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MARCELLO DI SIDE

 Medico e poeta nell’età di Marco Aurelio


 È contemporaneo di Galeno (in età più tarda)
 Sia lui che Galeno sono medici micrasiatici (dell’Asia minore): Pergamo si trova in Anatolia (la parte
che si affaccia sul mare Egeo) invece Side è in Panfilia (Anatolia centro meridionale, parte che si
affaccia sul mar Mediterraneo)
 Una connotazione molto importante di questo medico è la scelta precisa e misurata di produrre
testi di medicina, non come Galeno che scrive in prosa ma in forma poetica (una prima differenza
significativa)
 Tanto Galeno è documentato, attestato attraverso opere a noi pervenute (grazie al suo essere
previdente e perché possedeva una certa disponibilità economica), tanto invece Marcello ci è
pervenuto in frammenti, abbiamo piccoli pezzi, tessere di un mosaico scompaginati (seconda
fondamentale differenza)
 Il concetto della poesia è una chiave per capire il senso che Marcello attribuisce alla medicina. Per
lui medicina e poesia si incastrano tra loro alla stessa maniera in cui per Galeno si incastrano
medicina e filosofia (nuovo binomio medicina-poesia)

È come se si cercasse, con questo libro, di puntare un riflettore su una figura a cui altrimenti vengono
dedicati semplicemente due righi. In realtà non è una figura così evanescente che abbiamo davanti ai nostri
occhi, ma qualcuno di molto significativo.

Prima di andare a leggere cosa hanno scritto gli studiosi moderni su Marcello, occorre andare a studiare le
fonti antiche.

Le notizie su Marcello derivano da due tipologie di fonti (le fonti, metodologicamente, vanno sempre
guardate nell’originale, ci si aiuta con le traduzioni, ma per lo studio scientifico si parte dal testo originale):

 testimonianze indirette (testimonia), cioè testimonianze tramandate da altri che danno


informazioni su Marcello di Side. Sono quindi narrazioni in prosa
 testimonianze dirette (fragmenta), cioè trasmesse da lui stesso, dal diretto interessato, senza alcun
filtro in mezzo. Sono quindi in rima, in poesia

Testimonium 1:

 è un epigramma (= breve componimento poetico) all’interno di un opera complessiva (antologia


palatina). In quest’opera alcuni epigrammi recano autori, altri no e sono adespoti (= senza un
padrone). Molti studiosi ipotizzano che questo epigramma sia stato scritto da Marcello stesso su di
lui, ma non ne abbiamo certezza (a quest’ora sarebbe stato inserito nei fragmenta)
 ha la funzione di epitaffio (= iscrizione su un monumento funerario). Era uso che il defunto, prima
della sua morte, lasciasse scritto quale era il testo che voleva sulla sua tomba e lo consegnasse allo
scalpellino o lapicida (= colui che con martello e scalpello incide il testo)
 l’epigramma, nella sua brevità doveva concentrare il maggior numero possibile di messaggi
(anticipazione di una forma poetica di successo del ‘900 della corrente dell’ermetismo)

“Questa (è) la tomba di Marcello, medico illustre”  qui è seppellito Marcello, medico illustre (qualifica
professionale)
“gloriosissimo mortale stimato dagli immortali”  potrebbe riferirsi alla stima degli Dèi o anche alla stima
da parte degli imperatori i quali una volta morti venivano divinizzati e tributato loro un vero e proprio culto
religioso

“i cui libri Adriano – eccelso fra gli imperatori che lo precedettero – e il figlio di Adriano, Antonino – di gran
lunga il migliore – consacrarono in Roma ben costruita”  Adriano un ottimo imperatore e Antonino il
migliore tra tutti gli altri. Già il nominare un imperatore ci fa ancorare il testo ad un età epica. Il figlio di
Adriano, Antonino, (Pio) figlio significa figlio adottivo, sono la dinastia degli imperatori adottivi, cioè
l’imperatore regnante adotta come se fosse un figlio colui che è destinato a succedergli. Roma ben costruita
è un tipico aggettivo che si da alle città belle, ricche di monumenti. L’idea di consacrare i libri in Roma vuol
dire per far in modo che non vengano perduti i libri importanti di Marcello, gli imperatori li conservano
all’interno della biblioteca imperiale

“perché (Marcello) potesse conseguire la gloria anche fra i posteri”  per garantire a Marcello l’eternità
perché non si perderà memoria di lui e verrà sempre ricordato (non è però andato così come pensavano).
Nell’incendio del 192 di Roma, in cui vengono incendiate anche le biblioteche, magari andarono perdute le
opere di Marcello?

“in grazia della (sua) facondia, che Febo Apollo elargì a lui”  tutti quindi potevano conoscere le sue opere
espresse tramite l’arte del suo bel parlare e bello scrivere, scrivendo in poesia. L’arte del bel parlare
gliel’aveva regalata Febo Apollo, (è un’iperbole) era talmente bravo che sembrava che un dio gli avesse
donato l’arte di scrivere bene.

“che cantò in metro eroico”  cantò = verbo adoperato in relazione alla poesia, vuol dire scrive, ricorrendo
ai metri, in esametro, cioè il metro che parla di dei ed eroi, usato da Omero e Virgilio che è perfetto per i
poemi epici

“le cure delle malattie in quaranta libri sapienzali ‘Chironidi’”  novità assoluta, non parla di fatti storici,
ma di terapie. Ne parla in quaranta libri della sapienza Chironidi riferito al centauro Chirone, che
trasmetteva le conoscenze al principe Asclepio. Aggettivo che ha un significato speciale, è un nome parlante

Testimonium 2:

“Marcello di Side, medico, (vissuto) sotto Marco (Aurelio) Antonino. Costui scrisse in esametri quarantadue
libri di medicina, in cui (parla) anche del licantropo”

Lessico della suda.

