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103 –
Riforma Orlando)
2. IL PRINCIPIO DI LEGALITA’
5. L’ELEMENTO OGGETTIVO
6. L’EVENTO
7. IL RAPPORTO DI CAUSALITA’
8. LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
9. LA COLPEVOLEZZA
10. IL DOLO
11. LA COLPA
14. IL TENTATIVO
18. LA PENA
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o
20. IL REATO OMISSIVO (APPROFONDIMENTI)
Il Diritto penale Costituisce oggetto di studio della Scienza giuridica penale che ha per
scopo la conoscenza delle norme e dei principi che lo costituiscono.
La nascita del diritto penale moderno è dovuta al pensiero illuministico nel quale si
affermò l’idea che è reato solo le condotte umane lesive di un diritto soggettivo protetto e
non anche intenzioni, atteggiamenti interiori o comportamenti contrastanti con la
legge divina (peccati).
In particolare:
CESARE BECCARIA mise in risalto la funzione di prevenzione generale e speciale
della pena che può essere svolta solo se adeguata alla gravità del fatto commesso e
applicata da un giudice imparziale soggetto solo alla legge.
LA SCUOLA CLASSICA (fine ‘700) mise in rilievo che doveva essere considerato
reato ciò che fosse considerato solo la volontaria e consapevole violazione della norma
penale. Alla scuola classica si ispirò il Codice Zanardelli del 1889.
LA SCUOLA POSITIVA mise in rilievo la funzione della pena: La sanzione adeguata è
quindi quella che mira non a punire, ma a prevenire e che sia adeguata al grado di
pericolosità del soggetto (misure di sicurezza).
Nasce nel XX secolo la c.d. Terza scuola, che tentò di superare la contrapposizione tra i
principi della scuola Classica e quelli della Scuola Positiva, anche se il superamento
effettivo si ebbe con il sorgere dell’Indirizzo tecnico-giuridico di cui fu artefice Arturo
Rocco, ispiratore del codice oggi vigente.
Il codice Rocco del 1930, seguendo una via intermedia tra Scuola Classica e quella
Positiva :
ha conservato il principio della responsabilità morale e conseguentemente del
carattere di “castigo” della pena la cui applicazione è subordinata alla imputabilità
del soggetto,
ma ha anche introdotto le misure di sicurezza, ispirate al principio della difesa
sociale, la cui applicabilità è collegata alla pericolosità del soggetto (c.d. sistema
bipartito o del doppio binario).
Il legislatore costituente del 1948, ha introdotto rilevanti novità nel nostro sistema penale,
tra i quali i principi di legalità, di riserva di legge, tassatività, irretroattività ecc…
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o
Nozione Il diritto penale è quel ramo del diritto pubblico che disciplina i fatti illeciti per
la cui commissione la legge prevede la applicazione di sanzioni penali
Il diritto penale comprende lo studio dei seguenti settori:
a) Analisi del reato nelle sue componenti:
a. (Teoria tripartizione): fatto, antigiuridicità e colpevolezza
b. (Teoria bipartizione): elemento soggetto ed oggettivo
b) Sanzioni collegate al reato
c) Punibilità in concreto dell’agente.
Funzione del diritto penale Le sanzioni penali sono più afflittive di quelle previste
dagli altri rami del diritto ed hanno una duplice funzione preventiva:
1) Da un lato, con la minaccia della loro irrogazione, tendono a distogliere i consociati
dal commettere reati ( c.d. funzione di prevenzione generale)
2) Dall’altro, tendono ad evitare che il reo, torni a delinquere (c.d. funzione di
prevenzione speciale). Sul punto, vedere art. 27 Cost, sulla funzione rieducativa
della pena
Principi del diritto penale moderno:
- Principio di materialità : è reato solo un comportamento umano che si
estrinseca nel mondo esteriore e che sia suscettibile di percezione sensoria.
- Principio di offensività : non c’è reato senza la lesione del bene giuridico tutelato
dalla norma penale.
- Principio di colpevolezza : per esservi reato, occorre che il fatto materiale lesivo
del bene protetto, appartenga causalmente e psicologicamente al suo autore,
nel senso che allo stesso possa muoversi un rimprovero per averlo commesso.
Nozione di reato : Comportamento umano che si estrinseca nel mondo esteriore e
percepibile dai sensi (principio di materialità), che lede o pone in pericolo un bene
tutelato (principio di offensività), attribuibile causalmente e psicologicamente al soggetto
che lo abbia posto in essere (principio di colpevolezza).
2. IL PRINCIPIO DI LEGALITA’
Ex art. 1 c.p., “ Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente
preveduto come reato, né con pene che non siano da esse stabilite”.
Ex art. 25 Cost., “ Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Il principio di legalità comporta quindi che costituiscono reato solo ed esclusivamente i
fatti espressamente previsti dalla legge come tali e non anche quei fatti che non sono
previsti come reato dalla legge penale.
Il principio di legalità si articola in quattro (4) sotto principi che ne costituiscono corollari:
(1) La riserva di legge
(2) La tassatività (o sufficiente determinatezza della fattispecie)
(3) Il divieto di analogia
(4) L’irretroattività della legge penale
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LA RISERVA DI LEGGE
Il p. di riserva di legge sta a significare che solo la legge (o altro atto normativo
equiparato), può determinare e stabilire i reati e le pene.
Problema : la riserva di legge va intesa come assoluta o relativa?
** cioè, solo la legge può disciplinare la materia con esclusione dell’intervento di
fonti secondarie oppure, il legislatore può fissare le linee fondamentali della disciplina,
affidandone il completamento alle norme di rango secondario emanate dal potere
esecutivo?**
---> Parte della dottrina (Parodi-Giusino) ed alcune sentenze della Corte Costituzionale,
hanno sostenuto che la riserva di legge vada intesa come relativa.
---> Tuttavia, la dottrina dominante (Fiandaca-Musco, Mantovani), ritiene che la riserva
di legge debba essere intesa come assoluta.
In ogni caso, si è venuta affermando una concezione intermedia, tra le tesi più
rigorose e quelle più elastiche si è voluto lasciare al potere regolamentare uno
spazio di intervento volto alle necessarie specificazioni tecniche nell’ambito di
quanto stabilito dal legislatore, in modo particolare nel campo della legislazione
speciale.
Norme penali in bianco sono quelle norme in cui solo la sanzione è determinata
dalla legge. Il precetto, invece, di carattere generico, dovrà essere specificato da un
atto di grado inferiore quale il regolamento o addirittura un provvedimento amministrativo.
Problema : le norme penali in bianco violano il principio di legalità?
- La Corte Costituzionale, con sentenza 168/1971, ha affermato che queste norme
non violano il principio di legalità quando sia una legge dello Stato a indicare i
presupposti, il contenuto e i limiti del provvedimento della Autorità alla cui
violazione la legge riconnette una sanzione penale.
- La Giurisprudenza sostiene anche la compatibilità delle norme penali in bianco
con la riserva di legge purchè la norma di regolamento o l’atto amm.vo rivestano
solo il ruolo di integrazioni al contenuto del precetto.
PRINCIPIO DI TASSATIVITA’
Il principio di tassatività impone al legislatore di formulare le norme penali in maniera
chiara e precisa in modo che risulti stabilito ciò che è penalmente lecito e ciò che è
penalmente vietato.
Mentre il principio di legalità attiene alle fonti del diritto penale il principio di tassatività
opera sul piano della tecnica di formulazione delle norme penali.
Ratio esigenza di tutela dei cittadini dagli arbitri del potere giudiziario.
Se la norma non è formulata in termini chiari è impossibile pervenire ad un addebito della
colpevolezza in capo al soggetto.
L’esigenza della tassatività si ricollega ai principi enunciati dalla Corte
Costituzionale nella sentenza 364/88, la quale ha dichiarato la parziale
illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p., nella parte in cui l’ignoranza inevitabile
della legge, sia dovuta all’oscurità del testo legislativo.
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o
DIVIETO DI ANALOGIA
L’art. 14 delle preleggi, stabilisce che le “leggi penali e quelle che fanno eccezione ai
principi generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Il divieto si desume altresì dagli artt. 1 e 199 c.p., in base ai quali reati, pene e misure di
sicurezza, sono solo quelli espressamente previsti dalla legge.
In forza di tale divieto, il giudice non può estendere analogicamente le norme che
sanciscono l’applicazione di pene e non può irrogare pene al di fuori dei casi
espressamente previsti dal legislatore.
Problema: Il divieto di analogia, riguarda le sole norme incriminatrici o investe
anche quelle norme che prevedono un’esclusione della colpevolezza?
In dottrina (Fiandaca-Musco) a sostegno dell’ammissibilità dell’analogia in bonam
partem, si è affermato che le norme sulle scriminanti non sarebbero norme penali
perché tendono ad armonizzare l’ordinamento penale con gli altri rami del diritto.
Tuttavia le norme c.d. eccezionali , seppur favorevoli al reo, non sono applicabili
analogicamente.
PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ.
Secondo il principio di irretroattività la legge non può applicarsi a fatti o rapporti
sorti, prima che essa entrasse in vigore.
L’art. 11 delle preleggi, infatti, disciplina il fenomeno dell’entrata in vigore di una nuova
norma stabilendo che la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto
retroattivo.
L’art. 15 (preleggi) invece, stabilisce che le leggi sono abrogate solo da leggi posteriori:
per dichiarazione espressa
per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o
perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.
N.B. La norma abrogata non può continuare ad applicarsi a fatti commessi dopo la
sua estinzione: principio di non ultrattività della legge.
