op ° IF CHOPIN
Coni
spesso abbi^oÌnSoacome'a rÌVÌSta Colui cbe così
della notte? me una steba rara nelle tarde ore
splendente dchi^aXt?CC)JniSUì *’ qUanto sia lun8a e
ardore profondo con ù cfg V° ta S1 eJmlostrato con lo stesso
nezza così ’k , stesso centro di luce, con la stessa fi-
avuto’la fortunali samrln° avrebbJe Potuto riconoscere. Ho
ol • S~ sentire questi studi per la maggior parte da
Stano SteiP°; * b kU°nc m°ItO Ch°PÌn * mi bisbigliò Flo-
stano nell orecchio. Si immagini un’arpa eolia che abbia
utte le gamme sonore, e che la mano di un artista le mescoli
in ogni sorta di arabeschi fantastici, in modo però da udire
sempre tm suono grave fondamentale e una morbida nota al
ta; si avrà così press’a poco un’immagine del modo di suona
re di Chopin. Nessuna meraviglia, dunque, se i pezzi che so
no piaciuti di più siano quelli che abbiamo udito da lui, e co
sì sia citato sopra tutti quello in la bemolle maggiore, più una
poesia che uno studio. Sbaglierebbe chi pensasse che egli fa
cesse udire chiaramente ognuna delle piccole note; si sentiva
piuttosto un’ondulazione dell’accordo in la bemolle maggio
re, rinnovato di tempo in tempo dal pedale, ma attraverso le
armonie si distinguevano melodie dai suoni ampi, meraviglio
si; una volta sola, a metà del pezzo, si sentiva chiara fra gli ac
cordi una voce di tenore, insieme al canto principale. Finito
lo studio, si prova l’impressione di chi si vede sfuggire una
beata immagine apparsa in sogno e che, già mezzo sveglio,
vorrebbe ancora trattenere; detto questo, si può aggiungere
ben poco in fatto di lode. Chopin passo poi subito all altro
&mo W.o- « -
SAGGI DEL 1837 97
nce sia posta in lui: veri quadri poetici, non senza qual-
e piccola macchia nei particolari, ma nell’insieme sempre
possenti e catturanti. Tuttavia la mia opinione più sincera, a
non volerla tacere, è che l’importanza complessiva sia mag
giore nella prima grande raccolta. Questo però non può in-
urre il minimo sospetto di una diminuzione della natura ar
tistica di Chopin o di un indietreggiamento, perché gli studi
ora apparsi sono stati composti quasi tutti insieme ai primi e
soltanto alcuni (cui si riconosce una più grande maestria, co
inè il primo in la bemolle maggiore e l’ultimo, magnifico, in
do minore) sono più recenti. Che il nostro amico crei ora, in
generale, assai poco e opere di piccola mole è purtroppo an
che vero, e si può ben dire che le distrazioni di Parigi ne ab
biano un po’ colpa.
Ammettiamo piuttosto che dopo tante tempeste un’anima
di artista abbia bisogno di qualche riposo e che poi forse,
nuovamente fortificata, tenderà ai lontani soli che il genio
sempre ci svela.
Eusebio
js^teaas^^ssss
arditi, azione decisa; e racconta Ja k traboccante, pensieri
ne romantiche e avventure di ra °i-cbe j$s? ama P*ù: sto-
a tutto ciò spirito e umorismo mf*"’ dl fanc,iuUe- Mischia
delicato accordo fondamentale T tanto da offuscare il
rebU^^"^
va^
lungo tempo. H
Dieci anni fa, dunque, avrei senz’altro annoverato queste
opere recentemente apparse fra le più belle del mondo, e ri
spetto alla produzione del presente lo sono tuttora. Ma, co
me composizioni di Schubert, non le metto nella categoria
del suo quartetto per archi in re minore, del suo trio in mi be
molle maggiore, e di molti suoi canti e piccoli pezzi per pia
noforte. Il Duo, soprattutto, mi sembra nato ancora sotto l’in
fluenza di Beethoven, tanto che lo ritenni la trascrizione di
una sinfonia, finché il manoscritto originale, su cui stava
scritto di suo pugno « Sonata a quattro mani », volle convin
cermi di tutt’altro. Dico «volle», perché ancora non ho ri
nunciato alla mia idea. Chi scrive così copiosamente come
Schubert finisce per non badar più tanto ai titoli, e la sua ope
ra fu intitolata forse nella fretta «Sonata», mentre era già
pronta nella sua testa come sinfonia. Ricordiamo anche una
ragione volgare, ossia che in quel tempo in cui il suo nome
appena conciava a essere conosciuto si trovavano piu fa-
cernente editori per una sonata che> per una smtaa Es^
domi familiarizzato con il suo stile, COP ie sue
tare il pianoforte, con\°nt“^r^attere pianistico, me la
ennstp in cui si esprime il piu puro caraticic H
SAGGI DEL t8}8
III
bert^
stes^fcró^T" 886 k data ^niposLtil^orsét
P0fchéilXn±Kate *?1 Un perÌOd° PÌÙ antico deU’a^ù.
