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BÍBLIA
ASSOCIAZIONE LAICA DI CULTURA BIBLICA
Copyright 1999 by BIBLIA
Via A. da Settimello 129, 50040 Settimello (FI)
Stampato nella Tipografia Giuntina in Firenze, ottobre 1999
INDICE
ALBERTO J. SOGGIN
Sfondo storico-letterario dei cicli di Elia
ed Eliseo 19
BENEDETTO CARUCCIVXTERBI
La tradizione ebraica su Elia 29
HOLGER BANSE
Elia e Gezabele 45
ALESSANDRO CATASTINI
Elia e il re 65
PIETRO LOMBARDENI
L'investitura di Eliseo e il rapimento di Elia 81
SILVIO BARBAGLIA
Comprensione neotestamentaria della
figura di Elia alla luce di un approccio
"canonico" alle Scritture 99
PAOLO DE BENEDETTI
Elia e Dio 163
BRUNO SECONDIN
Dal Carmelo di Elia alla tradizione eliana
dell' Ordine Carmelitano 171
COMPRENSIONE NEOTESTAMENTARIA
DELLA FIGURA DI ELIA
ALLA LUCE DI UN APPROCCIO
"CANONICO" ALLE SCRITTURE
SILVIO BARBAGLIA
Biblista
1 - PREMESSE
1 . 1 S I G N I F I C A T O DEL TITOLO
La titolazione del contributo non appare immediatamente perspicua,
necessita di una delucidazione e di un inquadramento finalizzati a
meglio comprendere precisa entro la quale ci si vuol collocare al fine di
elaborare l'itinerario di ricerca sulla rilevanza della figura di Elia entro le
pagine neo testamentarie.
A - QUALE TESTO ANALIZZARE PER LA TESTIMONIANZA SULLA FIGURA ELIA?
Anzitutto, la proposta tende a collocare la lettura del personaggio
all'interno di una grandezza testuale che la tradizione cristiana ha
denominato «bibbia»/«sacre scritture», grandezza testuale distinta in
due comprensioni fondamentali concepite nei termini di «Antico» e di
«Nuovo Testamento». Questo dato provoca immediatamente almeno
due novità se posto in relazione al testo sacro appartenente alla
tradizione ebraica: anzitutto, un corpo scritturistico non condiviso da
quella tradizione, il Nuovo Testamento appunto, e, in secondo luogo -
aspetto, questo, sovente trascurato- una comprensione distinta e diversa
del testo del primo testamento [=Antico Testamento in relazione al
TANAK]. Con l'espressione «comprensione distinta e diversa» non
intendiamo tanto sottolineare la presenza o meno dei cosiddetti libri
"deuterocanonici", e neppure l'ermeneutica veterotestamentaria posta in
atto dal Nuovo Testamento, quanto piuttosto desideriamo cogliere il
senso di una disposizione dei testi che nella loro sistemazione
"canonica" nelle rispettive tradizioni [ebraica e cristiana] differisce in
modo considerevole. La variazione più rilevante entro la tradizione del
testo cristiano, sulla quale ci soffermeremo, è quella della collocazione,
in chiusura dell'Antico Testamento, del corpo profetico, in luogo degli
«Scritti», tipici del canone ebraico.
Le conseguenze di queste affermazioni conducono a ritenere e a
scegliere un testo preciso entro il quale «far funzionare» il personaggio
Elia, cioè il testo della Bibbia cristiana inteso come Antico e Nuovo
Testamento, altro e non direttamente omologabile con il testo ebraico
della Mikrà. L'apparenza di scontatezza e banalità di questa prima
conclusione non sarà più tale quando verranno fatte emergere le
differenze ermeneutiche circa l'interpretazione del personaggio Elia
entro comprensioni testuali distinte.
1 . 2 STRUTTURA DELL'ESPOSIZIONE
Da queste premesse deriva lo schema dell'esposizione.
1. Un primo punto si soffermerà sul confronto ermeneutico dei
tre testi rapresentativi, rispettivamente, della tradizione testuale ebraica
[testo ebraico massoretico=TM] e della tradizione cristiana [testo
greco=LXX e latino della Vulgata di Gerolamo=Vg]; in questi
macrotesti fermeremo l'attenzione sul testo del cosiddetto profeta
Malachia, a motivo del ruolo decisivo nella sua apertura al N.T..
Scopriremo possibilità distinte e diverse nell'intendere l'ermeneutica del
libro e del personaggio Elia in relazione a Mosè.
2. Un secondo punto metterà in evidenza quanto la comprensione
del personaggio Elia proceda nella lettura del testo biblico cristiano
attraverso i Vangeli e gli Atti, secondo la disposizione che il canone ci
ha consegnato [Matteo-Marco-Luca, Giovanni e Atti]. La scelta di
comprendere nel blocco anche il libro degli Atti è legata alla forma
testuale narrativa. L'analisi del progetto interpretativo del personaggio
Elia affiancato a Mosè, diverrà significativa, in ultima istanza, per una
cristologia narrativamente intesa. Il passaggio del «testimone» entro la
corsa dell'annuncio evangelico segnerà la figura di Elia nelle sue
riletture esplicite ed implicite.
1
Cfr. il seguente articolo valido per rispondere a quegli interrogativi di ricerca: J.
JEREMIAS, «'HAie)ias~ [sic! lege: 'HAieìias-] », in: AA. VV., Grande lessico del
Nuovo Testamento, Voi. IV (Brescial968) coli. 67-100.
3. Il cammino delle restanti scritture ci porterà all'Apocalisse,
approdando al nascondimento della figura di Elia, a fronte
dell'emergere di Cristo e della comunità cristiana.
2
Chi lavora nell'ambito dell'analisi esegetica con metodologia prevalentemente
diacronica alimenta maggiomente il giudizio di maggior affidabilità agli strati più
antichi, là dove va ricondotto il livello primo della produzione del senso, cioè del
messaggio "autentico". Il nostro modo di procedere ritiene che non sia possibile
stabilire criteri sufficientemente oggettivi per una partizione diacronica precisa
nell'ambito della formazione del testo di Malachia. Per questo, pur ritenendo
probabile la redazione posteriore della chiusa di MI valutiamo questi versetti,
paradossalmente, ancor più significativi del rimanente testo, in quanto capaci di
imprimere una originaria e innovata logica non solo a tutto MI, ma, addirittura, ad
un'ermeneutica globale del corpo profetico. Questo è il vero «originario» del testo
biblico, ciò che direziona il messaggio, realtà che apre ad una comprensione più lata
della singola sezione.
2.1 I I MISTERO DEL LIBRO DEL PROFETA M A L A C H I A : CHI ERA
COSTUI?
Domanda giornalistica quella che apre l'esposizione: essa ha la
finalità di far cogliere sinteticamente il problema che vogliamo affron-
tare. Quello che seguirà non sarà tanto un dibattito attorno all'autore di
MI, storicamente inteso, quanto una riflessione capace di far emergere
dal testo stesso, nelle varie sue comprensioni canoniche, il progetto di
autore.3 Dovremo, per questo, articolare in ultima istanza il rapporto in
MI tra le figure di YHWH, del «messaggero» e di Elia [Mosè].
A - CHI È MALACHIA NEL T M ?
Se gli ultimi versetti di MI che chiudono il corpo profetico sono
interpolazione del redattore finale, questo dato indubbiamente ha
provocato un nuovo mondo di senso entro la globalità dello stesso
corpo profetico. In questi vi ritroviamo la figura di Mosè e di Elia, in
relazione con la Torà e con la missione di messaggero, sentiamo questi
versetti strettamente uniti a MI ma anche a tutta la realtà testuale che
precede. Tutta la sezione testuale da Gen a Mal è così evocata entro il
rimando a queste due figure. Se ritorniamo al corpo di MI ci accorgiamo
che la presentazione sulla scena di Elia è in qualche modo già
annunciata, in filigrana, lungo la poetica del discorso profetico di
questo libretto. Tentiamo così di cogliere tali rimandi collegando tra
loro, in stretta simbiosi, tre passi di questo testo dei quali riportiamo
rispettivamente la versione ebraica [TM], greca [LXX] e latina [Vg] con
3
Tra i tanti riferimenti che si possono recuperare sulla figura dell'autore cfr. i
seguenti dati: AA. VV., Grande enciclopedia illustrata della Bibbia. Voli. 2 (Casale
Monferrato (AL) 1997) 299: «Sull'autore dell'ultimo libretto che concorre a formare
l'insieme dei "Dodici Profeti", non abbiamo nessuna notizia. Lo stesso nome è
incerto in quanto il termine ("mio messaggero") potrebbe essere stato preso da 3,1.
In questa linea orienta la versione della LXX che rende: "Messaggio della parola del
Signore per mano del suo angelo". Identica intepretazione del titolo ebraico si
incontra anche nel Targum: "Messaggio della parola del Signore per mano del suo
angelo, il cui nome è Esdra, lo scriba". L'attribuzione a Esdra non è un dato isolato,
ma rappresenta una tradizione che è ancora testimoniata da Gerolamo. Significativo è
anche il fatto che per alcuni Padri della Chiesa (come Clemente Alessandrino e
Tertulliano) il nome dell'autore del libro fosse "Angelo".
Di fronte a questa incertezza sull'autore, che investe il suo stesso nome, lo
scritto ci consente di conoscere i suoi lineamenti spirituali. Il profeta si manifesta
come un convinto assertore della comunità dell'alleanza, desideroso della
trasformazione interiore del popolo, affezionato al Tempio e al culto, infine avverso
agli Edomiti che egli dilinea come il prototipo di chi non ha sentimenti di amore e
solidarietà verso i perseguitati e gli oppressi».
relativa proposta di traduzione
a. MI 1,1
MI 1,1 MI 1,1
Affilia Xóyov Kvpiou ini Onus verbi Domini ad
TÒU lapar/X èu xeLPL Israel in manu Malachi
njr"Q! àyyéXov aÙTod• QéoBe
Si7 ém ras" KapSias-
ÙflùJV.
