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Relazione tecnica generale Progetto Esecutivo

Sommario
Sommario ....................................................................................................................................... 1

1. Premessa ................................................................................................................................ 2

2. Scelte progettuali ..................................................................................................................... 2

3. Interventi di progetto ................................................................................................................ 3

3.1. Intervento di bonifica preliminare della parete ................................................................... 4

3.2. Disgaggio e demolizione delle porzioni instabili ................................................................. 4

3.3. Ubicazione e scelta della tipologia di barriere paramassi da impiegare ............................. 6

1.1.1. Descrizione dei requisiti prestazionali certificati dalla barriera EPFM 5.000, ............. 9

2. Barriere Debris Flow .............................................................................................................. 11

3. Realizzazione di chiodature con testa incassata .................................................................... 13

4. Chiusura dei varchi presenti sotto alle barriere esistenti......................................................... 15

5. Rafforzamento corticale attivo ................................................................................................ 17

5.1. Utilizzo di funi in acciaio AMZ rivestite in materiale plastico ............................................. 18

6. Strumentazione di monitoraggio............................................................................................. 19

7. Aspetti specialistici in merito all’attuazione degli interventi ..................................................... 21

7.1. Geologia e geotecnica ..................................................................................................... 21

7.2. Strutture .......................................................................................................................... 23

7.3. Interferenze ..................................................................................................................... 23

7.4. Paesaggio e all’ambiente ................................................................................................ 23

8. Prescrizioni relative alla salvaguardia dell'ambiente ............................................................... 25

9. Valutazione della riduzione del rischio ................................................................................... 26

10. Cave e discariche ............................................................................................................ 27

11. Barriere architettoniche ................................................................................................... 28

12. Reti esterne dei servizi .................................................................................................... 28

RTP: AREA PROGETTO ASSOCIATI - STUDIO POCHINI - ECO GEO ENGINEERING s.r.l. - Ing. MARCHEGGIANI
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1. Premessa
Il presente progetto è redatto su incarico del Consorzio Triveneto Rocciatori il quale, con
Determina Dirigenziale 1924 del 16.07.2015, è risultato aggiudicatario dell'appalto integrato
relativo agli interventi per la prevenzione dei rischi idrogeologici componente frane. Difesa
dell'abitato di Cesi IX° stralcio, II° lotto.

Visto quanto sopra, questa fase progettuale è stata sviluppata sulla base del progetto definitivo
formulato in sede di gara e sulla scorta delle prescrizioni formulate dagli enti competenti in sede di
conferenza dei servizi svoltasi in data 1 settembre 2015.

In allegato al presente progetto si riportano per completezza gli elaborati ambientali/paesaggistici


redatti in fase di progettazione definitiva i quali contengono le prescrizioni per la realizzazione degli
interventi.

2. Scelte progettuali
Come indicato nei precedenti stralci funzionali, le pendici sovrastanti l’abitato di Cesi, sono
soggette ad un continuo degrado dovuto alle azioni tettoniche, all'attività carsica, all'influenza della
vegetazione e degli agenti esterni le quali hanno causato frane di crollo di volumetria
considerevole. In particolare nell’ottobre 1987 si è verificato un crollo dalle pendici sovrastanti la
parte sud orientale di Cesi, che portò al distacco di un masso di volumetria 20-25 metri cubi che
arrivò a lambire il muro di recinzione dell'istituto Peticca adibito ad asilo.

A seguito di questo crollo il Professor Canuti dell'Università di Firenze, per conto della Protezione
Civile, in data 5 dicembre 1987 accertò lo stato di grave pericolo in cui sì trovava l'abitato di Cesi,
per le particolari condizioni geostrutturali e geomorfologiche delle pendici sovrastanti, le quali
facevano presagire ulteriori distacchi di massi di elevata volumetria, che ad oggi non risulta che si
siano fortunatamente verificati.

E’ comunque aumentata la frequenza dei crolli, che come dimostrano i distacchi di blocchi litoidi
che si sono verificati durante i lavori dell’ VIII° Stralcio, possono mettere a rischio l’incolumità degli
operatori.

Il presente progetto esecutivo rappresenta quindi l'ingegnerizzazione del progetto definitivo


presentato in sede di gara, integrato con le prescrizioni acquisite in sede di conferenza di servizi..

Sulla base di quanto indicato nel progetto preliminare, di quanto emerso durante i sopralluoghi e gli
studi, in sede di redazione del definitivo, si è scelto di approfondire e sviluppare l’idea progettuale a
base di gara senza stravolgere le tipologie di intervento. Alla luce di quanto illustrato dal Geologo

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Comunale, il presente stralcio segue la pianificazione degli interventi eseguita dal Prof. Canuti nel
’87 andando prima a proteggere l’abitato con barriere paramassi poste sopra alla strada di
accesso all’eremo per intervenire in maniera attiva in parete al fine di prevenire il distacco del
materiale.

Per quanto sopra, il progetto preliminare a base di gara prevede la realizzazione di un tratto di
barriera paramassi in allineamento con quanto realizzato in somma urgenza, per poi eseguire la
messa in sicurezza delle placche e creste rocciose soprastanti.