Marcello ha avuto una vita lunghissima, dato che nel testimonium 1 abbiamo il riferimento ad Antonino Pio
e nel testimonium 2 a Marco Aurelio Antonino (figlio di Antonino Pio).

Abbiamo un incongruenza tra il testimonium 1 e 2:

 nel testimonium 1 è scritto che Marcello scrive 40 opere, perché il testimonium è scritto in rima in
esametri, quindi è soggetto a vincoli
 nel testimonium 2 invece vi è scritto che Marcello scrive 42 opere (scritto in numeri), perché il
testimonium è scritto in prosa, infatti, poiché il lessico non ha problemi di metrica. Quindi la fonte
più affidabile in relazione al dato è il testimonium 2

Testimonium 3:
Aet è Ezio Amideno. Fu un medico vissuto sotto l’imperatore Giustiniano, nel VI secolo d.C. Di Ezio ci è
pervenuta l’opera, in cui riporta uno stralcio dell’opera di Marcello, sintetizzando in prosa un pezzo di
opera in poesia di Marcello (Ezio lascia intendere che Marcello ha dedicato un libro a questo argomento)

“Sulla licantropia o cinantropia di Marcello”  la licantropia è una malattia dell’anima, malattia psichica,
una forma di sindrome depressiva (Marcello da spazio anche a malattie non solo fisiche).
Licantropia viene dal greco: liukos = lupo e antropos = uomo, uomo lupo.
Cinantropo viene dal greco: kiunos = cane e antropos = uomo, uomo cane

”Coloro che sono affetti dalla cosiddetta cinantropia o licantropia nel mese di febbraio escono di notte
comportandosi alla stessa stregua di lupi o cani e fino all’alba dischiudono soprattutto le tombe.
Riconoscerai coloro che soffrono di questa malattia dai seguenti sintomi: appaiono pallidi, possiedono vista
debole, occhi secchi e privi di lacrimazione. Noterai inoltre le loro orbite incavate, secchezza della lingua e
salivazione del tutto assente. Sono anche assetati e hanno gli stinchi irrimediabilmente piagati a causa delle
ripetute contusioni e dei morsi dei cani. Sono questi i loro tratti distintivi; ma occorre sapere che la
licantropia è una forma di melanconia, che curerai nel corso della (sua) manifestazione incidendo una vena,
vuotando(la) del sangue fino al collasso e prescrivendo al paziente un regime dietetico a base di cibi
gradevoli. Prenda il bagno in acque dolci, poi, dopo (le abluzioni) nel siero per tre giorni, purga(lo) con il
(farmaco) sacro a base di coloquintide (messo a punto da) Rufo o Archigene o Giusto, facendo ricorso a due
o tre somministrazioni ad intervalli.”  Descrive il comportamento, la sintomatologia e la terapia di questa
malattia. Coloquintide = vegetale, con potere fortemente purgante.

“Dopo le purghe, deve essere adoperata anche la teriaca a base di (carne di) vipere. Bisogna inoltre far uso
degli altri trattamenti già descritti a proposito della melanconia.”  la teriaca quindi serve a curare le
persone con la sindrome depressiva.

“Quando di sera la malattia torna subito a manifestarsi, (si deve) ricorrere alle irrigazioni del capo
solitamente effettuate per indurre il sonno e ad aromi di questo tipo e (bisogna) insufflare oppio nelle
narici, talvolta somministrare anche qualche sonnifero”  Insufflare = sniffare

Di Marcello sono pervenuti 2 fondamentali fragmenta.

Perché un medico sceglie di esprimersi in poesia? Perché alla poesia si attribuisce un intento preciso, una
finalità di insegnamento (una buona motivazione ma non l’unica).

Fragmentum 1:

 poema didascalico (= a scopo didattico)


 un testo letterario pervenuto mediante manoscritto (non per intero, ad un certo punto si
interrompe) e riguardante i rimedi derivati dai pesci, con lo scopo di istruire principalmente, che è
anche formazione
 mira a conferire una veste <<scientifica>> a credenze popolari e pratiche magiche che attribuivano
ai pesci poteri soprannaturali
 è in poesia (in esametri). La sezione dell’opera che abbiamo riguarda tutti i rimedi che si possono
trarre dai pesci

La scelta di Marcello delle terapia a base di pesce, non è un fatto casuale, non fa un qualcosa di nuovo. Le
credenze popolari già parlavano di rimedi a base di pesci e soprattutto l’ambito magico-superstizioso e
popolare era piena di ricorsi come terapia ai pesci, cui si attribuivano poteri soprannaturali. Per esempio
esistevano gemme in cui c’è il pesce disegnato perché alle gemme con quel simbolo si attribuivano poteri
eccezionali, che riguardano la dimensione magica (l’utilizzo di queste gemme serviva per la cura
prevalentemente di malattie fisiche ma anche psichiche)

Nonostante l’ambito magico, Marcello (medico razionale) torna su questo argomento perché vuole
dimostrare che il ricorso a terapie basate sui pesci è scientificamente fondato, non sono tutte vane
credenze magiche ma sono rimedi terapeutici validi cui egli conferisce una veste realistica. Vuole farlo
perché è uno scienziato e vuole riscattare il mondo dell’ittiologia in campo farmacologico dalla credenza
magico-religiosa riportandolo a una dimensione scientifica-medica.

