il costo medio variabile (CMV) misura il costo variabile
dell’impresa per unità di prodotto, cioè:

CMV = CV / Q.

Il CMV è una funzione crescente della quantità prodotta, come


effetto dei rendimenti decrescenti del fattore produttivo variabile.

Un aumento della quantità prodotta, quindi, ha due effetti


contrapposti sul CMT: l’effetto di ripartizione e l’effetto dei
rendimenti decrescenti.

Effetto di ripartizione: quanto maggiore è la quantità prodotta,


tanto maggiore è la quantità sulla quale si ripartisce il CF e,
quindi, tanto minore è il CMF.

Effetto dei rendimenti decrescenti: quanto maggiore è la quantità


prodotta, tanto maggiore è l’utilizzo del fattore di produzione
variabile e, quindi, tanto maggiore è il CMV.

Le caratteristiche della curva di CMT posso essere descritte


graficamente con la figura seguente.
CMT

CMT

53. La curva di costo medio totale.

La curva CMT ha pendenza negativa per bassi livelli di


produzione, in corrispondenza dei quali:
effetto di ripartizione > effetto dei rendimenti decrescenti. Ciò
accade perché aumenti anche modesti di produzione determinano
una marcata riduzione di CMF.
La curva CMT ha pendenza positiva per livelli elevati di
produzione, in corrispondenza dei quali:
effetto di ripartizione < effetto dei rendimenti decrescenti. Ciò
accade perché ulteriori aumenti di produzione hanno un effetto di
ripartizione trascurabile, essendo già contenuto il costo medio
fisso; quindi, i rendimenti decrescenti diventano via via più
marcati.
Nel punto di minimo della curva CMT (M), i due effetti si
compensano perfettamente ed M rappresenta il costo medio totale
minimo.
Il costo marginale (C') rappresenta l’incremento del costo totale
associato alla produzione di un’unità addizionale di output, cioè:

C' = ΔCT / ΔQ.

Poiché il costo fisso non cambia al variare della quantità prodotta,


il costo marginale rappresenta semplicemente l’incremento del
costo variabile necessario per ottenere un’unità aggiuntiva di
prodotto, quindi:

C' = ΔCV / ΔQ.

Il costo marginale è il costo più rilevante per la determinazione del


livello di produzione di un’impresa. Il costo dell’espansione o
della riduzione dell’output, infatti, è per definizione pari al costo
marginale.
Da un punto di vista geometrico, il costo marginale può essere
interpretato come la pendenza della curva di costo totale in
corrispondenza di un certo livello di output, ma anche come la
pendenza della curva di costo variabile, dal momento che le
curve CT e CV sono parallele. Il costo marginale può essere
rappresentato graficamente come segue.
C'

C'

54. La curva di costo marginale.

Il costo marginale inizialmente diminuisce, per poi crescere


progressivamente. Tale andamento della curva è legato al fatto che
dal punto di flesso (dove cambia la convessità della curva) in poi
entrano in azione i rendimenti decrescenti del fattore di
produzione variabile, con un conseguente aumento del costo per
unità addizionale di prodotto. In altri termini:
all’aumentare di Q, il costo marginale aumenta perché il
prodotto marginale del fattore di produzione variabile
diminuisce.

Il costo medio e il costo marginale sono direttamente collegati tra


loro, perché sono derivati entrambi dal costo totale. Mostriamo
questa relazione graficamente.
CM, C'

C'
CMT
B
CMV

55. La relazione tra costo medio e costo marginale.

Quando la curva C' giace al di sotto di una curva di costo


medio, quest’ultima ha pendenza negativa. Il che accade in
relazione a livelli di produzione relativamente contenuti, quando
gli incrementi di produzione si realizzano a costi inferiori al costo
medio corrente, provocando così una riduzione del costo medio
totale.
Quando la curva C' giace al di sopra di una curva di costo
medio, quest’ultima ha pendenza positiva. Il che accade in
relazione a livelli di produzione relativamente elevati, quando gli
incrementi di produzione si realizzano a costi superiori al costo
medio corrente, provocando così un aumento del costo medio
totale.
La curva C' interseca le curve di costo medio totale e variabile nei
rispettivi punti di minimo. I punti A e B, quindi, sono gli unici
punti nei quali la produzione di una unità addizionale non provoca
una variazione del costo medio e nei quali il costo marginale è
uguale al rispettivo costo medio.
Il punto B, il costo medio totale minimo, individua la produzione
di minor costo; cioè la quantità in corrispondenza della quale il
costo medio totale raggiunge il livello più basso. Da qui si
traggono alcuni principi generali sulla relazione tra le curve di
costo medio e di costo marginale. Possiamo ipotizzare tre casi
possibili.