Vista la morfologia della parete e considerata la potenziale instabilità dei massi descritti nella
relazione geologica si è scelto, in sede di redazione del definitivo, di integrare le scelte progettuali
sviluppate nel progetto preliminare con le seguenti opere integrative:

- Incremento della resistenza della barriera paramassi necessaria passando da 3000 kJ a


5000 kJ;

- Realizzare di n.1 ulteriore barriera paramassi nella porzione basale del canalone presente
nella zona A4 in zona arretrata rispetto al ciglio per garantire una cortina di mimetizzazione
naturale costituita dalle alberature esistenti;

- Realizzazione di n.4 barriere da posizionare lungo i canaloni individuati sul perimetro


settentrionale dell'area di intervento;

- Ottimizzazione del diametro e della protezione delle chiodature con realizzazione di nicchia
per alloggio della teste.

- Chiusura dei varchi presenti sotto ai pannelli delle barriere esistenti;

- Sostituzione del classico pannello in fune con il rafforzamento corticale attivo costituito
dal'esclusivo metodo DM 40 sviluppato e impiegato esclusivamente dal Consorzio
Triveneto Rocciatori, illustrato nei paragrafi successivi e descritto nei grafici di progetto;

- Incremento delle superfici di pannelli in fune;

- Incremento del numero delle chiodature;

- Opere di mitigazione degli interventi;

- Messa in opera di strumentazione integrativa per il controllo dell'efficienza degli interventi


eseguiti.

Il presente progetto prevede l’impiego di soluzioni tecniche innovative e materiali all’avanguardia in


grado di consentire la messa in sicurezza della parete e contestualmente garantire la durata degli
interventi nel tempo ed annullare l’impatto ambientale.

3. Interventi di progetto
La filosofia dell'intervento proposto prevede di eseguire una efficace pulizia vegetazionale e
bonifica delle pareti rimuovendo e demolendo tutto il materiale di piccole/modeste dimensioni per

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poi procedere al consolidamento attivo delle superfici instabili cosi come illustrato nella relazione
geologica allegata al progetto.

Ove in corso d’opera a seguito delle preliminari operazioni di pulizia e bonifica si verificassero
condizioni geometriche o di vincolo significativamente diverse da quelle assunte nel presente
progetto sarà cura dell’impresa riferire tali aspetti alla DL che, se ritenuto necessario, proporrà la
redazione della perizia di variante. I sottoscritti Progettisti si rendono ovviamente disponibili alla
progettazione della suddetta variante.

3.1. Intervento di bonifica preliminare della parete

Preliminarmente all'effettiva esecuzione dei lavori si prevede di eseguire la bonifica del versante al
fine di ottenere un livello di sicurezza tale da garantire la presenza in sicurezza delle maestranze.

3.2. Disgaggio e demolizione delle porzioni instabili

Il disgaggio di massi prevede l’abbattimento controllato di volumi rocciosi completamente distaccati


dall’ammasso che, per volumi o per stato di disequilibrio, non si possano consolidare. Saranno le
considerazioni progettuali sviluppate a seguito delle opere pulizia della parete che permetteranno
di individuare nel dettaglio quali massi saranno disaggiati, demoliti o consolidati.

L’intervento di disgaggio viene effettuato da squadre di rocciatori abilitati da idoneo attestato che
muovendosi lungo le pareti appesi a funi, per mezzo di leve a mano o martinetti idraulici,
“disgaggiano” i volumi oggetto di intervento. Durante questo intervento, gli operatori raccoglieranno
dati sullo stato della roccia, sulle fessure ecc. che dovranno essere sottoposti alla Direzione dei
Lavori per valutare l'efficacia degli interventi previsti ed
eventualmente disporre opere in variante.

Contemporaneamente gli operatori saranno istruiti da Esperti


Botanici, Ornitologi e Faunistici in modo da poter riconoscere e
censire eventuali specie protette da salvaguardare presenti
nell'area di intervento.

La demolizione di volumi importanti verranno studiate ad hoc


prevedendo la realizzazione di un progetto di messa in sicurezza
del masso propedeutico alla successiva operazione di
demolizione finalizzato alla tutela della pubblica incolumità,
nonché alla sicurezza delle maestranze impiegate.

Al fine di illustrare la metodologia di intervento che si intende

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attuare si riporta in allegato la sequenza di demolizione di un masso simile in un cantiere analogo


eseguito dalla Consorzio Triveneto Rocciatori.

Figura 1 - sequenza di messa in sicurezza e metodologia demolizione di un masso

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Come illustrato con la sequenza fotografica, l’intervento consiste nel mettere in condizioni di
sicurezza provvisoria il masso per consentire agli operatori di eseguire le perforazioni e l'iniezione
di malta espansiva.

Una volta avvenuta la disgregazione si provvederà alla demolizione della roccia mediante l'uso di
leverini o martinetti se necessario. Successivamente si provvederà ad allontanare il materiale
secondo le indicazioni di capitolato.

Al fine di garantire la protezione ambientale dovrà essere usata opportuna cautela nell’utilizzo delle
malte espansive, esclusivamente entro idonee calze in materiale plastico, per la loro raccolta al
termine dell’intervento.