L’efficacia della legge è circoscritta, pertanto, al tempo in cui la stessa è in vigore
(tempus regit actum).
I sueposti principi generali in materia penale, subiscono delle deroghe e degli
adattamenti che concorrono a delineare la complessa materia della successione delle
leggi penali nel tempo, la quale costituisce logico corollario del principio di legalità ed è
ispirata al favor liberatis.
Il principio di irretroattività non può subire deroghe, in virtù dell’art. 25.2 comma della
Costituzione, il quale stabilisce che : “ Nessuno può essere punito se non in forza di
una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Tale principio non si pone in contrasto con il principio della retroattività della legge più
favorevole al reo.
Tutte queste regole , sono recepite dall’art. 2 c.p., intitolato appunto alla successione di
leggi penali.
In senso lato può dirsi che si ha successione di leggi non solo quando una nuova
legge modifica il trattamento sanzionatorio, ma anche nel caso in cui una nuova legge
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incrimina un fatto che prima non era considerato reato, nonché nell’ipotesi inversa quando
un fatto cessi di essere considerato reato.
In senso stretto si parla invece di successione di leggi, in caso di modificazione di una
legge anteriore da parte di una legge successiva che, lasciando permanere l’illiceità
penale del fatto, lo assoggetti ad un trattamento sanzionatorio diverso: qui viene in
considerazione la continuità del tipo di illecito.
La disciplina fondamentale è posta dall’art. 2 c.p. che trova applicazione quando il
legislatore non detta una specifica disciplina transitoria diretta a regolare i problemi di
diritto intertemporale. Di seguito le ipotesi previste dal predetto art. 2:
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Nuova Incriminazione: si ha nuova incriminazione quando una nuova legge crea una
figura di reato prima inesistente o quando estende la portata di una norma
incriminatrice a fatti prima non rientranti nella stessa o amplia il novero dei possibili
soggetti attivi del reato.
Per questa ipotesi vale il principio di irretroattività della norma espresso in base al
quale per Costituzione e per Legge Nessuno può essere punito per un fatto
che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso non costituiva reato.
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Inoltre, la rimproverabilità della condotta, che presuppone la preesistenza del precetto alla
sua violazione, è una condizione necessaria per la punizione del reo in un sistema
improntato al principio personalistico della responsabilità penale (27 Cost.).
Secondo la Cassazione (Cass. 16-3-2006, n.9269), il principio di irretroattività della legge
penale è operante nei riguardi delle norme incriminatrici ma non rispetto alla misure di
sicurezza
L’abolitio criminis : ricorre quando un fatto cessa di essere reato in quanto una nuova
legge abroga la preesistente fattispecie penale o la modifica (abrogazione totale o
parziale).
In materia, vige il principio della retroattività della legge più favorevole al reo.
Ex art. 2 comma 2 c.p. nessuno può essere punito per un fatto che, secondo
una legge posteriore, non costituisca più reato; e se vi è stata condanna, ne
cessano l’esecuzione e gli effetti penali.
La modificazione delle norme penali: è il caso di una nuova legge che non crea nuove
incriminazioni, né abroga precedenti fattispecie di reato, ma prevede un trattamento
penale diverso.
Ex art. 2 comma 4 c.p. se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le
posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più
favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Anche in questo caso trova applicazione il principio della retroattività della legge più
favorevole al reo (o favor rei) : ---> tuttavia, a differenza del caso dell’abolitio criminis, nel
caso di modificazione delle norme penali, tale favor è precluso col passaggio in giudicato
della sentenza.
Secondo la giurisprudenza di legittimità : In merito alla individuazione della norma più
favorevole al reo, non si deve considerare solo la durata e la specie della pena vanno
considerate anche le pene accessorie, le circostanze aggravanti e
attenuanti, le cause che fanno venir meno il reato e la pena e i benefici che possono
essere concessi.
La disciplina è stata integrata dalla Legge 85/2006 che ha previsto un terzo comma
dell’art. 2, il quale dispone che nel caso in cui venga pronunciata condanna a pena
detentiva e successivamente una modifica legislativa prevede esclusivamente la
condanna a pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte automaticamente in
pena pecuniaria corrispondente.
E’ opinione comune che il divieto di irretroattività della norma penale favorevole riguardi
solo il diritto penale sostanziale.
Talvolta però in dottrina è discussa l’appartenenza di alcuni istituti al diritto
processuale o sostanziale..
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Non è consentito applicare retroattivamente una disciplina processuale che
peggiori la posizione dell’imputato.
Art. 2, ultimo comma la successione di leggi si applica anche nei casi di decadenza, e
di mancata ratifica di un decreto legge nel caso di un decreto-legge convertito in legge con
emendamenti.
PROBLEMAIl codice Rocco, si adeguava all’ordinamento costituzionale dell’epoca
Il quale stabiliva che gli effetti del decreto non convertito cessavano con
efficacia ex nunc
Il legislatore costituente del 1948, ha introdotto l’opposto principio della cessazione ex
tunc degli effetti del decreto non convertito (art. 77 Cost).
SOLUZIONE E', dunque, intervenuta la Corte Cost., con sentenza n. 51 del 1985, che
ha dichiarato l'incostituzionalità del comma 5 dell'art. 2 (ora comma 6) per violazione
del terzo comma dell'art. 77 Cost.
E', d'altronde, evidente che risulterebbe, per altro verso, contrario a Costituzione, sotto il
profilo della violazione dell'art. 25, in ipotesi di decreto legge contenente disposizione più
favorevole al reo, sottoporre alla disciplina penale più aspra derogata o abrogata dal
decreto legge non convertito fatti commessi durante la vigenza del decreto legge
medesimo.
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a) Se il decreto è favorevole ed il fatto è compiuto sotto la sua temporanea
vigenza, continua ad applicarsi il decreto anche se caducato (c.d. fatti
concomitanti)
b) Se invece il fatto è commesso sotto la vigenza della legge anteriore essa continua
ad applicarsi anche se temporaneamente interviene il decreto favorevole poi
caducato
c) Se il fatto è compiuto sotto la vigenza della legge favorevole e poi interviene il
decreto sfavorevole comunque esso non sarebbe applicato anche se venisse
convertito
d) Se invece il fatto è commesso sotto la vigenza del decreto sfavorevole che decade
si applicherà la legge favorevole che gli succede.
Tempo del commesso reato : in assenza di una presa di posizione legislativa, la dottrina
ha prospettato tre criteri :
Teoria della condotta : la quale considera il reato commesso nel momento in cui
si è realizzata l’azione o l’omissione (prevalente in dottrina perché essendo
questo il momento nel quale il soggetto mette in atto il proposito criminoso, si tratta
di un frangente temporale decisivo)
Teoria dell’evento : secondo cui il reato è commesso allorché si verifica il risultato
lesivo casualmente riconducibile alla condotta e necessario ai fini della compiuta
configurazione dell’illecito
Teoria mista : che guarda sia all’azione che all’evento, nel senso che il reato si
considera indifferentemente commesso quando si verifichi l’uno o l’altro estremo.
L’accertamento del tempo del commesso reato non pone problemi per i reati
istantanei, nei quali vi è coincidenza tra momento di commissione del reato e compimento
dell’azione tipica.
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Nei reati permanenti e nei reati abituali
dottrina e giurisprudenza fissano il tempo del commesso reato, nell’ultimo
momento di mantenimento della condotta antigiuridica
Reato continuato : esso non rappresenta un fatto unitario, ma piuttosto un concorso
materiale di reati, ciascuno dei quali presenta un proprio tempus commissi delicti.
Reati omissivi : occorre fare riferimento al momento in cui scade il termine (esplicito o
implicito) utile per realizzare la condotta doverosa.
La dottrina ha elaborato la teoria secondo la quale la differenza tra le due specie di reato
si fa poggiare su di un criterio quantitativo, vengono cioè distinte soltanto in ragione di
maggiore o minore gravità
art. 39 , distinzione tra delitti e contravvenzioni
art. 17 , le pene stabilite per delitti e contravvenzioni
In dottrina , detta dottrina convive con la teoria della bipartizione, la quale si limita solo a
scomporre il reato in elemento soggettivo e oggettivo.
manca l’antigiuridicità come elemento costitutivo del concetto di illecito penale
Fatto tipico:
il fatto tipico è, il complesso degli elementi che delineano il volto di uno specifico reato
(nell’omicidio , il fatto è l’aver cagionato la morte ad un uomo) . Nullum crimen sine lege..
Inoltre il fatto tipico deve essere idoneo a rispettare le esigenze poste dal principio di
materialità ovvero che il reato si manifesti in un contegno esteriore accertabile nella
realtà.
Antigiuridicità:
Si fonda sul principio di non contraddizione dell’ordinamento, nel senso che l’esistenza di
una causa di giustificazione, basta a renderlo lecito in tutto l’ordinamento giuridico.
Per spiegare sul piano dogmatico l’operatività delle cause di giustificazione, taluni
autori fanno ricorso agli “elementi negativi del fatto”, cioè a degli elementi che devono
mancare perché l’illecito penale si configuri.
Es. “è vietato cagionare la morte di un uomo , a meno che l’aggressione non
sia giustificata dalla necessità di difendersi”.
La funzione della categoria del fatto è quella di selezionare le forme di offesa meritevoli di
sanzione penale , ragion per cui la categoria stessa assume una connotazione
prettamente penalistica.
Le scriminanti servono ad integrare il diritto penale.
Colpevolezza:
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Riassume le condizione psicologiche che consentono l’imputazione personale del fatto di
reato all’autore.
