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Il mito di Orfeo

dalla Firenze di Rinuccini


alla Mantova di Striggio

Di Federico Fornoni
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Il mito di Orfeo dalla Firenze di Rinuccini


alla Mantova di Striggio
La diffusa presenza del mito del cantore Il 23 febbraio 1607 il gentiluomo Carlo Ma-
tracio Orfeo all’interno di opere letterarie, gni scriveva da Mantova al fratello Giovan-
teatrali, musicali, iconografiche degli ul- ni che si trovava a Roma:
timi due millenni e oltre ne ha favorito la Hieri fu recitata la Comedia nel solito scenico Tea-
proliferazione in molte varianti. Nono- tro et con la consueta magnificenza et dimani sera
stante ciò, permangono costanti alcuni il Ser.mo S.r Prencipe ne fa recitare una, nella sala
elementi, quali lo stretto legame con del partimento che godeva Mad.ma Ser.ma di Fer-
Apollo, di cui in alcune versioni Orfeo è fi- rara, che sarà singolare posciache tutti li interlo-
glio, e la straordinaria capacità del suo can- cutori parleranno musicalmente dicendosi che riu-
to di commuovere uomini, animali, pietre scirà benissimo onde per curiosità dubio che mi
e, addirittura, di vincere la morte. vi lasciarò ridurre, caso che l’angustia del luogho
L’episodio più celebre e più diffuso del non mi escludda.1
mito di Orfeo racconta infatti la sua di-
scesa nell’Ade per riportare in vita l’ama- Poche righe che forniscono preziose infor-
ta Euridice, uccisa dal morso di un ser- mazioni sulla prima rappresentazione de La
pente. La musica prodotta dall’eroe in- favola d’Orfeo firmata dalla coppia Monte-
canta le divinità infernali che gli consen- verdi-Striggio. Veniamo innanzitutto a co-
tono di ricondurre la moglie nel mondo noscenza della data del debutto, da fissare
dei vivi, a condizione che lui non si volti il 24 febbraio 1607, ultimo sabato di car-
a guardarla prima di aver lasciato il loro nevale, data confermata da un’altra lettera
regno. Orfeo acconsente, ma non riesce stesa quello stesso 23 febbraio da France-
a rispettare l’ordine e si gira verso Euridice sco Gonzaga, primogenito del duca Vin-
– i motivi che portano a questo gesto va- cenzo, e indirizzata al fratello Ferdinando:
riano da narrazione a narrazione –, per- «Dimani si farà la favola cantata nella nostra
dendola per sempre. Disperato, Orfeo tor- Accademia».2 Scopriamo poi che a patro-
na da solo sulla terra, dove incontra la cinare l’evento fu proprio Francesco («il Ser.mo
morte. S.r Prencipe»), cui, non a caso, Monteverdi
Numerosissime e fra loro molto distanti le dedicherà la prima stampa della partitura
trattazioni della fine del cantore, al pun- uscita nel 1609 dai torchi del veneziano Ric-
to che lo stesso Monteverdi si trovò ad af- ciardo Amadino.3 La recita si tenne in oc-
frontare la questione, lasciandoci due casione di un’adunanza dell’Accademia de-
differenti finali del suo Orfeo che fanno gli Invaghiti («nella nostra Accademia»), cir-
capo a tradizioni diverse. Ma, per com- colo creato da Cesare Gonzaga duca di Gua-
prendere come il compositore e il suo li- stalla nel 1562 di cui facevano parte mem-
brettista si siano mossi nella selva di ver- bri della famiglia ducale, fra i quali i due fi-
sioni sopravvissute, è necessario procedere gli di Vincenzo, e gentiluomini di corte.4 Si
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come in questo caso, si prendeva parte a rap- l’elocutione ottima; et insomma da un bell’inge- riodo di festa che seguiva la domenica di Pa- quale, richiamando alla memoria la rappre-
presentazioni sceniche. La lettera di Magni gno, qual‘è il Sig.r Striggio, non si poteva aspet- squa ed ebbe luogo.11 sentazione dell’Euridice di Peri e Rinuccini in
evidenzia come la ‘prima’ non ebbe luogo in tar altro. La musica altresi stando nel suo decoro La lettera di Carlo Magni riportata in aper- occasione dei festeggiamenti per le nozze di
uno spazio teatrale, bensì all’interno del pa- serve si bene alla Poesia, che non si può sentir me- tura pone un’ulteriore fondamentale que- Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia nel
lazzo ducale «nella sala del partimento che glio.7 stione: la novità del lavoro di Monteverdi e 1600, scrive:
godeva Mad.ma Ser.ma di Ferrara», cioè in quel- Striggio, dovuta al fatto che «tutti li interlo- Quanto fosse gradita la rappresentazione di det-
lo che fu l’appartamento di Margherita Si pianificò addirittura una terza recita del- cutori parleranno musicalmente». La stra- ta favola sarebbe superfluo a dire, essendoci il te-
Gonzaga, vedova di Alfonso II d’Este, luogo l’opera, sempre per volontà del duca: «Mi son nezza stava in una rappresentazione teatra- stimonio di tanti principi e signori, e puossi dire il
non predisposto a una rappresentazione di servito di Gio: Gualberto con molto mio gu- le cantata da cima a fondo e che pertanto fior della nobiltà d’Italia, concorsi a quelle pompose
tal fatta. Varie sono state le ipotesi avanza- sto, et hora il rimanderei à V.A. […] c’ha il S.r comportava la necessità di progettare e nozze; dirò solo che fra coloro che la commen-
te dai commentatori per individuare in qua- Duca mio Sig.re di far di nuovo rappresentar mettere in atto una coerente struttura dram- darono, il serenissimo sig. duca di Mantova ne ri-
li spazi del palazzo si trovasse l’appartamento la favola nella quale egli ha cantato. Onde maturgico-musicale ben più complessa di mase talmente soddisfatto, che tra molte ammi-
e, dunque, in quale sala fu allestita la «favola me son presa libertà di trattenerlo ancor qui quella richiesta dagli altri generi coevi. A Man- rabili feste che da S. Altezza furono ordinate nel-
cantata», ma a tutt’oggi non è stato possi- per qualche giorno confidando nella solita tova fu la prima volta che si ebbe la possibilità le superbe nozze del serenissimo principe suo fi-
