Prefazione
L’importanza di Kant del far coincidere la realtà umana con una sfera rigorosamente limitata sta
nell’indagine conseguente sull’identità umana e sulla sua provenienza.
Alla dicotomia tra apparenza e realtà corrisponde quella tra principio apollineo della bella parvenza e
principio dionisiaco dell’intima profondità che ci ha consegnato la differenza tra K. e Z. consegnandoci una
civiltà dalle vuote apparenze.
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Durkheim basa la sua concezione sullo studio dei fatti sociali, intesi come realizzazione collettiva di azioni e
rappresentazioni totalizzanti ed è la religione l’esempio più antico e universale come traspare dai suoi studi
sugli aborigeni australiani.
Per Durkheim le espressioni fondamentali del pensiero umano sono le categorie (nozioni di tempo, spazio,
genere, ecc.), un pensiero capace di tanto non può scaturire dai singoli individui ma dalla collettività alla
quale appartengono e in particolare dalla religione.
La differenza tra il pensatore francese e Kant è che esso crede tale organizzazione a priori non sia interna a
un soggetto formale ed astratto bensì di a un soggetto materiale e concreto, la società.
La religione è la prima rappresentazione che una società umana fa di se stessa trasformandola nello
strumento per definire e comprendere la realtà intera.
La forza genetica del religioso Durkheim crede che risieda in quella elettricità sacrale che risiede negli
aborigeni quando s’incontrano in momenti di vita sociale che non fanno che riprodurre la crisi iniziale sotto
forma di insorgenza rituale di una minaccia che la comunità ha imparato ad allontanare vittoriosamente.
5. Lévi-Strauss e Bataille
Per Lévi-Strauss la cultura organizza in modalità discontinue e significanti ciò che in natura si presenta in
modalità continue e prive di significato: egli pone nella famiglia e nel matrimonio il luogo di passaggio da
natura a cultura.
Il matrimonio è scambio secondo regole fisse in quel campo istintuale e biologico in cui potrebbero
facilmente sorgere le divisioni e le contese: egli non nega che questo possa accadere ma che questo non sia
l’esito normale della cultura.
Il suo errore è però quello di non considerare il dramma da cui hanno preso forma le culture, il punto di
passaggio che sta nel sacrificio.
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Bataille parte dalle tesi di Lévi-Strauss ma obbiettando che egli non riconosce il dramma reale che l’ha
introdotta e l’opposizione violenta che non cessa di alimentarla.
Anch’egli però arriva a pensare come Freud che la scena originaria abbia senso in quanto mai avvenuta.
Per Bataille il matrimonio è più la colonizzazione culturale che sottomette la sessualità animale ai criteri
sociali della produttività e dell’utile: il punto di equilibrio è da cercare altrove il matrimonio è solo un
estremo opposto all’erotismo, cioè alla sessualità di provenienza biologica.
La sessualità è ciò che la cultura rifiuta ma di cui l’umanità non puoi fare a meno: l’erotismo è la
trasgressione all’ordine matrimoniale che le culture arcaiche consentivano in appositi momenti eccezionali
rituali ed orgiastici.
L’uomo moderno vorrebbe far sua l’esperienza della chance, il vivere attimo per attimo in base alla
consapevolezza che la vita non è altro che dispendio irreversibile.
L’analisi bataillana della dimensione erotica conferma una legge più generale valida anche nell’economia,
per cui l’organizzazione centrata sul lavoro e sull’accumulo di ricchezze può reggersi solo se di tanto in
tanto queste ricchezze vengono dissipate e distrutte completamente, fatto che lega l’umano al sacrificio.
7. Un vuoto d’oggetto
L’errore di Girard è dato da un negativismo che è sviluppato dalla visione anoggettuale del mimetismo dove
l’affermarsi del desiderio è reso possibile dal suo distacco rispetto all’oggetto. Girard riduce tutto il
significato al primo omicidio omettendo tutta la nuova dimensione simbolica e semantica della cultura e il
fatto che la cultura sia un oggetto in sé.
Egli è costretto a reintrodurre l’oggetto che è prima istintuale nella condizione animale e poi il risultato
della nuova percezione simbolica senza spiegare il passaggio.
Il cadavere della prima vittima diventa il primo oggetto non istintuale su cui si concentra l’attenzione della
comunità ma Girard non spiega il perché: sia che tale forza sia nel cadavere o nella comunità manca un
elemento che faccia da medium.
Egli poi esalta il significato della tomba che però introduce un ordine culturale già molto avanzato.
