Nel 285 sale al trono un imperatore illirico, Diocleziano, destinato a governare per i successivi 20
anni. Era determinato, e attua una rifondazione dello Stato su basi completamente nuove,
affrontando così tutti i problemi che minacciavano la stabilità.
LA TETRARCHIA
Appena ottenuto il potere, Diocleziano capisce subito che un solo uomo non avrebbe mai potuto
governare uno Stato così vasto e complesso. Sceglie quindi un ufficiale fedele che chiama cesare,
Massimiano, un ottimo militare ma non ottimo in politica, e gli affida la parte occidentale
dell’Impero. L’anno seguente lo proclama augusto e sancisce quindi la presenza di due imperatori,
anche se Massimiano non mise mai in dubbio la superiorità di Diocleziano da cui alla fine
dipendeva lui stesso. Qualche anno dopo poi, nel 293, Diocleziano elabora la tetrarchia: ciascuno
dei due augusti scelse un suo cesare (Diocleziano scelse Galerio e Massimiano Costanzo Cloro),
destinato poi a succedergli per 20 anni.
LA RIFORMA AMMINISTRATIVA
La tetrarchia avrebbe dovuto risolvere il problema della successione, anche se alla fine questa non
funzionò quasi per nulla. Ma ebbe un effetto positivo, perché la suddivisione dell’Impero
permetteva un controllo più attento da chi ne era responsabile. Fu diviso in 4
prefetture: la Gallia, l’Italia, l’Illirico e l’Oriente. Ciascuna di queste era poi divisa in 3 diocesi divise
a loro volta in cento province. In questo modo, ciascuna provincia finiva per essere piccola, così
che i governatori avevano la possibilità di svolgere il loro compito senza un accumulo di potere,
avendo comunque un forte potere esclusivamente civile, mentre quello militare era affidato ai
duces. I
MOTIVI DELLA SUDDIVISIONE
Diocleziano capì subito che chi governò prima di lui aveva cercato di non premere tanto sul fatto
che lo Statonon poteva essere comandato daun solo uomo. Poiché non era semplicemente
l’ampiezza a rendere necessaria una divisione, ma bensì questo nacque dalla situazione dei confini
che erano diventati più minacciosi di una volta, cambiando a sua volta anche la politica interna
dove non mancarono mai una successione di ribellioni e spinte.
LA RIFORMA FISCALEAlle riforme politiche e amministrative, Diocleziano affianca quelle fiscali che
ebbero implicazioni sia economiche che sociali. Avviata nel 297, questa riforma prevedeva un
censimento della popolazione e un inventario. La divisione fu sulla base del nuovo sistema fiscale,
che eliminava antichi privilegi come per esempio l’Italia che fu equiparata ad altre zone
d’Europa: solo Roma, per il suo valore simbolico, rimase esente da tasse che in generale furono
calcolate in base alla produttività degli appezzamenti e al numero di abitanti.
I PROVVEDIMENTILa riforma fiscale affrontava un fenomeno che era quello della perdita di
importanza della città e il lento spopolamentoavantaggio delle campagne: le città erano infatti
non più in sicurezza e le campagne garantivano a stento la sopravvivenza.
Lo spopolamento andava di pari passo col tracollo dei commerci e, Diocleziano, per ovviare
questo fenomeno, prende alcuni provvedimenti:
-emise monete d’argento con più metallo e le nuove scomparvero del tutto;
-per risolvere l’inflazione, cioè l’aumento incontrollato dei prezzi, nel 301 emana l’Edito sui prezzi
delle merci con cui si fissava il numero massimo dei prodotti. Anche se ciò porta al mercato
illegale a prezzi anche maggiori del normale;
-visto che l’impoverimento spingeva molti ad abbandonare le attività, pensa di risolvere vietando
agli abitanti di scegliere la propria professione e quindi ai figli di seguire il lavoro paterno.
L’IMPOVERIMENTO DELLE CAMPAGNE
Tra le conseguenze di questo insieme di fenomeni va ricordata la diffusione del patrocinium, ossia
i contadini che si ponevano sotto la tutela dei proprietari diventando i loro servi.
