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2021

CORSO AK - PROF. MOISELLO

ECONOMIA
AZIENDALE I
NATALIIA KARKOVSKA

CAPITOLO 1: ATTIVITÀ ECONOMICHE


1.1 Introduzione
L’ECONOMIA AZIENDALE è la scienza che osserva per capire, spiegare e prevedere il comportamento
economico dell’uomo nelle aziende, delle aziende e tra le aziende, per costruire modelli di conoscenza
e controllo del comportamento.
Scienza: ricerca leggi e teorie generali sul mondo. Una legge scienti ica è una generalizzazione, un
enunciato certo, dal contenuto empiricamente veri icato e riferito a insiemi aperti (quindi,
universalmente valida). Una teoria è una congettura che parte da un’ipotesi. Le leggi e le teorie devono
essere veri icabili e falsi icabili.
Modello: strumento attraverso cui si esercita il controllo (inteso sia come veri ica che come governo di
un fenomeno); si usa per capire la realtà e per imparare a ini operativi. Il modello deriva
dall’osservazione e la dirige (ad esempio, nel caso dei modelli mentali, fondati sul linguaggio,
sull’esperienza e sulla probabilità). Le leggi e i modelli devono essere coerenti con la realtà.
Classi icazione dei modelli:
• Operatività:
• Descrittivi (es. un a resco, un quadro) o Operativi (es. una simulazione);
• Emulativi (es. un gioco).
• Linguaggio:
• Letterari (linguaggio letterario);
• Simbolici (linguaggio matematico) o Schematici (linguaggio gra ico);
• Iconici (linguaggio iconogra ico).
• Tipo di Variabili:
• Realistici (variabili reali, valori realistici);
• Perfetti (variabili reali, valori perfetti);
• Ideali (soltanto variabili rilevanti).
1.2 I Comportamenti Economici
L’Economia Aziendale studia il comportamento economico svolto in forma organizzata.
Il Comportamento è formato da attività sistematiche e processi ricorrenti. Un’attività è la ripetizione di
azioni della stessa specie, mentre un processo è l’insieme di azioni di diverse specie, compiute con
logica e con una determinata procedura, attuate per ottenere un risultato.
Il comportamento economico si svolge in forma organizzata. Questo prevede che:
• Sia svolto insieme ad altri individui;
• Sviluppi attività e processi specializzati, ovvero con funzioni, obiettivi e topologia distinti da
individuo a individuo;
• Metta in atto una cooperazione e una coordinazione tra gli individui, ovvero che abbia informazioni
condivise e un obiettivo inale comune;
• Abbia un obiettivo comune ai vari individui.
Nasce così un’Organizzazione, ovvero un sistema autonomo che si pone obiettivi irraggiungibili per i
singoli individui e che ha un comportamento teleonomico, ovvero l’attitudine a rimanere in vita e a
perdurare. A seconda della sua Durata, un’organizzazione può essere de inita:
• Occasionale, come un lavoro di gruppo;
• A Vita Limitata (o A Progetto Singolo), come l’Expo;
• Permanente, come un’azienda o una famiglia.
La Teleonomia di un’organizzazione può essere:
• Endogena, quando l’organizzazione ha al suo interno i meccanismi per rimanere in vita;
• Esogena, quando l’organizzazione dipende dall’esterno.
Ogni organizzazione si basa su un misto dei due tipi di teleonomia: in una famiglia, ad esempio, prevale
la componente endogena, mentre in una grande azienda prevale l’esogena. Prendendo come esempio
quello di un’azienda, la sua teleonomia endogena consiste nei ricavi che arrivano agli investitori o negli
stipendi ricevuti dai lavoratori, mentre un fattore di teleonomia esogena è il lavoro che viene creato per
i cittadini e per i suoi fornitori. Anche un’Università, facendo un altro esempio, ha teleonomia endogena

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(prestigio dell’istituzione) ed esogena (istruzione che viene fornita agli studenti). La teleonomia di
un’organizzazione, in sostanza, dipende dagli obiettivi dell’organizzazione, a seconda che essi siano
esterni o interni ad essa.
Il comportamento umano nell’ambito delle aziende è Economico: l’uomo fornisce lavoro per produrre e
consumare i beni necessari per soddisfare bisogni e aspirazioni.
1.3 Bisogni e Aspirazioni
I Bisogni sono stati spiacevoli di squilibrio che l’uomo cerca di ridurre o di eliminare. Si possono
dividere in primari o secondari, in individuali o collettivi, a seconda della loro natura e delle loro
caratteristiche.

Le Aspirazioni sono stati piacevoli, soprattutto di natura sociale, che l’uomo cerca di conseguire o di
accrescere.
Un bisogno ha intensità massima quando non è ancora stato soddisfatto, mentre, al contrario,
un’aspirazione si autoalimenta, più viene soddisfatta, più si intensi ica. Le aspirazioni crescono, inché
non subentra la noia o non vengono sostituite da aspirazioni diverse. I bisogni e le aspirazioni
costituiscono le motivazioni dell’agire economico per l’uomo, sia che esso venga inteso come individuo
che se lo si intende come collettività.
I bisogni, come detto, sono fattori motivanti, la cui intensità in questo senso viene rappresentata
attraverso la Piramide di Maslow:

I bisogni che si trovano alla base della piramide sono poco motivanti, mentre, più si sale verso il vertice,
si trovano i bisogni che motivano maggiormente l’uomo. Il vertice è rappresentato dai bisogni di auto
realizzazione, che consistono nel porsi e nel realizzare i propri obiettivi.
1.4 I Beni e il Lavoro
Per soddisfare bisogni ed aspirazioni sono necessari i Beni, mezzi materiali o immateriali che sono
indispensabili per soddisfare i bisogni e le aspirazioni di ogni essere umano. I beni si ottengono con il
lavoro e, dal momento che per la loro produzione è necessaria la fatica derivante dal lavoro stesso,
sono relativamente scarsi. I beni rappresentano la retribuzione per il sacri icio del lavoro e trasformano i
sacri ici in bene ici.
Il Lavoro è la prestazione faticosa necessaria per ottenere e impiegare i beni. È possibile formulare due
congetture sul lavoro:

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1. L’uomo libero lavora ino a quando il bene icio è superiore al sacri icio (altrimenti sarebbe schiavo,
costretto a lavorare);
2. L’uomo razionale tende a massimizzare l’e icienza del lavoro, ovvero la produttività: π(L).
È opportuno fare una distinzione tra e icienza ed e icacia:
• E icacia: attitudine a raggiungere un obiettivo. È uguale a Obiettivi raggiunti/Obiettivi pre issati ;
• E icienza: capacità di raggiungere i massimi bene ici con i minimi sacri ici. È possibile de inirla
come Bene ici raggiunti/Sacri ici= π(L) = Quantità e Qualità dei Beni Prodotti/Quantità e Qualità del
Lavoro.
Il concetto di Qualità, a sua volta, si distingue tra:
• Qualità Strumentale o Progettuale: corrispondenza di un bene a un prototipo, a un termine di
confronto o a determinate speci iche di produzione;
• Qualità Funzionale: attitudine di un bene a rispondere alle funzioni d’uso richieste dal consumatore;
• Qualità Ambientale: attitudine di un bene ad essere prodotto nel rispetto dell’ambiente.
A questo punto, è possibile de inire due circuiti che rappresentano il comportamento economico
dell’uomo.
I CIRCUITO
Da questo primo circuito si possono identi icare altri due fattori, la produzione e il consumo.

1.5 La Produzione e il Consumo


La Produzione è l’applicazione di lavoro per ottenere beni per soddisfare bisogni e aspirazioni.
Il Consumo è sia l’applicazione di lavoro per impiegare i beni per soddisfare bisogni e aspirazioni che
l’applicazione diretta dei beni per soddisfare bisogni e aspirazioni. Al consumo viene equiparata
l’Autoproduzione, ovvero la produzione inalizzata al consumo diretto da parte dell’individuo
produttore.
II CIRCUITO

La Produzione e il Consumo richiedono lavoro e pertanto sono faticosi ma necessari. Sono svolti in
forma organizzata, non sono sempre distinguibili e sono giusti icati solamente da motivazioni
economiche.
1.6 La Specializzazione Produttiva e lo Scambio
Questi due fattori conducono l’uomo alla Specializzazione Produttiva, un processo universale e
inarrestabile (si pensi all’evoluzione dell’uomo preistorico). La specializzazione produttiva degli individui
li porta a concentrarsi sulla produzione di un solo bene o sullo svolgimento di una sola attività,
determinando quindi la ine dell’autoproduzione.
La Specializzazione Produttiva conduce a 5 fenomeni:

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1. Separazione tra Produzione e Consumo: l’autoproduzione viene abbandonata a favore della


Produzione (ad esempio, ai giorni nostri l’autoproduzione va a soddisfare non tanto i Bisogni,
quanto le Aspirazioni: si pensi alla coltivazione di un proprio orto o alle attività di caccia e pesca).
2. Diventa inevitabile lo Scambio: il Produttore cede i propri prodotti in cambio di Beni di Consumo
(Rapporti di Scambio). Nessuno consuma ciò che produce, nessuno produce ciò che consuma.
3. Si di onde il Lavoro Organizzato e Specializzato. La specializzazione va a riguardare sia le attività
che i saperi, le conoscenze, i processi.
4. Nasce e si di onde la Moneta, un intermediario negli scambi che aumenta l’e icienza degli scambi
stessi, consentendo la loro generalizzazione: il produttore non è più obbligato a barattare i propri
beni solo con i beni che gli servono, ma può scambiarli in cambio di moneta da utilizzare per
acquisti di vario genere.
5. Il Lavoro diventa un Bene di Scambio: nasce la Retribuzione. Il Lavoro viene scambiato con la
Moneta, che viene successivamente utilizzata per acquistare Beni.
La Specializzazione, dunque, diviene la forma normale di Produzione. L’Organizzazione diventa il
principale produttore, sostituendosi in ciò all’individuo: nessun individuo può ottenere gli stessi
prodotti ottenuti dall’organizzazione, perché opera senza cooperazione e collaborazione.
III CIRCUITO

Lo Scambio è l’attività tramite la quale 2 Soggetti (A e B) trasmettono 2 Beni (X e Y) in 2 Epoche di


Scambio (t e t’) con 2 insiemi di Condizioni di Scambio.
Si possono individuare 3 tipi fondamentali di scambio:
• Baratto: A possiede X, B possiede Y. I due beni vengono scambiati in t e t’ (se t=t’ si ha uno scambio
immediato; se t<t’, si ha uno scambio di erito). La Ragione di Scambio è la misura del sacri icio che il
soggetto è disposto a sopportare per ottenere il bene;
• Scambio Monetario: A possiede X e lo cede a B (t) in cambio di moneta (t’). Secondo i medesimi
criteri del caso precedente, lo scambio può essere immediato o di erito. La Ragione di Scambio è, in
questo caso, il Prezzo, de inito come: = €/ . Per A, pX è de inito Prezzo-Ricavo; per B, pX si
dice Prezzo-Costo;
• Finanziamento: sia X che Y sono costituiti da moneta. A ( inanziatore) cede moneta a B in t, mentre B
( inanziato), gliela restituisce in t’.
1.7 L’Utilità e il Valore
Un Bene possiede un’Utilità e un Valore:
• Utilità: rapporto tra il Bene e il Bisogno/Aspirazione da soddisfare. Si tratta dell’attitudine tecnica del
bene a soddisfare Bisogni e Aspirazioni. Si tratta di un parametro oggettivo, che non dipende dalle
condizioni del soggetto che utilizza il Bene;
• Valore: rapporto tra il Bene e il Soggetto. Si tratta dell’attitudine economica del Bene ad essere
richiesto da un Soggetto per soddisfare Bisogni e Aspirazioni. Questo parametro è soggettivo e
dipende da variabili che sono diverse da soggetto a soggetto:
• Utilità;
• Intensità di Bisogni e Aspirazioni; o Abbondanza o Scarsità del Bene;
• Provenienza;
• Fonte;
• Modo di Ottenimento (acquisto, dono...); o Destinazione (consumo, produzione);
• Combinazione con altri Beni.

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𝑝
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𝑄
𝑄
𝑋

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Il Valore, dunque, dipenderà dall’Interazione tra le variabili e dalla loro in luenza sul Soggetto.
Il Prezzo, dunque, è de inibile come un indicatore del Valore di un Bene. Il Valore viene attribuito con
l’apprezzamento, ovvero l’associazione al Bene di un sacri icio sopportabile per ottenere il Bene stesso.
Nello Scambio Monetario, il Valore assume una dimensione quantitativa grazie al Prezzo, che svolge,
appunto, la funzione di indicatore di apprezzamento.
La Moneta, pertanto, assume 3 funzioni:
• È un intermediario negli scambi;
• È un’unità di espressione dei Valori (N.B.: è un’unità di misura del Valore, ma NON lo misura; la
Moneta NON attribuisce un Valore);
• È uno strumento di confronto del Valore di Beni anche diversi tra loro.
Il Valore, a seconda dei diversi rapporti che possono sussistere tra Soggetto e Bene, può essere
espresso in vari modi:
1. Valore di Acquisizione. Se S vuole acquistare B da Q, il Valore di Acquisizione corrisponderà a
pmaxA, ovvero il massimo prezzo che S è disposto a spendere per acquistare il bene B.
2. Valore di Cessione (o Ricavo di Cessione). Se Q vuole cedere B a S, il Valore di Cessione
corrisponderà a pminC, ovvero il minimo prezzo che Q è disposto a ricevere per privarsi del bene B.
3. Valore di Scambio. Corrisponde al Prezzo Fatto (pF) a cui avviene lo scambio del bene B tra SA
(soggetto acquirente) e SC (soggetto cedente). È da notare che lo scambio può avvenire solamente
se pmaxA per SA > pF > pminC per SC. Nessun SA razionale, infatti, acquisterà a un prezzo > pmaxA,
e nessun SC razionale cederà a un prezzo < pminC. Nello scambio, entrambi i Soggetti otterranno
un vantaggio: Per SA, Risparmio = pmaxA – pF; Per SC, Guadagno = pF – pminC. Se SC è un
produttore, il guadagno si può chiamare anche Utile o Pro itto.
4. Valore d’Uso. Corrisponde al massimo prezzo (pU) che il Soggetto sarebbe disposto a pagare per
disporre del Bene se ne venisse privato oppure al minimo prezzo che sarebbe disposto a ricevere
per privarsene. Qui si parte dal concetto che il Soggetto voglia mantenere il possesso del Bene, non
acquisirlo.
5. Valore di Produzione. Corrisponde alla somma dei Valori dei Beni che rientrano nella produzione di
un Bene (lavoro + altri beni utilizzati nel processo produttivo).
1.8 La Ricchezza
La Ricchezza (o Patrimonio) è uno stock di Beni dotati di Valore (e non solo di Utilità).
Con la specializzazione produttiva, l’uomo produce Valori, non Utilità: i Beni diventano desiderabili per
il soggetto che li consuma, e non per il produttore. In sostanza, non si producono più Beni, ma si
produce Ricchezza; la Ricchezza, inoltre, riguarda anche il meccanismo di produzione, dal momento
che in esso vengono utilizzati sia il Lavoro che i Beni dotati di Valore (quindi, Ricchezza).
Il Lavoro e la Ricchezza, dunque, sono Fattori di Produzione. C’è tuttavia da notare che il Lavoro è
l’unico Fattore Attivo di Produzione, mentre tutti gli altri sono classi icati come Fattori Passivi; tra essi si
ricordano:
• Materie e Servizi (materie prime, servizi esterni all’organizzazione...);
• Mano d’Opera prestata dai lavoratori di vario genere;
• Macchinari.
IV CIRCUITO
Viene de inita Ricchezza della Nazione lo stock di Beni dotati di Valore posseduti e prodotti da una
Nazione. Essa dipenderà dalla Capacità di Lavoro Organizzato della Nazione: il Lavoro è una fonte di
Ricchezza individuale e collettiva, mentre la Ricchezza dipende dal Lavoro e icienza, dalla Produttività,
dall’e icienza del sistema educativo-professionale della Nazione.

