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GOVERNARE L’ITALIA UNITA

Nel momento in cui si unificò l’Italia ci furono diversi problemi:


 problemi di bilancio
 questione romana; si vuole Roma come Capitale e non Torino, ma
Roma è del Papa protetto dai francesi
 questione meridionale; in cui era diffusa arretratezza, analfabetismo
diffuso e la mancanza di strutture
a questo essi dovettero lavorare.

DEMOGRAFIA, ECONOMIA E SOCIETA’


Al momento dell’unità d’Italia gli italiani erano circa 22 milioni, tra i quali il
75% erano analfabeti. Solo il 10% parlava italiano mentre tutti gli altri
comunicavano attraverso i dialetti. L’Italia era quindi molto meno istruita di
paesi come la Prussia o la Francia dove la percentuale degli alfabetizzati erano
il 50-70%.
L’Italia era uno dei paesi in Europa con il più alto numero di città con circa 10
centri con più di 100 mila abitanti e la popolazione urbana era pari al 20% del
totale.
L’agricoltura occupava il 70% della popolazione attiva ma era, in generale,
un’agricoltura povera, con grande varietà di colture. Solo nella zona della
Pianura Padana si erano sviluppate delle aziende agricole moderne, che
univano l’agricoltura all’allevamento bovino. Esse producevano per il mercato e
impiegavano manodopera salariata.
Nell’Italia centrale dominava la mezzadria. La terra era divisa in poderi dove i
cereali si mischiavano con olivi, viti e alberi da frutto. Ciascun podere
produceva il necessario per il proprio mantenimento e il pagamento del canone
in natura al padrone.
Nell’Italia meridionale, ciò che era diffuso era il latifondo: grandi distese
seminate a grano o lasciate libere per la pastorizia. Veniva praticata
un’agricoltura di sussistenza.
Le condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno erano sconosciute alla
classe dirigente: lo stesso Cavour non si era mai spinto a sud di Firenze. Quando
Farini venne inviato nelle provincie meridionali disse: “Altro che Italia! Questa
è Affrica”.
Queste erano impressioni che, se da un lato segnalavano pregiudizi e
incomprensioni, dall’altro poggiavano su un reale divario tra nord e sud.

LA CLASSE POLITICA E I PRIMI PROCEDIMENTI LEGISLATIVI


Governare l’Italia unita non fu affatto facile. La morte di Cavour lasciava priva
di guida la classe dirigente e i suoi successori si attennero alla politica da lui già
impostata:
 rispettosa delle libertà costituzionali
 accentratrice
 liberista in campo economico
 laica, nei rapporti Stato-Chiesa.
Il gruppo dirigente che governò il paese era costituito da moderati piemontesi
a cui si erano uniti gruppi moderati lombardi, emiliani e toscani. Essi
formavano un gruppo abbastanza omogeneo sia da un punto di vista sociale che
politico.
Nei primi Parlamenti dell’Italia unita la maggioranza si collocava a destra e
come Destra essa venne definita; anche se si trattava di un gruppo di centro,
poiché la destra si era autoesclusa in quanto non riconosceva la legittimità del
nuovo Stato.
Sui banchi dell’opposizione sedevano i membri della vecchia sinistra
piemontese, che, con qualche mazziniano o garibaldino, formava la cosiddetta
Sinistra.
Destra e Sinistra venivano elette secondo la legge elettorale piemontese, che
concedeva il diritto di voto solo ai cittadini maschi con almeno 25 anni, che
sapevano leggere e scrivere e pagavano almeno 40 lire di imposte l’anno.
Si parlò di piemontizzazione e la Destra, nella fretta di fare estese la
legislazione del Piemonte a tutte le regioni e mandarono persone estranee a
governare. Ovviamente lo Stato che si era venuto a creare era uno stato
accentrato ed era inevitabile visto il modo in cui era stata fatta l’unificazione.
Oltre a estendere le leggi piemontesi all’Italia, furono emanate leggi nuove:
 legge Casati sull’istruzione, che creava un sistema scolastico nazionale
e stabiliva il principio dell’istruzione obbligatoria
 legge Rattazzi che affidava il governo dei comuni ad un sindaco di
nomina regia
 vennero istituiti prefetti sul modello napoleonico.
LE RIVOLTE CONTRO L’UNITA’ E IL BRIGANTAGGIO
Nelle provincie meridionali il malessere antico delle masse contadine si era
unito ad una diffusa ostilità verso il nuovo ordine politico, ad una nuova
pesante fiscalità e la leva militare obbligatoria. Iniziarono quindi a venir
fuori, dall’estate del 1861, delle bande armate che reagirono. Esse erano
formate da contadini, ex militari borbonici e banditi veri e propri.
Un parlamentare che studiò la questione meridionale disse che “il contadino
vede nel brigante il vendicatore dei torti che hanno subito”.
Come rispose lo Stato?
 Nel 1863 attraverso la legge Pica, mandarono l’esercito bruciando tutto e
nel giro di 2 anni il brigantaggio venne represso.
 Tassa sul macinato. Non una tassa sul reddito per colpire chi aveva
soldi, ma lo fecero proprio per colpire la povera gente (1868)
Attraverso queste tasse ingiuste si cercava di pareggiare il bilancio. In generale,
le scelte di politica di Destra e Sinistra accentuarono il divario tra Nord e Sud.

