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Lo spazio

della comunicazione
SPUNTI PER LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE
Roberta Leone, Pontificia Università Gregoriana
15 febbraio 2022
«Date loro voi stessi da mangiare»
L’esercizio del potere è sempre una forma di pressione. Che succede se
questa pressione il potere la agisce su di sé, se si autolimita?
Succede che crea spazio, e questo spazio diventa abitabile e viene
umanizzato in una dimensione di rispetto, in cui la dignità di tutti trova
cittadinanza.
Dare agli altri se stessi da mangiare vuol dire, anche nella
comunicazione, cambiare le regole a partire da quelle che ci
avvantaggiano: e dopo?
C’è l’attesa, direbbe Simone Weil. L’abbandono e la fiducia.
«Date loro voi stessi da mangiare»
In questa scelta personale si radicano:
- nuove e diverse prassi comunicative.
- un nuovo e diverso rapporto con i professionisti dell’informazione,
fatto di rispetto e di ascolto reciproco.
- parole nuove spezzate come pane.

Noi possiamo fare la differenza nella comunicazione: “imparate da me,


che sono mite e umile di cuore”.
«Imparate da me»
“Ma perché Gesù è capace di dire queste cose? Perché Lui si è fatto
tutto a tutti, vicino a tutti, ai più poveri! Era un pastore tra la gente, tra i
poveri: lavorava tutto il giorno con loro. Gesù non era un principe. E’
brutto per la Chiesa quando i pastori diventano principi, lontani dalla
gente, lontani dai più poveri: quello non è lo spirito di Gesù. Questi
pastori Gesù rimproverava, e di loro Gesù diceva alla gente: “fate quello
che loro dicono, ma non quello che fanno”.

Così Papa Francesco nell’udienza del 14 settembre 2016 (cfr Mt 11,28-


30). 30). Questo è un monito straordinario per comunicare al servizio
delle persone.
La natura politica della comunicazione

Prendere coscienza di cosa creiamo quando comunichiamo

Interpretare la realtà in cui comunichiamo

Decidere come far incarnare ciò che chiede di essere comunicato

Scopriremo che la natura politica della comunicazione eccede la definizione di


«comunicazione politica» ed è in questo campo, enormemente più vasto, che costruiamo
il nostro vivere.
Dall’io al tu: Buber e il «fra»

Un atto comunicativo è la possibilità attuale di:

Uscire da sé

Creare uno spazio di condivisione

Abitare, civilizzare, fare relazione


La forma attuale della speranza

Scegliere come comunicare è trovare una forma generativa in cui una


relazione possa darsi.

Come relazione, chiede tutto l’uomo: creatività, responsabilità, genio,


richiesta di senso, capacità di futuro.

Non si tratta di tecnica, non è maniera.


Comunicare autenticamente è creare.
Lo spazio
che ogni atto comunicativo
crea
è uno spazio politico,
un luogo relazionale.
La forma attuale della speranza

Un atto comunicativo non si dà senza essere un atto di:

fiducia (che l’espressione sia compresa)

definizione di un orizzonte di senso (in cui il messaggio sia significativo


per la comunità)

speranza (che la creazione sia generativa nello spazio in cui si incarna)


fiducia
senso
speranza
sono il segreto di ogni strategia di comunicazione
significativa, efficace, generativa
Brundibar, lo spazio della libertà

Il campo di internamento di Theresienstadt è un unicum nella strategia


di concentramento del Nazismo.
Nel campo artisti, poeti, intellettuali, musicisti, per lo più ebrei cechi,
continuano a suonare, danno centinaia di concerti.
In occasione dell’arrivo degli osservatori della Croce Rossa, i bambini
del campo eseguono l'opera musicale Brundibar (scritta dal deportato
Hans Krása).
Brundibar, lo spazio della libertà

“Brundibár e tutto ciò che di culturale abbiamo fatto aveva una grandissima
importanza per noi. Questo materiale ci ha un po’ aiutati ad entrare in un
altro mondo, a dimenticare per un po’ la brutta realtà, dimenticare che
avevamo fame […]
A Terezìn noi non abbiamo assaggiato del latte per anni, né uova, né torte,
né caramelle. Ed improvvisamente c’era uno che vendeva gelati e cioccolata,
come se ci fossero veramente.[…]
Più di tutto Brundibár ha dato questa forza creativa per cui nessuno aveva
più fame, attraverso questo poteva dimenticarlo”.
Mostrare al mondo. La TV eco di un grido
muto

Gerusalemme, 1961
La tv racconta le 120 sedute del processo ad Adolf Heichmann,
catturato l’anno prima in Argentina. Hannah Arendt lo racconta dalle
colonne del New Yorker, vi nascerà la tesi della “banalità del male”.
Contemporaneamente la TV trasmette la missione spaziale di Yuri
Gagarin e l’invasione della Baia dei Porci a Cuba.
Hausner, la requisitoria

