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Physics

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LEZIONE 6: Statica dei Fluidi


[Grandezze fisiche,
equilibrio statico]

Il collasso ortostatico o ipertensione posturale è una perdita di coscienza


transitoria a risoluzione spontanea, che può manifestarsi in chiunque
improvvisamente si alzi in piedi da una posizione sdraiata o seduta. Il
fenomeno è collegato ad un improvviso calo, locale, della pressione
sanguigna. Le manifestazioni più intense possono provocare svenimenti
con possibilità di lesioni. In questa prima lezione di meccanica dei fluidi,
saranno introdotte le quantità fisiche e le leggi che descrivono l'equilibrio
di un fluido (statica dei fluidi). Queste informazioni forniscono le basi per
raggiungere la comprensione fisica - non medica – del collasso ortostatico,
completata nella prossima lezione. Durante la presentazione, ogni
concetto sarà elaborato con esempi clinici, con riferimenti alla misura della
pressione sanguigna e alla terapia endovenosa. Infine, e per completezza,
si discuterà la forza di galleggiamento – spinta di Archimede - e la
condizione di equilibrio di un corpo immerso in un fluido, con esempi
notevoli applicati alle immersioni in apnea.

Grandezze fisiche per la descrizione di un fluido

I fluidi, sia gas sia liquidi, sono mezzi completamente deformabili, a


differenza dei solidi che sono rigidi o parzialmente deformabili. I liquidi
non hanno forma definita, ma volume definito. Sebbene possano adattarsi
alla forma di qualsiasi contenitore, ne occupano solo una frazione del
volume, corrispondente al volume proprio del fluido. I gas invece non
hanno né forma definita né volume definito: occupano l'intero volume del
contenitore in cui sono inseriti.

La deformabilità è la proprietà notevole dei fluidi. Può essere espressa in


termini rigorosi dicendo che i fluidi non possono sostenere uno sforzo di
taglio per nessun periodo di tempo finito. In altre parole, se uno sforzo di
taglio viene applicato a un fluido, il fluido o la porzione di fluido cui è
applicato lo sforzo si muove indefinitamente e non raggiunge mai un
equilibrio, per nessuna, anche se piccola, intensità dello sforzo. Questa
situazione è rappresentata in figura, dove
sono confrontati il comportamento di un
fluido e di un solido deformabile. Nella
riga superiore, un solido (a) e un fluido
(b) in un contenitore su un piano
orizzontale sono soggetti a una forza
perpendicolare, esercitata da un pistone
sulla superficie libera del fluido. In questa
configurazione si raggiunge un equilibrio
statico, con la forza esterna bilanciata
dalle forze interne. Nella riga inferiore,
viene applicata una forza di taglio. Mentre nel solido (c) gli sforzi interni
(forze elastiche di richiamo) bilanciano la forza e un equilibrio è ancora
raggiunto, dopo una parziale deformazione – reversibile per forze piccole,
l'equilibrio non viene mai raggiunto per il fluido (d) e la porzione di fluido
su cui agisce la forza si muove indefinitamente.

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La geometria di un fluido è dunque variabile e indefinita. La forma può


cambiare in presenza di forze di taglio e porzioni o parti elementari di
fluido possono scorrere l'una sull'altra. Questi effetti si verificano perché la
coesione interna tra le molecole è piccola nei fluidi. Di conseguenza, è
difficile descrivere i fluidi utilizzando le stesse quantità fisiche adottate in
meccanica per punti materiali e corpi rigidi. Un fluido non può essere
ridotto ad un singolo punto materiale sul quale agisce una forza, né può
essere descritto come un corpo su cui agiscono forze e momenti di forze,
poiché entrambe queste descrizioni implicano l'assunzione di una
geometria fissa e di una forma definita (forze e momenti, sono grandezze
vettoriali e implicano direzioni specifiche). Si potrebbe, in linea di
principio, usare le forze e le masse elementari per ogni singola molecola
nel fluido (Fi = miai, i = 1, ... N), ma il problema diventerebbe di una
complessità insormontabile, con troppe equazioni dinamiche da trattare,
tra l’altro accoppiate da interazioni reciproche tra molecole.

In generale, però, non siamo interessati al movimento di ogni singolo


punto all'interno del fluido, ma piuttosto alla descrizione delle sue
proprietà medie, oppure - se si preferisce – ci accontentiamo di descrivere
le proprietà globali, poiché non sappiamo fare di più.