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Freud in “Psicologia delle masse e analisi dell’io” è insoddi-sfatto dalla pura descrizione degli autori
analizzati e si spinge ad un’interpretazione per spiegare i fenomeni di massa: in particolare il bisogno di
avere un capo e la capacità di organizzarsi stabilmente in forme gerarchiche.
Egli si occupa quindi più delle masse organizzate (esercito chiesa) che delle folle e si rifiuta di credere che la
suggestione che non ha spiegazione spieghi tutto.
Egli lo spiega con la libido in cui l’oggetto è sottratto e traslato su un oggetto comune come il capo supremo
e introduce l’identificazione che è una forza imperniata sul ruolo del modello con cui si identifica ed è la
forza più originaria di legame emotivo.
Solamente una simile figura divina è in grado di mettere a tacere l’invidia originaria che dividerebbe i
membri della comunità: la conclusione è che il sentimento sociale poggia quindi sul rovesciamento di un
sentimento inizialmente ostile in un legame di tipo positivo avente i caratteri dell’identificazione.
5. Funzioni duplicatrici
Il labirinto cretese è il teatro dei riti curetici di cui essi sono gli esponenti di gruppo non ancora differenziati,
sono il simbolo narrativo di una capacità di travestimento e duplicazione che Girard collega ai doppi rivali
della sua crisi mimetica.
I Cureti sono una funzione duplicatrice attorno alla quale la società rappresenta se stessa mediante la
proiezione del mito, che esteoflette all’esterno, in una dimensione sacrale e divina, quello che a un certo
stadio di differenziazione, diviene possibile introflettere verso l’interno: nella proto-grecia cretese la Grecia
classica rivisitava se stessa.
La funzione collettiva dei Cureti avviene nelle mitologie di tutto il pianeta secondo forme e nomi diversi.
I rituali ierogamici e labirintici hanno un sanguinoso legame con atti di smembramento e hanno un duplice
risvolto distruttivo/creativo conforme alla struttura doppiovincolare che sfocia nei figli contro il padre o nei
gemelli in un lato in sangue e violenza e dall’altro permette il succedersi generazionale
6. Conferme titaniche
Girard racconta che titani si scagliano contro Dioniso mentre suonano sonagli e dopo averlo accerchiato lo
divorano, Zeus resuscita il figlio e fulmina i Titani: stavolta l’infanticidio è avvenuto. Girard demistifica
completamente i miti cancellando tutte le stratificazioni culturali di cui abbiamo parlato sinora.
Il mito è parte attiva come lo sono le scienze ora delle nuove soglie di riproduzione che ci divengono capaci
di vedere se stesse e che sono conseguenza della mediazione che incarna la genesi stessa che si organizza
intorno a un centro significante.
Dal mito sono derivate le arti figurative, la musica, anche le scienze esatte (ad esempio abilità altissime
nell’osservare eclissi) e la storiografia che diventa narrazione del mito sotto forma di spiegazione.
Se vogliamo giungere al significato mediatorio e oggettuale della mitologia basta osservare la direzione
costante verso la rappresentazione e conoscenza del mondo.
I miti sulla natura sono per la loro antichità e ubiquità i più importanti: le catastrofi naturali possono
corrispondere a catastrofi interne a crisi sociali di cui gli eventi naturali diventano l’espressione simbolica,
particolarmente importanti sono quelli legati ai corpi celesti.
8. Mythoi vulcanici
La valenza proto-scientifica e pre-storiografica della mitologia arcaica ci viene testimoniata da molti esempi
di miti su fenomeni naturali (vulcani, inondazioni, ecc.): analogo alla scienza attuale con un grado di
precisione maggiore.
Pindaro ha trasportato in Occidente il mito del mostro Tifone che Zeus punisce sotto i fulmini e
seppellendolo sotto il vulcano siciliano: Catania in quegli anni aveva preso proprio il nome di Etna. Nella
descrizione la lava è descritta come mostruosa e sacra, definizione mantenuta anche da Eschilo.
9. La morte di Empedocle
L’Etna esplorato già a quei tempi nei periodi non eruttivi era anche il simbolo del collegamento tra cielo e
terra da cui nacque il famoso mito di Empedocle d’Agrigento che si getta nel cratere per provare il suo
status di sapiente divino dopo aver guarito una malata incurabile in una versione e salvato la città dalla
pestilenza deviando due fiumi nella seconda.
Empedocle era quindi un eroe sciamanico che dà salvezza alla comunità e compie l’ultima fatica ossia il
viaggio nell’aldilà.