bile dare una risposta certa.5 Certo è invece cortesia».8 «Gio: Gualberto» è Giovanni di assistere ad un simile avvenimento, ben- gliuolo e della serenissima infanta di Savoia, vol-
il successo riscosso da Monteverdi e dal suo Gualberto Magli cantante in servizio alla cor- ché precedenti non mancassero altrove, se- le che si rappresentasse una favola in musica, e que-
librettista Striggio di fronte ai membri del- te di Firenze, per l’occasione in prestito a quel- gnatamente a Firenze. Per comprendere il sta fu l’Arianna, composta per tale occasione dal
l’accademia e al duca, al punto che Vincen- la di Mantova. Magli non rimase a Manto- motivo della richiesta fatta a Monteverdi e sig. Ottavio Rinuccini, che il signore duca a que-
zo Gonzaga in persona impose una replica va ancora «per qualche giorno», ma per cir- a Striggio e per valutare le soluzioni adotta- sto fine fece venire in Mantova.12
dello spettacolo il primo marzo: «Si rappre- ca altri due mesi: «Prego V.A. à perdonarmi, te dai due autori è dunque necessario ri-
sentò la favola con tanto gusto di chiunque se mi son forse abusato della sua cortesia, te- percorrere la fitta rete di collegamenti poli- Il secondo figlio di Vincenzo, Ferdinando, non
la senti che non contento il Sig.r Duca d’es- nendo qui tanto tempo Gio: Gualberto suo tici e culturali instauratisi fra le corti le cui fu da meno. Studiò infatti legge, teologia e
serci stato presente, ed haverla udita à pro- servitore […]. Hora egli se ne ritorna al ser- esperienze letterarie e musicali portarono al- filosofia all’Università di Pisa, entrando in con-
var molte volte, ha dato ordine, che di nuo- vizio di V.A. essendo io rimasto di lui sodi- l’affermazione di questa forma di spettaco- tatto con i Medici e instaurando rapporti di
vo si rappresenti, e cosi si farà oggi con l’in- sfatto».9 Il prolungamento della permanen- lo: a tal riguardo dobbiamo aggiungere a Fi- amicizia e di collaborazione con i principali
tervento di tutte le dame di questa Città».6 za presso i Gonzaga di uno degli interpreti renze e a Mantova il caso di Ferrara. esponenti del mondo musicale fiorentino, in
Un’accoglienza la cui eco non si sopì neppure dell’Orfeo così a lungo è spiegabile proprio I legami erano in primo luogo di sangue. particolare quelli facenti capo all’Accademia
nei mesi successivi: con la volontà di inscenare il lavoro una ter- Come detto Margherita, sorella di Vincenzo degli Elevati (Peri, Caccini e, soprattutto, Ga-
Il Monteverdi è qua in Milano, et è allogiato meco; za volta. Fenlon ipotizza che questa terza re- Gonzaga, aveva sposato il duca di Ferrara, gliano).
onde ogni giorno raggioniamo di V.A., et l’uno à cita fosse stata programmata per motivi po- mentre Leonora de’ Medici fu seconda mo- Gli strettissimi contatti qui rapidamente ri-
gara dell’altro andiamo celebrando le virtù, il va- litici e in particolare in occasione della visita glie dello stesso Vincenzo. Il duca di Mantova cordati non si limitarono ad agire sulla sen-
lore, et di lei regie maniere. Cosi m’ha fatto ve- a Mantova del duca di Savoia Carlo Ema- passò in gioventù diverso tempo sia a Firenze sibilità dei regnanti, ma condussero ad un
dere i versi et sentir la musica della comedia che nuele, la cui figlia Margherita avrebbe spo- che a Ferrara, avendo modo di affinare il pro- vero e proprio scambio di musicisti e, con-
V.A. fece fare, et certo che il Poeta et il Musico han- sato Francesco Gonzaga, visita che tuttavia prio gusto artistico sulla base delle rispetti- seguentemente, di esperienze sul campo. I
no si ben rappresentati gli affetti dell’animo, che fu annullata e con essa, quasi certamente, la ve tradizioni e venendone influenzato. Ne tro- documenti studiati da Fenlon mostrano
nulla più. La poesia quanto all’inventione è bel- nuova ripresa dell’Orfeo.10 Secondo altri in- viamo significativa testimonianza nella pre- come Francesco Gonzaga, attraverso il fra-
la, quanto alla dispositione migliore, et quanto al- vece la terza recita venne pianificata per il pe- fazione alla Dafne di Marco da Gagliano, il tello, si fosse rivolto al granduca di Toscana
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facendo richiesta di uno dei castrati al suo ser- te di Monteverdi, al pari delle sperimentazioni di opere che mettono in scena dèi, semidei, etica».18 Personaggi cui era perciò consen-
vizio per la ‘prima’ dell’Orfeo. Come già det- monodiche e della tradizione teatral-musicale pastori, ninfe, cioè soggetti mitologici di de- tito esprimersi in musica e che, non essendo
to, dopo varie trattative giungerà a Manto- fiorentina.14 rivazione ovidiana fra i quali il mito di Orfeo storici, venivano percepiti dallo spettatore
va Giovanni Gualberto Magli, allievo di Cac- Tanto i primi tentativi operistici a Firenze, è, per ovvie ragioni, uno dei prediletti. Un come ‘lontani’, così come lontani erano i tem-
cini che interpreterà le parti della Musica, di quanto la riproposizione mantovana del soggetto in grado di mostrare le potenziali- pi e i luoghi nei quali agivano. Ciò contribuiva
Proserpina e un terzo ruolo, probabilmente nuovo genere di spettacolo vennero stimo- tà dell’unione di poesia e musica – sarebbe ad attenuare la stranezza del recitar can-
la Speranza o la Messaggera.13 Altro allievo lati da un ristretto ambiente di aristocratici a dire del nuovo genere –, potenzialità, non tando. Nel caso specifico di Orfeo la cosa risul-
di Caccini coinvolto nelle rappresentazioni molto vicino alle famiglie regnanti: la celebre a caso, messe in rilievo nel Prologo dell’opera tava ancor più coerente, essendo palese a tut-
mantovane fu Francesco Rasi. Un anno più camerata del conte Giovanni Bardi e il circolo di Monteverdi impersonato proprio dalla Mu- ti che un cantore dovesse cantare.