La particolarità la troviamo nei termini tecnici usati per descrivere le tipologie di pesci che ritroviamo in una
poesia. Egli descrive molte terapie e rimedi per varie malattie grazie all’utilizzo delle varie tipologie di pesci.

Da parte di Marcello c’è anche la preoccupazione per la produzione del latte nelle nutrici, figura importante
presente nelle famiglie altolocate che affianca la signora padrona di casa e a cui viene affidato il figlio. La
nutrice è guardata con molto sospetto perché si teme che la dimensione intima dell’allattamento possa
rubare l’affetto del bambino nei confronti della madre naturale. Questo tema è ricorrente: la produzione di
qualità e quantità di latte nelle nutrici.

Fragmentum 2:

 un testo epigrafico (iscrizione, non testo letterario) composto da due lastre di marmo incise, stele A
e B (= iscrizione appesa e messa in bella mostra, un cartellone diciamo), rinvenute in due momenti
diversi, cronologicamente invertite rispetto al testo stesso, rispettivamente nel 1617 e 1607
 posto in un luogo di passaggio lungo la via Appia perchè la visibilità del testo epigafico è
direttamente proporzionale alla sua forza comunicativa
 poesia encomiastica (= encomio, elogio funebre), cioè un testo che celebra ed esalta le doti di un
defunto
 fatto incidere nel 161 d.C. (anno in cui muore Antonino Pio e subentrano Marco Aurelio e Lucio
vero) da Erode Attico in onore della moglie Annia Regilla defunta in quello stesso anno (o nel
precendente)

Il marito affranto commissiona questo elogio al poeta più importante a Roma e più importante per Erode,
cioè a Marcello.
Annia era una donna ricchissima, imparentata con le imperatrici Faustina maggiore e sua figlia Faustina
minore, mogli dei due imperatori Antonino Pio e Marco Aurelio.
Aveva questa tenuta immensa, luogo meraviglioso, una delle proprietà più importanti di Annia. Questo
terreno era coltivato a grano, olivi e viti e chiamata Triopio, presentava tanti monumenti antichi
sparpagliati. Lungo la via Appia vi erano anche altre proprietà terriere di personaggi in vista.

Nella tenuta vi è il cenotafio (= tomba vuota) di Annia Regilla. È un monumento che non contiene le spoglie
mortali della persona, è semplicemente di carattere celebrativo. È un tempietto, un edificio vero e proprio e
la troviamo ancora oggi in via della caffarella.

Traduzione e analisi fragmentum 2:

STELE A:
Vi è in alto una linea con un carattere più grande. C’è scritto Markellou, è un genitivo (= complemento di
specificazione) che indica la paternità della poesia.

“Donne del Tevere, accorrete qui, presso questo tempio, recando sacri incensi intorno al simulacro di
Regilla.”  In questa poesia si rivolge alle donne del Tevere cioè le donne romane. Accorrete qui, presso
questo tempio (= cenotafio), avvicinandovi intorno al simulacro cioè la statua di Annia.

“Costei discendeva dai ricchissimi Eneadi, sangue illustre di Anchise e di Afrodite Idea, ma contrasse nozze a
Maratona;”  è di nobili natali, la famiglia è talmente importante che quasi discende dagli dèi, ma si sposò
a Maratona in Grecia (romana che si sposa in Grecia)

“le dee celesti la onorano, sia Deo (Demetra) la giovane (Faustina), sia Deo l’anziana (Faustina). Proprio a
costoro è dedicata la sacra effigie della donna ben cinta;” le dee celesti sono Demetra, Faustina maggiore
e minore e a loro si ispira la statua di Annia

“ella poi ha preso dimora insieme alle eroine nelle isole dei Beati, dove regna Crono. Questa ricompensa
infatti (le) toccò in cambio dell’animo buono,”  è andata nell’isola dei beati, in paradiso, quasi come se
fosse un onore

“a tal punto Zeus ebbe pietà dello sposo (Erode Attico) affranto, che in un’avvizzita vecchiaia giace presso
un letto vuoto, perché le nere Parche rapaci dallo splendido palazzo gli rapirono metà dei figli fra quelli più
grandi;”  Zeus risparmiò lo sposo, che rimase vedovo perché le Parche (= coloro che hanno in mano il filo
della vita, colei che tesse, colei che tende il filo e colei che lo recide) portarono via dal palazzo anche i suoi
figli nati e morti molto piccoli (mortalità infantile elevatissima)

“ma due figli sopravvissero ancora in tenera età, all’oscuro dei mali, ancora completamente ignari di quale
madre strappò loro la sorte spietata, ben prima che ella avesse dimestichezza con le senili conocchie” 
solo due figli sono sopravvissuti e sono ignari della morte della madre, che è morta giovane, prima di
diventare anziana e svolgere attività da donna anziana (conocchie = strumenti del fuso del telaio utili per
tessere)

Si parla di quanto fosse altolocata la discendenza di Annia Regilla, però è tutto molto focalizzato sulla
disperazione del povero marito rimasto vedovo.