La legge penale garantisce la libertà di scelta individuale nella misura in cui rifiuta la
responsabilità oggettiva, e subordina la punibilità in presenza di coefficienti soggettivi
dolo e colpa.
I reati si distinguono in :
1. reati monoffensivi per esistere il reato, necessità l’offesa di un solo bene
giuridico
a. es. omicidio, lesioni, ingiuria
2. reati plurioffensivi che offendono più beni giuridici
a. es. la rapina , lede sia il patrimonio della vittima, che la sua capacità di
autodeterminarsi
3. reati senza offesa (o reati scopo) che puniscono il verificarsi di situazioni che lo
Stato non vuole che si realizzino, così da anticipare l’incriminazione di talune
condotte.
Soggetto attivo del reato è colui che realizza il fatto tipico descritto dalla fattispecie
incriminatrice.
Può rendersi autore di un reato ogni essere umano a prescindere dall’età sesso o da altri
requisiti
La dottrina parla di CAPACITà PENALE e cioè attitudine di tutte le
persone a porre in essere un fatto rilevante per il diritto penale.
Il d.lgs. n. 231/2001
introduce una forma di tertium genus tra la responsabilità penale e la responsabilità
amministrativa:
introduce la responsabilità diretta delle persone giuridiche, punita con
sanzioni pecuniarie, per i reati commessi dai dipendenti.
Si parla di tertium genus perché la responsabilità delle persone giuridiche è disciplinata
secondo un modello che per alcuni profili è di stampo penalistico e sotto altri aspetti di
matrice amministrativa.
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Responsabilità per fatti costituenti reato commessi da animali:
Con riferimento al soggetto attivo del reato si pone il problema della eventuale
responsabilità dei fatti commessi da animali.
In tal senso:
a) Nel caso di animali selvatici o randagi non sorge alcuna responsabilità in capo
a soggetti determinati
b) Nel caso di animali di fatto custoditi da un soggetto, risponde sempre il soggetto
che li custodisce o li controlla:
A titolo di dolo se li ha aizzati o indotti volontariamente a commettere il fatto
A titolo di colpa per la violazione del dovere di diligenza nel controllo se tale
induzione o aizzamento è mancato.
Il soggetto passivo del reato è il titolare del bene protetto dalla singola fattispecie
incriminatrice di parte speciale.
Soggetto passivo può essere anche lo Stato ovvero una persona giuridica e va distinto dal
“danneggiato.
Il danneggiato infatti, è colui che ha subito un danno civilmente risarcibile, anche senza
essere titolare del bene giuridico protetto
( es. nell’omicidio il soggetto passivo è la vittima, ma i danneggiati sono i
parenti della vittima)
Sotto un profilo pratico, l’individuazione del soggetto passivo è rilevante, in quanto a lui
spetta il diritto di querela.
5. L’ELEMENTO OGGETTIVO
L’art. 25.2 comma della Costituzione, parla di “fatto commesso”. Tale espressione porta
ad escludere qualsiasi concezione del fatto di reato basata su atteggiamenti meramente
psichici.
La Costituzione dunque => fonda il nostro diritto penale sul principio di materialità,
secondo il quale può essere reato solo il comportamento umano che materialmente si
estrinseca nel mondo esteriore.
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La dottrina penalistica ha elaborato varie teorie sul termine “condotta”, di seguito le più
rilevanti:
1) La concezione naturalistica o causale secondo la quale la condotta è un
movimento corporeo cagionato dalla volontà;
2) La concezione finalistica dell’azione secondo la quale la condotta è
un’attività finalisticamente rivolta alla realizzazione dell’evento tipico.
L’OMISSIONE la dottrina oggi è concorde nel riconoscere alla omissione una essenza
non fisica, ma normativa .
L’omissione dunque consiste nel non compiere l’azione possibile, che il soggetto
ha il dovere di compiere.
La dottrina distingue i reati omissivi in due categorie:
Reati omissivi propri, che sono quelli per la cui sussistenza è necessaria la semplice
condotta negativa del reo, non essendo richiesto anche un ulteriore effetto di tale
condotta.
Sono elementi costitutivi :
(a) i presupposti. Vale a dire la situazione tipica da cui scaturisce l’obbligo di agire
(b) la condotta omissiva;
(c) il termine (esplicito o implicito) entro cui l’obbligo deve essere adempiuto;
Reati commissivi mediante omissione detti anche omissivi impropri, nei quali, ai fini
della sussistenza del reato, il soggetto deve aver causato, con la propria omissione, un
dato evento.
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Classificazione dei reati in base alla condotta :
I reati si distinguono in:
a) Reati di azione ed omissione: sono reati di azione o commissivi quelli che
possono essere commessi soltanto mediante un’azione; sono reati di omissione quelli
che possono essere compiuti soltanto a mezzo di una omissione (es. omissione di
referto; omissione di atti d’ufficio).
In base a questa distinzione non è possibile scindere tutti i reati in due
categorie perfettamente separate, perché vi sono reati (ad es. l’omicidio) che
possono compiersi sia con azione che con una omissione;
b) Reati a condotta mista : sono quei reati che richiedono per la loro realizzazione,
cumulativamente, sia un’azione sia un’omissione. Ne sono esempi i reati d’insolvenza
fraudolenta (art 641) e il reato di dolosa inesecuzione di un provvedimento del giudice (art.
388);
c) Reati a forma libera e reati a forma vincolata:
Forma Libera : è sufficiente che l’azione causale sia idonea a cagionare l’evento tipico.
Forma vincolata : la legge richiede che l’azione tipica si concretizzi attraverso
determinate modalità.
6. L’EVENTO
In realtà tale disputa non ha ragion d’esistere perché ci si accorge che in realtà lo stesso
legislatore usa il termine evento a volte nella sua accezione di accadimento esteriore ed
a volte nella sua accezione di offesa.
Più precisamente la parola evento è usata in senso naturalistico in tutte le norme
in cui si pone il problema della causalità, ed in senso giuridico quando viene in
considerazione ad altro fine come ad esempio per il dolo e la colpa (Mantovani).
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o
DISTINZIONI DEI REATI IN BASE ALL’EVENTO:
E’ possibile distinguere i reati, in relazione all’evento:
->Reati di pura condotta – reati di evento:
a) Secondo la concezione naturalistica, sono quei reati nei quali manca l’evento,
essendo sufficiente per la loro realizzazione il compimento di una determinata
condotta (esempio evasione);
b) Secondo la concezione giuridica, quei reati nei quali vi è solo l’evento giuridico e
non anche un evento inteso in senso naturalistico.
->Sono reati di evento (cd. reati materiali):
a) Secondo la concezione naturalistica, quei reati per la cui configurazione è
richiesto, oltre all’azione o all’omissione, il verificarsi di un evento;
b) Secondo la concezione giuridica, quei reati che presentano, oltre all’evento
giuridico che non può mai mancare, anche un evento materiale (o naturalistico).
->Reati omissivi propri ed impropri
->Reati di danno e reati di pericolo:
La differenza va fatta a seconda che l’evento sia di danno o di pericolo.
Il reato di pericolo deve essere tenuto distinto dal cd. reato di esecuzione anticipata
(reato di attentato), di cui basta il compimento di quel minimum richiesto dalla
norma per aversi un delitto perfetto mentre potrebbe al massimo configurarsi un
tentativo.
->Reati istantanei e reati permanenti
Sono istantanei quei reati in cui l’evento si produce in un solo istante (es.: la
morte nell’omicidio).
Sono reati permanenti quelli in cui l’evento, e con esso la consumazione, perdura
per un certo lasso di tempo (es.: sequestro di persona a scopo di estorsione).
7. IL RAPPORTO DI CAUSALITA’
L’azione punibile deve essere accompagnata dal requisito della coscienza e volontà.
Legislatore ha tipicizzato delle situazioni, dove per certo manca un giudizio di
colpevolezza:
• Forza maggiore : art. 45 non è punibile chi ha commesso il fatto per forza
maggiore. RATIO = Manca il requisito della coscienza e volontà. ESSA è qualsiasi
energia esterna contro la quale il soggetto non è in grado di resistere e che perciò lo
costringe necessariamente ad agire
• Costringimento fisico : non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato
costretto , mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi.
In tal caso del fatto commesso risponde l’autore della violenza. OCCORRE PERò che la
volontà dell’agente sia coartata in maniera assoluta; se sussistono margini di scelta, si
ricade nella diversa ipotesi della coazione morale.
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• Caso fortuito : non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito. Esso è
l’incrocio tra l’accadimento naturale e la condotta umana, da cui deriva l’imprevedibile
verificarsi di un evento lesivo.
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2. la teoria condizionalistica non riesce a spiegare tutti quei casi in cui non si
conosca a priori se la condotta tenuta dall’agente possa considerarsi condizione
idonea a produrre l’evento.
3. la teoria condizionalistica trascura l’eventuale ricorrenza di condizioni
determinanti ma estranee alla condotta del soggetto, magari addirittura
eccezionali, mostrando inevitabili inefficienze ai fini dell’esatta individuazione del
fatto criminoso.
La dottrina penalistica allora, ha elaborato altre due teorie causali: quella della causalità
adeguata e quella della causalità umana.
1) indeterminatezza del riferimento alla comune esperienza (l’id quod plerumque accidit),
che finisce per rendere tale teoria poco rigorosa ed esclusivamente empirica.
2) attraverso la suddetta prevedibilità ex ante dell’evento, si opera una contaminazione tra
la colpevolezza (elemento soggettivo) ed il rapporto di causalità (elemento
oggettivo).