3.3. Ubicazione e scelta della tipologia di barriere paramassi da impiegare

Dall'esame dello stato dei luoghi e dalla verifica del discendimento dei massi eseguita è emerso
che al fine di ridurre gli effetti di un eventuale crollo proveniente dalla porzione di monte della zona
A4 è opportuno mettere in opera una barriera paramassi aggiuntiva a valle del canalone presente
tra le due creste sommitali. Quest'opera consente di arrestare da subito i massi evitando che
questi aumentino sensibilmente l'energia a seguito del volo lungo la porzione di parete sub
verticale (zona A3).

Per mitigare gli effetti ambientali, questa barriera verrà installata circa 20 metri prima del cambio di
pendenza, cosi da non modificare la cortina verde esiste che è in grado di mascherare
perfettamente quest'opera, rendendola invisibile da valle.

Viste le energie dei massi sia in questa porzione che a valle della zona A1, considerate le ipotesi
progettuali e la volontà di fornire un'opera a limitato onere di manutenzione, si è previsto di
installare una barriera con alto rendimento in termini di dissipazione di energia. A tal fine si
utilizzerà una barriera paramassi del tipo EPFM 5.000, prodotta dalle officine Maccaferri, che è
in grado di dissipare energia cinetica fino a 5.500 kJ (MEL) e 1.784 kJ in condizioni di servizio
(SEL), valore maggiore rispetto alla massima energia ottenuta in fase di simulazione di caduta
massi pari a 1.660 kJ (vedi relazione di calcolo).

Questa condizione permette di affermare che la barriera che verrà impiegata è in grado di
arrestare il masso di progetto senza subire danni tali da mettere fuori servizio la barriera.

Si precisa che la barriera paramassi prevista è caratterizzata dai seguenti requisiti minimi:

1) certificata a seguito di prove crash-test in vera grandezza da Laboratori o Istituti autorizzati


secondo DPR 380/2001 art. 59 e in possesso di benestare tecnico europeo e marcatura CE;

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2) classe di assorbimento n. 8, con assorbimento minimo di 5.500 kJ;

3) in grado di superare una prova di impatto MEL con energia => al 100% (= 5.500 kJ), senza
subire danni;

4) in grado di superare due prove di impatto SEL, senza eseguire riparazioni, con energia => 1/3
di MEL, senza subire danni (energia superiore a quella sviluppata dal masso di progetto);;

5) altezza residua non inferiore al 70%;

6) la deformata massima (misurata al momento della massima estensione) non superiore a 6,00
metri;

7) in grado di superare una prova di impatto con piccoli corpi di lancio;

8) le prove devono avvenire per caduta libera, velocità non inferiore a 25m/s;

9) devono essere misurate le forze agenti su tutti i punti di fondazione, comprese le forze di
taglio e compressione alla base del montante;

10) il certificato comprende una specifica dichiarazione sul corretto funzionamento della
barriera ed è privo di condizioni e/o riserve, e le prestazioni di cui sopra risultano
direttamente dal certificato crash-test.

La barriera paramassi prevista corrisponde al mod. EPFM 5.500 avente classe di assorbimento
di energia N. 8 = 5.500 kJ, certificata sulla scorta di prove in vera grandezza eseguite
secondo le modalità tecniche previste da ETAG 027 e in possesso di benestare tecnico
europeo ETA n. 14/0268 e certificato CE n. 1301-cpr-1023.

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La barriera è prodotta secondo le modalità di controllo del processo di fabbrica come da


certificazione ISO 9001:2008.

Descrizione del campo prove.

Il campo prove a caduta verticale, di proprietà del Consorzio Triveneto Rocciatori di Fonzaso (BL),
dove vengono effettuati i test delle barriere di Officine Maccaferri, è stato allestito in località Agana
in Comune di Fonzaso (BL). Il campo a caduta verticale è conforme a quanto previsto da ETAG
027.

Il sito si trova immerso in un'area pianeggiante con una parete rocciosa già naturalmente
caratterizzata da una inclinazione pressoché ortogonale rispetto all'orizzontale. Sulla parete
rocciosa, ad una altezza di 31,50 m dal piano di campagna è stato installato un braccio di
sollevamento in acciaio. Il braccio, collegato a terra mediante un giunto a cerniera, può muoversi
grazie ad un argano di brandeggio, mentre un argano di sollevamento consente di elevare il blocco
di prova fino all'altezza desiderata e posizionarlo in modo tale da poter impattare con precisione in
un punto prestabilito dei pannelli di rete da testare sottostanti.

Il braccio consente il sollevamento di un blocco di prova dal peso di oltre 200 kN, fino all'altezza di
79,0 m rispetto al piano di campagna. La barriera da testare viene posizionata, in parete verticale,
ad una quota di circa 12,0 m., ed è costituita da un modulo funzionale formato da tre campate con
interasse tra i montanti pari a circa 10,0 m.

I tiranti della barriera sono collegati al terreno mediante ancoraggi, in fune o in barre dywidag, dalla
resistenza minima ciascuno maggiore di 500 kN.

Tutti i punti di fondazione della barriera sono dotati di strumenti idonei alla misurazione delle forze
agenti sulle fondazioni. La barriera è dotata inoltre di dispositivi idonei a misurare le forze di
compressione e taglio trasmesse alla base del montante, requisito esclusivo delle barriere
della Maccaferri.

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Vista frontale del campo prove Vista del montante

Ogni singolo evento viene completamente registrato da almeno tre telecamere ad altissima
precisione, di cui una ad alta velocità di ripresa, posizionate con diversa angolazione.