L’attività nei campi era basata specialmente sul sistema dei coloni, cioè a contadini liberi, ma la
loro condizione cambia radicalmente quando dopo le riforme di Diocleziano si stabilisce da un lato
che i latifondi dovevano essere suddivisi in lotti e ciascuno di loro doveva essere affidato a una
famiglia di contadini che fossero liberi o meno, e dall’altro invece si stabilisce che i contadini,
anche se liberi, non potevano abbandonare quella che era la loro zona, e i coloni si ritrovano così
in una condizione simile a quella dei servi.LA RIFORMA DELL’ESERCITODiocleziano aumenta i
soldati e li divide in limitanei, quelli non specializzati e che difendevano i confini; e i comitatus,
quelli che si spostavano velocemente dove necessario. In sintesi, i limitanei erano soldati-coloni
che contenevano i nemici fino a quando non giungevano i comitatus a sconfiggerli.
LA DIVINIZZAZIONE DEL SOVRANO
Il meccanismo stabilito da Diocleziano dipendeva dai due augusti e dai due cesari, e per rafforzare
questa autorità attribuisce all’imperatore una sorta di divinizzazione ponendolo come un semidio:
egli stesso si appellò Giovo, da Giove, mentre Massimiano Erculio, da Ercole. Gli imperatori non si
presentavano quasi mai in pubblico se non in cerimonie importanti, e così con Diocleziano si attua
il sogno di Nerone e Caligola.
COSTANTINO
LA TETRARCHIAIN CRISI
Nel 305, dopo 20 anni, Diocleziano si ritira nel palazzo di Spalato, convincendo Massimiano a fare
lo stesso. Galerio a questo punto era in Oriente, mentre Costanzo Cloro in Occidente, e divennero
augusti nominando come cesarioMassimino Daia e Flavio ValerioSevero. Nel 306 Costanzo muore
improvvisamente e il figlio, Costantino, prese il suo posto invece che Severo. La reazione dei
pretoriani fu la nomina di Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano, e da qui il principio
dinastico prende nuovamente il sopravvento. Diocleziano e Massimiano
vengono chiamati e confermano i due cesari, mentre in Occidente però Severo era morto e quindi
venne nominato Licino come nuovo augusto, dando a Costantino il titolo di cesare. Costantino e
Massimino non accettano questo subalterno e quindi rivendicano il titolo di augusto;
parallelamente, Massenzio governava l’Italia e l’Africa.
COSTANTINO E LICINO
Nel 311 Galerio perde la vita e da qui nasce un doppio conflitto: Costantino e Massenzio in
Occidente, Licino e Massimino in Oriente. Nel 312 Costantino entra in Italia e sconfigge Massenzio
in tre regioni prima di andare verso la capitale, dove si accampò. Lo scontro avvenne ad ottobre,
con Massenzio che commise lo sbaglio di schierare il suo esercito contro il Tevere; quando i suoi
uomini furono messi di spalle, il ponte Milviocrolla e Massenzio annega miseramente: la sua testa
verrà poi ritrovata e portata a Costantino, che la esibì per testimoniare la morte del nemico.
Nel 313 Licino va a Milano e si allea con Costantino, cosa che si rafforza anche dal matrimonio tra
Licino e la sorella di Costantino. Qualche mese dopo Massimino fu sconfitto e alla fine si uccise,
quindi l’Impero rimase nelle mani di Licino e Costantino.
LA POLITICA DI COSTANTINO
Tra i primi provvedimenti di Costantino c’è l’Edittodi Milano: i due imperatori insieme diedero
lalibertà di culto ai cristiani, ponendo fine a più di due secoli di persecuzioni. Questa scelta di
Costantino fu una scelta politica, poiché da quest’alleanza traeva vantaggio non solo la Chiesa ma
anche lui stesso: -i sacerdoti furono esentati dalle tasse;
-gli edifici di culto ebbero il diritto di asilo;
-i sacerdoti venivano giudicati non dalla magistratura ma dai vescovi.