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1.9 Risparmio e Investimento


Oltre alle attività economiche di base (Produzione, Consumo, Scambio) già viste, ne esistono altre due:
il Risparmio e l’Investimento.
Il Risparmio è l’astensione dal Consumo della Ricchezza in vista di un Consumo futuro o di un
Investimento. Il Risparmio ha carattere prevalentemente monetario e coincide, quindi, con il mancato
consumo delle Retribuzioni. Si tratta di una caratteristica universale: l’uomo ha una naturale
propensione al Risparmio.
L’Investimento è l’attività con cui un Soggetto pone in rischio in un’attività di Produzione un Capitale
(quantità di Ricchezza) per un periodo di tempo T (ciclo) con la speranza di ottenere un bene icio
futuro (ovvero un incremento del Capitale iniziale). L’Investimento può avere carattere monetario (stock
di moneta investita) oppure essere in natura (investimento di conoscenze, abilità, lavoro, macchinari...).
Il rischio viene a rontato per ottenere una remunerazione: c’è la speranza di ottenere un guadagno,
guidata dalla naturale Aspirazione alla ricchezza.
Il Ciclo delle Attività Economiche prevede la messa in atto di tutte le attività economiche, con il ine di
soddisfare Bisogni e Aspirazioni.
Un Investimento può avvenire sotto tre forme: Investimento Economico Reale, Investimento Economico
Produttivo e Investimento Finanziario.

1.9.1 L’Investimento Economico Reale


Si ha un Investimento Economico Reale quando avvengono due scambi contrapposti di uno stesso
Bene a 2 epoche diverse a 2 prezzi diversi. Ne è un esempio l’acquisto di una casa o di una macchina
sperando che il valore del Bene possa aumentare per poi rivenderlo, senza attuare alcuna
trasformazione del Bene.
L’Investimento Economico Reale è un trasformatore economico: viene posto in rischio un capitale
(epoca t0) per acquistare dei beni che verranno poi rivenduti (epoca t1). In tale investimento si
identi icano tre valori di Prezzo:
• Costo d’Acquisto, uguale al valore dei beni acquistati;
• Ricavo di Vendita, uguale al valore dei beni venduti;
• Risultato Operativo (RO), uguale al ricavo che recupera il costo.

Il Risultato Operativo (RO) dell’investimento sarà:


= − = [ ( 1) ∙ ( 1)] − [ ( 0) ∙ ( 0)]
In questo tipo di investimento si identi icano tre lussi:
• Flussi Fisici di Beni;
• Flussi Economici dei Valori dei Beni;
• Flussi Monetari di capitali.

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𝑅
𝑂
𝑅
f
𝐵
𝐶
𝐵
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𝑡
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𝑄

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Esistono due tipi di rischio per un investimento economico reale:


• Rischio Tecnico (o di conservazione), ovvero riuscire a conservare il bene B (QB(t1) = QB(t0));
• Rischio Economico (o di mercato), ovvero riuscire a vendere B a un prezzo superiore al costo
d’acquisto (pB(t1) >pB(t0)).
Un e etto negativo nell’ambito della conservazione o del prezzo di vendita del Bene potrebbe portare a
un RO negativo.
Il RO è un indicatore economico di tipo assoluto, ovvero non confrontabile con investimenti di capitali
diversi o con cicli diversi; esistono anche indicatori relativi, che permettono di confrontare la
performance di due investimenti nel tempo (T diversi) e nello spazio (diversi tipi di investimento). Nel
caso dell’investimento economico reale, un indicatore relativo è il ROI (Return on Investment):
= / ( 0) = / 0
Il ROI esprime un valore in percentuale che permette quindi di confrontare la performance con altri
investimenti.
Un altro indicatore per questo tipo di investimento è l’Economicità (e), ovvero l’attitudine a
massimizzare i ricavi a parità di costi sostenuti. Si tratta di un indicatore di e icienza, sotto forma,
quindi, di rapporto tra bene ici e sacri ici:
= ( 1)/ ( 0) = ( 1) ∙ ( 1)/ ( 0) ∙ ( 0) = ( 1) ∙ ( 1)/ ( 0) ( 0)
Il rapporto ( 1)/ ( 0) viene detto anche e icienza di mercato (o di negoziazione), mentre il rapporto
( 1)/ ( 0) viene de inito e icienza tecnica (o di conservazione) e varia tra 0 e 1.
L’economicità ha rapporti di dipendenza anche con un altro indicatore, il ROC (Return on Costs):
= ( 1)/ ( 0)
= ( 1) − ( 0) => ( 1) = + ( 0)
Quindi è, = + ( 0)= + ( 0)= +1 ( 0) ( 0) ( 0) ( 0)
Il rapporto / ( 0), misurato in percentuale, è appunto il ROC; si ha quindi che:
= + => = −1
Tornando al discorso dei lussi presenti in un investimento economico reale, si può dire che vale il
seguente schema:

È possibile quindi notare come il lusso economico e il lusso monetario di un investimento economico
reale abbiano segno opposto: su questo fenomeno si basa il lavoro contabile, in cui ogni operazione
viene rilevata per 2 volte in 2 conti separati, in 2 sezioni contrapposte:

In sostanza, i valori che, nello schema dell’investimento, “entrano” nell’investimento stesso vanno
segnati nella colonna “DARE”, mentre i valori che “escono” sono da segnare in “AVERE”.
1.9.2 L’Investimento Economico Produttivo
Si ha un investimento economico produttivo quando si acquisiscono fattori di produzione che vengono
trasformati e si vendono le produzioni da essi ricavate. Ad esempio, una qualsiasi azienda industriale
compie investimenti economici produttivi.

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𝑹
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Si tratta di un trasformatore economico in cui un capitale CI(t0) viene posto in rischio e investito per
acquistare Fattori Produttivi e Lavoro in quantità QF(to) e a prezzo pF(t0), al ine di produrre Beni in
quantità QP(t1) da rivendere al prezzo pP(t1), per recuperare un capitale CI(t1).
Se CI(t1) > CI(t0), l’investimento otterrà un utile, altrimenti avrà una perdita.
Anche in questo caso si formano tre lussi:
• Flusso Fisico di Fattori Produttivi e di Produzioni (QF e QP);
• Flusso Economico di costi e ricavi;
• Flusso Monetario di capitali.

Anche per questo tipo di investimento si possono costruire conto economico e cash low:

Il Risultato Operativo di questo investimento, dunque, si calcolerà in questo modo:


= − = [ ( 1) ∙ ( 1)] − [ ( 0) ∙ ( 0)]
Anche l’investimento economico produttivo è soggetto a rischi:
• Rischio Tecnico (o di trasformazione) dei fattori produttivi in prodotti;
• Rischio Economico (o di mercato): non riuscire a vendere P a prezzi remunerativi. Questo rischio è
legato anche alla domanda e all’o erta, ovvero all’apprezzamento del prodotto e alla concorrenza
nella produzione da parte di altre aziende.
1.9.3 L’Investimento Finanziario
Si ha un investimento inanziario quando si cede un capitale contro un capitale futuro, lasciando ad
altri soggetti la gestione dell’investimento economico.
Nell’investimento inanziario, un capitale CI(t0) viene posto in rischio per il inanziamento del capitale
investito per un investimento economico reale o produttivo e diventa un capitale inanziario. Al termine
di T, viene recuperato CI(t1): se CI(t1) > CI(t0), si avrà un risultato inanziario positivo.
L’investimento inanziario è soggetto solamente a un rischio indiretto, ovvero il rischio legato
all’investimento economico che viene inanziato dal capitale inanziario CI. Senza la presenza di questo
investimento economico, l’investimento inanziario non potrebbe ottenere risultati operativi.
L’investimento inanziario può essere attuato in due modi:
• Investimento in Equity (o a Rischio Assoluto). Il capitale assume la forma di partecipazione nel

capitale investito, come nel caso dell’acquisto di azioni o di una quota di una società. Il CI, dunque,
entra a far parte del capitale della società, che si occuperò del suo investimento economico.
L’investitore in Equity sarà il primo a perdere il suo capitale e l’ultimo a guadagnare, ovvero
guadagnerà al netto dei pagamenti dovuti a fornitori e creditori della società.
• Investimento in Debt (o a Rischio Relativo). L’investimento cede il proprio capitale inanziario a titolo
di prestito o inanziamento, diventando così creditore e acquisendo il diritto al rimborso in epoca t1:

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𝑃
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𝐶
𝐹
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è il caso, ad esempio, delle obbligazioni, ovvero titoli di credito che rappresentano il prestito a
un’azienda e che vengono rimborsate dopo un medio-lungo periodo tramite ammortamento
(rimborso di tot obbligazioni per anno). L’investitore in Debt guadagna per primo, avendo diritto al
rimborso come creditore, e perde per ultimo il suo capitale.
1.9.4 La Legge Generale dell’Investimento
“L’investimento inanziario è strumentale per attuare l’investimento economico; l’investimento
economico è strumentale per attuare l’investimento inanziario.”
Questo signi ica che in due tipi di investimento non possono essere distinti: serve la formazione di un
capitale monetario per attuare un investimento economico produttivo o reale, che servirà, a sua volta,
per ottenere la remunerazione dell’investimento inanziario attuato in precedenza.
Investimento inanziario ed investimento economico, dunque, devono essere attuati congiuntamente
per formare un Capital Investment che, versato in qualità di Equity o Debt, andrà a sopportare i rischi
tecnici ed economici dell’investimento economico, per produrre un Risultato Operativo che remuneri
gli investimenti inanziari sostenuti.
1.10 Le Aziende
Si de inisce Azienda un’organizzazione durevole (con teleonomia esogena o endogena) o un sistema
economico istituzionalizzato in cui si svolgono in forma collettiva le attività di consumo, produzione,
scambio, risparmio e investimento della Ricchezza.
Una classi icazione di base delle aziende può vederle distinte tra:
• Aziende di Consumo. Assumono le decisioni riguardanti il consumo, l’impiego del lavoro, il
risparmio, l’investimento inanziario. Sono create per rendere massima l’e icienza del consumo e per
soddisfare l’aspirazione al benessere e alla ricchezza. Ad esempio, la famiglia e le associazioni
sportive sono esempi di aziende di consumo.
• Aziende di Produzione. Assumono le decisioni riguardanti la produzione ̧ l’uso del lavoro e dei fattori
produttivi, il reperimento di informazioni e del know-how, la ricerca di capitali da investire. Sono
create da lavoratori o investitori per ottenere una remunerazione attraverso una produzione
e iciente. Ad esempio, sono aziende di produzione le aziende industriali o le banche.

CAPITOLO 2: LA PRODUZIONE
2.1 Prodotti e Produzioni
Tutti i Beni possono essere intesi come Prodotti, ottenuti e scambiati a seguito di un Processo
Produttivo. Si possono distinguere prodotti singoli (come, ad esempio, un quadro o un ponte) e lussi di
prodotti: in questo secondo caso, ci si trova davanti alla Produzione, de inita come la trasformazione di
utilità dai Fattori Produttivi ai Prodotti.
La trasformazione produttiva, dunque, prevede una serie di Beni di input (ovvero i fattori produttivi) i
quali, a seguito del processo di produzione, vengono trasformati nei Beni di output (ovvero i prodotti).
Si possono riconoscere 5 classi di Fattori di Produzione:
• Impianti e Macchinari (I);
• Materie (M);
• Servizi (S);
• Lavoro (L);
• Conoscenze (B).
La trasformazione produttiva, in sostanza, si può intendere come una funzione di trasformazione:
QP1, QP2,..., QPM costituiscono la Combinazione Produttiva del processo di produzione.

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2.2 I Sistemi Produttivi


Il Sistema Produttivo è l’organizzazione che svolge il processo di produzione, seguendo una procedura
e puntando a un preciso obiettivo di produzione.
All’interno di un sistema produttivo, si possono identi icare un Sistema di Controllo che stabilisce
procedure e programmi e una serie di Organi coordinati dal Sistema di Controllo stesso: esempi di
organi possono essere, ad esempio, quelli che svolgono i compiti del magazzinaggio, delle diverse
operazioni produttive, del montaggio dei prodotti e della loro distribuzione.
A seconda dei prodotti, ovvero dei loro output, i Sistemi Produttivi si possono classi icare come:
• Sistemi Monoprodotto;
• Sistemi Pluriprodotto
• A Produzione Tecnicamente Disgiunta;
• A Produzione Tecnicamente Congiunta:
• Da Materia;
• Da Processo.
Per fare qualche esempio, la produzione di farina e crusca partendo dal frumento è un caso di
produzione tecnicamente congiunta da materia: è impossibile conoscere precisamente la percentuale
di produzione dei due diversi prodotti, dal momento che essa dipenderà dalla materia prima. L’edilizia,
invece, è un caso di produzione tecnicamente congiunta da processo: il sistema di controllo potrà
decidere la percentuale dei diversi prodotti (come appartamenti o garage) da ottenere tramite un
uguale processo produttivo.
Un’ulteriore distinzione tra processi produttivi si può fare in base ala loro struttura. Esistono infatti:
• Sistemi a Produzione Continua, che producono un lusso di prodotti, tutti con le medesime
speci iche;
• Sistemi a Produzione Discreta, che producono singoli prodotti con caratteristiche particolari
(manufatti).
• Sistemi a Produzione per Lotti, che producono lotti distinti di prodotti con caratteristiche particolari:
i lotti sono diversi l’uno dall’altro, ma tutti gli elementi di un lotto hanno le medesime speci iche.
2.3 Classi icazione dei Prodotti
A seconda delle caratteristiche dei prodotti che possono essere prese in considerazione, è possibile
attuare 5 diverse classi icazioni:
1. Prodotti Materiali/Immateriali:
• I Prodotti Materiali sono oggetti tangibili, omogenei, immagazzinabili. La loro proprietà può
essere trasferita e il loro valore è prodotto in fabbrica. Il cliente non partecipa alla loro
produzione; inoltre, produzione e distribuzione sono separate dal consumo.
• I Prodotti Immateriali sono servizi intangibili, eterogenei e non immagazzinabili. La loro proprietà
non è trasferibile e il loro valore deriva dall’interazione tra venditore e acquirente. Il cliente fa
parte del processo di produzione; produzione, distribuzione e consumo sono simultanei.
2. Prodotti Finali/Strumentali:
• I Prodotti Finali sono destinati direttamente al consumo inale da parte del cliente.
• I Prodotti Strumentali sono fattori utilizzabili per la produzione di altri prodotti in un’altra
azienda.
3. Produzioni Terminali/Intermedie:
• Le Produzioni Terminali hanno un output autonomamente osservabile ed utilizzabile per
soddisfare Bisogni e Aspirazioni.
• Le Produzioni Intermedie hanno come output un componente che necessita un’ulteriore
lavorazione per poter arrivare a soddisfare Bisogni e Aspirazioni.
4. Prodotti a Contenuto Tecnologico Distintivo/Legati alla Moda/Indi erenziati:
• I Prodotti a Contenuto Tecnologico Distintivo sono, ad esempio, telefoni, computer o automobili,
con caratteristiche peculiari che variano da prodotto a prodotto.
• I Prodotti Legati alla Moda sono, ad esempio, vestiti, viaggi o vacanze.
• I Prodotti Indi erenziati (o Commodities) sono le materie prime come petrolio, legname o
verdura, ovvero prodotti privi di caratteristiche particolari.

