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I poeti elegiaci e la cultura augustea

Anche nelle opere dei poeti elegiaci compaiono alcuni temi presenti nella propaganda ufficiale (la pace, la
campagna, la pietas ecc.), tuttavia, con la parziale e apparente eccezione di Properzio essi non innalzarono
in genere il loro canto a celebrare la nuova età dell'oro e il suo fondatore, né si fecero entusiastici
sostenitori dei modelli di moralità indicati come esemplari della propaganda augustea, né si curarono della
decadenza morale e quindi della necessità di un ritorno ad una maggiore severità di costumi. La loro opera
al contrario, proseguendo la dimensione lirico-soggettiva aperta dai Poetae novi e proponendo ideali di
evasione nell'amore e nel sogno, si poneva di fatto in opposizione alla propaganda dell'ideologia ufficiale.
E in una posizione di sia pur larvata opposizione li pose anche il circolo letterario a cui, con la sola eccezione
di Properzio, appartenevano: quello di Messalla Corvino. Egli aveva dato al suo rifiuto di collaborazione con
il nuovo regime un significato politico; Tibullo, Ovidio forse no, anche se, rifiutando l'epica e la poesia
impegnata con ripetute recusationes e proponendo ideali tanto lontani da quelli augustei, denunciavano
una voce di dissenso, un fattore di crisi nella struttura culturale del principato. PROPERZIO occupa una
posizione particolare perché si trova a fianco di Virgilio e Orazio nel Circolo di Mecenate, di cui
evidentemente condivideva gli indirizzi. Egli è l'unico fra gli elegiaci a dedicare diversi componimenti ad
Augusto e alle sue imprese, ma tradusse il suo proposito in una serie di componimenti in cui confluirono il
motivo tutto alessandrino dell'aition (trattazione della causa che è all'origine del nome di un luogo), la
struttura dell'epillio, il gusto per la curiosità archeologica, nonché la sua sensibilità di poeta d'amore e che
dell'amore aveva fatto il centro della propria esperienza spirituale e letteraria.

L'AMORE NELLA POESIA ELEGIACA


Diversamente dalla commedia e dall'elegia alessandrina, nell'elegia romana la vicenda erotica diventa il
centro della narrazione, il protagonista unico a cui ogni altro elemento strutturale viene piegato e
subordinato. Inoltre non è cantato l'amore felice, destinato a risolversi nel matrimonio, ma l'amore-
sofferenza, l'amore senza pace, lacerato dai morsi della gelosia o viziato dall'impossibilità di una sua piena
realizzazione. Esso assume spesso tinte ossessive, diventa per il poeta unica ragione di vita, riempie la sua
esistenza al punto di renderlo incapace di provare altri sentimenti. In Tibullo e Properzio troviamo le stesse
caratteristiche che esso aveva nel canzoniere di Catullo: è morbus, malum, servitium, rende l'uomo miser.
In Ovidio invece prevale il carattere erotico-mondano, il gioco incostante e salottiero codificato nella
trattatistica dell'Ars amatoria. Luoghi comuni, convenzioni di un codice galante: la bellezza della donna
amata (semplice e non artefatta in Tibullo, più aggressiva e sensuale in Properzio, codificata in schemi
convenzionali in Ovidio), l'infedeltà della donna, da cui scaturisce uno degli ingredienti più ricchi di
drammaticità e di pathos, la gelosia che, già dominante in Catullo, viene vissuta in termini di autentica
drammaticità da Tibullo e soprattutto da Properzio, mentre ancora una volta in Ovidio scade a gioco
salottiero e galante. E ancora: il tema del discidium a causa dell'incostanza o della avaritia della donna che
chiude le porte in faccia all'amante e che offre lo spunto a tutta una serie di situazioni tipiche della poesia
erotica, come il canto presso la porta chiusa (), pieno di suppliche, dichiarazioni
d'amore.

Due considerazioni:
1. Nell'elegia d'amore il sentimento soggettivo del poeta che si concretizza nell'amore unico, possessivo ed
esclusivo, si fonde in genere con i luoghi comuni dell'epica alessandrina (epigrammi, elegie ecc.) e romana
(commedia), conferendo tuttavia ad essi nuova vitalità e freschezza. Naturalmente questo non sempre
accade, perché talvolta la raffinata ricerca del topos soverchia l'ispirazione (come avviene spesso in
Properzio) o addirittura diventa addirittura fine a se stesso (come in Ovidio).
2. C'è da operare una netta distinzione fra Tibullo e Properzio da una parte e Ovidio dall'altra: i primi
riscattano con la sincerità del sentimento la scontata materia erotica, il secondo la riconduce invece a
schemi convenzionali di un codice di comportamento mondano.

LA DONNA NELLA POESIA ELEGIACA


Il poeta romano, a differenza dei poeti alessandrini, fa di una donna concreta la protagonista della sua
passione, limitandosi a celarne il nome reale sotto poetici pseudonimi. A lei il poeta si rivolge in prima
persona, usando il vocativo e il possessivo mea, e le parla dimenticando l'uditorio. Discorso valido solo per
Tibullo e Properzio: Ovidio negli Amores ritorna all'elegia erotica narrativa e sostanzialmente impersonale.
L'uso dello pseudonimo serviva soprattutto a trasferire, attraverso la scelta di nomi allusivi, persone
concrete in un'atmosfera rarefatta di fiaba. La critica in genere tende ad affermare l'autenticità
dell'esperienza amorosa di Tibullo e di Properzio e a negare quella di Ovidio, sulla scorta di alcune sue
affermazioni. Ma più che sull'autenticità dei rapporti interpersonali e importante fissare l'attenzione sulla
sincerità e sulla novità del canto d'amore: Catullo, Tibullo, Properzio cantano infatti l'amore più che
l'amante, inteso come sentimento divorante e ossessivo, capace al tempo stesso di sconvolgere e d esaltare
l'animo. Essi descrivono un'avventura spirituale entusiasmante e profondamente autentica. Termini
profondamente ambivalenti e contraddittori con cui la donna viene descritta: da una parte è mitizzata e
idealizzata come oggetto d'amore, dall'altra insultata come incostante, fedifraga, avida, incapace di
apprezzare e capire l'amore vero. Catullo su tale dissidio basò gran parte del suo canzoniere. In Tibullo e in
Properzio ancora una volta oggetto del canto non è tanto la donna concreta quanto l'impossibilità di
proiettare in essa un concetto altissimo d'amore, ideale e irraggiungibile, creato dal poeta stesso. Per
questo forse i momenti di maggior ricchezza lirica e sentimentale vengono raggiunti quando il poeta, dopo
il discidium o addirittura la morte della donna, contempla la persona amata sull'onda dei ricordi, dando così
vita ad un fantasma che non teme confronti con una donna reale, poiché è pura creazione della fantasia e
del sentimento.

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