L’Impero quindi ricava un vantaggio, ossia metteva le forze del cristianesimo al servizio dello
Stato, e Costantino venne visto quindi come un mediatore tra il mondo e la sfera celeste.
LA LOTTA CON LICINO
Fu questa politica filocristiana che mette in difficoltà Licino: mentre Costantino si appoggiava sulla
Chiesa, Licinoriprende la persecuzione e costringe alla rinuncia della cristianità. I conflitti erano
sempre per ragioni politiche: i confini erano tranquilli e questo non rendeva necessaria la
divisione, e il fallimento della tetrarchia favorì le ambizioni dei due cesari che speravano di restare
sovrani unici. La battaglia scoppia nel 317 e dopo una pausa riprende nel 324. Qui Costantino
sconfigge Licino due volte, una ad Adrianopoli e la seconda nell’Ellesponto: Licino tenta un’ultima
carta ma perse la vita in Asia.
Alla fine del 324 Costantino si poneva come il padrone assoluto, e appena sconfitto il nemico
organizzò un concilio ecumenico per mettere fine alle divisioni interne del cristianesimo e per dare
unità alla regione. Il concilio avvenne nella città di Nicea, in Asia, nel 325, e aveva lo scopo di
mettere fine appunto ai conflitti e all’eresia ariana. Il risultato più significativo fu infatti la
definizione del Credo, dove ci sono elencati i dogmi fondamentali della religione cristiana.
LE RIFORME MILITARI
Le iniziative politiche e amministrative di Costantino si collocano sulla stessa linea di quelle di
Diocleziano; per esempio, la distinzione tra civili e militari venne rafforzata da entrambi.
Costantino abolisce il pretorio, ossia la guardia del corpo dell’imperatore, e lascia al prefetto del
pretorio solo compiti civili. Il posto di questi fu preso dai palatini, che dovevano seguire la persona
che li aveva scelti in tutti i suoi spostamenti. Costantino potenzia anche l’esercito aggiungendo
macchine che vennero considerate delle artiglierie per quanto efficaci in battaglia.
IL SOLIDUS
Anche in ambito economico Costantino modifica qualcosa: emette una moneta di più valore, il
solido. Ma quest’aggiunta provoca una svalutazione delle monete più usate e favorisce invece il
passaggio al baratto.
LA “NUOVA ROMA”
Nel 330 Costantino fonda ufficialmente una nuova capitale, ristrutturando l’antica città di Bisanzio
che prese da lui stesso il nome di Costantinopoli. La scelta del luogo era perché Bisanzio era in una
posizione militarmente prevedibile, che infatti le garantì di resistere a tanti assedi per altri mille
anni. Questa decisione nasceva dalla propaganda, si trattava infatti di attenuare il peso della
tradizione antica facendone nascere una nuova, legata al proprio nome come fece Alessandro
Magno Da qui inizia l’Impero Bizantino.
DA COSTANTINO A TEODOSIO
LA DINASTIA DI COSTANTINO
Costantino si rese conto che la fondazione di questa Costantinopoli sottolineava l’esistenza di due
mondi, il greco e il latino, che si diversificarono sempre di più. Poco prima della sua
morte, avvenuta nel 337, Costantino suddivise l’Impero tra i suoi figli Costantino II, Costanzo II e
Costante, affidando al primo le Gallie, al secondo l’Oriente e al terzo l’Italia assieme all’Africa. Ma
fra i tre scoppia un conflitto che portano alla vittoria di Costanzo II, che si accorse di non riuscire a
governare da solo e quindi nomina nel 351 Costanzo Gallo, suo cugino, come cesare; qualche
anno dopo però lo fece giustiziare temendo che si ribellasse e l’anno successivo scelse Giuliano
come cesare, il fratello di Gallo. Giuliano dimostra da subito tanta capacità che preoccuparono
Costanzo, tanto che ad un’imposta si rifiuta di obbedire e da qui nasce un nuovo conflitto di
interessi che però termina con la vittoria “a tavolino” di Giuliano poiché nel 361 Costanzo II si
ammala e perde la vita. IL REGNO DI
GIULIANOGiuliano fu imperatore per circa 18 mesi, ma il suo nome è rimasto indelebile nella
storia per via del suo ultimo tentativo di restaurazione del paganesimo, ispirandosi all’antico
principato augusteo.Questo tentativo non era un semplice ritorno al passato, ma una rilettura di
quel movimento: si ispira ad una libertà religiosa che si andava a scontrare con quella cristiana, ed
era quindi inevitabile che la pace cadesse nel nulla. Lo scontro fu molto intenso, ma
improvvisamente Giuliano perde la vita in battaglia contro i Persiani, e con lui finisce per sempre
questo sogno di ritorno in antichità.