I filmati vengono utilizzati anche per la verifica del punto di impatto, per il rilievo della massima
deformazione (prima del ritorno elastico), del tempo di frenata e della velocità di impatto. Per la
rilevazione esatta della velocità d'impatto (dato essenziale per il calcolo della energia assieme alla
massa del blocco) l'impianto è stato dotato di un misuratore di velocità a sensori laser.

Il sistema consente così di misurare l’effettiva energia cinetica al momento dell’impatto, da


affiancare al corrispondente valore valutato per via teorica.

I blocchi di prova, di dimensioni variabili in relazione alle energie di prova, sono confezionati in
cemento armato e la loro geometria è quella di un poliedro di forma conforme alle norme ETAG
027.

In aggiunta a quanto previsto dalle Linee Guida ETAG 027, sono state certificate anche ulteriori
prove, consistenti in prove di impatto successive alla prova alla massima energia senza eseguire
riparazioni, e le prove con piccoli corpi di lancio al fine di verificare la resistenza alla perforazione
della rete, come indicato dalle Direttive svizzere.

1.1.1. Descrizione dei requisiti prestazionali certificati dalla barriera EPFM 5.000,

Tutti i test, come detto, sono stati eseguiti in un campo prove a caduta verticale, senza che ci sia
stato alcun contatto del blocco di prova con il terreno. Tale approccio garantisce che l’energia del
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masso, al momento dell’impatto, oltre che essere assorbita esclusivamente dalla barriera senza
contributi di altri elementi non ben definibili (impatto con il terreno), possa essere anche facilmente
verificata sia in via teorica che sperimentale.

La barriera è stata sottoposta alle prove che vengono così riassunte:

Prova MEL “Maximum Energy Level”

Come previsto dalle Normative, viene certificato che la barriera EPFM 5.000, è stata in grado di
resistere all’impatto di un blocco dotato di energia superiore a 5.000 kJ (Prova 1 - MEL - Energia
effettiva = 5.500 kJ). La barriera ha assorbito inoltre una ulteriore quota di energia potenziale
corrispondente a 802 kJ, PERTANTO L’ASSORBIMENTO TOTALE DI ENERGIA È DI 6.302 KJ.

Durante la prova non sono stati riscontrati rotture o danni a nessun componente del sistema.

Prova SEL “Service Energy Level”

Conformemente a quanto previsto da ETAG 027, la barriera EPFM 5.000 è stata sottoposta
anche al ciclo di prove SEL con energia cinetica di 1.784 kJ in entrambe le prove, senza
che, tra le prove, sia mai stato eseguito alcun intervento di sistemazione, riparazione o
sostituzione di elementi della barriera, dimostrando di superare positivamente anche questa
successione di impatti. Il manufatto ottempera pertanto, con un miglioramento del livello
energetico delle prove (1.667 kJ > 1/3 · 5.000 kJ) alla prescrizione progettuale.

Prove a piccole energie

Al fine di verificare la perforabilità della rete di intercettazione sono state eseguite delle prove
dinamiche di perforazione con massi di dimensioni ridotte (effetto proiettile) con velocità
superiore a 25 m/s. Le prove di perforazione hanno registrato l’arresto dei massi e l’impatto non
ha procurato danni alla struttura di intercettazione.

Le prove non sono previste da ETAG 027, ma sono invece indicate dalle “Linee Guida per
l’omologazione delle reti paramassi” del UFAFP-WSL Svizzero.

Prova di impatto sul montante

La barriera EPFM 5.000, è stata sottoposta anche ad alcune prove in cui era previsto che il
masso andasse ad impattare direttamente sul montante.

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2. Barriere Debris Flow


Vista la morfologia dell'area da proteggere, si ritiene estremamente importate riuscire a fermare da
subito i massi in caduta anche al fine di ridurre i danni di un eventuale impatto anche contro le
strutture di difesa.

A tal fine la soluzione di posizionare della barriere nei canaloni presenti nell'area di intervento
risulta estremamente interessante sia dal punto di vista della sicurezza pubblica anche in termini di
funzionalità e durata dell'intervento.

Vista la morfologia dei canaloni sono state individuate n.4 posizioni in cui installare delle speciali
barriere paramassi che si possono installare all'interno dei canaloni che normalmente sono le zone
che veicolano verso valle i massi di maggiori dimensioni.

A tal fine si prevede la utilizzazione di barriere specificamente progettate per l’arresto di


massi, frane superficiali e/o colate detritiche (debris flow), denominate barriere RMC serie
DF, certificate mediante prove d’impatto e in grado di sopportare una pressione, generata
dalla combinazione del carico statico e del carico dinamico, corrispondente a 160 kN/mq.

Queste opere hanno la caratteristica di adattarsi estremamente bene alla morfologia dei luoghi in
special modo ove si ha la presenza di un impluvio particolarmente stretto, come nella condizione
che è stata riscontrata.

Figura 2 - Installazione tipologia della barriera

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Figura 3 - Barriere collegata direttamente alla Figura 4 - Barriera parzialmente sostenuta


roccia

Figura 5 - Canalone di monte Figura 6 - Canalone di valle

Le barriere della serie RMC DF possono essere installate su qualsiasi tipo di terreno, sia in pendi
aperti, sia in avvallamenti con morfologia molto accidentata. La loro configurazione geometrica
consente di ridurre le forze agenti e quindi di minimizzare le opere di fondazione. Ove presenti i
montanti, la piastra di base è fondata per mezzo di barre d'acciaio o micropali.