tardi si celebrò il matrimonio tra Francesco che si riuniva intorno a Jacopo Corsi in un sica: «Quinci a dirvi d’Orfeo desio mi sprona, Oltre che da soggetti e ambientazioni la tragi-
Gonzaga e Margherita di Savoia. In occasione caso, l’Accademia degli Invaghiti nell’altro. | d’Orfeo che trasse al suo cantar le fere, | e commedia pastorale e le prime opere in mu-
dell’arrivo della coppia a Mantova dopo lo È tuttavia necessario distinguere le destina- servo fe’ l’inferno a sue preghiere, | gloria im- sica erano accomunate dalle soluzioni pro-
sposalizio vennero rappresentati i monte- zioni d’uso dei vari componimenti. Alla mortal di Pindo e d’Elicona». Portare sulla sce- priamente poetiche: la scelta di inscenare in-
verdiani Ballo delle ingrate e, come ricorda- metà del secolo il gesuita Giovan Domeni- na un musico agli albori di un genere dram- trecci amorosi rinunciando all’approccio
to nella prefazione alla Dafne, Arianna, co Ottonelli individuava tre tipologie di ope- matico-musicale pareva cosa logica, sicché grave della tragedia, la predilezione metrica
quest’ultima su testo del fiorentino Rinucci- re: quelle «fatte ne’ palazzi de’ principi possiamo affiancare all’Euridice e all’Orfeo la- per endecasillabi e settenari sciolti, l’adozione
ni. Durante i festeggiamenti ebbe un ruolo grandi, e d’altri gran signori secolari o ec- vori quali l’Orfeo dolente di Chiabrera e Bel- delle scene in eco, la presenza diffusa del
di primo piano anche un altro toscano: quel clesiastici», quelle «che rappresentano talvolta li (Firenze, 1616) e la Morte d’Orfeo di Lan- lamento, situazione drammatica topica al pari
Marco da Gagliano così vicino a Ferdinando alcuni gentiluomini o cittadini virtuosi o ac- di (1619). di preghiere, narrazioni, allocuzioni ecc., sen-
Gonzaga. cademici eruditi» e le «mercenarie e dra- Personaggi mitici e allegorici che si muovono za dimenticare l’insieme degli aspetti lessicali
Gli scambi non furono però a senso unico. matiche rappresentazioni musicali».15 Se in ambienti bucolici e campestri idealizzati, e stilistici, erano aspetti centrali dei libretti di
In occasione delle nozze tra Ferdinando I de’ L’Euridice di Rinuccini-Peri rientra nel primo cronologicamente collocabili in una lon- quegli anni. Rinuccini, Chiabrera, Striggio e
Medici e Cristina di Lorena nel 1589 venne gruppo, L’Orfeo appartiene senza dubbio al tana e non definita arcadica età dell’oro: fra gli altri trovavano i modelli cui rivolgersi nel-
allestita La pellegrina di Girolamo Bargagli. secondo, così come quella che viene consi- i tre generi teatrali in auge nel XVI secolo, è l’Aminta del Tasso e nel Pastor fido di Gua-
All’esecuzione degli intermedi presero par- derata la prima opera della storia, La Dafne al terzo, non tragedia, non commedia, ben- rini, vale a dire i due più noti esempi di fa-
te diversi musicisti della corte mantovana, non allestita nel palazzo di Jacopo Corsi. Comu- sì pastorale, che guardano librettisti e com- vola pastorale.19 Ritorna così in gioco la cen-
ultimi Alessandro Striggio e suo figlio, an- ne alle prime due categorie era la natura spe- positori a cavallo tra Cinque e Seicento.17 Tale tralità della corte di Ferrara per l’influsso eser-
ch’egli Alessandro, futuro librettista del- ciale e unica dell’evento – rarissime e non pre- scelta si deve alla necessità di giustificare la citato sulle sperimentazioni fiorentine e
l’Orfeo. In precedenza Striggio junior ebbe viste erano le riprese –, ma mentre l’una era presenza sul palcoscenico di personaggi mantovane.
