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13/02/22, 16:53 L’Italia delle miniere “dimenticate”: dove sono e i tesori che si estraggono - Il Sole 24 ORE

ECONOMIA

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industria e ambiente

L’Italia delle miniere “dimenticate”: dove sono e i


tesori che si estraggono
di Davide Madeddu
29 novembre 2020

Le risorse non mancano. Ma l'attività mineraria non cresce. E, cessata l'estrazione dei metalli, il
settore viaggia con pochi materiali capaci comunque di soddisfare una parte del mercato interno e quello delle
esportazioni. Si tratta dei cosiddetti “materiali industriali” giacché la stagione del piombo e dello zinco,
nonostante le richieste, sembra essere tramontata, almeno per ora.

Nel panorama nazionale i siti minerari, come emerge anche dal censimento dell'Ispra, sono
un'ottantina. Miniere da cui si ricavano minerali industriali poi lavorati e trattati per essere presenti nella
maggior parte degli oggetti utilizzati quotidianamente. Ossia marna da cemento, minerali ceramici (feldspati,
caolino, refrattari), minerali ad uso industriale (bentonite, terre da sbianca) e salgemma. Il settore impiega
complessivamente poco più di tremila minatori distribuiti nei siti produttivi presenti in 14 regioni con un’alta
percentuale in Piemonte, Sardegna, Toscana e Sicilia. Benché i numeri degli addetti ai lavori siano bassi c’è un
collegamento stretto i beni di consumo utilizzati nella quotidianità e l’attività mineraria.

A evidenziare questo legame, con tanto di esempi, è uno studio realizzato da Assorisorse (già
assomineraria). Nel dossier dell'associazione che rappresenta le aziende impegnate nell'estrazione di materie
prime dal sottosuolo italiano, nonché la filiera ad esse correlata (da quelle energetiche a ciò che rientra nei
processi industriali per la creazione di prodotti o in qualità di additivi) si disegna lo scenario nazionale.

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I primati minerari dell’Italia


I numeri parlano di una produzione di oltre 10 milioni di tonnellate pari al «10% dell'Europa» e
qualche primato come il terzo posto al mondo e il secondo in Europa nella produzione di feldspato, il decimo
posto al mondo nella produzione di talco (terzo in Europa). Non solo, i minerali industriali, a leggere il
rapporto «alimentano un significativo flusso di esportazioni: il 56% dell'export italiano di risorse minerarie
muove da tale comparto e i principali mercati di destinazione sono l'Asia (46%) e l'Europa (37%)».

Quanto agli esempi: «Un'automobile può contenere fino a 150 kg di minerali industriali», mentre
per costruire una casa ne possono servire sino a «150 tonnellate». Ci sono poi la ceramica e il vetro «settori
principali di applicazione, potendo contenere fino al 100% di minerali industriali». E il feldspato e il quarzo,
che «insieme alle sabbie, sono i principali protagonisti nella realizzazione di vetro di tutti i tipi (cavo, piano,
illuminotecnico) e di materiali ceramici (sanitari, piastrelle, smalti)».

«Nonostante un andamento complessivamente critico e il loro valore unitario non particolarmente


rilevante, i minerali industriali presentano una serie di caratteristiche che ne esaltano l'indubbia rilevanza per
l'economia del nostro paese anche grazie alla loro lavorazione di alta qualità - chiarisce Monica Giarda,
direttore di settore di Assorisorse -: sono input essenziali per la maggior parte dell'industria manifatturiera e
delle costruzioni che, congiuntamente, rappresentano il 20% del valore aggiunto nazionale e il 30%
dell'occupazione italiana».

Per la direttrice il settore è «cruciale per l'industria manifatturiera presente sul territorio in quanto
rappresenta quello delle materie prime essenziali per numerosi altri settori come quelli delle vernici,
dell'elettronica, delle fusioni di metalli e delle fonderie, della carta, delle plastiche, del vetro, delle ceramiche,
della detergenza, dei prodotti farmaceutici, della cosmesi, dei materiali da costruzione e dell'agricoltura».

Le materie prime che l’Italia non sfrutta


«I minerali per l'industria – prosegue Monica Giarda – sono anche impiegati nella lavorazione degli
alimenti e dei mangimi ed hanno un ruolo sempre più importante nell'ingegneria ambientale, oltre ad essere
presenti negli oggetti che usiamo ogni giorno».