Il sistema è facile da installare, anche se le condizioni ambientali sono severe; l'installazione è


perciò portata a termine in tempi brevi.

I componenti della struttura sono realizzati in modo da ridurre i danni da impatto e minimizzare le
difficoltà di manutenzione. I montanti, che hanno la primaria funzione di sostenere le funi oriz-
zontali superiori, sono svincolati dalla rete; essi possono quindi essere omessi qualora la struttura
sia posta a chiusura di canali con piccola ampiezza, ancorando direttamente lo schermo alle
sponde dell'impluvio.

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Le funi di controvento sono attrezzate con sistemi di dissipazione d'energia al fine di minimizzare
l'effetto dell'impatto sui montanti.

La rete primaria è realizzata con rete ad anelli. Speciali pannelli possono essere installati sui lati
per chiudere spazi liberi sui fianchi del canale.

3. Realizzazione di chiodature con testa incassata


Vista la morfologia e le dimensioni dei blocchi rilevati, si ritiene che spesso la miglior soluzione è la
chiodatura dei stessi blocchi mediante barre in acciaio con elevate caratteristiche meccaniche.

Nello specifico realizzando questo tipo di intervento si ottiene il duplice risultato di avere una
efficace stabilizzazione del masso ed al contempo ottenere la completa mitigazione dell'impatto
ambientale in quanto le teste di ancoraggio verranno alloggiate all'interno di nicchie realizzate
all'interno del profilo della roccia e richiuse con la stessa roccia in sito, cosi da rendere
praticamente invisibile l'intervento.

Figura 7 - esempio di chiodature con testa incassata

Visto il dimensionamento degli interventi dettagliatamente descritto nella relazione tecnica di


calcolo si è scelto di ottimizzare i diametri delle chiodature individuando n.3 tipologie di chiodature:

- Chiodature di piccolo diametro realizzate con barre in acciaio tipo Gewi Plus Ø 20 mm
istallate all'interno di perforazioni Ø 40 mm;

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- Chiodature di medio diametro realizzate con barre in acciaio tipo Dywidag Ø 26,5 mm
protette con guaina corrugata in materiale plastico e iniezione realizzata all'interno di calza
in TNT, istallate all'interno di perforazioni Ø 90 mm;

- Chiodature di grande diametro realizzate con barre in acciaio tipo Dywidag Ø 32 mm


protette con guaina corrugata in materiale plastico e iniezione realizzata all'interno di calza
in TNT, istallate all'interno di perforazioni Ø 90 mm.

Per ottenere una idonea protezione della barra è previsto di impiegare una guaina in H.D.P.E.
corrugata per tutta la lunghezza della barra cosi da formare un efficace barriera di protezione della
stessa barra dalla corrosione.

Anche la testa di ancoraggio risulta efficacemente protetta dalla corrosione in quanto incassata
all'interno di nicchie che verranno completamente intasate con malta cementizia per formare una
efficace barriera contro l'infiltrazione di acqua e degli aventi corrosivi.

In merito agli ancoraggi che saranno sottoposti a monitoraggio geotecnico si prevede di installare i
sensori all'interno della nicchia, valutando in fase di esecuzione la modalità di mitigazione di
queste chiodature.

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4. Chiusura dei varchi presenti sotto alle barriere esistenti


Dai sopralluoghi eseguiti per l'esecuzione dei rilievi e delle indagini, è emerso che la maggior parte
delle barriere paramassi esistenti sono state interessate da fenomeni di dilavamento che hanno
determinato la presenza di numerosi varchi al disotto dei pannelli. Tali varchi presenti praticamente
su tutte le barriere raggiungono anche un'altezze di oltre 1 m, invalidando completamene l'efficacia
dell'opera. Dimostrazione di questo è data dalla presenza di un masso di notevoli dimensioni
proprio lungo la strada che conduce all'eremo di S. Orfeto (vedi foto).

Figura 8 - masso lungo la strada di accesso all'eramo

Di seguito si riportano le foto scattate sulle barriere subito a monte di questo tratto dove si osserva
che il pannello risulta sospeso e non raggiunge il terreno.

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Figura 9 - Foto dei varchi presenti sotto alle barrire esistenti. Purtroppo l'abbondante vegetazione
presente non ha dato la possibilità di scattare foto migliori.

Al fine di porre rimedio a questa situazione si ritiene indispensabile installare un pannello


integrativo collegato al pannello principale e fissato a terra mediante una fune in acciaio trattenuta
da ancoraggi in doppia fune.

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5. Rafforzamento corticale attivo


L'intervento di consolidamento previsto è costituito da pannelli di rete a maglia romboidale di lato
non superiore a 25 cm. Le funi, utilizzate per la maglia romboidale, hanno diametro non inferiore a
10 mm e sono realizzate con filo elementare con classe di resistenza > 1960 N/mm2. Al di sotto dei
pannelli di rete in fune, per controllare la caduta dei volumi lapidei di piccola dimensione, viene
disposta in aderenza alla superficie del terreno una rete a maglia esagonale a doppia torsione
avente maglia 80 x 100 mm in filo metallico zincato di diametro non inferiore a 3.0 mm.
Questo pannello in fune viene mantenuto in perfetta aderenza alla parete con un sistema di piastre
di ripartizione del tipo ICAB 100 in acciaio Ac37 zincata a caldo formata da piastra avente lato 100
mm e spessore 10 mm, munita di idonei fori e forcelle di collegamento con n. 4 funi di maglia
romboidale del pannello.

