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La battaglia per la vita si combatte, si perde o si vince a livello culturale. Fino a qualche mese fa sia che
foste in un piccolo paese, sia in una città al suono di una sirena tutti si fermano sia la madre che
accompagna i gli a scuola, sia il professionista, sia l’operaio che vanno al lavoro perché passa la
Finali del 2° Torneo diocesano di
maestà della vita, della vita in pericolo. Basta che una vita sia in pericolo perché tutte le altre si
Calcio a 5
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Ma anche il fatto, nelle nostre realtà, che se ti senti male in un punto della città e ad ogni ora del
giorno e della notte, sette giorni su sette parte da un altro angolo della città una squadra di tre,
quattro, cinque persone per salvarti e questo sia che tu sia bianco, giallo o nero, piccolo o grande,
ricco o povero. E i trapianti? Circa cento persone sono impegnate per tentare di salvarne una e poi, al
bisogno, ambulanze, volanti, elicotteri, aerei. Sostenitori
L’idea che sta alla base del nostro Servizio Sanitario Nazionale, che tanta buona prova sta dando di sé
in questi giorni, nasce dal principio che ogni vita è preziosa, è un dono, qualsiasi vita. Ma non da molto
tempo è così, da poco più di duemila anni, da quando c’è stato Uno che ha detto di essere Figlio di Dio
e che eravamo tutti fratelli.
Purtroppo questa coscienza è soggetta a continui attacchi prima e dopo la nascita.
Prima perché non si vuole riconoscere che il concepito, è “uno di noi”, ha il suo patrimonio genetico,
unico e irripetibile, diverso da quello della madre e del padre e non lo acquisisce nel tempo, ma subito
dopo il concepimento perciò già impedirgli di annidarsi signi ca ucciderlo, è un aborto o, piu
“politicamente corretto”, una ivg. E se è “uno di noi” tutto quello che lo interessa interessa anche me
come al più piccolo (evangelicamente parlando) dei miei fratelli, gli è per no negato un grido di dolore
(consiglio la visione del documentario “Il grido silenzioso”, l’ecogra a di un aborto, ma ci vuole uno
stomaco forte).
Né tanto meno può essere oggetto di una scelta: molti movimenti pro-aborto dell’area anglofona
preferiscono de nirsi “pro-choice” dove choice sta per scelta e, quindi, si inseriscono tra i “diritti”,
mentre nessuna legislazione parla mai di diritto d’aborto, ma, al massimo, solo della sua
legalizzazione.
Ammesso e non concesso che possa essere oggetto di scelta, ma di quale scelta? Si può scegliere fra
una o più opzioni, ma alle donne che si rivolgono ai consultori non danno tante alternative: se lo vuole Ultime dal SIR
lo tenga a sue spese, se non lo vuole ci pensano “loro”.
Invece dopo la nascita ci sono i paladini della “qualità della vita”: ma chi decide se una vita è degna o
Diocesi: Caserta, un sito per la Fondazione “Casa
meno di essere vissuta? Qualsiasi aggettivo attribuiamo alla vita per renderla degna crea una Fratelli Tutti”
condizione, a cui sottostare, e un giudice che ne esamina la conformità, mentre dovrebbe essere Solidarietà: Acli Roma e parrocchia San
tutelata per il solo fatto di esistere senza “se” e senza “ma”, ma questi sono slogan usati tempo fa per Bonaventura da Bagnoregio, a Torrespaccata un
altre lotte legittime quanto si vuole, ma il diritto alla vita sta alla base e prima di tutti gli altri. centro estivo per bambini ucraini e i gli di famiglie
Esempli cando, al di là degli slogan, la qualità è buona se si ha la salute sica? Se alla nascita manca fragili

qualcosa (un dito, una mano, un arto) si butta via tutto? Sordi e ciechi sono pure destinati ad una vita
così miserevole da non meritare di proseguire? E che dire delle diverse abilità mentali? I nostri amici
con la sindrome di Down, uscendo dalla mielosa de nizione di “dolcissimi”, vivono abbastanza per
studiare, lavorare, viaggiare in una parola vivere, ma alcuni Paesi già adesso usano le diagnosi
prenatali come screening di massa: l’Islanda si avvia al diventare la prima nazione “down free” con
percentuali vicine al 100%.

La cartina al tornasole che rivela i rischi di questa corsa alla perfezione è quando gli stessi problemi
intervengono non alla nascita, ma durante la vita. Sono sotto gli occhi di tutti per migliorare la vita gli
sforzi della tecnologia per dotare gli uomini di nuova mani, nuovi arti, nuovi sensi (ma Ungaretti era
cieco, Beethoven sordo quando scrisse la nona sinfonia e uno dei massimi astro sici contemporanei
Stephen Hawking era a etto da una malattia del motoneurone per cui alla ne riusciva ad esprimersi
solo con un sintetizzatore vocale).
Tutto questo è buono, per no bello, ma disposto su un piano inclinato che si chiama eutanasia.
All’inizio c’erano pochi casi pietosi usati come come punti d’appoggio dai radical-nichilisti per fare leva
sull’opinione pubblica, quindi i soliti Stati sedicenti evoluti e civili hanno legiferato all’insegna
dell’autodeterminazione, della libera scelta dell’individuo. “Libera scelta”? Tra cosa? Quanto la può
in uenzare prospettare una grama esistenza come zavorra della società? Le leggi parlano degli ultimi
stadi di malattie invalidanti, poi si allungano gli ultimi stadi alla semplice diagnosi, si includono malattie
non letali no ad arrivare a sentenze di morte (così sono) per depressione o anoressia. Scivolando,
scivolando si travolgono anche quelli che non possono decidere, minori o psicolabili, a dandoli a
scelte collegiali sempre meno condivise: se non facesse piangere farebbe ridere leggere che l’Alta
Corte di Londra stabilisca che il “miglior interesse” di Charlie Gard (2018- 2019), di 11 mesi, sia
sospendere i trattamenti. A questo punto si è insinuato un dubbio ferale per i gestori della salute
pubblica: ma vale la pena di spendere tante soldi per tante malattie croniche quando basta una
siringhetta di pochi euro (o dollari poco cambia) per sgravare la società (parenti compresi, talvolta) da
simili iatture? Forse la migliore (e più economica) cura della malattia è sopprimere il paziente ed a
questo punto…
Per questo l’impegno culturale, congiunto all’aiuto di chi è in di coltà ora, è importante: “gridare sui
tetti”, nelle scuole, nella società la verità, scardinare gli inganni edulcorati dell’”antilingua” che
trasforma parole terribili come aborto, eutanasia, utero in a tto, manipolazione genetica in ivg,
legalità, dignità, diritti, scelte, dono, progresso.
È l’unico lavoro che ci fermerà dal precipitare lungo il piano inclinato dell’individualismo, del nichilismo,
cui accennavo prima, e ritrovare e riscoprire i sensi di una vera umanità.

Leggi l’articolo in versione integrale

Enrico Giordano
Volontario C.A.V.

Tags: vita, Centro aiuto alla vita, aborto, eutanasia

Autore

Redazione "Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è
stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed
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