3) La teoria della causalità adeguata estromette dal campo della causalità giuridica tutti
quegli eventi che, anche se in generale debbono ritenersi conseguenza non probabile,
straordinaria di quel certo tipo di condotta, tuttavia rispetto alla specificità della
situazione concreta e alla specifica scienza dell’agente, da lui sfruttate, possono
essere preventivamente calcolati come del tutto probabili o pressochè certi.
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o
La sussunzione del rapporto causale sotto leggi scientifiche
Il limite principale della teoria condizionalistica consiste nella sua incapacità di spiegare il
perchè del verificarsi di un determinato evento in tutti quei casi in cui non si sappia, a
priori, se la condotta posta in essere appartenga o meno al novero della condizioni idonee
a produrlo.
Secondo Mantovani il grado di conoscenza umana richiesto per stabilire quand’è che
un evento è, scientificamente, conseguenza dell’azione, è quello elaborato della
migliore scienza ed esperienza del momento storico.
il grado di successione che deve intercorrere tra azione ed evento, per
stabilire se il secondo è conseguenza della prima è quello della probabilità
relativa, inteso quale rilevante grado di possibilità.
Sulla base di tali premesse sono quindi utilizzabili non solo le leggi universali (di certezza),
ma anche quelle statistiche.
LA CASSAZIONE ha precisato che è configurabile la sussistenza del nesso di
causalità tra condotta ed evento, qualora esso sia stato accertato con giudizio
controfattuale che sia stato ritenuto attendibile secondo criteri di elevata credibilità
razionale, in quanto fondato sulla verifica, anche empirica, ma scientificamente condotta,
di tutti gli elementi di giudizio disponibili, criticamente esaminati (in tal senso, Cass. 11-7-
2013. N. 29889).
<-DEF-> Secondo la causalità scientifica, l’azione è causa dell’evento, quando
secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, l’evento è conseguenza
21
o
certa o altamente probabile dell’azione, in quanto senza di essa l’evento non si
sarebbe, con certezza o con alto grado di probabilità, verificato (Mantovani).
REATI OMISSIVI:
Come già detto, sono caratterizzati dall’omissione delle azioni imposte da quei comandi
per proteggere i beni giuridici
NESSO TRA OMISSIONE ED EVENTO :
esso consiste nel suo mancato impedimento.
Nei reati omissivi il rapporto di causalità tra omissione ed evento sussiste quando
l’azione doverosa che è stata omessa, se FOSSE STATA COMPIUTA, avrebbe impedito il
verificarsi dell’evento, nel senso che aggiungendola mentalmente, l’evento non si sarebbe
verificato.
ACCERTAMENTO : Duplice indagine :
• Accertare un rapporto di causalità tra un dato antecedente (un’azione umana o un
fattore naturale) e un dato evento concreto
• In secondo luogo , si deve usare lo schema della condicio sine qua non,
adattandolo alla peculiare struttura del reato omissivo improprio : bisogna chiedersi cioè
se , aggiungendo mentalmente l’azione doverosa che è stata omessa , ne sarebbe
seguita una serie di modificazioni della realtà che avrebbero bloccato il processo
causale sfociato nell’evento.
22
o
QUANDO L’EVENTO è il risultato di un processo causale innescato da fattori meccanici o
naturali (es. collisione fra un treno e autocarro) per stabilire se l’azione doverosa che è
stata omessa avrebbe o meno impedito l’evento, si dovrà fare ricorso a leggi scientifiche:
L’effetto impeditivo dell’evento va infatti accertato sulla base di una legge scientifica dalla
quale risulti che una data azione nel contesto delle circostanze del caso concreto,
avrebbe certamente (legge universale) o con un alto grado di probabilità (legge
statistica) interrotto il processo causale e quindi impedito il verificarsi dell’evento.
8. LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
Nozione: Sono situazioni in presenza delle quali un fatto che è vietato, in quanto
costituisce reato deve invece, considerarsi lecito poiché c’è una norma dell’ordinamento
che lo autorizza o lo impone.
Pertanto: ricorrendo tali situazioni un fatto conforme alla fattispecie astratta rimane
esente da pena perché l’ordinamento lo autorizza, lo consente o l’impone.
Le scriminanti vanno ricomprese nella più ampia categoria delle cd. esimenti
(Santamaria) che costituiscono una categoria generale a cui sono riconducibili tutte le
ipotesi di non punibilità richiamate dall’art. 59 ult. Comma c. p.
Nelle esimenti rientrano, come sottospecie, le cause di giustificazione (legittima difesa,
esercizio del diritto etc.);
Le scusanti sono riconducibili:
Al principio di inesigibilità, come impossibilità di esigere dal soggetto un determinato
comportamento, es.: stato di necessità determinato dall’altrui minaccia: art. 54, comma
terzo;
Ipotesi di non punibilità determinate da ragioni di opportunità politico-criminale, es. art.
649 c.p.: non punibilità del furto tra stretti congiunti;
23
o
Le scriminanti sono soggette alla applicazione di talune norme, contenute negli arttt. 55 e
59 c.p., che pongono i principi generali della materia.
In base al comma primo dell’art. 59 c.p. le cause di giustificazione esplicano il loro
effetto scriminante obiettivamente, per il solo fatto di esistere ed a prescindere dalla
consapevolezza della loro ricorrenza che ne abbia l’agente.
Esempio: dovrebbe andare esente da pena colui che spari ed uccida un terzo con
intenzione aggressiva senza accorgersi che in un momento appena anteriore questi stava
a sua volta per ucciderlo; in tal caso infatti ricorre, da un punto di vista meramente
oggettivo, una situazione di legittima difesa anche se l’agente non era consapevole ed ha
sparato non per difendersi ma per offendere.
Scriminante putativa
L’art. 59 c.p. comma tre stabilisce che: “se l’agente ritiene per errore che esistano
circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia
se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è
preveduto dalla legge come delitto colposo”.
La norma comporta l’equiparazione della ritenuta esistenza di una causa di
giustificazione alla sua esistenza effettiva (cd. scriminante putativa).
Quindi la regola per la quale l’erronea supposizione della ricorrenza di una scriminante fa
venir meno la punibilità costituisce applicazione della disciplina generale dell’errore sul
fatto prevista dall’art. 47 c.p.
Chi commette il reato nell’erronea supposizione dell’esistenza di una causa di
giustificazione vuole un fatto diverso da quello che costituisce reato.
Legittima difesa putativa: la Cassazione ha, più di recente sostenuto che l’errore
scusabile che può giustificare la scriminante putativa deve trovare adeguata
giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato e compreso,
abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto
al pericolo attuale di un’offesa ingiusta sulla base di dati di fatto concreti, e cioè di una
situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di
un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito, di un’offesa ingiusta (Cass.
2-2-2006, n. 4337).
La punibilità dell’agente non è esclusa se il fatto è previsto dalla legge come delitto
colposo.
24
o
La scriminate opera se: l’errore cade in un presupposto di fatto della scriminante stessa;
l’agente cioè deve credere di operare in una situazione di fatto tale che, se effettivamente
esistente, ricorrerebbe una delle cause di giustificazione previste dalla legge.
La scriminante non opera se: il soggetto crede per errore sul precetto che nella
situazione in cui si trova la sua azione sia imposta, autorizzata o consentita
dall’ordinamento.
Esempio: non si applicherà l’art. 59 ultimo comma c.p. ma l’art. 5 c.p. se il soggetto
reagisca di fronte alla provocazione verbale dell’avversario erroneamente credendo che
tale provocazione scrimini la sua condotta ritenendo la provocazione una vera e proprio
causa di giustificazione invece che una mera circostanza attenuante.
A) Diritti disponibili
Debbono ritenersi indisponibili, con conseguente irrilevanza del consenso, i diritti
tutelati in quanto appartenenti alla collettività nonché diritti dell’individuo che sono di
interesse pubblico e che quindi vengono tutelati indipendentemente dalla sua volontà.
25
o
Colui che presta il consenso deve essere capace di intendere e di volere al
momento della prestazione ed avere una maturità psicofisica sufficiente a
comprendere il significato del consenso prestato.
Per quando riguarda la capacità di agire, in alcuni casi è il legislatore stesso
a fissare un’età minima: es. diciotto anni per i reati in materia patrimoniale,
quattordici per la violenza sessuale etc. negli altri casi la dottrina più recente
(Fiandaca-Musco) ritiene che si debba indagare di volta in volta.
Il consenso deve essere espresso in maniera libera e non viziata e, soprattutto,
consapevole.
L’esistenza del consenso può essere desunta anche da una comportamento
concludente (c.. consenso tacito).
Il consenso deve, poi, essere lecito e cioè non contrario a norme imperative, ordine
pubblico e buon costume e attuale, cioè deve esistere al momento del fatto per cui non
deve essere revocato e non può essere successivo.
Dal consenso tacito, che è effettivamente esistente, vanno distinti il consenso putativo ed il
consenso presunto.
Limiti:
26
o
Il fatto penalmente rilevante deve essere stato determinato dalla necessità di esercitare
il diritto.
Il diritto di cronaca
La giurisprudenza ritiene che il diritto di cronaca giornalistica, sia quella giudiziaria o di
altra natura, rientra nella più ampia categoria dei diritti pubblici soggettivi relativi alla libertà
di pensiero e di stampa consacrati dall’art. 21 Cost. per cui il suo esercizio scrimina
eventuali reati commessi.