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f
ff

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f
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NATALIIA KARKOVSKA

5. Prodotti per il Mercato/per il Cliente:


• I Prodotti per il Mercato (o Standard) sono prodotti a lusso, con speci iche tecniche uguali
decise dal produttore.
• I Prodotti per il Cliente (o Speciali, o per Commessa) sono prodotti le cui speci iche sono decise
dal cliente, prodotti in produzione discreta.
2.4 I Fattori di Produzione
2.4.1 Impianti e Macchinari
Identi icati con la lettera I, gli Impianti e i Macchinari sono fattori produttivi strumentali, fattori a

capacità (un impianto può lavorare per x ore al giorno, o per x anni; tale periodo di tempo si de inisce
KI(T)), fattori di struttura a fecondità ripetuta (ovvero, forniscono utilità in modo ripetuto, e non per una
singola produzione) e fattori pluriennali.
Il fabbisogno unitario di I, ovvero l’unità di servizio di I per un’unità di prodotto o per un’unità di tempo,
si indica con qI. Il fabbisogno complessivo di I per un volume di produzione QP(T) si indicherà, invece,
con QI(T). Vale quindi la relazione:
( )= ∙ ( )
Inoltre, il numeri di impianti (NI) necessari per una produzione si calcolerà in questo modo:
= ( )/ ( ) =
Dove NT corrisponderà al numero di unità di tempo necessarie per la produzione.
2.4.2 Materie e Componenti
Identi icati con la lettera M, Materie e Componenti sono fattori materiali a fecondità semplice. Sono
immagazzinabili e vengono de initi fattori “a contatore” (ovvero a impiego numerabile) e a impiego
proporzionale.
Il fabbisogno unitario di M per unità di prodotto o unità di tempo si indica con qM; il fabbisogno
complessivo per un volume di produzione QP(T) si indica, invece, con QM(T). Vale quindi la relazione:
( )= ∙ ( )
2.4.3 Servizi e Lavorazioni Esterne
Identi icati con la lettera S, i Servizi sono fattori operativi immateriali a fecondità semplice. Si tratta di
fattori non immagazzinabili, fattori “a contatore” e a impiego proporzionale.
Il fabbisogno unitario di S per unità di prodotto o unità di tempo si indica con qS; il fabbisogno
complessivo per un volume di produzione QP(T) si indica, invece, con QS(T). Vale quindi la relazione:
( )= ∙ ( )
2.4.4 Lavoro (Mano d’Opera)
Identi icato con la lettera L, il Lavoro è l’unico Fattore attivo della Produzione: permette l’utilità degli
altri fattori. Si tratta di un fattore non separabile dal lavoratore, che può essere diretto (per le materie)
oppure indiretto (per la struttura): è diretto se è rintracciabile e identi icabile nel prodotto inito, mentre
è indiretto se non si può notare osservando il prodotto. In ine, è un fattore a capacità produttiva: si può
de inire KL(T) la capacità lavorativa in un determinato periodo di tempo T.
Il fabbisogno unitario di L per unità di prodotto o unità di tempo si indica con qL; il fabbisogno
complessivo per un volume di produzione QP(T) si indica, invece, con QL(T). Vale quindi la relazione:

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𝑸
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𝑸
𝑸
𝑰
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𝑃
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𝑃
𝑇
𝑇
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f
f
f

NATALIIA KARKOVSKA

( )= ∙ ( )
Inoltre, si può individuare anche il numero di lavoratori necessari (NL) oppure il numero di unità di
tempo necessarie (NT): = ( )/ ( ) =
2.4.5 Conoscenze
Identi icate con la lettera B, le Conoscenze possono essere codi icate (nel caso di regole, formule e
brevetti) oppure non codi icate (modelli mentali e procedure usate dai lavoratori in un determinato
ambito). Sono fattori che spesso sono contenuti nelle altre classi.
2.5 Trasformazione Produttiva: Costi, Ricavi, Risultati
Come è stato già detto, il processo di trasformazione produttiva può essere inteso anche come una
funzione di produzione, ovvero una funzione che indica i fabbisogni unitari di ciascun fattore che
saranno necessari per ottenere un’unità di prodotto; la funzione di produzione, inoltre, indica eventuali
vincoli e incompatibilità che potrebbero veri icarsi all’interno del processo produttivo.
La Combinazione Produttiva, invece, corrisponderà ai volumi dei prodotti (output) da ottenere in un
sistema produttivo pluriprodotto.
La produzione, tuttavia, non va intesa solamente come una trasformazione tecnica (ovvero come una
trasformazione di Utilità), ma anche come trasformazione economica (di Valori): i fattori di produzione
vengono acquistati dai fornitori a un dato prezzo (ovvero a un determinato valore), per poi essere
venduti, stavolta sotto forma di prodotti initi, ai clienti, a un altro prezzo.
Nel primo di questi due passaggi, quindi, si generano i Costi di Approvvigionamento (che si segnano
come valori negativi):
• CI = NI x pI;
• CM=QMxpM;
• CS=QSxpS;
• CL=QLxpL.
Dalla vendita di prodotti initi, invece, hanno origine i Ricavi di Cessione (valori positivi): RP=QPxpP.
La trasformazione produttiva, dunque, diventa trasformazione economica: si e ettua una valorizzazione
di input e output tramite i loro prezzi.
2.5.1 Costi di Produzione e Risultato Operativo
Si de inisce Costo di Produzione (CP) la somma dei costi dei fattori produttivi acquistati e utilizzati per
la produzione di P in quantità QP, in un periodo T:
= + + +
È importante ricordare che in CP si contano solamente i fattori produttivi e ettivamente utilizzati nella
produzione: è possibile che vengano acquistati fattori produttivi in più, che non entrano nel processo
produttivo (le cosiddette rimanenze), che non dovranno essere conteggiati nel CP.
Il Costo Unitario Medio di ciascuna unità di prodotto (qP), sarà invece:
= / =( + + + )/
=[( × )+( × × )+( × × )+( × × )]/
= [( × )/ +( × )+( × )+( × )]/
= + + + , dove =( × )/ = /
Va speci icato che cP non è il costo da sostenere per produrre un’unità di prodotto, ma è il costo di
ogni unità di prodotto che viene prodotta: è un valore medio.
Si nota anche che cP, come CP, dipende da QP: CP aumenta all’aumentare di QP, mentre cP si riduce
all’aumentare di QP. QP, a sua volta, non potrà aumentare all’in inito, ma sarà limitato dalla capacità
produttiva KI(T).
De initi i costi di produzione, si potrà individuare il Risultato Operativo dell’investimento, che
corrisponderà (economicamente) a:
= −
Si tratta, quindi, del risultato della trasformazione economica, il valore che rimane all’azienda dopo aver
impiegato i fattori nel processo di trasformazione.
2.5.2 La Matrice di Contabilità Analitica e il Conto Economico

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𝑸
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NATALIIA KARKOVSKA

Il calcolo dei costi, dei ricavi e del RO varia a seconda del tipo di sistema produttivo. Nel caso di un
sistema pluriprodotto, con M prodotti disgiunti (dove m è un singolo prodotto) a cui vanno
singolarmente riferiti costi, ricavi e RO e con N fattori produttivi (dove n è un singolo fattore), si utilizza
la Matrice di Contabilità Analitica:
• Costi Diretti, ovvero i costi imputabili direttamente alle produzioni, senza la necessità di e ettuare un
riparto; sono diretti anche i costi che risulta economicamente conveniente imputare direttamente
alle produzioni. Sono costi diretti i costi delle Materie (CM), del Lavoro (CL) e dei Servizi quali, in
questo esempio, le energie (CS). Si tratta di costi diretti perché le Materie, il Lavoro o l’energia che
vengono utilizzati per P1 non verranno utilizzati per P2: è possibile imputarli direttamente all’una o
all’altra produzione.

• Costi Indiretti, ovvero i costi non direttamente attribuibili a una produzione, per i quali è necessario
un riparto tra le produzioni; sono indiretti anche i costi che risulta economicamente conveniente
ripartire tra le produzioni, anche se sarebbero attribuibili in modo diretto ai singoli prodotti (ad
esempio, se quest’azienda invia separatamente borse e scarpe, i costi delle bolle di
accompagnamento, costi separati e trascurabili, sarebbero imputabili direttamente alle borse
oppure alle scarpe; invece, si trattano come costi indiretti, da ripartire in seguito alle due
produzioni). Sono indiretti i costi degli Impianti e anche il costo di un Servizio come il trasporto delle
merci (CI).

Nel caso di un servizio come il trasporto delle merci, legato sia a P1 che a P2, si deve pensare che il
costo di tale fattore debba essere distribuito tra le due produzioni in modo proporzionale.
Esempio: si supponga di avere il costo totale del trasporto di due produzioni C(Fn) = 10000.
Supponendo poi di avere QP1 = 700 e QP2 = 300, il costo si potrà ripartire in modo proporzionale
rispetto alle QP, ma solo se l’utilità del fattore viene ripartita in modo uguale tra P1 e P2 (se i due prodotti,
ad esempio, avessero pesi o volumi diversi, questo non si potrebbe fare).
Nel caso di borse e scarpe, prodotti con peso e volume simile (omogenei), si potranno ottenere i
coe icienti di imputazione del costo:
qP1=0,7; qP2=0,3.
Il coe iciente verrà poi moltiplicato per il C(Fn):
C(Fn)diP1 =10000x0,7=7000; C(Fn)diP2 =10000x0,3=3000.

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ff
ff

ff

NATALIIA KARKOVSKA

Si può operare, altrimenti, anche cercando il Costo per Unità di Prodotto: cuP=C(Fn)/
QP=10000/1000=10.
Successivamente, si moltiplica il cuP per QP1 e QP2:
C(Fn)diP1 =10X700=7000; C(Fn)diP2 =10x300=3000.
Per quando riguarda, invece, il Driver (d), a seconda del tipo di fattore andrà ad indicare il volume di
produzione (nel caso del trasporto) oppure le ore di lavorazione (nel caso di un macchinario).
• Costi, Ricavi, RO e Indicatori

Ricollegandosi all’idea di sistema produttivo come trasformatore economico di valori, dunque, si può
dire che vale questo schema:

In ine, le informazioni che nella matrice erano espresse in modo analitico e molto dettagliato possono
essere riassunte sinteticamente all’interno di un Conto Economico:

2.6 Misure della Performance dell’Investimento Economico Produttivo


Il Risultato Operativo, anche nel caso dell’investimento produttivo, è un indicatore assoluto della
performance dell’investimento. La sua espressione analitica è:
= − =( − )×
Analizzando questa formula, si possono identi icare anche i metodi che un’azienda può mettere in atto
per controllare il RO:
• Espandere QP, ovvero i propri volumi di produzione, tramite la Funzione Commerciale;
• Aumentare pP, ovvero il prezzo di vendita dei prodotti initi, tramite la Funzione Marketing;
• Contrarre qF, ovvero il fabbisogno di fattori produttivi, tramite la Funzione di Produzione;
• Contrarre pF, ovvero il prezzo dei fattori produttivi, tramite la Funzione di Approvvigionamento.
Le ultime due funzioni, inoltre, cooperano per la contrazione di cP, ovvero dei costi di produzione che
l’azienda deve sostenere.

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𝑹
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𝑅
𝑃
𝐶
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𝑃

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𝑃

NATALIIA KARKOVSKA

Anche in questo tipo di investimento, si identi icano degli indicatori relativi:


• ROC (Return On Costs) o Markup: = /
• e (Economicità): = / = /
• CPC (Cost Per Cent): = /
2.6.1 Il Conto Economico Multimarginale
Il conto economico multimarginale è una diversa forma di rappresentazione dei risultati di un
investimento economico produttivo, alternativo alla matrice di contabilità analitica.

In questo conto economico, si parte dai ricavi (RP) dell’investimento e si vanno a togliere gradualmente
i costi sostenuti, raggiungendo una serie di valori intermedi, detti margini: si raggiunge così un valore
aggiunto, ovvero il valore economico che è stato aggiunto alle materie durante la loro lavorazione, un
margine di contribuzione, ottenuto sottraendo anche i costi del lavoro (importantissimo nella
determinazione del risultato dell’investimento), un margine operativo lordo e, in ine, il reddito
operativo, che corrisponde al RO.
In un sistema pluriprodotto, questo conto economico permette di capire quanto ciascuna produzione
vada a contribuire al risultato di un’azienda.
Esempio: un’azienda produce 3 diversi prodotti, denominati A, B e C. Vale il seguente conto economico
multimarginale:

Dal conto, risulta che la produzione B è in perdita, ovvero ha un risultato operativo negativo.
Supponendo che non si possa implementare una nuova produzione e che il mercato per A e C sia già
saturo, si potrebbe pensare di eliminare la produzione in perdita. In questo caso, si otterrebbe:

Se si elimina B, i costi degli impianti che prima erano attribuiti a B andranno a carico di A e di C,
abbassando a 0 il RO totale, che nel primo caso era 100.
Questo succede perché, nel primo caso, il margine di contribuzione era uguale a 700, mentre nel
secondo caso è sceso a 600: eliminando B, è stata eliminata anche una parte di margine di
contribuzione pari a 100, cosa che ha causato una pari riduzione del reddito operativo.

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𝒆
𝑅
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𝑂

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NATALIIA KARKOVSKA

Questo caso mostra come una produzione in perdita sia comunque capace di generare un risultato a
seconda del suo margine di contribuzione.
2.7 La Produttività
Si de inisce Produttività l’e icienza dei sistemi e dei processi di produzione. In particolare, la
Produttività di Fattori è la capacità dei sistemi di ridurre i fabbisogni unitari di fattori produttivi, a parità
di qualità e prezzi.
Dal momento che un’azienda non può sempre manovrare prezzi e volumi di vendita dei propri prodotti,
a causa della concorrenza delle altre imprese, dovrà sempre cercare di lavorare sulla propria
produttività per migliorare il proprio risultato operativo. In altre parole, dovrà lavorare sui costi, non sui
ricavi.
Quando non è speci icato diversamente, la Produttività riguarda il fattore Lavoro, l’unico fattore attivo
della produzione: la produttività del Lavoro, infatti, non deriva esclusivamente da un fatto tecnico,
come avviene invece per gli Impianti o per le Materie, ma dipende dalle caratteristiche del lavoro e del
lavoratore. Esistono due diversi modi di esprimere la produttività del Lavoro:
• In Termini Fisici, ovvero in relazione alla quantità: = / . Oppure, inversamente, = / .
• In Termini di Valore, ovvero in relazione alla qualità: = / = ∙ / ∙ = /
Si può inoltre distinguere una Produttività Lorda da una Produttività Netta: riprendendo l’equazione
della produttività in termini isici, si può dire che
= / ∙ /
Il Lavoro Impiegato, tuttavia, di erisce dal Lavoro Assegnato per un tasso di assenteismo (ta), un tasso
di inattività del processo produttivo (ti) e un tasso di sovrabbondanza del lavoro (ts). Quindi, si ha che:
= / ∙ (1 − )(1 − )(1 − )
Quest’ultima formula corrisponderà, quindi, al valore di Produttività Netta.
Un’azienda vive se la sua produttività è maggiore o uguale a quella delle altre aziende concorrenti;
pertanto, per continuare ad esistere, ciascuna azienda dovrà cercare di aumentare costantemente la
produttività. Si dice, quindi, che la Produttività è un fattore dominante e crescente, addirittura
istituzionalizzato.
I Fattori della Produttività, ovvero quelli che aumentano QP e riducono QL, aumentando così πL, si
dividono tra:
• Fattori Passivi, che aumentano QP mantenendo costante QL: Fertilità: naturale o arti iciale,
dipendente dalla localizzazione del lavoro. Un lavoro prestato in un ambiente fertile avrà produzioni
più abbondanti.
• Fattori Attivi, che aumentano QL mantenendo costante QP:
• Abilità: vantaggi naturali o acquisiti dal lavoratore-produttore (conoscenze);
• Attrezzatura: attrezzi ottenuti dal lavoratore-produttore tramite l’investimento di lavoro;
• Organizzazione: capacità di organizzare il lavoro altrui, generando economie di specializzazione.
• Fattori Endogeni, ovvero interni al lavoratore:
• Motivazione: l’uomo lavora per raggiungere un obiettivo, un’aspirazione;
• Appagamento: l’uomo continua a lavorare perché raggiunge risultati conformi alle sue
aspirazioni.
Esaminando i fattori endogeni, si capisce perché un’azienda cerchi di soddisfare bisogni e aspirazioni
dei lavoratori: si tratta di un metodo per aumentare la produttività. In particolare la teoria di Vroom lega
motivazione e appagamento, sostenendo che l’uomo lavora e produce in funzione delle sue aspettative
e della valenza delle sue aspettative: un lavoratore, dunque, si impegnerà se riterrà di poter
raggiungere in questo modo i propri obiettivi e si impegnerà a seconda di quanto ritiene importanti tali
obiettivi.
Come già accennato, la Produttività è destinata ad aumentare sempre: si tratta di un meccanismo
inevitabile all’interno del processo produttivo, dal momento che l’aumento della produttività fa
perdurare sia l’investimento economico che l’investimento inanziario che lo sostiene. Questo è dovuto
al progetto teleonomico delle aziende di produzione: una maggiore produttività signi ica un
abbassamento dei costi e, quindi, porterà a una maggiore quantità di beni e a una maggiore varietà di

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𝝅
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𝑃
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NATALIIA KARKOVSKA

aspirazioni che si potranno soddisfare. Inoltre, è da ricordare anche l’assioma dell’insaziabilità: l’uomo
non potrà mai soddisfare tutti i suoi bisogni e le sue aspirazioni.