timo lavoro d?<^bkm0Ue magg,10re mi è sempre parso l’ul-
rebbe in verità Schubert’ suo Più caratteristico. Sa-
. ln venta sovrumano che dovesse sempre salire e supe-
are se stesso chi, come Schubert, ha composto tanto e gior
nalmente. Cosi queste sonate possono essere effettivamente
gli ultimi suoi lavori. Se le abbia scritte nel suo letto di mala
to o no, non ho potuto sapere: dalla musica stessa sembra di
poter concludere per la prima ipotesi, perché con la triste pa
rola « ultimissime » la fantasia è tutta presa dal pensiero del
la vicina dipartita. Comunque, queste sonate mi sembrano
spiccatamente differenti dalle altre sue, soprattutto per una
molto più grande semplicità d’invenzione, per una volontaria
rinuncia a brillanti novità in cui egli altre volte si compiace
va, per lo sviluppo di certe generali idee musicali, mentre al
tre volte sovrapponeva periodo su periodo. Come se ciò non
potesse aver mai fine, non fosse mai in imbarazzo per prose
guire, corre avanti di pagina in pagina sempre musicale e ric
co di canto, interrotto qua e là da singoli sentimenti violenti,
ma che presto si calmano nuovamente. Se in questo giudizio
la mia fantasia pare sedotta dalla presenza della sua malattia,
devo rimettermi a chi giudichi con più calma.
Così hanno agito queste sonate su di me. Egli poi ha finito
di buon umore, leggero e gentile, come se 1 indomani potesse
di nuovo ricominciare. Altro gli era destinato. Potè “dar
contro all’ultimo minuto con viso tranquiUo. E se sul suo ep
taffio sta scritto che lì giacciono sotterrati «un prezioso p
sesso ma ancor più beUe speranze », noi vogliamo^ricordar
vorremmo giustamente
n, come risarcimento di quelUeSeria°e d’ comPos>to-
certo, pezzi «solistici» ugualmen de8na/Orma del con
tempi d allegro» ben finiti e pieni di’*” * degni’ ossia dei
sero eventualmente suonare come che si potes’
non dei Capricci o delle variazioni P? tUj3 Un concerto’ e
correre ancora molto sovente a quelle° 1'°” dovremo ri
che sono atte ad aprire degnamente „ cchle imposizioni,
nel modo più sicuro la purezza dell’ < ConcJrto e a provare
e=^=s?ss
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Drofon/nma: Per “"sentire °n S
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’ n“rda« dl «e-
? „ond>™«ne una simile opera O “°' " deve
a musicale della composizione a2 t- Una suPrema tecni-
fibre, il colorito sino alla sfuma/ q -e la Vlta m tutte le sue
ovunque, e la più acuta eswe?" P\u,tenue’ vi è significato
soprattutto vi è diffuso il fornir 6 dd Pardcolare, e infine
altre opere di Franz Schubertf pls.m° che già conosciamo in
sinfonia è, come X soet dlVlna lunghezza della
Jean Paul che non^niX • T° in quattro volumi di
creare ilseJrim! Wt “ft per 1 °ttima ragione *lasciar
& • ettore‘. Quest° sentimento di ricchezza
■ j ° ovunclue ricrea I animo, mentre purtroppo, in genere,
si deve sempre temere la fine che molto spesso vi delude. Non
si comprenderebbe come Schubert abbia potuto acquisire di
colpo questa splendida maestria di maneggiare l’orchestra
con la massima facilità, se non si sapesse che sei altre sinfonie
hanno preceduto questa, da lui scritta nella più matura viri
lità.' Bisogna pur sempre chiamare un ingegno straordinario
chi come lui (che durante la vita sentì eseguire così poco le
proprie opere orchestrali) conquistò un modo così caratteri
stico di trattare gli strumenti e la massa orchestrale, tanto da
sembrare un dialogo fra le singole voci umane e un coro.
Fatta eccezione per molte opere beethoveniane, non ho
mai incontrato questa somiglianza con l’organo della voce,
così ingannevole e sorprendente; è il trattamento opposto del
canto di Meyerbeer. La completa indipendenza di questa
sinfonia da quelle di Beethoven è un altro indizio della matu
rità dell’artista. Si osservi come il genio di Schubert si mani
festa qui giusto e saggio. Nella coscienza delle sue forze piu
modeste, egli cerca di evitare le forme grottesche, le relazioni
ardite, che incontriamo nelle ultime opere di Beethoven, egli
ci dà un’opera in una forma più leggiadra e, sebbene in un
modo nuovo, non ci conduce mai troppo lontano dal punto
centrale e sempre ci riporta a esso Cosi deve sembrare a
chiunque consideri la sinfonia. Il brillante, 11 nuovo della stru-