a) C' = CMT: produzione di minor costo;

b) C' < CMT: il costo medio totale è decrescente e all’impresa


converrebbe incrementare la produzione;

c) C' > CMT: il costo medio totale è crescente e all’impresa


converrebbe ridurre la produzione.

ESERCIZI

1. La funzione di costo totale di breve periodo di un’impresa è:


CT = Y2 – 3Y + 10.
Determinare per un livello di output Y=5:
a) il costo totale (CT);
b) il costo medio (CM);
c) il costo marginale (C');
d) il costo fisso medio (CMF);
e) il costo variabile(CV);
f) il costo variabile medio(CMV).

R. a) CT=25-15+10=20; CT=20
b) CM=CT/Y=20/5=4; CM=4

c) C'=dCT/dY=2Y-3=10-3=7; C'=7

d) CF=10 termine noto nella funzione di CT

CMF=CF/Y=10/5=2; CMF=2

e) CV=Y2-3Y=25-15=10; CV=10

f) CMV=CV/Y=10/5=2; CMV=2

2. La funzione di costo totale di breve periodo di un’impresa è:


CT= Y2 - 3Y + 9. Determinare il livello di output per il quale il
costo medio (CM) è al suo livello minimo.

R. CM=CT/Y=(Y2-3Y+9)/Y=Y-3+9/Y; CM=Y-3+9/Y

dCM/dY=1-9/Y2; dCM/dY=1-9/Y2=0; 1-9/Y2=0; Y2-9=0

d2CM/dY2=2Y>0 la funzione ha un minimo

Y2=9; Y= ± √9 =± 3; Y=3 livello di output con CM minimo.

3. Come può un’impresa aumentare la sua produzione di breve


periodo?

R. Nel breve periodo, un’impresa può incrementare la produzione,


intensificando l’utilizzo dei fattori produttivi variabili.
I costi di lungo periodo

Nel lungo periodo, tutti i fattori produttivi di un’impresa sono


variabili e la possibilità di modificare la quantità impiegata di
capitale permette all’impresa di ridurre i costi. Questa maggiore
flessibilità permette all’impresa di produrre ad un costo medio
inferiore rispetto al breve periodo.
La determinante più importante della forma delle curve di costo
medio e marginale è la presenza dei rendimenti di scala, cioè la
dimensione operativa dell’impresa. I casi possibili sono tre:

a) con rendimenti di scala costanti (per es. raddoppiando i fattori


produttivi, raddoppia anche la produzione), il costo medio totale
di lungo periodo rimane costante;
b) con rendimenti di scala crescenti (per es. raddoppiando i
fattori produttivi, la produzione sarà più che raddoppiata), il costo
medio totale di lungo periodo diminuisce all’aumentare della
quantità prodotta;

c) con rendimenti di scala decrescenti (per es. raddoppiando i


fattori produttivi, la produzione sarà meno che raddoppiata), il
costo medio totale di lungo periodo aumenta all’aumentare
della quantità prodotta.

La curva di costo medio totale di lungo periodo (CMTLP) ha una


forma analoga a quella del breve periodo, cioè ad U, ma per
motivazioni diverse. Nel lungo periodo, tale forma è legata a
rendimenti di scala prima crescenti e poi decrescenti; nel breve
periodo, invece, essa è legata ai rendimenti decrescenti di un
singolo fattore di produzione.
CMTLP

CMTLP

56. La curva di costo medio totale di lungo periodo.

La curva di costo marginale di lungo periodo (C'LP) misura la


variazione dei costi totali di lungo periodo in seguito ad una
variazione della quantità prodotta. I casi possibili sono:

a) C'LP al di sotto di CMTLP, quando il costo medio totale di


lungo periodo è decrescente;

b) C'LP al di sopra di CMTLP, quando il costo medio totale di


lungo periodo è crescente;

c) il punto di intersezione (D) delle due curve, cioè


C'LP = CMTLP, è il punto nel quale il costo medio totale di lungo
periodo assume il suo valore minimo.