Cominciamo dalla descrizione dei fluidi in equilibrio statico, dove ogni


piccola porzione - ma grande sulla scala molecolare - del fluido è a riposo
rispetto al contenitore. Come abbiamo detto, le forze di taglio non
possono produrre una configurazione di equilibrio statico. Pertanto,
affinché il fluido sia in equilibrio globale, le forze di taglio devono essere
nulle. Le forze rilevanti per determinare l'equilibrio includono solo:
• Forze proporzionali alla massa o al volume. Esempi notevoli sono la
forza peso e forze apparenti come la forza centrifuga.
• Forze proporzionali alla superficie come le forze di compressione
dell’esempio nella figura precedente.
Per descrivere l'azione di queste forze in un fluido, conviene introdurre
nuove quantità fisiche con validità indipendente dalla geometria e dalla
direzione, come la densità, cioè la massa per unità di volume di fluido, e
la pressione, che rappresenta – tramite una definizione precisa - la forza
normale ad una superficie (qualunque) per unità di superficie. Entrambe
queste quantità sono scalari, e come tali, specificate indipendentemente
dalla direzione.

Densità: per qualsiasi mezzo, possiamo definire una densità media ρ (la
lettera greca rho) come:
𝑚
𝜌 = ;
𝑉

dove m e V sono la massa totale del


mezzo e il suo volume (o il volume
che il mezzo occupa, per un gas).
Nei fluidi, è anche conveniente
definire la densità locale come:

Δ𝑚
𝜌(𝑟⃗) = ;
Δ𝑉

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dove 𝜌(𝑟⃗) è la densità in un punto del fluido identificata dal raggio vettore
𝑟⃗, definita dal rapporto tra la massa e il volume in una regione piccola
(infinitesimale) attorno al punto (il riquadro bianco nella figura). Se il
fluido è omogeneo, la densità è costante nel volume e 𝜌(𝑟⃗) = 𝑚/𝑉
dappertutto. In questo caso 𝑚 = ∑! Δ𝑚! e 𝑉 = ∑! Δ𝑉! sono la massa e il
volume totale del fluido. L’indice 𝑖 corre su tutti i piccoli volumi in cui è
suddiviso il fluido. Per volumi infinitesimamente piccoli ci sarà un numero
infinito di indici, e la somma può essere scritta come integrale. Non
entreremo in questa complicazione. Nella maggior parte dei casi, ci
occuperemo di situazioni in cui il fluido è omogeneo e 𝜌 = 𝑚/𝑉 (fluidi
incomprimibili).

La densità è una quantità derivata e le sue dimensioni seguono da quelle


di massa e volume: [𝜌] = [𝑀𝐿"# ]. Nel sistema SI, la densità è misurata in
kg/m3. Altre unità pratiche spesso utilizzate, anche se deprecate, sono
g/cm3 e kg/l (dove l sta per litro e 1 l = 1 dm3). Valgono le seguenti
conversioni:

1 kg/m3 = [ (103 g) / (102 cm)3 = 103/106 g/cm2 ] = 10-3 g/cm3


1 kg/m3 = [ 1 kg / (10 dm)3 = 10-3 kg/dm3 ] = 10-3 kg/l

Dalle conversioni segue che la densità in g/cm3 è numericamente uguale


alla densità in kg/l.

Esempio: acqua (pura):


• ρH2O = 103 kg/m3 (unità SI)
• ρH2O = 1 ton/m3
• ρH2O = 1 kg/l
• ρH2O = 1 kg/dm3
• ρH2O = 1 g/cm3

Densità relativa (nota anche come peso specifico): la densità del mezzo
è spesso espressa in termini di densità relativa, definita come il rapporto
tra la densità di un mezzo e la densità dell'acqua. Significa che l'acqua è il
riferimento utilizzato come unità per misurare la densità degli altri mezzi.
In questi termini, la densità relativa dell'acqua è, per definizione, ρr(H2O)
= 1. Le densità relative dei solidi e dei liquidi sono comprese nell'intervallo
1-10, mentre le densità relative dei gas sono dell'ordine di 10-3. La densità
relativa è una quantità senza dimensione, espressa come il rapporto di
due densità. La densità (assoluta) di un mezzo può essere ottenuta
moltiplicando la densità relativa per la densità dell'acqua.

Esempio/esercizio: dai dati elencati di seguito, trovare le densità (unità


SI) di mercurio e sangue:
• ρr(Hg) = 13.6
• ρr(blood) = 1.06

Pressione: In un fluido in equilibrio, come specificato nell’esempio


precedente, non possono sussistere forze di taglio. Alla superficie limite di
un fluido, ossia alle pareti laterali o alla superficie superiore e inferiore di
un contenitore, la direzione della forza che agisce sul fluido dall’esterno e
la direzione della forza che il fluido esercita sul recipiente devono essere

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normali alla superficie. In questi punti è possibile definire senza


ambiguità, visto che la direzione è specificata dalla geometria, una
grandezza scalare associata alla forza come il rapporto tra l’intensità della
forza normale che agisce sulla superficie e la superficie stessa.