Oracolo della Parola di YHWH Oracolo della Parola del Oracolo della Parola del
per Israele per opera del mio Signore su Israele per opera Signore ad Israele per
messaggero. del suo messaggero: opera di Malachi[a],
ponetelo] nei vostri cuori.
4
Cfr. N. FUGLISTER, «Fondamenti veterotestamentari della cristologia del
Nuovo Testamento», in: AA. VV., L'evento Cristo. Parte /, Mysterium Salutis.
Nuovo corso di dogmatica come teologia della storia della salvezza 5, Brescia:
Queriniana 1971 2 , 227-231: l'Autore distingue quattro forme di manifestazione del
«messaggero=angelo di YHWH» e tre funzioni essenziali: «1. Angelo
dell'incarnazione»: Gen 16,7-12; 32,11-13; 48,15-16; Es 3,2; Nm 22,22-35; Gdc
2,1-4; 6,11-22; 13,3-5; Os 12,3-5; «2. Angelo distinto da YHWH»: Es 14,19;
23,20-23; 32,34; Nm 20,16; «3. Come primo tra i "figli di Dio"»: Zc 1,11; Gs
5,13-15; «4. Inviato dal cielo alla terra»: 2Mac 11,6; 15,23; Dn 10,13.21
[=Michele]; 12,1; Tb 3,16-17 [^Raffaele]; questi hanno tre funzioni principali: «1.
Funzione rivelatrice»: Es 3,2; 23,20-24; Gdc 6,11-22; 13,6-10; ISam 2,27-28; IRe
13,1-2; 19,7; 2Re 1,3-6; Ez 40,3-4; 47,1-3; Zc 1,7-17; 2,1-5; 4,1.6-8; Dn 7,16-27;
8,15-26; 9,20-27; 10,10-21; «2. Funzione soteriologica»: Gen 48,15-16; Es 14,19;
23,20; 32,34; 33,2; Nm 20,16; Gdc 2,1-4; Zc 3,1-9; «3. Funzione intercessoria»:
Gen 28,10-17; Tb 12,12.15; Gb 33,23-24; MI 2,7; 3,1; 3,23. Infine l'Autore
aggiunge: «Non ci stupiremo dunque se, nel contesto della riflessione
Comprendiamo la novità della formulazione: di nessun profeta ciò era
uscito direttamente dalla bocca di YHWH, solo ora in questo libro,
l'ultimo. In verità, l'espressione «angelo/messaggero del Signore»
viene attribuita dalla voce narrante anche ad Aggeo [Ag 1,13], ma
l'originalità di MI consiste nell'irrompere della Parola di YHWH
immediatamente sulla scena, senza una presentazione previa nella quale
si determinino le coordinate spazio-temporali entro cui si dà questa
Parola «per mano» del profeta.
Al centro vi stanno solo i personaggi, colui che parla e i destinatari.
Differentemente dagli altri libri profetici, MI è un libro nel quale il
personaggio profetico non ha personalità propria, non ha un nome5 se
non quello di essere «messaggero di YHWH». Tipico di tutti i libri
profetici è la sottolineatura della missione, più che la descrizione del
personaggio, il proprio pensiero, la propria vicenda; ma in MI questo
aspetto è radicalizzato, diventa un tutt'uno con la missione stessa, egli
porta un nome che è una missione.
Tentiamo ora di domandarci se questa apertura del libro con la
presentazione del soggetto agente [=la Parola di JHWH] e del suo
messaggero non sia finalizzata a rivelarci un nome di persona che
diverrà il prototipo del «messaggero di YHWH».
b. MI 3,1-2
mòra' (timore di Dio), cioè l'essere tremebondo alla presenza del nome (2,5; LXX:
dm Trpocrcónou òvójjLdTÓs' l-iov oTeWeadai), la tórah 'èmet (2,6: dottrina di
verità), il camminare alla presenza di Dio, come già Enoc e Noè, il divenire capo del
tempio (Sir 45,24), un mal'ak Jahweh, cioè un carismatico successore del profeta, e
il diventare capo del popolo (Sir 45,24).
Ma tutto ciò i sacerdoti lo dovranno avere senza competizioni fra loro e senza
privilegi. Così come i sacerdoti di Gerusalemme, anche quelli della provincia e i
leviti, pur nelle differenze di dignità, di ordine, potranno officiare e nutrirsi a parità
(Dt 18,1-8); non solo Sadoq, come dice Ezechiele (44,15-16), ma tutti i discendenti
di Phinees sono gli eredi del patto di pace (Nm 25,10-13; Esci 8,2; Ne 10,7). Che
non è perciò per uno solo come per i Davidici, ma per tutti i discendenti di Levi (Sir
46,25).
È questo patto di pace, ci assicura Malachia, che il clero di Gerusalemme ha rotto
in tutti i suoi doveri: essi non danno più gloria al nome di Dio (2,2); si sono sviati
e hanno fatto sviare parecchi (2,8a); hanno avuto riguardi personali nel loro ufficio
dottrinale (2,9). Probabilmente poi l'alto clero -come ce ne è testimonio il libro
delle Cronache- aveva anche mortificato il movimento di emancipazione, per far
valere i propri diritti, da parte dei leviti sacrificatori, dottori, ecc. (cf. 2 Cr
29.30.31.35).
Perciò ora Iahvè, per mezzo del profeta, minaccia a questo alto clero di cambiare
la benedizione in maledizione; di rompere da parte sua il patto; di eliminarli dal
tempio insieme agli escrementi delle vittime (Lv 4,12); di renderli spregevoli dinanzi
al popolo (MI 2,1-9)»: E. TESTA - B. MARCONCINI (a cura di), Il messaggio della
salvezza. Profetismo, profeti e apocalittica (Sotto la direzione di D. Franco
Festorazzi; Corso completo di sturi biblici 4, Leumann (Torino) 5 1990) 520-521.
Come ben si vede questo frammento del testo della benedizione di
Mosè su Levi contiene una serie di valori posti in gioco nel testo di M ;
se consideriamo che i termini «Torà» e «Berìt» ricorrono nel cap. 33,
dedicato alla benedizione delle 12 tribù, esattamente solo nella benedi-
zione su Levi, e al v. 4, nell'introduzione alle benedizioni.7 La Legge è
in relazione diretta anzitutto con Mosé e l'osservanza della stessa, alla
tribù di Levi: sono essi che custodiranno l'Alleanza. Mosé stesso è
collocato tra i discendenti di Levi [Es 6,16-20]. Il testo di MI afferma
chetale Alleanza è stata infranta [MI 2,8b], i sacerdoti erano «messag-
geri di YHWH» entro quell'Alleanza [MI 2,6], ma ora non ci sono più:
questa è venuta meno. In Dt 31,9-13 l'autore di Dt in uno dei raccordi
per i discorsi di Mosè, afferma che questi «scrisse la Torà e la diede ai
sacerdoti figli di Levi, che portavano l'arca dell'Alleanza di YHWH e a
tutti gli anziani d'Israele»; anche in Dt 31,24-27 Mosè affida il rotolo
della Torà ai Leviti: «Prendete questo libro della Torà e mettetelo a
fianco dell'arca dell'Alleanza di YHWH vostro Dio...».8
• Conclusione
Ora siamo forse in grado di interpretare il senso di MI 3,1-2: il
7
Con l'affermazione: «Una Torà ci ha ordinato Mosé, un'eredità è l'assemblea di
Giacobbe» [Dt 33,4],
8
II ruolo dei Leviti in relazione all'Alleanza è inoltre sottolineato per il
trasporto dell'arca dell'Alleanza: cfr. Dt 10,8; 31,25; Gs 3,3; 8,33; 2Sam 15,24; 2Cr
15,26. Ulteriori testi significativi sono: Ne 13,29 e 2Cr 34,30.
«messaggero di YHWH», di stirpe sacerdotale, viene denominato «mio
messaggero» ed inviato da YHWH stesso; egli è anche «messaggero
dell'Alleanza» [MI 3,2], potremmo dire, alla luce del testo di Geremia
[Ger 30-33] della «nuova alleanza». Come Mosé ha consegnato a Levi
la responsabilità della fedeltà alla Legge e all'Alleanza, così YHWH
elegge paladino dell'Alleanza il «suo sacerdote messaggero».
Chi è Malachia, il «mio messaggero», ci chiedevamo sopra? Per
rispondere dobbiamo passare al terzo testo, MI 3,22-24.
C. MI 3,22-24
[22] Ricordatevi della legge F221 Ed ecco io mando a voi [4] Ricordatevi della legge
di Mosè, mio servo, (legge) Elia il Tesbita prima che di Mosé mio servo che
che io gli avevo comandato venga il giorno del Signore, inviai a lui sull'Oreb, a tutto
sull'Horeb, su tutto Israele: quello immenso e manifesto; Israele, precetti e giudizi.
statuti e giudizi. [231 Ecco io [23] egli rivolgerà il cuore del [51 Ecco io manderò a voi
mando a voi Elia il padre verso il figlio e il cuore Elia il profeta prima che
profeta, prima che venga il dell'uomo verso il suo venga il giorno del Signore
giorno di YHWH grande e prossimo, affinché io non grande e terribile [6] e
manifesto [24] per far venga e colpisca la terra dalle convertirà il cuore dei padri
ritornare il cuore dei padri ai fondamenta. [24] Ricordatevi ai figli e il cuore dei figli ai
figli e il cuore dei figli ai della legge di Mosé mio servo, loro padri affinché io non
loro padri, affinché io non come avevo comandato a lui giunga con violenza e
venga a colpire la terra con sull'Oreb di fronte a tutto colpisca la terra con
sterminio! Israele, statuti e giudizi. anatema.
