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RTBicocca Note turismo n.

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Vittorio Ferri e Riccardo Matteucci Universit Milano Bicocca Federalismo demaniale marittimo, canoni di concessione e costi di ripascimento dei litorali In questo lavoro si introduce la questione del federalismo demaniale e si analizzano le conseguenze che possono derivare dalla rideterminazione del valore dei canoni di concessione del demanio marittimo, in termini di semplificazione amministrativa e delle attivit connesse al turismo marino. Viene posta in particolar modo lattenzione sulle opportunit offerte dal federalismo demaniale marittimo per finanziare parte della spesa di ripascimento delle spiagge interessate da fenomeni di erosione, al fine di garantire non solo lattivit turistica, ma anche laumento degli stabilimenti balneari e la possibilit di realizzare nuove infrastrutture portuali e ulteriori posti barca con un basso impatto ambientale. 1. Il decreto legislativo sul federalismo demaniale Lo schema di decreto legislativo sul federalismo demaniale stato presentato per la prima volta al Consiglio dei Ministri il 17 dicembre 2009, in attuazione dellart. 19 della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, ed stato approvato definitivamente dallo stesso CdM il 28 maggio 2010, con il d.lgs. n.85 che disciplina lattribuzione diretta dallo Stato agli enti locali territoriali di parte del patrimonio immobiliare statale, e quindi anche dei beni demaniali marittimi. Lobiettivo perseguito quello della valorizzazione dei beni, spesso sottoutilizzati, a beneficio delle collettivit locali. Secondo lo schema iniziale del decreto1, infatti, i beni vanno assegnati a quelle realt che meglio sono in grado, per libera scelta, per capacit finanziaria, per adeguatezza o per livello di competenze, di trarne valore, con lobbligo di garantirne la massima valorizzazione funzionale.

Schema preliminare del decreto, 24 dicembre 2009 1

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Il trasferimento dei beni avverr a titolo non oneroso per i Comuni, le Province, le Citt metropolitane e le Regioni, previa lindividuazione dei beni stessi mediante appositi decreti attuativi del Presidente del C.d.M.. Tuttavia, a partire da un anno dalla data del trasferimento, gli enti territoriali subiranno una riduzione delle risorse derivanti a qualsiasi titolo dallamministrazione statale, in misura pari alla diminuzione delle entrate erariali collegate ai beni trasferiti. La procedura di attribuzione dei beni agli enti territoriali varia a seconda della tipologia del bene oggetto di trasferimento: lattribuzione diretta, stabilita con uno o pi DPCM, permette di trasferire, entro 180 giorni dalla data2 di entrata in vigore del d.lgs. n.85/2010: - alle Regioni i beni del demanio idrico e del demanio marittimo, che insistono sul territorio di pi province unitamente alle pertinenze, esclusi i fiumi e i laghi di ambito sovra-regionale per i quali richiesta unintesa fra le Regioni interessate; - alle Province i beni appartenenti al demanio idrico, limitatamente ai laghi chiusi che insistono sul territorio di una sola Provincia, nonch le miniere, esclusi i giacimenti petroliferi e i siti per lo stoccaggio di gas naturale. 2. La gestione dei canoni di concessione dei beni demaniali marittimi La procedura sul federalismo demaniale ha registrato ampi consensi da parte degli attori privati, che considera il trasferimento dei beni demaniali come un efficace strumento per la creazione di nuove opportunit di riconversione ad usi turistici di quei beni che potrebbero contribuire a generare valore anche nel comparto della nautica da diporto. Tuttavia diverse associazioni di categoria ritengono che la migliore normativa, per quanto riguarda le procedure di rilascio delle concessioni, resti quella del DPR n.509/1997, e che alla base di tali procedure vi sia la necessit di un confronto pi