È possibile, e necessario per la descrizione dell’equilibrio di un fluido,


estendere questa definizione ai punti interni di un fluido. Si consideri un
punto in un fluido e una superficie (ideale) all'interno del fluido passante
per il punto. Perché il punto sia in equilibrio, non ci possono essere forze
di taglio, ossia tangenti alla superficie passante per il punto, ma solo forze
normali. Queste forze normali, inoltre, devono essere uguali, e opposte,
su entrambi i lati della superficie. Per qualsiasi orientamento arbitrario
della superficie possiamo ripetere lo stesso argomento. Pertanto, la
risultante delle forze normali alla superficie deve essere uguale in tutte le
direzioni e per qualsiasi orientamento della superficie (isotropia della
pressione in un fluido all'equilibrio). Pertanto, possiamo definire, in
qualunque punto del fluido, inclusi i punti alla superficie limite, la
pressione tramite il rapporto:

!
𝑝 = "#! ;

dove Fn è il modulo della risultante delle forze normali su un lato di una


qualsiasi superficie per il punto e ΔS è l'area della superficie. La
definizione può essere resa locale, con 𝑝 = 𝑝(𝑟⃗) definito in ogni punto del
fluido, prendendo ΔS infinitesima. Per costruzione, questa definizione non
è associata a nessuna direzione particolare, e come conveniente per un
sistema con geometria non definita la pressione è una grandezza scalare.

Problema concettuale: Dimostrare che la pressione è ben definita ed è


indipendente dalla direzione della superficie (isotropia della pressione)
calcolando esplicitamente il rapporto tra le pressioni che agiscono sulle
superfici del prisma, infinitesimamente piccolo e con un triangolo retto
come base laterale, rappresentato in figura. Si supponga che il fluido sia
in equilibrio statico.

Soluzione: La condizione di equilibrio richiede che la risultante delle forze


normali agenti sulle superfici A, B e C del prisma di area ah, bh e ch, sia
nulla. Ciò significa 5𝑭⃗𝑪 = −(𝑭
5⃗𝑨 + 5𝑭⃗𝑩 ). Siccome 5𝑭⃗𝑨 e 5𝑭⃗𝑩 formano un angolo
retto, tra di esse non si equilibrano e ciascuna di esse deve essere
bilanciata dalla componente di 𝑭 5⃗𝑪 parallela alla loro direzione. Detto 𝜗

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l’angolo formato dai lati a and c del prisma, la condizione di equilibrio si


traduce in queste relazioni per il modulo delle forze:

𝐹' cos 𝜗 = 𝐹)
𝐹' sin 𝜗 = 𝐹'

Inoltre, valgono queste relazioni tra le superfici:

(𝑐 cos 𝜗)ℎ = 𝑎ℎ
(𝑐 sin 𝜗)ℎ = 𝑏ℎ

Ossia le aree della superfici A e B sono uguali alla proiezione dell’area


della superficie C su di esse. Il rapporto tra queste relazioni prova che p =
FA/A = FB/B = Fc/C è una quantità indipendente dall’orientamento della
superficie per ogni punto in equilibrio all’interno del fluido.

Una direzione specifica può tuttavia essere associata alle forze sulle
superfici esterne del fluido, ad esempio sulle pareti di un contenitore o
sulla sua superficie libera. Affinché il fluido sia in equilibrio, la forza
esercitata dalle pareti sul fluido deve
essere normale alle superfici. Poiché
il fluido non può sostenere nessuno
sforzo di taglio, una componente di
taglio non nulla provocherebbe il
movimento del fluido lungo le pareti,
in contraddizione con l'ipotesi di
equilibrio statico. Di conseguenza, per il principio di azione e reazione,
anche la forza associata alla pressione del fluido deve essere normale e in
direzione opposta alla forza esercitata dalle pareti, ai lati e sul fondo del
recipiente, o dal fluido esterno (ad esempio aria), sulla superficie libera in
alto. Alle superfici limite del fluido possiamo quindi associare una direzione
definita alle forze esercitate dalla pressione, e l'uso delle frecce,
normalmente riservato a grandezze vettoriali è giustificato anche se la
pressione è una grandezza scalare (immagine di sinistra della figura). La
stessa situazione si verifica su qualsiasi superficie virtuale che delimita
una qualsiasi porzione di fluido in equilibrio, come mostrato nell’immagine
di destra della figura. Anche se può sembrare meno intuitivo, la
condizione di equilibrio richiede che la forza di pressione sia normale su
qualsiasi superficie reale o virtuale (e bilanciata dalla forza di pressione
del fluido esterno alla porzione).

In sintesi, la pressione è una quantità scalare e non contiene informazioni


sulla direzione. Tuttavia, se una superficie (reale o ideale) viene tagliata
attraverso il fluido, la forza dovuta alla pressione del fluido agisce nella
direzione normale a quella superficie.