CAPITOLO 3: IL BUSINESS
3.1 Business e Produzione
Un Business è l’attività tramite la quale si possono produrre utili ideando, producendo e/o distribuendo
un prodotto di una qualsiasi specie e in un qualunque volume di produzione.
Si possono distinguere due tipi fondamentali di Business, a seconda della loro produzione:
• I Business B2B (Business to Business) riguardano produzioni intermedie, che devono essere oggetto
di un’ulteriore lavorazione prima di arrivare al consumatore.
• I Business B2C (Business to Consumer) riguardano le produzioni inali, pronte per il consumo.
Un Business nasce a seguito di una Business Idea e ha una Durata (Vita Economica) che coincide con il
Product Lifecycle,
ovvero il ciclo di vita del prodotto. Tale periodo può essere suddiviso in 4 fasi:
1. Fase di Introduzione del prodotto (Introduction);
2. Fase di Crescita o Espansione (Growth);
3. Fase di Maturità (Maturity);
4. Fase di Declino (Decline).
Le 4 fasi si di erenziano per i ricavi, i costi e il RO: all’introduzione di un Business, i costi saranno
sicuramente maggiori dei ricavi, perché bisogna stabilire le varie strutture dell’azienda. Nella fase di
crescita, i ricavi aumenteranno, così come i costi, ma iniziano a superarli, generando così un pro itto.
Arriva poi la fase di maturità, in cui il bene inizia ad avere un mercato stabile ma non più in espansione:
in questa fase, si può attuare un contenimento dei costi tramite le economie di scala, che permettono
di contrarre i costi unitari sfruttando meglio gli impianti di produzione. In ine, nella fase di declino, la
concorrenza delle altre aziende fa sì che i ricavi del bene calino, seguiti dai pro itti e anche dai costi.
La rapidità con la quale si attraversano le varie fasi di vita di un Business dipendono dalle caratteristiche
del Business stesso: nel caso di un Business tecnologico, ad esempio, la maturità verrà raggiunta molto
presto, a causa dell’elevata concorrenza e dell’avanzamento tecnologico, che rendono necessaria e
possibile l’implementazione di nuove funzioni d’uso per far durare più a lungo il Lifecycle del bene.
Il Business, quindi, è fondamentale nelle aziende di produzione, poiché racchiude al suo interno sia la
produzione che l’investimento: corrisponde, in altre parole, al Capital Investment.
3.2 La Break-Even Analysis
Nel calcolo economico di un Business, è fondamentale un particolare modello operativo, detto Break-
Even Analysis, che analizza l’andamento del RO di un bene al variare delle quantità di prodotto che
vengono realizzate e vendute dall’azienda: in altre parole, calcola il RO(Q).
La Break-Even Analysis si fonda su tre ipotesi fondamentali:
• Linearità delle funzioni di ricavi, costi e RO: signi ica che queste funzioni possono essere
rappresentate gra icamente come rette e non come curve;
• Quantità Prodotte = Quantità Vendute: QP = QV = Q.
• Q varia nella Capacità Produttiva: la quantità di prodotto può quindi assumere tutti i valori che vanno
dallo 0 al massimo della Capacità Produttiva dell’azienda.
3.2.1 Equazioni di Costi e Ricavi
Come già detto, la BEA ha il compito di calcolare RO(Q). Tale valore può essere de inito anche come la
di erenza di due funzioni: ( )= ( )− ( ).
Queste due funzioni si possono studiare anche dal punto di vista analitico e gra ico: in particolare, si
può trovare che ( )= × , un’equazione che, se si aggiunge il termine noto, sarà espressa nella
forma di un’equazione di una retta passante per l’origine degli assi ( ( )= × + 0).

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ff

ff
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𝑸

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𝑝
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NATALIIA KARKOVSKA

In questo gra ico, si nota come pP sia il coe iciente angolare della retta dei ricavi: se il prezzo di
vendita aumenta, aumenteranno anche i ricavi del prodotto e la retta risulterà più inclinata. Il fatto che
RP sia rappresentabile come una retta, inoltre, suggerisce che pP debba essere costante per ogni
valore di Q: si tratta di un modello ideale, che deve soddisfare in questo modo l’ipotesi di linearità; nella
realtà, il prezzo di vendita di un prodotto subirà delle variazioni.
Come è stato fatto per RP(Q), è possibile esprimere anche l’equazione dei costi in termini analitici:
( )= ( )+ ( ), dove CoV sta per i costi variabili di produzione e CoF rappresenta i costi issi. I
costi issi sono espressi come CoF(Q): questo signi ica che alcuni di essi varieranno al variare di Q,
mentre altri, come i costi relativi agli impianti, resteranno costanti e indipendenti da Q per tutta la loro
capacità produttiva. Un altro fattore a capacità produttiva è il Lavoro, che però viene conteggiato tra i
costi variabili: si tratta, infatti, di un costo lessibile e reindirizzabile.
A questo punto, serve un’analisi più approfondita di CoV(Q) e CoF(Q):
• = × , dove cv è il coe iciente di costo variabile unitario: = + + . Anche CoV è
esprimibile come una retta passante per l’origine: = × + 0. Quindi, risulta pertanto, che Q e
CoV sono direttamente proporzionali.

• ( ) = × , ovvero il numero degli impianti moltiplicati per il loro costo unitario. Se sono
presenti diversi impianti, si avrà ( )=∑ × . CoF, dunque, non dipende da Q: ( )= + ∙
0= . Quindi, sarà uguale per ogni valore di Q, anche per Q = 0.

Mettendo insieme le due funzioni, si otterrà che ( )= ( )+ ( )= × + . Si tratta della


somma gra ica delle due funzioni analizzate in precedenza:

CP, quindi, sarà una retta la cui pendenza resta costante: cv non varia perché si tratta di un modello
ideale, come nel caso di pP per l’equazione dei ricavi.
Se Q = 0, allora, CP = CoF; se Q = Q1, CP = CoF + CoV1.
3.2.2 Risultato Operativo e Margine di Contribuzione
Mettendo insieme gra icamente le equazioni di costi e ricavi, si ottiene il seguente diagramma:

18
𝑪
𝑪
𝑪
𝑷
𝒐
𝒐
𝑽
𝑸
𝑭
𝐶
𝑜
𝑸
f
𝐹
𝑐
𝑣
𝐶
𝑜
𝑉
𝑁
f
𝑄
𝑄
𝐼
f
𝐶
𝑝
𝐶
𝐼
𝑜
𝑜
𝐹
𝐹
𝑄
f
ff
𝐶
𝑜
𝐹
𝑄

f
𝑁
𝑝
ff
𝐼
𝑪
𝐶
𝑷
𝑜

𝑸
f

𝑐
𝑣
𝐶

𝑜
𝑉
𝑄
𝑄

𝒄
𝑜
𝒗

𝑄
𝑐
𝑀
𝑐
𝑣
𝑐
𝐿
𝑄
𝐶
𝑐
𝑆
𝑜
𝐶
𝐹
𝑜
𝐹
𝑄
𝐶
𝑜

𝐹
f
𝑄
NATALIIA KARKOVSKA

QE è il Punto di Equilibrio o Break-Even Point, ovvero il punto in cui RP – CP = 0. Dal momento che RO è
identi icabile come la di erenza tra RP e CP, si nota che, se Q > QE, RO > 0 e aumenta all’aumentare di
Q; viceversa, se Q < QE, RO < 0 e continuerà a diminuire al diminuire di Q (in particolare, con Q = 0, RO
= -CoF).
Nel calcolo di RO è fondamentale il ruolo del Margine di Contribuzione, che corrisponde a RP – CoV. Il
margine di contribuzione rappresenta la ricchezza che rimane dopo aver sostenuto i costi variabili
dell’investimento: se Q = 0, il margine sarà uguale a 0; se Q aumenta, anche il margine aumenterà, ino
a toccare, a Q = QE, il valore di CoF. Se Q > QE e il margine è > CoF, allora il RO sarà > 0.
Andando ad esaminare il tutto dal punto di vista analitico, si ottiene che:
( )= ( )− ( )
( )= ∙ −( ∙ + )
( )=( − )∙ −
( )= ∙ −
Ovvero, si ottiene l’Equazione Fondamentale della Break-Even Analysis.
Anche questa equazione rappresenta una retta, con coe iciente angolare uguale al Margine di
Contribuzione (pP – cv).
Gra icamente, quindi, si ottiene:

Analizzando anche gra icamente l’equazione del Risultato Operativo, si può notare come possano
esistere Business che non raggiungono mai il BEP: è il caso dei Business che hanno cv > pP e, di
conseguenza, un mc < 0. Questo signi ica che, in tale caso, i ricavi non riescono a coprire i costi
variabili di produzione.
Se mc < 0, la retta incrocerà l’asse delle ascisse in corrispondenza di un valore negativo di Q: si
potrebbe ottenere un RO positivo solamente in corrispondenza di una quantità di prodotto negativa
(situazione assurda).
3.2.3 Determinare il Break-Even Point
Partendo sempre dall’equazione fondamentale della BEA, è possibile determinare il valore di QE, ovvero
del punto di equilibrio del nostro business:
( )= ∙ −
Ponendo Q come variabile, si trova: = + / = ∙ = + => = +
Dove MC rappresenta il Margine di Contribuzione Totale. Partendo da quest’ultima equazione, si può
trovare un valore di Q capace di ottenere un determinato RO. Nel caso di QE, sappiamo che RO sarà
uguale a 0; pertanto, poniamo:
= +0/ = /
Come prima, andiamo a determinare il Margine di Contribuzione Totale:
∙ = => =
Il BEP, dunque, è il valore di produzione Q che genera un MC capace di coprire i CoF.
3.2.4 Margine di Sicurezza ed Elasticità Produttiva
Il Margine di Sicurezza (MS%) è un valore espresso in percentuale che permette di capire quanto potrà
diminuire il volume
di produzione Q prima che il Risultato Operativo diventi negativo.

19
𝑅
𝑅
𝑅
𝑹
𝑅
𝑄
𝑚
𝑐
𝑂
𝑂
𝑂
𝑂
𝐸
𝑶
𝑄
f
𝑄
𝑄
𝑄
𝑄
𝑸
𝐶
𝐸
𝑜
f
𝐹

𝑅
𝑝
𝑚
𝐶
𝒎
𝑝
𝑃
𝑐
𝑃
𝑜
𝑃
𝒄
𝐹
𝒎
𝑄
𝑄
𝑄
𝒄
𝑸
𝑐
𝑣
𝑴
𝑪
𝐶
𝐶
𝑪
𝑐
𝒐
𝑪
𝑃
𝑜
𝑣
𝑄
𝒐
𝑭
𝐹

𝑬
𝑭
𝑄

𝑄
𝒎

𝐶
𝑪
𝒄

f
𝒐

ff
𝐹
𝐶
𝑭
𝑜

𝐶
𝑜
f
𝐹

𝑅
𝑂
𝒎
𝒄

𝒎
𝒄
𝑄
𝑪
ff
𝒐
𝑭

𝑅
𝑂

𝑴
𝑪
𝑪
𝒐
𝑭
𝑅

f
NATALIIA KARKOVSKA

%= − / × 100
%= ∙ − ∙ / ∙
%= − / ×
Prima di entrare in perdita, dunque, è possibile diminuire il valore di Q di una percentuale pari a MS%.
N.B.: il MS% vale solo se si riduce Q, non se si riduce pP! Se si riduce Q, infatti, il modello (ovvero il
gra ico) rimane lo stesso, mentre, se si va a modi icare pP e se lo si riduce, si otterrebbe una retta dei
ricavi con coe iciente angolare minore. In questo modo, anche il BEP risulterebbe diverso: avrebbe un
valore di QE maggiore a quello precedente. Questo avviene perché, se si riduce Q, diminuiscono anche
i costi (CP), mentre, se si riduce pP, si riducono i ricavi (RP), mentre i costi restano uguali.
Esempio: Cosa succede se si usa MS% per diminuire pP.
Si supponga di trovare un determinato MS% e di voler provare a diminuire pP di MS%.
( )= ∙ − ∙ −
( )=( − ∙ )∙ − ∙ −
Sappiamo che = − / . Quindi, ∙ = − => = (1 − )∙ => >
A fronte di questi dati, analizziamo la situazione in QE : si sa che in questo punto RO = 0, quindi CP = RPE
. Tuttavia, Q > QE, quindi CP > CPE e, di conseguenza, CP > RPE .
Pertanto, si otterrà che RO < 0: se si usa MS% per diminuire pP invece di Q, si va incontro a una perdita;
MS% misura solamente variazioni di RP ottenibili con variazioni di Q.

Si supponga di avere 2 Business, A e B, rappresentati in igura, con il medesimo RP e diversi CP.