Figura 10 - ancoraggio integrativo DM 40


Queste piastre aggiuntive verranno messe in opera ove necessario al fine di seguire al meglio
l'andamento del profilo della parete rocciosa. Prevalentemente si prevede in mettere in opera
queste chiodature nelle nicchie arretrate rispetto al profilo della parete.

Grazie a questo dispositivo, andando a serrare la piastra integrativa posizionata nelle zone
depresse, si riesce ad imprimere una azione contenitiva che permette al pannello di fasciare e
trasmettere una forza attiva di contenimento alla porzione di roccia instabile.

Il miglioramento dell'aderenza del pannello permette di ridurre l'impatto visivo in quanto il pannello
si maschera efficacemente con l’ambiente circostante. Inoltre, al fine rendere impercettibile questo
intervento si offre di utilizzare delle funi verniciate in grigio opaco, cosi da eliminare il potere
riflettente dell'acciaio zincato.

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5.1. Utilizzo di funi in acciaio AMZ rivestite in materiale plastico

Le legature dei massi verranno eseguite utilizzando funi ad anima metallica (AMZ) rivestite con
Lega Zn 95% e Al 5% secondo Norme UNI EN 10244 e UNI EN 10264-2 classe A e ulteriormente
protette con un involucro in plastica di colore grigio che oltre a garantire ulteriormente la
durabilità della fune, ne garantisce anche la mitigazione ambientale. La durabilità delle funi con
questa speciale tipologia di rivestimento è garantita per oltre 120 anni.

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6. Strumentazione di monitoraggio
Nel presente progetto è prevista la realizzazione di n.2 diversi sistemi di monitoraggio:

 Sistema di allerta/allarme installato sulle barriere paramassi

 Strumentazione geotecnica di monitoraggio degli interventi e dei massi instabili:

Quest’ultimo in parte è già stato installato nei precedenti stralci funzionali e con il presente progetto
viene arricchito di alcune strumentazioni da installare nell’area di intervento ed altre da mettere in
opera nello stralcio VI per rendere uniforme e compatibile tutta la strumentazione esistente.

Al fine di offrire un sistema affidabile e pienamente compatibile con quanto installato si è scelto di
avvalersi della collaborazione della ditta GESTECNO di Castel Raimondo (MC) che ha già curato
l'installazione della strumentazione presente nell'area.

Nell'ambito del presente progetto si prevede di installare la seguente strumentazione:

 n. 6 rilevatori sulle barriere paramassi;

 n. 5 celle di carico toroidali comprensive di dispositivo di trasferimento dei dati;

 n.5 estensimetri ciascuno costituito di un sistema di trasferimetno dati;

 n.15 strumentazioni per riparazione/adeguamento di quanto già installato nel VI stralcio


funzionale;

Per approfondimenti in merito a questa strumentazione si rimanda alle relazione sugli impianti rif.
14026RIMP-PD00-- e alla relazione sulla gestione della sicurezza 14026RSICPD00--.

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Figura 11 - Dispositivo di allerta/allarme Figura 12 - Estensimetro in opera

Figura 14 - Estensimetro con dispositivo GSM


Figura 13 - cella di carico toroidale

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7. Aspetti specialistici in merito all’attuazione degli interventi

7.1. Geologia e geotecnica

L’area ove sorge la parete di Cesi si trova nel comune di Terni e geologicamente è inserito nelle
estreme propaggini meridionali della catena montuosa dei Monti Martani che separa i due rami
della Valle Umbra, il graben del Tevere ad Ovest e il graben Spoletino Folignate ad Est, ove nel
Plio-Pleistocene si trovava il lago Tiberino, il più grande e profondo lago che l'Italia centrale abbia
mai ospitato nel corso della sua storia geologica, che si estendeva da Nord a Sud lungo tutta
l'Umbria, da Città di Castello a Spoleto, e da Perugia fino a Terni.

Si trattava di una importante bacino endoreico originatosi per motivi orogenetici.

Dai ripidi versanti degli Appennini, ruscelli e torrenti portarono acqua verso questa depressione,
alimentando una rete di fiumi che scorrono lungo la valle laterali.

I fiumi si allargano, si intersecano fra loro e si uniscono, fino a diventare un vero e proprio lago,
che percorre longitudinalmente tutta la nostra regione. Nel momento della sua massima
estensione, all'incirca 1,5 milioni di anni fa, pare che il lago abbia avuto in certi punti del suo ramo
occidentale delle profondità abissali.

Paleogeografia del Lago Tiberino

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La catena montuosa dei Martani è costituita da una anticlinale a sommità piatta (tipo box fold) con
nucleo in Calcare Massiccio e localmente (zona di Acquasparta) in alcuni termini marnosi Triassici,
ed è delimitata ad ovest da una seria di faglie bordiere che hanno dato origine al graben della valle
Tiberina, mentre il fianco orientale risulta rovesciato e sovrascorso sui termini più recenti della
Marnosa Arenacea.

