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APOCALISSE
DI GIOVANNI
Secondo Volume
CITTADELLA EDITRICE
ISBN 978-88-308-1597-1
Due volumi
euro 58,50 non separabili
Nell’accostare quest’opera po-
derosa, coloro che hanno avuto
la fortuna di essere stati formati
da padre Vanni riconosceranno
immediatamente lo stile gustoso
e avvincente del loro maestro e
avranno la possibilità di contare
su uno strumento che raccoglie in
modo unitario e sistematico il suo
insegnamento. Per gli altri lettori,
Ugo Vanni noto e stimatissimo bibli- invece, ci sarà la gioia di poter
sta, nonché maestro dello Spirito, ha cogliere tutta la bellezza e la pro-
dedicato tutta la sua vita allo studio e
fondità del libro dell’Apocalisse,
all’insegnamento della Scrittura pres-
scoprendo il riflesso più autentico
so la Pontificia Università Gregoriana
del disegno salvifico di Dio, così
e il Pontificio Istituto Biblico. È stato
come viene contemplato, celebra-
uno dei massimi esperti dell’Apoca-
to e vissuto nella Chiesa.
lisse e dal 2000 è stato membro per
diversi anni della Pontificia Com- (Dalla Prefazione di Luca Pedroli)
missione Biblica. In suo onore, per
Cittadella Editrice, nel 2005 è stata
pubblicata la raccolta di studi Apo-
kalypsis. Percorsi nell’Apocalisse di
Giovanni, con l’apporto di numerosi
docenti di varie università di tutto il
mondo. Sempre con Cittadella Edi-
trice ha pubblicato Il tesoro di Gio-
vanni, 20162 e Dal Quarto Vangelo
all’Apocalisse, 2011.
UGOVANNI
APOCALISSE
DI GIOVANNI
Secondo Volume
Introduzione generale
Commento
CITTADELLA EDITRICE
cura redazionale
ANTONIO LOVA
ISBN 978-88-308-1597-1
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun vo·
lume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile
1941 n. 633, owero dall'accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA,
CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il18 dicembre 2000.
Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno awenire solo a seguito di specifica
autorizzazione rilasciata dall'editore.
INTRODUZIONE GENERALE
l. Il testo
2. Il genere letterario
1
I P 18 P24 P'3 p4 7 P85 P94 contengono frammenti. Sul P 115 vedi J. CHAPA, "Il Papiro 115 :
qualcosa in più del numero della bestia", Apokalypsis, 311-333.
2
Si vedano K,A, C, 051,0163,0169,0207,0229.
3
È notevole il fatto che, dei 286 codici minuscoli, 126 contengano solo l'Apocalisse.
4
Dopo gli studi di J. SCHMID, Studien zur Geschichte des griechischen Apokalypse-
textes I-III (Miinchen 1955-56).
5
Vedi quanto precisato in J. J. CoLLINS, "Introduction: Towards the Morphology of a
Geme", Semeia 14 (1979) 1-20.
Introduzione generale
9
Introduzione generale
4. La lingua e lo stile
IO
Introduzione generale
sia per la ricchezza del suo vocabolario, sia per gli espedienti stilistici
che usa.
Le anomalie grammaticali costituiscono un problema a parte: non
imputabili a ignoranza o negligenza - accanto alle forme irregolari si
trovano normalmente anche quelle corrette -, esse indicano piuttosto
che l'autore, sentendosi stretto nel sistema linguistico in cui opera, non
esita a forzarlo, per comunicare un contenuto che talvolta raggiunge il
limite dell'inesprimibile (è il caso ad esempio del nome di Dio in 1,4
e di Cristo-agnello in 5,6).
L'uso di immagini particolarmente forti, e che superano intenzional-
mente tutti i confini del verosimile (vedi i viventi pieni di occhi, in 4,8
e la presentazione delle due bestie, nel cap. 13), non è una svagataggi-
ne dell'Autore, ma- come è proprio del suo stile- ha lo scopo di sot-
tolineare in maniera provocante aspetti del trascendente che superano
qualunque calcolo e qualunque verosimiglianza puramente umana; una
sfilza di impossibilità che però non sono più tali a livello ultraterreno,
ma anzi indicano qualcosa che in senso positivo va oltre qualsiasi lo-
gica umana. Questi assurdi non si fermano alla loro impossibilità, ma
spingono e quasi costringono il lettore a fare un salto di comprensione
che, solo, gli permette di intercettare il messaggio trascendente. Caso
per caso, oltre a questo fenomeno sconvolgente, appare anche il filo
conduttore che permette addirittura di comprendere o sentire ciò che a
prima vista appare assurdo. Viene in mente quanto diceva Tertulliano:
Credo quia absurdum. Come accade per le anomalie grammaticali, di
cui sopra, l'Autore sceglie consapevolmente l 'impossibile umano per
farci lambire il possibile divino.
Lo stile riconosciuto normalmente come particolare (Boisl.llard lo defi-
nisce "inimitabile") si può individuare, oltre che nelle sue particolarità
sintattiche (Tumer), in alcuni aspetti caratteristici.
L'Autore ha un suo ritmo che, anche se non obbedisce a regole di
carattere metrico (Lohmeyer) o sticometrico (Rousseau), riesce a
coinvolgere immediatamente il lettore nel suo giro. Ha una notevole
capacità evocativa: riesce a fornire delle tracce, che poi il lettore svi-
luppa per conto suo. È tipico, a questo proposito, il suo modo di rap-
portarsi alle Scritture: non si ha mai una citazione esplicita, ma intere
espressioni antico-testamentarie sono spesso inserite nel discorso (se
ne contano oltre 800), facendone rivivere il contesto in una nuova e
ulteriore prospettiva.
Lo stile dell'Autore ha anche una sua raffinatezza: lo si vede dali 'uso
insistente, ma mai meccanico, degli schemi (per esempio i settenari e i
raggruppamenti di quattro o tre elementi), da eleganti giochi di parole,
Il
Introduzione generale
5. L'autore
6
Cfr. G. BrGuzzr, "Giovanni di Patmos e la cultura ellenistica", Apokalypsis, 93-126.
7
Secondo G. Maier, Papia «considerò l'Apocalisse come un'opera di Giovanni,
Apostolo e figlio di Zebedeo, che ne Il' Asia Minore veniva chiamato "il Presbitero">>.
A tal proposito, cfr. G. MA.IER, Die Offenbarung und die Kirche (Tiibingen 1981).
8
Dionigi in EusEBIO, Historia Ecclesiastica, 7, 25.
9
Si rimanda in tal senso allo studio di U. VANNI, Dal Quarto Vangelo all'Apocalisse.
Una comunità cresce nella fede (Assisi 20 Il).
10
In quasi tutte le opere di questo movimento l'autore reale si esprime in prima perso-
na, ma mettendo il discorso sulle labbra di un personaggio celebre del passato, remoto
12
Introduzione generale
6. Data di composizione
o recente, per farlo rivivere letterariamente e parlare nel tempo corrente. Un esempio
caratteristico è l'attribuzione da parte di Clemente Alessandrino dell'Apocalisse di
Pietro, scritta verso ill25, a Pietro stesso (cfr. EusEBIO, Historia, 6, 14, l).
11
Cfr. U.VANNI, "L'autore dell'Apocalisse un eminente ebreo che incontra Gesù?",
Vìvens homo 27 (2016) 23-37.
12
È la tesi sostenuta anche nel recente studio di K. BERGER, Die Apokalypse des
Johannes. Kommentar. I-II (Freiburg- Basel- Wien 20 17): I, 78-85.
13
Introduzione generale
per opera dei babilonesi 13 • C'è inoltre- unico caso nel NT- la testi-
monianza di Ireneo, il quale pone le visioni dell'Apocalisse "verso la
fine del regno di Domiziano" 14 , collocando il testo negli anni 95-96,
visto che l'imperatore fu ucciso il16 settembre del96.
Poiché Ireneo (135/140-200) parla degli avvenimenti riportati nell'A-
pocalisse, la loro redazione dovette essere successiva, arrivando forse,
secondo quanto sembra insinuare Vittorino 15 , al tempo dell'imperatore
Traiano (98-117 d.C.).
7. L'interpretazione dell'Apocalisse
14
Introduzione generale
8. Il simbolismo
15
Introduzione generale
17
Illustriamo quanto detto con un esempio tratto da Ap 5,6. Il messaggio di fondo
riguarda Cristo e la sua azione. Su questa base abbiamo un primo livello (agnello in
piedi/apv(ov E:atT]Kòç): Cristo è presentato come Agnello e si allude alla sua resurre-
zione. Un secondo livello (come sgozzatolr~r:, Éa<!Jayj.lÉvov): esprime la morte di Cristo.
Un terzo livello (avente sette cornafExwv KÉpata Ènta): indica la totalità della forza
messianica. Un quarto livello (avente sette occhifExwv Ò<jl9aÀJ.loÙç Ènta): come l 'autore
spiega, esprime i sette spiriti di Dio (la totalità dell'azione dello Spirito) mandati su
tutta la terra. Il messaggio conclusivo sarà la presentazione di Cristo: Cristo morto e
risorto, con la pienezza della sua potenza messianica, che ha e invia Io Spirito. Tutto
questo contesto sarà richiamato dall'autore con il solo termine Agnello, apv(ov, che
ricorrerà neli' Apocalisse altre 28 volte.
18
Analoga sensazione di sconcerto aveva colpito il poeta greco Archiloco il quale,
di fronte all'eclissi totale di sole dell'8 aprile 647 a.C., dichiarava che da Zeus "tutto
può essere aspettato". A tal riguardo, cfr. E. DJEHL, (ed.), Anthologia Lyrica Graeca
III (Lipsiae 1 1952) 74.
16
Introduzione generale
17
Introduzione generale
19
Sulla linea dell'AI da cui deriva, ne richiama la trascendenza assoluta; esprime, per
così dire, la divinità allo stato puro: viene ripreso infatti, nelle due uniche referenze di
éiyLOç a Dio (15,4; 16,5), il triplice santo di ls 6,3 (cfr. Ap 4,8).
18
Introduzione generale
20
La più ricca di tutto il NT a giudizio di Jacques Bénigne Bossuet (Digione, 27
settembre 1627- Parigi, 12 aprile 1704), celebre studioso della Bibbia, vescovo,
scrittore, notissimo predicatore di corte; si rimanda in tal senso al suo trattato
L 'Apoca(vpse avec une explication (Paris 1690).
19
Introduzione generale
20
Introduzione generale
21
Mai i credenti sono chiamati esplicitamente figli di Dio ne li' Apocalisse.
21
Introduzione generale
(22, 16). Il Gesù Figlio di Dio, morto e risorto, che domina il tempo,
è collocato nella concatenazione della storia umana e addirittura nella
genealogia che fa capo a Giuda e passa attraverso David. Come per
i Sinottici, Gesù è "figlio di David" (cfr. Mt 1,29; 9,27; 12,23; Mc
10,47.48; 12,55; Le 18,38.39), ma, come dice l'immagine simbolica
della radice, sta prima di lui (cfr. Mt 22,41-46; Mc 12,35-37).
Tale panoramica acquista rilievo, sia per la comprensione della figura
di Cristo in se stessa, sia per il suo aspetto funzionale all'asse della
struttura del libro.
Il Cristo della prima parte (1,4-3,22) è presentato nella cosiddetta
"visione iniziale" (l ,9-20), che consiste in un'esperienza sconvolgente
del Risorto, fatta da Giovanni nel giorno di domenica; tale esperien-
za, realizzata in un contatto particolare con lo Spirito, è partecipata e
condivisa con tutto il gruppo di ascolto. Cristo risorto vi appare nella
sua trascendenza abbagliante e, nello stesso tempo, in mezzo alla sua
comunità, come suo sacerdote, tutto impegnato per essa (l, 12-16). In
un secondo momento, ma sempre in rapporto diretto e in dialogo con
la chiesa, si presenta come il protagonista del mistero pasquale, parla
direttamente alla chiesa e agisce su di essa, modificandone la situazio-
ne morale (2-3).
Il Cristo della seconda parte (4,1-22,5) è l 'agnello/apv[ov. La presen-
tazione (5,6) ha una particolare densità simbolica e ne fa emergere la
ricchezza della figura: il Cristo-agnello occupa una posizione di cen-
tralità nello sviluppo della storia della salvezza, che consiste nell'es-
sere - nella simultaneità applicativa della liturgia - insieme morto e
risorto, nonché dotato di tutta la potenza messianica e della pienezza
dello Spirito da comunicare agli uomini. Nell'arco della seconda parte,
tale immagine simbolica ricorre altre 28 volte e sempre risulta prota-
gonista di tutte le vicende della storia. Per questo, a livello escatologi-
co, la lucerna della Gerusalemme nuova è proprio l'agnello (21,23).
11. Lo spirito
22
Introduzione generale
22
L'espressione sette spiriti (l ,4; 3, l; 4,5; 5,6) indica lo Spirito nella totalità e molte-
plicità delle sue realizzazioni.
23
Vedi anche 14,13 e, più in generale, la funzione dei viventi, simbolo probabile
dell'azione dello Spirito.
24
Tale struttura, con il vescovo al vertice, si ritrova chiaramente nelle stesse chiese alle
quali si indirizza Ignazio di Antiochia.
23
Introduzione generale
13. L'escatologia
24
Introduzione generale
25
Introduzione generale
25
La storia contemporanea ali' Autore, ci dicono con sfumature diverse Giet (guerra
giudaica), Touilleux (culto di Cibele e culto dell'imperatore), Feuillet (conflitto col
giudaismo, col paganesimo e trionfo susseguente); l'Apocalisse ne esprimerebbe
l'interpretazione religiosa: la comunità che ascolta sarà in grado di comprenderla
e apprezzarla. La storia futura e la storia universale della chiesa, ci dicono invece
Gioacchino da Fiore e Nicolò da Lira.