Questo mito si è inciso nella memoria culturale collettiva non spiegabile con la semplice volontà di apparire
dal momento l’irreversibilità di questa azione diventa apparizione effettiva, una traccia esperibile e viva
delle mediazioni antiche.
Holderlin descrive l’Etna come inesauribile fonte mediatoria dalla quale il protagonista trae alimento per la
sua mediazione di poeta e sapiente ma esso è noumeno inaccessibile quindi gettarsi in esso è il desiderio di
giungere alle sue profondità mediatorie (questa impossibilità di raggiungerla in vita che sfocia nella follia è
simile alla follia dionisiaca di Nietzsche).
1. Cortei dionisiaci
La cultura ellenica è un mondo intermedio tra le mediazioni sacrali dell’oriente antico e le successive
mediazioni dell’ebraismo e del cristianesimo ed è capace di rappresentare varcando nuove soglie poiché
passa attraverso l’incalzare di crisi mediatorie e oggettuali.
Le varie guerre fino a quella di Sparta vs Atene hanno caratterizzato la storia della Grecia e hanno reso una
sapienza di tipo performativo e patemico come quella della tragedia privilegiata, è quindi la tragedia
ateniese ad accompagnare questa serie di crisi superate e a sviluppare una meditazione sulla violenza cause
e rimedi.
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Le Baccanti di Euripide sono la storia più emblematica del ciclo dionisiaco concentrati intorno a due
momenti: l’opposizione di Panteo al culto dionisiaco e la feroce punizione del Dio che si ritorce in maniera
sanguinosa, i due erano tra l’altro cugini.
La nascita della tragedia deve avere a che fare con questo schema antagonistico chiamato Dithyrambos: il
canto del capro, impersonato da uomini travestiti, la cui azione magico-esecutiva conduce al suo sacrificio.
Nella tragedia greca l’atto sacrificale si trasforma in antagonismo con il Dio.
se la tragedia rappresenta i doppi vincoli della cultura e delle sue mediazioni, le Baccanti rispondono
all’intento, non superabile nel contesto antico, di evocarli e descriverli dentro e oltre la rappresentazione su
di essi fondata, intento che crea nuovi doppi vincoli: l’esperienza da cui parte il dramma è quella della crisi
che minaccia di sovvertire ogni ordinamento culturale e sociale e che ci viene fatta rivivere sin dall’inizio.
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La lunga parodos delle Baccanti ci offre una sintesi mitico-rituale sul dionisismo.
Una sequenza narra poi la nascita del timpano, strumento utilizzato dai Cureti e altri demoni collettivi nei
culti orgiastici e a dominare la scena è Dioniso Bromios il dio delle grida.
Il rituale bacchico consisteva nel raggiungere uno stato di trance che facesse cadere le inibizioni e rendesse
pronti all’esecuzione del sacrificio: di regola le vittime erano animali che rappresentavano incarnazioni di
Dioniso.
In situazioni di crisi forti si doveva tornare a metodi di sacrificio più arcaici: il sacrificio a cui sta
introducendo Euripide parte dalla trasformazione teatrale del sacrificio, ma per evidenziare la forte crisi a
cui nessun sacrificio riusciva a far fronte e per mostrare l’affiorare nel cuore della grecia classica di rituali
praticati di norma con gran riserbo e sopratutto in zone periferiche o selvagge.
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Il timpano è inventato dai Coribanti-Cureti specificamente per il coro delle baccanti e tuttavia in precedenza
è Dioniso in persona a invitare le menadi del suo corteo a usare questi strumenti che presentano la
disposizione spaziale costantemente sottesa dalla tragedia, un cerchio rituale che ruota attorno alla vittima
e si chiude a spirale come nei titani, nei cureti, nella danza del labirinto.
Le Baccanti sono il corrispettivo femminile dei Cureti nel loro rito iniziatico e protettivo.
3. La mediazione di Roma
La mediazione romana nasce dal fratricidio di Remo e dallo sparagmos di Romolo ma non annulla la crisi da
cui è sorto la rilancia in una formula dinamica.
Roma diventa la città del fratricidio costellata da continue guerre civili e la potenza di Roma fu proprio
padroneggiare violenze inaudite che ne confermavano la grandezza.
L’imperatore romano è un guerriero fratricida e impunito che ha trasformato il suo delitto in salvezza della
res publica prima che qualcuno lo uccida allo stesso modo.
Processo inverso del fratricidio interno che garantiva potenza esterna era quello con cui i conquistati
venivano sacrificati in macabri giochi di uccisione durante il trionfo.