Quando sia A che B producono Q1, sostengono gli stessi costi e, pertanto, avranno lo stesso RO.
Tuttavia, B ha un BEP più vicino a Q1, mentre il BEP di A è più lontano: A avrà, dunque, un MS%
maggiore e potrà sopportare una maggiore contrazione di Q prima di entrare in perdita. Esaminando
invece CPA e CPB, si nota che il primo ha CoV maggiori e CoF minori, mentre CPB ha CoV minori e CoF
più ingenti.
Da queste osservazioni si può arrivare a de inire l’indicatore di Elasticità Produttiva (EP):
= / = ∙ /
A parità di ricavi, sarà da considerarsi più sicuro un Business con maggiore EP, ovvero che ha un
maggiore rapporto tra costi variabili e costi totali. EP rappresenta quanto velocemente calano i costi di
produzione al calare di Q, ovvero quanto sia inclinata la retta CP.
In ine, bisogna anche considerare che la BEA può essere attuata anche suddividendola nei vari periodi
d’acquisto del business: i CoF verranno quindi ammortati sui vari periodi, in base al loro uso nella
produzione dei ricavi nei singoli periodi stessi.
3.3 L’Investimento Finanziario
Nell’analisi della performance di un business, l’analisi dell’investimento economico va sempre di pari
passo con l’analisi del corrispondente investimento inanziario. Anche in questo caso, infatti, si possono
individuare delle misure di performance che permettono la comparazione di business diversi e l’analisi
del loro rendimento.
Un Business è un investimento produttivo che richiede un capitale investito (CI). Questo capitale dovrà
ricoprire i costi issi dell’investimento, oltre alla parte di costi variabili che si dovranno sostenere prima
di conseguire i primi ricavi:
= + (h% × )
= × (1 + )

20
𝑀
𝑀
𝑴
𝑅
𝑅
𝑬
𝐶
𝐶
𝐼
𝐼
𝑷
𝑂
𝑂
f
𝑆
𝑆
𝑺
f
𝑄
𝑄
𝐶
𝐶
𝑪
𝑜
𝑜
𝑸
𝒐
𝐹
𝐹
𝑅
𝑝
𝑽
𝑝
𝑃
𝑃
𝑝
𝑸
𝑃
𝑃
𝑪
𝑬

𝑄
𝑷
𝑅
𝑄
𝑸
𝑀
𝑃
ff
𝑘
𝑀
𝐸
𝑝
𝑆
f
𝒄

𝐶
𝑐
𝑃
𝟏
𝑆
𝒗
𝑣
𝟎
𝑅
𝑜
𝟎
𝑉
𝑝
𝑃
𝑄

𝑸
𝑃
𝑄

𝑄
𝐸

𝑪
𝑄
𝑝
𝑄
𝑷
𝐶
𝑃
𝐸

𝑜
𝐹

𝑄
𝑐
𝑄

𝑄
𝐶
𝑜
𝐹
𝑄

𝑀
f

𝑄
f
𝑄
f
𝐸

𝑄
𝐸
f

𝑀
𝑆
𝑄
𝑄
𝑄
𝐸

NATALIIA KARKOVSKA

Inoltre, tenendo conto che l’investimento inanziario può avvenire a titolo di debt o di equity ̧ si avrà
che: = +
Ovvero, il capitale produttivo CI corrisponde al capitale inanziario; il capitale investito dal business
corrisponderà al capitale reperito e investito nel business.
Il Business, in sostanza, rappresenta un Capital Investment, ovvero la somma tra il capitale produttivo e
il capitale inanziario.
3.3.1 Indicatori dell’Investimento Finanziario
Il calcolo della performance inanziaria di un Business si può attuare mediante una serie di indicatori
relativi (percentuali):
• ROI (Return on Investments) = / : rappresenta il rendimento % del Business.
• ROE (Return on Equity) = / = / : rappresenta il rendimento % del capitale di
Equity.
• ROD (Return on Debt) = / = / : rappresenta il rendimento % del capitale di Debt,
ovvero il Tasso di Interesse.
Alla luce di questi indicatori, il Risultato Operativo di un Business si potrà esprimere anche come
RO = R + I, dove R, ovvero il Risultato Netto, sarà uguale a R = RO – I. R è dunque un valore residuale
(così come lo era anche RO inteso come RP – CP) e rappresenta il guadagno dell’investitore in Equity; si
capisce dunque perché l’Equity guadagni per ultimo: prima di ottenere il proprio R, dovrà rimborsare
gli interessi I dovuti agli investitori in Debt. Inoltre, R potrebbe anche essere negativo dopo la
sottrazione degli interessi: l’Equity, oltre a guadagnare per ultimo, perde per primo.
A ogni indicatore assoluto, quindi, corrisponde un indicatore relativo di rendimento:
• RO>ROI
• I>ROD
• R>ROE
Data questa corrispondenza tra gli indicatori, dal momento che si può trovare una relazione tra gli
indicatori assoluti, si potrà trovare anche una relazione tra ROI, ROD e ROE. Attraverso vari esempi,
infatti, è possibile individuare una serie casi che permettono di capire come variano questi tre valori:
1. Se ROI > ROD, allora ROE > ROI.
2. Se ROI > ROD e D/E aumenta, allora ROE aumenta ed è > ROI.
3. Se ROI = ROD, allora ROE = ROI = ROD.
4. Se ROI < ROD, allora ROE < ROI.
5. Se ROI < ROD e D/E aumenta, allora ROE diminuisce ed è < ROI.
Il ROE, dunque, dipende da ROI, da ROD e da D/E. Si può quindi analizzare formalmente:
= − = ∙ / − ∙ / = / ∙ − / ∙ = ∙ − ∙
Dal momento che CI = D + E,
= ∙( + )− ∙ = ∙ + ∙ − ∙
Dividendo tutto per E, si otterrà:
/ = ∙ / + ∙ / − ∙ / = ∙ / + − ∙ /
Si arriva quindi a esprimere la Legge Generale dei Rendimenti (o Relazione Finanziaria Fondamentale,
detta anche Legge di Modigliani-Miller):
= +( − )∙ /
Questa legge si può esprimere anche come =[ +( × ) × (1 − ), dove SPREAD
rappresenta il di erenziale di rendimento tra ROI e ROD, DER sta per Debt/Equity Ratio e rappresenta D/
E (e viene de inito anche leva inanziaria), mentre tax è l’aliquota media d’imposta.
DER, dunque, viene de inito Leva Finanziaria (o Financial Leverage) perché il suo valore ha una grande
in luenza nel determinare il valore inale di ROE:
• Se ROI > ROD, ROE > ROI perché viene spinto in alto da un moltiplicatore pari allo stesso DER: in
questo caso si dice che la leva funziona positivamente su ROE, perché, se DER aumenta, aumenterà
anche ROE.
• Se ROI = ROD, DER sarà inin luente perché ROE sarà uguale a ROI.

21
𝑅
𝑅
𝑅
𝑹
𝑶
f
𝐸
𝑅
𝑬
𝑅
𝑂
𝐶
𝑂
𝑅
𝐼

𝐼
𝐼
𝑹
𝑂
𝑶

𝑅
𝐼
𝐷
f
𝐷
𝑰
𝑂

𝐷
f
𝐶
𝐸
𝐼
𝐸
𝑹
𝐸

𝐶
ff
𝑶
𝐼
𝑰
𝑅
𝑅
𝑂
𝐼
𝑂

𝑹
𝐼
𝐷
𝐷
𝑶
f
𝐼
𝐸
𝑫
𝐷
𝐷
𝐷
𝑅
𝐸

f
𝑅

𝑫
𝐸
𝑅
f
𝑂
𝐼
f
𝑅
𝑅
𝑛
𝑂

𝑬
𝑡
𝑂
𝐶

𝑂
𝑒
𝐼

𝑅
𝐼
𝑟
𝐷
𝑒
𝐶
f
𝑖
𝑠
𝑠
𝐷
𝐼
𝑠
𝐶
𝑢
𝑖
𝑙
𝐷
𝐼

𝑡
𝑃
𝑎
𝑅
𝑎
𝑡

𝐸
𝐼
𝑜
𝑠
𝑂
𝑠
𝑁
𝐷
𝐼
𝑖
f
𝑣
𝑅

𝑒
𝑖
𝑡
𝑂
𝐸
𝑅
𝑡
𝐷
𝐷
𝑜
𝐼
𝑂
𝑒

𝐸
𝑅
𝑏
𝐸
𝑅
𝑡
𝐷
𝑞
𝑂
𝑢
𝑂
𝐼
𝑖
𝐸
𝐷
𝑡
𝑦
𝐶
𝑅
𝐼
𝑂
𝐷
𝑅
𝐼
𝑅

𝑂
f
𝐼
𝐷

𝑆
𝑅
𝑃
𝐷

𝑅
𝑂

𝐸
𝐷

𝐴
𝐷
𝐷
𝐸
𝐷

𝐸
𝑅

𝑡
𝑎
𝑥

NATALIIA KARKOVSKA

• Se ROI < ROD, ROE < ROI e ROE sarà spinto in basso dalla leva DER: la leva funzionerà quindi
negativamente ̧ perché, se aumenta DER, ROE diminuisce. In questo caso sarà quindi opportuno
“accorciare” la leva: se ROI < ROD, sarà conveniente ridurre il peso del capitale conferito in Debt,
aumentando l’Equity.
Riepilogando quanto visto inora, si possono quindi mettere insieme le variabili relative all’investimento
economico e all’investimento inanziario:

In ine, nell’analisi della performance potrebbe essere utile predisporre un Conto Economico del
Business:

3.4 Il Controllo dell’Investimento


All’interno di un Business, si identi icano tre soggetti fondamentali: l’Imprenditore Capitalista è colui
che conferisce il capitale di Equity, che ha la Business Idea e che accetta il rischio assoluto sul capitale;
Il Finanziatore è il soggetto che conferisce il capitale a titolo di Debt, accettando un rischio relativo; il
Management è il soggetto con il compito di controllare l’investimento economico collegato
all’investimento inanziario e di a rontarne i rischi.
Tra questi soggetti si veri ica una situazione di asimmetria informativa: il Management, lavorando a
diretto contatto con l’investimento economico, conoscerà il Business meglio dell’investitore, che avrà
quindi meno informazioni. Per tale motivo, qualora sia possibile, sarà l’investitore stesso a cercare di
gestire direttamente l’investimento (seguendo il principio di razionalità).
Riassumendo:
• L’Imprenditore Capitalista ha la proprietà del CI, sopporta il rischio assoluto e ottiene R = RO – I.
• Il Management amministra il CI (governando le leve dell’investimento), gestisce il rischio, attua il
Business e ottiene RO.
Quando le igure dell’Imprenditore Capitalista e del Management sono disgiunte, si parla di Gestione
Manageriale del Business: in questo caso, l’Imprenditore dà mandato al Management di gestire il CI e

22
f

f
f
f
ff
f

NATALIIA KARKOVSKA

ha diritto a un rendiconto dei risultati, mentre il Management ha la responsabilità di gestire il CI e deve


renderne conto al capitalista.
In Italia, prevalgono le aziende a gestione famigliare; negli USA, invece, prevalgono le Public
Companies, ovvero società con CI frazionato su moltissimi investitori, tutti con quote inferiori al 10%.
Queste società sono gestite da manager professionisti e spesso ci sono di icoltà nel fornire rendiconti
precisi agli investitori.
Bisogna sempre ricordare che un’azienda possiede una propria teleonomia endogena, legata ai
vantaggi dei inanziatori e degli investitori, ma che i manager possono avere obiettivi personali, che li
spingono ad agire per ini che non riguardano la teleonomia aziendale: un manager, ad esempio, può
agire per migliorare il proprio curriculum, senza curarsi degli interessi degli investitori, che risulteranno
quindi danneggiati. Per fare un esempio concreto, un manager potrebbe decidere di espandere
l’azienda anche se non ce n’è un reale bisogno, soltanto per ottenere visibilità sul mercato dei manager;
oppure, potrebbe decidere di non e ettuare la manutenzioni agli impianti per un determinato periodo
di tempo, pur di abbassare i costi di produzione e aumentare la produttività, dati in base ai quali viene
valutato.
Il Controllo del Business si attua prendendo come riferimento un Quadro di Controllo che comprende
le equazioni fondamentali:
• Equazione della BEA
• Relazione Finanziaria Fondamentale
• CI = D + E
• RO=I+R
• ROI = RO/CI; ROE = R/E; ROD = I/D.
Tali equazioni costituiscono un modello ideale e perfetto di Business e possono essere utilizzate anche
per analisi di convenienza economica, sia prendendo in considerazione un unico Business che molti
Business di diversa natura, per e ettuare una comparazione.
3.5 Investimenti Pluriciclici
Un Business si dice Pluriciclico se la sua trasformazione economica (composta da acquisti di fattori
produttivi, produzione, vendita di prodotti initi) è attuata più volte consecutivamente (in un numero N
di cicli).
Supponendo dunque che si possano attuare N cicli identici tali che, per un generico ciclo n
(con 1 ≤ ≤ ) si abbia = − , si otterrà che il risultato totale nel periodo di tempo T che
comprende tutti i N cicli sarà: ( )=∑ = ∙( − )
Si può notare come il capitale investito (CI) dell’intero investimento sia pari al CP di uno solo dei cicli:
con le vendite di un ciclo, infatti, si recupera il CI per il ciclo successivo ( 0 ≈ ).
L’indicatore che rappresenta il numero di cicli e la rotazione del capitale nell’intero investimento è il CIR
(Cost/Investment Ratio):
= ∙( / 0)
Una maggiore rotazione del capitale, e quindi un maggiore valore del CIR permette di ridurre il CI:
aumentando CIR a parità di ROC, infatti, aumenterà anche il ROI. Il CIR, dunque, è una leva che alza ROI
a parità di prezzi e costi.
( )= / 0= / ∙ / 0= ∙
Un aumento del ROI dovuto alla leva rappresentata dal CIR, inoltre, permetterà anche di aumentare il
ROE. Dall’equazione precedente, si nota che anche il ROC può agire come leva del ROI. È possibile
infatti:
• Migliorare il CP (aumentando quindi l’economicità) diminuendo il cup e migliorando l’utilizzo dei
fattori produttivi e il loro rendimento: un Business tende ad accrescere le sue dimensioni per attuare
Economie di Scala (il cup si abbassa se QP aumenta).
• Diminuire cup, ovvero il costo dei fattori produttivi, ad esempio tramite la delocalizzazione degli
impianti di produzione.
• Aumentare RO attraverso pP, sfruttando il marketing e aumentando il valore percepito dal
consumatore.
3.6 Leve dell’Investimento

23
𝑪
𝑅
𝑰
𝑂
𝑹
𝐼
𝑇

𝑂
𝐶
𝑃
𝐶
𝑁
f
𝑡
𝐼

𝑡
𝐶
𝐼
𝑡
𝑅
𝑂

f
𝑃

𝑅
𝑂

𝐶
𝑛
𝑃

𝑅
𝐶
𝑅
𝑂
𝐼
ff
𝑃
𝑡
𝑇

ff
𝑅

𝐶
𝑛
𝑂

𝑅
𝑃
𝐶
𝑛
𝑂
𝐶
𝑛
f
𝐼
𝑅
𝑁

𝑅
𝑃
𝑛

𝐶
𝑃
𝑛

𝐶
𝐼
𝑡
ff
𝐶
𝑃
𝑛

NATALIIA KARKOVSKA

Come già accennato, la teleonomia endogena di un’azienda si basa sui ricavi ottenuti dagli investitori e,
pertanto, sul valore del ROE, che deve essere massimizza. Tale risultato si può ottenere agendo su una
serie di leve, la cui azione risulta legata da una serie di relazioni.
Per aumentare il ROE, infatti, rifacendosi all’equazione = +( − )∙ , si identi icano
tre leve:
• ROD più basso possibile;
• ROI più alto possibile;
• DER più alto possibile, così da sfruttare al massimo lo SPREAD positivo generato dalle due leve
precedenti.
Il ROI, inoltre, è uguale a = ∙ ; le leve, in questo caso, saranno:
• CIR più alto possibile (far girare molte volte il capitale);
• ROC più alto possibile.
Il ROC, a sua volta, è uguale al rapporto ; le due leve, in questo caso, sono:
• CP più basso possibile, diminuendo quindi cup;
• RO più alto possibile, aumentando a sua volta anche pv.
Il cup, in ine, può essere visto come =( + + )( + + ). La leva, quindi, è rappresentata
dalla riduzione dei costi e delle quantità di fattori produttivi necessari per un’unità di prodotto. Inoltre,
un’ulteriore leva è l’aumento dei volumi di vendita in modo da poter attuare Economie di Scala.