26
Introduzione generale
Situata nello sviluppo lineare della storia della salvezza, tra il "già" e
il "non ancora" tipicamente giovannei, l'assemblea si raccoglie (1,4-
8), rinnova il contatto col Gesù morto e risorto (l ,9-20), si lascia tra-
sformare dal messaggio e dagli imperativi che egli le indirizza (2-3),
rendendosi così in grado di prestare ascolto alla voce dello Spirito.
In questa nuova situazione interiore, l'assemblea sale idealmente al
cielo, mettendosi dal punto di vista di Cristo per leggere adeguata-
mente la sua storia. Dopo aver risvegliato il suo senso di Dio (4,1-11)
e aver constatato che il progetto della storia ha l'impronta della tra-
scendenza ed è quindi inaccessibile (5, 1-4), si affida a Cristo-agnello
(5,6-14).
E così, applicando alla sua situazione concreta gli schemi di intelligi-
bilità che le sono proposti come messaggio dello Spirito che le parla,
riesce a comprendere le interpellanze operative del momento: dovrà
pregare, soffrire e agire collaborando così alla vittoria di Cristo, in
vista della meta escatologica.
Tutto questo è inquadrato nel giorno del Signore (l, l O) corrispondente
alla domenica, quale viene indicata nella Didaché (10,6). La trafila si
conclude con lo scioglimento dell'assemblea, segnato dalla formula
27
Introduzione generale
28
COMMENTO
PROLOGO: 1,1-3
l. Profilo Letterario
31
Commento
2. Profilo Teologico
32
Prologo: l,l-3
operative: per questo dovrà capire la realtà storica che gli è simultanea.
Il simbolo decifrato e attualizzato, mediante l'impegno intellettuale,
lo aiuterà a comprendere e valutare gli avvenimenti, a cogliere in essi
l'azione trasformatrice divina, a portare il suo contributo di rinnova-
mento, perché i valori e la vitalità di Gesù risorto si incarnino nello
sviluppo della storia fino al compimento.
Ap 1,1-3 Ap 1,1-3
1 1
'AnoKaÀ.Uijnç 'I1Joou Xpw-cou Rivelazione di Gesù Cristo
~v ÉùwKEV aùn~ ò 9Eoç ùEil;o:t roiç che Dio gli diede per mostrare ai
ÙOUÀOLç o:Ù-cou suoi servitori
aÙEL YEVÉo9at ÉV 1'aXEL, KO:Ì. ÉcnlutVEV quelle cose che devono divenire
UlT001'ELÀ.aç ÙLÒ: 1'0U ayyÉÀ.OU aù-cou con rapidità ed espresse in segni
-c~ ùouÀ.~ o:ù-cou 'IwlivvTJ, inviando mediante il suo angelo al
suo servitore Giovanni
2 2
-oç EIJO:p1'Up1]0EV -còv À.oyov 1'0U - il quale testimoniò la parola di
8EOU Dio
KO:Ì. rì]v !J1Xp1'uplo:v 1TJOOU Xpto-cou-, e la testimonianza di Gesù Cristo -
oaa ELÙEV. tutto quello che vide.
3 3
1JO:Kap LOç Òavay LVWoKWV Beato colui che legge
KO:Ì. OL tXKOUOV1'Eç 1'0Ùç À.oyouç -cfìç e coloro che ascoltano le parole di
npolf>TJ1'E [o:ç questa profezia
KaÌ. tT]pOUV1'Eç 1'Ò: Év a:mtì YEYpa!J!JÉVo:, e mantengono quanto è scritto in
Ò yÒ:p KO:LpÒç Éyyuç. essa:
il tempo appropriato, infatti, è a
portata di mano.
- Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per mostrare ai suoi
servitori quelle cose che devono divenire con rapidità ('A 1TOKaÀUij1Lç
'lr)ooù Xpw·wù ~v EÙWKEV octrrQ ò 9EÒç OE"içocL to'iç ùouÀoLç ocùtoù &&1
yEvÉa9ocL Èv -raxEL)
33
Commento
34
Prologo: 1,1-3
da un sogno che ha fatto; dopo aver chiamato i saggi del suo regno, li interroga sul
contenuto del sogno e la sua spiegazione (2,1-9). Nessuno dei convocati sa dare una
risposta e il re decreta la loro condanna a morte (2,10-13). Solo Daniele rivela al re
l'oggetto del sogno e la spiegazione, grazie a una saggezza tutta speciale che è dono
di Dio (cfr. 2,14ss).
3
°Come vedremo nel decorso del libro, l'Autore dell'Apocalisse, pur rivelando origi-
nalità e creatività personali di alto livello, si è fortemente ispirato alle Scritture. Già
i compilatori delle prime edizioni del Novum Testamentum Graece avevano rilevato
circa 814 contatti espliciti ricavati da una gamma di testi anticotestamentari notevol-
mente vasta (NN 8), per non parlare dei richiami più difficilmente identificabili, perché
basati su termini o concetti desunti dalle Scritture, poi rielaborati e amalgamati dal no-
stro Autore nel suo testo, che portano il numero dei riferimenti ad aumentare notevol-
mente. "I libri dell' AT presi dali' Apocalisse sono quelli dei Profeti e dei Salmi, seb-
bene non manchino allusioni al Pentateuco, Giudici, Samuele, Re, Proverbi, Cantico
e Giobbe": cfr. R. T. PÉREZ MARQUEZ, L 'Antico Testamento ne/l 'Apocalisse. Storia
della ricerca, bilancio e prospettive, (Assisi 2010) 127, n. 8. Vedi anche G. BIGUZZI,
'"L'Antico Testamento nell'Apocalisse", RStB 1912 (2007) 191-213, con ricca biblio-
grafia; M. JAUHIAINEN, The Use ofZechariah in Revelation (WUNT 2/199; Tiibingen
2005); B. KOWALSKI, Die Rezeption des Propheten Ezechiel in der Offenbarung
des Johannes (SBB 52; Stuttgart 2004); S. MOYISE, "The Language of the Old
Testament in the Apocalypse", JSNT 76 (1999) 97-113; G. K. BEALE, Johns Use of
the O/d Testament in Revelation (JSNTSup 166; Sheffield 1998); S. MoYisE, The 0/d
Testament in the Book of Revelation (JSNTSup 115; Sheffie1d 1995); J. FEKKES, III,
lsaiah and Prophetic Traditions in the Book ofRevelation. Vìsionary Antecedents and
their Deve/opment (JSNTSup 93; Sheffield 1994); G. K. BEALE, The Use ofDaniel in
Jewish Apocalyptic Literature and in the Reve/ation of St John (Lanham 1984). Sulla
presenza dei salmi davidici neli' Apocalisse, vedi lo studio di O. PISANO, La radice e la
stirpe di David. Salmi davidici ne/libro dell'Apocalisse (PUG; Roma 2002).
35
Commento
36
Prologo: 1,1-3
31
Sia i commentari sia gli articoli specifici hanno esaminato a fondo la questione
de Il' identità del!' Autore dell'Apocalisse, con approfondimenti anche suggestivi, ma
nessuna delle varie soluzioni proposte è riuscita a persuadere. D. Aune, ad esempio,
nel suo commento classico- D. AUNE, Revelation 1-5 (WBC 52A; Dallas 1997)
- lo sceglie come primo tema dell'introduzione e gli dedica ben otto pagine fitte.
Negli ultimi cinquanta anni, si conta un numero sorprendente di contributi. Vedi per
esempio U. VANNI, "L'autore", 23-37; LoPEZ, "Tres veces Juan", 47-73; G. BIGUZZI,
"Giovanni", 93-126; S.S. C. CHow, "A Great Teacher: The Character ofthe Author of
the Book of Revelation", Theology & Life 24 (2001) 41-60; S. MOYISE, "Authorial
intention and the Book of Revelation", A USS 39 (200 l) 35-40; F. MARTIN, "L'auteur
identifié, l'auteur autoris", LumVìe 45 (1996) 7-21; C. GEMPF, "Pseudonymity and the
New Testament", Theme/ios 17 (1992) 8-10. L'attribuzione diretta dell'Apocalisse a
Giovanni Evangelista è, oggi, normalmente negata. G. Biguzzi chiama il nostro Autore
con il nome "Giovanni di Patmos", escludendo l'identificazione con l'Apostolo (vedi,
sempre di G. BIGUZZI, Apocalisse, 33-39 e "Giovanni", 93-124). Di parere diverso
sembra essere C. Doglio, per il quale alcuni indizi come "l'uso del semplice nome
Giovanni", la "singolare autorità nei confronti delle comunità cristiane", l'esclusione
di apportare modifiche allibro (Ap 22,19) porterebbero a identificare l'autore del
libro con l'apostolo. Cfr. C. DoGLIO, Apocalisse. lntroduzione, traduzione, commento
(Cinisello Balsamo 2012) 26-27.
17
Commento
Gesù esprime e rende concreta la parola di Dio nella sua azione mes-
sianica, tendendo al superamento del male (cfr. 19,15) e al potenzia-
mento massimo del bene.
Il versetto ci dice che Giovanni ha accolto (testimoniò) in pieno questa
testimonianza e quindi il messaggio divino. Nell'Apocalisse si insiste
particolarmente sulla figura e sull'attività del profeta32 • Giovanni/Au-
tore si mette nel gruppo dei profeti, si sente e si afferma ripetutamente
come tale. Egli attinge continuamente dalla tradizione profetica, ne
utilizza il linguaggio e le immagini, ma sempre in modo creativo e ori-
ginale, impegnando il lettore/ascoltatore nell'attività interpretativa. Il
messaggio divino viene da lui compreso ed elaborato, ma sarà comu-
nicato per iscritto solo quando Dio lo richiederà (1,11.19; 2,8.12.18;
3,1.7.14; 14,13; 19,9; 21,5). Il risultato dell'attività profetica di Gio-
vanni/Autore è il messaggio profeti co scritto da leggere e ascoltare,
così come sottolinea la beatitudine successiva.
-Beato colui che legge e coloro che ascoltano le parole di questa pro-
fezia e mantengono quanto è scritto in essa (IJ.a:KapLOç Ò ocva:yLVWOKWV
KaÌ. ot ocKOlJOVtEç toùç Àoyouç tiìç npO<jlTJtELa:ç Ka:Ì. tT}poùvtEç tà Èv a:ùttì
YEYPO:IJ.IJ.ÉVa:)
32
Cfr. D. HILL, "Prophecy and Profets in the Revelation of St John", NTS 18 (1972)
401-418; E. FRANCO, "Profeti e profezia nell'Apocalisse", Apokalypsis, 335-369.
Giovanni/Autore e gli altri profeti deli' Apocalisse - senza che ciò comporti l'esi-
stenza di una scuola profetica vera e propria- sono animati in modo particolare dallo
Spirito, chiamato Spirito di profezia (19,10). In questa situazione essi percepiscono un
messaggio che viene da Dio e che riguarda lo svolgimento della storia: il mistero che
esprime il piano divino di salvezza (Ap 10,7).
33
N eli' Apocalisse troviamo un uso esteso del termine beato che vi ricorre sette vol-
te: quattro al singolare (1,3; 16,15; 20,6; 22,7) e tre al plurale (14,13; 19,9; 22,14).
Di seguito riportiamo il testo delle beatitudini secondo lo sviluppo del libro: Beato
colui che legge e coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mantengono
(cTJpoùvm;) quanto è scritto in essa! (l ,3); Beati i morti che muoiono nel Signore, fin
da adesso! (14,13); Ecco: vengo come un ladro, beato chi veglia e custodisce le sue
vesti, così che non debba camminare nudo e vedano la sua vergogna! (16,15); Beati
coloro che sono stati chiamati alla cena delle nozze dell'Agnello! (19,9); Beato
e santo colui che ha parte nella resurrezione, quella prima (20,6); Ecco: vengo
'l !l
Prologo: 1,1-3
presto! Beato chi custodisce (Ò Tllpwv) le parole di profezia di questo libro! (22,7);
Beati coloro che lavano le loro vesti, così da poter mangiare dall'albero della vita
ed entrare attraverso le porte nella città (22, 14). Scorrendo questi testi si impone, e
si fa sempre più chiaro, come il termine beato, !ungi dall'essere un semplice augurio
per il futuro, comporti un altissimo livello già iniziato. Nell'uso dell'Apocalisse,
specialmente quando è Gesù stesso che parla, esso implica per l'uomo, a cui è
costantemente riferito, una situazione di vicinanza e quasi di omogeneità con la tra-
scendenza, già attuale come inizio, ma destinata a svilupparsi verso un suo massimo
in futuro. L'esegesi dovrà esplicitare questa stupenda valenza. Sull'argomento vedi
F. PIAZZOLLA, Le sette beatitudini dell'Apocalisse. Studio esegetico e teologico-
biblico (PUG; Roma 2010).
" La necessità di un atteggiamento costante di ascolto del messaggio divino, veicolato
dallo Spirito, viene ribadita per sette volte nelle lettere alle chiese: Chi ha orecchio
ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese (2,7.11.17.29; 3,6.13.22), e due volte alla
conclusione del libro (cfr. 22,17.18). La disponibilità all'ascolto viene elogiata (cfr.
3,3), esortata (cfr. 3,20; 13,9), è atteggiamento costante in Giovanni (cfr. 22,8[2x]).
'; Così E. Franco, che prosegue: "In quanto tale ha le stesse caratteristiche della testi-
monianza di Gesù, cioè fedele e veritiera. La profezia, rivelando il senso di Dio nei
'lO
Commento
fatti degli uomini, fa verità e giustizia e smaschera violenza e menzogna" (E. FRANCO,
"Profeti", 357).
