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Giustino, che spesso si dichiarava in verità samaritano, visto il suo nome e il nome di suo padre
- Bacheio - sembra piuttosto di origini latine o greche. La sua famiglia probabilmente si era stabilita da
poco in Palestina, al seguito degli eserciti romani che qualche anno prima avevano sconfitto gli Ebrei e
distrutto il Tempio di Gerusalemme.
Come riferisce Giustino stesso nel Dialogo con Trifone, venne educato nel paganesimo ed ebbe
un'ottima educazione che lo portò ad approfondire i problemi che gli stavano più a cuore, quelli
riguardanti la filosofia. Racconta che la sua smania di verità lo portò a frequentare molte scuole
filosofiche. Presso gli stoici non trovò giovamento, in quanto il problema di Dio, per questa filosofia, non
era essenziale. Poi frequentò la scuola peripatetica, ma anche presso questi filosofi non trovò quanto
cercava. Si recò presso un filosofo pitagorico che lo sollecitò dunque ad approfondire le arti
della musica, dell'astronomia e della geometria. Ma Giustino, troppo concentrato nel voler raggiungere
la "verità" e la "conoscenza di Dio", reputava tempo sprecato il soffermarsi su tali materie.
«Coloro che si sono rifiutati di sacrificare agli dèi e di sottomettersi all'editto dell'imperatore, siano
flagellati e condotti al supplizio della pena capitale, secondo le vigenti leggi.»
Di questo processo esiste ancora il verbale: Martyrium SS.Justini et sociorum VI. Giustino venne
decapitato assieme a sei dei suoi discepoli, Caritone e sua sorella Carito, Evelpisto di Cappadocia,
Gerace di Frigia (schiavo della corte imperiale), Peone e Liberiano.
Le sue reliquie furono traslate da Roma il 22 settembre 1791, e si trovano attualmente sotto l'altare
maggiore della Collegiata di San Silvestro Papa a Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo.[2]
Giustino fu il primo di una serie di autori cristiani che intravide in Eraclito, Socrate, Platone e
negli stoici degli autori precristiani, precursori del Cristo e da esso ispirati. [3] Anche lo Spirito Santo è
identificato con Dio stesso. A suo avviso, la nozione trinitaria fu introdotta già dal platonismo. [4]
A Giustino si deve la più antica descrizione della liturgia eucaristica. Egli fu il primo ad utilizzare la
terminologia filosofica nel pensiero cristiano ed a tentare di conciliare fede e ragione. Si schierò
duramente contro la religione pagana ed i suoi miti mentre privilegiò l'incontro con il pensiero filosofico.
La figura di Giustino attrasse l'attenzione di Lev Tolstoj il quale nel 1874 dedicò al santo cristiano una
breve agiografia, Vita e passione di Giustino filosofo martire[5].
«Sia la Sibilla sia Istaspe profetarono la distruzione, attraverso il fuoco, di ciò che è corruttibile.
I filosofi chiamati Stoici insegnano che anche Dio stesso si dissolve nel fuoco, ed affermano che il
mondo, dopo una trasformazione, risorgerà. [...]
Se dunque noi sosteniamo alcune teorie simili ai poeti ed ai filosofi da voi onorati [...] perché siamo
ingiustamente odiati più di tutti?
Quando diciamo che tutto è stato ordinato e prodotto da Dio, sembreremo sostenere una dottrina
di Platone; quando parliamo di distruzione nel fuoco, quella degli Stoici; quando diciamo che le
anime degli iniqui sono punite mantenendo la sensibilità anche dopo la morte, e che le anime dei
buoni, liberate dalle pene, vivono felici, sembreremo sostenere le stesse teorie di poeti e di
filosofi [...]
Quando noi diciamo che il Logos, che è il primogenito di Dio,[7] Gesù Cristo il nostro Maestro, è
stato generato senza connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo, non
portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati figli di Zeus.
Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos
[...]; Asclepio, che [...] ascese al cielo; Dioniso, che fu dilaniato; Eracle, che si gettò nel fuoco [...]
e Bellerofonte, che di tra gli uomini ascese con il cavallo Pegaso.
Se poi, come abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come
Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa concezione è
comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero di Zeus.
Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso anche questo è comune ai figli di
Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi, furono soggetti a sofferenze. [...]
Se poi diciamo che è stato generato da una vergine, anche questo sia per voi un elemento comune
con Perseo.
Quando affermiamo che Egli ha risanato zoppi e paralitici ed infelici dalla nascita, e che ha
resuscitato dei morti, anche in queste affermazioni appariremo concordare con le azioni che la
tradizione attribuisce ad Asclepio.»
(Apologia Prima, XX-XXII)
L'opera si conclude con una petizione che contiene una lettera dell'imperatore Adriano, [8] la quale serve
a Giustino per mostrare come anche un'autorità imperiale era del parere di giudicare i cristiani in base
alle loro azioni e non in base a dei pregiudizi; ed una lettera dell'Imperatore Marco Aurelio e del
"Miracolo della pioggia" durante le guerre marcomanniche.[9]