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Ungaretti, anarchico, si trovò nel 1914 a sostenere violentemente la causa dell'intervento in guerra
dell'Italia. Non si tratta solo di un'adesione ideologica al nazionalismo populista diffuso tra molti
intellettuali, ma della ricerca, da parte del poeta, di un proprio ruolo nell' identificazione in
un'anima collettiva: «Sono un poeta / un grido unanime» (cfr. ***, Unanimismo). Essere soldato
significa per l'emigrato perennemente sradicato, trovare una patria, ricongiungersi alle proprie
origini ataviche: «In questa uniforme / di tuo soldato / mi riposo / come fosse la culla di mio
padre» (Italia).
Non c'è, tuttavia, in Ungaretti, esaltazione eroica o superomistica, ma un'esigenza di identità, che
si configura come desiderio di quiete e di regressione nella totalità degli altri uomini e della
natura.
Coerentemente, Ungaretti partecipò alla guerra come semplice fante, condividendo l'esperienza
anonima e il fango delle trincee. La realtà della guerra, di cui nessuno aveva previsto il carattere
nuovo di guerra totale e il potere micidiale delle nuove tecnologie di uccisione di massa, fece ben
presto cadere ogni ideologia celebrativa.
La guerra, denudata di ogni mito e fede, è rappresentata nella sua insensata tragicità come
pura esperienza esistenziale. Sul Carso, con la morte davanti a ogni istante, l'incontro del poeta
con gli altri uomini e con se stesso attinge a un'essenzialità primordiale. Non è - come dice egli
stesso - l'idea di uccidere o di essere ucciso che lo tormenta, ma la ricerca di un rapporto con
l'assoluto, «l'assoluto rappresentato dalla morte, non dal pericolo, che era rappresentato da
quella tragedia che portava l'uomo a incontrarsi con il massacro».
Da qui il duplice registro dell'Allegria che esprime, da una parte, la contingenza scottante
delle occasioni quotidiane, dall'altra, la tendenza a sottrarle ad ogni referenza concreta e alla
causalità della storia.
L'orrore e la violenza della guerra, anche quando non si accampano in primo piano, sono una
presenza diffusa nei testi dell'Allegria. La fenomenologia bellica è rappresentata nelle distruzioni
materiali («aria crivellata», «albero mutilato», «brandello di muro», «budella di macerie»,
«compagno massacrato»), ma ancora più spesso nei riflessi interiori: «È il mio cuore / il paese più
straziato» (cfr. San Martino del Carso,)