36
Il verbo mantenereiTI]pEÌv è riferito alla parola in 1,3; 3,8.10; 22,7.9 e ai coman-
damenti, ma sempre con il valore di mantenere un contenuto per metterlo in pratica,
in 12,17 e 14,12. La presenza del termine all'inizio e alla conclusione del libro, in
riferimento alle parole di profezia, configura una grande inclusione, che ha come
oggetto tutta la rivelazione, la quale perciò deve essere mantenuta/custodita. A tal
proposito cfr. M. MARINo, "Custodire il libro dell'Apocalisse", Apokalypsis, 371-389;
Io., Custodire la Parola. Il verbo THPEIN nell'Apocalisse alla luce della tradizione
giovannea, (Bologna 2003) 24-27. Colui che si impegna in tal senso è detto beato.
Probabilmente l'Autore si è ispirato a Dn 4,28, dove si legge che il re Nabucodonosor
custodisce nel cuore le parole del sapiente Daniele (solo LXX: 1:oùç A.òyouç tv 'tft
Kapoiçt cruw:n'tpTJaE); mentre in 7,28 è lo stesso Daniele che custodisce la parola
(TM: n,,t!ll •.::~.'?:::1; LXXffH: 'tÒ pfjJ.la tv 'tft Kapoiçt J.lOU cruvEn'tpTJaa). Il verbo usato
è <ruVTI]ptiv, con lo stesso significato di custodire; nel TM troviamo ,~IZi (Dn 9,4; Pr
8,34), ,tll (Ct 1,6) e ,Xl (Pr 3,21; 4,23; 16,17).
Prologo: l,l-3
37
Vedi A. CASALEGNO, Tempo ed eternità, 40-41. A une parla di "an important techni-
cal eschatological term (indicated by the presence oflhe definite article)", in D. AUNE,
Revelation 1-5, 21.
18
Secondo P. Prigent, "dés l'abord il faut remarquer qu'il s'agit d'une prétention fort
élevée qui met pratiquement sur le meme pian que les oeuvres des prophètes de l' AT
ce livre dont l'obèissante lecture est sanctionnée parla promesse du bonheur"; cfr. P.
PRIGENT, L 'Apocalypse de St. Jean (Genève 2000) 84.
41
PRIMA PARTE
(1,4-3,22)
43
Commento
39
La strutturazione del gruppo delle sette lettere è assai discussa e, nonostante alcuni
tentativi di chiarirla (vedi Lund, Hubert, Vanhoye), rimane ancora problematica.
44
Prima parte (1,4--3,22)
.w Cfr. C. MANuNzA, L 'Apocalisse come "actio liturgica" cristiana (Roma 2012) 74:
·'L'interazione avviata permette di sperimentare la presenza di Gesù nell'assemblea,
aumentandone la conoscenza effettiva, affettiva e cognitiva. Si approfondisce, cele-
brandola, una relazione personale forte e coinvolgente fra Gesù e la comunità riunita
grazie a Giovanni, che continua il servizio-testimonianza a Cristo" .
•, È il noi dell'assemblea, il soggetto che risponde; l'espressione assume quindi un'im-
portanza particolare nella replica del gruppo di ascolto. La rottura della costruzione
grammaticale determinata da e fece dà risalto alla frase seguente: - e ci fece regno,
sacerdoti a Dio e Padre suo-. La frase costituisce uno "stico-parentesi" che, nell'uso
particolare del nostro Autore, svolge la funzione di accentuare e moltiplicare il senso
del contenuto.
45
Commento
2
' Diversi sono stati i tentativi di un'ulteriore precisazione. L'Autore riprenderebbe,
elaborandolo in proprio, un inno liturgico battesimale preesistente (Lauchli); oppure
incorporerebbe in un contesto proprio un franunento dossologico preesistente, che si
riferiva al battesimo (P. von der Osten-Sacken). Avrenuno allora in 1,5e-6b un fram-
mento interessante di liturgia battesimale: A colui che ci ama l e ci ha sciolti dai nostri
peccati col suo sangue l- e ha fatto noi regno, sacerdoti a Dio e Padre suo - l a lui la
gloria e la forza per i secoli dei secoli amen. Anche se fosse stato usato materiale pre-
esistente, l'Autore lo elabora in proprio, come del resto fa anche a proposito dell' AT.
43
Elementi dialogici sono presenti nei Salmi, visti nella loro redazione finale, come
testi usati nella liturgia: vi troviamo dialoghi condensati in forma narrativa, ritornelli,
risposte, scambi oracolari, dialoghi di "ingresso" con una struttura particolarmente
articolata. Lo stesso ordine dei Salmi, secondo una sezione degli scritti di Qumran
46
Prima parte (1,4--3,22)
Lettore 1,4 a Giovanni alle sette chiese, a quelle che sono nell'Asia:
"Grazia a voi e pace
a da parte di colui che è ed era e sta venendo;
b e da parte dei sette Spiriti che sono di fronte al trono
c di lui;
1,5 d e da parte di Gesù Cristo,
e colui che è il testimone quello fedele,
f colui che è il primogenito dei morti
g e colui che è il sovrano dei re della terra".
Assemblea a "A colui che ci sta amando
a e ci sciolse dai nostri peccati nel suo sangue
l ,6 a - e ci fece regno, sacerdoti a Dio e Padre suo -
b a lui la gloria e la forza per i secoli. Amen!"
Lettore l ,7 a "Ecco:
a sta venendo con le nubi.
b e ogni occhio lo vedrà - e sono coloro che lo trafis-
sero!-
c e si batteranno il petto su di lui tutte le tribù della
terra".
(llQPSa), si rifarebbe ad una prassi liturgica con antifone e risposte. C'è- e con ciò
ci ritroviamo nell'area geografica dell'Apocalisse, rimanendo ancora nell'ambito di
considerazioni più generali - un probabile esempio di dialogo liturgico in Didachè
l 0,6. Tale ipotesi risale a Lietzmann, ma è stata ripresa e perfezionata da Langevin.
Di seguito riportiamo il testo:
Liturgista: 'Elllhw xap~ç Venga la grazia
Ka:lTia:pEilÉ'tW oKOO~oç OlJt<J<; e passi il mondo presente
Assemblea: A~fJv· waavva: t(\ì o1Ku,> ~a:u'iò Amen, osanna al figlio di David
Liturgista: E'L nç liyLOç i:anv, i:pxéallw Se qualcuno è santo, venga
E'( ne; oÙK ~an, ~na:voi tw Se qualcuno non Io è, si converta
Assemblea: Ma:pa:v a:lla: · &~~v Vieni Signore: amen
47
Commento
44
Vedi R. MoRGENTHALER, Statistik des Neuestestamentlichen Wortschatzes (Ziirich
- Frankfurt am Main 1958). La formula grazia e pace è frequente in Paolo, che
sembra averla coniata partendo dal saluto ebraico (shalom, Elp~VT)) e da quello greco
(xalpE, xlipLç), oppure, preferibilmente, adattando una formula di saluto orientale
giudaica (cfr. Apoc. Baruch 78,2 e Gal 6, 16). La forma presente fa pensare a una
derivazione dall'ambiente paolina.
48
Prima parte (1,4-3,22)
- da parte di (colui) che è ed era e sta venendo e dai sette spiriti che
(sono) difronte al trono di lui e da parte di Gesù Cristo colui che è il
testimone quello fedele colui che è il primogenito dei morti e colui che
è il sovrano dei re della terra (èmò 6 wv KtÙ ò ~v Ko:Ì. 6 Èpxo~Evoç KO:L
cXTIÒ 'CWV Émà TIVEU~chwv éi Évwmov wu 9p6vou aÙ"Cou KaÌ. cXTIÒ 'IT)oou
XpLO'COU, O~p1uç O1TLOtoç, O1TpWtOtOKOç tWV VEKpwv KO:Ì. Oapxwv tWV
j3txoLÀÉwv tf)ç yf)ç)
' 5 L'espressione Ù1tÒ ò &v Kai ò ~v Kai ò ÈPXÒJ.LEVOç presenta indubbie discordanze
grammaticali, che colpiscono chi ascolta, richiamando bruscamente la sua attenzione;
l'Autore se ne serve per enfatizzare il discorso (spicca tbrò, col nominativo, mentre
subito dopo lo troviamo regolarmente col genitivo; ò ~v: il era, appena pensabile in
greco; la sostituzione di lcaoJ.LEVoç, che ci aspetteremmo, con ÈPXDJ.LEvoç). Mediante
tali durezze, che toccano e oltrepassano il limite dell'esprimibile, la formula usata
tende qui a suggerire l'assoluto della "presenza infinita" divina (ò wv) che entra nel
tempo degli uomini, come mostra la presenza rilevabile nel passato della storia della
salvezza (ò ~v). Questo Dio, che è il Padre con tutto il peso della sua trascendenza,
continua a stare in contatto con l'umanità e lo fa mediante una sua "venuta protratta"
(ò ÈPXÒJ.LEVoç) che, come tale, indica una successione perenne. Presa nel suo insieme,
la formula ci riporta al tema fondamentale dell'Apocalisse: i fatti della storia in rap-
porto con Dio.
49
Commento
46
C'è un problema di traduzione per quanto concerne EPXOiJ.EVoç. La forma grammati-
cale richiede, di per sé, un presente continuativo tipico del participio: potremmo dire
sta venendo. È possibile tradurre anche al futuro- come fa ad esempio la Vulgata con
qui venturus est- dato che il presente di EPXOf.l.IXL può avere anche questa valenza. Si
può, però, obiettare che il nostro Autore mostra di distinguere le due forme, usando
specificamente il futuro di EPXOiJ.IlL: ElÉUOOiJ.IlL, verrò (v. 3,20). Data la rilevanza di
EPXE<J9aL nell'Apocalisse (cfr. 1,4.7.8; 2,5.16; 3,11; 4,8; 16,15; 22,7.12.20)- come
pure nel N vangelo e nelle lettere di Gv -, l'uso di ÉpXOiJ.EVoç è una scelta precisa
de li' Autore. "It is clear that he uses ÉpXOiJ.EVoç instead ofEcroiJ.EVoç, with a definite
reference to the contents ofthe Book and especially to the coming ofChrist", più che
a una generica "Christian addition or a Christian adaptation" (CHARLES, A Criticai l,
l O); vedi anche J. McNAMARA, The New Testament and the Palestinian Targum to the
Pentateuch (Roma 1966) 112.
47
Anche le tradizioni targumiche, sebbene redazionalmente molto posteriori, ci testi-
moniano una parafrasi ternaria del nome di Dio. La sua articolazione tripartita è do-
cumentata ad esempio nel Targum Palestinese a Es 3,14 (citato anche da McNAMARA,
The New Testament, 111, che dedica un ampio studio alla nostra espressione nelle
pp. 97 -112; vedi anche CHARLES, A Criticai l, IO) e nel Targum Pseudo-Gionata a
Deuteronomio 32,39. Nei modelli targumici il terzo elemento è reso con Écré!J.~voç.
48
L'espressione è particolarmente anomala: ci aspetteremmo ò yEyovwç oppure ò
YEVOiJ.EVoç (come osserva CHARLES, A Criticai l, IO). L'uso dell'imperfetto ~v e so-
prattutto l'introduzione dell'articolo ò costituiscono delle asperità grammaticali forse
intenzionali (" .. .ist vielleicht beabsichtigte grammatische Hiirte": W. BoussET, Die
50
Prima parte (1,4--3,22)
tramite Gesù Cristo, l'Autore allude alla sua morte, mai descritta ma
sempre presupposta (vedi ad es. 5,6-14).
Si ha perciò, concludendo, un contatto tra Dio e la storia de li 'uomo
che si realizza adesso tramite la presenza-venuta di Gesù Cristo, la
quale dipende dalla sua passione e morte e si concluderà con il com-
pimento finale.
L'essere di Dio di cui si parla è, quindi, un "esserci", un essere attiva-
mente presente.
Riassumendo: enfatizzando con le durezze grammaticali che toccano
e oltrepassano il limite dell'esprimibile, la formula vuole suggerire
l'assoluto trascendente di Dio nella presenza infinita (ò wv) della sua
eternità che entra nel tempo degli uomini, come mostra il suo esserci
rilevabile nel passato della storia della salvezza (ò ~v). Questo Dio,
che è il Padre, con tutto il peso della sua trascendenza, continua a stare
in contatto con l'umanità e lo fa mediante una sua venuta protratta (ò
Èpxo~Evoc;) che, come tale, indica una progressività. Presa nel suo in-
sieme la formula ci riporta al tema proprio dcii' Apocalisse: gli eventi
storici in rapporto con Dio.
2) Sette spiritiiEm:à. nvEu~twv. L'espressione è tipica dell'Apocalisse,
nelle varie forme grammaticali in cui ricorre (cfr. l ,4; 3, l; 4,5; 5,6);
originale nella sua formulazione letteraria, risulta enigmatica anche al
soggetto interpretante al quale è proposta49 • Che significa?
I sette spiriti sono stati interpretati come angeli in qualche modo pri-
vilegiati, quelli che stanno davanti a Dio per servire 50 • Suggeriscono
questa interpretazione: l'espressione stessa che, nella sua formulazione
stilistica, indica un servizio; vari paralleli 5 1; e la difficoltà di riferirla
allo Spirito Santo (è l'interpretazione alternativa), usato normalmen-
te al singolare (cfr. 2,7.11.17.29; 3,6.13.22; 14,13; 19,10; 22,17).