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costruttivo tra Stato e Regioni, in modo tale da garantire un impulso pi forte agli investimenti privati nel settore. Ad ogni modo, lapplicazione della nuova normativa alle concessioni demaniali ha sollevato seri dubbi di legittimit, in quanto si ritenuto che essa vada ad alterare sensibilmente il rapporto contrattuale tra amministrazione e concessionario, e che incida sullaffidamento di questultimo: infatti, gi con la Legge Finanziaria del 20073 si era previsto un incremento rilevante dei canoni di concessione per i porti turistici, i cui importi richiesti superavano fino a quasi dieci volte quelli precedenti. Tra le novit di rilievo previste dalla Finanziaria 2007, vi furono la valutazione del canone commisurata al valore di mercato da applicarsi a concessioni comprensive strutture insistenti su beni demaniali marittimi, destinate ad attivit commerciali e alla produzione di beni e servizi; gli stessi criteri di quantificazione dei canoni furono estesi alle strutture dedicate alla nautica da diporto, con la distinzione fra opere amovibili e inamovibili; furono infine stabiliti i criteri per il calcolo degli indennizzi derivanti da occupazioni ed utilizzazioni irregolari del demanio marittimo. Nel corso del 2007, pertanto, lAgenzia del Demanio ha fatto emergere diversi fattori di criticit, tali per cui le previsioni di entrata non hanno coinciso con le somme riscosse: - la situazione concessoria del demanio marittimo non stata tenuta sotto controllo da molti enti locali. Solo il 49% dei Comuni costieri, infatti, si uniformato alle disposizioni della Finanziaria 2007; - Regioni come Emilia-Romagna e Puglia hanno dichiarato di non voler procedere alla piena attuazione della nuova normativa in vigore; - molti concessionari si sono rifiutati di pagare quanto richiesto dallente gestore, impugnando i relativi atti in sede legale, con effetti negativi sul livello delle somme riscosse a bilancio. Le associazioni di categoria dei concessionari, infatti, si sono fortemente opposte al generale incremento dei canoni, specialmente nel settore della balneazione, e il comportamento omissivo di Comuni e Regioni sottolinea come il sistema delle
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Legge 27 dicembre 2006, n.296 3

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concessioni demaniali marittime, basato sulla separazione tra la titolarit della gestione dei beni demaniali e la titolarit dei proventi derivanti dalla stessa attivit di gestione, abbia prodotto una sorta di federalismo monco accompagnato da una serie di difficolt ed inconvenienti. Prima che entrasse in vigore il decreto sul federalismo demaniale, nel 2010 il panorama normativo delle concessioni stato rivisto in seguito allemanazione di due provvedimenti: - il d.lgs. 26 marzo 2010 n.59, che ha recepito la direttiva n.123/2006 del Parlamento Europeo, detta anche direttiva Bolkestein: essa ha come obiettivo generale la riorganizzazione del mercato interno in base ai principi del libero stabilimento, della libera circolazione dei servizi e della reciproca fiducia tra Stati. In particolare, la norma determina labolizione del c.d. diritto di insistenza 4 sui beni demaniali gestiti dal concessionario, il quale, pertanto, dopo la prima scadenza, rischierebbe di perdere la concessione, che sar oggetto di una nuova gara; - la conversione del cosiddetto Decreto Milleproroghe n.194/2009 nella legge 26 febbraio 2010 n.25: con esso, tutte le concessioni demaniali marittime, aventi finalit turistico-ricreative e in vigore alla data di emanazione del decreto, sono state prorogate ex lege fino al 31/12/2015. Inoltre, se sussistono i presupposti, la durata delle concessioni pu essere estesa fino a ventanni5. Questa nuova situazione ha scatenato sin da subito le proteste e le preoccupazioni dei concessionari, i quali, nonostante la proroga fino al 2015, hanno dichiarato di non voler rinunciare alla propria attivit, portata avanti da generazioni attraverso grossi investimenti di capitali.

Art. 37 Cod. Nav.: in sede di rinnovo delle concessioni demaniali marittime, viene data la preferenza alle precedenti concessioni gi rilasciate.
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Anche in base alla correttezza e al valore degli investimenti effettuati. 4