9
Convenzionalmente indicheremo la versione greca del testo vetero- e
neotestamentario con la sigla «LXX», coscienti che tale versione è giunta a noi -al
di là di pochissimi frammenti ritrovati nelle zone del Mar Morto- sostanzialmente
trasmessa dalle comunità cristiane dei primi secoli. Solo a partire dalla fine del sec.
IV abbiamo i primi codici pressoché completi del testo biblico.
10
Questo assioma delle grammatiche ebraiche è stato -accanto a molti altri
luoghi comuni- ridiscusso da Alviero Niccacci in: A. NLCCACCI, Sintassi del verbo
ebraico nela prosa biblica classica (Studium Biblicum Francescanum Analecta 23,
Jerusalem 1986).
11
«22-24: Due aggiunte posteriori al libro delle profezie di Malachia, ma di
origine e di significato diverso. Infatti il v. 22 è scritto in uno stile e con un
orientamento deuteronomico; i vv. 23-24 invece di puro stile profetico ripropongono
• La relazione con il messaggio e la struttura del libro
Tra i diversi esempi di introduzione e commento a MI, citiamo G.
Bernini che, nel ricercare un principio di organizzazione del messaggio
del libro, afferma:
il tema del giorno di Jahweh (cf 2,17-3,5; 3,13-21), colorandolo con il richiamo al
ritorno del profeta Elia, per preparare l'avvento dell'era escatologica. Tutte e due le
aggiunte però hanno in comune l'impronta dell'attesa di un'era nuova ed
imminente»; G. BERNINI, Aggeo, Zaccaria e Malachia (Versione introduzione e note
di Giuseppe Bernini; Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali 32, Milano
3
1985) 357.
12
G. BERNINI, Aggeo, Zaccaria e Malachia (Versione introduzione e note di
Giuseppe Bernini; Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali 32, Milano
3
1985) 291-292.
G. Bernini come la gran parte dei critici pone MI 3,22-24 come
appendice, quindi parte sganciata e sganciabile dal testo stesso, anche
se vi riconosce una sua qualità organizzatrice sull'intero libro. Noi
pensiamo che questi ultimi versetti non solo debbano essere considerati
parte dell'intero libro ma essenziali e decisivi per la comprensione
dell'intero corpo profetico. In che senso? Vediamo.
• Conclusione
Concludiamo queste riflessioni dopo aver risposto alla domanda
iniziale: «Chi è Malachia?». Potremmo quasi dire che l'ultimo libro
della raccolta dei 12 profeti, di tutti i Profeti posteriori, di tutta la
sequenza da Genesi a Malachia è il «Libro di Elia sacerdote/profeta». Se
così è non ha senso allora affermare che lo «spirito profetico» si è
spento -nel contesto del canone ebraico- in quanto tutta la profezia
tendeva verso quel giorno escatologico, intronizzazione di YHWH nel
Tempio in un'Alleanza rinnovata... ma prima di quel giorno deve venire
Elia: il libro di Malachia è la parola di Elia che «vuole far ritornare il
cuore dei padri ai figli e quello dei figli ai loro padri»; anche l'Alleanza
tradita può essere rinnovata come tra due coniugi, dove passato e futuro
si ricongiungono, nell'esperienza della «pienezza del tempo». Tale
esprerienza è stata il ritorno, la ricostruzione, l'insediamento di YHWH
come Signore nella Gerusalemme e nel Tempio riedificati.13
Ma il «libro del profeta Elia» è stato letto nel corso della storia di
Israele come libro del «profeta Malachia» [non solo dalla tradizione
cristiana, ma anche da quella ebraica],14 personaggio sconosciuto che
13
Pur riconoscendo, con ogni verosimiglianza, che la redazione di MI sia
posteriore e di epoca persiana [480-450 a.C. circa], la dimensione della temporalità
andrebbe ripensata entro il progetto del corpo profetico. Se osserviamo, nella
scansione dei dodici profeti minori vi è inscritta una linea diacronica, dall'VIII sec.
a.C. [Osea, Amos] al VI sec. a.C. [Aggeo, Zaccaria] nell'indicazione del ritorno
nella liberazione dalla schiavitù e nella ricostruzione del Tempio. È verso questo
evento che tende la profezia nel suo progetto! Per tale motivo pensiamo che la
reinterpretazione canonico-redazionale di MI stia come sigillo di tale evento
escatologico di liberazione, sebbene i problemi prospettati nel libro siano,
storicamente, di alcuni decenni posteriori [matrimoni misti, decime, culto...].
14
In Yoma 9b si dice che dopo la morte di Aggeo, Zaccaria e Malachia lo spirito
di profezia se ne è andato da Israele. Malachia è stato identificato con Esdra da R.
Josha b. Kor'a e con Mardocheo da R. Na'man. In Meg. 15a si ritiene invece che
«Malachi» sia un nome proprio di profeta analogamente al Targum Jonathan il quale
vi aggiunge la glossa «...per Malachia, che è conosciuto mediante il nome di Esdra,
annuncia Elia che verrà: questo spostamento ha significato l'apertuta
ulteriore dei «Profeti posteriori» in avanti nel tempo, nei cosiddetti
tempi escatologici. Ci pare che un'ermeneutica canonica ebraica progetti
la chiusura della profezia su questo libro intendendola conclusa,
realizzata, con la presenza di YHWH e della sua gloria, nell'annuncio
del suo giorno.15
«I veri successori di Elia -diceva A. Neher- ' 8 coloro che raccoglieranno il suo
messaggio e lotteranno per realizzarlo, sono i profeti dell'Vili secolo. Alcuni
appartengono al regno di Giuda, altri a quello di Israele. Per tutti, non vi è che un
solo Israele, quello della berit, che non conosce né frontiere interne, né divisioni»:
19
II calcolo delle parole è tratto dal textus receptus della tradizione ebraica. Il
calcolo dal codice di Leningrado varia di pochissime parole.
20
A ben vedere andrebbe aggiunta anche il versetto di MI 3,16.
MI 3,1-2 come «messaggero dell'Alleanza» che precederà YHWH nel
suo giorno. Infine, in MI 3,23-24 è sempre YHWH che rivela l'identità
del suo «messaggero», si tratta cioè di Elia, incaricato di svolgere una
funzione precisa, quella di «far ritornare il cuore dei padri ai figli e il
cuore dei figli ai loro padri». La conclusione in modo paradossale,
nell'analisi della forma della comunicazione dello scritto, innova l'idea
di autore del testo. Si tratta di una realtà duplice: anzitutto YHWH che
apre, domina e chiude il testo, in prima persona e, in secondo luogo, il
suo messaggero, Elia da YHWH stesso presentato ed annunciato.
MI 1,6:
vìòc, òo^à^EI Trarépa Kai SotiAxx; TÒV Kupiov avxox> Kai
si TCCCTTÌP e lui éyco 710-6 éaxiv fi 5óS;a jio-u Kai ei Kupióc; eiui
èycó 7TOÓ3 éaxiv ó <pó|3o<; |j,od Xéyei KÓpioq 7tavxoKpàxa>p 'òjj-eiq
oi iepeiq oi (pauA,i£ovxe<; xò ovop,à fiou Kai eircaxe év xivi
é(paDÀ,iaa|nev xò ovop,d croi)
«Il figlio glorifica il Padre e il servo il suo Signore: ma se io sono il Padre dov'è la
mia gloria e se io sono il Signore dov'è il mio timore -dice il Signore onnipotente-
Voi siete i sacerdoti che disprezzate il mio nome e osate dire: "In che senso
disprezziamo il tuo nome?..."»
MI 2,10:
OI>xi 0EÒ<; eie, è'Kxiaev \>p,òc<; o\)%i narrjp EIQ rcàvxoov
-òntov xi òxi éyKaTeXiiteTe è'Kaaxoq xòv àSetapòv aùxoó) xoi>
|3epr|À,còaai XTJV 5IA0IIKÌIV xcòv 7taxep(ov ÙJXÓJV
22
Anche se non è oggetto diretto di questa presentazione ricordiamo quanto la
riflessione di elogio dei padri svolta dal libro del Siracide [Sir 48,1-11] veda la figura
di Elia come colui che fa ritornare il «cuore del padre verso il figlio e ristabilisce le
tribù di Giacobbe» éftioxpév|/ai K a p S t a v na.tpòq npòq viòv Kai K a T a a x f j a a x
(pvXàq Iaicco|3 [Sir 48,10b].
«Forse non vi ha creati un unico Dio, o forse non vi è un unico Padre per t u t t i
voi? Per qual motivo allora ciascuno di voi ha abbandonato il proprio fratello
profanando l'Alleanza dei vostri padri?»
MI 3,17:
KAT è'aovTcd poi A-éyei Kijpioi; 7ravTOKpàTG)p eiq fipépav
F]v ÉYD) Tcoicò EIQ 7uepi7Coir|aiv KOÙ aipeti© avxovq ov tporcov
aipexi^ei avOpcoTuoq TÒV UÌÒV a m o t i xòv SoDlevovra awcò
«E mi apparterranno -dice il Signore onnipotente- nel giorno che io stabilirò e li
favorirò nel modo in cui un uomo favorisce suo figlio che lo serve»
23
Cfr. l'interessante rapporto di «glorificazione» [8o^à^ei] tra il Padre e il
Figlio documentato in tutto il vangelo di Giovanni.
24
J. ZLEGLER, Septuaginta. Vetus Testamentum Graecum. Auctorìtate
Academiae Litterarum Gottingensis editum. Voi. XIII: Duodecim prophetae
(Gòttingen 1967) 333.
