termini di anni di vita guadagnati per chi smette di fumare prima dei 40 anni [3]. Studi collaborativi europei
e metanalisi evidenziano per i fumatori passivi un aumento del rischio di sviluppare un tumore polmonare
Un’indagine demoscopica relativa all’abitudine al fumo degli italiani effettuata da Doxa per l’anno 2019 su
incarico dell’Istituto Superiore di Sanità e in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri [6], ha evidenziato un lieve decremento nel numero di fumatori in Italia, che attualmente rappresenta il
22% dell’intera popolazione (28% uomini, 16.5% donne), rispetto al 23,3% nel 2018 (27.7% uomini, 19.2%
donne). Esiste una variabilità nella percentuale di soggetti fumatori nelle diverse aree geografiche del Paese
(Nord: 28% uomini, 14% donne; Centro: 23.9% uomini, 12.1% donne; Sud: 30.2% uomini, 22.4% donne).
L’età media dei soggetti fumatori è di 45.3 anni, ma più del 70% di questi dichiara di avere iniziato a fumare
tra i 15 e i 20 anni, per lo più influenzato da amici/compagni di scuola. La crescente diffusione dell’abitudine
al fumo di sigaretta fra gli adolescenti di età compresa fra i 14 e i 17 anni rappresenta un preoccupante
problema nel nostro Paese, dove è stata registrata una percentuale di “baby-fumatori” pari all’11% (circa
254.000 giovani) nel 2018 [7], che risulta una delle più elevate in Europa. Parallelamente a un lieve e
costante decremento nel numero di sigarette vendute negli ultimi anni (-2.7% dal 2017 al 2018) è stato
osservato un crescente consumo delle sigarette fatte a mano, più diffuso nei soggetti di sesso maschile, in età
Molte sostanze di origine lavorativa e/o ambientale (asbesto, radon, cromo, arsenico, berillio, cloruro di
vinile, idrocarburi aromatici policiclici, clorometiletere, e altri), sono riconosciuti carcinogeni polmonari, che
possono, come nel caso dell’amianto o del radon, potenziare il loro effetto cancerogeno, in presenza di fumo
di tabacco.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), attraverso l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro (AIRC), ha classificato l’amianto e il radon nel Gruppo 1, gruppo in cui sono elencate le sostanze (tra
cui anche il fumo di sigaretta) per le quali vi è un'evidenza sufficiente di cancerogenicità, sulla base di studi
L’esposizione al particolato fine e all’inquinamento atmosferico è stata classificata dalla IARC (International
Agency for the Research on Cancer) come cancerogena per l’uomo. Lo studio AHSMOG-2 ha valutato
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LINEE GUIDA
NEOPLASIE DEL POLMONE
2020
l’associazione fra polveri sottili (PM2.5) e tumore polmonare in soggetti non-fumatori, identificando un
aumento del rischio di insorgenza di tumore al polmone pari al 22% per ogni aumento di 10-μg/m3 di PM2.5
nell’ambiente [8]. Nell’analogo studio “ESCAPE” è stato evidenziato un aumento del 55% del rischio di
insorgenza di adenocarcinomi polmonari, istotipo più frequente nei non-fumatori [9]. Un ruolo marginale
della predisposizione genetica, ed in particolare dei polimorfismi genici, è stato evidenziato negli ultimi anni,
anche se nell’eziologia del tumore al polmone rimane preponderante il peso dei fattori ambientali [10].
L’Italia è stato uno dei primi Paesi in Europa ad adottare nel 2005 le nuove misure di prevenzione
“MPOWER” previste dal programma di controllo sul fumo, promosso dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità. Tali provvedimenti, quale ad esempio il divieto di fumo nei luoghi pubblici, hanno immediatamente
prodotto un drastico calo della percentuale di fumatori nel nostro Paese. Nel 2013 il divieto di fumo è stato
esteso alle scuole, alle spiagge e ai parchi pubblici. Nel 2016 il governo italiano ha poi emanato una nuova
legge, adottando la direttiva 2014/40/UE del Parlamento Europeo, che imponeva che almeno il 65% dei
pacchetti di sigarette venduti fossero ricoperti da immagini shock, che mostrassero gli effetti dannosi del
fumo sulla salute, unitamente ad una serie di altre misure volte a ridurre il livello di accettabilità sociale del
fumo di sigaretta, soprattutto fra le nuove generazioni. Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
del 2017 sul programma di controllo sul fumo dichiara che l’Italia ha adottato in modo adeguato la maggior
parte delle misure previste, rendendo l’accesso al fumo di sigaretta più difficile di quanto non lo fosse nel
2008 [11].
Secondo la stessa indagine demoscopica effettuata da DOXA già sopra citata [6], in Italia gli utilizzatori
abituali e occasionali di sigarette elettroniche (e-cig) sono circa 900.000, di cui l’80% è rappresentato da
consumatori che fumano contemporaneamente sigarette tradizionali ed e-cig, in particolare quelle contenenti
nicotina. Sebbene le e-cig siano state ideate come dispositivi finalizzati al rimpiazzo di nicotina, solo il 26%
di soggetti fumatori e/o ex-fumatori ritiene che l’uso di e-cig sia utile per smettere di fumare. Non va inoltre
trascurato l’aumentato rischio di tossicità e patologie respiratorie correlato all’inalazione di vapori riscaldati
generati dalle e-cig, attualmente oggetto di approfondimento da parte dell’autorità regolatoria americana
(Food and Drug Administration, FDA). Le evidenze scientifiche sull’argomento rimangono carenti. Una
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