DA GIULIANO A TEODOSIO
A Giuliano succedette Gioviano, poi, i soldati elevano Valentinino I, che divise l’Impero
affidandone parte al fratello Valente. I due affrontano subito molte peripezie tra cui un attacco dai
Germani lungo il limes. Quando Valentiano morì nel 375, lo Stato finì nelle mani di Graziano e
Valentiniano II, i suoi due figli, e pochi anni più tardi morì anche Valente lasciando il suo regno a
Flavio Teodosio. IL
CONSOLIDAMENTO DEL POTERE
Il primo problema che Teodosio dovette affrontare fu il conflitto contro i Goti, che gli impedirono
di raggiungere la sua capitale Costantinopoli. Ma Teodosio riesce a sconfiggerli ma allo stesso
tempo gli da loro possibilità di stanziarsi lungo il Danubio e di essere loro alleati. Nel 383 Graziano
finì ucciso e Teodosio dovette fronteggiare la caduta dell’Occidente che stava precipitando nel
caos: agì con molta determinazione e sconfisse tutte le minacce.
LA POLITICA RELIGIOSA DI TEODOSIO
Mentre combatteva i Goti, Teodosio affrontò anche la religione nel 380 dove emana l’Edittodi
Tessalonica con cui il cristianesimo venne dichiarata religione di Stato. Da qui venne approvato
ovunque, ma ci furono conseguenze: fu vietato di compiere messe pagane e venne imposto il
giorno di riposo settimanale, la Domenica. In questa azione ebbe l’appoggio del
vescovo Ambrogio, un vescovo milanese che con lucidità capisce di doversi alleare con Teodosio e
quindi confermò il sostegno della sua religione a servizio dello Stato.
I DECRETI DI TEODOSIO
In alcuni casi Ambrogio assume posizioni contro Teodosio, per esempio nel 390 quando la politica
di quest’ultimo si ribella e si vendica: il sovrano organizza una finta gara di biglie e rinchiude la folla
facendo trucidare più di 7000 persone, cosa che prova scalpore specialmente al vescovo che gli
mandò una lettera sdegnata costringendolo a chiedere perdono. Nel 392 Teodosio emana i
decreti teodosiani, aiutato dal vescovo di Milano, con cui vieta l’accesso ai templi pagani e
obbligava chiunque a praticare solo il cristianesimo. AGOSTINOCon
le azioni di Costantino e ancora di più con i decreti teodosiani, fiorisce un volto nuovo: Agostino,
allievo di Ambrogio, uno dei più grandi filosofi cristiani. Egli sosteneva che la cultura pagana non
dovesse venire bloccata poiché conteneva molte verità, anche se ovviamente il cristianesimo
costituiva passi avanti in quando fede e rivoluzione divina. La sua linea apre la strada a nuove
salvaguardie specie per il panorama classico culturale.
Dopo il 392, dopo la morte di Valentiniano II, Teodosio era l’unico a governare lo Stato. Egli muore
a Milano nel 395 e il suo funerale fu celebrato da Ambrogio: per la prima volta un imperatore
veniva sepolto con rito cristiano.
L’Impero, per volere di Teodosio, venne suddiviso ai suoi due figli: Arcadio in Occidente e Onorio
in Oriente.