CAPITOLO 4: LE AZIENDE
Le aziende si possono classi icare secondo diversi criteri. La classi icazione fondamentale si basa sullo
svolgimento dei processi di produzione e permette di distinguere tra Aziende di Produzione
(Production Oriented Organizations) e Aziende di Consumo (Non-Production Oriented Organizations).
Entrambi questi tipi di aziende svolgono tutte le attività economiche fondamentali, ma si specializzano
diversamente nell’ambito della produzione o del consumo.
4.1 Aziende di Produzione
Le Aziende di Produzione sono organizzazioni permanenti di trasformazione economica, attuata tramite
i processi fondamentali di ideazione e attuazione di sistemi produttivi, ricerca di investimenti inanziari
per reperire capitali da investire, produzione e cessione di ricchezza, produzione di remunerazioni per
capitali e lavoro, risparmio di ricchezza e reinvestimento. Vengono de inite anche “sistemi socio-
tecnici”, perché sono formate da persone e tecnologie.
In sostanza, un’Azienda di Produzione assume le decisioni economiche fondamentali per la
trasformazione produttiva. All’interno di un’Azienda di Produzione, si svolgono tre tipi di
trasformazione:
• Trasformazione Produttiva (di Valore): dai fattori produttivi si passa ai prodotti initi, risultato della
trasformazione.
• Trasformazione Monetaria: dall’acquisto dei fattori alla vendita dei prodotti initi.
• Trasformazione Finanziaria: dai capitali investiti (D + E) si passa alle remunerazioni (R + I).
Tali trasformazioni vengono controllate dal Management dell’azienda, ovvero dai processi cognitivi che
riguardano sia l’interno dell’azienda che l’esterno, ovvero la situazione del mercato.
Ogni azienda di produzione si compone quindi di un Management, di una Funzione di Produzione, degli
Investitori e da un settore di mercato esterno, composto da Fornitori e Clienti.
4.1.1 Classi icazione delle Aziende di Produzione
A seconda dei suoi destinatari, le aziende di produzione si dividono tra:
1. Production for Consumption Organizations: aziende per l’autoconsumo. Le produzioni di questo
tipo di azienda arrivano direttamente al consumatore, senza alcun tipo di scambio. I consumatori,
inoltre, sono membri dell’organizzazione stessa: svolgono i processi produttivi e consumano le
produzioni al termine del processo. Si tratta dell’equivalente organizzato dell’autoproduzione.
2. Non-Business Organizations (o User Oriented): aziende di erogazione, di produzione senza
business. Le produzioni vengono cedute a utenti esterni all’azienda, senza scambio: si tratta di
Aziende di Erogazione per l’Utenza. Gli utenti non pagano un prezzo, ma una tari a che copre

24

f
f

𝑅
𝑂
𝐼
f
𝑅
𝑂
𝐶

𝑐
𝐶
𝑢
𝑝
𝐼
𝑅
𝑅
𝑂
𝑐
𝑀

𝑐
𝑆
𝑐
𝐿

𝑂
𝑞
𝑀
𝐸

𝑅
𝑞
𝑂

𝑆
𝐼
f
𝑞
𝐿
𝑅
𝑂

f
f
𝑅
𝑂

𝐷
𝐸
ff
𝑅

f
NATALIIA KARKOVSKA

soltanto in parte i costi di produzione che l’azienda deve sostenere: tP ≤ cP; se non è prevista una
tari a, si parla di Aziende di Pura Erogazione. Il CI viene reperito da contributori esterni, spesso
tramite imposizione iscale: il costo è ricoperto soltanto in parte dagli utenti e viene caricato sulla
collettività. L’economicità delle Aziende di Erogazione si ha quando, in relazione a uno stesso
servizio, il cP di un’azienda Non Business è minore del cP di un’azienda For Business: se avvenisse il
contrario, infatti, gli enti pubblici non avrebbero interesse a far continuare la produzione da parte
della Non-Business, ma riterrebbero più conveniente acquistare i servizi dall’azienda For Business
per poi erogarli.
3. Business For Pro it Organizations (o Risk Oriented): imprese. Le produzioni vengono cedute con uno
scambio a un determinato prezzo a clienti esterni all’azienda. Il prezzo è diverso dalla tari a,
corrisponde al valore attribuito al bene dal consumatore: pP ≥ cP.
4. Business Non Pro it Organizations: non imprese, attuano un Business senza la logica
dell’ottenimento di un pro itto.
4.1.2 I Rischi della Produzione
Un’azienda di produzione a ronta tre tipi di rischi nello svolgimento dei suoi processi:
• Rischi Tecnico-Produttivi, legati a fattori tecnici o a rischi casuali, che potrebbero portare al mancato
ottenimento della produzione.
• Rischi Economici, ovvero di icoltà nel vendere le produzioni, legati tanto alla domanda (ri iuto
dell’acquisto da parte dei consumatori) quando alla concorrenza delle altre aziende.
• Rischi Finanziari, legati alla di icoltà nel reperimento di capitali adeguati.
4.1.3 Le Imprese
Si de inisce Impresa Tipica una Business For Pro it Organization che sviluppa un portafoglio di Capital
Business sopportando i rischi economici, ricercando capitali in Equity e in Debt e ricercando la
massima economicità per garantire il massimo rendimento inanziario del capitale investito.
L’Impresa deve gestire autonomamente i rischi economici e inanziari, senza l’aiuto di contributori
esterni (come invece avviene nel caso delle aziende di erogazione).
Un’Impresa, dunque, seguirà la seguente regola operativa massimizzante: cP ← max → pP.
Cercherà quindi di massimizzare il divario tra prezzo di vendita e costi di produzione, aumentando il
primo o diminuendo i secondi, così da ottenere la massima e icienza produttiva, il massimo ROI e il
massimo ROE.
Riassumendo, quindi, le caratteristiche tipiche dell’Impresa sono:
• Production Oriented Organization (Produzione);
• Business (Market) Oriented Organization (Mercato e Scambio);
• Risk Oriented Organization (Rischio economico, tecnico, inanziario);
• Capital Business Organization (Reperimento dei Capitali);
• Pro it Oriented Organization (Economicità);
• Ricerca della massima Produttività (abbassando cP e aumentando pP);
• Autonomia Imprenditoriale (decidere autonomamente business, clienti e mercati);
• Autonomia Organizzativa.
Per quanto riguarda invece le di erenze tra le imprese e le aziende di erogazione, queste si possono
trovare in tutti i loro ambiti:
• Nell’ambito della Produzione, un’Impresa sviluppa autonomamente dei Business che saranno
continuamente rinnovati, con nuove funzioni e nuove risorse tecnologiche, con lo scopo di
massimizzare le vendite e i pro itti, diminuendo i costi. Inoltre, sarà attenta al recupero dei capitali
necessari e alle procedure di auto inanziamento. Un’azienda di erogazione, invece, si occuperà di
produrre ed erogare servizi assegnati e invariabili a utenti non controllabili. Inoltre, acquisirà risorse
tramite i contributi a lei assegnati, oppure da un suo patrimonio.
• Nell’ambito della Gestione, un’Impresa gode di autonomia gestionale: ricerca capitali
autonomamente, issa dei prezzi che permettano di rientrare dalle spese e di costituire un pro itto,
massimizza la produttività, la qualità, la redditività e l’economicità. Un’azienda di erogazione, invece,
non gode di autonomia gestionale: ha delle tari e isse da applicare agli utenti e non e ettua
controlli su qualità e produttività.
• Nell’ambito dell’E icienza, un’Impresa ricerca l’e icienza produttiva e commerciale, innovandosi
continuamente e s idando la concorrenza esterna. Tramite la produzione di valore, arriva al

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soddisfacimento dei bisogni dei clienti, sopportando i vari rischi connessi alla sua attività. Un’azienda
di erogazione ricercherà invece l’e icienza amministrativa e conserverà le procedure, forte
dell’assenza di concorrenza. I rischi che deve a rontare sono di natura politica, relativi quindi al
reperimento dei suoi contributi. L’obiettivo è quello della minimizzazione degli sprechi e
dell’insoddisfazione degli utenti.
Una suddivisione interna alle Imprese si può attuare distinguendo tra:
• Pro it Sharing to Capital Owners (Shareholders) Organizations. Il Risultato Netto viene distribuito tra i
detentori del capitale in Equity, oppure trattenuto per auto inanziare l’Impresa. Si ricerca il max RO e
il max ROI.
• Pro it Sharing to Labour Organizations. Il pro itto viene distribuito ai lavoratori come compenso o
remunerazione integrativa: vengono de inite Imprese di Lavoro e, spesso, presentano un R = 0.
• Pro it Sharing to Environment Organizations. Il RO viene erogato in elargizioni per iniziative che
coinvolgono e favoriscono soggetti esterni all’azienda.
• Pro it Retaining Organizations. Capitalizzano il Risultato Netto distribuendolo come Capital Gains:
questo RN non viene distribuito a chi detiene capitali in Equity, ma va ad aumentare il valore delle
varie quote di Equity.
Nell’economia contemporanea, l’Impresa ha una duplice funzione: produce pro itti per gli investitori,
per soddisfare l’umana aspirazione alla Ricchezza, inducendoli quindi a porre in rischio i propri capitali
e a sviluppare nuovi Business; produce Beni dotati di Valore, per conseguire pro itti, migliorando
produttività, qualità, retribuzioni e condizioni di lavoro.
Un’Impresa avrà vita duratura se riuscirà a remunerare i suoi investitori inanziari. Questo avviene
tramite l’aumento del volume di vendita (ovvero la tendenza al monopolio tipica di ogni Impresa), la
produzione di beni dotati di valore (maggiore qualità e minori prezzi, con conseguente stimolazione
della domanda), la riduzione dei costi di produzione (aumento della produttività, strumento contro la
concorrenza).
Il Pro itto di un’Impresa è un indicatore di e icienza per l’Impresa e per l’investitore, ma non per l’intero
sistema economico: se si aumenta l’e icienza per impresa e investitore, ad esempio diminuendo i costi
di produzione, cala l’e icienza per il sistema economico; se si aumenta l’e icienza per l’intero sistema,
ad esempio diminuendo i prezzi o aumentando gli stipendi dei lavoratori, cala l’e icienza dell’impresa e
per l’investitore.
L’uso della Moneta, invece, ha tre e etti sull’Impresa:
• L’Impresa diventa un Trasformatore Finanziario che produce ricchezza inanziaria, ROE e valore per
gli azionisti (Shareholder Value).
• L’Impresa evolve da patrimoniale a inanziaria: necessita di capitali esterni, si fraziona tra più azionisti
(Public Company).
• Avviene una separazione tra la proprietà del capitale e il controllo dell’Impresa: le Imprese diventano
organizzazioni manageriali che svolgono la trasformazione economica come mezzo per mantenere
l’autonomia rispetto agli azionisti.
4.1.4 Aziende di Produzione Non Pro it
Le Non Pro it Organizations tendono a ridurre il divario tra costi di produzione e prezzi di vendita,
puntando a conseguire un ROI minimo: cP → min ← pP. Questo può avvenire aumentando i costi di
produzione (favorendo il fornitore, come nel caso del commercio equo e solidale) oppure riducendo i
prezzi (favorendo il consumatore).
Anche il ROE di queste aziende sarà minimo: chi conferisce capitali in Equity lo fa senza attese di
redditività.
Le aziende non pro it non sono aziende di erogazione: svolgono Business e ricercano l’economicità
tramite la vendita delle sue produzioni.
4.2 Aziende di Consumo
Le Aziende di Consumo sono organizzazioni durevoli di trasformazione economica che svolgono i
processi di ricerca della ricchezza per i consumi, consumo inale della ricchezza in forma e iciente,
soddisfacimento di bisogni e aspirazioni, risparmio di parte della ricchezza, investimento inanziario del
risparmio.

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Si tratta quindi di centri di decisione economica fondamentali per il consumo, il risparmio e


l’investimento economico della ricchezza.
La trasformazione economica consiste in questo caso nel trarre l’utilità dei Beni, e non il valore come
nel caso delle aziende di produzione.
Un’azienda di consumo svolge 2 forme di risparmio:
• Dal punto di vista economico, sottraendo il valore dei fattori consumati da quello dei fattori
consumabili, si ottiene il Risultato Economico come indicatore di performance.
• Dal punto di vista monetario, il Risultato Monetario sarà dato dalla di erenza tra entrate per il
consumo e spese sostenute.
I fattori di consumo sono i beni necessari per soddisfare bisogni ed aspirazioni; si dividono tra:
• Beni di utilizzo immediato (Servizi);
• Beni a breve ciclo di utilizzo, o a fecondità semplice (Cibo, ...);
• Beni a medio ciclo di utilizzo, o a fecondità ripetuta (Vestiti, ...);
• Beni a lungo ciclo di utilizzo, o a uso durevole (Abitazioni, ...).
4.2.1 Classi icazione delle Aziende di Consumo
Le aziende di consumo possono essere suddivise in base alla provenienza delle risorse. Si
riconosceranno quindi:
• Aziende Domestico-Patrimoniali (Famigliari): le risorse derivano dalle retribuzioni del lavoro dei
componenti e dagli eventuali redditi di investimenti inanziari. Queste aziende svolgono processi
produttivi per l’autoconsumo, le cui produzioni vengono cedute ai componenti della famiglia stessa.
Riceve capitali dalle retribuzioni, dagli investimenti o da contributi esterni; le spese riguardano il
pagamento dei fattori di consumo e delle imposte.
• Associazioni: le risorse derivano dalle quote associative dei componenti.
• Fondazioni: le risorse derivano da un patrimonio conferito.
• Aziende Assistite: le risorse derivano da sussidi concessi da altre aziende.
Le Aziende Domestico-Patrimoniali e le Associazioni si dicono autonome perché reperiscono
autonomamente le proprie risorse; Fondazioni e Aziende Assistite si dicono invece eteronome.
Un’ulteriore classi icazione può essere fatta in base ai ini dell’Azienda:
• Consumption As Purpose Organizations, in cui il consumo è il ine ultimo dell’Azienda.
• Consumption As Mean Organizations, in cui il consumo è il mezzo con il quale l’Azienda arriva ai suoi
scopi. In questa categoria si possono riconoscere:
• Resource Allocation Organizations, che si occupano di ridistribuire la ricchezza.
• Di Servizio, le cui risorse vengono dall’interno (volontariato)
• Etiche, le cui risorse provengono dall’esterno.
• In luence Allocation Organizations, che esercitano in luenza sui comportamenti delle persone.
• Associative (come le associazioni professionali).
• Politiche (partiti e sindacati).
4.2.2 Le Aziende Composte Pubbliche
Le Aziende Composte Pubbliche sono organizzazioni socio-politiche le cui risorse monetarie derivano
dallo Stato, mediante le imposte. Sono aziende di questo tipo le regioni, le province, i comuni e lo Stato
stesso.
I soggetti economici di queste aziende sono i cittadini (aziende pubbliche) e in queste organizzazioni
vengono svolti sia i processi di consumo che quelli di produzione (aziende composte).
Sono aziende di consumo perché sono delle In luence-Oriented Organizations, che stabiliscono degli
indirizzi politici per la collettività.
Sono aziende di produzione perché producono servizi pubblici tramite divisioni interne, creando
aziende di erogazione pubbliche, creando aziende non-business autonome (come poste e ferrovie),
conferendo capitali in Equity per imprese pubbliche (come nel caso della RAI).
Le risorse monetarie derivano dalle tari e pagati dai cittadini, dai prestiti pubblici (titoli di Stato) e dalle
imposte.