Il diritto di cronaca può essere esercitato anche quando derivi danno all’altrui reputazione
purché vengano rispettati determinati limiti e cioè:
1) che la notizia sia vera o, quantomeno, seriamente accertata (cd. limite della verità);
2) che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti medesimi nel senso che la
loro divulgazione contribuisca alla formazione di una opinione pubblica su fatti
oggettivamente rilevanti per la comunità (limiti della pertinenza);
3) che la esposizione della notizia sia mantenuta nei limiti della obiettività serenità ed
adeguatezza del linguaggio senza che si travalichi da una esposizione e da una critica
civile anche se vivace (limite della continenza).
Il diritto di critica
il diritto di critica si sostanzia nella narrazione dei fatti nell’espressione di un giudizio o, più
genericamente, di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente
obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata
sull’interpretazione necessariamente soggettiva di fatti e comportamenti.
Il limite essenziale del diritto di critica è costituito dal principio del neminem laedere e dal
rispetto del decoro di conseguenza la critica deve mantenersi nell’ambito della
correttezza del linguaggio e del rispetto dell’onore e della reputazione altrui.
Il diritto di sciopero
Il diritto di sciopero incontra dei limiti di duplice natura:
27
o
limiti interni ricavabili dalla natura del diritto in questione e dalle finalità
in funzione della quali è riconosciuto
limiti esterni derivanti dalla necessità di salvaguardare altri diritti ed
interessi, a loro volta costituzionalmente rilevanti che con quello di sciopero
entrano in conflitto (la vita, gli interessi economici).
L’ordine dell’autorità
L’ordine dell’autorità consiste in una manifestazione di volontà che il soggetto, munito per
legge di un potere di supremazia di diritto pubblico, rivolge al subordinato imponendogli
di tenere una determinata condotta.
Affinchè l’esecuzione dell’ordine possa avere efficacia scriminante occorre che tra i due
soggetti intercorra un rapporto di supremazia di diritto pubblico mentre non scrimina
l’adempimento di un ordine di un’autorità privata come accade nel campo del lavoro
subordinato.
Ai fini della non punibilità non basta l’esistenza di un ordine, ma occorre che questo
sia legittimo :
Presupposti formali :
o Competenza del superiore ad emanare l’ordine
28
o
o Competenza dell’inferiore ad eseguirlo
o Forma prescritta
Presupposti sostanziali :
esistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per l’emanazione dell’ordine
(es. l’emanazione di un’ordinanza di custodia cautelare presuppone che
esistano sufficienti indizi di colpevolezza a carico del destinatario del
provvedimento.
L’agente provocatore
Si è affermato sia in dottrina che in giurisprudenza, che l’agente provocatore agisce
senza dolo perché è convinto che il reato non si verificherà. Va quindi esente da pena
non avendo accettato nemmeno il rischio della commissione del reato.
Per la giurisprudenza l’attività dell’agente provocatore è scriminata
dall’adempimento del dovere (art. 51) perché la Polizia Giudiziaria ha
l’obbligo di ricercare le prove ed assicurare i colpevoli alla giustizia.
Si è poi precisato che l’agente provocatore non è punibile, soltanto se
il suo intervento è indiretto e marginale nell’ideazione ed esecuzione
del fatto, se, cioè, il suo intervento costituisce prevalentemente attività di
controllo, di osservazione e di contenimento dell’altrui azione illecita;
Mentre è punibile a titolo di concorso nel reato, se la sua condotta si
inserisce con rilevanza causale rispetto al fatto commesso dal provocato, nel
senso che l’evento delittuoso che si produce è riferibile anche alla condotta
dell’agente provocatore.
29
o
Art. 52 c.p.: non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di
un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
RATIO : Autotutela.
Struttura della legittima difesa ruota attorno a due comportamenti che si contrappongono :
• condotta aggressiva
• condotta difensiva
Caratteristiche aggressione :
- minaccia deve provenire da condotta umana, o da altro (animali ecc.) basta
che sia individuabile il soggetto che ha l’obbligo di vigilanza.
- può provenire anche da una condotta omissiva : (es. tizio impugna un arma
per far intimare a caio di ritirare l’animale feroce)
- l’aggressione giustifica la reazione anche se l’aggressore è un soggetto minore
o non imputabile
Oggetto dell’aggressione :
l’attacco deve avere ad oggetto un diritto altrui.
Attualità del pericolo , perché se non fosse attuale si potrebbe chiamare l’autorità.
OFFESA INGIUSTA , è cioè provocata contra ius. Non può invocare la legittima difesa
chi reagisce contro una persona che a sua volta esercita la facoltà della legittima difesa.
30
o
In sede interpretativa, la Cassazione ha ulteriormente precisato che
l’accertamento della legittima difesa deve essere effettuato con giudizio
ex ante – e non già ex post – delle circostanze di fatto
Per essere legittima, la reazione deve cadere sull’aggressore.
Infine, occorre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Vi sono forti analogie con la legittima difesa, ma si differenzia per due elementi
fondamentali :
i. Azione necessitata si dirige contro un individuo innocente
ii. L’azione giustificata deve tendere a salvaguardare soltanto “il pericolo
attuale di un danno GRAVE alla persona
La valutazione del “pericolo non altrimenti evitabile”, va effettuata in concreto con criteri
+ rigorosi rispetto alla legittima difesa.
Il pericolo deve avere ad oggetto un danno grave alla persona : cioè qualsiasi lesione
minacciata ad un bene personale giuridicamente rilevante, si tratti di un bene tutelato
nell’ambito penale o extrapenale.
32
o
nessuno mentre nel caso previsto dal comma 2 il giudice non ha alcun margine di
discrezionalità nell’applicare la scriminante;
3. Diversa è la natura giuridica.
Ai fini dell’applicazione della norma occorre che le offese siano reciproche ed entrambe
ingiuste; non si esige però che siano della stessa gravità e qualità.
La reciprocità sussiste quando tra le due offese esiste un rapporto
diretto, cioè un nesso di dipendenza che consenta di qualificare l’una
come la conseguenza dell’altra. Si deve trattare di offese scambievoli per
cui l’offesa di rimbalzo offende a sua volta l’offensore (Cass. 1-2-2000, n.
2177).
L’applicazione della causa di non punibilità è rimessa dunque, al potere discrezionale del
giudice.
L’art. 5 del D.Lgs. 14 settembre 1944 n. 288 ha tuttavia reintrodotto nel sistema la cd.
exceptio veritatis stabilendo che, nei casi tassativamente indicati è sempre possibile la
prova della verità del fatto.
L’istituto della prova liberatoria riguarda esclusivamente i reati di ingiuria e
diffamazione che consistano nell’attribuzione di un fatto determinato al soggetto
passivo.
9. LA COLPEVOLEZZA
33
o
Per la sussistenza della colpevolezza occorre che la commissione del fatto antigiuridico
possa essere personalmente rimproverabile.
I criteri sui quali si fonda quel rimprovero personale possono annoverarsi sotto la formula
della colpevolezza.
Criteri :
• Dolo , colpa
• Assenza di scusanti
• Conoscenza o conoscibilità della norma penale violata
• Capacità di intendere e di volere
Sentenza 364/88 :
La corte costituzionale ha riconosciuto che la responsabilità personale (27 , 1
comma) è sinonimo di responsabilità per un fatto proprio colpevole.
34
o
Il criterio di attribuzione responsabilità richiesto dal legislatore per i delitti è il dolo,
mentre la colpa rileva solo come eccezione ESPRESSA (nessuno può essere punito per
un delitto se non l’ha commesso con dolo…salvo i casi di colpa)…
Contravvenzioni sia per dolo che per colpa.
10. IL DOLO
DEFINIZIONE
Ex art. 42 comma secondo la responsabilità dolosa costituisce nei delitti la regola
mentre la responsabilità colposa e la preterintenzione costituiscono le eccezioni.
-> Ciò implica che mentre i delitti dolosi non hanno bisogno di un espresso riferimento al
dolo, i delitti colposi e preterintenzionali richiedono una espressa menzione della
colpa o della preterintenzione negli stessi elementi costitutivi della fattispecie legale.
In ogni caso nel silenzio o in assenza di chiare indicazioni della legge
sull’elemento soggettivo il delitto è doloso.
Il dolo rappresenta altresì la forma più grave di colpevolezza.
L’art. 43 c.p. al comma primo statuisce che il delitto è doloso o secondo l’intenzione
quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione o dell’omissione e da
cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto
come conseguenza della sua azione od omissione .
A) La rappresentazione
La rappresentazione deve abbracciare tutti gli elementi costitutivi; se l’agente ignora o
erra su taluni di essi, si avrà errore che esclude il dolo.
La rappresentazione sufficiente ai fini del dolo non è esclusa dallo stato di
dubbio,perché il soggetto si rappresenta contemporaneamente il duplice possibile modo
di essere della cosa.
La sufficienza dello stato di dubbio è però da escludere laddove la norma esiga la piena
conoscenza di uno o più elementi del fatto di reato.
Ad es., nel reato di calunnia è necessario che il soggetto sappia senza
incertezze che l’incolpato è persona innocente.
B) La volontà
il dolo è volontà di realizzare il fatto tipico.
35
o
Se manca tale volontà, il dolo non sarà integrato.
La volontà si deve tradurre in un atto integrato almeno con gli estremi del tentativo.
Di conseguenza per l’esistenza del dolo non basterebbe che l’agente abbia voluto il fatto
materiale, ma occorrerebbe altresì che il soggetto abbia previsto e voluto la lesione
dell’interesse alla cui tutela è diretta la norma incriminatrice.
Ex art. 47 c.p. il dolo è escluso dall’errore sul fatto che costituisce reato
LE SPECIE DI DOLO
A) Dolo antecedente, concomitante e susseguente
L’imputazione a titolo di dolo, presuppone che la volontà si traduca in realizzazione di un
fatto, almeno nello stadio del tentativo punibile.