L’ECONOMIA E LA POLITICA FISCALE


Oltre all’unificazione amministrativa del paese, il governo dovette affrontare il
problema dell’unificazione economica dell’Italia. Ciò venne fatto attraverso,
per esempio, l’adozione di un'unica moneta, la lira e venne creato un unico
regime fiscale.
Molto rapido fu lo sviluppo delle vie di comunicazione stradali e ferroviarie,
in particolare di quest’ultima che in un decennio passò da 2 mila a 6 mila
chilometri che univano il Nord al Sud.
Nei primi decenni dopo l’Unità il settore agricolo ebbe un notevole
incremento di produttività di cui si avvantaggiarono soprattutto le colture
specializzate del Mezzogiorno e la produzione di seta greggia.
Il settore industriale, invece, fu penalizzato dalla concorrenza internazionale.
Le attività industriali infatti non erano al centro dell’attenzione dei politici
poiché erano convinti che la vocazione dell’Italia risiedesse nell’agricoltura.
L’espansione dell’agricoltura consentì un’accumulazione di capitali che rese
possibile un potenziamento delle infrastrutture (strade, ferrovie) ma, nel
complesso, l’Italia aveva perso terreno nei confronti dei pesi più progrediti.
LA CONQUISTA DEL VENETO E LA PRESA DI ROMA
La Destra e la Sinistra voi avevano il comune obiettivo di completare il
processo di unificazione annettendo il Veneto e soprattutto il Lazio con
Roma. Mentre la destra si affidava ai tempi lunghi delle vie diplomatiche, la
sinistra restava fedele all'idea di una guerra popolare.
Il nodo più difficile da sciogliere era rappresentato dalla questione di Roma che
andava risolta con prudenza perché se da un lato la Francia rimaneva l’alleato
più sicuro dell'Italia, dall'altro il paese era cattolico al 99% e il clero continuava
a svolgere un ruolo decisivo nel paese.
Lo stesso Cavour, fedele al principio “libera chiesa in libero stato”, aveva
avviato delle trattative per una soluzione che assicurasse al Papa piena libertà di
esercitare il proprio magistero in cambio però della rinuncia al potere
temporale.
Ci furono quindi vari tentativi delle truppe garibaldine che però fallirono nel
1862 e 1867. Nel 1862 Garibaldi raccolse in Sicilia qualche migliaio di
volontari ma venne fermato e ferito sull’Aspromonte dalle truppe regie. Nel
1864 fu trovato un accordo con la Francia la convenzione di settembre in base
alla quale l'Italia garantiva il rispetto dei confini dello Stato della Chiesa,
ottenendo però il ritiro delle truppe francesi dal Lazio.
Il governo decideva di trasferire la capitale da Torino a Firenze.
Nel 1867 prese avvio una nuova iniziativa garibaldina che fallì per la
sorveglianza della polizia e la scarsa partecipazione del popolo. Il 3 novembre
1867 le truppe francesi si scontrarono con i garibaldini e li sconfissero a
Mentana.
Ci fu una guerra tra Prussia e Austria e l'Italia partecipò con la Prussia, ma gli
italiani furono sconfitti sia via terra sia via mare. Solo Garibaldi con alcuni
suoi volontari era riuscito ad aprirsi la via verso Trento ma aveva dovuto
fermarsi poiché i prussiani avevano stipulato la pace di Vienna con gli
austriaci. L'Italia ottenne solo il Veneto e i territori del Friuli fino ad Udine
rimanevano sotto l'Austria il Trentino e la Venezia Giulia.
Anche la presa di Roma dipese direttamente dai successi militari della Prussia.
Nel settembre 1870 il governo italiano invia un corpo di spedizione nel Lazio e
contemporaneamente cerca un accordo con il pontefice il quale respinse ogni
proposta. Il 20 settembre 1870 le truppe italiane dopo la famosa breccia di
Porta Pia entravano in città accolte dalla popolazione e qualche giorno dopo un
Plebiscito confermava l'annessione di Roma e del Lazio. Il 20 settembre 1870
L'Italia otteneva la sua capitale e quel giorno veniva posta fine al potere
temporale dei Papi.