La pressione è una grandezza dimensionale, con dimensioni di una forza


per unità di superficie. Nel sistema SI, l'unità di misura della pressione è il
pascal (simbolo Pa):

Unità di misura nel Sistema SI: 1 Pa = 1 N/m2

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Compressibilità dei fluidi: Per tutti gli scopi pratici in questo corso, si
possono assumere liquidi come totalmente incomprimibili, cioè a densità
costante, e gas come fluidi comprimibili. La compressibilità è quantificata
dalla relazione:
variazione relativa del volume
Dp = -k DV/V. (1)

Questa relazione empirica descrive la variazione relativa del volume del


fluido quando subisce una variazione della pressione esterna. Il valore del
coefficiente k, che ha le dimensioni di una pressione, può essere usato per
distinguere i liquidi dai gas. Per i liquidi, k ha valori tipici che vanno da 108
a 1010 Pa. Ad esempio, per avere un'idea della compressibilità dell'acqua,
una variazione di volume dello 0.1% dell’acqua di mare (k =
0.22x1010 Pa) richiederebbe una pressione di circa 2x107 Pa, che si ottiene
ad una profondità di circa 2 km sotto il livello del mare.

Gas ideali, a pressioni intorno a p0=105 Pa (pressione atmosferica, come


introdurremo tra poco), seguono la legge di Boyle, che mette in relazione
empiricamente la pressione e il volume di un gas in equilibrio a
temperatura costante:

Legge di Boyle per un gas ideale: pV = const.

Con poco sforzo, la legge di Boyle può essere posta nella forma: Dp = -p0
DV/V, che ha la stessa forma dell’equazione (1), con k ≤ 105 Pa per la
maggior parte dei gas. In altri termini, non possiamo ignorare la
compressibilità dei gas nella maggior parte dei casi.

Equilibrio di un fluido (legge di Stevino e principio di Pascal):

La pressione può variare in funzione della posizione. In un fluido sulla


Terra in presenza di un'accelerazione costante g, ad esempio, la
condizione di equilibrio statico del fluido implica che la pressione varia con
la profondità del peso del fluido come:

Δp = ρgΔh, (2)

dove Δp è la differenza di pressione associata a una differenza di


profondità Δh, per un fluido di densità ρ. Questa relazione è la forma
differenziale della legge di Stevino. Si può ottenere facilmente bilanciando
le forze di pressione e le forze di volume (in questo caso il peso) che
agiscono su un piccolo parallelepipedo di altezza Δh e sezione A
all'interno del fluido (vedi figura). Affinché un punto della superficie
inferiore sia in equilibrio, la forza normale che agisce dal basso, Fb = p2A,
(dovuta alla pressione del fluido esterno) deve
essere uguale alla forza normale che agisce sopra
la superficie, Fa= p1A + mg data dalla pressione
che agisce sulla parte superiore del volume più la
forza esercitata dal peso della massa nel volume
AΔh. Esprimendo mg = ρgAΔh ed equalizzando
le forze troviamo F2 = F1 + ρgAΔh, che coincide
con l’equazione (2) per Δp = p2-p1.

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Se scegliamo come riferimento la superficie libera del fluido, e chiamiamo


po la pressione in quel punto (profondità zero), l'equazione può essere
scritta in questa forma:

Legge di Stevino: ph = po+ ρgh

ove ph è la pressoine alla profondità h. Il termine ρgh, dovuto alla


pressione esercitata dal peso del fluido, viene anche chiamato pressione
idrostatica. Gli argomenti presentati per derivare questa relazione sono
validi per qualsiasi punto arbitrariamente scelto all’interno del fluido.
Perciò questo risultato è valido per qualsiasi punto del fluido. Ne consegue
che la pressione in un fluido è costante per tutti i punti alla stessa
profondità e per qualsiasi forma del contenitore. Questa previsione è
comprovata per via sperimentale confrontando il livello di una superficie
libera di un fluido in un sistema di vasi comunicanti (vedi figura). Tutte le
superfici libera, alla stessa pressione, sono allo stesso livello.

Dalla legge di Stevino, vediamo anche che qualsiasi cambiamento nella


pressione esterna p0 si propagha in qualsiasi punto del fluido e su tutte le
superfici limite del fluido. Questo risultato è noto come principio di Pascal.
Pascal lo scoprì sperimentalmente facendo esplodere le botti di vino nella
cantina di suo zio.