La caduta dell’impero romano è dovuta NON allo svuotamento oggettuale interno ma esterno infatti
s’interrompe il costante e ingente alimento di oggetti da distruggere e civilizzare.
5. Globalitarismo
Per globalitarismo s’intende il nuovo regime totalitario di massa esteso a tutto il pianeta che con
l’economia capitalistica esercita il suo potere incontrastato incarnando le ragioni della democrazia e del
progresso. Tutto sembra dare ragione a quegli intellettuali che attaccavano lo spettro odioso e ipocrita della
Zivilisation.
6. L’acefalo di massa
La ricerca delle mediazioni più varie ed estreme ha portato come osservó Freud nel 1921 a un fenomeno a
una struttura cristallizzante d’identificazione di massa verso un capo prestigioso come è accaduto con esiti
tragici nelle due guerre.
Il capo totalitario diviene uno sciamano per l’uomo comune che nel capo e nel partito può trovare la
mediazione tanto agognata.
È D’annunzio a cogliere i prodigiosi poteri che si racchiudevano nella richiesta implicita di nuove mediazioni
di massa che percorreva le società in crisi dei paesi europei.
Mann riconduce l’esigenza mediatoria delle masse moderne alla sua categoria di magia.
La soluzione cercata nei regimi del dopoguerra è stata quella di neutralizzare la carica smodatamente
sciamanica utilizzandone e perfezionandone la propaganda e verificatosi sopratutto nella USA così
impegnata a sconfiggere i totalitarismi.
L’acefalo batailliano si è verificato in un potere senza soggetto che non chiude però a delle aperture dal
basso non condizionate dalle logiche del potere che possono sfociare in creatività.
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La primissima espressione della legge dell’impersonalità tragica risale all’antico filosofo Anassimandro a cui
Empedocle s’ispirò fortemente nella formazione di una legge distributiva presentata nel proemio delle
purificazioni di Empedocle in cui tutti traggono nascita dalle cose verso su cui si dirige per necessità la loro
rovina che coincide con l’archè di Anassimandro da cui gli onta sorgono e in cui ritornano.
Tutti gli onta (gli esseri viventi) sorgono tramite l’intermediazione delle forza agenti del mondo, dal
principio dell’apeiron (il divino), questo è rappresentativo della rotatorietà della poleis in cui ogni cittadino
era uguale e occupava a turno tutte le cariche.
La tragedia in Platone
Platone nelle “leggi” ultima sua imponente fatica torna ad argomentare sulla battaglia mediatoria. Il
portavoce platonico si rivolge al legislatore per spiegare i motivi dei drastici provvedimenti di limitazione
alla poesia riferendosi ai poeti tragici che come una fonte si lasciano trapassare dalla narrazione dei fatti
inscenando anche pensieri opposti talvolta: Platone propone quindi una critica alla tragedia.
Egli vorrebbe che il mythos poetico fosse subordinato alla mediazione conoscitiva della sua filosofia per far
si che il poeta non si lasci a rappresentazioni contraddittorie che gli impediscono di padroneggiare il logos.
Nella poesia come nelle tombe secondo Platone si deve tenere una giusta misura che è quella di Dio inteso
come principio mediatorio e unificante.
La novità è che la tradizione collettiva e religiosa non basta, bisogna fornire una ragione interna di ciò che è
medium, risalente al Dio che è metron di tutte le cose tramite la filosofia.
Platone non condanna l’imitazione che si attua nella poesia ma il fatto che questa mimesi si sgancia dalla
sua posizione subordinata e diventa forza incontrollabile in crisi oggettuale permanente che destruttura la
congruenza tra uomo e idee.
Platone vorrebbe che le sue opere fossero usate come strumento di mediazione tra l’uomo e il divino in
quella che è l’unica vera tragedia.
Successivamente l’invidiosa Rea fa divorare Dioniso dai titani, Zeus fulmina i titati e dal fallo unica parte
rimasta fa nascere per la terza volta il figlio.
Gli umani nascono dalle ceneri dei titani e questo spiega la loro natura violenta però essi avevano già
mangiato Dioniso vi è perciò in ogni umano una piccola componente dionisiaca e divina prigioniera nel
corpo che bisognava liberare tramite l’iniziazione orfica: un sacrificio animale in cui si riviveva la vicenda
dell’uccisione e dela successiva vita eterna.
Le stesse idee platoniche vanno interpretate come il principio divino di ogni realtà sussistente come
avveniva all’anima del fedele orfico che riviveva l’esperienza del dio che muore e rinasce