l’opportunità di esibirsi presso la corte di Fer- motivata da grandi celebrazioni di stato, so- che cantano anziché parlare. È per rispondere Trattando di un mito diffusamente presen-
rara sul modello del cui concerto delle dame prattutto matrimoni, l’altra si doveva a oc- ad una pur vaga esigenza di verosimiglian- te nella produzione letteraria di ogni tempo,
Vincenzo Gonzaga organizzò il proprio casioni decisamente più intime.16 za che si propende per questo tipo di chiaramente Striggio si rivolse anche ad al-
gruppo di cantanti e strumentisti. Ciò de- Similitudini e divergenze tra L’Orfeo e i suoi soggetti, come spiegano con chiarezza i trat- tre fonti. Imprescindibili sono il quarto libro
terminò un’influenza diretta anche dal pun- precedenti si riscontrano anche sofferman- tati seicenteschi, stando ad uno dei quali era delle Georgiche di Virgilio e le Metamorfo-
to di vista propriamente tecnico. Il madrigale dosi ad analizzare le scelte di soggetto e di necessario rappresentare «deità, ninfe e si di Ovidio, ma il librettista non poteva non
ferrarese eseguito dal concerto delle dame genere. La favola di Monteverdi e Striggio si pastori di quell’antichissimo secolo nel quale tenere conto delle più recenti Fabula di Or-
esercitò infatti un notevole influsso sulle scel- colloca all’interno di una ben definita serie la musica era naturale e la favella quasi po- feo di Poliziano – lavoro nato in seno alla cor-
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te mantovana dei Gonzaga ad opera di un il pastore racconta la disperazione dell’ami- re fornisce l’occasione per valutare un’altra cisivo passo in avanti rispetto al precedente
fiorentino – ed Euridice di Rinuccini.20 Cer- co Orfeo e l’incontro di questi con Venere gra- importante scelta operata da Striggio. Negli di Rinuccini. Tuttavia a Mantova un passo
to il raffronto fra il testo steso per la musica zie alla quale avrà la possibilità di scendere atti III e IV il librettista mantovano ambisce a viene compiuto anche rispetto all’apporto dei
di Peri e quello di Striggio pone in rilievo no- agli inferi. Il peso quantitativo di questa nar- stupire e meravigliare il suo pubblico pre- modelli cui rivolgere l’attenzione. Se, come
tevoli divergenze anche nella conduzione del- razione pone su di essa l’attenzione in seguito disponendo apposite soluzioni drammatur- detto, il tono pastorale domina il lavoro di
l’azione. In ossequio al precetto pastorale so- alla morte di Euridice. Nel libretto di Striggio giche. Inserisce infatti l’incontro tra Orfeo e Striggio non è possibile evitare di notare l’in-
pra ricordato di evitare l’orrore della trage- manca una scena assimilabile a quella di Ri- Caronte, del tutto assente in Rinuccini, gra- fluenza di altre tradizioni letterarie e, in par-
dia, nell’Euridice l’eroina eponima non nuccini e tutta la tensione della notizia recata zie al quale intende ispirare «real terrors for ticolare, dell‘esempio dantesco negli atti
muore una seconda volta dopo la discesa agli da Silvia si scarica sul lamento di Orfeo e del his audience».21 Lo stesso cruciale momen- infernali. Un riferimento alla Commedia, in
inferi dell’amato e il lieto fine con il ricon- coro, spostando, in questo modo, gli equi- to della risalita di Orfeo ed Euridice e della verità, compare già nel secondo atto quan-
giungimento dei due è assicurato. Al con- libri drammatici. Striggio costruisce la sua sce- definitiva perdita della moglie da parte del do Orfeo decide di discendere nell’oltretomba
trario Striggio opta proprio per la doppia na sulla reazione affettiva dei personaggi in protagonista, vogliono impressionare pro- e di trarre Euridice «a riveder le stelle», ma,
morte di Euridice e sceglie una conclusione seguito ad un mutamento repentino, cioè su fondamente il fruitore con espedienti quali per l’appunto, si tratta del primo cenno alla
tragica anche per Orfeo (sulla complessa quello che drammaturgicamente diverrà il lo «strepito dietro alla scena» e il coro di Spi- visita nell’aldilà da parte di chi ancora è in vita.
situazione del finale torneremo oltre). Anche punto caratterizzante dell’opera italiana dei riti che interagisce con i personaggi, laddo- Come Dante, anche Orfeo ha la propria gui-
se Rinuccini giustifica l’alterazione del mito, secoli a venire. ve in Rinuccini si limitava a chiudere l’episo- da che, tuttavia, a differenza di Virgilio, non
a suo dire dovuta a motivazioni contingen- A tal proposito vale la pena di sottolineare dio. Non dimentichiamo poi che nell’Euridi- accompagnerà l’eroe nel suo viaggio. Alla
ti (nella dedica del libretto scrive: «Potrà un altro aspetto significativo. Nell’Euridice il ce l’eroe torna vittorioso dalla propria impresa Speranza non è infatti consentito «porre il piè
parere ad alcuno, che troppo ardire sia sta- cantore esprime i propri sentimenti nei con- e che l’ascesa al mondo dei vivi viene omes- nella città dolente», sulla cui soglia Striggio
to il mio in alterare il fine della favola d’Or- fronti dell’amata in «Antri ch’ a’ miei la- sa e sostituita da un semplice racconto del colloca il più celebre verso del sommo poeta:
feo, ma così mi è parso convenevole in tem- menti», intervento piuttosto lontano dal- momento in cui gli sposi ritrovano gli amici. «Laciate ogni speranza, o voi ch’entrate». A
po di tanta allegrezza»), ciò non toglie che l’annuncio della morte di Euridice, dal qua- In tal modo l’autore pone un filtro fra l’azio- questo punto il debito è reso esplicito. Più in
la scelta di Striggio sia segnale di un impor- le è separato da un dialogo tra Orfeo e Ar- ne narrata e il pubblico che attenua l’impatto generale il terzo canto dell’Inferno con-
tante cambiamento verificatosi nella dram- cetro e da un ulteriore colloquio in cui si in- drammatico dell’azione stessa. Striggio invece diziona l’intera concezione dell’incontro tra
maturgia dell’opera del primo Seicento e seg- serisce anche Tirsi. Nell’Orfeo invece sono due opta per inscenare il punto culminante del- Orfeo e Caronte, episodio assente tanto in
ni l’allontanamento, non solo dal modello i momenti nei quali il protagonista ha la pos- la vicenda puntando molto sull’effetto tea- Poliziano quanto nell’Euridice.