Il dolo successivo non comporta responsabilità per l’evento se il fatto commesso non
costituisce di per sé reato.
Va però ricordato che a volte sorge il dovere di agire per impedire l’evento dannoso.
Si pensi al caso dell’infermiera che, per un fatale equivoco, somministra un
potente veleno ad un paziente e, accortasi dell’errore, omette
intenzionalmente di attivarsi perché il veleno sia neutralizzato.
Momento volitivo :
37
o
Il soggetto deve decidere di NON compiere l’azione doverosa
Nei reati omissivi impropri , il momento volitivo esige che il soggetto abbia posto a base di
quella decisione l’intenzione di NON IMPEDIRE l’evento o la certezza del verificarsi di un
evento che sarebbe stato impedito dal compimento dell’azione doverosa
11. LA COLPA
Nel nostro ordinamento italiano , si ha colpa quando la condotta concreta è difforme dal
modello di condotta prescritto da una regola di diligenza, prudenza o perizia, codificata o
non codificata.
Tutte le varie forme di colpa si fondano su un giudizio interamente normativo : cioè sul
contrasto tra la condotta concreta dell’agente e il modello di condotta imposto da regole di
diligenza , prudenza o perizia.
38
o
Colpa propria : caratterizzata dalla mancanza di volontà dell’evento. E’ l’ipotesi tipica
della colpa.
Colpa impropria : Si configura nonostante la volizione dell’evento :
Accanto alle regole codificate, vi è dunque un ampio spazio per regole la cui
individuazione grava sul giudice. (colpa generica), negligenza , imprudenza o imperizia.
Dovrà invece fare riferimento a quel che si doveva fare in un determinato momento:
confronterà il comportamento del singolo agente con il comportamento che in quelle
circostanze di tempo e di luogo avrebbe tenuto un uomo ideale, preso come modello di
riferimento.
Parte della dottrina sostiene che l’accertamento della colpa debba seguire due fasi, si
parla infatti di “doppia misura della colpa “ :
• In sede di tipicità si accerta la violazione del dovere obiettivo di diligenza
commisurato alla stregua dell’agente modello.
• In sede di colpevolezza, verificare se il soggetto che ha agito era in concreto in
grado (secondo il suo individuale potere di agire) di impersonare il tipo ideale di agente
collocato nella situazione data.
Le regole di diligenza vanno quindi inquadrate sulla persona del singolo agente.
39
o
INOLTRE , SI POSSONO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE SOLTANTO le
menomazioni fisiche e non anche quelle di natura psichica poiché sarebbe difficile
delineare un modello di agente in grado di riconoscere i pericoli da sventare
INVECE le capacità del singolo agente non possono fondare un dovere più alto di
diligenza.
LA CONDOTTA COLPOSA :
NEI REATI colposi di evento, il dovere di diligenza, prudenza , perizia, ha un duplice
contenuto :
1. Riconoscere il pericolo o i pericoli del realizzarsi del fatto antigiuridico
2. Neutralizzare o ridurre il pericolo che si realizzi
Con l’espressione responsabilità oggettiva ci si riferisce a tutti quei casi in cui l’evento
viene imputato al soggetto sulla base del semplice nesso di causalità;
La categoria della responsabilità oggettiva trova la sua espressa previsione nel codice
penale; ed infatti l’art. 42 c.p., dopo aver indicato, al comma 2, i criteri di imputazione
costituiti da dolo, colpa e preterintenzione, stabilisce che <<la legge determina i casi in
cui l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua
azione od omissione>>; è chiaro che con l’avverbio <<altrimenti>> ci si riferisce ad un
titolo di imputazione diverso da quelli previsti nel comma precedente.
Si parla dunque di responsabilità oggettiva in tutte le Ipotesi in cui un fatto di reato viene
addossato all’agente senza che sia necessario accertare la presenza del dolo o della
colpa.
41
o
L’attuale testo dell’art. 57 c.p. stabilisce: <<salva la responsabilità dell’autore della
pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice direttore responsabile il quale
omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad
impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di
colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura
non eccedente un terzo>>.
La norma configura una ipotesi di responsabilità per fatto proprio omissivo.
IL DELITTO PRETERINTENZIONALE.
Ai sensi dell’art. 43 c.p. il delitto <<è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando
dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello
voluto dall’agente>>.
Previsto come un criterio generale di imputazione lo stesso nel codice trova applicazione
solo in relazione alla figura dell’omicidio preterintenzionale di cui all’art. 584 c.p. a mente
del quale <<chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli
581 e 582 cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto
anni>>.
Gli elementi strutturali del delitto preterintenzionale sono costituiti dalla volontà
dell’evento minore (le percosse o le lesioni), dalla non volontà dell’evento più grave
(la morte) e dal nesso di causalità tra l’azione diretta a cagionare il primo evento e
quello più grave in concreto verificatosi.
Analoga alla figura dell’omicidio preterintenzionale è quella prevista dall’art. 586 c.p. che
stabilisce che <<quando da un fatto preveduto dalla legge come delitto doloso
deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una
persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83, ma le pene stabilite negli articoli
589 e 590 sono aumentate>>.
42
o
L’ELEMENTO SOGGETTIVO NELLE CONTRAVVENZIONI.
L’art. 42, ultimo comma, c.p. dispone che <<nelle contravvenzioni ciascuno risponde
della propria azione o omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o
colposa>>.
ASSENZA DI SCUSANTI:
Cioè circostanze anormali che , nella valutazione legislativa, hanno influito in modo
irresistibile sulla sua volontà o sulle sue condizioni psicofisiche.
Carattere tassativo del catalogo delle scusanti: espressamente prevedute dalla legge, ed
eventuali lacune in materia di scusanti POSSONO ESSERE COLMATE SOLTANTO dal
LEGISLATORE e non dal giudice in via analogica.
Principali scusanti :
• PROVOCAZIONE, nei delitti contro l’onore
• È scusato chi commette fatti antigiuridici dolosi di falsa testimonianza , falsa perizia
o interpretazione , favoreggiamento personale ecc… PER ESSERVI STATO
COSTRETTO dalla necessità di salvare di salvare sé medesimo o UN PROSSIMO
CONGIUNTO, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore
La persona riconosciuta da vizio totale di mente al momento del fatto viene prosciolta
per difetto di colpevolezza, ove però sia ritenuta socialmente pericolosa e il fatto
commesso integri un delitto doloso punito con la reclusione nel massimo dei due anni,
l’agente verrà sottoposto a misura di sicurezza.
In caso di vizio parziale di mente, l’agente viene sottoposto ad una pena diminuita in
misura non eccedente un terzo
Di norma gli stati emotivi e passionali sono irrilevanti ai fini dell’imputabilità, ma dottrina
e giurisprudenza hanno apposto un limite :
gli stati emotivi o passionali escluderanno l’imputabilità quando siano la
manifestazione esterna di un vero e proprio squilibrio mentale , anche
transitorio , che abbia carattere patologico in forma tale da integrare un vizio
totale o parziale di mente (es. caso di una morbosa gelosia, quando dia vita
ad un vero e proprio stato delirante)
44
o
il presupposto che si pone alla base è ravvisabile nel fatto che in determinate situazioni
anomale il soggetto è esposto ad una particolare pressione.
Nel novero delle cause di esclusione della colpevolezza rientra senza dubbio l’errore di
fatto, così come disciplinato dall’art. 47 c.p., e, secondo autorevole dottrina (Fiandaca-
Musco), anche il caso fortuito o la forza maggiore ed il costringimento fisico.
L’ERRORE IN GENERALE.
L’errore è una falsa rappresentazione della realtà, naturalistica o normativa.
L’errore determinato dall’altrui inganno è idoneo ad escludere il dolo solo se ricade sul
fatto e non anche quando investa il precetto.
Non è esclusa una responsabilità dolosa quando l’agente, nonostante l’errore, fosse
comunque animato dal dolo di un reato diverso.
IL REATO PUTATIVO
Si ha reato putativo quando il soggetto crede di commettere un reato, ma in realtà
realizza un fatto che reato non è (ex art. 49, comma primo).
Allo stesso fenomeno si inquadra il caso in cui il soggetto crede di compiere un reato più
grave, ma in realtà pone in essere un reato meno grave.
IL REATO ABERRANTE
46
o
La divergenza tra voluto e realizzato, come detto, può dipendere sia da un errore che
incide nel momento rappresentativo-formativo della volontà (errore motivo) sia da un
errore nella fase di esecuzione del reato (errore inabilità).
La divergenza tra voluto e realizzato per una deviazione nella fase esecutiva può
dipendere da errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato sia da altra causa.
In questo caso si parla di reato aberrante che ricorre quando il soggetto realizza, per
errore nei mezzi di esecuzione o per altra causa, un reato diverso da quello voluto
ovvero cagiona offesa a persona diversa da quella che voleva colpire.
Nel primo caso si ha l’aberratio delicti (art. 83 c.p.); nel secondo l’aberratio ictus (art. 82
c.p.).
Le due ipotesi presentano in comune la circostanza che in entrambe l’errore non
riguarda il processo formativo della volontà, ma il processo di traduzione in atto di una
volontà correttamente formatasi.
L’ABERRATIO ICTUS
L’aberratio ictus si verifica allorché l’evento voluto viene realizzato, ma incide su
persona diversa o anche su una pluralità di persone diverse da quella cui l’azione era
diretta.
L’art. 82 c.p. che stabilisce che : Quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione
del reato o per altra causa è cagionata offesa a persona diversa da quella cui l’offesa era
diretta il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona
che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti ed attenuanti,
le disposizioni dell’art. 60>>.