I BARBARI
ROMANI E GERMANI
I primi contatti tra romani e germani avvengono nel I secolo, quando la conquista della Gallia da
parte di Cesare e l’espansione nella penisola balcanica avevano portato a contatto due mondi
diversissimi il cui confine si era attestato lungo il Reno e il Danubio. Questo contatto si era piano
piano ridotto solo a scambi commerciali, quindi, nel III secolo, i Germani restavano ancora
sconosciuti dai Romani che provavano sia timore che ammirazione verso di loro. La capitale
invece li conosceva bene i barbari, e anche loro li ammiravano.
Il termine “Germani” viene dal fatto che i Romani definivano così l’insieme di popoli al di là del
limes danubiano. Essi non erano un popolo unito ma bensì un insieme di popolazioni unite forse
da una lingua comune. Per quanto ne sappiamo questa popolazione non si unì mai politicamente,
c’era solo il clan che organizzava lo Stato e che veniva visto un po’ come la gens dei latini, quindi
un insieme di famiglie legate da un antenato comune. L’economia era basata specialmente
sull’allevamento e il commercio ridotto a pochi prodotti artigianali.
LE INVASIONI DEL III SECOLO
Fino alla fine del II secolo il limes rimane incavalcabile e tutte le incursioni vennero stoppate e
punite. Nel III secolo invece l’impero attraversò un lungo periodo di difficoltà dove per la prima
volta si trovò a dover difendere le frontiere occidentali sia perché molti soldati erano impegnati
contro i Parti e sia perché si erano troppo focalizzate sulle battaglie interne piuttosto che pensare
ai nemici esterni. I Germani erano anche loro in agitazione per due motivi: l’aumento della
popolazione, e la pressione degli orientali.
LA REAZIONE DELL’IMPERO
Le invasioni del III secolo furono episodi di secondaria importanza, anche se vennero visti
comunque con esiti positivi. Per prima
cosa, l’Impero si difese sul piano militare ottenendo successi per via della loro superiorità in
ambito tecnologico e amministrativo, poiché i barbari combattevano secondo modalità primitive
tutte basate sulla forza e il coraggio individuale. Come
seconda strategia attuarono un pagamento di tributi, ossia che per garantire la tranquillità ai
confini iniziarono a pagare i barbari e convincerli così alla rinuncia dei conquisti.
Come terza e ultima strategia vediamo uno stipulare patti che trasformò così i barbari in
foederati, ossia soldati mercenari al servizio dell’Impero. Inizialmente erano solo popoli confidanti
ma con il passare del tempo essi vennero ricompensati e gli venne dato il permesso di insediarsi
all’interno dei confini.
LE MIGRAZIONI
GLI UNNI
All’inizio del quarto secolo l’Impero si riuscì a difendere con efficacia ma parallelamente un nuovo
elemento intervenne più drammaticamente: gli Unni, una popolazioneseminomade, mise in
difficoltà sia l’Impero cinese che quello romano.I motivi per cui gli Unni iniziano a spostarsi non si
conoscono, ma si è ipotizzato ad un cambiamento climatico come una sorta di piccola glaciazione.
I GOTI
La prima parte dell’Impero a essere interessata a questi spostamenti fu quella orientale. Per
sfuggire agli Unni, nel 376 i Visigoti (i Goti dell’ovest) chiesero a Valente il permesso di andare
oltre il limes e di stabilirsi sulle rive sud del Danubio per diventare foederati. Loro erano in realtà
una popolazione già romana anche se non a tutti gli effetti, poiché avevano già contatti con la
capitale e avevano anche introdotto il cristianesimo.Nei mesi dopo i rapporti tra i Visigoti e i
Romani si guastano dai continui maltrattamenti e abusi; i militari temevano i barbari e cercarono
di dividere l’Impero in quattro parti, ma i Visigoti si ribellano nel 378 infliggendo una sconfitta
amara ad Adrianopoli ai romani: qui perde la vita Valente, e questo segna non un conflitto banale
ma anzi uno scontro campale tra due eserciti potenti.