fiorentino, ma anche dalla leggerezza di toni sibilità di metterci a parte del proprio amo- trale: la sparizione di Euridice, stando alle pa- All’evidenza dei modelli letterari il librettista
della tragicommedia ferrarese. re, entrambi ben più diretti ed espliciti rispetto role di Orfeo («O dolcissimi lumi, io pur vi veg- associa regolarità e simmetrie evidenti per-
È possibile valutare la portata di tale cambia- al testo di Rinuccini: «Rosa del ciel» e «Vi ri- gio, | io pur... ma qual eclissi, ohimè, v’oscu- sino agli occhi dell’osservatore più superficiale.
mento soffermandosi, ad esempio, sulla corda, o boschi ombrosi». Quest’ultima ra?»), si dovrebbe realizzare con giochi di luce. A differenza delle precedenti sperimentazioni
parte iniziale dell’opera che vede prima le canzonetta precede immediatamente l’arri- Come non pensare alle numerose successi- operistiche, L’Orfeo presenta la classica scan-
nozze tra Orfeo ed Euridice e quindi la morte vo della Messaggiera con il suo carico di me- ve scene sovrannaturali o incentrate su effetti sione in cinque atti preceduti da prologo
di quest’ultima. Morte che Rinuccini fa an- ste notizie, favorendo quello scontro ravvi- resi possibili dalla macchineria teatrale? adottata in tutti i generi teatrali cinquecen-
nunciare a Dafne, per poi proseguire con un cinato tra differenti posizioni affettive che Puntando sulle passioni e gli affetti da un lato teschi, anche se alcuni studi hanno eviden-
breve lamento di Orfeo e un più ampio com- pure è elemento imprescindibile del melo- e sul meraviglioso dall’altro, Striggio sembra ziato come le esecuzioni nel ‘600 avvenissero
pianto collettivo. Segue una lunga scena che dramma nostrano. dunque abbozzare le linee guida della futu- senza soluzione di continuità e dunque
vede coinvolti Arcetro e il coro, nella quale Il raffronto fra le scene infernali delle due ope- ra produzione operistica e compiere un de- senza interruzione tra un atto e l’altro, esat-
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tamente come negli altri esempi di teatro mu- gli atti I e V23 e le due morti di Euridice ne- ca di commuovere Caronte, mentre in altre esso comporta. Non è nemmeno certo qua-
sicale.22 La scelta di preservare comunque l’ar- gli atti II e IV, con al centro l’incontro tra Ca- situazioni viene sfruttata a fini celebrativi le dei due finali fosse quello originario e qua-
ticolazione del libretto in cinque atti rivela la ronte e Orfeo inteso quale apice celebrativo («Qual onor di te fia degno», dopo il quale le quello sostitutivo. Nel corso degli anni gli
volontà di rifarsi ad una tradizione consoli- del potere della musica.24 lo stesso Orfeo si domanda «Ma mentre io studiosi hanno cercato di fornire una spie-
data in qualche modo divenuta canonica. As- Anche ponendo attenzione alla successione canto, ohimè, chi m’assicura | ch’ella mi se- gazione al dilemma basandosi sui documenti
solutamente regolare è la conclusione di ogni delle scene sarà piuttosto semplice notare un gua?», e il finale apollineo). Ove possibile in- d’epoca e sull’interpretazione dell’opera,
atto, sempre affidata ad un coro moraleg- impianto speculare, in questo caso triparti- somma la presenza del pezzo chiuso viene giungendo però a conclusioni diverse. Pun-
giante di matrice classica che commenta gli to. La medesima ambientazione bucolica e giustificata, ulteriore, evidentissimo segnale to di partenza rimane la ‘prima’ del 24 feb-
accadimenti. Una funzione strutturante ben terrena di primo e secondo atto viene ri- di quella tendenza sopra discussa a rende- braio 1607, quando venne certamente ese-
più importante è però quella assunta dai cin- proposta nel quinto, mentre nel mezzo (atti re accettabile e plausibile la presenza di per- guito il finale dionisiaco. Nella già citata let-
que grandi momenti a solo di Orfeo, uno per III e IV) si colloca la discesa nell’Ade da par- sonaggi che parlano in musica. tera di Francesco Gonzaga datata 23 febbraio
atto («Rosa del ciel», «Vi ricorda, o boschi te di Orfeo. Il libretto non fornisce alcuna in- Nelle pagine che precedono si è più volte ac- si può leggere: «la favola s’è fatta stampa-
ombrosi», «Possente spirto», «Qual onor di dicazione in proposito, limitandosi a due di- cennato al doppio finale dell’Orfeo. Esisto- re accioché ciascuno degli spettatori ne pos-
te fia degno», «Questi i campi di Tracia»), dascalie alla fine degli atti II e IV: «Qui si muta no infatti due diverse conclusioni dell’opera. sa haver una da legere, mentre che si can-
ognuno dei quali mette in campo una diversa la scena» e «Qui di nuovo si volge la scena». Il libretto pubblicato in occasione della pri- terà».27 Ciò significa che il libretto del 1607
condizione affettiva del protagonista, ri- Tuttavia l’evidenza dell’azione e i riferimen- ma rappresentazione25 termina tragicamente venne stampato espressamente per quella