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Coloro che hanno mostrato maggiore sconcerto sono stati gli imprenditori della balneazione, i quali si sono opposti duramente alle scelte del Governo, anche grazie al supporto delle Regioni, dei sindacati6 e delle associazioni di categoria7. Daltra parte, soprattutto per quanto riguarda gli stabilimenti balneari, lintroduzione dei bandi di gara e quindi dellobbligo, per il gestore, di mettere allasta la concessione una volta scaduto il termine di durata, garantirebbe la piena attuazione dei principi comunitari di libera concorrenza e trasparenza sul mercato, e quindi la diffusione di nuove imprese lungo il litorale. Uno degli principali effetti negativi seguiti alla liberalizzazione delle concessioni stata la frenata degli investimenti da parte degli imprenditori balneari, causata dallenorme incertezza che al momento domina lintero comparto. Ad alimentare questo stato di caos si aggiunge unaltra situazione difficilmente controllabile, cio quella dei canoni di concessione dovuti dai gestori degli stabilimenti. In Italia, da anni ormai esiste una enorme disparit tra quanto entra nelle casse erariali e quanto invece guadagnano i gestori. Lo stesso divario si verifica anche tra una Regione e laltra, se si considera la spesa sostenuta da ogni gestore per la propria concessione, malgrado lesistenza di importi fissi al metro quadro stabiliti dal Governo. Tale divario si pu notare nei seguenti grafici, che mostrano quanto lo Stato ha riscosso dai canoni demaniali e dagli indennizzi dovuti da ogni Regione nellanno 2009, in relazione sia al numero di concessioni, sia ai chilometri di costa balneabile. Un aspetto da non sottovalutare il fatto che nella rilevazione non stata inserita la Sicilia, poich ad essa compete la titolarit dei beni demaniali marittimi sotto tutti gli aspetti8:

Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, che raccolgono oltre l85% degli operatori del settore. 7 Assobalneari. 8 In base al DPR 1 luglio 1977 n.684. 5

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Da questa comparazione emerge che le Regioni dellalto Adriatico, cio Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, sono quelle che garantiscono la maggiore quota di incassi percepiti dallo Stato, mentre molte Regioni del centro-sud pagano, in media, quote di canone nettamente inferiori. Lindagine dimostra che, quando ci si riferisce alla proporzione tra importi e concessioni, quasi la met delle riscossioni proviene dallItalia settentrionale, mentre quando si considera la proporzione tra importi e lunghezza della costa, il nord Ita6

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lia contribuisce alle entrate erariali per oltre il 60%; sempre in base a questultimo rapporto, si nota come il centro-sud, nonostante possieda pi dell80% delle spiagge balneabili italiane, corrisponda allo Stato meno del 40% delle riscossioni complessive. Le ragioni che spiegano queste differenze di rendimento possono ritrovarsi, per le Regioni in cui il dato molto positivo, in una maggiore presenza di stabilimenti e di porti turistici sul territorio, ma anche nella tipologia di costa, che favorisce o penalizza il turismo balneare. Per le Regioni che invece riportano un dato piuttosto basso, le motivazioni possono andare da una scarsa capacit delle amministrazioni locali nel gestire il patrimonio demaniale alla presenza di alti tassi di insolvenza e di evasione fiscale. Il problema dellevasione, in particolare, negli ultimi anni ha caratterizzato fortemente il settore della balneazione. LAgenzia del Demanio stima che la quota di evasione fiscale degli stabilimenti balneari si aggiri attorno al 50%; nel 2009, su 573 verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza, ben 551 hanno presentato irregolarit. Questi dati risultano alquanto preoccupanti, e fanno pensare ad una situazione fuori controllo a vantaggio di pochi privati, e spesso a scapito della qualit di un bene accessibile a tutti qual il mare o la spiaggia. Per risolvere tutte queste criticit, la maggior parte delle Regioni, cos come i sindacati e le associazioni di categoria dei gestori, vedono come unica strada percorribile il completo trasferimento alle Regioni della materia delle concessioni, soluzione realizzabile grazie neonato federalismo demaniale. Resta da vedere se le diverse Regioni adotteranno politiche efficienti, destinate a ritoccare al rialzo le stesse concessioni, oppure se certe Regioni pi sensibili agli interessi del settore si limiteranno a mantenere le attuali norme disposte a livello centrale: il rischio pi grande, infatti, quello di trovarsi di fronte ad un altro sistema frammentato, che di sicuro non gioverebbe allindustria turistica italiana.