25
A. RAHLFS, Septuaginta. Id est Vetus Testamentum graece iuxta LXX
interpretes (Duo volumina in uno; Stuttgart 1979) 563**
pronome di seconda persona plurale: «voi». Così facendo permette di
far rientrare nella bocca del Signore anche questa parte di discorso che il
testo ebraico aveva affidato al «mio messaggero», continuando nella
modalità comunicativa dei versetti precedenti. Questo, non solo
comporta più unitarietà nell'atto di enunciazione del discorso [N.B.: il
«suo messaggero» interverrà solo per ricordare che il messaggio è del
«Signore onnipotente»] ma permette di cogliere quanto la metafora della
paternità e figliolanza sia determinata direttamente dalla parola del
Signore.
Ora, la variazione di MI 3,23 individua Elia il Tesbita come colui che
viene prima del giorno del Signore al fine di operare due cose: una tra il
Signore e il suo popolo, l'altra nel popolo stesso. «Rivolgere il cuore
del padre verso il figlio» altro non sarebbe che l'opera profetica,
analoga all'intercessione di Mosè ai piedi del Sinai/Oreb, nel impietosire
il cuore di Dio verso il figlio suo, il popolo e in particolare i sacerdoti;
«il cuore dell'uomo verso il suo prossimo» altro non sarebbe che la
ricomposizione del rapporto interrotto di un'Alleanza dei padri infranta
[MI 2,10], Per ristabilire questo stato di cose è quindi necessario
ritornare alla Legge di Mosè! Ecco il senso della posizione finale di
questo versetto.
26
Nel Targum Jonathan viene aggiunto all'espressione « J » «cuius
nomen appellatur Esra scriba».
27
Cfr. il Decreto: «Recipiuntur libri sacri et traditiones apostolorum», IV sess.
8-IV-1546 del Concilio di Trento.
28
Già Girolamo aveva trasformato nell 'Inscriptio del testo il nome, in nome
teoforo, da «mio messaggero» a «messaggero di YH[WH]», Malachia, anche se in
Signore attraverso la quale si annuncia un messaggero che dovrà venire
in futuro a precedere il «giorno del Signore». La funzione coperta dal
profeta Malachia è analoga ad altri profeti dell'AT, cioè quella di
annunciare eventi futuri, ed in questo senso l'evento escatologico non
ancora attuato. Per meglio comprendere le variazioni ermeneutiche
occorre tenere presenti almeno due elementi.
«a) Il più antico dei passi che parlano del ritorno di Elia (Mal. 3,23s.) considera il
profeta come una figura messianica: egli prepara al re celeste la strada di Dio (3,1),
purificando i sacerdoti (3,2-4) e fondando la pace (3,24). Ecclus 48,10 ai due uffici
già nominati in Mal 3,23s. -quello di "placare l'ira (di Jahvé) prima del giudizio"
(=Mal. 3,23.24 b ) e di riconciliare il cuore del padre verso il figlio" (-Mal. 3,24°)- ne
aggiunge un terzo: "ristabilire la tribù di Israele" (lAh®ldn fibfè jifr®'/jl ).
L'Ecclesiastico, dunque, attribuisce ad Elia, che dovrà ritornare, un ufficio che
appartiene al Servo di Dio del Deuteroisaia (Is. 49,6). Poiché l'Ecclesiastico non sa
altro del Messia, sembra che aspettasse Elia come Messia. Lo stesso concetto
sostengono più tardi alcuni rabbini, che qualificano Elia come gadita e vedono in lui
il liberatore guerriero, che vince le potenze del mondo.
b) Incomparabilmente più diffusa è tuttavita l'altra concezione, che vedeva in Elia il
precursore non di Dio, ma del Messia. Negli pseudoepigrafi essa s'afferma con la
rappresentazione di Elia che appare con Enoc prima della parusia del Messia (Hen.
aeth. 90,31, cfr. 89,52; 4Esdr. 6,26). Che tuttavia Elia fosse atteso anche da solo
come precursore del Messia, ci è attestato da Giustino (dial. 8,4; 49,1) e da numerose
indicazioni rabbiniche. Si veda l'antica benedizione del vino nel banchetto del
novilunio, che si trova al principio di Soph. 19,9: "Elia, il profeta, venga presto tra
noi; il Messia regale germogli nei nostri giorni". Quanto fosse diffusa questa attesa
nell'escatologia popolare, Io sappiamo dal N.T.» 3 0
30
J. JEREMIAS, « 'HA(e)ias- [sic! lege: 'HXieìios] », in: AA. VV., Grande
lessico del Nuovo Testamento, Voi. IV (Brescial968) coli. 74-75.
31
Questo testo è interessante, perché in senso anacronistico colloca Elia come
«scrittore» al tempo di Ioram, re di Giuda al quale invia uno scritto di giudizio.
semplicemente in riferimento diretto, in un futuro prossimo o remoto
con YHWH/Signore nella manifestazione del «suo giorno».
Passando al Nuovo Testamento tentiamo di ricercare il cammino
della concezione della funzione del personaggio Elia entro un quadro di
riferimento innovato, quello, appunto, dell'annuncio di un
Messia/Cristo, Gesù di Nazzareth. Come ristabilire il rapporto tra Elia,
pensato in riferimento all'intervento diretto di Dio e la figura di Gesù di
Nazareth, riconosciuto dalla fede neotestamentaria come il Messia di
Dio? Questo è l'interrogativo che dovrà determinare il quadro della
ricerca, in quanto è possibile ridescrivere la posta in gioco nei seguenti
termini: nel quadro di un'attesa messianica di «messianismo con il
Messia» o di «messianismo senza Messia», la figura di Elia era stata
progettata dalle Scritture in questo secondo ambito di comprensione.
Dobbiamo, pertanto, ricercare come le Scritture del N.T. riescano ad
accordare quella comprensione di Elia entro un «messianismo con il
Messia». Certamente siamo coscienti che, come ha sottolineato J.
Jeremias, ai tempi del N.T. esisteva la concezione del rapporto tra Elia
ed il Messia, sebbene non documentata nelle Scritture canoniche: lo
sforzo che ci proponiamo è quello di articolare un mondo di senso ed il
progetto dei significati entro quegli elementi che transitano dalle
scritture veterotestamentarie a quelle neotestamentarie. In tutto questo
progetto emergeranno interrogativi e valutazioni che in una concezione
storica delle idee troverebbero altre risposte.
L'itinerario allora non può essere che quello di attraversare uno
scritto dopo l'altro e presentarne la proposta nello sviluppo del senso.
Evidentemente si toccheranno i testi neotestamentari tralasciando molte
questioni annesse, limitandoci allo scopo particolare di rilevare la
crescita, o meglio, il ritirarsi di Elia lungo l'atto di lettura delle Scritture
cristiane.
3 . 1 VANGELO SECONDO M A T T E O
Immediatamente dal primo versetto del Vangelo cogliamo
l'intenzionalità messianica dell'evangelista Matteo data dal rileggere la
figura di Gesù come «figlio di Davide e figlio di Abramo» [Mt 1,1]. Al
seguito della genealogia cinque citazioni profetiche vogliono avvalorare
il senso del compimento delle Scritture in lui [Mt 1,23; 2,6.15.18.23],
In tutto questo di Elia non si fa parola.
b. Gesù di Nazareth
Invece dell'intervento potente e la manifestazione dell'ira giunge
Gesù di Nazareth in sordina, e in luogo di un «battesimo con Spirito
santo e fuoco» egli stesso si fa battezzare in acqua da Giovanni: questo
scardina gli schemi sia del lettore, sia del Battista! Del lettore perché si
aspetterebbe di tutto, tranne che osservare 1'«atteso», «colui che doveva
venire» porsi nel gruppo dei destinatari del messaggio di conversione;
scardina anche gli schemi del Battista in quanto egli stesso vorrebbe
essere battezzato da Gesù [Mt 3,13-15]. Gesù, entrando in questa
prospettiva di attesa escatologica annunciata da Giovanni/Elia, mediante
il battesimo, riceve il dono dello Spirito di Dio e una voce dal cielo,
quella del Padre che fa udire anche a Giovanni Battista [«Questi»,
mentre Me avrà «Tu sei...»] la posizione dell'«atteso»: si tratta del
«Figlio amato nel quale il Padre si è compiaciuto». Con queste parole
Dio Padre comunica a Giovanni/Elia la nuova modalità di intervento
escatologico mediante il Figlio suo.
Dopo le tentazioni Giovanni Battista esce di scena perché arrestato
[Mt 4,12] e Mt cita Isaia per illuminare il luogo simbolico d'inizio del
ministero di Gesù, la Galilea delle genti, nella città di Cafarnao. Mentre
l'annuncio di conversione di Giovanni era rivolto ad Israele, Gesù
inizia e conclude la sua attività missionaria rivolta alle genti [Mt 4,13-17
e 28,19-20]; per questo riprende sinteticamente l'annuncio che nel
Battista faceva risuonare nei termini di MI per riconfigurarlo entro la sua
parola e la sua azione. Per capire che cosa significhi «Convertitevi
perché il regno dei cieli è vicino» occorre ascoltare ciò che Gesù ha
detto, a cominciare dal «discorso della montagna», ed osservare ciò che
ha fatto. In altre parole Dio regna, si rende presente come Signore
nell'operato e nelle parole del Figlio suo, Gesù di Nazareth, prospettiva
questa ben diversa dalla modalità diretta di giudizio contenuta
nell'annuncio del Battista.
Es 23,20
Es 23,20 Es 23,20
•^js1? '-roba ròo 'óa* rrìi 23,20 23,20 Kai ISov èyù
' 1
^niV?! y r a ypoo ? DMATÉXXA) 23,20 Ecce ego mittam
TÒU
' Vrìprj ~\m aipan ayyeXóu nou npò angelum meum, qui
npoacÓTrov uou, Iva praecedat te, et custodiat
4>v\àì;r\ ae èu rrj óScd,in via, et introducat in
OTTÙJS' eicraydyii AE
eis~ TÌ)V yfjv, T)V locum quem paravi
riToifiacrd croi.