CAPITOLO 5: SETTORI PRODUTTIVI

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La classi icazione di base delle Aziende di produzione ha come criterio il settore economico di base a
cui ciascuna Azienda appartiene: il settore economico è l’insieme delle aziende che svolgono un’attività
produttiva caratteristica nel ciclo di produzione e distribuzione dei beni.
Secondo il Modello di Fisher-Clark, tali settori di base sono:
• Settore Primario, formato dalle aziende che ottengono i beni in forma originaria, ovvero beni che
non sarebbero esistenti o disponibili per l’utilizzo senza l’attività di produzione dell’azienda
(produzione primaria).
• Settore Secondario, formato dalle aziende che si occupano della trasformazione dei fattori produttivi
primari (produzione secondaria).
• Settore Terziario, formato dalle aziende che si occupano della distribuzione dei beni e dei vari servizi
a favore di aziende degli altri due settori.
Successivamente, a seguito della diversi icazione delle attività produttive nell’economia moderna, è
stato introdotto il concetto di settore Terziario Avanzato o Quaternario, formato dalle aziende non
inquadrabili altrimenti. In particolare, le aziende del settore Terziario Avanzato svolgono attività in
ambito inanziario o di consulenza, mentre le aziende del settore Quaternario si occupano di beni e
servizi in ambito di svago (sport, spettacolo).
Il modello di Fisher-Clark si presenta anche come un modello di crescita economica: nelle economie
poco sviluppate, infatti, prevale il settore primario, mentre la crescita del settore secondario porta a un
livello di medio sviluppo dell’economia; in ine, il fenomeno della terziarizzazione dell’economia fa sì che
il settore terziario sia prevalente nelle economie molto sviluppate.
5.1 Aziende del Settore Primario
• Aziende Agrarie: svolgono i processi di produzione volti a ottenere beni per l’alimentazione o per
l’industria di trasformazione, sempre in ambito alimentare. Si servono di condizioni produttive
naturali e sono legate alla fertilità naturale di fattori animali e vegetali. Al loro interno si può operare
una distinzione tra aziende agricole (coltivazione e aziende boschive) e di allevamento (in ambito
ittico o zootecnico). Utilizzano fattori produttivi particolari a seconda della loro destinazione
(mangime per gli animali, concimi per e coltivazioni) e sono legati alle condizioni naturali come la
luce solare, la presenza di acqua o le condizioni climatiche; i loro prodotti sono i prodotti dei
raccolti, dell’allevamento o della pesca.
• Aziende Estrattive: rendono disponibili per ulteriori trasformazioni materie prime o energie altrimenti
non utilizzabili (metalli, petrolio, carbone, sale, torba, marmo e altri). Spesso, svolgono anche le
prime opere di lavorazione sui materiali ottenuti. Anche queste aziende sono legate a condizioni
produttive naturali, come la fertilità del sottosuolo, e devono a rontare i vari costi legati a lavoro e
attrezzature; le produzioni saranno i prodotti dei processi di estrazione.
5.2 Aziende del Settore Secondario
• Aziende Industriali o Manifatturiere: attuano trasformazioni isico-tecniche tramite impianti,
attrezzature e lavoro; tali trasformazioni sono manuali: per questo viene usato il termine
“manifattura”.Si possono dividere tra aziende produttrici di beni o di servizi (a seconda della natura
delle produzioni); si riconoscono anche aziende produttrici di beni per il consumo inale e aziende
che producono beni strumentali (a seconda della destinazione delle produzioni); in ine, alcune
aziende producono beni a veloce ciclo di utilizzo, mentre altre producono beni a lento ciclo di
utilizzo (a seconda della velocità di utilizzo delle produzioni). In tutti questi casi, si dovranno
sostenere i costi per il lavoro, le materie prime, gli impianti e i macchinari per ottenere i beni al
termine del processo produttivo; anche questo tipo di processo, in alcuni casi, sarà legato a
condizioni produttive naturali o arti iciali. L’insieme delle diverse aziende che partecipano in serie o
in parallelo a un processo che porta a un prodotto per il consumo inale viene detto Filiera. Il
concetto di Filiera è diverso da quello di settore produttivo: in questo caso si parla di aziende di
diverso tipo, mentre un settore produttivo comprende aziende con caratteristiche comuni.
• Aziende Conserviere: hanno il compito di conservare e rendere disponibili le merci in un periodo
successivo a quello della loro produzione. Solitamente, operano in ambito alimentare. Alcune di
queste aziende attuano il processo di conservazione senza operare trasformazioni sulle merci (silos),
mentre altre le conservano mediante trasformazioni (marmellate, conserve).
• Aziende Edili: si occupano della produzione di fabbricati e di accessori connessi ad essi. Possono
occuparsi di edilizia residenziale (abitativa) o di edilizia industriale.

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5.3 Aziende del Settore Terziario


• Aziende Mercantili: la loro trasformazione produttiva consiste nell’acquisto e nella rivendita di merci,
senza applicare ad esse alcuna trasformazione. Possono occuparsi di rivendita all’ingrosso
(rivendendo in grandi quantità ad altre aziende mercantili) o al dettaglio (ovvero al consumatore
inale); le aziende mercantili al dettaglio, inoltre, possono occuparsi di rivendita al grande o al
piccolo dettaglio, a seconda della gamma di merci e della dimensione delle singole partite. Le
aziende mercantili svolgono una funzione di collegamento tra la produzione e il consumo dei beni: si
parla quindi di Canale di Distribuzione de inendo l’insieme delle aziende mercantili, conserviere e di
trasporto che fanno passare il bene dal suo produttore al suo consumatore inale. Si può quindi
avere:
• Canale Immediato: beni direttamente ceduti al consumatore (servizi, beni strumentali, e-
commerce);
• Canale Corto: una sola azienda mercantile tra produttore e consumatore;
• Canale Lungo: un’azienda mercantile all’ingrosso e una al dettaglio;
• Canale Lunghissimo: catena di aziende mercantili.
• Aziende di Trasporto: si occupano dello spostamento di persone o cose in determinati tempi e
modalità. Si possono classi icare a seconda della forma di trasporto (via terra, via acqua, via aria) e a
seconda dell’oggetto di trasporto (passeggeri o merci).
• Aziende di Credito: raccolgono risorse monetarie da aziende e le erogano ad altre aziende per
inanziare processi di consumo o di produzione. Svolgono quindi la funzione di intermediario del
credito e di distributore di credito. Se si parla di credito, si parla del fenomeno per cui si acquisisce
la disponibilità di una somma di denaro, ma non la proprietà della stessa: il debitore avrà l’obbligo di
restituire la somma e di corrispondere all’azienda interessi e spese di commissione.
• Aziende di Assicurazione: coprono i rischi dei clienti reintegrando gli eventuali danni e ripartendo il
rischio del danno tra tutti gli assicurati che potrebbero subirlo.Un soggetto assicurato dovrà
corrispondere all’azienda assicurativa un Premio calcolato statisticamente in base alla probabilità del
danno e alla sua entità (Premio = Entità x Probabilità = Entità x (1/Numero di Assicurati). Inoltre,
l’azienda avrà diritto anche a un caricamento, ovvero a un pagamento aggiuntivo in cambio del
servizio svolto dall’azienda stessa. Esistono diversi tipi di aziende assicurative, che coprono diverse
categorie di rischio (assicurazioni sulla vita, contro i danni, sull’attività lavorativa).
5.4 Il Settore Quaternario (cenni)
All’interno del Settore Quaternario, si trovano tutte le aziende di produzione che non sono inquadrabili
nei tre settori visti in precedenza.
• Aziende di Leasing (o di locazione): si occupano dell’acquisto e della concessione in uso di beni di
vario genere, in cambio di un canone periodico. Si possono distinguere aziende di leasing operativo,
in cui, al termine del periodo di utilizzo del bene, lo stesso viene restituito, e aziende di leasing
inanziario, in cui il bene viene riscattato dall’azienda cliente al termine del periodo di utilizzo.
Un’azienda sceglierà di prendere un bene in leasing operativo quando questo bene è soggetto a
obsolescenza (come nel caso di un macchinario): in questo modo, potrà continuamente rinnovarsi. Il
leasing inanziario, invece, è assimilabile a un credito, mentre il canone corrisponde a una rata di
rimborso del credito stesso.
• Aziende dello Sport: o rono manifestazioni sportive in cambio del denaro necessario per l’acquisto
di biglietti ed abbonamenti. Utilizzano come fattori produttivi il lavoro, gli impianti, le attrezzature e
le prestazioni sportive e professionali di atleti e istruttori.
5.5 Altre Classi icazioni
Oltre al metodo del settore economico, esistono altri criteri di classi icazione delle aziende di
produzione:
• Forma del Mercato:
• Concorrenza Perfetta: esistono molti produttori e molti consumatori e tutti hanno informazioni
complete e perfette sulla situazione del mercato. Il produttore, quindi, non ha spazio di manovra
nello stabilire il prezzo.

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• Monopolio: c’è un solo produttore. Si ha un monopolio naturale quando tale produttore è l’unico
ad avere la possibilità di produrre il bene, mentre si ha un monopolio legale quando lo Stato
prevede per legge l’istituzione di un regime di monopolio.
• Oligopolio: pochi produttori, con un certo margine di manovra sui prezzi.
• Concorrenza Monopolistica: la produzione è distribuita su pochi grandi produttori.
• Dimensioni (in termini di fatturato, numero di dipendenti o capitale investito)
• Grandi aziende
• Medie Aziende
• Piccole o Micro Aziende
• Luoghi di Produzione
• Indivise: produzione svolta in un unico luogo;
• Divise:
• Geogra icamente Divise: unità produttive autonome in luoghi diversi.
• Economicamente Divise: diversi rami della produzione in luoghi diversi. Se c’è un’unica
azienda, si ha una Casa Madre con delle Filiali. Se ci sono più aziende con più soggetti
giuridici autonomi ma controllate da un solo soggetto economico e da una direzione
unitaria, si ha un Gruppo Aziendale. Si parla inoltre di Distretto Industriale o Cluster quando
in un’area geogra ica limitata operano molte aziende distinte e autonome che si occupano
di uno stesso settore (ad esempio, la lavorazione dell’oro a Valenza).

CAPITOLO 6: AMMINISTRAZIONE
6.1 Aziende e Soggetti
Per avere vita duratura ed essere attiva in un sistema economico, un’azienda deve avere una struttura
giuridica operativa, che la renda simile a una persona isica.
Inoltre, da un punto di vista economico, un’azienda è un’organizzazione stabile che ha a disposizione
dei mezzi (soggetti e beni), svolge delle operazioni e attua una creazione di valore.
Per quanto riguarda il punto di vista giuridico, l’azienda è l’oggetto dell’impresa (Art. 2555), ovvero il
complesso dei beni a disposizione dell’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
L’impresa è l’attività dell’imprenditore, svolta in modo economico e organizzato: è lo strumento
dell’umano operare in campo economico-produttivo.
In ine, l’imprenditore è il soggetto dell’impresa, colui che svolge un’attività economica organizzata (Art.
2082).
I Soggetti Aziendali sono i soggetti giuridicamente responsabili per l’attività dell’azienda, che operano
concretamente per permettere all’azienda di svolgere la propria attività e che traggono i bene ici da
essa.
Ci sono tre tipi di soggetti aziendali:
• Soggetto Giuridico, formalmente responsabile dell’attività dell’azienda;
• Soggetto Operativo, che sviluppa l’attività aziendale;
• Soggetto Economico, che bene icia dei risultati dell’azienda ed esercita il controllo.
L’Amministrazione è l’attività svolta dai soggetti aziendali per dare vita, far funzionare o estinguere
un’azienda. L’amministrazione si compone di tre fasi: la gestione, l’organizzazione e la rilevazione.
6.2 Il Soggetto Giuridico
Il Soggetto Giuridico è la persona isica o giuridica o il gruppo di persone che, per legge, hanno il
potere di dare vita a un’azienda e a cui fanno capo i diritti, i poteri, i doveri e gli obblighi relativi ai
rapporti tra l’azienda e i soggetti terzi con cui essa opera.
Il soggetto giuridico può essere di Responsabilità (persone che hanno la responsabilità dell’attività
dell’azienda) o di Rappresentanza (i soggetti che possono rappresentare l’azienda nei rapporti con
terzi).
Il soggetto giuridico di un’azienda si può presentare in diverse forme: nel caso delle aziende private, ad
esempio, può essere individuale, in forma di società di persone o di capitali, oppure una cooperativa o
un consorzio.

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La scelta della forma di soggetto giuridico dipende dalle esigenze dell’azienda e da alcune sue
caratteristiche, come la sua dimensione, i capitali a sua disposizione, o l’attività da essa svolta.
In particolare:
• Nelle aziende domestico-patrimoniali, il capofamiglia è soggetto giuridico di responsabilità, mentre
anche tutti gli altri membri sono soggetti di rappresentanza;
• Nelle imprese individuali, l’imprenditore individuale registrato presso il Registro delle Imprese è
soggetto di responsabilità, mentre possono anche esserci altri soggetti di rappresentanza;
• Nelle società, la società stessa è soggetto di responsabilità, mentre gli amministratori e i dirigenti
sono soggetti di rappresentanza;
• Nelle aziende composte pubbliche, l’Ente Pubblico Territoriale è soggetto di responsabilità, mentre
gli altri organi dell’azienda (Sindaco, segretari, ministri...) sono soggetti di rappresentanza.
6.3 Tipi di Società
A seconda delle loro caratteristiche, le Società possono essere divise in varie categorie.

Per quanto riguarda il criterio dell’attività economica, le attività industriali, intermediarie, di trasporto,
bancarie e molte altre ricadono nel settore delle attività commerciali. Sono invece società civili le
società che si occupano di attività agrarie, oppure alcune professioni.
Per quanto riguarda l’autonomia patrimoniale, invece, nelle società di persone i soci assumono
rilevanza come persone isiche, mentre, nelle società di capitali, le persone dei soci non assumono
rilevanza, se non come membri degli organi societari.
Si possono analizzare più nel dettaglio anche i singoli tipi di società:
• Le Società Semplici (S.s.) hanno un atto costitutivo redatto in forma libera, registrato in una sezione
speciale del Registro delle Imprese. La partecipazione a utili e perdite sarà proporzionale al capitale
conferito da ciascun socio;
• Le Società in Nome Collettivo (S.n.c.) ha una serie di soci che rispondono solidalmente e
illimitatamente per le obbligazioni sociali (infatti sono società senza personalità giuridica),
• Le Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.) sono società dotate di personalità giuridica in cui la
responsabilità dei soci è limitata ai conferimenti nel capitale sociale. Sarà quindi la società stessa a
rispondere delle obbligazioni sociali, solamente usando il proprio patrimonio. Occorre un atto di
costituzione tramite atto pubblico;
• Le Società per Azioni (S.p.a.) sono società dotate di personalità giuridica costituite tramite atto
pubblico, in cui le quote di partecipazione di ciascun socio sono rappresentate da azioni. Prevede
un’Assemblea dei Soci, degli Amministratori e un Collegio Sindacale;
• Le Società in Accomandita Semplice (S.a.s.) sono società di persone che prevedono due tipi di soci:
gli Accomandatari avranno piena responsabilità, mentre gli Accomandanti risponderanno delle
obbligazioni della società limitatamente al capitale da loro conferito,
• Le Società Irregolari (S.ir.) non sono iscritte al Registro delle Imprese e, pertanto, anche se operano
come delle società, non sono regolarizzate;
• Le Società di Fatto (S.d.f.) sono società non registrate e che non hanno neanche redatto un atto di
costituzione.
6.4 Il Soggetto Operativo
Viene de inito Soggetto Operativo di un’azienda l’insieme degli individui che, prestando la propria
opera nell’azienda, ne consentono l’esistenza sviluppandone l’amministrazione e la gestione.
Si possono distinguere tre tipi fondamentali di soggetto operativo:
• Soggetto Operativo Decisionale, che prende le decisioni di maggiore importanza all’interno
dell’azienda;
• Soggetto Operativo Esecutivo, che sviluppa concretamente le operazioni di gestione;

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• Soggetto Operativo di Controllo, che veri ica l’e ettiva corrispondenza tra le decisioni prese e le
operazioni attuate per eseguirle.
6.5 Il Soggetto Economico
In un’azienda, si dice Soggetto Economico l’insieme delle persone isiche o giuridiche che sono
portatrici di interessi istituzionali nell’azienda, nel cui prevalente interesse l’azienda è posta in essere e
svolge la sua attività.
Al soggetto economico spetta il massimo potere di controllo dell’attività aziendale, compreso anche il
potere di far cessare l’azienda.
Il Soggetto Economico esercita quindi un potere di governance tramite dei sistemi di governo, che
disciplinano il coordinamento delle attività dell’azienda e assicura il conseguimento dei risultati tramite
regole e meccanismi di attribuzione delle responsabilità. Si tratta, quindi, della modalità attraverso cui
si regolano la gestione e il controllo nelle aziende.
Nelle imprese, l’imprenditore ha il controllo completo sul sistema di governo; nelle società, invece,
gestione e controllo possono risultare separati per evitare che i soci di maggioranza provochino danni
ai soci di minoranza.
Gli Stakeholders sono soggetti (economici e non) esterni all’azienda, portatori di interessi nei confronti
dell’azienda stessa. Sono quindi stakeholders i dipendenti dell’azienda, i fornitori, i clienti, ma anche i
concorrenti e lo Stato.
6.6 Fasi dell’Amministrazione
L’amministrazione di un’azienda si compone di tre fasi:
• Gestione: insieme delle decisioni e delle operazioni tramite le quali le aziende pongono in essere gli
scambi sui mercati e attuano i processi di consumo e produzione per raggiungere i propri obiettivi;
• Organizzazione: meccanismo con cui si ordinano e si specializzano i lavori dei singoli individui
all’interno dell’azienda, assegnando a ciascuno speci iche funzioni e rendendo ogni individuo un
organo dell’azienda;
• Rilevazione: processi di osservazione della realtà con il ine di ricavare dati utili relativi alla gestione,
all’organizzazione e all’ambiente in cui l’azienda opera.
Inoltre, nelle aziende è spesso presente un Management, ovvero l’organo che direziona l’azienda verso i
suoi obiettivi, stabilendone la traiettoria, sviluppando un sistema di piani icazione e controllo,
veri icando i progressi e predisponendo eventuali meccanismi di correzione in presenza di errori.