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3. I canoni di concessione del demanio marittimo come strumento per la copertura dei finanziamenti destinati al ripascimento dei litorli Grazie alla piena titolarit dei canoni concessori, le Regioni avranno a disposizione diverse soluzioni per decidere come reinvestire le entrate riscosse: una scelta ideale e ragionevole pu essere quella di utilizzarle per far fronte al problema dellerosione costiera. Un aumento del valore dei canoni, consentirebbe alle Regioni di finanziare piani di difesa della costa e di ripascimento delle spiagge. Si ricorda, infatti, che in base al comma 2 dellart. 1 del nuovo decreto, gli enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale. A tale proposito, recentemente si espressa anche la Corte Costituzionale, che attraverso la sentenza 22 ottobre 2010 n. 302, ha dichiarato che gli aumenti di canone per i beni demaniali marittimi sono legittimi qualora vi siano specifiche destinazioni commerciali, cio quando la concessione insiste sulle aree che producono redditi particolarmente elevati. Negli ultimi anni la crescente urbanizzazione dei litorali, accompagnata dalla proliferazione di stabilimenti balneari9, ha contribuito, assieme ad altre cause di origine antropica, alla regressione delle spiagge, e quindi allinnesco di fenomeni erosivi lungo tutta la penisola. Questi fenomeni possono incidere significativamente sulla biodiversit, sul patrimonio paesaggistico e ambientale, e quindi sul flusso dei turisti che ogni anno si reca presso gli stessi stabilimenti. Circa il 42% delle spiagge italiane sottoposto a consistenti fenomeni di erosione: di seguito si riportano i dati, disaggregati per Regione, relativi alle modifiche subite dai litorali italiani negli ultimi 50 anni, sia in termini di erosione della costa naturale lineare, sia in termini di arretramento della costa superficiale in km2:

Secondo uno studio di Doxa e Mercury, nel 2001 gli stabilimenti balneari in Italia erano circa 5300, mentre oggi se ne contano circa 12000

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I dati, aggiornati al 2009, indicano le Marche, la Basilicata, il Molise e la Calabria come le Regioni il cui tratto di costa naturale lineare maggiormente soggetto ad erosione, per una quota che va dal 30 al 40% sul totale. Nel secondo grafico, invece, si nota che la Sicilia e la Calabria, rispetto alle altre Regioni, hanno subito negli ultimi 50 anni una notevole perdita del proprio tratto costiero: questo potrebbe indicare che fino ad oggi tali Regioni non sono state in grado di adoperare in maniera sufficiente adeguati interventi finalizzati a salvaguardare il litorale e a contrastare il fenomeno erosivo. Il ripascimento, costituisce una tipologia di intervento eco-compatibile in grado di ridare vivibilit al litorale, di determinare il recupero ambientale degli arenili e di rilanciare le economie locali: esso consentirebbe un incremento della fruizione turistica e degli insediamenti commerciali legati allestensione delle coste balneabili.
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Grazie ai ripascimenti, inoltre, si prefigura la possibilit di introdurre maggiori servizi a favore della nautica da diporto, i quali si traducono in un aumento del numero di posti barca, sempre in unottica di sviluppo sostenibile. Accade spesso che le Regioni pi virtuose assegnino gran parte delle loro risorse finanziare proprio alla difesa del patrimonio idrogeologico e alla salvaguardia delle aree costiere, ma non sempre gli obiettivi proposti negli strumenti di piano vengono raggiunti nei termini prestabiliti: ci dato dal fatto che spesso le entrate rilevate a bilancio hanno una bassa velocit di remunerazione degli investimenti e degli stanziamenti effettuati, i quali, invece, a seconda del grado di urgenza degli interventi, devono essere operati entro termini pi o meno immediati. Il federalismo demaniale marittimo, in questo caso, rappresenta una grande opportunit a favore delle Regioni: queste, infatti, possono decidere di aumentare i canoni di concessione del demanio marittimo e reinvestire la relativa quota nei programmi di ripascimento degli arenili, la cui realizzazione porterebbe ulteriori benefici diretti e indiretti alla collettivit, legati soprattutto allincremento del reddito da turismo, che si traduce in un aumento delle superfici per attrezzature balneari e strutture nautiche, in un presumibile aumento della vendita e dellaffitto di abitazioni e cos via. Allo scopo di verificare la differenza tra quanto le Regioni spendono effettivamente per garantire la salvaguardia della propria costa, e quanto invece incassano dai proventi dei canoni di concessione del demanio, di seguito presentiamo lanalisi della situazione di alcune Regioni per quanto riguarda limplementazione di piani e programmi destinati al ripascimento delle spiagge.