51
Commento
52
Così Cassiodoro ritiene, basandosi proprio su Tobia 12, che i sette spiriti siano i sette
arcangeli "qui ante thronum Domini leguntur assistere" (in CASSIODORO, Apocalypsis
Sancti Johannis, 2-1,4). Nei primi commenti greci- Ecumenio (VI sec.), Andrea di
Cesarea (VII sec.), Areta di Cesarea (IX sec.)- si dà una soluzione originale: il nome
tripartito di Dio (l ,4) si riferisce alla Trinità. Conseguentemente gli Èm lÌ 1TVEU~1na
sono a un livello inferiore: sette angeli o, al più, "operazioni dello Spirito" (vedi
ANDREA DI CESAREA, Commentarius in Apocalypsim, l, l, 1-4; X, IV, 5; XII, V, 6).
Tra i moderni, si muovono decisamente su questa linea Bousset, Lohmeyer, Joiion,
Feuillet. Soprattutto J. MICHL, Die Engelvorstellungen in der Apokalypse des hl.
Johannes (Miinchen 1937) ha approfondito in modo particolare l'argomento, riassunto
e valutato in B. MoRJCONI, Lo spirito e le Chiese (Studia Theologica. Teresianum 3;
Roma 1983) 23-28. Sul testo di Th 12,15 (angeli del/a faccia) e sull'atteggiamento
di servizio, tuttavia, si può osservare che neli' Apocalisse ci sono angeli che stanno
davanti a Dio, ma sono sempre detti &yyd.oL (cfr. 8,2).
53
R.H. Charles non esita a dire che si avrebbe "a grotesque Trinity" (in CHARLES,
A Critica/ l, 6). L'impressione di una "Trinità grottesca" scompare se si considera
la valenza simbolica di tale espressione, volta a esercitare un richiamo evocativo e
di stimolo sul gruppo di ascolto. Sullo Spirito nell'Apocalisse, vedi F. CONTRERAS
MOLINA, El Espiritu en e/libro del Apocalipsis (Salamanca 1987); R. L. JESKE, "Spiri t
and Community in the Johannine Apocalypse", NTS 31 ( 1985) 452-466; F. SARACINO,
"Quello che lo Spirito dice (Apoc. 2,7)", RivBib 29 (1981) 3-31; R. J. BAUCKHAM,
"The Role ofthe Spiri t in the Apocalypse", EvQ 52 (1980) 66-83.
54
Vittorino di Petovio (fine III secolo)- nel commento più antico che abbiamo all'A-
pocalisse - afferma: " ... unius scilicet dona spiritus sancti" (VITTORINO DI PETOVIO,
Commentarii in Apocalypsis loannis, I, 4). Ticonio (intorno al 380 d.C.) si muove
sulla stessa linea. Sarà soprattutto Agostino che darà a questa interpretazione una
diffusione incontrastata in Occidente: sette è il simbolo della totalità delle operazioni
dello Spirito Santo (cfr. AGOSTINO, De Civitate Dei, XVII, 4, 119); commentando il
Salmo 150, Agostino afferma che, sia in Isaia Il ,2-3 sia nell'Apocalisse, i sette spiriti
si riferiscono allo Spirito Santo (AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos, CL, 1).
52
Prima parte (1,4-3,22)
'' E ciò è tanto più vero se si tiene presente che nel TM -che il nostro Autore predilige
rispetto alla versione dei LXX -l'esemplificazione dell'azione dello spirito comporta
6 elementi e non 7.
TM LXX
Su di lui si poserà lo spirito del Signore l!VEÙIJ.« tOÙ !ff:où
spirito di sapienza e di intelligenza l!VEÙIJ.« oolj>[aç KaÌ. ouvÉoEwç
spirito di consiglio e di fortezza nvEùl!a j3ouÀfJç KaÌ. loxuoç
spirito di conoscenza e di timore del Signore. l!VEÙI!a VWOEWç KaÌ. EOOEIJELaç.
Si compiacerà del timore del Signore 'E!!TTÀ~OEL autòv TTVEÙ~ lj>opou !ff:où
Aderiscono a questa interpretazione, oltre agli autori citati, Ireneo, Primasio, Anselmo,
Tommaso, Allo, Boismard, Lohse, Bonsirven, Schweitzer, Rissi. Cfr. C. BRDTSCH, La
Clarté de /'Apocalypse (Genève 1966) 27. Particolarmente esauriente, specialmente
in un confronto con Michl, è B. MoRJCONI, Lo spirito, 29-35.
53
Commento
56
Mandato- si sottolinea questo aspetto anche con una brusca anomalia grammatica-
le: àTiootaÀ!lÉVOL (maschile, collegato con 1TVEU~ta, neutro) - a tutta la terra, a tutta
l'umanità, lo Spirito raggiunge il massimo di esplicitazione: è sempre l'unico Spirito
di Dio e di Cristo. Inviato agli uomini, donato a loro, tende a raggiungerli tutti (tutta
la terra).
54
Prima parte (1,4-3,22)
una testimonianza di Gesù fatta propria dai credenti (cfr. 1,2.9; 6,9;
12, 11.17; 19, l Obis; 20,4). Apparirà come Gesù Cristo, agendo nella
storia personalmente e tramite quelli che credono in lui: una concre-
tizzazione palpabile della parola, delle promesse di Dio riguardanti
la storia stessa; anzi, quando tale concretizzazione si sarà avverata,
si potrà constatare che corrisponde proprio a lui, Parola di Dio (cfr.
19,13 e il rispettivo contesto). La benevolenza e la pace di Gesù Cri-
sto, proprie di lui, passano attraverso le vicende umane, attuandovi in
pieno la parola di Dio; ma, contenutisticamente, si avrà un'identità:
Gesù Cristo, parola di Dio, attua se stesso, realizzando nella storia i
suoi valori.
L'espressione il primogenito dei morti mostra come Gesù Cristo è
percepito dalla comunità ecclesiale57 : con la sua morte si associa a tutti
gli uomini, divenendo pienamente loro fratello, ma soprattutto risorto
può partecipare la sua resurrezione a tutti. La sua primogenitura indica
che egli è il primo tra i molti fratelli.
Dato il senso per lo più negativo che ha nell'Apocalisse l'espressione
re della terra (cfr. 6,15; 17,2; 18,3.9), la supremazia di Gesù Cristo
consiste nel vincerli e sottometterli. Essi rappresentano centri di pote-
re, organizzati, nei quali si concretizza la negatività del demoniaco 58 •
L'intervento conclusivo di Gesù Cristo, re dei re;f3aoLÀEUç pamÀÉwv
(17, 14; 19,16), li ridurrà all'impotenza; con l'espressione sovrano dei
re della terra viene affermata la sua supremazia dinamica sulle forze
storiche di segno negativo, comunque organizzate.
ti: neutro (1,5; 6,15); positivo in relazione alla Gerusalemme nuova (21,24); negativo
(16,14; 17,2.18; 18,3.9; 19,19).ln quest'ultimo senso, tali realtà si rivelano prive di
qualsiasi scrupolo e presenti in ogni parte del mondo, capaci di detenninare, con ri-
svolti drammaticamente negativi, la vita di molte persone e di interi Paesi; potremmo
esemplificare, menzionando le multinazionali, le cordate politiche, gli affaristi e i
finanzieri internazionali, la criminalità organizzata, e così via.
55
Commento
se TQ étyanwvn ~~ç 5
•A colui che ci sta amando
KIÙ Àuoavn ~~iiç ÈK twv &:~pnwv e ci sciolse dai nostri peccati nel
~~wv Èv tQ a'[~an ainou suo sangue
6
Kat E-rrotllOEV ~~liç paaLÀEtav, 6
- E fece noi regno, sacerdoti a Dio
-A colui che ci sta amando e ci sciolse dai nostri peccati nel suo san-
gue (ni) aycmwvn ~lliiç KCXÌ. Àuoo:vn ~!liiç EX 'CWV Ù~UXpnwv ~llWV Èv tQ
cx'(IUXn o:ÙtOu)
59
Vedi anche S. CANTORE, "Colui che ci ama (Ap l ,5)", PSV l O ( 1984) 205-214.
60
Cfr. U. VANNI, "Il sangue nell'Apocalisse", Sangue e Antropologia Biblica: atti
della Settimana (Roma, 10-15 marzo 1980) (ed. VAJTJONI, F.) (Roma 1981) 865-884.
Non si tratta di un sacrificio espiatorio per placare una divinità insoddisfatta o irata,
ma del dono della vita che vuole mostrare l'infinito amore di Dio per l'umanità e il
vero volto dell'uomo fatto a immagine del suo Creatore.
56
Prima parte (1,4-3,22)
e attivo, da lui stesso che sciolse dai peccati61 • Sarà precisato subito,
quando si parlerà di regno e sacerdoti, quale sia la prospettiva della
sua attività.
I peccati da cui il credente è liberato sono presentati in forma generica;
si riferiscono alla somma delle sue insufficienze, prima del contatto
con la forza liberatrice della vita donata (sangue) di Gesù Cristo.
Per riassumere. Alla base di tutto c'è l'amore continuato di Gesù da
cui l'assemblea si sente avvolta (a colui che ci sta amando). Come
effetto di questo amore, essa riconosce la liberazione, già avvenuta,
dall'ostacolo dei peccati (ci sciolse) e la sua costituzione creativa (ci
fece) in un duplice stato: quello di regno e quello di sacerdoti62 •
-E fece noi regno, sacerdoti a Dio e Padre suo (K«Ì. ÈnotT]OEV ~IJ.iiç
paoLÀELIXV, Ì.EpELç -cQ 9EQ Kfll lTIX'Cpl aÙ-cou)
"' Situato nel passato, tale scioglimento è da identificarsi, con tutta probabilità, con
il battesimo. Ma, per la tipicità dell'espressione, sarebbe riduttiva l'interpretazio-
ne che circoscrivesse questa frase - e tutto il brano - a una liturgia battesimale.
Nell'Apocalisse, il verbo sciogliere ha il valore preciso di rimuovere un legame, un
impedimento che trattiene, come un sigillo (cfr. 5,2; 9,14.15, riferito ai quattro angeli
legati; 20,3.7, riferito a Satana). Sciolto dall'impaccio costituito dai peccati, non più
impedito, il credente è in grado di muoversi e di agire.
62
Per un approfondimento vedi U. VANNI, "La promozione del regno come responsa-
bilità sacerdotale dei Cristiani secondo l'Apocalisse e la Prima Lettera di Pietro", Greg
68 ( 1987) 9-56; lo., "Sacerdozio e regno nell'Apocalisse. Una prospettiva teologico-
biblica", RivLi 69 (1982) 341-344.
63
Le incertezze e le aggiunte rilevate nella tradizione manoscritta confermano l'ano-
malia e quindi la loro importanza, secondo lo stile dell'Apocalisse.
64
Il termine n::>Soo deve essere inteso come stato assoluto o stato costrutto. Può es-
sere interessante uno sguardo alle traduzioni successive: Aquila (130 d.C.) traduce:
j3aaLÀELa LE'p~wv; Teodozione (fine II sec.) e Simmaco (inizio III sec.) hanno la stessa
formulazione dell'Apocalisse: jlaaLÀE'La tE'pE'i.ç. La traduzione dei LXX sembra disco-
57
Commento
starsi notevolmente, almeno a prima lettura, dal testo ebraico: pacrtJ..uov Lepate~,
qualora si dia a 13acr0..nov un valore aggettivale (e quindi la frase sarebbe da tradurre
organismo sacerdotale regale). Ma è documentato anche il valore sostantivale di
l3aatl..nov nel senso di casa regale, regno, diadema del re. In questo caso avremmo
casa regale-organismo sacerdotale, e ciò sarebbe più sulla linea del testo ebraico.
65
Le interpretazioni si riferiscono anche agli altri due brani de li' Apocalisse dove
ricorre Lepei.ç (5,10 e 20,6). Schiissler Fiorenza afferma che tutti i cristiani possiedono
una dignità sacerdotale e regale. Ma questa loro qualifica si trova, al momento presen-
te, come legata, ridotta allo stato di potenzialità: potranno svolgere il loro sacerdozio
e la loro regalità solo a livello escatologico; cfr. E. ScHfrssLER FIORENZA, Priester
for Goti. Studien zum Herrschaft- und Priestennotiv in der Apokalypse (NTAbh 7;
Miinster 1972). A. Feuillet ritiene che la figura del servitore di YHWH del secondo
Isaia, in particolare di Is 53, esprima la radice biblica del sacerdozio del NT: si riferi-
sce a Cristo che offre se stesso in sacrificio; si riferisce agli apostoli, chiamati in modo
speciale ad attualizzare il sacrificio di Cristo e a continuarne la missione, offrendo,
in tale prospettiva, la loro vita. Si riferisce - l'Apocalisse insiste su questo aspetto,
accennando a quello che riguarda Cristo- a tutti i cristiani. Dotati di una prerogativa
sacerdotale e regale, i cristiani la eserciteranno nella stessa linea di Cristo che regna
come sacerdote dalla croce: dovranno, quindi, offrire la loro vita, le loro difficoltà,
58
Prima parte (1,4-3,22)
le loro persecuzioni e tribolazioni per liberare l'uomo dal peccato. Si tratta di una
capacità sacerdotale regale e attuale, e che si realizza in una dimensione puramente
spirituale; vedi U. VANNI- A. FEUII..LET, "Les chrétiens pretres et rois d'après l' Apo-
calypse. Contribution à l'étude de la conception chrétienne du sacerdoce", RThom 75
( 1975) 60-66. A. Vanhoye, esaminando il sacerdozio in tutto l'arco del NT, dedica
un'attenzione particolare anche all'analisi dei nostri tre testi. E questa è in sintesi l'in-
terpretazione teologico-biblica che ne propone: il sacerdozio è una qualifica propria
del cristiano, ma dipende da quello di Cristo. I sobri accenni al suo sacrificio (ha sciol-
to i peccati nel suo sangue, è stato ucciso), contenuti nei tre brani citati, ce lo dicono
esplicitamente. Derivante dal sacerdozio di Cristo, quello dei cristiani riguarda tutti i
fedeli e li raggiunge nel loro presente. La morte redentrice di Cristo produce una nuo-
va vita di relazione con Dio. Ma, per quanto riguarda le modalità concrete di esercizio,
l'Apocalisse dà solo alcune indicazioni, peraltro particolarmente interessanti. Senza
suggerire niente che vada nel senso di una mediazione vera e propria, l'autore si inte-
ressa della vita dei cristiani e del culto di adorazione presente sulla terra. Ma c'è anche
un aspetto ultraterreno: i martiri dopo la morte vivono una nuova attuazione del loro
sacerdozio, in una prima resurrezione. Finalmente il sacerdozio, per il collegamento
costante che mostra col tema teologico del regno, è visto in un contesto di positività
gloriosa, quasi di trionfo. È uno degli effetti più importanti della redenzione; cfr. A.
