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Elettrotecnica – Lezione II

Definizioni
8.Calcolo del campo elettrico dal potenziale
L’utilità dell’introduzione della funzione potenziale V(x,y,z) consiste nella possibilità di determinare in modo
semplice due grandezze:
1. Il lavoro effettuato dalla forza dovuta al campo elettrico quando una carica q si sposta da un punto (A)
all’altro (B) del campo, senza effettuare una laboriosa operazione di integrazione.
2. Il campo elettrico mediante l’operazione di gradiente, in maniera molto più semplice che non servendosi

delle formule di campo derivate dalle espressioni vettoriali della sua definizione E = F

q
Per la determinazione del lavoro, la soluzione è immediata in quanto si ha l’espressione: -

L = q ( V A - VB )
Per determinare il campo elettrico in base alla funzione potenziale si consideri l’espressione della ddp in
funzione dell’integrale del campo elettrostatico:
B → →
V AB = V A - VB = ∫E • d l
A
La funzione potenziale V A che fornisce il potenziale in un generico punto A(x,y,z) è funzione delle coordinate di
A; l’incremento V che si ha in un punto B(x+Δx, y+Δy, z+Δz) si determina in base alla differenza della
funzione V fra il punto di arrivo B meno quella del punto di partenza A; per cui si ha:

V = VB - V A
L’incremento ΔV della funzione V è quindi opposta alla differenza di potenziale V A - VB fra due punti A e B; per
cui si ha: B → →
V = - ∫E • d l
A
8.Calcolo del campo elettrico dal potenziale
Per due punti infinitamente vicini, si ha quindi la variazione infinitesima di potenziale:
→ →
dV = - E • d l
Il prodotto scalare di due vettori è massimo quando la direzione e il verso dei due →
vettori sono concordi; quindi
la massima variazione di potenziale si ha quando lo spostamento infinitesimo d l è nella direzione e verso del
campo elettrostatico. Il campo elettrostatico è quindi diretto nella direzione di massima variazione del potenziale
con verso dal potenziale maggiore a quello minore.
Si ricorda che il prodotto scalare di due vettori in un sistema di riferimento cartesiano è dato dalla somma dei
prodotti delle componenti

corrispondenti; le componenti del campo elettrico sono E x , E y , E z e quelle del vettore
infinitesimo d l sono dx, dy, dz ; per cui eseguendo il differenziale della funzione V(x,y,z), ed esprimendo il
prodotto scalare in funzione delle componenti, si ha:
∂V ∂V ∂V
dx + dy + dz = - E x dx - E y dy - E z dz
∂x ∂y ∂z

Da cui, osservando le uguaglianze, si ricavano le componenti del campo in funzione del potenziale:
∂V
= - Ex
∂x
∂V
= - Ey
∂y
∂V
= - Ez
∂z
8.Calcolo del campo elettrico dal potenziale
→ → →

In un sistema di riferimento cartesiano x,y,z con versori i , j , k il vettore E è dato da:
→ → → → → ∂V → ∂V → ∂V
E = i Ex + j E y + k Ez = - i -j -k
∂x ∂y ∂z

Introducendo l’operatore vettoriale nabla :


→ ∂ → ∂ → ∂
∇= i + j +k
∂x ∂y ∂z
si ha l’espressione sintetica:
→ →
E = -∇ V
→ → →
Ove il vettore ∇ V è detto gradiente del potenziale V ed è opposto al campo elettrico E ; il gradiente ∇ V è infatti
un vettore diretto nella direzione di massima variazione del potenziale ed è orientato verso il punto a potenziale
maggiore nell’intorno considerato; questa espressione è valida quando il campo elettrico è elettrostatico.
Assegnata quindi la posizione delle cariche si calcola il potenziale e quindi tramite il suo gradiente è possibile
conoscere anche il campo elettrico.
Il potenziale V è detto potenziale scalare elettrostatico.
9.Calcolo del potenziale mediante un’equazione
differenziale
La funzione potenziale può essere ricavata anche assegnando la funzione potenziale su una superficie. Per
ottenere la soluzione dell’andamento del potenziale in tutto lo spazio, si possono ricavare delle forme molto
generali sotto forma di equazioni differenziali alle derivate parziali. Queste forme si ricavano trasformando in
termini tutti scalari, l’equazione vettoriale:
→ →
E = -∇V

Ove il vettore E è riferito esclusivamente al campo elettrostatico. Per ottenere questo risultato si esegue la
divergenza di entrambi i termini e cioè si moltiplicano scalarmente per l’operatore nabla; si ha così un
espressione del tipo:

∇ • ∇V = -∇• E

L’operatore ∇ • ∇ = ∇
2
si chiama laplaciano ed ha l’espressione:

∂ → ∂ → ∂
→ → ∂ → ∂ → ∂ ∂2 ∂2 ∂2
∇ = ∇ • ∇= ( i
2
+ j +k )•( i + j +k )=( + + 2)
∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z ∂x 2 ∂y 2 ∂z
Si ha quindi:

∇2 V = -∇• E
9.Calcolo del potenziale mediante un’equazione
differenziale
Per quanto riguarda il secondo termine, si fa riferimento alla terza equazione di Maxwell:


∇• D = 
Dove il vettore D è detto spostamento elettrico ed è il prodotto del campo elettrico per la permittività ɛ, e cioè
→ → →
D =  E . Quindi, in base alla ∇ •  E =  ,per un mezzo lineare e isotropo in cui la costante dielettrica ɛ è
uniforme in tutto lo spazio, si può porre: → 
∇• E =

Da cui per sostituzione nel laplaciano del potenziale, si ha l’equa-zione scalare, nota come equazione di Poisson:

∇2 V = -

Nel caso in cui si vogliano determinare i potenziali in tutti i punti di uno spazio privo di cariche (ρ=0), i
potenziali dei vari punti rispettano l’equazione:
∇2 V = 0
Nota come equazione di Laplace; in questo caso le funzioni V(x,y,z) che la soddisfano sono dette funzioni
armoniche. Nella tabella che segue sono riportate le equazioni ricavate per la determinazione del potenziale.

Forma integrale Forma differenziale



→ 1 ( r )'

V( r ) =
4 ∫ → → d ( Vol ) ∇2 V = -

Vol
| r - r' |
10.Tensione elettrica
Oltre alla forza dovuta al campo elettrostatico, dovuto ad una distribuzione di cariche immobili, su una carica
possono agire contemporaneamente altre forze come quella prodotta da un campo magnetico che varia nel
tempo. Questo nuovo campo, diverso ed indipendente da quello elettrostatico, è detto campo elettrico indotto e
ha la proprietà di non essere conservativo. Questo comporta che il lavoro compiuto dalla forza che sollecita una
carica elettrica sottoposta a questo campo non dipende soltanto dal punto di arrivo e di partenza dello
spostamento della carica. Ne consegue che tale campo non ammette un potenziale e la forza agente sulla carica
può compiere lavoro anche su traiettorie chiuse.
Si chiama tensione il lavoro compiuto dalle forze dovute sia al campo elettrostatico che al campo elettrico
indotto, quando la carica positiva unitaria si sposta da un punto all’altro del campo secondo quel particolare
B
percorso. In formule: → → →
tensione AB = vlAB = ∫( E S + E i ) • d l
A

Dove la lettera l in pedice (vlAB ) individua il particolare percorso che conduce da A ad B. A differenza della ddp
la tensione dipende dal percorso fatto per andare da A ad B, questo per la presenza nell’integrale del campo
elettrico indotto che non è conservativo. Lungo un percorso chiuso l che parte da A e ritorna ad A, la tensione
non è nulla. In formule: → →
tensione AA = vl = ∫Ei • d l
l

Il termine relativo al campo elettrostatico è stato omesso in quanto il suo contributo lungo una linea chiusa è
nullo, essendo: → →

∫E
l
S •d l =0

il lavoro compiuto dalle forze del campo elettrostatico è nullo, essendo un campo conservativo e coincidendo i
punti di partenza e quello di arrivo.
10.Tensione elettrica
In particolare, in presenza di campi indotti, la tensione tra un punto e sé stesso diviene nulla soltanto nel caso in
cui il percorso che si allontana da A è identico a quello che ritorna ad A.
Se lungo il percorso non vi sono campi indotti, allora si ha:
B
→ →
tensione AB = ∫E S • d l
A

Questa grandezza coincide con la ddp già indicata con v AB e non è più funzione del percorso da A a B, ma solo
della posizione di A e B.
Lo strumento che misura la tensione tra A e B, disposto lungo il percorso orientato l, si chiama voltmetro(figura
che segue); questo strumento ha due fili collegati a puntali che devono essere posti sui punti tra cui si vuole
misurare la tensione. Le misurazioni effettuate dallo strumento dipenderanno non solo dai punti in cui sono i
puntali, ma anche dalla posizione dei fili i quali indicano un percorso che collega questi due punti. Solo nel caso
in cui non vi sono campi indotti allora la posizione dei fili del voltmetro è insignificante e la tensione dipenderà
soltanto dai punti in cui sono stati posti i puntali, avendosi in questo caso coincidenza tra ddp e tensione.
11.Forza elettromotrice
Oltre alle forze dovute al campo elettrostatico e ai campi indotti, sulla carica possono agire contemporaneamente
altre forze che hanno origine molto diversa, come quelle dovute ad azioni chimiche o fisiche; queste ulteriori
forze sono dovute ad altri campi che non hanno quindi origine elettrica. I→campi che agiscono sulla carica e che
non sono conservativi sono detti genericamente campi elettromotori ( E p ), a questa categoria non appartiene
quindi il campo elettrostatico. Il lavoro delle forze dovute a tutti i campi elettromotori per lo spostamento della
carica positiva unitaria lungo un percorso orientato da un punto (A) all’altro (B), procedendo dalla fine verso il
principio, e cioè in senso opposto all’orientamento del percorso che è stato seguito per il calcolo della tensione e
della ddp, è detto forza elettromotrice (fem), che in elettrotecnica, viene usualmente indicata con il simbolo e.