“Ma a lui, che piange incessantemente, recarono sollievo Zeus e l’imperatore, simile a Zeus per sembianze
e senno, l’uno, Zeus, incaricò le brezze elisie di trasportare la florida donna verso l’Oceano.”  paragona
Zeus all’imperatore (nominato perché era stato allievo di Erode)

“Dal canto suo, l’altro (l’imperatore) concesse al figlio (Bradua) di calzare i sandali lucenti, che dicono
indossasse anche Ermete, allorquando portava via Enea dalla guerra contro gli Achei nel mezzo di una notte
tenebrosa;”  L’imperatore concesse un favore importante al figlio di Erode e Annia, Bradua, cioè
indossare i sandali lucenti con un filo d’oro che segnala l’appartenenza ad una famiglia nobile

“a lui intorno ai piedi si trovava splendente l’ampio cerchio, salvatore, della luna; anche gli Eneadi allora
glielo cucirono nel sandalo, perché rimanesse quale privilegio onorifico per i nobili Ausoni.”  immagini
mitologiche per rimarcare quanto sia nobile la provenienza della stirpe di Bradua

“L’antico segno distintivo degli uomini Tirreni sulla caviglia non offenderà lui (Erode) che pure è un
discendente di Cecrope (ateniese), lui che ha origine da Erse e da Ermete, se davvero Cerice è progenitore
del Teseide Erode.”  Il fatto che il figlio di Erode ha questo segno distintivo di discendenza altolocata non
offende il padre, anche se il padre non è romano di Roma, ma di Maratona è di Atene, è un greco, colto, di
elevata estrazione sociale

”Per questo (egli è) onorato e (console) eponimo, (così da) riunirsi in consiglio supremo (senato), dove (per
lui si trovano) i sedili in prima fila, in Grecia né per stirpe né per eloquenza qualcuno è più regale di Erode.”
 Erode non è geloso del figlio dato che ricopre numerose cariche politiche e amministrative importanti
durante la sua vita, come il consolato.

“Lo chiamano favella di Atene”  Parla talmente bene che lo chiamano favella di Atene, l’oratore ateniese
più famoso del momento.

“Ma anch’ella (Regilla) invero, (donna) dalle belle caviglie, era discendente di Enea, Ganimede, Dardano e
Troo, figlio di Erittonio; e tu (o lettore), se ti aggrada, offri vittime e sacrifica; ma non v’è necessità che chi
sacrifica lo faccia controvoglia, è bene, però, per i più curarsi anche degli eroi. Infatti (ella) non è stata
generata mortale e tuttavia nemmeno divina: perciò non le toccò un sacro tempio né un monumento
sepolcrale. Non (le furono riservati) onori (come quelli) per i mortali e tuttavia nemmeno (offerte) simili (a
quelle) tributate agli dèi. Un sepolcro simile ad un tempio (è stato costruito) per lei in un demo di Atene,
ma l’anima indugia nei pressi dello scettro di Radamante. Questa statua, gradita a Faustina, sorge nella
contrada del Triopio, dove lei (Regilla) prima possedeva vasti terreni e filari di uve dolci e campi di olivi.” 
“E tu” è un apostrofe al lettore, per attirare la sua attenzione. Annia non è più una donna mortale, non è
ancora una dea, è una figura intermedia: un eroina. Perciò non le toccò né un sacro tempio né un
monumento, perché non vi è un luogo in cui è sepolta. La salma verrà trasportata a Maratona.

“La dea (Faustina), regina delle donne, non disdegnerebbe che lei fosse ministra di onori e giovane seguace,
infatti nemmeno la Saettatrice (Artemide) dal bel trono disprezzò Ifigenia, né Atena dallo sguardo terribile
(spregiò) Erse, e la madre feconda (Domizia Lucilla) del prode Cesare (Marco Aurelio), la quale si prende
cura delle antiche eroine, non disprezzerà lei che entra nella danza delle antiche semidee.” riferimenti
mitologici

“Le toccò guidare le danze elisie e insieme con lei (ci sono) anche Alcmena e la beata Cadmeide
(Semele)” ormai vive nella terra dei beati ed è una sorta di assistente delle imperatrici (Faustina
maggiore è già morta, Faustina minore non ancora). In realtà questa donna ha avuto onori eccezionali, un
funerale in grande stile, ma le iscrizioni di questo elogio servono a perpetuarne la memoria.

STELE B:

Apografo = disegno di un epigrafe per come si presenta

“O signora di Atene, protettrice Tritogenia (Pallade), e Upi (Nemesi) Ramnusia che osservi le opere dei
mortali, (voi che siete) vicine all’ingresso di Roma dalle cento porte, o dee, onorate, dunque, anche questo
fertile territorio, la contrada ospitale del Triopio (cara) a Deo. Fin tanto che tra gli immortali siete venerate
anche come Triopee. Come quando, lasciate le dimore del padre tonante (Zeus), andaste sia a Ramnunte
sia ad Atene dalle vaste contrade. Così accorrete a questo ricco vigneto, passando per i campi di spighe e gli
alberi pieni di grappoli e le chiome dei prati rigogliosi.” invocazione alle dee (Pallade = Atena, Nemesi =
dea della vendetta e Demetra = dea dei raccolti) per proteggere e far rigoglire il terreno di Annia

“Erode infatti dispose per voi che quanta terra sacra viene racchiusa entro un muro circolare fosse
inviolabile e luogo d’asilo per gli uomini delle future generazioni. A costui Atena, scuotendo il cimiero in
modo terribile, fece cenno di acconsentire con il capo immortale.”  Erode eredita questa proprietà
terriera e la monumentalizza facendo costruire statue ed edifici che ricordino la memoria della moglie
defunta. Erode recinta questa area e la rende sacra, lo fa con il benestare della dea Atena, che scuotendo
l’elmo fece cenno di acconsentire.