La morte di Valente permette a Graziano di nominare un nuovo governatore, che come sappiamo
fu Teodosio. Lui riprese da subito la politica di assimilazione e rinuncia a ogni forma di vendetta,
anzi si limita soltanto a punire i capi dei Visigoti. In questo modo rafforza i confini e pone i Visigoti
come difensori di questi stessi.
L’INVASIONE DELL’OCCIDENTE
La nuova ondata di invasioni si ha laddove le difese erano deboli quindi in Occidente; a questa si
oppongono due forti generali, Stilicone ed Ezio. Nato in Germania da padre vandalo e madre
romana, Stilicone divenne tutore del figlio di Teodosio, Onorio, dopo la sua morte, e per questo
ebbe nelle sue mani per alcuni anni il governo sull’Occidente. Stilicone
dovette affrontare un altro capo visigoto, Alarico, che si era ribellato e stava giungendo la penisola
balcanica. Lo batte più volte, ma non riesce ad annientarlo del tutto per via delle offese da parte di
Rufino, che lo temeva. Il lungo conflitto con i Visigoti costringe Stilicone a sguarnire le frontiere
della Gallia, e attraversando il fiume ghiacciato i Vandali assieme ai Burgundi, Alani e Svevi
invadono l’Impero, e ci si stabilirono definitivamente.
IL SACCO DI ROMALa posizione di Stilicone si fece ardua; gli andavano tutti contro, perfino la sua
religione che gli addossò la colpa. Onorio, giovane, si lasciò persuadere e condannò nel 408
Stilicone a morte che fu giustiziato. La sua morte da il via a vendette violenti e uccisioni che
ebbero tante conseguenze: molti foederati raggiunsero Alarico in Italia e scesero fino in capitale
dove la pone in assedio. Poiché Alarico non ottenne il pagamento richiesto dei tributi, nel 410
saccheggia la città e, di nuovo, dopo la battaglia di Adrianopoli e per la prima volta dopo secoli,
Roma era di nuovo invasa dai barbari.
EZIO IN GALLIA
Morto Alarico i Visigoti si insediano in Gallia e in Spagna. Come difensore della civiltà romana ci fu
Ezio, figlio di un barbaro. Ben presto si trova coinvolto nelle lotte per la successione dopo la morte
di Onorio: mentre l’Oriente cercava di far prendere potere un candidato, Ezio recluta alcuni Unni i
quali erano rimasti in quel momento alleati neutrali. Il candidato d’Oriente,
Valentiniano III, ebbe la meglio, ma Ezio accettò di congedare i suoi uomini solo se gli avessero
dato la nomina da generale delle Gallie. Così, in Gallia compie imprese memorabili e sconfigge
molte popolazioni come i Visigoti o gli Svevi, che si erano ormai stanziati all’interno o ai confini
della città. Ezio riesce a controllare l’espansione e evita, con l’aiuto degli Unni, che tutte le lotte
voltassero al peggio.
I VANDALI DI GENSERICO
Tra i popoli che avevano superato il confine nel 406, i Vandali sono passati alla storia per il fatto
che non si lasciarono mai romanizzare completamente. Per tre anni essi devastano la Gallia e la
penisola iberica, e mentre gli Svevi si stanziano pacificamente in Spagna continuano con i loro
conflitti con i popoli confinanti e talvolta anche con loro stessi. Nel 429, Genserico prende
il potere e guida il popolo verso l’Africasettentrionale: qui conquista facilmente le province e
quindi mira ad una politica di accrescimento dove alterna pirati e accordi diplomatici, tentando
anche (ma senza successo) una sorta di collaborazione con la classe dirigente, ma nel 455 si
ritrovò a saccheggiare la città. Nel complesso questa sua politica ebbe successo poiché costruì uno
Stato temuto fino alla sua morte: di fronte questa “supremazia” i Vandali furono i primi a
decadere.
LE IMPRESE DI ATTILAGli Unni all’inizio del quinto secolo erano entrati in Europa ponendo sotto
assedio Costantinopoli ma senza conquistarla e poisaccheggiarono i Balcani.
La loro potenza aumentò sia dai vari tributi che i Romani pagavano sia per altri eserciti che si
alleavano con loro che garantiva un alto numero di soldati, il che aiutò.