Rappresentiamo le due curve nel grafico seguente.


CMTLP

C'LP

CMTLP

57. Le curve di costo medio totale e marginale di lungo periodo.

Come si è detto, nel lungo periodo l’impresa può variare le


quantità impiegate di tutti gli input; quindi, non vi sono fattori
fissi né costi fissi e l’impresa può operare con impianti di
qualsiasi scala. In quest’ottica, la curva CMTLP mostra il costo
unitario minimo per produrre ciascun livello di prodotto, quando
sia possibile costruire impianti di qualsiasi scala desiderata.
Si ipotizzi che un’impresa, incerta sul livello futuro della domanda
relativa al proprio prodotto, stia considerando tre impianti di
dimensioni alternative e che le rispettive curve di costo medio
totale di breve periodo siano: CMTBP1, CMTBP2 e CMTBP3.
La curva di costo medio totale di lungo periodo, CMTLP, è data da
una curva tangente a tutte le curve dei costi medi totali di breve
periodo CMTBP, corrispondenti alle dimensioni di tutti gli
impianti alternativi, che l’impresa potrebbe costruire nel lungo
periodo. In altri termini, tale curva racchiude le curve di breve
periodo. Matematicamente, la CMTLP è l’inviluppo delle curve
CMTBP.

Rappresentiamo graficamente, come segue.

CMT

CMTBP1 CMTBP2 CMTBP3

CMTLP
A C
B

58. Le curve di costo medio totale di breve e di lungo periodo.

In corrispondenza dei punti di tangenza tra la CMTLP e le


CMTBP, il costo marginale di lungo periodo e il costo
marginale di breve periodo coincideranno.

Per esaminare in maniera più approfondita il modo in cui


un’impresa prende le decisioni di produzione, è necessario
analizzare la struttura del mercato nel quale l’impresa opera.
Esamineremo quindi quattro strutture di mercato: la concorrenza
perfetta, la concorrenza monopolistica, l’oligopolio e il
monopolio.
La Concorrenza Perfetta

Un mercato perfettamente concorrenziale ha tre caratteristiche


fondamentali:
a) la presenza di un grande numero di imprese, ciascuna delle
quali ha un impatto irrilevante sul prezzo e la quantità di
equilibrio;
b) tutte le imprese producono beni o servizi identici, cioè i
consumatori considerano sostituti perfetti i prodotti delle diverse
imprese. In altre parole, è irrilevante l’identità dell’impresa
produttrice (per es. il mercato dei chiodi, quello degli accendini o
quello dalla benzina);
c) l’assenza di barriere all’entrata; cioè, se qualcuno decidesse
una mattina di vendere chiodi, non vi sarebbero impedimenti.

A causa di queste caratteristiche, quindi, in un mercato


perfettamente concorrenziale, le imprese sono price-takers e
presentano una curva di domanda orizzontale, cioè perfettamente
elastica in corrispondenza del prezzo di equilibrio di mercato.
Il grafico corrispondente è il seguente.

Px

P0

Qdx

59. Domanda dell’impresa in concorrenza perfetta.


ESERCIZI

1. In ciascuna delle seguenti situazioni, specificare se il settore sia


perfettamente concorrenziale e argomentare la risposta.
a) Esistono solo due produttori mondiali di alluminio, un prodotto
venduto in molti luoghi;
b) il prezzo del gas naturale è dato dall’interazione della domanda
e dell’offerta a livello globale. Una piccola quota dell’offerta
globale è prodotta da poche compagnie petrolifere operanti nel
mare del Nord;
c) in Italia ci sono molte squadre di calcio, una o due per ogni
principale città, ciascuna delle quali vende i biglietti per le proprie
partite.