“Né ad alcuno (sia permesso) di smuovere impunemente una sola zolla o una singola pietra, poiché le sorti
delle Moire non (sono) sicure per chi commette sacrilegio nelle sedi degli dèi.”  A nessuno è permesso di
andare con pala e zappa, nessuno deve toccare nulla perché è terra sacra. Vi è una sorta di minaccia per chi
volesse toccare questa terra

“Udite, o residenti del circondario e agricoltori vicini. Questo luogo (è) sacro, immobili le dee e molto
onorate e pronte a prestare ascolto; nessuno conficchi la zappa, serva dell’oscuro Ade (ne)i filari di uve
dolci o (ne)i boschetti di alberi o (nel)l’erba verdeggiante di rigogliosa pastura, allo scopo di edificare un
nuovo sepolcro o di demolire il precedente. Non (è) lecito gettare sui cadaveri una zolla di terra sacra, ad
eccezione di chi sia consanguineo e di chi discenda dalla stirpe. Per quelli non (è) illecito, poiché (loro)
protettore (è) il fondatore.”  luogo è sacro, nessuno può toccarlo, ad eccezione dei consanguinei

“Infatti anche Atena dispose che proprio il re Erittonio nel tempio fosse compartecipe dei sacrifici. Se poi
qualcuno non darà ascolto a questi precetti e non presterà obbedienza, ma (li) disprezzerà, non rimanga
impunito. Ma Nemesi inattesa e la ruota vendicatrice lo puniranno, e (Nemesi lo) precipiterà in una terribile
miseria; né infatti il prode vigore di Triope Eolide giovò, quando saccheggiò il maggese di Demetra. Evita
perciò (di incorrere nel)la vendetta (di) nominare il luogo, affinchè l’Erinni Triopea certamente non (ti)
segua” la ruota vendicatrice è la ruota del destino. Erinni = seguivano e facevano impazzire le persone.

CHI ERA VERAMENTE ERODE ATTICO

Nato fra il 101 e il 106 d.C. da una facoltosissima famiglia a Maratona, in Grecia, ricevette una solida
formazione culturale, divenne famoso retore e ricoprì importanti cariche politiche, come il consolato.

Dietro richiesta di Antonino Pio, si trasferì a Roma intorno al 141 per fare da precettore (formatore e
insegnante di Greco) a Marco Aurelio e Lucio Vero, i poi futuri imperatori. Ebbero invece Cornelio Frontone
come maestro di retorica latina.

Tra il 142 e il 143 sposò Annia Regilla, illustre discendente di famiglie aristocratiche e parente di Annia
Galeria Faustina (Maggiore), moglie di Antonino Pio e zia paterna di Marco Aurelio.

Per Erode stringere queste nozze rappresenta un fatto centrale, poiché ha quasi tutto ma gli mancava un
collegamento con il massimo livello dirigenziale di Roma cioè la casa imperiale, che Annia gli offre.

Come si vede dallo stemma (= albero genealogico), il primo figlio della coppia, Claudio, nacque a Roma e
morì in tenerissima età, verso la fine del 143: in quest’occasione Marco Aurelio (non ancora imperatore)
pregò Frontone di scrivere ad Erode, inconsolabile, una lettera di condoglianze. L’epistola fu inviata da
Marco Aurelio probabilmente subito dopo il consolato dello stesso retore latino in coppia con Erode (1
luglio-31 agosto 146 d.C.). Nella sua missiva Frontone, come d’altra parte già lo stesso Marco, non fa alcuna
menzione di Regilla (madre che ha perduto il figlio, nessuno se ne preoccupa), ma conforta Erode,
prospettandogli la possibilità di avere altri figli.

Nacquero in effetti altri figli: Elpinice, nel 142 (deceduta molto giovane, verso il 165, forse a causa della
peste), Atenaide, nel 143/144 (morta intorno al 160/161), Bradua, nel 145 (deceduto nel 210 circa).
Intorno al 146 i coniugi fecero rientro in Grecia, dove, nel 150, venne alla luce Regillo, deceduto, però, in
tenera età (intorno al 155). Come si vede, l’unico a raggiungere l’età matura fu Bradua, il quale, però
avrebbe procurato molti dispiaceri ad Erode a causa dei suoi ritardi d’apprendimento e della condotta
dissoluta.

La fonte che ci da queste notizie è molto preziosa per noi, ma tutto ciò che ci viene detto è da prendere con
le pinze.

I rapporti – già conflittuali – tra Erode e Bradua non poterono che peggiorare dopo la morte di Regilla,
avvenuta quando il figlio era all’incirca quindicenne. Tra il 160 e il 161, infatti, Regilla perì in una tragica
circostanza narrata da Filostrato (scrittore di vite dei Sofisti), autore di molte biografie tra le quali, appunto,
anche quella di Erode Attico: “venne mossa ad Erode anche (era già stato processato altre due volte,
protetto dall’imperatore) un’accusa di omicidio espressa in questo modo: sua moglie Regilla era incinta di
otto mesi ed Erode, non certo per un motivo serio, aveva ordinato al liberto Alcimedonte di percuoterla; in
conseguenza dei colpi ricevuti al ventre, la donna morì per parto prematuro. Convinto della veridicità del
fatto, lo accusò di omicidio Bradua, il fratello di Regilla (zio materno omonimo dell’unico figlio maschio
sopravvissuto della coppia)”.

Secondo la biografia filostratea, il cognato non sarebbe riuscito a presentare al senato romano dati concreti
a supporto dell’accusa.

Filostrato apprezza molto Erode e proprio per questo per noi è una fonte importante. Proprio Filostrato che
elogia le doti di Erode docente di retorica, che deve riferire un fatto che non da una bella immagine di
Erode, significa che un fondo di verità ci deve essere e non può fare a meno di raccontarlo (anche se lo
racconta per sommi capi e non racconta il finale).

Scampare ad un’accusa così pesante, cioè avere provocato la morte di una donna molto in vista nella
società romana, imparentata con le imperatrici, non deve essere stato semplice, ma fu così. Aveva ottimi
avvocati difensori, ad esempio l’imperatore Marco Aurelio e lo stesso Marcello di Side.