Non è comunque tutto. «Per l'Italia purtroppo, pur essendoci disponibilità di materie prime, non
sembrano esserci le condizioni per il loro sviluppo: per vincoli ambientali e burocrazia lenta e farraginosa -
continua la responsabile -. L'Italia rischia di essere un Paese destinato a dipendere dall'estero con la perdita di
una grande parte delle ricadute economiche».Non è certo un caso che le miniere di galena e blenda (da cui si
ricava piombo e zinco) del Sulcis Iglesiente si ritrovino con la produzione ferma da anni e si preparino a vivere
una nuova vita fatta di turismo e ricerca scientifica.

La crisi e la chiusura tra gli anni ’70 e ’80


«Le miniere metallifere italiane, che operavano tutte in sotterraneo, hanno subito negli anni
Settanta e Ottanta i contraccolpi di una crisi che era già iniziata nel decennio precedente collegata al
progressivo sviluppo in profondità dei cantieri minerari e all'incremento del costo del lavoro rispetto ai paesi
al tempo in via di sviluppo - premette Antonio Martini, ingegnere minerario con lunga esperienza nel settore
-; situazione che ha trovato il suo epilogo con la crisi energetica: i costi di produzione non erano più
competitivi e via via quelle miniere chiusero sebbene con una legge del 1982 lo Stato tentò un rilancio del
settore mettendo in campo ingenti risorse pubbliche per sostenere le attività dalla ricerca mineraria alla
produzione».

Poi la svolta negli anni 90 e i cambiamenti, con l'attività turistica a partire dal 2000. «Attualmente -
argomenta ancora Martini che è stato amministratore unico dell'ultima miniera di carbone a Nuraxi Figus -
operano ancora molte miniere a cielo aperto per l'estrazione di minerali industriali mentre le ultime attive in

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sotterraneo sono quelle di talco nell'arco alpino (due) e quelle di salgemma in Sicilia (tre), dopo la chiusura
dell'ultima miniera di carbone in Sardegna avvenuta nel 2018».

L’evoluzione tecnologica “fai da te”


Per l'ingegnere minerario poi c'è un aspetto che non deve comunque essere sottovalutato né
dimenticato. E che riguarda la ricerca, l'innovazione e la tecnologia: «Penso di poter affermare che la ricerca
sistematica dell'innovazione e l'utilizzo di tecnologie sempre d'avanguardia siano insiti nell'industria
mineraria per l'elevato livello della sfida tecnica -continua -. Gli esempi sono tanti anche in Italia ma forse vale
la pena ricordare l'ingegnoso sistema di caricamento delle navi mercantili direttamente dai silos minerari
scavati nella falesia di Porto Flavia e l'invenzione dell'autopala-Montevecchio da parte dei meccanici
dell'officina dell'omonima miniera, poi però brevettata dall'Atlas-Copco».

A Gorno, in provincia di Bergamo, il gruppo italo australiano di Alta zinc porta avanti da qualche
anno il progetto per il rilancio della miniera di piombo e zinco chiusa negli anni 80 dall'Eni. I progetti sono in
fase avanzata, gli investimenti e i tenori di minerali positivi, e si attende l'avvio della produzione.

Il futuro dei siti passa per la sostenibilità

Per Franco Manca, geologo di lungo corso e per anni dirigente e manager minerario, il futuro passa
per quello che viene definito il processo di sostenibilità. «Dobbiamo premettere che oggi non si può fare più
quello che si faceva ieri in tema di utilizzo di risorse naturali e materie prime - dice -. Oggi c'è una parola tanto
cara anche alle istituzioni europee che si chiama sostenibilità. E questo concetto lo si deve dimostrare anche
nelle attività che si vogliono portare avanti in ambito estrattivo». Un esempio? «Pensiamo al cobalto, in
Europa (uno degli ultimi casi è in Spagna) c'è quasi una corsa a recuperare vecchi siti minerari di questo
materiale che serve nell'utilizzo degli accumulatori di energia - argomenta -. È chiaro che le produzioni
dovranno essere fatte all'interno di un ragionamento di sostenibilità che parte dalle condizioni di lavoro per
arrivare all'utilità del prodotto lavorato».

Eppoi un altro aspetto. «Al futuro delle miniere deve essere legato quello delle bonifiche e
risanamento delle vecchie discariche che, in molti casi, si rivelano vere e proprie miniere d'oro».

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