R. a) Con due soli produttori e un’ampia quota di mercato a


ciascuno, il settore non è perfettamente concorrenziale;
b) il settore è perfettamente concorrenziale, poiché il gas naturale
è un prodotto indifferenziato e a ciascun produttore fà capo una
piccola quota di mercato, rispetto all’offerta globale di gas
naturale;
c) il mercato delle partite di calcio nelle città non è perfettamente
concorrenziale, poiché ad ogni squadra fà capo una quota di
mercato rilevante.

2. Quale dei seguenti mercati si avvicina di più al modello di


concorrenza perfetta?
a) Automobile;
b) sigarette;
c) giornali;
d) coltivazione del grano.

R. Il mercato che più si avvicina alla concorrenza perfetta è quello


del grano. Negli altri casi, infatti, c’è un numero limitato di
produttori oppure prodotti differenziati.
3. In regime di concorrenza perfetta, quante unità di prodotto può
vendere un’impresa nel breve periodo, al prezzo di equilibrio di
mercato?

R. Un’impresa perfettamente concorrenziale fronteggia una curva


di domanda orizzontale e, quindi, può vendere qualsiasi quantità
di prodotto, al prezzo di mercato.

Come tutte le imprese, anche quelle perfettamente concorrenziali


devono prendere una decisione in merito alla quantità da offrire
nel mercato. L’ipotesi è che tale decisione sia presa in modo da
massimizzare i profitti. Il profitto (π) è la differenza tra il ricavo
totale (RT) e il costo totale (CT):

π = RT – CT.

Il profitto sarà massimo, quindi, in corrispondenza del livello di


produzione per il quale è maggiore la differenza tra RT e CT.
Poiché :

RT = P·Q

e poichè le imprese in concorrenza perfetta non possono incidere


sul prezzo, esse si concentrano soltanto sulla scelta del livello di
produzione. Per trovare il livello di produzione che massimizza il
profitto, si deve stabilire cosa accade a CT e a RT, se l’impresa
decide di produrre un’unità addizionale di prodotto. In altre
parole, dobbiamo determinare il costo marginale (C') e il ricavo
marginale (R') dell’impresa. Il ricavo marginale è il ricavo
aggiuntivo ottenuto dalla vendita di una unità addizionale di
prodotto. Sappiamo che:

C' = ΔCT / ΔQ

R' = ΔRT / ΔQ.

In concorrenza perfetta, il ricavo marginale è il prezzo di


mercato, perché è solo a quel prezzo che le imprese possono
vendere i loro prodotti. Formalmente avremo:

R'conc. perf. = ΔRT / ΔQ = Δ (P·Q) / ΔQ = P (ΔQ / ΔQ) = P


quindi

R' = P.

In altre parole, quando un’impresa è price-taker, P non varia mai,


indipendentemente dal valore di Q. Ciò significa che, nel caso di
un’impresa perfettamente concorrenziale, RT è proporzionale alla
quantità prodotta: se Q aumenta di una unità, RT aumenta in
misura pari al prezzo del prodotto. Per questa ragione, la curva di
ricavo totale di un’impresa in concorrenza perfetta è una retta
uscente dall’origine, con una pendenza costante pari al ricavo
marginale, ovvero al prezzo; come nel grafico seguente.
RT

Qx

60. Ricavo totale dell’impresa in concorrenza perfetta.

A questo punto, si può analizzare come un’impresa in concorrenza


perfetta massimizza il profitto. In termini matematici, il livello di
produzione che massimizza il profitto si trova uguagliando R' ( in
questo caso P) a C':

ΔRT / ΔQ = ΔCT /ΔQ

R' = P = C'

L’impresa dovrebbe:

a) espandere la produzione se il ricavo aumentasse più del costo,


cioè:
R' = P > C'

b) ridurre la produzione se se il costo aumentasse più del ricavo,


cioè:
R' = P < C'
Graficamente avremo:

P,C
C'

P2 B
A
P0 R'

P1 C

Q* Q

61. Massimizzazione del profitto di un’impresa in concorrenza


perfetta.

Con un prezzo di mercato pari a P0, l’impresa massimizza il


profitto nel punto A dove R' = P0 = C'.
Con un prezzo di mercato pari a P2, l’impresa dovrebbe
incrementare la produzione fino a collocarsi nel punto B per
massimizzare il profitto.
Con un prezzo di mercato pari a P1, l’impresa dovrebbe ridurre la
produzione fino a collocarsi nel punto C per massimizzare il
profitto.