spettivamente gioia amorosa, ricordo dei pas- ti ambientali contenuti nei versi suppliscono con un lungo coro di Baccanti, le quali, ne- rappresentazione e, dunque, che il suo
sati dolori, preghiera speranzosa e dispera- alla carenza di informazioni, esplicitando i miche di Orfeo, lo pongono in fuga per uc- contenuto corrispondeva a quanto accadeva
ta allo stesso tempo, esaltata autocelebra- contesti scenici. ciderlo poco dopo e farne a pezzi il corpo. in scena. Nino Pirrotta, tuttavia, ritiene cro-
zione, lamento. È proprio su tale sequenza Il testo di Striggio non è particolarmente or- Striggio segue la lezione di Poliziano che a nologicamente successivo il finale con le Bac-
di posizioni interiori che si basa la concezio- dinato e regolare solo dal punto di vista poe- sua volta riprende la versione tradizionale del canti. La lettera di Magni riportata in aper-
ne drammaturgica dell’opera, dando modo tico e drammatico, ma predispone l’orga- mito, anche se evita di mettere in scena la tre- tura del presente contributo esplicita, infatti,
a Monteverdi di creare quel capolavoro di ef- nizzazione musicale determinandone il rigore menda fine dell’eroe, lasciandola immaginare l’angustia del luogo in cui avvenne la ‘pri-
ficacia espressiva che è la sua intonazione mu- formale. Numerosi sono infatti i pezzi chiu- ai colti spettatori dell’Accademia e limitan- ma’. Anche Monteverdi nella dedica della
sicale. si previsti dal librettista, molti dei quali con- dosi così alle celebrazioni in onore di Bacco. partitura parla in proposito di «angusta sce-
La stessa distribuzione della materia dram- cepiti come brani effettivamente cantati Due anni più tardi, nel 1609, viene pubbli- na». Secondo lo studioso, Monteverdi e
matica risulta essere finemente calcolata. anche all’interno della cornice comunicativa cata la partitura di Monteverdi e le Baccan- Striggio avrebbero inizialmente concepito la
Ogni atto è incentrato su un evento princi- del palcoscenico. Spesso sono cioè i perso- ti si fanno da parte per lasciar spazio ad Apol- conclusione con l’intervento di Apollo per
pale: festa pastorale per le nozze di Orfeo ed naggi ad invitare altri personaggi ad esibir- lo e al lieto fine.26 In questa versione l’ope- cambiarla in un secondo tempo a causa del-
Euridice (atto I), morte di Euridice (atto II), di- si. È il caso dei già ricordati «Rosa del ciel» ra si chiude con l’apoteosi di Orfeo in seguito la limitatezza dello spazio scenico della
scesa agli inferi di Orfeo (atto III), perdita de- e «Vi ricorda, o boschi ombrosi», allor- all’intervento del padre Apollo che si mani- ‘prima’ che non avrebbe consentito la spet-
finitiva di Euridice (atto IV), uccisione o apo- quando il canto di Orfeo viene sollecitato ri- festa attraverso lo stratagemma del deus ex tacolare discesa della divinità. Al momento
teosi di Orfeo a seconda del finale preso in spettivamente da un pastore e dal coro, ma machina (una didascalia in partitura recita: della stampa della partitura il compositore
esame (atto V). In questo modo l’autore crea anche di altri pezzi quali i cori «Vieni, Ime- «descende in una nuvola cantando»). avrebbe poi scelto di ripristinare il progetto
una fitta rete di rimandi e corrispondenze tra neo, deh vieni» e «Lasciate i monti». Altro- A tutt’oggi non è chiaro il motivo del mu- originale.28 Quest’ipotesi viene ribaltata da
un atto e l’altro, rete che pone simmetrica- ve l’esecuzione musicale è funzionale al- tamento, né a chi si debbano il nuovo testo Paolo Fabbri, il quale ritiene successivo il fi-
mente in relazione le atmosfere festose de- l’azione come nel momento in cui Orfeo cer- e la differente prospettiva drammaturgica che nale apollineo che sarebbe stato scritto per
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la ripresa dello spettacolo del primo marzo tonazione strofica lontanissima dell’elaborato sti- la visita in città di Carlo Emanuele che poi non riprese. Entrambi presentano il finale bac-
da tenersi di fronte ad un pubblico più am- le madrigalesco che contraddistingue tutti quelli ebbe luogo. Una conclusione che certamente chico, ma ciò non significa che nella secon-
pio e dunque, probabilmente, in un am- precedenti, si rafforza l’impressione che si tratti di meglio si confaceva ad un’occasione cele- da o nella terza recita dell’opera non potes-
biente più vasto:29 un finale forse aggiunto per applicare retroatti- brativa.32 C’è poi chi non ritiene centrali le sero essere occorsi grossi cambiamenti non
Terminare la recita con la danza delle Baccanti si- vamente (e controriformisticamente) scopi dida- motivazioni contingenti, spazi teatrali o oc- riportati sul libretto a causa della mancanza
gnificava affidare al bagaglio culturale di ogni spet- scalici che potevano anche mancare finché si era casioni di rappresentazione che fossero, né di tempo, per motivi economici, per volon-
tatore – accademico – il compito di concluderla trattato di un’azione scenica destinata ad un’udien- gli intenti filosofici, quanto piuttosto il pen- tà di Striggio o per altre cause.