Quando Attila, nel 445, rimase l’unico sovrano degli Unni, i rapporti stretti con l’Impero decadono
e lancia quindi un’offensiva assediando Costantinopoli: poi si rivolge ad Oriente ed è qui che il
vandalo Genserico attaccò la Gallia. Nel 451 ci fu lo scontro decisivo dove Ezio ebbe la meglio e
Attila fu costretto a ritirarsi.
L’anno dopo va in Italia e devasta Aquileia e altre città.
Valentiniano III invia molti ambasciatori tra cui un Papa e propone una tregua con in cambio dei
tributi, che Attilia accetta poiché temeva le epidemie che stavano accadendo in quei tempi.
Attila muore l’anno successivo per cause ignote e lascia il suo Stato adissolversi nel nulla totale.
Ezio alla fine, nel 454, fu assasinato su ordine di Valentiniano III.
I CROLLO DELL’OCCIDENTE
LA FINE DELL’IMPERO D’OCCIDENTE
La fine dell’Impero d’Occidente coincide con l’anno 476, quando Odoacre depone il giovane
imperatore Romolo Augustolo e invia le insegne imperiali a Costantinopoli assumendo poi il
governo sull’Italia. La deposizione fu molto simbolica ma in realtà non segna una vera distinzione,
anche se è questa l’età che separa l’età antica dal Medioevo. La fine dell’Impero d’Occidente era
infatti già cominciata nel momento in cui alcune popolazioni avevano superato il confine senza che
le legioni romane potessero fermarle. L’insediamento dei Germani all’interno di questi confini
infatti porta alla nascita di nuovi organismi politici: i sovrani barbarici iniziarono ad avere più
autonomia e quindi si comportarono come se non dipendessero da nessuno. Questi nuovi
organismi vengono detti regni romani-barbarici. Visto che la popolazione germanica costituiva la
minoranza non potevano governare senza l’aiuto delle vecchie classi dirigenti romane, e nel corso
del quinto secolo vediamo proprio quelli che sono i diversi regni, ossia: quello dei Vandali, dei
Visigoti, Svevi, Franchi, Burgundi e Ostrogoti, 6 in totale. Questi ebbero vita breve ma sanciscono
la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, per questo sono di particolare importanza.
I NUOVI ORGANISMI POLITICI
I regni romano-barbarici sono in generale composti da una coesistenza della classe dirigente
nuova e quella vecchia romana, quindi sia soldati che amministratori e funzionari. Anche sul
piano della religione vediamo diversi mondi: i barbari si convertirono al cristianesimo
abbandonando l’arianismo, mentre i Romani erano cattolici. I barbari rispettavano le leggi
romane, ma non le adottavano. Si ebbe così una situazione in cui i barbari venivano giudicati
secondo la tradizionedel popolo mentre i Romani continuavano a seguire la propria. Questa
coesistenza di questi due mondi diversi porta molte conseguenze, tra cui una sospensione del
processo di assimilazione già iniziato nel quinto secolo. Ovviamente, in questa specie di quadro
ognuna delle popolazioni ebbe la sua storia.
Il crollo dell’Impero d’Occidente è uno dei problemipiù conosciuti della storia. Alla fine del quinto
secolo, dopo il regno di Teodosio, lo Stato era molto solido e rafforzato specialmente dalle varie
riforme di Diocleziano e Costantino, con l’aggiunta ovviamente dell’unione con la Chiesa. Invece,
nei 70 anni dopo, tra le prime invasioni del 406 e la deposizione di Augustolo del 476, l’Impero si
stava sfasciando, come se stesse cedendo in mano ai barbari. Gli storici si sono domandati
ovviamente a lungo sul perché di questo sfaldamento improvviso, giungendo alla conclusione che,
in effetti, la parte orientale riuscì ad affrontare tutte le difficoltà del tempo, quindi quali furono i
motivi di questa decadenza improvvisa? La caduta fu dovuta a tanti fattori, alcuni esterni e altri
interni. LE CAUSE ESTERNECon il
termine “cause esterne” si indicano tutte le invasioni nel loro complesso, cioè tutti i fenomeni
legati ad essi. I barbari però da soli non avrebbero mai potuto sfasciare un intero Stato così solido,
sia perché erano poco numerosi sia perché non possedevano tecnologia e quindi erano anche
abbastanza svantaggiati sotto il punto di vista tattico. Infatti si dice che queste invasioni siano
servite soltanto come contributo alla caduta dell’Impero, perché non bisogna dimenticare il fatto
che i Romani ormai avevano pochissima capacità di reagire agli attacchi, visto che l’esercito si
basava soltanto su mercenari che ovviamente non erano valorosi e fedeli.