Qualora oltra alla persona diversa sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il
colpevole soggiace alla pena prevista per il reato più grave aumentata della metà.
Con riferimento alla ipotesi pervista al comma 1 si parla di aberratio ictus monolesiva. Nel
comma 2 è disciplinata l’aberratio ictus plurilesiva.
ABERRATIO DELICTI:
art. 83: Se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si
cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa,
dell'evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei
reati.
l’agente per un errore esecutivo realizza un reato che lede beni diversi da quelli
originariamente presi di mira
--> critica: nell’intento del legislatore non si tratta di un reato colposo (altrimenti la norma
sarebbe stata inutile), bensì di un caso di responsabilità oggettiva, con un delitto
considerato colposo quoad poenam --> correttivi alla luce delle sentt. Corte Cost. 364/88
e 1085/88: bisogna richiedere l’accertamento dei requisiti della colpa.
14. IL TENTATIVO
Nel nostro ordinamento c’è una norma che estende la responsabilità anche a chi tenta,
senza riuscirvi, di realizzare un fatto delittuoso.
L’art. 56 c.p. si integra con le norme di parte speciale che descrivono i singoli delitti dando
vita ad altrettante figure delittuose, che però, sono orme di manifestazione meno gravi di
quelle dei delitti.
Ex art. 56 c.p Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere
un delitto , risponde di delitto tentato se l’azione non si compie o l’evento non si
verifica.
Contrapposizione tra delitto tentato e consumato : Nel delitto tentato l’azione non si
compie o l’evento non si verifica.
Il legislatore ha circoscritto la funzione estensiva della norma sul tentativo ai soli delitti, e
dall’art. 42 co. 2 c.p. si rileva che il delitto tentato deve essere necessariamente
commesso con dolo.
Struttura di fondo del tentativo : il legislatore ha sviluppato coerentemente l’idea che NON
C’è REATO SENZA OFFESA AI BENI GIURIDICI; infatti si può parlare di tentativo
soltanto se gli atti dell’agente sono idonei a commettere un delitto, cioè se creano la
probabilità della consumazione del reato , e quindi creano un pericolo per il bene
tutelato dalla norma incriminatrice di parte speciale.
48
o
Il reato tentato, comportando un’offesa meno grave al bene giuridico, sarà sanzionato con
una pena obbligatoriamente più lieve.
Non basta che gli atti dell’agente siano potenzialmente in grado di approdare alla lesione
del bene giuridico, ma il legislatore DEVE stabilire preliminarmente quali fra gli atti
compiuti dall’agente, se idonei, possono rilevare ai fini del tentativo, DEVE CIOè
individuare un momento dell’iter criminis a partire dal quale può configurarsi il tentativo
di un determinato delitto..
Nei reati a forma vincolata gli atti esecutivi sono quelli che corrispondono allo
specifico modello di comportamento descritto nella norma incriminatrice.
Nei reati a forma libera l’azione tipica si individua in funzione del mezzo scelto in
concreto dall’agente: esecutiva è l’attività che consiste nell’uso del mezzo scelto
dall’agente (es. veleno, pistola , nell’omicidio doloso)
Nei reati che si esauriscono in una o più azioni, l’idoneità andrà quindi rapportata al
completamento dell’azione o delle azioni richieste dalla legge per la consumazione del
reato.
49
o
Nei reati d’evento, l’idoneità degli atti andrà invece valutata in relazione al verificarsi
dell’evento o degli eventi.
Il giudizio di idoneità va formulato ex ante : il giudice deve cioè fare “viaggio nel
passato”, riportandosi idealmente al momento dell’inizio dell’esecuzione del delitto
(es. inizio della scalata nell’evasione…)
Secondo Marinucci e Dolcini , occorre effettuare una prognosi a base totale, facendo
riferimento al principio di offensività.
NOZIONI GENERALI
Alquanto controversa è la distinzione tra circostanze ed elementi costitutivi che ha
un’importanza tutt’altro che teorica, dal momento che influisce innanzitutto sull’esistenza
del reato e, dunque, sulla disciplina applicabile ad ognuno di questi elementi.
51
o
La concessione delle circostanze attenuanti generiche è rimessa, dunque, al giudice
che può riconoscerle anche a prescindere dalla ricorrenza delle condizioni per
l’applicazione delle circostanze attenuanti tipiche .
RAPPORTI CON L’ART. 133 C.P. (VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DEL REATO
AGLI EFFETTI DELLA PENA)
Un problema particolarmente dibattuto è stato quello del rapporto delle circostanze
attenuanti generiche con i criteri di valutazione di cui all’art. 133 c.p.
Come giustamente osservato, il giudice ha ampi poteri discrezionali nell’esercizio dei quali
può considerare quello, tra gli elementi dell’art. 133, da ritenere prevalente ed atto a
consigliare o meno la concessione del beneficio (in tal senso Mantovani e Cass. 7-7-2003,
n. 28894).
Conseguentemente, si paventa il rischio che un medesimo profilo divenga oggetto di una
doppia valutazione, in sede di giudizio sulla concessione delle circostanze es in sede di
quantificazione della pena base, con violazione del divieto del ne bis in idem
sostanziale.
Sembra, pertanto, particolarmente risolutiva la strada suggerita da illustre dottrina,
secondo cui in sede di commisurazione della pena x art. 133 c.p. non potrà tenersi
conto di un elemento che già sia stato valutato ai fini della concessione delle
circostanze attenuanti generiche.
53
o
ATTENUANTI GENERICHE ED INCENSURATEZZA DOPO IL CD.
<<DECRETO SICUREZZA>>
Mediante l’inserimento di un ulteriore comma nell’art. 62bis, si è disposto che <<in ogni
caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non
può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di
cui al primo comma>>.
La nuova norma mira ad imporre allo stesso giudice un adeguato percorso giustificativo
della decisione, impedendo applicazioni praticamente automatiche dell’istituto, largamente
diffuse nella prassi, fondate sull’incensuratezza del reo.
Quest’ultima condizione, dunque, anche dopo i correttivi del decreto sicurezza, continua a
costituire elemento suscettibile di esame da parte del giudice, che dovrà peraltro
tenerne conto esplicitando il modo in cui essa incida sulla capacità a delinquere
dell’imputato, congiuntamente agli altri elementi di cui all’art. 133 comma 2 c.p., e
nell’ambito di una valutazione complessiva degli elementi presi in considerazione da
entrambi i commi da tale norma.
Il 4° co. dell'art. 69, nel testo introdotto dalla L. 251 del 2005, pur mantenendo la
possibilità di bilanciamento di tutte le circostanze, stabilisce il divieto di prevalenza
delle attenuanti nel caso di concorso con la recidiva reiterata ex art. 99, 4° co. e con
le aggravanti in tema di concorso di persone nel reato di cui agli artt. 111 e 112, 1°
co., n. 4.
LA RECIDIVA
La recidiva è una circostanza prevista dall’art. 99 c.p. che comporta un aumento della
pena per <<chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro>>.
Ai fini della recidiva rilevano solo le condanne per i delitti dolosi, mentre sono escluse
quelle conseguenti ai delitti colposi e alle contravvenzione.
55
o
Nell’ordinamento giuridico italiano, gli effetti della recidiva sono molteplici e non influiscono
solo all’aumento della pena da infliggere.
Fra l’altro, ad esempio la forma reiterata di cui al quarto comma dell’art. 99 c.p.:
a) Impedisce il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti
(art. 69 c.p.);
b) È di ostacolo al cd. patteggiamento allargato (art. 444 c.p.p.);
c) Comporta un aumento della pena non inferiore ad un terzo di quella stabilita per il
reato più grave, in caso di concorso formale o di continuazione di reati (art. 81
c.p.);
d) Determina un aumento dei termini massimi di prescrizione di reati
e) Rende immediatamente efficace l’ordine di esecuzione anche per le pene
detentive brevi (art. 656 c.p.p.);
f) Incide sulla concessione di eventuali permessi premio ai detenuti
Difatti Nei reati per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore nel
massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta
pena, la punibilita' e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita'
del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa e' di
particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale.
56
o
L'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo comma
dell’art. 133 c.p., quando :
l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudelta', anche in danno di
animali, o
ha adoperato sevizie o, ancora,
ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento
all'eta' della stessa ovvero
quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze
non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene
conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una
pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.
In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del
giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69.
1) Pluralità di persone :
Nei reati monosoggettivi : deve concorrere almeno un’altra persona (partecipe).
Nei reati necessariamente plurisoggettivi deve aggiungersi almeno un’altra persona
a quelle la cui condotta è già richiesta dalla struttura della norma incriminatrice.
57
o
Art. 115 sancisce la NON punibilità dell’accordo per commettere un reato e la NON
punibilità dell’istigazione accolta a commettere un reato, quando il reato non è stato
commesso.
Il legislatore italiano ha modellato il concorso di persone secondo l’idea dell’accessorietà
risalente in Italia e dominante in molti ordinamenti stranieri.
58
o
Autore : colui il quale compie gli atti esecutivi del reato
Coautore : colui che interviene insieme ad altri nella fase esecutiva
Ausiliatore o complice : è quel partecipe che si limita ad apportare un qualsiasi
aiuto materiale nella preparazione o nella esecuzione del reato.