Erode Attico era conosciuto per avere costumi bisessuali, quindi l’immagine che voleva dare di se e della
sua famiglia perfetta faceva acqua da tutte le parti.

Inoltre il corpo di Annia nessuno lo trova e nessuno lo vede. Tutto questo avvenne in Grecia, lontano da
Roma e da occhi indiscreti.

Sull’esito di questo processo non siamo informati, ma il retore dovette uscirne ancora una volta assolto, se
il “filoerodiano” Filostrato scrive “la verità ebbe la meglio” e se lo stesso Erode, fra l’altro, potè dedicarsi ad
una vera e propria ristrutturazione della tenuta sulla via Appia, già appartenuta alla moglie, poiché ne entra
in possesso. La ristruttura con statue, tempietti, recinti sacri.

Una volta uccisa la moglie, per tutelare la propria immagine ed allontanare da se ogni sospetto Erode, che
aveva praticamente (quasi) tutto, non badò a spese e fu pronto a ricorrere ad ogni mezzo disponibile. In
effetti, gli strumenti a sua disposizione erano molteplici: potè far ricorso al “canale” epigrafico,
commissionando a Marcello l’elogio funebre per Regilla da esporre nel Triopio appena monumentalizzato.
Quindi il messaggio che doveva essere comunicato arriva grazie alla scrittura, all’aspetto grafico, e anche
grazie all’immagine, l’aspetto iconografico.
Nel piano di autoriabilitazione della propria immagine concepito da Erode, la professione, per così dire,
“collaterale” di Marcello poeta, ossia quella di medico, rivestiva poi un’importanza fondamentale: infatti, se
a tessere l’elogio delle doti della defunta e a lamentare il dolore del coniuge inconsolabile era, come di fatto
fu, un professionista dell’”arte medica”, questo avrebbe certamente potuto contribuire ad attenuare, e non
di poco, i terribili sospetti che incombevano sulla responsabilità del marito nella morte della moglie, proprio
per via delle circostanze obiettivamente poco chiare nelle quali Regilla, incinta all’ottavo mese, perse la vita.
Se dunque – e si tenta, così di rispondere all’interrogativo posto poco sopra – a mettere per iscritto una
“difesa d’ufficio” per Erode era non soltanto un poeta eccezionale ma anche un medico stimato, un
professionista nell’arte di guarire, allora questo avrebbe potuto ancor meglio fugare ogni dubbio sulla
consapevolezza del marito o comunque sul suo “diretto” coinvolgimento nella morte della moglie.

FUNZIONE DELLA POESIA PER MARCELLO

La funzione della poesia in ambito medico ha una valenza duplice per Marcello di Side, perché a seconda
del tipo di poesia (poema didascalico sui pesci, poesia encomiastica elogiativa per Annia) la poesia svolge
funzioni diverse, ma sempre fondamentali per veicolare un certo tipo di messaggio.

Nel caso del poema sui pesci, la poesia, siccome diventa una cantilena, significava anche riuscire ad
imprigionare nella cantilena del verso i dosaggi, i rimedi, le composizioni farmacologiche, per evitare di fare
errori (sbagliare un dosaggio o interpretare male un ingrediente può essere anche fatale).

Nel caso del poema elogiativo, la poesia apparentemente tutta dedicata a questa figura dell’eroina, raccolta
dalle dee, amata dalle divinità e il povero Erode vedovo, ecc. in realtà vuole dire qualcosa che non dice a
chiare lettere. Cioè Marcello di Side, medico in vista, con la sua fama, la sua importanza, garantisce per
Erode Attico (non l’avrebbe mai fatto se avesse avuto un minimo sospetto sul suo coinvolgimento). Si tratta
di una vera e propria arringa difensiva di un avvocato (uxoricidio = assassinio della moglie)

FUNZIONE DEL PESCE IN DIVERSI AUTORI

La necessità di una lista dettagliata delle specie menzionate nel lungo frammento di Marcello deriva dal
fatto che il poema didascalico del Sideta mostra stringenti analogie – e si presta perciò ad un confronto –
con due opere sostanzialmente coeve, pervenuteci integralmente e strettamente connesse con le
aspettative di un pubblico altolocato, costituito da personaggi eminenti, addirittura persino dagli
imperatori: si tratta di “Oneirokritikà - Libri sull’interpretazione dei sogni” di Artemidoro di Daldi (scrive in
prosa) e di “Alieutikà - Libri sulla pesca” di Oppiano di Anazarbo (scrive in poesia). Vi è contemporaneità di
interessi.

Marcello ha interesse per i pesci per dare scientificità all’aspetto magico della medicina magico-religiosa.

Prima di affrontare i contenuti dell’opera di Artemidoro specificamente concernenti l’ittiologia, occorre


contestualizzare l’opera di Artemidoro, indicandone, almeno per sommi capi, finalità, pubblico e
destinatario. Come è stato acutamente rilevato da Bowersock, benchè Artemidoro presti molta attenzione
all’apparizione di divinità nei sogni, egli non mostra alcun interesse concreto per i consigli che esse possono
fornire al sognatore, a differenza sia di quanto accade in Elio Aristide, Marco Aurelio e Galeno, per i quali
l’ammonimento con l’intercessione diretta o indiretta di una divinità costituisce l’ingrediente e lo scopo
principale del sogno, sia di quanto si verifica nei romanzieri greci, per i quali – come sarà poi anche per
Sigmund Freud – l’importanza dei sogni risiede nel fatto che essi riflettono la paura della morte, l’augurio di
ricevere l’abbraccio della persona amata e soprattutto la realizzazione di un desiderio inconscio.
Questo collegamento quindi tra Freud e Artemidoro è stato molto discusso: per Artemidoro il sogno è la
previsione del futuro, per Freud il sogno è la realizzazione allucinata di un desiderio. Ma in realtà le
differenze tra Artemidoro e il fondatore della psicoanalisi Freud sono sottilissime e hanno molti elementi in
comune.