Ep B
A
→ →
e = fem = ∫E p • d l →

B dl

A
Il generatore elettrico è la sede in cui si sviluppano i campi elettromotori che danno origine alla corrente
elettrica. Nei generatori elettrici, in seguito a trasformazioni energetiche, si produce un campo elettromotore
presente soltanto nel generatore e non in tutto lo spazio che circonda i suoi elettrodi; il campo elettromotore è
prodotto dalla conversione in energia elettrica di diverse forme di energia.
Il campo elettromotore presente nel generatore sollecita le cariche originando la corrente elettrica. Lo
spostamento delle cariche da un polo all’altro all’interno del generatore, produce un accumulo di cariche che
genera a sua volta un campo elettrostatico, di natura completamente diversa dal campo elettromotore e sollecita
le cariche in senso opposto al campo elettromotore, e cioè dal polo a potenziale maggiore a quello a potenziale
minore. Inoltre il campo elettrostatico, differentemente da quello elettromotore, non agisce soltanto all’interno
del generatore ma in tutto lo spazio circostante;
11.Forza elettromotrice
In figura che segue sono rappresentate le forze che sollecitano la carica positiva unitaria all’interno di uno spazio
dove agisce un campo elettromotore; nel rettangolo è presente un campo elettromotore. Al centro in un circolo è
rappresentata una carica positiva su cui agisce la forza dovuta all’azione del campo elettromotore, indicata con FEp
e quella dovuta all’azione del campo elettrostatico, indicata con FEs . Sono riportate anche le formule per il
calcolo della fem e della ddp, con precorso orientato da A a B.
B
→ →

+ - e = ∫E p • d l
FEp FEs - A
A + - B
+ +
+ - B
→ →
+ - ddp = ∫E s • d l
+ - A

In un generatore elettrico si possono quindi distinguere il lavoro della forza dovuta al campo elettrostatico per lo
spostamento della carica positiva unitaria tra i suoi estremi, detti poli, da quello della forza dovuta al campo
elettromotore. Il lavoro del campo elettrostatico che non dipende dal percorso per andare da un polo all’altro, si
può calcolare lungo un qualsiasi percorso, interno o esterno al generatore, e si determina mediante la differenza
di potenziale fra i due poli, indicati con A e B; si ha:
B
→ →
v AB = ∫E s • d l
A

Quando il generatore non eroga corrente il campo elettromotore ed il campo elettrostatico sono eguali ed
opposti poiché le cariche elettriche libere sono sollecitate da forze eguali ed opposte; il lavoro complessivo delle
due forze lungo un percorso orientato da A a B sarà quindi nullo, cioè:
B B
→ → → →
∫E s • d l + ∫E p • d l = 0
A A
11.Forza elettromotrice
Cioè:
B B
→ → → →
∫E
A
s • d l = - ∫E p • d l
A

o anche:
B A
→ → → →
∫E s • d l = ∫E p • d l
A B

Per cui, in base alle definizioni date, si ha:


v=e
La forza elettromotrice in questo caso può essere determinata senza eseguire l’integrale di linea del campo
elettromotore ma semplicemente mediante la ddp tra il punto di arrivo meno quello di partenza; ddp e fem
assumeranno lo stesso valore, ma la coincidenza dei loro valori è un fatto esclusivamente numerico, avendo le
due grandezze una natura completamente diversa.
Nel generatore reale questa eguaglianza sussiste soltanto se il generatore non eroga corrente; quindi
all’equilibrio delle forze deve anche corrispondere un moto di insieme delle cariche elettriche nullo. Questa è
una condizione aggiuntiva nel senso che un moto di insieme a velocità costante pure potrebbe sussistere in
equilibrio di forze. Nel generatore reale che eroga corrente l’uguaglianza tra fem e ddp non può sussistere perché
il moto delle cariche fa insorgere altri campi concordi con il campo elettrostatico, e quindi nel generatore reale il
campo elettromotore è sempre maggiore di quello elettrostatico.

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