Applicazioni della legge di Stevino nella pratica clinica:

1) Manometri e misura della pressione manometrica (o relativa):

Dalla legge di Stefino consegue che l'altezza di una colonna di fluido può
essere utilizzata per misurare una "differenza di pressione". Questo effetto
è illustrato nella figura seguente, dove un sifone con estremità aperta
(detto manometro a tubo aperto) viene utilizzato per misurare la
pressione p di un fluido all'interno della scatola in riferimento alla

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pressione p0 dell'aria (pressione atmosferica), che agisce sull'estremità


aperta del tubo manometrico. All'interfaccia tra i due fluidi, la pressione è
identica - per essere in equilibrio. Nel braccio destro del manometro c'è la
stessa pressione p a una profondità pari al livello dell'interfaccia tra i due
fluidi nell'altro braccio. L’altezza h della colonna da questa profondità alla
superficie è una misura diretta della differenza di pressione tramite la
relazione: p-p0=ρgh. Questa differenza è spesso chiamata pressione
relativa o, più propriamente, pressione manometrica. [L’uso del termine
"relativo" è improprio, perché qui ci si riferisce a una differenza, mentre
usualmente relativo è usato per indicare un rapporto tra grandezze
omogenee (come per la densità relativa)].

Un valore di riferimento comune per la misura della differenza di


pressione è la pressione la pressione dell'aria al livello del mare, detta
pressione atmosferica, perché i manometri a tubo aperto sono usati in
aria a livello (e spesso a livello del mare). Il valore di riferimento della
pressione atmosferica a livello del mare è:

• 1 atm = 1.013x105 Pa

Questo valore misura il peso per unità di superficie della colonna d’aria
dovuta all’atmosfera.

Nelle misure di pressione con colonne di liquido, l'altezza, h, della colonna


è il risultato diretto della misura. L’altezza della colonna di fluido è anche
nota come pressure head in inglese. Le pressioni, quando sono espresse
in altezza di colonna di fluido, sono esplicitate in unità di lunghezza per un
fluido specifico, scelto come fluido manometrico. Il fluido manometrico
deve essere specificato, perché l'altezza della colonna dipende dalla
densità del fluido attraverso la legge di Stevino. Fluidi manometrici di uso
comune o comunque storicamente rilevanti lo sono:

* Hg: unità - 1 mmHg (detta anche 1 torr)


• Conversione in unità SI: 750 mmHg = 1.0×105 Pa
• Pressione atmosferica: 1 atm = 760 mmHg
• ρr(Hg) = 13.6
* H2O: unità - 1 cmH2O
• Conversione in unità SI: 10 mH2O ~ 1.013×105 Pa
• Pressione atmosferica: 1 atm ~ 10 mH2O
• ρ(H2O) = 1

Esempio (conversione di altezze di fluido manometrico): Si trovi


l’altezza di una colonna di H2O, sapendo che la pressione manometrica
misurata con il mercurio Hg è 380 mmHg.

Soluzionen: Dalla legge di Stevino:


* ρ(Hg)gh(Hg) = ρ(H2O)gh(H2O).
* h(H2O) = h(Hg) ρr(Hg)
* h(H2O) = 380 mmHg × 13,6
~ 5,2 mH2O

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Generalization: la conversione l’altezza di colonne di fluido di fluidi


differenti si ottiene scalando i valori in base al rapporto della densità dei
fluidi.

2) Misura della pressione del sangue attraverso incannulazione in vena:

La cannulazione, tra le altre cose, fornisce


un metodo (invasivo) per monitorare la
pressione sanguigna sfruttando la tecnica
del manometro a tubo aperto in modo
diretto. Una cannula viene introdotta in
una vena (o più in generale in una cavità
corporea o in un vaso), riempita con una
soluzione acquosa anticoagulante, per
evitare che il sangue ostruisca la cannula.
La posizione del tubo aperto, collegato
con un tubo flessibile, può essere regolata
fino a trovare una condizoine di equilibrio
statico per i fluidi tale che il fluido
manometrico non fluisca all’interno del vaso, né il sangue fluisca nel tubo.
In questa condizione, la pressione del sangue e la pressione del fluido
manometrico all’interfaccia tra i fluidi è uguale. All’interno dello stesso
fluido, per la legge di Stevino, la pressione è uguale in tutti i punti alla
stessa profondità dalla superficie libera. Quindi tutti i punti lungo la linea
orizzontale tratteggiata in figure all’interno del fluido manomentrico è
uguale. Nel braccio aperto del fluido, la pressione è p(h) = p0+ρgh.
Questa pressione coincide con la pressione all’interno del vaso: pv =
p0+ρgh.

È prassi chiamare pressione sanguigna la pressione relativa alla pressione


esterna: Δpv= pv – p0. La pressione manometrica indicata dal manometro
a tubo aperto è una misura diretta della pressione sanguigna così definita:
Δpv= ρgh.