mentalmente, mentre chiamare in causa Apollo e za selezionatissima, divenuti però indispensabili siero drammaturgico del compositore. Mon- Se la successione cronologica finale tragico
mostrare il trionfo celeste di Orfeo costituiva uno quando essa era stata elargita ad un più vasto pub- teverdi avrebbe cioè sostituito il finale bac- - lieto fine pare ormai accettata dalla mag-
scioglimento felice ma soprattutto certo della sto- blico, di fronte al quale si era sentito il bisogno di chico semplicemente perché riteneva più gior parte della critica restano però da sta-
ria, non privo di un valore didattico all’altro fina- giustificarla facendo ricorso in tutta fretta ai clas- adatto un lieto fine ad un genere di spetta- bilire con certezza i motivi che portarono al
le del tutto ignoto. L’ascesa glorificante di Orfeo sici criteri dello juvare delectando.30 colo quale l’opera, dato che tutti i precedenti cambiamento, così come rimane da appu-
con Apollo è infatti accompagnata da un coro non erano stati risolti in tal senso.33 rare la paternità dei nuovi versi (Striggio, Ri-
genericamente moraleggiante, come era succes- Gli intenti edificanti del lieto fine, ma letti in La situazione è ulteriormente complicata dal nuccini, Francesco Gonzaga sono alcune del-
so negli atti precedenti, ma che tende invece a por- chiave neoplatonica-ficiniana, stanno alla fatto che nel 1607 vennero stampati due li- le ipotesi avanzate), nonché gli esatti rapporti
re tutta la vicenda rappresentata sotto il segno pre- base anche di altre interpretazioni, come bretti: a quello riprodotto nel presente CD- tra i due libretti stampati nel 1607. Il problema
ciso di un’esperienza religiosa specificamente cri- quelle di Jon Solomon e di Stefano La Via.31 Rom se ne aggiunge un altro che presenta è però attinente al solo ambito musicologi-
stiana – estranea al testo fin lì recitato – che dal- Iain Fenlon concorda sulla stesura successi- un minor numero di pagine, alcune differenze co, poiché sotto il profilo performativo è pos-
la terra, attraverso il motivo della vanitas vanita- va del trionfo di Orfeo, ma la ritiene dovu- tipografiche e qualche lezione diversa.34 È ipo- sibile optare unicamente per la conclusione
tum, conduce necessariamente al cielo. Conside- ta, non alla replica del primo marzo, bensì alla tizzabile che i due libretti venissero stampati, apollinea a causa della perdita della musica
rando poi che questo coro finale è una svelta in- programmata terza recita in occasione del- l’uno per la ‘prima’ e l’altro per una delle dell’altro finale.35
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note for the holiday period following Eastern Sunday, 15 «Studi musicali», III, 1974, pp. 231-254 e STEFANO LA Relazioni e comunicazioni, a cura di Raffaello Mon-
April […]. This performance may well have materia- VIA, Allegrezza e perturbazione, peripezia e danza terosso, Venezia-Mantova-Cremona, 1968, pp. 45-
1. Si cita da IAIN FENLON, Correspondence relating to the lised, since it was not until 30 April that Francesco fi- nell’’Orfeo’ di Striggio e Monteverdi, in Pensieri per 67: 51.
early Mantuan performances, in Claudio Montever- nally sent Magli back to Florence» (ROGER BOWERS, un maestro. Studi in onore di Pierluigi Petrobelli, a cura 29. In proposito cfr. nota 6. Cagnani dice che l’opera
di: ‘Orfeo’, a cura di John Whenham, Cambridge, Monteverdi at Mantua, in The Cambridge companion di Stefano La Via e Roger Parker, Torino, EdT, 2002, «in gran teatro con nobilissimo apparato fu fatta rap-
Cambridge University Press, 1986, pp. 167-172: 170. to Monteverdi cit., pp. 53-75: 65). pp. 61-93. presentare» (CAGNANI, Lettera cronologica cit.), non
2. Ibid. 12. Citiamo da Le origini del melodramma. Testimo- 20. FREDERICK W. STERNFELD, The Orpheus myth and the sappiamo però a quale rappresentazione faccia ri-
3. Il 5 gennaio 1607 Francesco Gonzaga così si rivolgeva nianze dei contemporanei, a cura di Angelo Solerti, libretto of ‘Orfeo’, in Claudio Monteverdi: ‘Orfeo’ cit., ferimento.
al fratello, rivendicando il proprio ruolo nel dar vita Torino, Bocca, 1903, p. 82. pp. 20-33, 188-189 (note). Rimane fondamentale 30. FABBRI, Monteverdi cit., pp. 103-104.
all’evento: «Io ho determinato di far recitare una fa- 13. FENLON, The Mantuan ‘Orfeo’ cit. e ID., Correspon- NINO PIRROTTA, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, 31. JON SOLOMON, The Neoplatonic apotheosis in Mon-
vola in Musica questo Carnevale» (ivi, p. 167). dence relating to the early Mantuan performances Einaudi, 1997. teverdi’s ‘Orfeo’, «Studi musicali», XXIV/1, 1995, pp.
4. Lo stesso Alessandro Striggio junior era membro del- cit. Si veda anche TIM CARTER, Singing ‘Orfeo’: on the 21. JOHN WHENHAM, Five acts: one action, in Claudio Mon- 27-47 e LA VIA, Allegrezza e perturbazione cit.
l’Accademia degli Invaghiti col nome di Ritenuto: performers of Monteverdi’s first opera, «Recercare», teverdi: ‘Orfeo’ cit., pp. 42-77, 189-193 (note): 67. 32. FENLON, The Mantuan ‘Orfeo’ cit., p. 18. Propende
«Non però questo deve esser di stupore alcuno, es- XI, 1999, pp. 75-118. 22. Ivi. per quest’ipotesi anche JOACHIM STEINHEUER, Orfeo
sendo il proprio delli signori academici Invaghiti di far 14. Una panoramica bibliografica su questi temi si tro- 23. Se si tiene in considerazione il finale bacchico, i fe- (1607), in The Cambridge companion to Montever-
miracolose operazioni in ogni tempo, come più mo- va in FRANCESCO DEGRADA, Il teatro di Claudio Mon- steggiamenti sono naturalmente delle Baccanti. di cit., pp. 119-140, 288 (note): 122-123. Associa il
dernamente fece il virtuosissimo sig. conte Alessan- teverdi: gli studi sullo stile, in Claudio Monteverdi. Stu- 24. Alcuni commentatori hanno opportunamente rile- finale in questione alla terza recita anche Bowers, che
dro Striggio […] avendo lo stesso anco da poi dato di e prospettive. Atti del Convegno, Mantova, 21-24 vato come in realtà Orfeo fallisca nel suo tentativo però, come già ricordato, la ritiene dovuta a moti-
in luce, sotto nome del Ritenuto academico Invaghito, ottobre 1993, a cura di Paola Besutti, Teresa M. Gial- di commuovere Caronte con la propria musica e rie- vazioni diverse (BOWERS, Monteverdi at Mantua cit.).
