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SOCIALISTI E CATTOLICI
Visti i ritardi nello sviluppo industriale, la classe operaia italiana era costituita
solo per una minoranza dal proletariato di fabbrica. Le società di mutuo
soccorso inizialmente dominate da mazziniani e moderati, presero via via
terreno a favore del movimento internazionalista che in Italia ebbe indirizzo
anarchico.
Gli anni 80 videro un notevole crescita del movimento operaio con la
Fondazione di Federazione di mestiere e camere di lavoro. Nel 1892 fu
fondato il Partito dei lavoratori italiani (poi Partito socialista). Benché il non
expedit del 1874 vietasse la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche la
presenza cattolica nella società italiana era massiccia.
L'opera dei congressi sorse proprio per organizzare tale presenza secondo una
linea di rigida opposizione al liberalismo e socialismo. L'elezione di Papa
Leone XIII nel 1878, più aperto i problemi della società moderna, favorì
l'impegno sociale dei cattolici e lo sviluppo delle loro organizzazioni.
IL GOVERNO DI CRISPI
Alla morte di Depretis nel 1887 divenne presidente del consiglio Francesco
Crispi che si fece promotore di un'opera di riorganizzazione dello Stato.
Nel 1889 venne varato un nuovo codice penale noto come codice zanardelli
che aboliva la pena di morte e non negava il diritto di sciopero. La politica di
Crispi però suscitava delle perplessità e si dimise all'inizio del 1891.
Nel maggio del 1892 la Presidenza del consiglio passo al Giovanni Giolitti che
si presentava con un programma piuttosto avanzato e mirava ad una equa
ripartizione del carico fiscale attraverso il principio della progressività delle
imposte. La sua politica non era basata su una linea repressiva nei confronti dei
conflitti sociali infatti si rifiuta di adottare misure eccezionale contro i fasci
siciliani associazione che protestavano contro le tasse pesanti e il malgoverno
locale.
Egli venne coinvolto anche nello scandalo della banca romana e sì dimesse
sostituito da Crispi nonostante anche egli fosse coinvolto nelle vicende della
banca era ritenuto l'unico uomo capace di rimettere ordine nel paese.
Tornato al potere nel 93, Crispi ad una linea di intervento risoluta con la riforma
del sistema bancario che istituiva la Banca d'Italia, la proclamazione dello
Stato d'assedio in Sicilia e in Lunigiana e il varo di leggi antisocialiste.
Crispi si lanciò in una fallimentare politica colonialista, cercando di
conquistare l’Etiopia ma ricevette una disastrosa sconfitta ad Adua nel 1896
che determina la fine politica dello statista siciliano.