LE CAUSE INTERNE
Prima di parlare delle cause interne è giusto ricordare che l’Impero era molto fragile, sia
economicamente che socialmente: questo per via della schiavitù ormai cessata, delle riforme che
avevano fatto chiudere in sé stessa la società, e così via. Quindi l’Occidente stava man mano
perdendo la capacità di reagire agli attacchi. Anche la religione non aiutò molto perché una delle
cose certe è che la diffusione del cristianesimo avviò molte rivolte che portavano conseguenze
specialmente in ambito politico. In questi tempi vediamo la certezza di essere superiori ad altri
popoli e di essere in un insieme destinato a continuare in eterno venire a meno, il tutto sommato
alle province che continuavano a ribellarsi e la facilità con cui le legioni nominavano imperatori e
gettavano quindi lo Stato nel caos totale…insomma, tutto sinonimo di una crisi di identità. Nel
complesso quindi, c’era ovunque molta condizione di debolezza, e la ribellione dei barbari mise
solamente di più in luce tutte le difficoltà dello Stato.
L’ITALIA CON ODOACRE
Odoacre, quello che aveva fatto depositare Augustolo, condusse una politica molto efficace.
All’interno suddivise tutte le proprietà in tre parti: una che veniva lasciata a chi la possedeva, una
che veniva requisita a favore dei nuovi proprietari e l’ultima che era divisa fra coloni che quindi
diventano automaticamente proprietari. Questi ultimi erano quindi legati al sovrano e
costituivano base del suo consenso.
Parlando di politica estera egli estese il suo dominio fino alla Dalmazia e alla Sicilia. Piano piano, i
rapporti con l’Impero d’Oriente si stavano guastando. Zenone colse l’occasione per risolvere sia il
problema degli Ostrogoti che stavano devastando i Balcani, e sia quello che l’arianesimo non gli
lasciava applicare le sue leggi che erano a favore dei cattolici. Zenone a questo punto patteggia col
re degli Ostrogoti, Teodorico, e lo spedisce in Italia come suo rappresentate; lo stesso, 5 anni
dopo, elimina il nemico e diventa il secondo re d’Italia.
IL REGNO DI TEODORICO
Teodorico continua la politica che vedeva la collaborazione tra romani e barbari, iniziata da
Odoacre. Questa diede risultati molto positivi: a quest’epoca risale infatti l’ultimo tentativo di
estendere la cultura latina con le opere di diversi poeti, scrittori e filosofi come Simmaco e
Boezio.
L’atteggiamento di Teodorico però, cambia improvvisamente dopo il 520 quando il nuovo
imperatore d’Oriente, Giustino, dà inizio ad una nuova campagna antiariana e quindi
automaticamente antigota. Teodorico pian piano si convinse del fatto che i Romani stavano
patteggiando contro di lui per riavere di nuovo un’Italia imperiale. Nel 525 il papa Giovanni I fu
costretto addirittura a giungere fino a Costantinopoli proponendo una meditazione, ma torna a
casa a mani vuote e anzi fu addirittura messo in carcere fino alla morte. Anche i filosofi Boezio e
Simmaco furono giustiziati, e qualche anno dopo, nel 526, avviene anche la morte di Teodorico,
che lascia il trono al nipote ancora bambino ma sotto la tutela della figlia Amalasunta.
In seguito poi, vedremo come gli Ostrogoti si avvicinano rapidamente alla loro fine.