IL GOVERNO DELLA SINISTRA


Nel 1876 il governo passò dalla destra alla sinistra. L'anno precedente era stato
raggiunto il pareggio del bilancio statale punto il re chiamò a formare il nuovo
governo Agostino Depretis che costituì un ministero interamente composto da
uomini della sinistra.
La prima riforma effettuata fu quella dell'istruzione elementare. Nel 1877 la
legge Coppino prolungò l’obbligo della frequenza scolastica a 9 anni di età e
inasprire le sanzioni per i genitori inadempienti.
Un'altra forma importante fu quella dell'ampliamento del suffragio. La nuova
legge elettorale del 1882 introduceva come requisito fondamentale
all'istruzione, concedendo il diritto di voto a tutti i cittadini che avessero
compiuto il ventunesimo anno di età e avessero superato l'esame finale del corso
elementare obbligatorio.
Il sistema politico italiano perse, col trasformismo di Depretis, il suo carattere
bipartitico, finendo con l'essere dominato da un grande centro che emarginava le
ali estreme.
La sinistra abolì la tassa sul macinato e aumentò la spesa pubblica ma non
riuscì a fronteggiare la grave crisi che in quegli anni investiva l'agricoltura
europea. Furono così introdotte le tariffe protezionistiche e questa crisi segnò
una crescita dell'emigrazione verso l'estero.
Venne stipulata una triplice alleanza con Germania, Austria e Ungheria nel
1882 che segnò nella politica estera italiana una svolta determinata sia dal
timore di un isolamento internazionale sia dal trauma ha rappresentato
dall'occupazione francese della Tunisia, su cui puntavano anche i progetti
espansionistici italiani.
Questo trattato costringeva l'Italia a rinunciare al Trentino, Venezia Giulia e
Trieste le cosiddette “terre irredente” ancora in mano agli austriaci.

SOCIALISTI E CATTOLICI
Visti i ritardi nello sviluppo industriale, la classe operaia italiana era costituita
solo per una minoranza dal proletariato di fabbrica. Le società di mutuo
soccorso inizialmente dominate da mazziniani e moderati, presero via via
terreno a favore del movimento internazionalista che in Italia ebbe indirizzo
anarchico.
Gli anni 80 videro un notevole crescita del movimento operaio con la
Fondazione di Federazione di mestiere e camere di lavoro. Nel 1892 fu
fondato il Partito dei lavoratori italiani (poi Partito socialista). Benché il non
expedit del 1874 vietasse la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche la
presenza cattolica nella società italiana era massiccia.
L'opera dei congressi sorse proprio per organizzare tale presenza secondo una
linea di rigida opposizione al liberalismo e socialismo. L'elezione di Papa
Leone XIII nel 1878, più aperto i problemi della società moderna, favorì
l'impegno sociale dei cattolici e lo sviluppo delle loro organizzazioni.

IL GOVERNO DI CRISPI
Alla morte di Depretis nel 1887 divenne presidente del consiglio Francesco
Crispi che si fece promotore di un'opera di riorganizzazione dello Stato.
Nel 1889 venne varato un nuovo codice penale noto come codice zanardelli
che aboliva la pena di morte e non negava il diritto di sciopero. La politica di
Crispi però suscitava delle perplessità e si dimise all'inizio del 1891.
Nel maggio del 1892 la Presidenza del consiglio passo al Giovanni Giolitti che
si presentava con un programma piuttosto avanzato e mirava ad una equa
ripartizione del carico fiscale attraverso il principio della progressività delle
imposte. La sua politica non era basata su una linea repressiva nei confronti dei
conflitti sociali infatti si rifiuta di adottare misure eccezionale contro i fasci
siciliani associazione che protestavano contro le tasse pesanti e il malgoverno
locale.
Egli venne coinvolto anche nello scandalo della banca romana e sì dimesse
sostituito da Crispi nonostante anche egli fosse coinvolto nelle vicende della
banca era ritenuto l'unico uomo capace di rimettere ordine nel paese.
Tornato al potere nel 93, Crispi ad una linea di intervento risoluta con la riforma
del sistema bancario che istituiva la Banca d'Italia, la proclamazione dello
Stato d'assedio in Sicilia e in Lunigiana e il varo di leggi antisocialiste.
Crispi si lanciò in una fallimentare politica colonialista, cercando di
conquistare l’Etiopia ma ricevette una disastrosa sconfitta ad Adua nel 1896
che determina la fine politica dello statista siciliano.

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