34
N.B.: la versione CEI traduce Mt 11,13: «La Legge e tutti i profeti...»,
mentre il testo greco rovescia il rapporto affermando: Ttàvxei; y à p oi 7tpo(pf|i;at Kai
ó vójioq e a q ìcoàvvoD èTtpocpiyTevaav «Infatti tutti i profeti e la legge fino a
Giovanni hanno profetato». La differenza consiste nell'osservare non tanto la
bipartizione canonico-ebraica [posteriore] di Legge e Profeti, quanto di cogliere come
unitarietà l'evento profetico di annuncio di parola nella forma tipica comunicata da
YHWH ai personaggi profetici e nella forma di parola comunicata da YHWH a
Mosè, detta appunto «Legge».
personaggio di nome Giovanni; questi viene riletto attraverso le
scritture, nei suoi tratti caratteristici e nelle valenze contenutistiche della
sua predicazione in forte analogia con i contenuti di MI. Inoltre, lo
stesso Gesù, al livello del racconto lo identifica in sua assenza con
l'Elia che deve venire, posizionando se stesso come «Signore
escatologico», in luogo dello stesso YHWH, nel suo giorno: «e se lo
volete accettare egli è quell'Elia che deve venire» [Mt 11,14].
L'operazione di interpretazione delle Scritture ha così condotto prima il
narratore [Mt 3,3] ed ora lo stesso Gesù [Mt 11,7-15] a rileggere
l'operato e le parole di Giovanni Battista: a partire da queste etero-
designazioni o identificazioni possiamo domandarci perché il testo per
ora non dice che cosa Giovanni Battista pensava di sé.
D . M T 1 6 , 1 3 - 1 4 : A CESAREA DI FILIPPO
A Cesarea di Filippo, di fronte alla domanda di Gesù rivolta ai
discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» [Mt 16,13]
troviamo risposte che rimandano a personaggi del passato, morti o
ascesi al cielo, ma pensati potenzialmente ancora presenti -redivivi-
nella figura di Gesù: Giovanni Battista [già Erode tetrarca sosteneva
questa tesi, cfr. Mt 14,1-2], Elia [atteso come colui che avrebbe
preparato l'avvento del giorno del Signore], Geremia [profeta
perseguitato che aveva promesso l'alleanza nuova scritta sui cuori del
popolo dal Signore stesso] oppure qualcuno dei profeti. La gente
pensava Gesù come una figura profetica tesa nell'annuncio degli ultimi
tempi. Con questa informazione il narratore ci vuole ragguagliare del
fatto che l'ermeneutica di Gesù che aveva identificato i primi due
personaggi in uno [il Battista con Elia] non è quella della gente,
nonostante egli l'avesse comunicata alle folle [Mt 11,14]; anzi, la gente
continua a non comprendere la netta differenza esistente tra la posizione
del «Messia» e quella del «messaggero profetico». Pietro risponderà,
infatti, in questa direzione: «Tu sei il Cristo/Messia, il Figlio del Dio
vivente» [Mt 16,16].
E . M T 1 7 , 1 - 1 3 : LA TRASFIGURAZIONE
Potremmo dire che in questo brano è offerta la criteriologia di
fondo per comprendere il rapporto tra la figura messianica e l'annuncio
profetico: le figure di Mosè ed Elia che dialogano con lui sono
anch'esse destinatarie dell'annuncio della voce del Padre che rivela
l'identità di Gesù come Figlio amato, nel quale si è compiaciuto; a tutti
ordina di ascoltarlo. Questo posizionamento del «Figlio» nei confronti
di Mosè, di Elia e dei tre discepoli dice un'ulteriore trasposizione -non
presente nell'episodio del battesimo- assegnata all'atteggiamento
dell'ascolto. Se è Dio che bisogna ascoltare anzitutto, nella
trasfigurazione, vien comandato alla «parola profetica» -trasmessa da
tutti i profeti e dalla Legge- di ascoltare la parola di Gesù, il Figlio di
Dio. L'annuncio del compimento va quindi ricompreso solo all'interno
della parola di Gesù. In tutto questo non deve sfuggire il fatto che,
mentre negli accenni precedenti alla figura di Mosè [attraverso la Legge]
o alla figura di Elia [attraverso Giovanni Battista] i personaggi venivano
soltanto richiamati, senza comparire direttamente sulla scena, proprio in
questo punto del Vangelo ritroviamo un contesto di visione che fa
entrare sulla scena del racconto direttamente i due personaggi. Essi, già
più volte evocati dal racconto, sono solo ora presenti, in un atto di
parola [«mentre conversavano»].
Passando dalla visione alla realtà i discepoli ricevono l'ordine di non
raccontare la visione finché egli non fosse risorto dai morti [Mt 17,9]:
come a Cesarea di Filippo i discepoli avrebbero dovuto tacere l'identità
cristologica [Mt 16,20], Con questa prolessi Gesù pone la resurrezione
dai morti come segno supremo del compimento del tempo della
salvezza. E, alla citazione di questo segno, i discepoli, Pietro, Giacomo
e Giovanni evocano nuovamente la figura di Elia che, secondo la lettura
degli scribi, sarebbe dovuto ancora venire. Gesù risponde ribadendo
l'idea già precedentemente espressa alla folla [Mt 11,9-15] presentando
un «Elia sofferente», trascurato e non riconosciuto: coloro che
«maneggiano le scritture» han già fallito su Elia, in quanto non l'hanno
identificato, anzi l'hanno trattato come han voluto, e così sarà anche del
Figlio dell'uomo che dovrà soffrire per causa loro. In questi accenni
saranno i tre discepoli a riconoscere -mediante il comento narrativo di
Mt- che Gesù si riferiva al Battista.
L'evoluzione della figura di Elia appare allora come segue: scesi dal
monte, dopo aver incontrato Elia e Mosè, nella gloria e nella luce, i
discepoli pongono l'interrogativo sull'avvento di Elia; Gesù,
fondandosi sulle scritture afferma che Elia è già venuto nella figura del
Battista, ma gli scribi non l'hanno riconosciuto. Il personaggio Elia, qui
interpretato in un'ottica di sofferenza, rimanda da una parte al ciclo
dello stesso profeta perseguitato da Gezabele e dagli infedeli che hanno
piegato le loro ginocchia a Ba'al [cfr. ciclo di Elia], e dall'altro alla
vicenda di Giovanni Battista messo in carcere e decapitato. Questo
tratto, Giovanni Battista/Elia sofferente fa crescere la lettura e la
comprensione dell'Elia atteso analogo al Servo sofferente del
Deuteroisaia [Is 52,13-53,12] già annunciato in controluce in alcuni
tratti della descrizione del Siracide.
36
PESCH, R., Il Vangelo di Marco. Parte seconda,...: «Nella fede popolare
giudaica Elia viene considerato colui che aiuta il suo popolo ed i suoi giusti nella
miseria. Egli assiste il giusto nell'ora della morte e gli reca conforto e salvezza
nell'affanno. Questa attesa non ha nulla a che fare con il ruolo escatologico di Elia»
[p. 724].
Questo epilogo della vita terrena di Gesù altro non è che il sigillo di tutta
una delineazione dell'identità messianica di Gesù in contrasto con
l'attesa del contesto. Ovvero, ascoltare il Figlio di Dio, -
precedentemente riconosciuto dallo stesso Padre come «l'amato, nel
quale si era compiaciuto»- ascoltarlo ad invocare e dire con il salmista:
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» significa riconoscere
radicalmente la contraddizione in atto con il modello dell'attesa
messianica documentata dal Vangelo. Per questo, ancora una volta gli
astanti capiscono «Elia» invece di «Dio mio», nel senso che
continuano, a radicalizzare la contraddizione tra un modello messianico
in potenza e la sconfitta del modello di Gesù.
Elia è la cifra di riferimento dell'intervento della potenza di Dio: se
Elia non viene a salvare significa che non è ancora giunto il giorno del
giudizio di Dio... ma Elia è già venuto, e non l'hanno riconosciuto!
Ecco il giudizio del narratore appoggiato alle parole di Gesù: chi parla
con tono di sfida mostra di appartenere al gruppo di coloro che non han
saputo leggere le scritture, non han saputo leggere i segni dei tempi e
riconoscere nella figura di Giovanni Battista la presenza dell'Elia
sofferente. In questo senso, lì sulla croce Gesù muore in compagnia di
quell'Elia che lo aveva preceduto in una morte ingiusta, il Battista e
nella compagnia di quell'Elia atteso ed incontrato sul monte della
trasfigurazione con Mosè che avrebbe fatto ritornare i cuori dei padri
verso i figli e i cuori dei figli verso i padri, avrebbe cioè promosso la
riconciliazione tra passato e presente e viceversa. Questo il Battista non
ha potuto fare, anzi a motivo della predicazione per la conversione è
stato decapitato; anche al Messia è accaduto di soffrire e morire per la
giustizia, ma tutto sarebbe divenuto comprensibile alla luce della
resurrezione.
La rivisitazione della figura messianica e di Elia ha condotto Mt a
raffigurare, nella chiusura del suo vangelo il «Cristo Pantocrator», al
quale è affidato «ogni potere in cielo e in terra», analogamente a come
più volte era stato presentato YHWH nel testo di MI: «dice il Signore
Pantocrator»: é8ó0t| (J,oi n a c a é q o u a i a év oupav® Kai ETCÌ
[%Ì\Q] W S [Mt 28,18bj.
La potenza di Dio si manifesta nel Figlio suo soltanto attraverso la
sosta sulla croce e questo è il cammino di ripensamento dell'attesa
messianica ed escatologica.