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Le Regioni indicate nella figura 3.3 negli ultimi anni sono riuscite ad avviare dei programmi importanti, caratterizzati a volte da investimenti molto elevati: non sempre, per, limporto totale dellinvestimento riesce ad essere recuperato attraverso finanziamenti autonomi delle Regioni, pertanto necessario ricorrere ad altre fonti di finanziamento, come ad esempio fondi trasferiti dallo Stato, dagli enti locali e da privati. Tuttavia oggi, grazie al federalismo demaniale, le Regioni hanno la facolt di scegliere, come strumento di copertura del proprio fabbisogno finanziario annuale, le
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entrate derivanti dal pagamento dei canoni di concessione del demanio marittimo. Al momento, il grado di copertura finanziaria annuale delle concessioni per gli interventi di ripascimento pu essere valutato, in relazione alle Regioni analizzate, nel grafico 3.4.

Il grafico indica che tra gli strumenti di intervento analizzati, quello della Regione Lazio implica il fabbisogno finanziario annuale pi elevato, pari a quasi 50 milioni di euro, seguito poi dai 37 milioni della Toscana, dai 26 delle Marche, dai 17 del Veneto, dai 10 dellEmilia-Romagna fino ad arrivare ai 2,5 milioni della Liguria. Spostando lattenzione sui canoni demaniali marittimi riscossi nel 2009 in ogni Regione, si nota che proprio il Lazio presenta il divario maggiore tra la spesa sostenuta e gli stessi canoni, che ammontano a circa 8 milioni di euro, mentre ad esempio in Veneto reinvestire i canoni di concessione negli interventi di ripascimento della spiaggia permetterebbe di coprire pi della met dellimporto finanziato. E addirittura, in Emilia-Romagna e tanto pi in Liguria, attraverso le entrate riscosse si riuscirebbe a recuperare lintero finanziamento annuale. Come gi stato detto in precedenza, la tecnica del ripascimento morbido, rispetto agli interventi che prevedono opere di difesa in superficie, ad esempio le scogliere, caratterizzata da una minore incidenza in termini di qualit ambientale, anche se comporta costi molto pi elevati e altre difficolt di vario genere, legate
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soprattutto allindividuazione dei siti sottomarini da cui estrarre i sedimenti, i quali devono avere le stesse caratteristiche chimico-fisiche dei della spiaggia in cui verranno sversati. Nonostante gli sforzi intrapresi dalle Regioni osservate nellanalisi, bisogna purtroppo constatare che lItalia, nel contesto degli interventi di ripascimento, si trova piuttosto indietro rispetto ad altre realt internazionali pi consolidate. Se da un lato, infatti, esistono Paesi che fanno uso di questa tecnica in maniera fin troppo disinvolta10, in Italia mancano adeguate stime in grado di quantificare in modo effettivo lentit e la priorit delle emergenze per poter intervenire, e inoltre assente una normativa specifica di settore. Detto ci, riteniamo che sia necessario ed urgente intervenire a tutti i livelli, scientifici e istituzionali, al centro ed in periferia, al fine di valorizzare il nostro sistema costiero soprattutto per quanto riguarda quelle Regioni che, pur essendo particolarmente colpite dal fenomeno erosivo, sono ancora alla ricerca di una soluzione ottimale che garantisca un perfetto equilibrio tra la protezione del litorale e la crescita della fruizione turistica delle spiagge, anche in correlazione sinergica con altri turismi del mare, nei quali rientra senzaltro la nautica da diporto. Oggi lopportunit pi grande che si presenta alle Regioni affinch esse possano perseguire questi obiettivi rappresentata dal federalismo demaniale marittimo: resta da vedere, tuttavia, in che modo le stesse Regioni interpreteranno il nuovo decreto, e soprattutto se esso costituir un incentivo per poter adottare nuovi strumenti di pianificazione costiera. 4. Conclusioni La liberalizzazione delle concessioni demaniali ha avuto come principale conseguenza un generale blocco degli investimenti da parte degli operatori balneari e portuali, i quali si trovano ora in una situazione di stallo, non sapendo se riceve-