l’Orfeo, favola rapresentativa in leggiadrissimi versi droni e Rodolfo Baroncini, Firenze, Olschki, 1998, pp. sca a oltrepassare l’ostacolo unicamente grazie al- 33. STERNFELD, The Orpheus myth cit., pp. 31-33.
di favella toscana composti» (EUGENIO CAGNANI, Let- 263-283: 266-269. Sui diversi aspetti sin qui tocca- l’insensibilità del traghettatore che si addormenta al 34. Si può leggere un’edizione basata su questo esem-
tera cronologica, riprodotta in Mantova. Le lettere, ti si vedano invece le puntualissime osservazioni con- canto dell’eroe. Ciò è certamente vero dal punto di plare in Libretti d’opera italiani dal Seicento al No-
a cura di Emilio Faccioli, Mantova, Istituto Carlo d’Ar- tenute in PAOLO FABBRI, Monteverdi, Torino, EdT, vista degli accadimenti, ma non v’è possibilità di du- vecento, a cura di Giovanna Gronda e Paolo Fabbri,
co per la storia di Mantova, 1962, p. 621). 1985, pp. 96-102. bitare che questo momento, con lo straordinario «Pos- Milano, Mondadori, 1997, pp. 21-47, 1814 (note).
5. Cfr. PAOLA BESUTTI, Spaces for music in late Renaissance 15. GIOVAN DOMENICO OTTONELLI, Della cristiana modera- sente spirto», celebri, sotto il profilo filosofico, le qua- 35. C’è comunque chi ha scelto soluzioni diverse, uti-
Mantua, in The Cambridge companion to Monteverdi, zione del teatro, Firenze, 1652. Si cita da LORENZO BIAN- lità della musica anticipate nel prologo, dove per al- lizzando musica e versi di altri autori per ricreare il fi-
a cura di John Whenham e Richard Wistreich, Cam- CONI, Il Seicento, Torino, EdT, 19912, («Storia della mu- tro si diceva: «Io la Musica son, ch’a i dolci accenti | nale bacchico. Si veda, ad esempio, NIGEL ROGERS,
bridge, Cambridge University Press, 2007, pp. 76-94: sica», a cura della Società Italiana di Musicologia, 5), so far tranquillo ogni turbato core». Potrebbe dun- Some thoughts on Monteverdi’s ‘Orfeo’ and a sug-
83-86. La studiosa ipotizza una possibile collocazio- p. 178. que essere che Caronte si addormenti proprio gra- gested alternative ending, in Performing practice in
ne della sala nella Corte Vecchia, a piano terra, sot- 16. Le peculiarità dell’opera ‘di corte’ di questi anni sono zie a tale capacità insita nelle note prodotte dalla lira Monteverdi’s music. The historic-philological back-
to la Sala del Pisanello, ma ammette la mancanza di indagate da BIANCONI in Il Seicento cit., pp. 175-195. e dalla voce di Orfeo. ground, a cura di Raffaello Monterosso, Cremona,
prove dirette. 17. Sulle implicazioni di questa scelta cfr. PAOLO FABBRI, 25. La favola d’Orfeo rappresentata in musica il carne- Fondazione Claudio Monteverdi, 1995, pp. 183-190.
6. Lettera di Francesco Gonzaga a Ferdinando Gonza- Il secolo cantante. Per una storia del libretto d’ope- vale dell’anno MDCVII nell’Accademia de gl’Invaghiti
ga, 1o marzo 1607 (FENLON, Correspondence relating ra in Italia nel Seicento, Roma, Bulzoni, 20032, pp. 13- di Mantova sotto i felici auspizij del Serenissimo Sig.
to the early Mantuan performances cit., p. 171). 36. Duca beinignissimo lor protettore, Mantova, Francesco
7. Lettera del teologo di corte Cherubino Ferrari al duca 18. GIOVAN BATTISTA DONI, Trattato della musica scenica, Osanna, 1607. Se ne veda la riproduzione contenu-
Vincenzo Gonzaga, 22 agosto 1607 (ivi, p. 172). si vedano gli stralci pubblicati in Le origini del melo- ta in questo stesso CD-Rom.
8. Lettera di Francesco Gonzaga al granduca di Tosca- dramma cit., pp. 203-205. Cfr. anche Il corago o vero 26. L’Orfeo favola in musica da Claudio Monteverdi rap-
na, 8 marzo 1607 (ivi, p. 171). Alcune osservazioni per metter bene in scena le com- presentata in Mantova l’anno 1607 & novamente
9. Lettera di Francesco Gonzaga al granduca di Tosca- posizioni drammatiche, a cura di Paolo Fabbri e An- data in luce, Venezia, Ricciardo Amadino, 1609 (poi
na, 30 aprile 1607 (ivi, p. 172). gelo Pompilio, Firenze, Olschki, 1983. ristampata nel 1615).
10. IAIN FENLON, The Mantuan ‘Orfeo’, in Claudio Mon- 19. Per il caso di Alessandro Striggio junior cfr. almeno 27. Cfr. nota 2.
teverdi: ‘Orfeo’ cit., pp. 1-19, 185-188 (note): 17-18. PAOLO FABBRI, Tasso, Guarini e il ‘divino Claudio’. Com- 28. NINO PIRROTTA, Teatro, scene e musica nelle opere di
11. «He [Vincenzo] then planned yet a third, evidently ponenti manieristiche nella poetica di Monteverdi, Monteverdi, in Claudio Monteverdi e il suo tempo.

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