In altre parole, gli Oneirokritikà non possono farsi rientrare tra i testi “scientifici”, dove i sogni sono
considerati fonte d’istruzione o di consiglio per la condotta futura, né all’interno della letteratura
d’invenzione, nella quale i sogni riflettono i timori e le aspirazioni del sognatore. Artemidoro non ci riporta
solo i sogni fatti da personaggi illustri (Plutarco, Marco Cornelio Frontone), perché Artemidoro va e parla
con la gente comune: lo schiavo, il liberto, il commerciante, l’artigiano. Realizza uno schedario dei sogni,
una sorta di classificazione onirica sulla base delle interviste a persone comuni (sognare ciò, significa ciò).
Quindi è un modo diverso di approcciarsi alla realtà.

Per esempio quando racconta il sogno di Frontone, dice che lui era malato di artrite (è veritiero come
notiamo in una lettera scritta da Marco Aurelio).

La sezione degli Oneirokritikà dedicata alla pesca comprende una parte più strettamente riguardante le
tecniche dell’alieutica (= pesca con le reti) e una, più ampia, dedicata all’organizzazione tassonomica in
funzione dell’oniromantica (= arte di prevedere il futuro attraverso l’analisi del sogno). Artemidoro, infatti,
dapprima accenna a reti, lenze e attrezzi da pesca in genere. Poi passa a parlare del problema
dell’interpretazione dei sogni e inizia a fare un discorso incredibile, con un andamento classificatorio
impressionante. Egli realizza una sorta di manuale per coloro che volevano fare il lavoro di interpreti dei
sogni. Dice che sognare pesci piccoli significa contrarietà e mancato guadagno; sognare pesci variopinti
significa avvelenamenti per chi è già malato e inganni e complotti per chi è in buona salute; sognare pesci
rossastri significano febbri violente, infiammazioni per gli ammalati; sognare crostacei significa buone
notizie per chi è malato; sognare molluschi significa che occorre sciogliere il ventre con delle purghe;
sognare i cefalopodi simboleggiano le persone furbe, capaci di sfuggire agli sguardi mutando colore;
sognare pesci cartilaginei significa fare fatica vana perché le cose raggiunte scivolano di mano; sognare
pesci piatti significa complotti e pericoli striscianti; sognare pesci senza squame significa perdita di
speranza.

Marcello tramite i pesci da delle ricette. Anche Artemidoro fa una classificazione, che però serve
all’interpretazione dei sogni. Il pesce è quindi un elemento molto presente.

Se andiamo a fare un confronto tra i vari tipi di pesci, combaciano quelli elencati da Artemidoro e da
Marcello.

In Marcello predomina la prospettiva medica e terapeutica, in Artemidoro prevade la dimensione


oniromantica (interpretazione dei sogni e previsione del futuro), entrambi ruotano sullo studio
approfondito dei pesci. Anche Artemidoro vuole sottrarre quella dimensione magica al pesce per dargli una
veste attendibile.

I riferimenti ai pesci in Artemidoro sono spesso riconducibili pure alla sfera della fertilità femminile, della
maternità e anche dell’intesa coniugale.

Colpisce anche che in alcuni passi dei Pensieri di Marco Aurelio siano presenti questi elementi degli
organismi marini.
Gli Alieutikà di Oppiano è un opera dedicata a Marco Aurelio. In quest’opera egli menziona 125 pesci,
dedicata alle tecniche di cattura del pesce. Egli scrive quest’opera con interesse economico, cioè Oppiano si
preoccupa della ricaduta economica della pesca. Il pesce ha un valore, le tecniche di pesca sono importanti,
si tratta di un prodotto che viene commercializzato e diventa una fonte di guadagno. Ebbe molto successo e
destò entusiasmo nella cerchia letteraria di Frontone.

Ciascuno di questi autori, dal loro differente punto di vista, si occupano del pesce. Ma non lo fanno più in
un ottica di magia e superstizione, da angolazioni diverse però sempre su quell’argomento chiave: il pesce.

Quindi ricapitoliamo: dimensione medico-terapeutica di Marcello; la dimensione onirocritica e


oniromantica di Artemidoro; la dimensione economico-commerciale di Oppiano; dimensione strettamente
giuridica di Apuleio.

Con Apuleio torniamo ad una vicenda che presenta analogie inquietanti con la vicenda di Erode e Annia,
sotto la quale si cela un ruolo non di secondo piano di Marcello.

Apuleio (famoso per Amore e Psiche, Le metamorfosi) è famoso anche per un’altra opera: De magia o
Apologia = difesa. È un arringa difensiva che Apuleio scrive per proteggere se stesso da un’accusa.