VANHOYE, Pretres ancien, pretre nouveau selon le Nouveau Testament (Paris 1980)
307-340 [trad. italiana, inglese e spagnola].
59
Commento
60
Prima parte (1,4-3,22)
61
Commento
66
Questa capacità di mediazione sacerdotale in funzione del regno è riferita esplici-
tamente solo ai credenti. L'Autore dell'Apocalisse non ignora né sottovaluta l'azione
redentrice, ma non la presenta mai né la ripensa in categorie cultuali. L'uccisione di
Gesù, la sua vita donata, il suo sangue hanno una forza liberatrice e una portata di
effetto vastissime: creano, "fanno" quella dimensione religiosa che induce l'Autore a
chiamare esplicitamente sacerdoti solo i cristiani. Neppure nei cristiani tale sacerdozio
acquista una dimensione strettamente cultuale. Essi infatti mediano, procurando con
tutta l'attività della loro vita il divenire del regno di Dio e lo fanno a contatto diretto
col profano delle forze ostili. Anche quella parte della loro vita che si esprime in
termini di culto, come la preghiera e l'adorazione, è assorbita dalla loro mediazione
a contatto con lo svolgimento della storia: le loro preghiere mettono in moto il dina-
mismo di quella salvezza che supera il male (cfr. 8,1-5) e favorisce l'impianto del
regno negli altri.
62
Prima parte (1,4--3,22)
- A lui la gloria e la forza per i secoli: amen! (a.ù-r:Q ~ Mça. Krt.L -cò
Kp(hoç Eiç 1:0Ùç rt.iwvrt.ç [-r:wv ct.iWVWV]" a~flv)
o· Notare l'uso del pronome o:irt<jl che, di per sé, potrebbe essere omesso senza che il
testo perda chiarezza e che riporta la proclamazione nella direzione di Gesù Cristo.
'" L'autore ha una speciale attenzione per ciò che riguarda le vicende umane, i pro-
blemi e le tensioni che suscitano; è particolarmente sensibile verso le strutture di
segno negativo che vi si realizzano (rappresentate simbolicamente dalle immagini di
63
Commento
Babilonia, dei re della terra, della prima e seconda bestia) ed enfatizza il significato
dell'azione combattiva e liberante di Gesù Cristo per la storia che è mossa dall'amore.
Alla base di questo movimento di attribuzione (a lui/a.{rcQ) c'è, dunque, il suo amore
continuato per l'uomo.
69
Non si tratta, certo, della gloria come "clara cum laude notitia", la celebrità dalla
quale Cicerone era particolarmente attratto (cfr. CICERONE, Tuscu/anae disputationes
V, 8, 21-23).11 termine 06.;a. traduce l'ebraico ,;::lf che significa peso, valore, ricchezza
e prestigio; usato come predicato di Dio o di qualcosa di suo indica la gloria, la pre-
senza e la manifestazione divina nella storia dell'umanità; cfr. L. ALONSO ScHèiKEL,
Dizionario di ebraico biblico (ed. M. ZAPPELLA) (I Dizionari San Paolo; Cinisello
Balsamo 2013) 377-378. Ricorre più volte nell'Apocalisse con l'espressione caratteri-
stica dare gloria rivolta a Dio o a Gesù Cristo (cfr. 4, Il; t 1,13; 14,7; 16,9; t 9,7); non
si tratta certo di un dare vero e proprio, incompatibile con la trascendenza divina, ma di
un offrire, o meglio restituire, in termini di interiorità. Varie volte, come nel nostro caso,
tale movimento espresso da dare è sottinteso ma presente (cfr. 4,11; 5, 12-13; 7,12).
64
Prima parte (1,4--3,22)
il tempo di Gesù Cristo e di Dio Padre (cfr. 1,18; 4,9.10; 5,13; 7,12;
10,6; 11,15; 14,11; 15,7; 19,3; 20,10; 22,5).
L'amen chiude questa dossologia; il termine ricorre 8 volte nel libro
deli' Apocalisse, con il significato di veramente, certamente (l ,6. 7;
5,14; 7,12 [2x]; 19,4; 22,20)1° e solo in un caso (3,14) assume il valore
di attributo di Gesù risorto, detto appunto l'Amen/o 'A~~v. Deriva dalla
radice ebraica lCK che significa essere stabile, sicuro, degno di fiducia;
ricorre soprattutto come risposta ad affermazioni importanti (cfr. Nm
5,22; Dt 27,15-26[12x]; IRe 1,36; Ne 5,13; Ger 11,5; 28,6) e, spesso
ripetuto due volte di seguito, in forma corale nelle preghiere (cfr. Ne
8,6; Sal41, 14; 72, 19; 89,53). Nella liturgia l'amen conclude: riassume
e indirizza la celebrazione o la preghiera verso Dio, in una tensione
di desiderio; questo accade in generale, e in modo del tutto speciale
nell'Apocalisse (cfr. 1,6.7; 5,14; 7,12[bis]; 19,4; 22,20). È il così sia di
risposta della comunità ecclesiale alla fedeltà dell'amore di Dio.
-Ecco [guarda]: Sta venendo con le nubi ('Iooù EPXEtaL ~Età twv
VE4JEÀWV)
··)Nel NT lo incontriamo 129 volte, spesso pronunciato da Gesù stesso in apertura dei
suoi discorsi: ÙflJÌVAÉyw ... (cfr. Mt 5,18.26; 6,2.5.16; 10,15.23.42; 11,11; 18,3.13.18;
19,23.28; 25,12.40.45; 26,21.34; Mc 3,28; 8,12; 9,1.41; 10,15.29; 14,9.18.25.30; Le
-t24; 12,37; 18,17.29; 21,32; 23,43). Nel Quarto Vangelo ricorre, per 25 volte, la
formula caratteristica Ùfl'JÌV àfl'JÌV 'U:yw ... (cfr. Gv 3,3.5.11; 5,19.24.25; 6,26.32.47.53;
IO, 1.7; 13,20.21.38; 16,20.23; 21, 18). Tale uso è del tutto originale, non ci sono altri
esempi nell'antica letteratura ebraica: Gesù si fa garante di ciò che afferma, asserendo
che le sue parole sono degne di fiducia e corrispondenti alla verità. Le prime comunità,
adottando questo termine nelle assemblee liturgiche, lo hanno lasciato invariato e tra-
smesso come riconoscimento della stabilità e fedeltà della parola di Dio. Sul termine
\'edi H. SCHILLER, "àfll\v", GLNT I, 909-916.
65
Commento
71
Il termine loou riprende l'ebraico ;,m, può essere inteso con valore avverbiale o di
imperativo e viene tradotto con ecco, guarda! (Gesenius traduce: "Sihe da!", s.v.).
Nell'Apocalisse ricorre 26 volte sempre con lo scopo di attirare l'attenzione del letto-
re/ascoltatore (cfr. 1,7.18; 2,10.22; 3,8.9[2x).20; 4,1.2; 5,5; 6,2.5.8; 7,9; 9,12; 11,14;
12,13; 14,1.14; 16,15; 19,11; 21,3.5; 22,7.12). Nel nostro testo traduce l'ebraico ~il:t1
di Daniele: ma mentre in quest'ultimo si tratta di Wla visione in svolgimento, con un
certo filo letterario narrativo, nel nostro brano l'espressione ha appWlto la funzione di
stimolare l'attenzione del gruppo di ascolto. Sull'argomento vedi V. M. ARMENTEROS
CRuz, "Mira por donde: Impacto de los marcadores visuales 'hinneh' (;"tJ;"t) e 'idou'
(loou) en Daniel y Apocalipsis", DL 12 (2013) 21-73.
72
Cfr. A. 0EPKE, "~$ÉÀTJ, vÉ$oç", GLNTVII, 905-928.
73
Per l'analisi della figura del.fig/io dell'uomo si rimanda all'esegesi di 1,13. Cfr.
anche B. ScHWANK, '"Behold he cometh with clouds'. Apoc 1,7'', NTS 5 (1958) 127-
132.
74
La traduzione di EPXHilL al presente continuato invece che al futuro è giustificata,
oltre che dalla forma grammaticale, dalla traduzione della Vulgata (ecce venit) e dal
fatto che lùou usualmente è seguito da Wl verbo al presente. Questa traduzione cor-
risponde esattamente al testo aramaico :1~;:1 :1J}I(t, e al greco LXXITH ÈPXOIJ.EVoç ~v.
Sulla rilevanza e continuità del tema della venuta nell'Apocalisse e nella letteratura
giovannea, vedi J. F. TORIBIO CUADRADO, "Stilizzazione liturgica della venuta di
Cristo nell'Apocalisse", Apokalypsis, 479-500.
66
Prima parte (1,~3,22)
·; Qualora si dia a €pxetln il senso di futuro, allora il verbo olfrnm indicherà la visione
piena di Cristo quale si avrà al momento del compimento finale. Intendendo €pxna~
come futuro escatologico, si dovranno collocare sullo stesso livello olfrnm e Ko\frovta~.
Si avrebbe un'allusione al "giudizio universale" che resta, però, inevitabilmente
nel vago; si vedano le varie interpretazioni proposte di Ko\frovta~: lamento funebre
(KoTTnoç: vedi G. ST.i.HLIN, "KoTTEtoç, KoTTtw, àTToKoTTtw, loyKoTT~, loyKoTTtw, È'KKoTTtw",
GLNT V, 777-858) oppure collegamento con la celebrazione eucaristica (H. Kraft).
Ulteriore perplessità sull'interpretazione escatologica di 1,7 deriva dal confronto con
il brano sul giudizio ultimo (Ap 20, 11-15), dove l'Autore presenta un quadro com-
pletamente diverso.
67
Commento
76
Si ha una corrispondenza stringente con Gv 19,37: "E un'altra (parte della) Scrittura
dice: 'Volgeranno lo sguardo [oi(IOvtaL, strettamente corrispondente a oljlnaL di 1,7]
verso colui che trafissero [E~EKÉVtT)oav, perfettamente corrispondente a É~EKÉvtT)oav di
Ap 1,7]"', che richiama il testo di Zc 12,10. Il IV Vangelo si riferisce ai Giudei (cfr.
Gv 18,28-19,16; vedi specialmente 19,15), che insistono presso Pilato per la condan-
na di Gesù. L'Autore dell'Apocalisse, che si sente profeta del suo popolo, si esprime
con un oracolo e presenta, in prospettiva costruttiva, il cammino religioso che porterà
nella Gerusalemme nuova. Vedi per un approfondimento e una documentazione U.
VANNI, "Da Paolo all'Apocalisse: il cammino religioso dei giudei", Paolo di Tarso.
Archeologia-Storia-Ricezione. II (ed. L. PADOVESE) (Cantalupa, TO 2009) 57-84·
68
Prima parte (1,4-3,22)
l ,8 (Lettore) l ,8 (Lettore)
"Eyw Elf.LL "lo sono
(A) tÒ èiJ~.cf>o: KO:Ì. tÒ •Q (A) l'alfa e l'omega
- ÀÉyEL KUp wç ò 8Eoç - - lo dice il Signore Dio! -
(B) Ò WV Ko:Ì. Ò ~V KO:Ì. Ò ÈpXDf,J.Evoç (B) Colui che è ed era e sta venen-
(C) ò Tio:vtoKpti-rwp. do
(C) colui che domina tutto".
- Si tratta di uno stico parentesi che ha lo scopo di rimarcare il contenuto. Nel nostro
\ersetto, introducendo Dio nel dialogo, evidenzia il fatto che la definizione deriva
direttamente da lui.
., Esistevano altre formule, come quella tradizionale: osservare la Torà da alef a
rau. La dipendenza letteraria di quella del versetto da Is 41,4: lo sono il primo e l'ul-
timo, non è dimostrata né appare molto probabile, dato che nell'Apocalisse ricorre
un'espressione perfettamente corrispondente in 2,8 (ò npwtoç KO:L ò ~oxo:toç). Sul
significato della formula e per tutti questi riferimenti si rimanda allo studio di W. J. P.
BoYD, '"l am the Alpha and Omega' (Rev 1,8; 21,6; 22,13)", Studia Evangelica. Il.
()Q
Commento
viene indicata, mediante i due estremi, non solo tutta la serie omoge-
nea dell'alfabeto, ma anche il movimento in avanti dato proprio dallo
scorrere delle lettere. Questa frase, attribuita a Dio Padre, significa che
egli è presente all'inizio e alla fine degli eventi storici e così pure nella
loro successione; egli ha in mano tutto lo svolgimento delle vicende
umane, la vita di ciascuno e di tutti. Noi siamo un segmento della sto-
ria universale, una lettera dell'alfabeto di Dio; non sappiamo quale, ma
certamente facciamo parte di questa sequenza.