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Un esempio proviene dai faraonici interventi di Dubai, che negli ultimi anni hanno portato alla costruzione di numerose isole artificiali. 13

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ranno incentivi o garanzie da parte di Comuni, Province o Regioni per consentire loro di proseguire lattivit continuando ad investire. I concessionari, attualmente, possono sperare in una soluzione proveniente dal nuovo federalismo demaniale, almeno per quanto riguarda il prolungamento del periodo di concessione. Il valore dei canoni di concessione, infatti, al momento risulta troppo basso, e la riscossione avviene molto spesso in maniera inefficiente. Pertanto le Regioni, attraverso il trasferimento della propriet del demanio marittimo, avrebbero come unica possibilit quella di aumentare limporto dei canoni, che dovrebbe compiersi, come afferma larticolo 1 del d.lgs. n.85/2010, ai fini della massima valorizzazione del bene per la collettivit. Se lincremento del numero di posti barca rappresenta lobiettivo primario, allora, per raggiungere tale traguardo , indispensabile che: ogni Regione metta in atto adeguati strumenti di pianificazione in materia di difesa della costa, al fine di garantire un corretto equilibrio tra sviluppo e tutela dellambiente: la lotta al fenomeno dellerosione costiera costituisce, pertanto, la base di partenza per poter sostenere la crescita delle imprese portuali e di tutto lindotto turistico generato. I piani della costa devono quindi indicare, tra le loro azioni prioritarie, il recupero delle aree portuali dismesse e la loro riconversione in porticcioli turistici, ma soprattutto interventi di riqualificazione dei litorali attraverso tecniche di ripascimento morbido, che non impattino in maniera pesante sullambiente, e che garantiscano agli operatori portuali e balneari la possibilit di tornare competitivi in tempi brevi nei confronti degli altri Stati mediterranei; si eviti il rischio di produrre un altro sistema frammentato per la determinazione dei canoni di concessione da parte delle diverse Regioni; il trasferimento dei beni demaniali, inoltre, rischia di spingere un eccessivo numero di Comuni costieri a presentare progetti per la realizzazione di porti o porticcioli turistici, creando seri problemi in tema di sostenibilit della costa, con particolare riferimento alla dimensione delle strutture. A questo proposito, risultano fondamentali: in primo luogo le proposte della Conferenza delle Regioni affinch si traccino delle linee guida in materia di pianificazione costiera, di urbanistica e di tutela dellambiente; In secondo luogo gli esiti delle Conferenze Stato14

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Regioni affinch si individuino criteri uniformi per la determinazione dei canoni di concessione demaniale. In terzo luogo che si manifesti un cambiamento di tipo culturale, sia da parte degli operatori che da parte degli amministratori, affinch i porti non vadano pi considerati soltanto come centri generatori di una ricchezza isolata, in quanto oggi la loro valorizzazione deve basarsi su una gestione corretta che miri a garantire e mantenere il benessere della collettivit e del territorio circostante. A tal fine, piuttosto che dar spazio a progetti di megaporti che rischiano di danneggiare sia la costa che limmagine delle localit turistiche, preferibile realizzare una pluralit di porticcioli lungo specifici ambiti costieri in modo tale da favorire la nascita e lo sviluppo di una vera e propria rete tra i diversi Comuni portuali. Per concludere, lelenco delle criticit e delle soluzioni proposto evidenzia le grandi opportunit e i numerosi benefici che potrebbero derivare da politiche integrate di programmazione e gestione delle aree costiere, delle infrastrutture per la nautica da diporto, del turismo nautico, ed in definitiva degli effetti che questultimo in grado di proiettare sul territorio. Purtroppo negli ultimi anni sono state trascurate le grandi potenzialit di sviluppo economico che derivano dalla bellezza delle nostre coste e dalla navigazione nei nostri mari. Si auspica, quindi, che il federalismo demaniale marittimo non si traduca in un ulteriore frammentazione normativa, ma bens in una maggiore responsabilizzazione delle Regioni nella gestione congiunta delle proprie risorse territoriali, finanziarie e turistiche.

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