3 . 2 -VANGELO SECONDO M A R C O
• II problema
La questione è così formulata: il v. 1 appartiene o non appartiene
alla narrazione? È al di fuori della narrazione come nel caso del prologo
di Le 1,1-4 oppure determina l'articolazione del racconto stesso? Se
appartiene alla narrazione, il termine «vangelo» va inteso nella sua
accezione kerygmatica, se è titolo dell'opera va inteso nella sua
comprensione letteraria, come «genere letterario» a se stante. La
risposta a questi interrogativi può essere data a partire dall'analisi del
collegamento sintattico tra i vv. 1 e 2.
Il rapporto tra questi due versetti è stabilito dalla congiunzione
KaQcoq [=come] posta in relazione a yéypootTca [=è scritto] con
funzione testimoniale [31x nel NT]. Qual è il ruolo della congiunzione
Ka0(5<;? Stabilisce l'inizio del racconto, instaurando quindi un rapporto
con ciò che segue, oppure è compresa in collegamento con Me 1,1?
Ecco le due possibilità:
[1] Essa può essere posta in rapporto a ciò che precede [Me 1,1]:
in questo caso, la congiunzione avrebbe la funzione di confermare -
mediante le citazioni- ciò che viene detto sopra; il ruolo di congiunzione
sarebbe in rapporto all'espressione precedente che è di tipo nominale;
nella gran parte dei casi presenti nei vangeli essa svolge proprio questo
ruolo di conferma di un fatto o parole che trovano lì il loro compimento
[quindi la congiunzione avvalorerebbe il significato complesso del v. 1
essendo sintatticamente legata a questo versetto].
[2] Può essere posta anche in rapporto a ciò che segue: in questo
caso avremmo due termini di paragone; cioè: «come è scritto... così fu
Giovanni Battista nel deserto...».
# Valutazione
Questa seconda scelta, cha pare appoggiata dall'edizione del testo
standard?1 ci sembra poco fondata per i seguenti motivi:
a. Nella maggior parte delle volte che compare questa
congiunzione nel N.T. in rapporto alle citazioni dell'A.T. abbiamo la
37
II testo standard è il testo dal quale si elaborano le varie traduzioni nelle lingue
moderne: cfr. NESTLE - ALAND, Novum Testamentum Graece (Post Eberhard Nestle
et Erwin Nestle communiter ediderunt Kurt Aland Matthew Black Carlo M. Martini
Bruce M. Metzger Alien Wikgren apparatum criticum recenserunt et editionem novis
curis elaboraverunt Kurt Aland et Barbara Aland una cum Instituto studiorum textus
Novi Tetstamenti Monasteriensi (Westphalia); Stuttgart 2 6 1988); K. ALAND - M.
BLACK - C . M . MARTINI - B . M . METZGER - A . WIKGREN, The Greek New
Testament (In cooperation with the Institute for New Testament Texual Research,
Miinster/Westphalia; New York - London - Edinburgh - Amsterdam - Stuttgart
1975).
struttura ermeneutica della «conferma/compimento»: realtà + conferma
[=come è scritto, come dice...] [cfr. Me 9,13; 11,6; 14,16; 14,21;
16,7],
b. Quando appare tale struttura con finalità di proporre un
paragone, un'analogia allora è richiesta una particella, ad es.: omcoQ
Kai KaQòq éyévexo év Taìg f]jj,épai<; Noie, CUTGX; é a x a i
Kai èv tai<; ruaépan; toó) moti %ox> àvOpcóftoir «E come accadde
nei giorni di Noè, così sarà anche nei giorni del Figlio dell'uomo» [Le
17,26],
c. Inoltre, questa seconda scelta sintattica farebbe iniziare l'opera
di Marco in un modo alquanto strano con una congiunzione in apertura.
d. Il contenuto della citazione stabilisce una relazione certa con il
seguito, ma non con il solo v. 4, bensì con i vv. 4-11.
In conclusione: possiamo affermare che sul piano sintattico va
preferita la prima scelta. Ma tale scelta lascia in sospeso la definizione
precisa del rapporto semantico del v. 1 coi vv. 2-3.
Inoltre i vv. 1-3 possono essere spiegati sintatticamente come scelta
di tipo asindetico di Me nella forma dell'«accumulazione», cioè una
«figura retorica di tipo sintattico che consiste nell'allineamento di
termini linguistici, sia sotto forma di enumerazione ordinata e
progressiva sia come accostamento di oggetti, sentimenti, immagini
[anche di tipo inconscio] in modo disordinato o destrutturato».38 Noi
avremmo in questi versetti un'«accumulazione» ordinata e caotica
insieme: ordinata per il ruolo che esercita sulla strutturazione del brano,
caotica per l'accostamento sintatticamente confuso dei soggetti delle
citazioni. L'effetto retorico dell'«accumulazione» è molto vivo e
significativo.
B . SGUARDO COMPLESSIVO SU M E
I restanti passi in cui Me richiama la figura di Elia, nell'insieme
condivisi da Mt40 appaiono non intenzionati ad identificare direttamente
la figura di Elia con qualche personaggio della storia di Gesù. E vero
che permangono, analogamente a Mt, accenni allusivi ad Elia nel
presentare il Battista e la sua opera, ma mancano completamente i due
interventi di Mt tesi a compiere tale identificazione col Battista [Mt
11,14 e 17,13], Pertanto in Me la figura di Elia resta sullo sfondo, e
non si nota la preoccupazione di renderlo presente ed eloquente nella
vicenda di Gesù, anzi è solo richiamato dal parere della gente che pensa
Gesù come Elia, o relativizzato come figura nell'incontro con Gesù
nell'episodio della Trasfigurazione.
Questo è il giudizio complessivo su Me in relazione ad Elia, ma se il
metodo che stiamo seguendo vuole essere fondato su un approccio
canonico alle Scritture, appare immediatamente necessario
ricomprendere nell'analisi anche la finale non marciana ma canonica di
Me 16,9-20. In essa ritroviamo la volontà di agganciare il racconto di
Me con quello di Le, riprendendo non solo nello stile ma anche nel
39
Rimandiamo alle categorie della narratologia: per extra-diegetico intendiamo il
livello di comunicazione tra autore e lettore non appartenente alla diegesi, cioè al
racconto. In altre parole, chi ascolta la citazione di Is non sono tanto i personaggi del
racconto ma il lettore che viene istruito sulla logica di comprensione del racconto
stesso, istruzione grazie alla Scrittura che fonda il racconto a partire da Me 1,4.
40
Ad eccezione di Me 6,15 nel contesto dell'inchiesta sulla figura di Gesù da
parte di Erode; in esso si aggiunge, accanto a Giovanni Battista redivivo anche Elia,
analogamente all'episodio a Cesarea di Filippo
contenuto dei racconti passaggi comuni a Le e a Gv. Soprattutto Me
16,19 presenta per la prima volta -lungo l'atto di lettura dei Vangeli-
l'assunzione41 di Gesù al cielo: emerge, la volontà di evocare attraverso
questo evento ciò che era accaduto ad Elia, assunto in cielo su un carro
di fuoco. In sintesi, mentre in Mt la figura di Elia è stata riletta
unidirezionalmente da parte del narratore e di Gesù come Giovanni
Battista, in Me troviamo un esplicito sganciamento tra i due [Elia-
Giovanni Battista] per approdare, nella conclusione canonica a
preparare la prospettiva interessante e complessa di Le che riqualifica il
ruolo di Elia tra Giovanni Battista e Gesù.
Così, con la finale di Me 16,19 Elia inizia ad illuminare direttamente
le azioni di Gesù a partire dalla sua fine.
3 . 3 - V A N G E L O SECONDO L U C A
Finora abbiamo osservato quanto la figura di Elia appartenga
intimamente alla comprensione del Battista in Mt, quanto stia invece
sullo sfondo, evocando riferimenti per il Battista e infine per Gesù in
Me. Il processo della lettura ci ha così portati ad accrescere la distanza
tra la figura di Elia e i personaggi del racconto.
Ora, contrariamente a quel che viene continuamente sottolineato
nell'ambito degli studi lucani, secondo cui non si può comprendere il
vangelo senza porlo in diretto contatto con gli At, in questo approccio
canonico vorremmo sostenere che soltanto passando attraverso Gv è
possibile ascoltare il senso autentico dell'apporto di At. Quindi
l'itinerario passará da Le ad At attraverso Gv.
41
Utilizziamo l'espressione «assunzione» poiché la modalità espressiva è al
passivo: ctveÀ/n|i.(p0r|.
42
Cfr in particolare J. N. ALETTI, L'arte di raccontare Gesù Cristo. La scrittura
narrativa del vangelo di Luca (Biblioteca biblica 7, Brescia 1991) 54-74.
Battista, è presentato dall'angelo Gabriele come uno «che camminarà
davanti al Signore con lo spirito e con la potenza di Elia per far ritornare
i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e per
preparare al Signore un popolo ben disposto».
Inoltre nel Benedictus, Zaccaria dirà: «Kaì ai) 8e, TtaiSiov,
TcpoipTÌTrjc; \)\|/iaTOD K^TiO-iicTy TcpoTtop&ucfl yàp évcòmov
Kupiou é x o i p a a a i òòovq a m o v » «E tu bambino, sarai chiamato
profeta dell'altissimo: infatti precederai dinanzi al Signore per preparare
le sue strade» [Le 1,76]. In questi due testi viene enunciata direttamente
0 soltanto evocata la figura di Elia, di nuovo in riferimento a Giovanni
Battista.