CAPITOLO 7: GESTIONE
7.1 Tipi di Gestione
La Gestione è il sistema di decisioni e operazioni che consentono all’azienda di attivare i processi
produttivi e svolgere la sua attività.
Assumendo un punto di vista interno all’azienda, si de inirà Gestione Oggettiva l’insieme dei processi
relativi alla produzione e alla cassa (legata quindi alle operazioni), mentre la Gestione Soggettiva è
rappresentata dal management dell’azienda (legata alle decisioni).
7.1.1 Gestione Oggettiva
All’interno della Gestione Oggettiva si riconoscono 8 processi di operazioni appartenenti alla stessa
specie funzionale:
1. Costituzione
2. Finanziamento
3. Acquisti
4. Pagamenti
5. Produzione
6. Vendita
7. Incasso
8. Cessazione

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Di questi 8 processi, la Costituzione e la Cessazione sono dette operazioni estreme perché vengono
svolte una sola volta nella vita dell’azienda; le altre vengono invece svolte in modo ciclico e
continuativo.
All’interno della Gestione Oggettiva, inoltre, si possono distinguere:
• Gestione Interna: insieme delle decisioni e operazioni che sviluppano trasformazioni.
• Gestione Esterna: insieme delle decisioni e operazioni che producono lussi tra l’azienda e l’esterno.
• Gestione Economica: insieme delle operazioni legate alla trasformazione economico-produttiva e
alla creazione di valore (Acquisti -> Produzione -> Vendite).
• Gestione Finanziaria: insieme delle operazioni della trasformazione inanziaria, legate al reperimento
di capitali e investitori (Investimenti -> Finanziamenti).
• Gestione Monetaria: aspetti monetari della gestione economica e inanziaria (Entrate = Incassi,
Pagamenti = Uscite).
7.1.2 Gestione Soggettiva
La Gestione Soggettiva di un’azienda si articola in tre fasi:
• Fase Decisionale:
• Obiettivi: misure di Performance di vario genere e Indicatori;
• Strategia: individuazione di un sistema di azioni per raggiungere gli obiettivi (esempi: strategia
di di erenziazione, per aumentare i ricavi, oppure strategia di leadership dei costi, per ridurre i
costi);
• Programmazione: metodi per attuare la strategia, razionalizzazione delle decisioni prese; sotto-
obiettivi per raggiungere l’obiettivo inale.
• Fase Esecutiva (Trasformazioni);
• Fase di Controllo (Feedback): si veri ica il raggiungimento degli obiettivi e si analizzano gli eventuali
errori per evitare di commetterli una seconda volta (apprendimento).
Queste tre fasi, dunque, vanno a comporre i Processi Cognitivi di un’azienda di produzione.
7.2 Processi della Gestione Oggettiva
7.2.1 Costituzione
Il processo di Costituzione di un’azienda è un’operazione estrema che ha una funzione sostanziale:
fornisce all’azienda i primi capitali e i primi fattori produttivi in denaro, in natura o in modo misto.
Questo processo, inoltre, ha anche una funzione formale: fa prendere vita al soggetto giuridico
dell’azienda.
+ Cassa = + Capitale di Costituzione
+ Valore Fattori Produttivi
7.2.2 Finanziamenti Passivi
Il processo di Finanziamento dota l’azienda di nuovi capitali per gli investimenti produttivi. Questi
inanziamenti possono avvenire a breve o a lungo termine, con interesse anticipato o posticipato e con
diversi tipi di rimborso (unico oppure frazionato).
Il inanziamento viene concesso a partire da un ido di un’azienda di credito: viene quindi deciso
preliminarmente la somma massima del inanziamento, per evitare insolvenze. La banca, infatti, deve
sapere quanto credito può concedere per svolgere senza problemi e programmare la sua attività e
terrà quindi conto del grado di solvibilità del cliente.
Tra le forme di inanziamento a breve termine, si trovano:
• L’Apertura di Credito in Conto Corrente: l’impresa può attuare scoperti sul c/c entro un ido
massimo. È un sistema molto usato dalle aziende di piccole dimensioni, che necessitano lessibilità
inanziaria. Si tratta di un’operazione solitamente costosa, i cui costi possono però abbassarsi in
presenza di una ideiussione o di un pegno di vario genere, che fungono da garanzia.
• Lo Sconto: se l’azienda ha dei debitori che non pagano ma che rilasciano titoli di credito, può
rivolgersi a una banca, cedendole questi titoli e ottenendo in cambio una piccola parte del valore dei
titoli stessi. Se lo sconto deriva da uno scambio commerciale si parlerà di Sconto di Carta
Commerciale; se invece deriva da un prestito di denaro, verrà de inito Prestito Cambiario.
• L’Anticipazione: l’azienda di credito eroga denaro per un breve periodo e questo prestito viene
garantito da un pegno (titoli di credito, beni, azioni). Il costo dell’operazione dipenderà dal tipo di

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bene che viene impegnato: il pegno di materie prime è rischioso, mentre è più vantaggioso il pegno
di beni non strumentali, oppure soggetti a stagionatura.
Per quanto riguarda i inanziamenti a lungo termine, si ricordano:
• Il Mutuo: l’azienda di credito eroga denaro che verrà rimborsato secondo un piano di ammortamento
prestabilito. Le rate comprendono sia la somma prestata che gli interessi. Prevede anche un pegno
tramite ipoteca.
• L’Apertura di Credito in Conto Corrente tramite Ipoteca: funziona come la normale apertura di
credito, ma con l’aggiunta di un pegno ipotecario.
Con i processi di inanziamento si genera un lusso di credito dal inanziatore all’azienda e un lusso di
debito in senso opposto. Ci sarà, in seguito, anche un lusso relativo al
rimborso e al pagamento degli interessi.
7.2.3 Approvvigionamento
La procedura di approvvigionamento dota l’azienda di fattori produttivi per la trasformazione
economico-produttiva. Genera costi di approvvigionamento e relativi debiti verso i fornitori.
I fattori produttivi potranno essere a breve ciclo di utilizzo (operativi), come materie prime, servizi e
lavoro, oppure a lungo ciclo di utilizzo (di struttura), come impianti e macchinari.
+ Costo d’Acquisto = + Debito verso Fornitori
- Cassa = - Debito verso Fornitori
7.2.4 Pagamento
Il pagamento (o regolamento passivo) è la procedura con cui si estinguono i debiti verso i fornitori.
Questa procedura si può svolgere per cassa (in contanti), a mezzo Banca (tramite Boni ico quando i c/c
di azienda e fornitore sono in banche diverse, oppure tramite Giro Conto quando sono nella stessa
banca), oppure attraverso altri strumenti, come assegni o regolamenti in c/c.
In questa procedura possono nascere degli abbuoni (di erenziali di pagamento) che vanno ad
arrotondare i costi per difetto.
7.2.5 Produzione
La produzione è un processo di gestione interna ed economica che riguarda la combinazione dei fattori
per l’ottenimento
dei prodotti initi. Genera anche dei costi di produzione.
La produzione si compone di diverse fasi, legate all’acquisto dei fattori produttivi, allo stoccaggio delle
materie prime, alla trasformazione, allo stoccaggio dei prodotti initi e alla loro vendita.
7.2.6 Vendita
Il processo di vendita consiste nella cessione delle produzioni ai clienti e chiude il ciclo della
trasformazione economica. Si tratta di un processo di gestione esterna economica che genera ricavi di
vendita e crediti verso i clienti.
7.2.7 Incasso
Il processo di incasso (o regolamento attivo) reintegra le risorse monetarie investite dall’azienda e,
come il pagamento,
può avvenire per cassa, a mezzo banca o tramite altri strumenti. Può inoltre essere oggetto di abbuoni.
+ Crediti verso Clienti = + Ricavi (vendita)
- Crediti verso Clienti = + Cassa (incasso)
7.2.8 Cessazione
La cessazione è un’operazione estrema che rimborsa l’Equity al capitalista imprenditore sotto forma di
denaro (se avviene una liquidazione dei beni dell’impresa), di beni in natura, oppure in modo misto.
La cessazione si dice assoluta se avviene tramite liquidazione, sia in modo volontario che fallimentare,
oppure relativa se avviene per cessione o fusione.
La Cessione prevede un cambiamento del soggetto economico dell’azienda, mentre il suo soggetto
giuridico resterà invariato.
La Fusione può avvenire in due modi distinti: una fusione per unione prevede l’unione di due soggetti
giuridici in uno solo, mentre il soggetto economico dell’azienda risulterà allargato; una fusione per
incorporazione, invece, vedrà scomparire uno dei due soggetto giuridici, mentre quello dominante
permane e andrà a ricoprire un ruolo di dominio anche come nuovo soggetto economico.
In sintesi:

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CAPITOLO 8: ORGANIZZAZIONE
8.1 Organi e Struttura Organizzativa
Nelle aziende si sviluppa il lavoro organizzato, ovvero abile, attrezzato, specializzato e diviso
funzionalmente in Organi che operano in modo coordinato e cooperativo. Questo fa sì che
un’organizzazione sia un sistema autonomo.
Ogni organo ha una funzione e una topologia ben de inita.
Gli individui all’interno di un’organizzazione usano le proprie motivazioni personali per cooperare in
vista di un obiettivo comune.
Per Struttura Organizzativa Aziendale si intende il sistema degli Organi Aziendali tramite i quali si
svolge l’amministrazione.
8.1.1 Organi nelle Aziende di Produzione
Gli organi aziendali si possono distinguere tra monopersonali e pluripersonali, oppure anche tra organi
decisionali, esecutivi o di controllo.
All’interno di un’azienda di produzione, si trovano diversi organi, o funzioni:
• Funzione Approvvigionamenti: rende possibile il processo produttivo in modo continuativo grazie
all’a lusso di fattori produttivi. Comprende anche le sottofunzioni di Conservazione, di Magazzino e
di Logistica in ingresso dei materiali.
• Funzione Personale: seleziona il personale in entrata, lo disloca nei vari organi e si occupa del suo
addestramento. Comprende la sottofunzione Tempi e Metodi, che si occupa dell’ottimizzazione del
rendimento del lavoro umano, con procedure e tempistiche particolari.
• Funzione Produzione: svolge i processi produttivi in modo e iciente ed e icace. Contiene le
sottofunzioni di Controllo della Qualità, di Manutenzione, di Riparazione e di Logistica in uscita.
• Funzione Finanza: sceglie gli investimenti più e icienti e reperisce i capitali necessari per gli
investimenti.
• Funzione Tesoreria: gestisce i lussi monetari in entrata e in uscita, ottenendo l’equilibrio monetario.
Nelle aziende di grandi dimensioni, comprende le sottofunzioni Crediti e Debiti (Credit Management)
e Gestione Eccedenze di Cassa (Cash Management).
• Funzione Ragioneria: comprende le sottofunzioni di Contabilità (rilevazione contabile delle
operazioni svolte), Bilancio (redazione di un documento sulla performance e sulla struttura
dell’azienda), Cost Accounting (calcolo dei costi di produzione, necessario per il bilancio e per gli
organi decisionali) e Reporting (rilevazioni dei risultati delle operazioni).
• Funzione Organizzazione: si occupa dell’organizzazione del Lavoro, degli Impianti (Layout) e della
Logistica.
• Funzione Ricerca e Sviluppo: si occupa dell’innovazione in ambito tecnico, commerciale,
manageriale e amministrativo.
• Funzione Marketing: ha il compito di far percepire al cliente il valore del prodotto, così da puntare a
un aumento del prezzo di vendita.
• Funzione Pubbliche Relazioni: gestisce le relazioni con gli stakeholders, e si occupa dell’e icienza
esterna, soprattutto nelle imprese di grandi dimensioni.
• Funzione Controllo: fa in modo che ci sia un programma di operatività per gli altri organi, direzionato
verso gli obiettivi aziendali. Contiene le sottofunzioni Budgeting e Reporting (obiettivi e rilevazioni) e
Internal Accounting (controllo interno).
• Funzione Amministrazione Generale: funzione generica, che si trova nelle aziende di piccole
dimensioni.

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8.1.2 Struttura Organizzativa


La Struttura Organizzativa di un’azienda è un sistema formato dalle relazioni tra gli organi, che possono
essere di tre tipi:
• Relazioni di Autorità e Potere: un soggetto ha la capacità di in luenzare il comportamento di altri e di
esercitare il potere attraverso norme formali o relazioni di fatto.
• Relazioni di Gerarchia e Responsabilità: possono essere di Line (tra un superordinato e un
subordinato) oppure di Sta (linee di informazione, non di autorità).
• Relazioni di Comunicazione: orizzontali se sono tra organi su uno stesso livello, oppure verticali.
Riguardano la trasmissione degli ordini (dall’alto verso il basso), il feedback della loro esecuzione e
l’invio di informazioni.
La Struttura Organizzativa può essere Formale o Burocratica se ci sono linee formali che stabiliscono i
rapporti di autorità e di responsabilità: è il caso delle aziende pubbliche, oppure degli eserciti.
Al contrario, si avrà una Struttura Informale o Di Fatto se nascono all’interno della struttura degli
e ettivi rapporti di potere che possono anche divergere dalla struttura formale.
8.2 L’Organigramma
Un Organigramma è un modello schematico del sistema degli organi aziendali che rappresenta la
struttura organizzativa formale.
Esistono due strutture fondamentali per gli organigrammi: la struttura Lineare Pura e la Funzionale Pura.
Esistono anche diverse varianti:
• La Struttura per Line e Sta : ci sono organi operativi di Line che eseguono determinati compiti e
svolgono l’attività decisionale, mentre altri organi di Sta più specializzati svolgono funzioni di
consulenza.
• La Struttura Funzionale Modi icata per Product Manager: i Product Manager sono organi specializzati
nella gestione di un singolo prodotto e si occupano di coordinare e integrare le varie unità
funzionali.
• La Struttura Funzionale per Project Manager: si identi icano dei responsabili dei singoli progetti,
ovvero dell’insieme delle attività di progettazione e produzione di determinati prodotti.
• La Struttura Divisionale, che caratterizza le aziende divisa territorialmente e/o economicamente.
• La Struttura a Gruppo, utilizzata quando le imprese sono composte da unità giuridiche distinte.
8.3 Governance e Management

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La Governance è il potere del soggetto economico (ovvero dell’Imprenditore) di governare


l’organizzazione.
Tale soggetto può quindi dare un indirizzo strategico all’impresa (Corporate Governance), dare un
sistema di regole all’azienda, scegliendo quindi i dirigenti e a idando loro le varie responsabilità, e
scegliere mission e strategia dell’impresa.
Nel caso speci ico delle società per azioni, la Corporate Governance è a idata agli azionisti
(shareholders) all’interno dell’Assemblea, al CdA (Board of Directors), che comprende Presidente e
Amministratore Delegato, al Top Management, al CEO (Direttore Generale) e agli stakeholders esterni.
Il Management è la funzione di controllo operativo dell’organizzazione, che serve a dirigerla verso gli
obiettivi aziendali. Si tratta di una funzione di governo e di controllo che ha tre compiti:
• Sviluppa il calcolo economico, tecnico, inanziario per assumere decisioni di gestione per
raggiungere la massima e icienza;
• Programma la gestione per lo sviluppo delle decisioni;
• Attua il controllo sul lavoro, identi icando i meccanismi che motivano i lavoratori a rendere al
massimo.

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