La struttura anticlinalica dei Monti Martani è derivata dalla fase compressiva Tortoniano-
Messiniana (circa 10 milioni di anni fa), che ha causato l’innalzamento della catena Appenninica.

Tali spinte tettoniche aventi direzione Ovest-Sud Ovest hanno causato l’innalzamento, il
piegamento ed il rovesciamento del fianco orientale delle formazioni rocciose di origine marina
depositatesi nell’ampio periodo compreso tra il Triassico e l’Eocene e costituite principalmente da
calcari e calcari marnosi, con subordinati episodi marnosi.

Successivamente nel Pliocene e nel Quaternario l’intero gruppo montuoso è stato interessato da
una intensa fase distensiva (rigetti Anche di 600-1000 m) che ha generato una serie di depressioni
tettoniche nella zona occidentale e meridionale della struttura e quindi la successiva formazione
delle vaste aree pianeggianti e pedemontane colmate da depositi continentali (di età compresa tra
2 e 4 milioni di anni) prodotti dall’erosione fisico-chimica degli agenti atmosferici e dall’azione delle
acque di scorrimento superficiali.

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7.2. Strutture

Nell'ambito di questa progettazione sono stati sviluppati ed approfonditi i dimensionamenti delle


opere secondo quanto prescritto delle normative attualmente in vigore e delle principali
raccomandazioni CNR ed UNI adottando il metodo semiprobabilistico agli stati limite ultimi:

 D.M. 14.01.2008: “Norme tecniche per le costruzioni” emesse ai sensi delle leggi
05.11.1971, n. 1086, e 02.02.1974, n. 64, così come riunite nel Testo Unico per l’Edilizia di
cui al D.P.R. 06.06.2001, n.380, e dell’art. 5 del decreto legge 28.05.2004, n. 136,
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27.07.2004, n. 186 e ss. mm. ii.
 Circolare 2 Febbraio 2009, n. 617: “Istruzioni per l’applicazione delle Nuove norme tecniche
per le costruzioni di cui al D.M. 14 Gennaio 2008”.

7.3. Interferenze

Le opere previste in progetto non presentano interferenze negative con l’ambiente circostante, al
contrario mitigano il rischio di crollo ed i relativi effetti sulle strutture.

Le uniche interferenze ipotizzabili sono quelle relative alle limitazioni di fruizione dell’area
dell’eremo durante l’esecuzione degli interventi in parete. Tale limitazione sarà ridotta al minimo e
grazie alle misure di mitigazione proposte dall’impresa scrivente.

7.4. Paesaggio e all’ambiente

Il progetto di IX stralcio va ad interessare un’area che sovrasta l’abitato di Cesi, a monte dell’eremo
di Sant’Onofrio, ad una quota compresa tra i 550 ed i 710 m slm., la situazione dello stato attuale
dei luoghi, relativamente alle componenti naturali del paesaggio indagato, è caratterizzata da due
diverse morfologie:

1. una morfologia molto acclive caratterizzata da costoni rocciosi di calcare


contraddistinti dalla assenza / sporadica presenza di copertura vegetale;

2. una morfologia acclive, con versanti connotati dalla presenza di vegetazione sia di
alto fusto che di cespugli nonché erbacea, in cui l’esistenza di essenze sempreverdi
(leccio) caratterizza in modo univoco l’ambito.

Il contesto paesaggistico, in cui si collocano i manufatti previsti in progetto, è caratterizzato da una


situazione prevalentemente naturale, essendo il paesaggio prevalente costituito da un sistema in
cui predominano le aree boscate e le masse dei versanti rocciosi.

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L’immagine che si rileva è quindi quella di una forte naturalità del territorio, dovuta alla massa del
rilievo del Monte Maggiore.

Gli insediamenti, salvo alcuni casi di addensamento lungo le direttrici della viabilità principale,
hanno principalmente caratteri di ruralità, caratteri confermati dalle strutture per allevamento e di
corredo all’attività agricola.

Scarsi se non del tutto assenti, i tratti del paesaggio agricolo (seminativi, vigneti, prati etc.) ed
anche quelli del reticolo idrografico superficiale.

La preponderanza paesaggistica degli elementi naturali è alta e, come già accennato, realizza la
dominante del complessivo paesaggio in cui il progetto interviene.

Gli elementi del paesaggio antropico presenti all’interno dell’area di studio attengono unicamente
al complesso edilizio dell’Eremo di Sant’Onofrio e alla viabilità di collegamento tra l’abitato di Cesi
e lo stesso Eremo.

Per quanto attiene agli aspetti percettivi, intesi come rapporti visivi tra i luoghi in questione ed i
recettori sensibili, essendo questi aspetti rilevanti per l’intervento in esame, sono indagati e trattati
in un apposito capitolo della relazione paesaggistica a cui si rinvia [cfr. § 5.6 della specifica
relazione].

Deve comunque essere sin da ora chiaro che la visibilità degli interventi, da cui discende la
percezione, risulta fortemente caratterizzata dalla morfologia dell’area e dalla limitatissima
possibilità di percepire le opere progettate. Si sottolinea infatti come per dimensioni, materiali e
forme le opere in progetto non comportano una particolare modifica delle situazioni paesaggistiche
presenti.

