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Funzionamento[modifica 

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La scheda telefonica dava accesso ad una quantità di traffico prepagato corrispondente al suo prezzo
di vendita (credito di spesa). Quando veniva inserita nel lettore del telefono pubblico, era possibile
effettuare telefonate sino al raggiungimento del limite del traffico. Un display informava del credito
residuo sulla scheda, permettendo quindi di riutilizzarla più volte e tenendone sotto controllo il traffico
rimanente. Esistevano, tuttavia, anche delle schede telefoniche acquistabili ad un prezzo fisso ed
utilizzabili per un numero limitato di telefonate, ciascuna di durata illimitata. La scheda doveva essere
utilizzata entro la data di scadenza indicata su di essa.

Storia[modifica | modifica wikitesto]
La prima scheda venne introdotta in Italia nel 1976 dalla SIP - Società Italiana per l'Esercizio
Telefonico (l'attuale TIM) ed è stata prodotta dalla ditta Pikappa di Milano. L'invenzione si era resa
necessaria sia per far fronte ai furti di gettoni telefonici e monete dagli apparecchi telefonici pubblici sia
per dare ai fruitori del servizio telefonico pubblico un'alternativa più comoda e pratica.

L'apparecchio Digito dotato di lettore di schede a banda magnetica di tipo URMET

Italia[modifica | modifica wikitesto]
La prima scheda era completamente bianca con scritte blu e una banda magnetica che l'attraversava
sul lato corto. Questa tipologia di schede è detta in ambito collezionistico Precursoria SIDA (dal nome
della ditta produttrice di apparecchi telefonici pubblici SIDA, sita in Montichiari). La postazione pilota era
posizionata a Roma a Villa Borghese, in prossimità del galoppatoio. La tecnologia non conobbe
un'immediata e capillare diffusione in quanto furono necessari alcuni anni (e diversi aggiustamenti in
corsa) per renderla pienamente affidabile. Tuttavia, il vero boom della scheda coincise con il restyling
delle cabine telefoniche su tutto il territorio italiano, quando alla fine degli anni ottanta sparirono i vecchi
apparecchi pubblici che accettavano esclusivamente monete e gettoni per essere sostituiti dai più
moderni e compatti apparecchi detti Rotor (dalla forma caratteristica del cestello rotante per le monete)
che potevano essere abbinati ad un lettore di schede.
Quasi contemporaneamente, cambiarono anche le schede: il materiale era ormai stabilmente plastico
(difficilmente deformabile, leggero, flessibile, impermeabile e, cosa molto importante, non si inceppava
nei lettori), e diversa era la banda magnetica, ora orizzontale sul lato lungo. Anche i tagli di vendita
assunsero una connotazione definitiva, assestandosi su 5.000 lire, 10.000 lire e 15.000 lire (si parla da
ora in poi di schede URMET dal nome della società torinese detentrice del brevetto per la banda
magnetica su scheda prepagata nonché produttrice dei Rotor). Successivamente, comparvero (ma
restarono meno diffuse) anche schede con valore di 2.000 lire, 1.000 lire e con la dicitura «omaggio».
Queste ultime, più rare delle altre, non avevano indicato il valore corrispondente in denaro, ma solo gli
scatti di cui era possibile usufruire.
Le schede di quest'epoca, prodotte principalmente dalla ditta Mantegazza di Bollate e più raramente
dalla Pikappa, presentavano un fronte uguale per tutte (il cosiddetto retro grigio): una parte superiore
bianca a righe grigie (appunto) in cui era indicato il valore facciale, una fascia sottostante blu recante la
dicitura «carta telefonica» la data di scadenza e la dicitura «la carta non è rimborsabile», la banda
magnetica nera e infine un'ulteriore fascia bianca con il logo SIP e i codici a barre e numerico della
scheda stessa. Come misure di sicurezza, l'angolo in alto a sinistra doveva essere staccato al
momento del primo utilizzo e il logo SIP era riprodotto in filigrana su tutto il lato. Da questo momento in
poi, furono soprattutto i vari e numerosi cambiamenti del recto delle schede, nonché le varie
combinazioni di immagini e valori facciali, a scatenare l'interesse di ditte terze, che avrebbero utilizzato
le schede come veicolo pubblicitario, e dei collezionisti. Per il Trentino-Alto Adige, le schede erano
uguali ma bilingui (italiano e tedesco) in ogni loro parte, sia nel fronte istituzionale che
nel recto pubblicitario.
Successivamente, e soprattutto, al passaggio di SIP a Telecom Italia (1994), le schede subirono
anch'esse un restyling, concedendo all'immagine pubblicitaria anche la parte superiore del fronte. A
cambiare fu anche la dicitura principale mutata da «carta» a «scheda», inserita in una banda di diverso
colore a seconda del taglio: verde per le schede da 1.000 lire, giallo scuro per le schede da 2.000 lire,
rosso per le schede da 5.000 lire, blu per quelle da 10.000 e viola per i tagli da 15.000. La banda
magnetica era più corta per poter ospitare a lato il valore facciale. Rimase la banda bianca finale,
contenente il logo Telecom, i codici a barre e alfanumerico e, novità, l'indicazione del produttore e la
tiratura oltre al bilinguismo per le schede commercializzate in Alto Adige.
Evoluzione della Scheda telefonica fu la scheda telefonica ricaricabile, introdotta da TIM nel 1994, che
avrebbe svolto un ruolo determinante nello sviluppo della telefonia cellulare.
Al passaggio da lira ad euro le schede subirono poche modifiche sostanziali: sparì la dicitura «scheda
telefonica» (così da lasciare maggiore spazio alla pubblicità sul fronte) e il valore facciale, espresso in
euro, era indicato a lato della banda magnetica nel solo colore rosso (i tagli commerciali si assestarono
sui 3,00 e 5,00 Euro, sebbene alcune schede vennero emesse con tagli differenti quali 0,30, 0,50, 1,00,
2,50, 7,50, 10,00 e, in un solo caso, addirittura 25,00€).
È del 2018 l'ultima scheda telefonica messa in commercio (tra l'altro, con un nuovo restyling del retro,
visto il cambio nome dell'azienda in TIM, da quest'anno titolare anche delle attività di telefonia fissa e
non più solo mobile).[1]