Ad un primo approccio potremmo pensare di ritrovarci di nuovo
nella prospettiva matteana, ma, a ben vedere, Le elabora per il Battista
una forma di chiamata tipica della storia di Sansone e di Geremia: per
entrambi la chiamata avviene «dal grembo della madre», per il primo, in
quanto nazzoreo stabilito dall'angelo divino, per il secondo, in quanto
profeta delle nazioni. L'intervento nel grembo della madre, prima che il
bimbo venga alla luce, è un genere attestato nell'A.T. per esprimere il
trascendente nell'esperienza vocazionale, ciò che deborda e precede il
consenso del soggetto. Ora, mentre la presentazione del Battista in Mt
era relazionata alla figura di Elia direttamente a partire dalla sua attività
pubblica e matura, Le instaura una relazione con Elia ancor prima della
nascita del bimbo. Ma l'angelo Gabriele in Le non afferma che il bimbo
che nascerà sarà Elia, ma dice solo che condividerà di Elia lo spirito e la
potenza. La presentazione della figura di Elia in queste due citazioni, è
sempre fatta in relazione al Signore: egli camminerà davanti al Signore,
per preparare al Signore un popolo ben disposto [Le 1,17], oppure
precederà dinanzi al Signore per preparargli le strade [Le 1,76]; solo
con Le 3 veniamo a comprendere con ogni evidenza che il Signore di
cui parlano l'angelo Gabriele e Zaccaria altro non è che Gesù di
Nazareth stesso. Chiudendo questo primo livello di analisi raccogliamo
ulteriori personaggi che collegano per alcuni tratti comuni la figura di
Giovanni Battista con quella di Elia, l'angelo Gabriele e Zaccaria.
43
Anche in Gen 22,16 ritroviamo questa formula greca che interpreta l'ebraico
jlP "'D. La ricorrenza dell'espressione solo in questo contesto diviene
r
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apertionem
E. L e 9 , 1 8 - 2 2 : L'INCHIESTA DI GESÙ
Nell'inchiesta rivolta ai discepoli sull'opinione della gente e sul
loro pensiero, Le evita di collocare la scena a Cesarea di Filippo, per
non far entrare Gesù in territorio pagano e preparare la missione
postpasquale ai discepoli. Anche in Le, come negli altri sinottici,
emerge dalla risposta di Pietro: Gesù è il Cristo/Messia. L'identità
messianica di Gesù in Le fa riferimento all'unzione in Spirito,
nell'annunciazione, nel battesimo e proclamata nella sinagoga a
Nazareth.
F. L e 9,28-36: TRASFIGURAZIONE
Essendo il racconto di Le della Trasfigurazione molto diverso
dalle redazioni di Mt e Me, e non potendo soffermarci nell'analisi del
brano ci limitiamo a sottolineare gli elementi significativi al nostro
scopo. Anzitutto la scena si colloca all'interno di un'esperienza di
preghiera «sul monte»: lì vi sono Gesù e i tre discepoli, Pietro,
Giacomo e Giovanni. L'esperienza provoca una visione dell'aspetto
mutato di Gesù e delle sue vesti bianche e una apparizione di due
uomini, Mosè ed Elia.
È di Le l'ampliamento sul contenuto del dialogo tra Gesù, Mosè ed
Elia: essi parlano dell'«esodo» di Gesù che egli stava per compiere in
Gerusalemme. Ora, l'espressione è enigmatica, il termine greco «
e^oòoq » ricorre solo lx in Le, in questo punto e altre 2x in tutto il
N.T. [Ebr 11,22 e 2Pt 1,15]. È usato per la prima volta nella LXX in
Es 19,1 per introdurre -a tre mesi di distanza dall'esodo degli Israeliti
dalla terra d'Egitto- l'esperienza sinaitica. Di che esodo si tratta?
Troviamo risonanze bibliche provocate dalla presenza di Mosè ed Elia:
«I "due uomini" parlano con Gesù dell'"esodo" (v. 31) che egli sta per compiere a
Gerusalemme, dove "sarà tolto" dal mondo (v. 51). Queste espressioni alludono in
maniera evidente, da un lato, al "rapimento di Elia" (cf. 2Re 2,9-11), salito presso
Dio per ricomparire nei giorni del messia, e dall'altro alla liberazione dall'Egitto,
sotto la guida di Mosè». 4 5
45
I. RADERMAKERS - PH. BOSSUYT, Lettura pastorale del Vangelo di Luca
(Lettura pastorale della Bibbia 11, Bologna 1983) 290. Cfr. anche J.G. DAVES,
«The Prefigurement of the Ascension in the Third Gospel» JThS 6 (1955) 229-233;
J. MÀNEK, «The New Exodus in the Book of Luke» NovTest 2 (1957) 8-23.
in Galilea, dicendo che bisognava [8ei] che il Figlio dell'uomo fosse
consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il
terzo giorno» [Le 24,5-7]. L'annuncio dei «due uomini» rimanda al
riferimento tipico del «bisognava» [Sei], intendendolo entro il piano di
salvezza annunciato nelle Scritture.46 Quindi l'annuncio del sepolcro
vuoto, nell'affermazione «non è qui, è risorto» significa 1'«uscita» dal
regno dei morti, dal sepolcro.
« 44 Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora
con voi: bisogna [Sei] che si compiano tutte le cose scritte su di me
nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45 Allora aprì loro la
mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 "Così sta scritto: il
Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47e nel suo
nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei
peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni.
49
E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi
restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
50
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
51
Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.
52
Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande
gioia; 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio».
. 3 . 4 VANGELO SECONDO G I O V A N N I
A . G v 1 , 1 9 - 3 4 : IL BATTISTA SI AUTOCOMPRENDE
46
Cfr. l'utilizzo tecnico di tale verbo in molti passi dei vangeli e in specie negli
annunci della passione [cfr. anche Le 24,26.44].
r Se Le 3,15-16 ci aveva informati sull'autocoprensione del
Battista che rifiutava di identificarsi col «Cristo», l'evangelista
Giovanni è ancora più esplicito nel collocare direttamente in bocca al
Battista le seguenti espressioni:
47
Di Enoch Gen 5,24 afferma che «camminava con Dio e non ci fu più perché
Dio l'aveva preso», ma non presentata la dinamica dell'assunzione in cielo in modo
esplicito.
venire è Gesù di Nazareth producendo con la sostituzione del
personaggio atteso anche la sostituzione dell'escatologia ebraica con
l'escatologia cristiana! Ovvero, la fede neotestamentaria non porta a
credere che Gesù è l'Elia atteso [processo di riduzione del personaggio
storico a quello escatologico] ma piuttosto che il vero Elia atteso è Gesù
[processo di riduzione del personaggio escatologico a quello storico]
innovando la stessa comprensione dell'escatologia, da ebraica a
cristiana.
Tale innalzamento cristologico al di sopra della figura escatologica di
Elia è altamente documentato in Gv dove non solo Giovanni Battista
viene liberato dal peso dell'identificazione con il personaggio
escatologico, ma lo stesso Gesù è ripensato in un rapporto nuovo con il
Padre e con il Paraclito, lo Spirito santo, lo Spirito di Verità [Cfr. Gv
14-16]. L'escatologia realizzata nel grande segno di morte e
resurrezione di Gesù comunicabile attraverso il dono dello Spirito dice
in Gv la possibilità di vivere nei tempi escatologici oggi, nel tempo del
discepolato, della Chiesa. Il vangelo di Giovanni, il libro del testimone,
si chiude osservando la potenziale infinità di libri necessari per dire
Gesù, un Vangelo che «passa il testimone» a potenziali altri scritti
testimoniali [Gv 21,24-25]. La Chiesa ci ha lasciato il testo di At come
testo di testimonianza di comunità credente nel Cristo morto, risorto ed
assunto in cielo.
48
Anche le annotazioni numeriche, entro queste modalità di composizione del
racconto, appaiono estremamente eloquenti se poste e studiate in relazione alla
vicenda di Mosè ed Elia: in particolare la Pasqua, i quarata giorni e i cinquanta giorni
di Pentecoste.
di MI, è passato attraverso le quattro testimonianze evangeliche. L'esito
dell'itinerario ha visto il potenziamento progressivo della cristologia,
approdando ai suoi vertici nel vangelo di Gv, mediante un ritirarsi della
figura di Elia per far spazio ad una nuova figura escatologica; questo
costituisce così un processo analogo alla comprensione canonica ebraica
di Elia nel libro del cosiddetto profeta Malachia, con la presentazione di
un'escatologia realizzata; là nella vita nuova del popolo tornato
dall'esilio, nella ricostruzione della città e del tempio in epoca persiana,
qui nella vita nuova come dono del Cricifisso e del Risorto.
La possibilità fondata di partecipare della vita di Dio oltre i confini di
un tempo e di uno spazio sacro viene progressivamente inaugurata entro
le pagine evangeliche per giungere alla vicenda della comunità dei
credenti in Cristo che grazie al dono dello Spirito santo,
progressivamente porta l'annuncio da Gerusalemme ai confini
dell'impero. Itinerario profetico di una Parola che si diffonde
accompagnando e precedendo gli stessi missionari. L'esperienza
profetica ritorna in tutta la sua rilevanza entrando così a contatto con la
Chiesa delle origini. Vediamo.
49
Cfr. per questi aspetti la relazione di: P. LOMBARDINI, L'investitura di Eliseo
e il rapimento di Elia, in: BIBLIA. Atti del Convegno, Elia o il Mosè del silenzio,
Trevi 22-25 gennaio 1998.
appare con chiarezza quanto venga sottolineata con insistenza
l'esperienza del «vedere Gesù». Gesù ora tace, se ne va e scompare, in
tutto questo resta il segno dell'ultima visione che segue la parola. Solo
chi ha prima ascoltato ha potuto vederlo, nessun altro può vederlo e
riconoscerlo se non coloro che lo hanno ascoltato.