Poiché nel decorso del libro apparirà chiaramente che tutti gli attributi
dinamici di Dio, riguardanti la storia e gli avvenimenti, passano in
Gesù Cristo risorto, la stessa espressione in 22,13 (lo l'alfa e l'omega,
il primo e l 'ultimo, l 'inizio e la conclusione) riferita direttamente a lui
conferma che anche i titoli e le qualità divine gli appartengono.
La seconda frase del parallelismo sinonimico Colui che è ed era e sta
venendo determina la prima. Riprendendo l'espressione di 1,4 ci dice
che la presenza attiva di Dio nella storia si è manifestata nel passato
(che era), è presente adesso (che è) ed è in movimento, per rivelarsi
con continuità nel futuro (che sta venendo). E poiché il venire di Dio
(ÈPXOIJ.EVoç in 1,4; 1,8) è collegato con quello di Gesù Cristo (Épxnat
in l, 7), l'Autore ci suggerisce che la venuta del Padre si realizzerà
mediante quella del Figlio. Dio si immerge negli avvenimenti storici
attraverso Gesù risorto e questi ci condurrà a lui.
Il terzo elemento del parallelismo sinonimico progressivo determina al
massimo il senso di Dio presente nella storia; è una presenza di forza
('rravro-Kpar-wp:forza per tutto). Tutta la storia, anche i fatti più scon-
certanti, e la vita di ogni essere umano dipendono direttamente da Dio
e sono sotto il suo potere. Siamo nelle mani di Dio, colui che domina
tutto e che mette la sua onnipotenza a servizio degli uominF9 •
Dato che in l ,6b la forza per i secoli era stata riconosciuta a Gesù
Cristo, si può rintracciare, anche qui, una spinta nella sua direzione.
Apparirà, nel decorso del libro, che non solo la presenza-venuta di Dio
nella storia si realizzerà tramite Gesù risorto, ma anche l'applicazione
della forza divina si concretizzerà per mezzo di Cristo-agnello.
Papers presented to the Second Intemational Congress on New Testament Studies held
at Christ Church, Oxford, 1961 (ed. F. L. CRoss) (TU 87; Berlin 1964) 526-531; cfr.
anche KrrrEL, "A Q", GLNTI, 5-12.
79
È risaputo come in epoca ellenistica il termine TiavroKpoctwp venisse usato come
titolo imperiale; nell'Apocalisse è riferito a Dio 9 volte (1,8; 4,8; 11,17; 15,3; 16,7.14;
19,6.15; 21,22) e indica l'onnipotenza divina applicata sempre e dovunque nell'ambito
dei fatti umani.
70
Prima parte (1,4-3,22)
71
Commento
1,9 1,9
'Eyw 'IwavVT]c;, Io, Giovanni,
Ò ÙOEÀcjlÒç Ù~WV KaÌ. OUYKOLVWVÒç il vostro fratello e compartecipe
Èv ·dj SÀLijiEL Kat ~aaLÀEL~ Kat nella tribolazione e regno e perse-
ùn~ovfl Èv 'IT)OoG, veranza in Gesù
ÈyEVD~llV Èv tfj V~a~ tfj KaÀOUIJ.ÉVIJ venni a trovarmi nell'isola denomi-
rra-r!J.~ nata Patmos
6tà tòv J..oyov tou 8Eou Kaì. t~v a causa della parola di Dio e della
!J.aptup(av 1T)Oou. testimonianza di Gesù.
7?
Prima parte (1,4-3,22)
1
' Anche se un contatto letterario coi sinottici (M t 24,21) - come la postula Skrinjar-
non appare dimostrabile, rimane vero che, al di là di una dipendenza diretta, la tribo-
lazione è un concetto tipico nella scuola apocalittica: si riferisce a una situazione di
tensione, di difficoltà che poi dà luogo al regno messianico.
2
' Nelle Scritture il numero dieci, con i suoi multipli, indica totalità e stabilità.
73
Commento
84
Il termine può assumere in greco una gamma piuttosto vasta di significati: dominio;
potere regale; diadema; regno nel senso usuale. Cfr. H. G. LIDDELL - R. Scorr- H.
S. JONES, A Greek-English Lexicon (Oxford 1982) 309.
85
In contatto con Gesù risorto e grazie al suo influsso, il credente supera l'impatto
doloroso della tribolazione senza !asciarsene schiacciare; riesce a guardare oltre, con
la fiducia robusta di chi sa condividere il regno. La resistenza nelle situazioni negative
e la speranza, vissute nella condivisione liturgica, acquistano una valenza comunita-
ria. Non è la persuasione banale del "tutto passa", ma la scelta di un atteggiamento
di fondo, costituito dalla volontà di guardare in faccia gli eventi storici, anche i più
sconcertanti, mantenendo realisticamente la speranza e l'affidamento totale a Dio.
74
Prima parte (1,4--3,22)
75
Commento
l,IOa l,IOa
ÈyEVOIJ.T]V ~V 1TVEUIJ.«!L Divenni nello Spirito
Èv tU KUp LaKU ~IJ.~pq:, nel giorno del Signore,
90
Anche la tradizione biblica riferisce episodi simili: vedi il profeta Elia (IRe 19,9),
Gesù che si ritira nel deserto (Mt 4,lss; Mc 1,12-13; Le 4,lss) e l'apostolo Paolo in
Arabia (Gal 1,17). Cfr. H. KRAFr, Die Offenbanmg des Johannes (Ttibingen 1974)
41-42.
76
Prima parte (1,4-3,22)
'' Si è pensato al giorno di YHWH dell' AT (TM: :'1V"1~ Ci'; LXX: ~flÉpa toù Kup(ou op-
pure ~flÉpa Kup(ou; cfr. Is 13,6; Ez 7,10; Gl2,11; Am 5,20): ~ KuptaK~ ~flÉpa sarebbe
il giorno del giudizio finale di Dio; cfr. S. BACCHioccm, From Sabbath to Sunday. A
hi storica/ investigation of the rise of Sunday observance in early Christianity (PUG;
Rome 1977), con lo stesso valore che assume ~ ~flÉpa ~ flEY!iÀT] in 6,17 e 16, 14. Ma
occorre precisare questo: mentre per la loro forma grammaticale caratteristica (seguita
da genitivo e soprattutto con l'aggiunta di flEYUÀTJ), le ultime ricorrenze citate corri-
spondono al significato e al contenuto del giorno di YHWH dell' AT, la costruzione
tipica~ KUpLaKit ~flÉpa isola linguisticamente l'espressione, distinguendola dalla
forma e dal significato delle altre due simili. Dato che nell'ambito del N.T. Kupwç è il
Signore Gesù e che l'unico altro esempio di KuptaK6ç si riferisce proprio a Lui (''cena
del Signore", KUpLaKÒv &invov, in lCor 11,20), il "giorno del Signore" è stato inter-
pretato come il giorno di Cristo per eccellenza: quello della celebrazione della Pasqua,
nel quale l'assemblea festeggia la resurrezione; cfr. C. W. DuGMORE, "Lord's Day
and Easter", Neotestamentica et Patristica. Eine Freundesgabe, Herrn Professar Dr.
Oscar Cullmann zu seinem 60. Geburtstag Oberreicht (ed. W. C. VAN UNN!K) (NT.S
6: Leiden 1962) 272-281. È vero che nel contesto immediato (l, 12-18) molte sono le
allusioni alla resurrezione - la più esplicita in l, 18 divenni un cadavere ed ecco che
sono vivente-, ma sono così generiche che difficilmente si può intendere ~ KUpLaK~
~flÉpa come il giorno liturgico di Pasqua. Sulla base di testimonianze antiche (vedi
nota seguente), altri ritengono che si tratti della domenica; cfr. W. Smrr, "A Note on
the Word 'KYPIAKH' in Rev. 1,10", NTS 12 (1965) 70-75. Tuttavia il nostro testo
sembra collocarsi in una fase di evoluzione linguistica, in cui il valore aggettivale
di KUpLaK~ conserva la sua specificità semantica. Si è anche ipotizzata l'opposizione
polemica del giorno del Signore al "giorno dell'imperatore" ('r'( :Eej3acm't ~flÉpa) e al
··giorno di Cronos" (it Kpovuaì ~flÉpa) che si riferivano al culto imperiale e pagano
(così Deissmann, riportato da D. Aune, il quale presenta una documentata panoramica
riassuntiva delle varie posizioni sull'argomento inAUNE, Revelation 1-5, 83-84).
77
Commento
92
Resa in greco con l'aggettivo KUptaK~ che poi si trasforma nel sostantivo~ KUputK~ e
diviene talmente usuale da far sentire l'esigenza di aggiungere Kup[ou a KUpLctK~. La ter-
minologia ebraica è sostituita; tuttavia il tennine KUptaK~ non è ancora diventato sostan-
tivo e viene usato come aggettivo di giorno. È riportato da S. Ignazio di Antiochia: "Non
più festeggiando il sabato (oppure: vivendo secondo il sabato), ma conducendo una vita
secondo il giorno del Signore" (cfr. IGNAZIO DI ANTiocHIA, Ad Magnesianos, 9, l); dalla
Didachè: "Secondo la domenica del Signore" (K!nà KUpLaKi)v OÉ Kup[ou, in Didachè
14,1); e, successivamente, da GIUSTINO, Apologia, 67,7 e dalla Lettera di Barnaba 15,9.
93
Tutto questo apre una prospettiva che illumina il contenuto e il significato del giorno
del Signore: è il giorno in cui si svolge l'intera esperienza apocalittica, sia della Prima
che della Seconda Parte del libro; è il giorno della purificazione e del discernimento
78
Prima parte (1,4-3,22)
l, l Ob-11 l,IOb-11
KCÙ ~KOOOO: ÒnLOW IJ.OU <j!WV~V E udii dietro di me una voce gran-
IJ.EYaÀTJV wç oaÀmyyoç de, come di tromba
11
Il ÀEYOOOTJç, che diceva:
"O pÀÉnnç ypaljlov I'Lç PtPHov "Ciò che vedi scrivilo in un libro
KO:Ì. nÉIJ.\jJov to:iç i:mò: E'KKÀTJOLo:Lç, e mandalo alle sette chiese:
E lç "E<j!EOOV KO:Ì. dç l:IJ.Upvo:v a Efeso e a Smime
KO:Ì. I'Lç TIÉpyO:IJ.OV e a Pergamo
mì. "tç 8uatnpo: Ko:ì. Elç ~ponç e a Tiatira e a Sardi
l Ko:l ELç <f>LÀo:OÉÀ<jJELO:V e a Filadelfia
l KCÙ fk Ao:OOLKELO:V. e a Laodicea".
- E udii dietro a me una voce potente come suono di tromba che di-
ceva (KaÌ. ~KOUOa 01TLOW 1-!0U <jlwv~v 1-iEYaAT]V wç oaÀmyyoç AEYOOOTJç)
della propria ora che il gruppo ecclesiale realizza, accogliendo l'impulso dello Spirito.
Per ulteriori dettagli e per la rilevanza dell'espressione (Èv •ti KuptaKtì ~~pQ:: 1,10),
a metà strada tra la designazione "il primo giorno dopo il sabato" di matrice ancora
ebraica, (cfr. lCor 16,2 e At 20,7) e l'aggettivo sostantivato KuptaK~, dominica, cfr.
U. VANNI, "Il 'Giorno del Signore' inApoc. 1,10, giorno di purifìcazione e di discer-
nimento", RivBib 26 (1978) 187-199; Io., L'Apocalisse, 87-97. L'espressione giorno
del Signore aveva anche un aspetto esplicitamente penitenziale; in Didachè 4,1 leg-
giamo: "Avendo confessato i vostri peccati". Anche Paolo usa l'espressione giorno
del Signore che diventa tipica per indicare una piena partecipazione al Vangelo; cfr.
E. CESARALE, 'Figli della luce e figli del giorno' (JTs 5,5). Indagine biblico-teologica
del 'giorno' in Paolo (PUG; Roma 2014).
""Vedi G. FRIEDRICH, "lliJ..lllyç, aaJ..TT((w, aaÀ.lllO!~ç", GLNT XI, 1197-1240. Il ri-
ferimento grammaticale forzato alla tromba anziché alla voce - invece del genitivo
i.qoooT)ç, ci aspetteremmo À.Éyouaav concordato con <jlw~v- sottolinea l'abbinamento
dei due elementi; è la voce che, esprimendosi, mantiene il suo collegamento con la
tromba nel senso simbolico indicato. Ricordiamo a tal proposito la teofania sul Sinai
(Es 19,16) e l'annunzio del sabato dal Tempio su Gerusalemme.
79
Commento
- Ciò che vedi scrivi/o in un libro e manda/o alle sette chiese... ("O
~ÀÉnELç yp1itjmv ELç ~L~Hov Ka.Ì. nÉj.ujmv -ra.ì.ç Èn'tà ÈKKÀTJcr(mç ... )
95
L'imperativo aoristo ypliiJiov ricorre dodici volte nell'Apocalisse (1,11.19;
2,1.8.12.18; 3,1.7.14; 14,13; 19,9; 21,5). In questo versetto si combinano due impe-
rativi che seguono la visione: scrivi e invia. "L'imperativo dello scrivere è comune
neii'AT: cfr. Es 17,14; 34,27; Dt31,19; Gs 18,8; Est8,8; Pr3,3; Is 1,8; 30,8; Ger22,30;
30,2; 36,28; Ez 24,2; 37,16; 43,11; Ab 2,2. Scrivere è necessario a ricordare visioni, sa-
pienza, legge, alleanza con Dio o i gesti da compiere quotidiamente" (cfr. A. CoLACRAI,
"Attività dello scrivere. Un confronto tra Paolo e Apocalisse", Apoka/ypsis, 213-214 ).
