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1.5. Conversione di base.

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Per la rappresentazione (1.6) in base β si usa la notazione posizionale

x = ± (0.d1 d2 . . .)β β p o x = ± 0.d1 d2 . . . β p .

La base β, quando è chiara dal contesto, non viene indicata. Anche lo zero prima
del punto può essere omesso. Nella scrittura corrente, in cui β = 10, si scrive

x = ± 0.d1 d2 . . . 10p e x = ± 0.d1 d2 . . . se p = 0.

Poiché d1 6= 0, la rappresentazione (1.6) è normalizzata. La normalizzazione, oltre


ad essere necessaria per l’unicità, si rivela vantaggiosa quando si rappresenta solo
un numero limitato di cifre. Ad esempio il numero x = 1/7000 può essere cosı̀
rappresentato in base 10:

x = 0.142857142857 . . . 10−3 (rappresentazione normalizzata),


x = 0.000142857142 . . . (rappresentazione non normalizzata).

Se si tronca la rappresentazione a 6 cifre, si ottiene nel primo caso il numero x1 =


0.142857 10−3 e, nel secondo caso, il numero x2 = 0.000142. È evidente come x1
fornisca una migliore approssimazione, rispetto a x2 , del valore di x. L’informazione
fornita dagli zeri dopo il punto può essere trasferita, con minor spreco di memoria,
nell’esponente.

1.5 Conversione di base.

Dato un numero x > 0 scritto in base 10, l’operazione con cui si ricavano le cifre
della sua rappresentazione in base β si chiama conversione di base. La conversione
viene fatta seguendo algoritmi diversi, a seconda che x sia un numero intero o no.

(a) Se x è intero, allora

p
X p
X p−1
X
p −i p−i
x=β di β = di β = β q1 + dp , dove q1 = di β (p−1)−i .
i=1 i=1 i=1

Poiché q1 e dp sono due interi e 0 ≤ dp < β, q1 è il quoziente della divisione di x


per β e dp è il resto. Si è cosı̀ ricavata l’ultima cifra della rappresentazione in base
β di x. Riapplicando il ragionamento a q1 si ricava dp−1 e cosı̀ via.
Per esempio, si converte in base 2 il numero intero x = 41 (scritto nella base 10).

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