Apuleio, fermatosi a Oea (odierna Tripoli in Libia), era stato ospitato da un suo antico compagno di studi,
Ponziano e, cedendo alle insistenze di quest’ultimo, ne aveva sposato la madre, la ricca vedova Pudentilla:
tuttavia, morto Ponziano, i parenti di Pudentilla, timorosi di perdere la consistente eredità, gli intentarono
un processo contestandogli l’accusa di aver adescato con sortilegi la donna. Il fatto che il processo si
svolgesse nella basilica di Sabratha, induce a ritenere che i fatti si verificarono durante il regno di Antonino
Pio, verosimilmente nel 160/161 quando fu governatore Claudio Massimo, al cui cospetto fu celebrato il
processo. Non è noto l’epilogo della vicenda, anche se è assai probabile che Apuleio sia stato assolto,
probabilmente perché non vi erano prove sufficienti per la colpevolezza. Apuleio si difese pronunciando
l’unica orazione giudiziaria d’età imperiale pervenutaci: De magia, rielaborata trascrizione dell’arringa
difensiva, connotata, oltre che dal tratto decisamente autobiografico, soprattutto dal preciso intento di
sottolineare le differenze tra la filosofia, considerata sinonimo di crescita spirituale, e la magia, ritenuta
invece una pratica dannosa per il prossimo (c’è anche in Apuleio l’esigenza di prendere le distanze dalla
magia).

In particolare una delle accuse principali fu quella dei pesci “magici”: per un verso Apuleio sarebbe stato
colpevole di aver commissionato ad alcuni pescatori un lepus marinus (lepre di mare), animale
notoriamente velenoso, e due pesci, i cui nomi avrebbero alluso agli organi sessuali, rispettivamente
maschile e femminile, la veretilla e il virginal. Grazie a questi espedienti, almeno secondo gli avversari, il
retore avrebbe preparato un infuso per “affatturare” Pudentilla, praticando su di lei un rito di magia
“analogica”. Tutta l’arringa di Apuleio, in realtà, si fonda sull’aperta dichiarazione dei suoi molteplici
interessi scientifici, che includevano l’ittiologia, argomento al quale egli avrebbe dedicato il suo De piscibus
(titolo che ci ricorda l’opera pervenutaci frammentata di Marcello).

Apuleio si difende estrenuamente dimostrando che lui è uno scienziato e non ha bisogno delle pratiche
magiche per fare innamorare Pudentilla, quindi le accuse dei parenti sono infondate, lui non ha fatto
nessuna fattura. Lo dimostra spiegando che lui è un esperto, un tecnico, della disciplina. Si è basato sulle
letture di Aristotele. Dice che nell’opera de piscibus aveva parlato della riproduzione, dei sistemi di
accoppiamento, si era quindi documentato. Apuleio dichiara la sua fiducia scientifica nella natura e in
particolare nei remedia ex piscibus = rimedi e terapie che derivano dai pesci, la cui ricerca è prerogativa del
medico e del filosofo ma non del mago. Rivolgendosi agli accusatori aggiunge che le sue conoscenze
dipendono non soltanto da Aristotele ma anche da Teofrasto e Nicandro.

Questo processo, che vide coinvolto Apuleio, sollecita un confronto – non solo per i problemi connessi con
l’eredità, ma anche per le circostanze misteriose del decesso della donna – con un'altra vicenda giudiziaria,
quella di Erode Attico, per un verso considerato responsabile (non esecutore materiale) della morte della
moglie Annia Regilla, per un altro committente di Marcello di Side, autore di un elogio funebre in memoria
della defunta, ma anche del poema dedicato ai pesci dotati di virtù curative.

La vicenda autobiografica di Apuleio si inquadra in un’epoca complessa e ambigua, quale fu quella degli
imperatori adottivi. Non si tratta solo di coincidenze cronologiche, ma sono affinità elettive. In quest’età
tutti gli intellettuali sono interessati ad affrontare questo problema e quindi alle sospette intersezioni con la
magia, la trasmissione di un’eredità culturale attraverso dei testi nei luoghi deputati, la concezione della
medicina come ago della bilancia tra filosofia e magia.

Questa è un’epoca di angoscia, perché gli uomini del II secolo d.C. non hanno più tante certezze. Marco
Aurelio (imperatore e filosofo) fu autore di una delle persecuzioni dei cristiani, che non riesce a capire, ha
incertezza sulla salvezza dell’individuo, le divinità pagane non danno più certezza e appagamento.

In questa ricerca di una salvezza, gli intellettuali pagani come Marcello, Oppiano, Artemidoro o Apuleio,
cercano di agganciare il simbolo di Gesù, che simboleggia la religione che prende terreno nonostante le
persecuzioni, mettendolo in una sfera di razionalità. Essi analizzano i pesci da punti di vista differenti.

La parola ittico è legato al pesce. Itti viene da IChThYS (si legge ichtius) = dal greco pesce, ma è anche un
acronimo.

È l’acronimo di Gesù Cristo Figlio Di Dio Salvatore.

I = IESUS (GESU’); Ch = CHRISTOS (UNTO, DEL SIGNORE); Th = DI DIO; Y = HYIOS (FIGLIO); S = SOTER
(SALVATORE)

I cristiani iniziano ad essere perseguitati dall’età di Nerone nel I secolo d.C. fino al 313 (inizi del IV) quando
Costantino dichiara il cristianesimo una religione concessa e permessa. Sono secoli in cui le persecuzioni
determinano nei cristiani la necessità di riconoscersi tra loro senza farsi scoprire dalle guardie imperiali e
adottare un linguaggio, anche basato su segni e simboli. Si riconoscevano tra loro ad esempio disegnando
su una parete o sul pavimento lungo la strada un pesce (incrocio di due curve). Quindi proprio nel corso del
II secolo si diffonde il cristianesimo.

Il pesce è un animale che vive in un mondo dove l’uomo non può vivere. Egli vive sott’acqua senza
annegare e simboleggia Cristo che può entrare nella morte restando vivo.

Quindi gli intellettuali registrano questa presenza di simbologia ittica nell’immaginario collettivo della
gente. Ma l’unico strumento che hanno per ricondurre alla razionalità quella che ai loro occhi è
superstizione, è quella di conferire al pesce ruoli e significati specifici e differenti.

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