Valori tipici della pressione manometrica del sangue o pressione


sanguigna sono (omettendo il simbolo Δ secondo una prassi consolidata):

* pressione nelle vene: ps = 20 mmHg


* pressione nelle arterie: ps = 100 mmHg (pressione sistolica)

La differenza tra pressione interna e pressione esterna a un vaso è anche


detta pressione transmurale. Siccome la pressione transmurale è diversa
da zero (Δpv = pv – p0 >0), l’equilibrio delle forze sulla parete del vaso
non è garantito dalle sole pressioni dei fluidi esterno ed interno. La forza
sui vasi dovuta alla pressione transmurale è bilanciata dalla forza espressa
dalla tensione elastica dei vasi. La pressione esterna p0 può variare con le
condizioni ambientali. Questa pressione insiste sia sul braccio aperto del
manometro sia all’estreno del vaso. La misura della pressione transmurale
è, per costrizione, insensibile a variazioni della pressione ambientale e
caratterizza in modo diretto proprietà del paziente indipendenti
dall’ambiente esterno (a meno di adattamenti).

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Esercizio: Trovare la pressione assoluta in un'arteria, se una misura della


pressione manometrica (o semplicemente la pressione sanguigna) fornisce
ps = 90 mmHg.

Risposta: La pressione assoluta all'interno dei vasi è:

p = p0 + ρgh
≈ (760 + 90) mmHg = 850 mmHg

In termini assoluti, la pressione venosa è invece di circa 780 mmHg.


Queste pressioni sono superiori alla pressione atmosferica, in modo
coerente con l'osservazione empirica che i vasi recisi sanguinano.

L'incannulazione non è più una pratica comune per misurare la pressione


sanguigna. Sono state sviluppate tecniche meno invasive. Questa tecnica
è sfruttata per monitorare con continuità la pressione sanguigna durante
gli interventi chirurgici. In particolare, la pressione nelle vene monitora il
volume totale del sangue nel corpo. Circa il 70% del sangue è
immagazzinato nelle vene (di gran lunga la maggior frazione di sangue
nella circolazione sistemica). La pressione transmurale venosa dipende
dalla quantità di fluido all’interno del vaso. Per analogia, in un palloncino
la pressione transmurale è nulla (stessa pressione atmosferica all’interno
e all’esterno) in un palloncino gonfio la pressione transmurale è tanto
maggiore quanto più aria è stata immessa nel palloncino. Pertanto, una
caduta di pressione nelle vene è un indicatore pulito di un'emorragia.

3) Terapia endovenosa (flebo):

Problema: La terapia endovenosa


viene eseguita con una cannula
collegata ad una bottiglia di farmaco
riempita con una soluzione acquosa
di densità relativa ρr=1.1. La
pressione sanguigna in vena è pv=25
mmHg. Trovare l'altezza minima
(rispetto alla vena) alla quale il
flacone deve essere tenuto per far
gocciolare il farmaco in vena.

Soluzione: Sia h l’altezza della colonna di fluido manometrico dalla


superficie libera all’interno della bottiglia al punto di ingresso in vena. In
quel punto, la pressione all’interfaccia tra i fluidi è p0+ρgh, all’interno del
fluido manometrico, e pin, all’interno del vaso. Affinché il liquido scorra in
vena, deve essere p0+ρgh>pin. Riorganizzando i termini si trova:

ρgh ≥ Δp = pin – p0

Questa differenza di pressione è, per nostra definizione, la pressione


sanguigna Δp=pv. L’altezza minima si trova risolvendo per h la relazione
ρgh = pv. Possiamo procedere alla soluzione numerica in due modi:

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a) Iniettiamo i dati nell'equazione precedente, risolviamo per h ed


effettuiamo le necessarie conversioni di unità per avere un risultato per h
in unità SI
b) Notiamo che il problema assegna pv è assegnato in mmHg, ossia in
termini di altezza di una colonna di mercurio, vale a dire:
pv = ρHg ghHg. Possiamo sfruttare questa relazione per scrivere:

ρgh = ρHgghHg

e risolvere per h: h = (ρHg/ρ) hHg =


= 13.6/1.1 * 25 mm
= 309 mm ~ 31 cm

Commenti generali: a) Perché la flebo sia efficace, deve esserci un certo


flusso che richiede un'altezza leggermente maggiore (come vedremo in
fluidodinamica); b) La terapia endovenosa con soluzione acquosa può
essere comodamente eseguita con bottiglie appese circa 30-50 cm sopra il
paziente; c) le flebo nelle arterie richiederebbero una prevalenza di
pressione di 100 mmHg, corrispondente a 1,36 mH2O, un’altezza meno
comoda da gestire.