“Se io di fronte a voi, giudici d’Israele, mi levo in quest’aula ad accusare


Adolf Eichmann, non mi levo solo. Assieme a me si levano in questo
momento sei milioni di accusatori. Ma, ahimè, essi non possono
puntare il dito contro la gabbia di vetro e gridare J’accuse contro
l’uomo lì seduto.
Il loro sangue grida al cielo, ma la loro voce non può essere udita.
Pertanto spetta a me portare la loro voce e pronunziare in loro nome la
terribile requisitoria”.
Frost-Nixon interviews: fare verità

California, San Clemente, 1977


Registrate nella residenza di Nixon “La Casa Pacifica”, a tre anni dalle
dimissioni da presidente. Le registrazioni vanno da marzo a settembre, in 5
parti dallo scandalo Watergate, la politica estera, la guerra, l’uomo Nixon.
Due ore ogni lunedì, mercoledì e venerdì, per un totale di 28 ore e 45 minuti
di interviste.
Il duello viene seguito da circa 45 milioni di spettatori. Nixon vuole riabilitare
la sua fama, ma crolla e ammette il tradimento del popolo degli Stati Uniti.
Le interviste rappresentano per il popolo americano il processo che Nixon
non ha mai subito.
Perché comunicare un profilo pubblico?

Due gli obiettivi:


1 - assolvere alle funzioni istituzionali: credibilità
2 - soddisfare il pubblico: accessibilità

Per un’istituzione questi due obiettivi restano sempre validi.


Come comunicare un profilo pubblico?

Definire preliminarmente il pubblico reale e potenziale interno ed esterno

La definizione del pubblico deve essere rimodulata ad ogni campagna di


comunicazione.

Mai riapplicare modelli ad una nuova campagna perché riuscita felicemente:


il pubblico cambia ogni giorno, lo spazio che creiamo è per il pubblico.
La credibilità, cuore delle istituzioni
Cosa si chiede primariamente ad un profilo pubblico istituzionale?
Di essere fededegno: questo è il patto con il pubblico.

Ciò significa, per fare alcuni esempi:


garantire sull’identità dei responsabili
garantire sulle norme che regolano l’ente/istituzione
riportare sempre dati aggiornati
riportare solo dati ufficiali
L’accessibilità: soddisfare il pubblico
La soddisfazione del pubblico dipende in gran parte dalla sua
definizione.
Il pubblico che cerca il profilo pubblico che curiamo è solo quello che
immaginiamo? C’è un pubblico che ignoriamo o trascuriamo? Quale
accessibilità linguistica ha la nostra comunicazione?
Comunichiamo uno status giuridico chiaro e trasparente? I nostri
contatti pubblici corrispondono alla realtà della nostra accessibilità?
La pubblicazione dei piani di attività, e non solo di iniziative saltuarie, ci
rende più credibili. Aggiornamenti regolari stabilizzano i rapporti con gli
utenti.
Il punto di partenza: l’analisi del contesto
Sapere dove vogliamo andare ma anche dove siamo.

Spesso dietro alla disattenzione al “dove siamo” si nasconde la


disattenzione al “con chi siamo”.

Ma non si parte mai soli: il fine è sempre la persona.


La meta

• rappresentare, qualificare, informare. Consolidare l’identità dell’istituzione nel suo


contesto, in quello intraistituzionale e nel panorama in cui è già nota e attiva,
qualificando la comunicazione istituzionale, interna e verso i media (mission,
obiettivi, scelte editoriali, media), ovvero ampliare la reputation attuale;
• incontrare, raggiungere, educare. Comunicare e tematizzare nel dibattito pubblico i
valori ispirativi, sperimentare linguaggi e strumenti in grado di coinvolgere più
generazioni e condizioni personali.
• connettere, promuovere, generare. Creare confronto multidisciplinare nel mondo
istituzionale (es. educativo, accademico, imprenditoriale) a più livelli territoriali (es.
comunitario, regionale, nazionale e internazionale). Intercettare nuovi
stakeholders, avviare processi di studio, generare partnership e alleanze
intergenerazionali.
Il metodo
• È trasversale, procede con una strategia di comunicazione integrata,
investendo in varia misura, contemporaneamente, su tutte le aree di
intervento.
• Cura le specificità di ciascuna area, ma ottiene la condivisione di
contenuti, la circolarità e il riutilizzo delle informazioni, grazie alla
stretta collaborazione tra i referenti delle diverse aree d’intervento.
• Favorisce la cooperazione per ambiti, lo scambio di informazioni e
l’incontro di competenze dei più diretti collaboratori. Prevede per ogni
azione di area di attività almeno due referenti d’area che collaborano.
Fluidifica il rapporto tra comunicazione interna e pubblico esterno.
Leggere i segnali: la verifica del percorso
Solipsismi o comunità? Chi è rimasto escluso dai nostri piani?

Quanto abbiamo ampliato il numero di persone che si sentono rappresentate


nelle parole e coinvolte nei processi?

Cosa è germogliato dalle nostre parole?


Quanto abbiamo cambiato il sistema della comunicazione?

Siamo riusciti con la nostra vita a rendere il sistema comunicativo più


evangelico?
Grazie
A voi la parola.

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