L’uguaglianza tra prezzo e costo marginale ci mostra quale sia la


quantità (Q*), in corrispondenza della quale vi è massimizzazione
del profitto; essa, tuttavia, non dice nulla circa il livello del
profitto. E’ necessario, quindi, capire come misurare il profitto. Si
è già visto che:
π = RT – CT

sostituiamo le equazioni di CT e RT nell’equazione del profitto:

π = (P · Q) – (CMT · Q)

quindi

π = (P – CMT) · Q

Questa equazione ci dice che, in corrispondenza di Q*:

a) il profitto è positivo, π > 0, solo se P > CMT;

b) il profitto è nullo, π = 0, solo se P = CMT;

c) il profitto è negativo, π < 0, solo se P < CMT.

NOTA: talvolta, per l’impresa potrebbe essere conveniente


accettare un profitto negativo nel breve periodo, per minimizzare
le perdite e qualora si aspetti un’inversione di tendenza in futuro.
Poiché nel breve periodo l’impresa deve comunque sostenere i
costi fissi, anche se opera in perdita, gli scenari sono due:

a) l’impresa dovrebbe continuare ad operare finchè il ricavo


totale è maggiore o uguale al costo variabile, cioè

RT ≥ CV;

b) l’impresa dovrebbe cessare l’attività se il ricavo totale è minore


del costo variabile, cioè

RT < CV.
In questo caso, infatti, oltre a dover pagare il costo fisso, essa
subirebbe anche una perdita su ogni unità venduta.

A questo punto possiamo ricavare la curva di offerta di breve


periodo di un’impresa perfettamente concorrenziale. Poiché la
curva di offerta mostra la quantità prodotta per ogni livello di
prezzo e poiché, come si è visto, l’impresa sceglie di produrre la
quantità per la quale P = C', la curva di costo marginale di breve
periodo dell’impresa coincide necessariamente con la sua curva di
offerta di breve periodo. Graficamente avremo:

P, C

s
C'
CMT

CMV

s
P*

62. Curva di offerta di breve periodo di un’impresa perfettamente


concorrenziale.
Da notare che la SS è data dalla porzione della curva di costo
marginale che giace al di sopra della curva di costo medio
variabile, compreso il tratto della curva che giace al di sotto della
curva di costo medio totale. Se il prezzo fosse inferiore a P*,
l’impresa cesserebbe di produrre e la quantità offerta sarebbe
nulla. Qualsiasi fattore che modifica il costo marginale (per es.
costo dei fattori produttivi e la tecnologia) provoca uno
spostamento della SS.
Il costo fisso, invece, non influisce sul costo marginale
dell’impresa e, quindi, nemmeno sulla posizione della sua curva di
offerta di breve periodo.

ESERCIZI

1. Data la funzione di costo totale CT = 400 + Y2 ed un prezzo


P=100, determinare il massimo profitto dell’impresa e la funzione
di offerta.

R. Condizione di massimo profitto in libera concorrenza: P=C'=R'.

C'=dCT/dY=2Y; P=2Y; 100=2Y; Y=50;

π=RT-CT; RT=P∙Y=100∙50=5000

CT=400+502=400+2500=2900

π=5000-2900=2100; π=2100.

La funzione di offerta si ottiene dalla condizione: P=C'.

P=2Y; Y=P/2; Y=(1/2)P funzione di offerta


2. Il prezzo di vendita di un prodotto è p=36 e il costo totale di
produzione di breve periodo è pari a CT=100+6Y2. Calcolare:
a) il livello di produzione che massimizza il profitto;
b) il livello del profitto.

R. a) P=C'; C'=12Y; 36=12Y; Y=36/12=3; Y=3;

b) π=RT-CT=(P∙Y)-CT=(36∙3)-(100+6∙32)=108-154=-46

π=-46 il profitto è negativo ed è possibile che l’impresa debba


abbandonare il mercato.

3. Data la funzione di domanda di mercato Q=48-6p, determinare


il prezzo che consente di ottenere il massimo ricavo totale.