Estero[modifica | modifica wikitesto]
Anche al di fuori dell'Italia le varie compagnie telefoniche cominciarono ad emettere schede prepagate
da utilizzarsi nelle postazioni pubbliche, riuscendo molto prima che in Italia, a sostituire definitivamente
l'uso di monete. Paradossalmente, la tecnologia italiana (banda magnetica e talloncino di controllo)
venne adottata poco frequentemente (principalmente in paesi in cui fu la stessa Urmet a esportare tale
metodologia, quali Polonia e Venezuela, ed altri che svilupparono una loro versione a partire da tale
brevetto, ad esempio il Giappone). Di contro, si vide l'affermazione di 3 tecnologie principali:

 Tecnologia a banda magnetica "spessa": Le schede avevano sì una banda magnetica, ma


l'assenza del talloncino di controllo (unitamente alla tipologia di banda) rendeva necessario
produrre schede più spesse (talvolta oltre il millimetro). La scheda era posta in vendita all'interno di
uno strato di plastica protettiva, a garanzia della "verginità".

 Tecnologia a chip: ogni scheda presentava un microchip che veniva letto dall'apparecchio, e che
conteneva l'informazione del credito residuo e della scadenza. Anche in questo caso le schede
erano più spesse e vendute in uno strato di plastica.

 Tecnologia remota: le schede riportavano un numero di telefono gratuito (da chiamare per
connettersi alla linea) ed un codice univoco (protetto da uno strato da grattare tipo quello dei
biglietti Gratta e vinci) da digitare una volta connessi con l'operatore. A quel punto, il credito veniva
visualizzato sul display del telefono e il cliente poteva effettuare la chiamata.
Anche all'estero, l'avvento della telefonia mobile ha quasi definitivamente soppiantato l'uso delle
schede telefoniche, tanto che alcuni paesi (es. Francia e Svizzera) hanno definitivamente smantellato
le cabine telefoniche, mentre altri hanno sensibilmente ridotto il numero di telefoni pubblici, ri-
accettando monete e, talvolta, carte di credito.

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