2. «Ascoltare i due uomini in bianche vesti»: nuovamente
ritroviamo dopo quaranta giorni, due uomini in bianche vesti
sfolgoranti, prima nel sepolcro, nel cuore della terra, ora in cielo; essi
continuano a ripetere di non cercare Gesù nel luogo sbagliato, il
sepolcro o il cielo. Non tocca all'uomo conoscere i tempi e i luoghi,
certezze rassicuranti, quanto ascoltare, grazie allo Spirito, la Parola del
Signore. L'ultima parola, mentre Gesù si sottrae, è annunciata da due
uomini, vestiti come Gesù sul monte della Trasfigurazione, forse «da
lui rivestiti da risorti» a partire da quel mattino del primo giorno dopo il
sabato,50 continuità ideale della testimonianza di Mosè e di Elia a
quaranta giorni dal. mattino di Pasqua, evocazione anche di quando
YHWH, Dio d'Israele si rese presente con la sua Parola, scritta col suo
dito su tavole di pietra, collocate nell'arca dell'alleanza:51 Dio cammina
col suo popolo attraverso la custodia della sua Parola. Dal cielo due
uomini che rimandano alla testiamonianza resa da Mosè ed Elia
sull'«Esodo di Gesù in Gerusalemme» [Le 9,31]: essi ascoltano il
Messia e raccontano di lui, come le Scritture tutte avevan preparato
questi eventi. Questi due personaggi affermano che egli ri tonerà nel
modo in cui se n'è andato: in tutto questo cogliamo la chiara volontà di
sostituzione -più volte ricordata- del ruolo di Elia in relazione
all'escatologia. L'attesa non è più dell'Elia che deve venire -possiamo
dire con Mt che «egli è già venuto e non l'hanno riconosciuto»- ma del
Messia dopo aver rivisitato i contenuti e i valori dell'escatologia
veterotestamentaria.
A chi consegnare lo spirito di profezia per leggere ed interpretare
le Scritture, affinché la testimonianza si diffonda?
50
C f r . l'annotazione lucana all'inizio dell'episodio della Trasfigurazione: «Circa
otto giorni dopo» [Le 9,28] diversa da Me 9,2 e Mt 17,1 che riportano «Sei giorni
dopo».
5i
Cfr. in particolare Es 34 e i capp. successivi finalizzati a costruire il nuovo
luogo della manifestazione e della presenza di YHWH nel suo popolo: l'arca
dell'alleanza, il santuario, la tenda dell'incontro.
l'Israele al tempo di Davide e di Salomone, l'Israele unito sotto uno
stesso Messia, unto del Signore. Dopo la separazione tra il regno del
nord e il regno del sud, sorgerà Elia profeta per ristabilire la logica della
fedeltà all'unico Dio, YHWH. Contro l'infedeltà dell'intero popolo Elia
deve ritornare alla fonte, al monte Oreb, in un cammino a ritroso
nell'incontro con il Dio d'Israele. Egli sul monte Carmelo, come Mosè
sul monte Sinai aveva disposto dodici pietre [Es 24,4; IRe 18,31] per
le dodici tribù d'Israele, paladini entrambi dell'unità del popolo
nonostante la smentita della storia. Ora, Gesù se ne va lasciando il
nuovo popolo di Dio carente di un figlio, Giuda; per questo occorre
ricostituire, nel numero dodici, l'unità del nuovo popolo d'Israele,
generato dalla fede in Gesù, generato dalla sua parola. Egli per loro è
padre e maestro, essi discepoli e figli. Anche le persone presenti al
discorso di Pietro per la sostituzione di Giuda sono un multiplo di
dodici, centoventi [120=12x10].
3.6 APOCALISSE
Oltre ai due accenni espliciti alla vicenda storica di Elia contenuti
in Rm 11,2-4 e in Gc 5,17-18 ritroviamo accenni cifrati nel libro
dell'Apocalisse. Si tratta del cap. 11. La scena contestualizzata nel
settenario delle trombe -ci troviamo alla sesta prima del secondo
«guai!»-, presenta «due testimoni» che gli esegeti hanno
differentemente identificato: Mosè ed Elia, Elia ed Enoc, Pietro e Paolo,
due testimoni anonimi per soddisfare alle regole del diritto ebraico...
Non potendo soffermarci sull'analisi specifica dell'intero brano,
rimandiamo, per i dettagli, all'opera di P. Prigent52 che
complessivamente condividiamo. Ci limitiamo a sottolineare e a
riportare solo qualche passaggio. La tesi di fondo dell'autore è che i
«due testimoni» siano figure tipologiche [Mosè ed Elia] finalizzate a
descrivere la missione profetica della comunità cristiana. L'attenzione
quindi è sulla fisionomia testimoniale e profetica della comunità
cristiana. Dopo aver presentato le varie proposte di identificazione dei
personaggi l'autore afferma:
52
P. PRIGENT, L'Apocalisse di Giovanni (Commenti biblici, Roma 1985) 311-
339.
53
P. PRIGENT, L'Apocalisse di Giovanni..., 327-328.331.
stavano a guardarli. 12Allora udirono un grido possente dal cielo:
"Salite quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei
loro nemici» [Ap 11,11-12]
f «'Dopo di ciò vidi: una porta era aperta nel cielo. La voce che
prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti
mostrerò le cose che devono accadere in seguito. 2 Subito fui rapito in
spirito» [Ap 4,1-2]
Il destino della comunità cristiana è quello di imitare il suo
Signore, nella sofferenza, nella morte, nella resurrezione e Colui che attesta quello che ha visto [Ap 1,2], è anche il primo ad
nell'assunzione al cielo. accogliere in Spirito l'esperienza di salire in cielo e lì contemplare la
gloria di Dio e del suo Cristo. Il movimento di Elia si è trasmesso a
«Secondo Ap 11,18; 16,6; 18,20.24 appare che i profeti, sempre citati in Gesù, alla comunità nella speranza ed è la condizione della
compagnia dei santi, appartengono al numero dei cristiani che hanno accettato di comunicazione delle stesse parole, racconto di visioni avute dal profeta
pagare con la loro vita la fedeltà a Dio e all'agnello. Per usare altri termini, essi sono Giovanni nell'Apocalisse.
i vincitori, quelli che custodiscono la testimonianza di Gesù, ossia i cristiani maturi
pronti a camminare con il loro Signore fino al martirio. Appunto qui bisogna La Bibbia si conclude in accordo con le parole di At 1,11: due
rileggere Ap 19,10: "La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia". uomini dal cielo si rivolsero a coloro che stavano guardando in alto
Profetizzare significa lasciar agire lo Spirito di Dio che annuncia Gesù e la sua annunciando che Gesù sarebbe venuto [è^eoSaetca] nel modo in cui se
testimonianza. Significa seguire la via unica tracciata dallo Spirito, scoprendo da un n'era andato; le pagine neotestamentarie chiudono con la Sposa, la città
lato la visione cristocentrica delle antiche profezie e dall'altro custodendo la santa, la Gerusalemme nuova che scende dal cielo e con lo Spirito,
testimonianza di Gesù, cioè facendosi a propria volta testimoni.
anch'esso disceso dal cielo... Spirito e Sposa che invocano insieme
Ap 11,3-13 costituisce una bella illustrazione di questa definizione. Il testo «Marana' ta' - Vieni Signore»:
permette anche di avanzare una precisazione complementare. In realtà, è da rilevare il
parallelismo esistente tra la sorte dei testimoni e quella del loro Signore. Se tale
« l7 Lo Spirito e la Sposa dicono: "Vieni"... 20 Colui che attesta
parallelismo viene sottolineato esplicitamente solo a proposito della morte (v. 8:
queste cose dice: "Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù.
"dove il loro Signore fu crocifisso"), non resta meno evidente, benché solo 2,
La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!» [Ap
implicito, a proposito della resurrezione e dell'ascensione (vv. 11-12). E dire che il
21,17.20-21],
profeta, in certo senso, è il luogotenente di Cristo sulla terra. Egli attesta con la
parola e con gli atti la morte e la resurrezione pasquale. È dunque, nel mondo e per il
...dall'Elia, il profeta che deve venire a Gesù il Cristo, alla
mondo, un segno di condanna o di salvezza. Per questo la missione profetica della
Chiesa viene presentata in questo passo dell'Apocalisse come un elemento necessario
Gerusalemme Nuova, la comunità cristiana: tale è l'itinerario dello
della storia della salvezza. Il piano di Dio non arriva al suo compimento, la settima
Spirito profetico transitato da Elia ad Eliseo, da Gesù alla Sposa, la
tromba non suona prima che la Chiesa non abbia avuto tempo di rispondere alla Chiesa.
propria vocazione di essere quaggiù la testimone di Gesù». 54
54
P. PRIGENT, L'Apocalisse di Giovanni..., 323-324.
158 159
INDICE
1. P R E M E S S E 101
1 . 1 . SIGNIFICATO DEL T I T O L O 1 01
A. Quale testo analizzare per la testimonianza sulla figura Elia? 101
B. Da un approccio alla figura di Elia di carattere fenomenologico a quello
dell'ermeneutica canonica 101
2. LA P O S I Z I O N E D E L L A F I G U R A DI E L I A N E L " C O S I D D E T T O " L I B R O
DEL P R O F E T A M A L A C H I A : LA L O G I C A D E L P A S S A G G I O D A L L ' U N A
ALL'ALTRA SCRITTURA 103
3. C O M P R E N S I O N E N E O T E S T A M E N T A R I A D E L L A F I G U R A DI E L I A 12 5
3 . 2 . VANGELO SECONDO M A R C O 13 6
A. Me 1,1-4: L ' a r t e di iniziare il Vangelo 136
a. La comprensione del rapporto tra Me 1,1 e Me 1,2-4: il problema della congiunzione
Koc0c5<; 137
» Il problema 137
• Valutazione 138
b. La struttura della citazione di Isaia 139
B. Sguardo complessivo su Me 140