R. RT=P∙Q=P∙(48-6P)=48P-6P2; RT=48P-6P2

dRT/dP=48-12P=0; 48=12P; P=4

d2RT/dP2=-12<0

Il prezzo che consente di massimizzare il ricavo totale è: P=4.

4. Quali sono gli effetti della quantità prodotta sul costo medio
totale (CMT)?

R. La quantità prodotta incide sul CMT con un effetto di


ripartizione ed un effetto dei rendimenti decrescenti. Con l’effetto
di ripartizione: Q↑→CMF↓; con l’effetto dei rendimenti
decrescenti: Q↓→CMV↑.
5. Nel caso di un’impresa perfettamente concorrenziale, come si
ricava la curva di offerta di breve periodo?

R. In concorrenza perfetta, la curva di offerta di breve periodo


corrisponde al tratto crescente della curva di costo marginale,
poiché vale la condizione: P=C'.

6. Definire il concetto di ricavo marginale.

R. Il ricavo marginale è l’incremento di RT ottenibile,


aumentando le vendite di una unità.

A questo punto, è possibile ricavare la curva di offerta di


mercato di breve periodo in concorrenza perfetta. In altri
termini, si tratta di individuare la quantità di prodotto che un
settore industriale offrirà complessivamente nel breve periodo, in
relazione ad ogni possibile livello di prezzo. La produzione del
settore è data dalla somma delle quantità offerte da ogni singola
impresa; quindi, la curva di offerta di mercato viene ottenuta
sommando orizzontalmente le curve di offerta delle singole
imprese. Come già si è detto in relazione alla curva di domanda di
mercato, la somma orizzontale delle curve è una somma di
quantità; quindi, anche nel caso dell’offerta di mercato, è
necessario esplicitare le equazioni di offerta individuale sempre
rispetto alle quantità e mai rispetto ai prezzi.
Ipotizziamo, per semplicità, un settore composto da due imprese,
A e B, rappresentate da due diverse curve di offerta e costruiamo
la curva di offerta di mercato come segue.
Offerta di A Offerta di B Offerta di Mercato

Px Px Px

Qsx Qsx Qsx

63. La curva di offerta di mercato di breve periodo di un settore in


concorrenza perfetta.

Un concetto strettamente correlato alla curva di offerta è il


surplus /rendita del produttore, che misura come varia il
benessere dei produttori al variare del prezzo. Il surplus del
produttore può essere definito come la differenza tra il prezzo
incassato dal venditore e il costo di produzione. Il surplus del
produttore deve essere tenuto distinto dal profitto, perché non
include i costi fissi. In altri termini:

SP = RT – CV e π = RT – CV – CF.
Possiamo rappresentare il surplus del produttore come segue.

Px

P0

Rendita del produttore

QX
64. La rendita del produttore.

Da un punto di vista grafico, il surplus del produttore viene


misurato dall’area al di sopra della curva di offerta e al di sotto
della linea corrispondente al prezzo di mercato. In altri termini, ciò
esprime il guadagno ottenuto, producendo unità di prodotto ad un
costo inferiore al prezzo di vendita (la curva SS di breve periodo,
infatti, rappresenta una porzione della curva C').
Nel lungo periodo, un’impresa può variare la quantità utilizzata di
tutti i fattori produttivi; essa può decidere di chiudere, cioè di
uscire dal mercato o di iniziare a produrre, cioè di entrare nel
mercato. Poiché stiamo considerando mercati concorrenziali,
possiamo ipotizzare che vi sia libertà di entrata e di uscita dal
mercato; quindi, ipotizziamo l’inesistenza di qualsiasi barriera. Per
sintetizzare, possiamo dire che: nel lungo periodo, le imprese
concorrenziali che massimizzano il profitto scelgono quel
livello di produzione in corrispondenza del quale il prezzo
eguaglia il costo marginale di lungo periodo.

Nel lungo periodo, la curva di offerta di un’impresa perfettamente


concorrenziale può essere:
a) una retta orizzontale in presenza di costi costanti, cioè quando
l’accresciuta domanda di fattori produttivi (associata ad un
aumento della domanda del bene prodotto nel settore) non
determina una variazione di prezzo dei fattori stessi;
b) una curva con pendenza positiva in presenza di costi crescenti,
cioè di un aumento dei costi dei fattori produttivi al crescere della
domanda di tali fattori.