96
Cfr. U. VANNI, "Il mistero della Parola scritta", Parola di Dio e spiritualità (ed. B.
SECONDIN- T. ZECCA- B. CALATI) (Biblioteca dì scienze religiose 62; Roma 1984)
73-83. Per comprendere pienamente il senso, la forza e lo spirito dell'Apocalisse, dob-
biamo ricordare però che questo non è un libro fatto, ma da fare; il lettore/ascoltatore,
infatti, è chi~ato a collaborare attivamente nell'interpretazione e nell'applicazione
80
Prima parte (1,4-3,22)
l 1,12-13 1,12-13
l Kaì. È1TÉo-rpEijla pÀÉ1TELV -r~v ct>w~v
12 12
E mi voltai per vedere la voce
~nç ÈÀliÀEL ~H' È~ou, che parlava con me,
• Ko:Ì. Èmo-rpÉijlaç ELùov e voltatomi vidi
. à-rà ÀUXVLO:ç xpuoiiç sette lucemieri d'oro
13
KO:Ì. EV ~Éo<y !WV ÀUXVLWV 13
e in mezzo ai lucemieri
o~owv ui.òv àv8pw1rou un figlio di uomo corrispondente
Èv&òu~Évov 1TOÙ~Pll vestito con un abito lungo fino ai
piedi
Ka L 1TE p LE( wo~É vov 1rpò ç -ro i: ç e cinto al petto
~cw-ro'ì.ç (WVTJV xpooiiv. di una fascia d'oro".
Giovanni si volta per prendere contatto con la persona che parla, per
Yederla. Ma la forzatura espressiva vedere la voce colpisce l'attenzione
del lettore/ascoltatore e sollecita a un'attività interpretativa adeguata.
L'insistenza sul dettaglio del voltarsi (mi voltai, voltatomi) sottoli-
nea l'eccezionalità dell'esperienza che l'Autore esprime e propo-
ne rispetto alla quotidianità; il suo vedere non indica una visione
vera e propria, ma suppone una gamma svariata e prolungata di
esperienze - lettura delle Scritture, riflessione personale sul rap-
porto tra la sua fede e i fatti della storia, preghiera, condivisio-
ni carismatiche - che, arrivata a un certo punto di maturazione
del testo alla sua esperienza storica concreta. La lettura prevede dialoghi, silenzi e
interruzioni, imposti anche da forzature grammaticali, che hanno lo scopo di attirare
1· attenzione e di spingere alla riflessione. Come tutta la Scrittura, anche il libro de li' A-
pocalisse è vivo e aperto alla sfida dei tempi.
,. Cfr. C. BRUTSCH, La Clarté, 49.
81
Commento
82
Prima parte (1,4--3,22)
··" Il nostro Autore dimostra una profonda e dettagliata conoscenza della liturgia e
delle suppellettili cultuali del Tempio di Gerusalemme, che già era stato distrutto.
:'-Jeii'Apocalisse, infatti, si trovano diversi riferimenti a oggetti o celebrazioni che
si svolgevano nel Tempio, come ad esempio la veste lunga fino ai piedi di l, 13, che
rimanda alla veste sacerdotale; i profumi di 8,3-5 che richiamano l'incenso bruciato
davanti al Signore e a lui gradito (cfr. Es 30,8.34-36; Lv 2,1-2.15-16; Nm 16,7); le
fiale di 15,7ss, che ricordano i vasi liturgici per le aspersioni rituali (cfr. Es 27,3; Nm
-U4; Ger 52,18; Zc 14,20).
:oJ 11 contatto letterale con Dn 7,13 è già stato rilevato per il versetto di 1,7, al quale
rimandiamo per completare il quadro esegetico. Secondo A. Feuillet, Daniele si ri-
83
Commento
,:J:l N·~~
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•mrcl1 ·,,N,
.J'"T-: ' -:-
N~'?-'? '1Tn~
T: l'' .J": ·:
Kaì. lcSoù Èrrì. •wv
:
'n•1;, mn; LXX:
•· -: <"'T
- vestito con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto di una fascia
d'oro (ÈVÙEÒUIJ.ÉVOV TTOÒ~pfl KO:Ì. TTEpLE(WOIJ.ÉVOV rrpÒç 'tOLç IJ.O:O'to'iç (WVflV
xpuaiiv)
allaccia alla tradizione biblica precedente e soprattutto al profeta Ezechiele che usa
il sintagmafig/io dell'uomo (clt;q:l) 93 volte. "Il personaggio misterioso del Figlio
dell'uomo di Daniele è una specie di manifestazione del Dio invisibile ... ; appartiene
alla sfera del divino ed è come un'incarnazione della gloria divina, come l'immagine
umana contemplata da Ezechiele"; cfr. A. FEVILLET, "Les Fils de l'Homme de Daniel
et la Tradition Biblique", RB 60 (1953) 189. Per un interessante confronto tra il testo
greco di Daniele e l'Apocalisse, vedi M. CIMOSA, "L'autore dell'Apocalisse ha usato
la Bibbia greca?", Apokalypsis, 72-79.
102
Nella maggioranza delle ricorrenze è Gesù stesso che si qualifica come ò uiòç
-roù civ9pci>nou. Nel IV Vangelo troviamo il titolo figlio del/ 'uomo 13 volte e tutte in
contesti teologicamente molto densi (cfr. Gv 1,51; 3,13.14; 5,27; 6,27.53.62; 8,28;
9,35; 12,23.34[2x]; 13,3 1). Viste le affinità dell'Apocalisse con il resto della lettera-
tura giovannea, possiamo affermare che si tratta di una rielaborazione teologica dello
stesso titolo che identifica ilfiglio dell'uomo con Gesù Cristo morto e risorto il quale,
partendo dalla chiesa, applica la sua capacità di un influsso rinnovatore sulla storia. Su
questa figura applicata al Risorto nell'Apocalisse, vedi L. PEDROLI, Da/fidanzamento
alla nuzialità escatologica, 412-422.
103
C'è da notare una peculiarità grammaticale che risulta importante ai fini interpre-
tativi. Il termine simile/corrispondente (oj.1moç) è molto frequente nell'Apocalisse:
si legge infatti 21 volte sulle 45 ricorrenze di tutto il NT; costruito normalmente col
dativo, indica una corrispondenza da verificare tra un elemento simbolico e la realtà a
cui si riferisce. Solo qui e in Ap 14,14 si trova l'accusativo; ebbene, in forza di questa
costruzione si deve intendere che il personaggio in mezzo ai lucernieri equivale in
senso pieno alfiglio dell'uomo di Dn 7,13 e lo realizza.
84
Prima parte (l ,4--3,22)
" Il termine 11oò~p1]ç ricorre 12 volte nei LXX e in 8 si riferisce alla veste del sommo
sacerdote. È usato solo una volta nel NT, in questo passo, con l'intento preciso, da
parte dell'Autore, di attirare l'attenzione su questa figura; in 19,13, infatti, l'Autore
presenta Cristo avvolto in una veste, usando il termine consueto ì.~nov. Le carat-
teristiche peculiari di questa veste diventeranno più chiare nel decorso del libro, se
il gruppo di ascolto manterrà viva e desta l'attenzione alla persona di Gesù risorto,
a quello che è in se stessa e che significa per gli altri. Si crea dunque un'aspettativa.
.. ; L'espressione greca 11pòç tolç ~o:atolç, lett. verso le mammelle, si può tradurre
con petto, dato che ~o:at6ç nella grecità è riferito espressamente anche all'uomo
Jcfr. DIODORO SICULO, Bib/iotheca historica, l, 72,2: rrt:pLt:(Wa/-IÉV, oì. Ù1TOK1itw twv
.uratwv). Il dettaglio della fascia d'oro pone il figlio dell'uomo, presente in mezzo ai
!ucernieri ugualmente d'oro, in rapporto con la trascendenza.
:\IO Cfr. GIUSEPPE FLAVIO, Antiquitates Judaicae, 3,153-154.
85
Commento
1,14-15 1,14-15
14
~ ùf KE<jla:t'Ì) airrou Kat ai 1PLXEç 14
La sua testa poi e i capelli
ÀEUKat wç EpLOV ÀEUKOV bianchi come lana bianca,
wç xLwv come neve,
Kat oì. Ò<jl8aÀ.~ot aù1ou e i suoi occhi
wç <P:tò~ i!upòç come fiamma di fuoco,
15
Kat oi iTOÙEç aù10u o~oLOL 15
e i suoi piedi corrispondenti a
XaÀKoÀlpav~ bronzo incandescente
wç EV Ka~(v~ iTEi!Upw~ÉVT}ç come nel camino di una fornace,
Kat ~ <Pw~ aù1ou e la sua voce
wç <jlw~ u&hwv iTOÀÀ.WV come voce di molte acque.
86
Prima parte (1,4-3,22)
-La sua testa poi e i capelli bianchi come lana bianca, come neve (~
òÈ KE4Jo)..~ o:ù·rou KO:Ì. al "tPLXEç ÀEUK(lL wç EpLOV ÀEUKOV wç XLWV)
107
E già in questo dettaglio emerge un aspetto tipico della sensibilità dell'Autore: ama
fortemente i colori e, neli 'uso, li carica di valori simbolici particolari. Il bianco, che
ricorre ben 14 volte in tutto il libro, indica come già evidenziato la trascendenza e il
soprannaturale (vedi le altre ricorrenze di ÀEuKoç, ÀEUKa(vw) e si riferisce simbolica-
mente alla resurrezione di Gesù Cristo.
87
Commento
piena vitalità che gli compete come risorto. E il rapporto diretto con
la resurrezione è confermato da tutte le altre ricorrenze di bianco
neli' Apocalisse.
-e i suoi occhi come fiamma di fuoco (Kal oi. Ò<j>9aÀ.j.l.OL aùtou wç <f>Àòç
nup6ç)
108
Nell' AT il rapporto Dio-fuoco si esprime in diversi modi: a) nelle teofanie; b) come
strumento del giudizio divino; c) come segno dell'intervento di grazia; d) come desi-
gnazione di Dio (cfr. F. LANG, "1tiip", GLNTXI, 821-876).
109
L'espressione ricorre anche in 2,18 e 19,12. In questa seconda ricorrenza gli occhi
come fiamma di fuoco sono attribuiti a colui che è avvolto di un manto in tinto nel
sangue e che viene chiamato Parola di Dio (19,13); tale particolare è chiaramente
legato all'immagine della passione e della morte di Gesù che deve essere intesa come
vita donata per amore e non come sacrificio espiatorio.
88
Prima parte (1,4-3,22)
110
Il termine ricorre solo due volte nel NT, qui e in 2, 18. Sconosciuto nella lettera-
tura classica greca, rimanda a un metallo affine al bronzo che è difficile identificare
(metallo o lega?). Le traduzioni latine rendono con aurichalcum oppure orichalcum;
quelle siriache suppongono si tratti di un metallo ottenuto nel Libano. G. Biguzzi
traduce calcolibano, scegliendo di "fare un calco del greco lasciando al termine la sua
ambiguità" (cfr. BIGUZZI, Apocalisse, 85-86, n. 15). Vedi anche BAUER, Griechisch-
deutsches Worterbuch, 1746.
89
Commento
-e la sua voce come voce di molte acque (KaÌ. ~ <Pwvì, atrrou wc; <Pwvì,
u&hwv 'ITOÀÀ.WV)
111
Con la ripresa del tennine cjlw~ (già usato poco prima: una voce come di tromba
[v. 9], vedere la voce che parlava con me [v. l 0]), il gruppo viene sensibilizzato gra-
90
Prima parte (1,4--3,22)
-E stava tenendo nella sua mano destra sette stelle (KaÌ. €xwv Èv tiJ
6EI;Li~ XELPÌ. aùtoù àcrtÉpaç Élrta)
datamente all'ascolto del messaggio di Gesù risorto che gli sarà presentato in 2-J
(settenario delle Lettere).
:Il Nell'Apocalisse, aot~p. stella, ha un significato complesso che riflette la multifor-
mità del termine nell'arco dell'Antico e Nuovo Testamento (cfr. W. FOERSTER, "&ot~p,
aotpov", GLNTI, 1337-1342). Nell'Apocalisse ricorre 14 volte e IO nel resto del NT.
Il punto di riferimento base è il fatto che le stelle, collocate nel cielo (cfr. Gn 1,14-
18), appartengono in qualche modo alla trascendenza divina. Possiamo distinguere,
in questo quadro, un aspetto positivo, come le sette stelle in mano al figlio del/ 'uomo
(l, 16; 2, l; 3, l) simbolo della dimensione trascendente della chiesa, e le dodici stelle
intorno alla testa della donna (12,1) simbolo della trascendenza del popolo di Dio
(dodici tribù di Israele-i dodici apostoli dell'agnello). Ma troviamo anche un signi-
ficato negativo, determinato dal movimento: le stelle passano dal cielo, luogo che è
loro connaturale, alla terra, dove si trovano come corpo estraneo. Questo simbolismo
negativo assume, nel decorso del libro, varie determinazioni. Presentato in 6,13-14, in
91
Commento
-e dalla sua bocca una spada a due tagli, affilata, stava uscendo (Ka.l
ÈK "tOU O"tOflll"tOç a.Ù"tOU pOflcpll LIl OlO"tOflOç ò.;ELil ÈKlTOpEUOflÉVTJ)
modo globale e generale, viene poi dettagliato quando si parla di una stella che cade
dal cielo sulle acque, avvelenandole (cfr. 8, l O); di una stella caduta dal cielo sulla
terra con un riferimento probabile al demoniaco (Ap 9,1); di un terzo delle stelle del
cielo gettate sulla terra dalla coda del drago (Ap 12,4), con il significato probabile
di un'allusione alle dissacrazioni avveratesi nella storia (come quella di Antioco IV
Epìfane: cfr. Dn 8,10).