Applicazione del principio di Pascal:

Torchio idraulico: Una torchio idraulico è un


dispositivo che utilizza un cilindro idraulico per
generare una forza di compressione. È l'equivalente
idraulico di una leva meccanica. Una parte del
sistema è un pistone che agisce come una pompa,
con una modesta forza meccanica (F1) che agisce su
una piccola sezione trasversale (A1); l'altra parte è
un pistone con un'area più grande (A2), che genera
una corrispondente grande forza meccanica (F2). La
pressa idraulica dipende dal principio di Pascal: la pressione applicata sul
pistone viene trasmessa a tutte le superfici esterne di un sistema chiuso.
Il rapporto A2/A2 è noto come guadagno della pressa meccanica.

Siringa: la siringa è un esempio di torchio idraulico (con guadagno


inferiore a 1).

Problema: Una siringa ipodermica viene utilizzata per iniettare fluido in


una vena in cui la pressione sanguigna è pv=10 mmHg. Trovare la forza
minima che si deve applicare allo stantuffo della siringa di sezione
A=2×10-4 cm2.

Soluzione: È sufficiente applicare la definizione di pressione per trovare la


soluzione. [La forza necessaria per spingere il liquido si rivela molto
piccola. In un esempio più realistico, la forza di attrito del pistone contro
le pareti della siringa non può essere ignorata].

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Problems and homework:

1. Inspirando profondamente, la pressione all'interno del cavo orale


può essere ridotta fino a pi=−75 mmHg rispetto alla pressione
atmosferica. (a) Qual è l'altezza massima da cui una persona può
succhiare l'acqua con una cannuccia? (b) La densità del vino è
ρ=950 kg/m3. Qual è l'altezza massima da cui si può succhiare il
vino?

2. Un'arteria è incannulata e una soluzione salina di densità


ρs=1.3×103 kg/m3 viene utilizzata per monitorare la pressione
sanguigna. Se la pressione transmurale nel vaso è pv=70 mmHg,
qual è l'altezza della colonna di liquido?

3. Inspirando profondamente, la pressione all'interno del cavo orale


può essere ridotta fino a pi=−75 mmHg rispetto alla pressione
atmosferica. A quale profondità massima sotto il livello del mare si
può respirare con un boccaglio?

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Equilibrium of a body in a fluid (Archimedes principle):

We are mostly interested in the wealth of people, in this course. Therefore


our next question is: what happens to a person that goes swim, and in
particular what happens to a scuba diver? To narrow our scope, we make
the question somewhat more precise: which forces act on a scuba diver in
water, do they push him up or down? In general, our experience is that
we are always pushed up towards the surface, we feel a buoyant force
and we float at the surface. Yet, the situation is a bit more complicated,
and to get a full answer we have to analyse the problem in detail.

Let’s start from Archimedes’ principle, which states – in simplified terms


referred to the weight force – that a body immersed in a fluid, whether
fully or partially submerged, is pushed upward by a buoyant force equal to
the weight of the fluid that would otherwise occupy that volume.

Fc= pcVg – pfVg

Archimede’s principle can be understood from the analysis of the


situations described in the figures A) and B) above. In A) a body of mass
m is fully submerged in a fluid of density ρf. It moves under a downward
weight force (mg = ρgV, where V is the volume of the body) and the
resultant of the forces acted on its surface by the pressure of the external
fluid. These forces are responsible of the buoyant force.

To estimate the sum of these forces, consider the situation represented in


B) with a homogenous fluid – the same fluid as in A) – in equilibrium. We
can ideally partition the fluid in two regions, one identical in volume and
shape to the one occupied by the submerged body in A), and one external
to it. The external region is equal in A) and B). The internal region of
volume V is equal in shape but filled with the body in A) and with fluid in
B).

Static equilibrium in B) implies that the resultant of the forces acting on


any portion of the fluid, and in particular on the internal volume V, must
be zero. These forces are:
• The weight of the fluid in the volume: FW=ρfgV with downward
direction;
• The resultant of pressure forces acting on the surface delimiting the
volume V: Fp equal in magnitude to FW, but with upward direction
to satisfy the equilibrium condition.

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Thus the resultant of the pressure forces due to the fluid in the region
external to the volume occupied by the body is an upward buoyant force
equal to the weight of the fluid that would otherwise occupy that volume.
This force must be equal in both A) and B) configurations, as the
geometry of the external volume and the fluid are the same in both cases.

In math terms we can write:


5⃗𝒃𝒖𝒐𝒚𝒂𝒏𝒕 = −𝝆𝒇 𝒈
𝑭 55⃗𝑽

where V is the volume of fluid displaced by the body and the negative sign
indicates that buoyancy is opposite in direction to the weight. If the body
is totally submerged (as in our example) V is also the volume of the body.