ESERCIZI

1. Un’impresa ha la seguente funzione di costo totale di breve


periodo: CT = 0,5Q2 – Q + 5. Determinare:
a) la funzione di offerta dell’impresa (QS);
b) la funzione di offerta del settore (QSS), nell’ipotesi che nel
mercato esistano solo 4 imprese con la medesima funzione di
costo totale;
c) l’equilibrio di mercato in concorrenza perfetta con una
domanda di mercato pari a QD = 148 – 8P nel breve periodo;
d) l’ammontare del profitto di ciascuna impresa.
R. a) In libera concorrenza, vale la condizione: P=C'.

C'=Q-1; P=Q-1; Qs=1+P funzione di offerta di breve periodo;

b) Qss=4(1+P); Qss=4+4P funzione di offerta del settore;

c) 4+4P=148-8P; 4P+8P=148-4; 12P=144; P=12;

Qss=4+4(12)=52; Q=52

d) Q=52/4=13; Q=13 quantità prodotta da ciascuna impresa

π=RT-CT=(P∙Q)-CT=(12∙13)-[(0,5∙132)-13+5]=

=156-[84,5-13+5]=156-75,5=79,5; π=79,5 profitto di


ciascuna impresa.

2. In un mercato operano due imprese, con le seguenti funzioni di


costo totale: CT=0,22 e CT=0,42. Determinare:
a) la funzione di offerta di ciascuna impresa;
b) la funzione di offerta del settore.

R. a) P=C'; C'1=0,4 e C'2=0,8; P1=0,4Q e P2=0,8Q;

0,4Q=P1 e 0,8Q=P2; QS1=2,5P1 e QS2=1,25P2;

b) QSS=2,5P1+1,25P2=3,75P Qss=3,75P.
3. Tracciare su uno stesso sistema di assi le curve di costo fisso, di
costo variabile e di costo totale di un’impresa. Spiegarne
l’andamento.

R.

CT, CV
CF CT

CV

CF

CF: curva orizzontale, poiché non varia al variare di Q.

CV: curva crescente, poiché CV cresce, al crescere della quantità


utilizzata dei fattori produttivi variabili. La curva parte
dall’origine, perché se Q=0, anche CV=0.

CT: la curva è parallela a CV e distante da essa in misura pari a


CF, essendo la somma di entrambi.
4. Definire i rendimenti di scala.

R. I rendimenti di scala rappresentano la dimensione operativa


dell’impresa e si realizzano nel lungo periodo, quando tutti i
fattori produttivi possono variare. Essi possono essere:
a) costanti, quando Q varia proporzionalmente al variare dei fattori
produttivi;
b) crescenti, quando Q varia più che proporzionalmente al variare
dei fattori produttivi;
c) decrescenti, quando Q varia meno che proporzionalmente al
variare dei fattori produttivi.

5. In un mercato esistono quattro imprese (A, B, C, D) che hanno


le seguenti funzioni di offerta: QSA = 16 + 4P;
QSB = 32 + 5P; QSC = 5 + P; QSD = 60 + 7P. La domanda è
costituita da tre gruppi di consumatori (1, 2, 3) con le seguenti
funzioni di domanda: QD1 = 500 – P; QD2 = 400 – 4P; QD3 = 413 -
4P. Calcolare:
a) le funzioni di offerta e di domanda aggregate;
b) la quantità e il prezzo di equilibrio.

R. a) QSS=16+4P+32+5P+5+P+60+7P=113+17P; QSS=113+17P;

QDD=500-P+400-4P+413-4P=1313-9P; QDD=1313-9P;

b)113+17P=1313-9P; 17P+9P=1313-113; 26P=1200; P=46,15;

Q=113+17(46,15)=113+784,55=897,55; Q=897,55.
6. Come si ricava la curva di costo medio totale di lungo periodo e
cosa rappresenta?

R. La curva di costo medio totale di lungo periodo si ricava


graficamente, tracciando la tangente a tutte le curve di costo
medio totale di breve periodo, rispetto alle quali rappresenta
l’inviluppo. Essa mostra il costo unitario minimo, per ciascun
livello di produzione.

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