92
Prima parte (1,4-3,22)
-e il suo volto, come il sole splende nella sua forza (KcÙ ~ o1)1Lç aù·roù
wç Ò r)}... LOç !flaf.vEL Èv tt'J ÒUVOCf.J.EL aÙmù)
1
' Da notare come la stessa immagine sia particolarmente elaborata in Eb 4,12: Infatti
la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa
penetra fino al punto di divisione del/ 'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle
midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Sui punti di contatto tra i due
libri vedi A. VANHOYE, "L'Apocalisse e la Lettera agli Ebrei", Apokalypsis, 257-275.
:t• Nell'ambito del NT il termine ha, oltre al significato di visione in senso attivo e di
apparizione esterna, anche quello specifico di volto (cfr. BAUER, Griechisch-deutsches
Worterbuch, 1216).
93
Commento
1,17-18 1,17-18
17 17
Kat OtE Eioov autov ElTEOil npòç E quando lo vidi caddi
toùç nooaç autou ai suoi piedi,
Wç VEKpoç come un morto
KllL E9T]KEV t~V &~LilV autou Èn' Èi.J.È e pose la sua destra su di me
ÀÉywv· dicendo:
Il~ <f>ojlou· "Non temere!
Èyw EÌ+J.L ò npilioç KaL ò ffixaroç 1 ~at Io sono il primo e l'ultimo
18
ò(wv, il vivente
KllL ÈyEVOi.J.T]V VEKpÒç KllL Ì.OoÙ (wv divenni cadavere. E guarda:
EÌ.i.J.L EÌ.ç toùç ai.wvaç twv ai.wvwv sono vivente per i secoli dei secoli!
Kat E'xw rètç KÀE'iç tou eavamu Kat Ed ho le chiavi della morte e dell'Ade.
mu ~Oou.
115
Lo schema di Ap 1,17 ricalca quello di Daniele: davanti alla manifestazione tra-
scendente, la debolezza umana non regge (cfr. Dn 10,8-9); l'intervento diretto dell'es-
sere celeste, che è apparso, ristabilisce l'equilibrio (cfr. Dn 10,11-12).
94
Prima parte (1,4--3,22)
116
C'è un aspetto particolare che l'Autore sottolinea: la vitalità del Risorto è, in
qualche modo, verificabile e riscontrabile a livello terrestre. Gesù non si limita ad
affermare che, vinta personalmente la morte, vive pienamente a livello divino, ma
invita Giovanni/Autore a rendersene conto (ed ecco, guarda). La pienezza della vita è
portata a livello umano, applicandone la potenza e la creatività alla storia della salvez-
95
Commento
E di nuovo con la formula vivente per i secoli dei secoli viene ribadita
l'uguaglianza con Dio, al quale l'espressione viene direttamente attri-
buita in Ap 4,9-10; 10,6 e 15,7 117 •
- ed ho le chiavi della morte e del/ 'Ade (KaÌ. EXW tàç KÀ.El.ç tou eavchou
KaÌ. ·rou ~oou)
La presenza della vitalità di Gesù risorto nella nostra storia non impe-
disce e non attenua la crudezza amara della morte; il nostro Autore ha
un senso molto acuto della realtà delle vicende umane per distaccarse-
ne completamente: la vita finisce e, secondo la visione ebraica e greca,
resta solo una sopravvivenza umbratile e parziale nel mondo sotter-
raneo. Nell'uso comune ellenistico, il termine ade (invisibile) indica
genericamente il soggiorno dei morti 118 e corrisponde all'ebraico sheol
che si riferisce agli inferi come mondo sotterraneo e dimora dei morti
(Gb 17, 13; 21, 13; Sal49, 15; Pr 7,27). Specialmente nei Salmi ricorre
l'immagine dei defunti trattenuti nello sheol (cfr. Sal 18,6; 49,16;
89,49; 116,3; 141,7; vedi anche 2Sam 22,6; Gb 7,9); ma poiché tutto
è sotto il controllo di Dio, Egli ha il potere di liberare dalla morte e di
far risalire dagli inferi (l Sam 2,6; Sal30,4; 49, 16; Pr 15, Il; Os 13, 14).
L'Autore usa altre volte il vocabolo ade (6,8; 20,13.14) sempre con lo
stesso significato di fondo: la situazione dei morti come assenza dagli
avvenimenti della storia e non come dissoluzione fisica della persona.
L'ade, la situazione invisibile propria degli uomini scomparsi dalla
scena della storia, precisa il senso della morte e della sua drammati-
cità. Ma Gesù Cristo, in seguito al mistero pasquale appena ricordato
(fui morto... e sono vivente), ha lo stesso potere risolutivo di Dio, ha la
stessa padronanza completa della morte fisica e del soggiorno dei mor-
ti e può partecipare agli esseri umani la vitalità della sua resurrezione.
za che si sta svolgendo. Qualunque forma di bene che si realizza è come una gemma
della resurrezione, che esprime la vitalità del Risorto presente e attivo nella nostra
storia, in vista della fioritura completa che si avrà nel compimento.
117
In 4,9-10 Colui che siede sul trono (Dio Padre) viene definito, per due volte, Vivente
nei secoli dei secoli e subito dopo celebrato come Creatore di tutte le cose (4, Il); in
7,2 si parla del sigillo del Dio vivente; in 10,6, l'angelo giura per Colui che vive nei
secoli dei secoli; e 15,7 riferisce del furore di Dio che vive per i secoli dei secoli di
fronte al male. La vita di Dio tende a donarsi, a comunicarsi, a esprimersi nella storia
ed è incompatibile con qualsiasi forma di negatività; nell'ottica dell'Apocalisse, si
tratta della stessa opera creatrice divina che agisce nella storia per operare la salvezza.
118
Nella mitologia greca "ALOTJç,!'lnvisibile, era il nome del signore degli inferi, uno
dei figli di Crono. Ma è da escludere qualsiasi richiamo ad essa, data l'avversione
viscerale a qualunque concezione di origine pagana da parte del nostro Autore.
96
Prima parte (1,4--3,22)
1,19-20 l ,19-20
19
YPU'I'OV oÙv dòeça 19
Scrivi, dunque, le cose che vedesti
a a
KaÌ EÌO'ÌV KaÌ ~ÉAÀEl yevÉcr6al e quelle che sono e quelle che stan-
flEtà taiita. no per divenire dopo queste,
20
~otò f.lUcrn'Jptov trov é1ttà àcrttprov il mistero delle sette stelle che
ouç dòeç vedesti
81tì tt;ç oeçuiç ~ou nella mia destra
KaÌ tàç É1ttÙ ÀU:XVtaç tàç XJ)'UOtìç e i sette lucemieri d'oro".
oi É1ttà àcrtépeç O.yyeÀ.ot trov tmà Le sette stelle sono angeli delle set-
EKKÀT)mffiv dcrtv te chiese
Kaì ai Àux;viat ai tmà É1ttà e quei sette lucernieri sono sette
EKKÀTJcriat dcriv. chiese.
97
Commento
121
Il mistero, perciò, non è qualcosa di inconoscibile, incomprensibile o riservato a
pochi come nella grecità classica. Le altre ricorrenze del termine (10,7; 17,5.7) ci
permettono di precisame il significato; grazie al discernimento sapienziale è possibile
conoscere il piano salvifico di Dio che si attua nella storia. Rivelato dallo Spirito e
mediato dai profeti, diventa espressione simbolica che deve trovare un'identificazione
concreta negli eventi storici nei quali si realizza. Sul significato del termine mistero
nella grecità profana e nelle Scritture vedi R. PENNA, "Mistero", NDTB, 984-993.
Sulla relazione tra il libro della Sapienza e l'Apocalisse in tema di misteri di Dio,
vedi L. MAZZINGHI, "I 'Misteri di Dio': dal libro della Sapienza all'Apocalisse",
Apokalypsis, 147-181.
122
Varie sono le interpretazioni esegetiche: angeli custodi delle chiese, messaggeri alle
chiese e vescovi sono le principali (cfr. C. BROTscH, La Clarté, 44ss).
98
Prima parte (1,4-3,22)
123
Nel primo senso si è espresso Holtz; nel secondo Comblin.
99
Commento
124
Sulla questione vedi D. AliNE, "The Forrn and Function ofthe Proclamations to the
Seven Churches", NTS 36 (1990) 182-204; R. L. MusE, "Revelation 2-3: A Criticai
Analysis ofSeven Prophetic Messages", JETS 29 (1986) 147-161; W. H. SHEA, "The
Covenantal Forrn of the Letters to the Seven Churches", A USS 21 (1983) 71-84; F.
HAHN, "Die Sendschreiben der Johannesapokalypse. Ein Beitrag zur Bestimmung
prophetischer Redeforrnen", Tradition und Glaube. Das friihe Christentum in seiner
Umwelt. Festgabefor Karl Georg Kuhn zum 65 Geburtstag (ed. G. JEREMIAS- H.-W.
KUHN- H. STEGEMANN) (Gottingen 1972) 357-439; M. HUBERT, "L'architecture des
lettres aux Sept Eglises (Apoc 2s)", RB 67 (1960) 349-53.
100
Prima parte (1,4-3,22)
:s Nei primi quattro punti il messaggio di Gesù è rivolto alle singole comunità inter-
pellate direttamente con il tu o con il voi, mentre negli ultimi due è indiretto e rivolto
in terza persona (chi ha orecchio ... ; il vincitore, al vincitore ... ). I primi quattro punti
presentano sempre lo stesso ordine. Nelle ultime quattro lettere l'esortazione generale
e la promessa al vincitore sono invertite nell'ordine. Il giudizio non deve intendersi in
senso giuridico proprio, cioè come una sentenza, ma come la valutazione della situa-
zione concreta, negli aspetti positivi e/o negativi, della vita delle comunità ecclesiali
intesa nell'ottica di un rapporto interpersonale tra Gesù e le chiese.
6
: Si pensi alla "terza rima" di Dante Alighieri, alle "stanze" del Petrarca, al ca-
novaccio del "sonetto", dove c'è uno schema puramente formale indipendente dal
contenuto.
c:' Ciò apparirà particolarmente chiaro quando la situazione constatata ed espressa
nel giudizio è molto grave. Vedremo ad esempio quello sulla chiesa di Sardi: Hai il
nome di vivente e sei morto (3, l b); e quello sulla chiesa di Laodicea: Così, poiché sei
tiepido, cioè né caldo e né freddo, ti sto per vomitare dalla mia bocca (3,16).
101
Commento
128
Sull'esperienza dell'amore come "dimensione antropologica per eccellenza"
dell'Apocalisse, vedi L. PEDROLI, Dal fidanzamento alla nuzialità escatologica, 412-
422. Sull'importanza della terminologia e dei riferimenti tipici del rapporto di amore
nei messaggi alle comunità, vedi D. A. MciLRAJTH, The Reciproca/ Love Between
Christ and the Church in the Apocalypse (Roma 1989) 35-37.
IO?
Prima parte (1,4-3,22)
Il messaggio contenuto nelle lettere alle chiese non solo mostra uno
schema letterario ricorrente, ma contiene anche degli elementi che si
ripetono per sette volte. Nell'intenzione dell'Autore tale ripetizione ha
il doppio scopo di inquadrare saldamente gli aspetti fondamentali del
rapporto interiore fra Gesù che parla e le singole comunità che stanno
ascoltando, e di rendere tutte le chiese che ascoltano capaci di collabo-
rare fattivamente con lui nel superamento del male e nel radicamento
del bene da realizzare nella storia dell'umanità.
lnnanzitutto, occorre sottolineare che si tratta di un messaggio al con-
tempo "settiforme", in quanto tocca nel vivo la situazione concreta
delle singole comunità, e universale perché tende ad abbracciarle
tutte ("struttura a raggiera"), nonché aperto alle chiese di ogni tempo.
~otiamo infatti che, all'inizio, il messaggio è indirizzato alla singola
comunità che è anche nominata (riferimento geografico), ma alla con-
clusione di ciascuna lettera c'è un'apertura esplicita alle altre. Lo Spi-
rito parla a tutte, dopo che ciascuna ha ascoltato il messaggio specifico
e accolto il proprio imperativo, che tende a trasformarla.
Il messaggio è indirizzato ali 'angelo della chiesa; ma il discorso ri-
guarda la chiesa stessa (vedi i passaggi dal tu al voi e viceversa) 129 •
Angelo e chiesa, sotto questo aspetto, coincidono.
La chiesa, intesa nella sua struttura concreta, con i suoi problemi, le
sue luci e le sue ombre, è in mano a Gesù Cristo, che la purifica e l'a-
bilita all'ascolto dello Spirito.
Tenendo presente questo quadro d'insieme, analizziamo anzitutto gli
dementi comuni del messaggio, rimandando l'esegesi delle parti spe-
cifiche ai paragrafi successivi, dedicati alle singole lettere. Passiamo
ali' analisi degli elementi comuni.
l) Nell'indirizzo:
-[e] all'angelo della chiesa in .... scrivi ([Kal] -rQ àyyÉÀ~ -rfìç E:V •••
EKKÀT}Otaç ypaljtov·)
L'espressione angelo della chiesa è tipica dell'Apocalisse; per la sua
ricorrenza in tutte le lettere acquista un rilievo letterario particolare.
:• Il tu della seconda persona singolare diventa un voi plurale, senza che appaia nel
passaggio alcuna variazione di significato (cfr. 2,25: Ma ciò che avete mantenete, e
3.11: Mantieni ciò che hai); così pure quando, nello stesso messaggio, si passa dal tu
al voi per ritornare al tu (cfr. 2,10: Non temere per niente: avrete una tribolazione di
dieci giorni; e subito dopo: Divieni fedele .fino alla morte).