The body will therefore move under the action of its weight and buoyancy
according to the dynamical equation:

5⃗ = (𝝆 − 𝝆𝒇 )𝒈
𝒎𝒂 55⃗𝑽

which results in an upward acceleration, if H𝝆 − 𝝆𝒇 I > 𝟎 and in a downward


acceleration otherwise.

Application examples:

1) Buoyancy density meter: The density of biological fluids is relevant


for research and diagnostic reasons. Density can be measured directly
from the measurement of mass and volume. Relative density is more
easily and more accurately measured without measuring volume, by
means of a buoyancy density meter.

Problem: The weight of a sample is first measured in air (for example


using a spring scale) and then in water. Prove that relative density (with
respect to water) can then be calculated using the following formula:

𝑊3!2
𝜌2 =
𝑊3!2 − 𝑊43562

where Wair is the weight of the sample in air and Wwater is the weight of the
sample in water.

• Hint: Apply Archimedes’ principle and neglect buoyancy in air.


• Note: This technique cannot be used to measure directly relative
densities less than one, because the sample would float on the fluid
surface.

2) Floating bodies: Bodies of density lower then the fluid floats on the
fluid surface and are only partially submerged.

Problem: A body of relative density ρf = 0.9 and volume V=10 l floats


on the surface of water. (a) Find a general relationship between the

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densities and the volume of the body and those of the displaced fluid, and
(b) the numerical value of volume of the body below under water.

• Hint: write the condition for static equilibrium between the weight
of the body of volume V and the buoyant force due to a displaced
fluid volume Vf
• [Answer: (a) Vf/V = ρ/ρf; (b) Vf = 9 l

2) Buoyant force during a breath-hold dive:

Problem: Answer the question that opened this section on Archimedes’


principle: which forces act on a scuba diver in water, do they push him up
or down?

Let us model the problem, to provide a complete answer:


1. A man floats on the surface of sea. Hence, at the sea surface,
man’s density lower than sea-water density, and the buoyant force
has magnitude larger than the man’s weight
2. The volume of the body is made by incompressible fluids, and by
compressible cavities (mostly lungs) filled with air at constant
temperature (T=37 0C)
3. At constant temperature, pressure and volume of the fluid are
linked by Boyle’s law: pV = constant
4. Pressure under water increases with the depth h according to
Steven’s law: p(h) = p0+ρgh
5. The density of a man increases as the man goes deeper under
water
6. The magnitude of the buoyant force decreases as the diver goes
deeper under water.

To make the problem concrete and verify if the buoyant force becomes
smaller in magnitude than the weight at some depth, we have to inject
some values. It is common experience that we float with about half a
head outside water. So the diver’s volume that is not submerged is about
2 l, and his relative density is just slightly below unity. Let us take:

• Mass of the diver: m = 72.5 kg


• Total volume of the diver: V = 75 l (i.e. ρr = 72.5/75)
• Volume of the lungs at the sea surface:
V0 = 5 l (compressible volume)
• Relative density of water: 1

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Solution: Buoyancy will become equal to the weight when the density of
the diver becomes equal to the density of the water, i.e. when the total
volume is reduced to VTOT = 72.5 l. This condition is achieved when the
volume of the air in the lungs is reduced to Vh = 2.5 l at the depth h (i.e.
V0/Vh = 2) From Boyle’s law:

𝑝7 𝑉7 = (𝑝7 + 𝜌𝑔ℎ)𝑉8

2𝑝7 = (𝑝7 + 𝜌𝑔ℎ)

𝒑𝟎 𝟏𝟎𝟓 𝑷𝒂
𝒉 = ~ 𝟑 = 𝟏𝟎 𝒎
𝝆𝒈 𝟏𝟎 𝒌𝒈/𝒎𝟑 𝟏𝟎 𝒎/𝒔𝟐

During the breath-hold dive, the magnitude of buoyant force is larger than
the diver weight at depth lower than ~10 m, and lower than the weight at
larger depths. At about 10 m, the diver is neutral (in equilibrium with sea
water). The resultant of the weigh plus the buoyant force is then an
upward force up to ~10 m deep, and a downward force at depths larger
than ~10 m. In a deep dive, the diver cannot just rely on buoyancy to
come back at the sea surface: he has to swim, otherwise he goes “lost in
the abyss” (quite literally!).

Problems and homework:

1. During a breath-hold dive, the volume of the lungs of a diver varies


from V0=5 l at the surface, where the atmospheric pressure is
p0=105 Pa, to Vh=1 l at a depth h below the water surface. Make
an assumption on the temperature of the air in the lungs and derive
(a) the pressure ph at the depth h, and (b) the value of the depth
h. [Hints: Use SI units and r=103 kg/m3, use SI units]

2. A short and a tall diver go together for a breath-hold dive. Use


scaling laws to determine how their depths of equilibrium with sea
water compare.

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