1. Le indagini svolte hanno approfondito aspetti legati a:presenze di manufatti storici


all’interno dell’area di studio e nel suo intorno;
2. presenze di ambiti a forte valenza sociale e simbolica;
3. tessiture territoriali storiche, quali viabilità storica.

Relativamente al primo punto le presenze storiche sono date dall’Eremo di S. Onofrio, complesso
monastico sviluppatosi intorno al 1500, abbandonato nel 1870 dopo l’unità d’Italia, utilizzato anche
come colonia montana nei primi anni del 1900 ed ora interessato da un recupero dopo molti anni di
abbandono.

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Per quanto attiene alla presenza di ambiti a forte valenza sociale e simbolica, oltre al citato Eremo,
non risultano ulteriori beni che possano essere ascritti a tali categorie.

Infine, per quanto attiene alle tessiture territoriali storiche, i riscontri effettuati non hanno
evidenziato la presenza di una significativa rete di viabilità storica, con l’unica eccezione data dalla
strada di collegamento tra Cesi e l’Eremo.

Vista del paesaggio del Monte Maggiore sullo sfondo e dell’Eremo di San Onofrio in primo piano.

8. Prescrizioni relative alla salvaguardia dell'ambiente


Come richiesto dalla Regione Umbria in sede di conferenza di servizi, in attuazione al parere
istruttorio a firma del Dott. For. Francesco Grohmann (Comune di Terni Prot. 0113003 del
27/08/2015) si prescrive che:

- l'esecuzione dei lavori venga effettuata al di fuori del periodo di riproduzione della fauna
selvatica e della fauna ornitica da 1 febbraio a1 31 luglio;

- vengano salvaguardati gli esemplari arborei di leccio presenti sulla parete rocciosa;

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- vista la possibile presenza di siti di nidificazione di ornitofauna di importanza comunitaria la


direzione dei lavori venga integrata da una figura professionale di comprovata esperienza
in ambito ornitologico con competenze specifiche in rapaci.

9. Valutazione della riduzione del rischio


Il rischio di frana che interessa l'abitato di Cesi è stato recepito dal PAI e successivamente
confermato ed ampliato nel primo aggiornamento del citato PAI, definito con livello R4 con il codice
UM016.

Al fine di valutare il rischio residuo a seguito dell'ultimazione degli interventi del presente stralcio è
stata seguita la procedura contenuta nell'allegato alle NTA del PAI denominata "Procedura di
individuazione, delimitazione e valutazione delle situazioni di rischio da frana".

Considerando le definizioni contenute nel citato quaderno si ritiene che nell'area di intervento (A2,
A3, A4 cosi come indicato nella GIN02) l'Intensità e la Frequenza del rischio frana non risultano
ridotte in quanto le masse instabili contenute nell'area di intervento verranno consolidate, ma non è
possibile escludere che ulteriori massi possano cadere da aree situate a monte dell'area di
intervento (zone comprese nella perimetrazione R4). E' quindi possibile affermare che la
Pericolosità non subisce variazioni.

P = f (F,I)

dove:

F = frequenza;

I = intensità;

In merito agli aspetti legati alla Vulnerabilità, definita come probabilità che un elemento a rischio
subisca un danno al verificarsi di una frana di intensità nota, nulla è cambiato.

V = f (E,Q)

dove:

E = caratteristiche degli elementi;

Q = caratteristiche della frana attesa;

A seguito delle valutazioni sopra riportate, la procedura prevede di definire i livelli di Rischio
Specifico per ciascuno degli elementi a rischio (beni). Per quanto sopra, considerando che non
risultano ridotte le variabili P e V, il Rischio Specifico non risulta ridotto.

Rs = f (P,V)

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dove:

P = pericolosità;

V = vulnerabilità;

Definite le condizioni di rischio specifico per i beni, è possibile definire la classe di Rischio Totale
attraverso le regole riassunte nella tabella 7 dell'allegato PAI sopra richiamato, la quale risulta
sostanzialmente immutata.

Figura 15 - tab. 7 Regole per l’attribuzione dei livelli di rischio previsti dall’Allegato Tecnico alla Legge 267/98
- estratto PAI ""Procedura di individuazione, delimitazione e valutazione delle situazioni di rischio da frana"

Considerato che sono stati eseguiti solo alcuni degli stralci previsti nella pianificazione degli
interventi eseguita dal Prof. Canuti nell'87 e nel progetto generale redatto nel 1988 dall'Ing.
G.Tordelli, si ritiene che un declassamento generale dell'area può essere condotto solo una volta
completato l'intervento "generale.

10. Cave e discariche


Per la realizzazione degli interventi non si richiede la necessità di approvvigionare materiale da
cava. Al contrario il materiale demolito, su richiesta della DL, verrà calato fino alla viabilità di
accesso all’eremo e conferito presso l'impianto ex LITOIDE srl . in loc. Molinelle di San Gemini,
che risulta autorizzata al ricevimento di questa tipologia di materiale.

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11. Barriere architettoniche


Questa tipologia di intervento non prevede l'abbattimento di barriere architettoniche di alcun tipo.

12. Reti esterne dei servizi


Le opere di progetto non prevedono nessuna interazione che reti esterne. che tra l’altro non sono
neanche presenti nell’area di intervento.

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