Problemi nell’individuazione dei coefficienti minimi che ne giustificano l’incriminazione
(per il complice)
Varie teorie in dottrina :
L’azione del compartecipe deve costituire condicio sine qua non del fatto
punibile (opinione tradizionale)
o Obiezioni : Il ricorso alla condicio presenta l’inconveniente di restringere
l’area del concorso. Es. Se tizio fornisce la chiave di una cassaforte, ma il
reato si sarebbe ugualmente consumato ma in tempi diversi.
Per superare le insufficienze della condicio , si ricorre alla teoria della causalità
agevolatrice o di rinforzo: è ritenuto penalmente rilevante sia
l’ausilio necessario che non può essere mentalmente eliminato senza che il
reato venga meno, sia anche l’ausilio che si limita ad agevolare o facilitare il
conseguimento dell’obiettivo finale. Giudizio ex post.
o Obiezioni : Potrebbe anche darsi che la condotta del correo si riveli
inutile ai fini della consumazione del reato. Es. chi dia un grimaldello il
quale però è inadatto a forzare la porta di una casa…..) e quindi non
agevolatrice.
Nel concorso morale o partecipazione psichica si distinguono due figure :
Determinatore : compartecipe che fa sorgere in altri un proposito criminoso
prima inesistente
Istigatore : colui che si limita a rafforzare o eccitare in altri un proposito
criminoso già esistente.
Determinatore assume un ruolo più decisivo rispetto a chi si limita a eccittare un proposito
delittuoso già formato.
Nel concorso morale , il nesso di causalità tra condotta atipica e fatto principale si
articola in un duplice passaggio :
L’istigazione deve far nascere o rafforzare in capo all’istigato il proposito di
commettere un reato
Il reato deve essere commesso
59
o
Si tratta cioè di accertare con l’aiuto di leggi psicologiche , che in assenza
della condotta istigatoria, l’autore non avrebbe realizzato il fatto di reato con
quelle specifiche modalità. (Si esclude ISTIGAZIONE quando l’autore aveva già
deciso di commettere il delitto)
Art. 116 configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, cioè che prescinde dal dolo o
dalla colpa. La rinuncia al requisito della colpevolezza obbedisce, nelle originarie
intenzione del legislatore del ’30, al proposito di introdurre un trattamento punitivo così
rigoroso da disincentivare la realizzazione in concorso di attività criminose.
La Corte costituzionale con una sentenza interpretativa di rigetto ha respinto l’eccezione
asserendo che la responsabilità ex art. 116 poggia sulla sussistenza sia del rapporto di
causalità materiale, sia di un rapporto di causalità psichica :
Infatti il reato diverso più grave commesso dal concorrente debba potere
rappresentarsi alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei
fatti umani , come uno sviluppo logicamente prevedibile da quello voluto.
60
o
È irrilevante che il partecipe conosca le modalità con cui l’autore eseguirà il reato, è
sufficiente solo che il concorrente si rappresenti la commissione di un fatot concreto
conforme a quello descritto dalla norma incriminatrice.
61
o
Irresponsabilità agente (di polizia) provocatore , appunto perché in assenza di
dolo, e al fine di assicurare alla giustizia.
(DEROGA)Se il fatto realizzato dal partecipe integra un reato diverso, la disciplina
del dolo imporrebbe di escludere la responsabilità del partecipe. Però questa regola viene
derogata dall’art. 116 cp il quale stabilisce che qualora il reato sia diverso da quello voluto
da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua
azione od omissione. Ipotesi di responsabilità oggettiva.
Trattamento sanzionatorio:
Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena
per questo stabilita.
Significa che la pena per i singoli concorrenti andrà graduata all’interno di una
medesima cornice edittale.
Il giudice però , qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone abbia avuto
minima importanza, può diminuire la pena.
Nei casi in cui con una sola azione od omissione o con una pluralità di azioni od omissioni
si integrino gli estremi di più figure di reato, siamo in presenza o di un concorso
apparente di norme , il quale comporta l’applicazione di una sola norma penale
escludendo tutte le altre, oppure di un concorso di reati ove verranno applicate tutte
quelle norme richiamate dal fatto di reato concreto.
Concorso formale di reati : se i reati sono stati commessi con una sola azione
od omissione
Concorso materiale di reati, se sono stati commessi con più azioni od omissioni
Criterio di specialità:
(15) : Quando più leggi penali regolano la stessa materia, la legge speciale deroga alla
legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.
63
o
E quindi quando tra due norme incriminatrici sussiste un rapporto di specialità si ha un
concorso apparente di norme e al fatto concreto è applicabile la sola norma speciale che
ESTROMETTE la norma generale.
Una norma è speciale rispetto ad un’altra quando descrive un fatto che presenta tutti gli
elementi del fatto contemplato dall’altra(norma generale) e inoltre uno o più elementi
“specializzanti”.
Specializzante è:
• Un elemento che specifica un elemento del fatto previsto dalla norma generale
• Un elemento che si aggiunge a quelli previsti dalla norma generale.
CRITERIO DI SUSSIDIARIETÀ :
Una norma è sussidiaria rispetto ad un’altra quando quest’ultima tutela uno o più beni
ulteriori oppure reprime un grado di offesa più grave allo stesso bene.
La consunsione :
La commissione di un reato strettamente funzionale ad un altro (e più grave) reato
COMPORTA l’assorbimento del primo reato Nel reato più grave.
Antefatto e postfatto non punibile.
CONCORSO DI REATI :
Per Individuare un concorso di reati bisogna innanzitutto vedere se la figura descritta dalla
norma incriminatrice esiga il compimento di più azioni.
Concorso formale di reati : se con una sola azione od omissione si violi più volte la
legge penale
Concorso materiale di reati : se con più azioni od omissioni si violi più volte la legge
penale.
64
o
• Più severo è il trattamento riservato al concorso materiale di reati => il nostro
ordinamento adotta il cumulo materiale delle pene e di regola su applicano le pene
previste per ogni singolo reato sommato l’una all’altra
Nei reati omissivi : il presupposto è l’unicità del contesto spazio-temporale nel quale si
aveva l’obbligo di compiere le azioni che sono state omesse.
Inoltre (per sottolineare la minor severità), la pena non può essere superiore a quella
che sarebbe applicabile per il cumulo materiale.
Per individuare il più grave fra i reati e cioè la VIOLAZIONE più grave è controverso se
bisogna riferirsi in astratto o in concreto :
Giurisprudenza annovera che la violazione più grave debba intendersi in astratto, e cioè
sarebbe violazione più grave quel reato per il quale la legge prevede il massimo della
pena più elevato.
D o t t r i n a invece, pensa che la violazione più grave sarebbe quella per la quale il
giudice , alla luce di tutte le circostanze concrete, infliggerebbe la pena più elevata.
=> Conseguenza che la violazione più grave potrebbe risultare anche quel reato che il
legislatore sanzione con pene edittali meno elevate nel massimo.
Una volta individuato il reato più grave, si quantifica la relativa pena , che fungerà da
pena base per la formazione della pena complessiva.
Il giudice quindi , dovrà indicare un QUANTUM di pena per ciasciuno dei reati meno
gravi (reati-satellite).
LIMITI : (DOPPIO LIMITE) la pena finale non può superare:
• Né il triplo della pena base
• Né L’ammontare della pena che verrebbe applicata se si procedesse al cumulo
materiale.
Trattamento sanzionatorio :
Cumulo materiale temperato dagli art. 78 e ss.: in ogni caso , la pena complessiva non
può essere superiore al quintuplo della più grave delle pene concorrenti.
Il giudice quindi applicherà di regola la somma aritmetica delle pene stabilite per ciascun
reato.
Se invece si tratta di reati puniti con pene diversa o di genere diverso, le varie pene si
applicano tutte distintamente.
REATO CONTINUATO :
si realizza quando taluno con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo
disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di
diverse disposizioni di legge.
18. LA PENA
66
o
La pena deve tendere alla rieducazione del condannato mirando ad agevolare il suo
ravvedimento e reinserimento e non può, quindi, consistere in trattamenti contrari al
senso di umanità
Di prevenzione generale
La pena è un mezzo per distogliere i consociati dalla commissione di atti criminosi. Tale
scopo viene realizzato sia tramite la sua minaccia come conseguenza della violazione di
un determinato precetto, sia tramite la sua applicazione.
SINGOLE PENE
E’ possibile distinguere tra : Pene principali, sanzioni sostitutive delle pene detentive
brevi e pene accessorie.
PENE PRINCIPALI.
Le pene principali sono quelle inflitte dal giudice con una sentenza penale di condanna.
Per i delitti:
Ergastolo consiste nella privazione della libertà personale e per l’intera
durata della vita del condannato. La Corte Costituzionale ha dichiarato
inapplicabile la pena ai minorenni. – è scontato in uno degli istituti a ciò
destinati con l’obbligo del lavoro e dell’isolamento notturno.
Reclusione pena detentiva che va da 15 giorni a 24 anni – il limite di 24
anni può essere elevato fino a 30 anni in caso di aumenti di pena
detrminati dal concorso di circostanze aggravanti.
Multa Pena pecuniaria che va da € 50 a € 50.000
Per le contravvenzioni:
Arresto pena detentiva che va da 5 giorni a 3 anni – in caso di concorso
di circostanze aggravanti, il limite può essere elevato a 5 anni.
Ammenda pena pecuniaria che va da €20 a € 10.000
67
o
Consiste nell’affidamento in prova del condannato a pena non superiore ai 3 anni, ad un
Centro di servizio sociale fuori dall’istituto penitenziario, al fine di evitare i danni dal
contatto con l’ambiente e la totale privazione della libertà.
Per l’effetto del c.d. decreto svuota carceri del 2014, la misura in esame può
essere concessa anche al condannato che debba espiare una pena, pur
residua, non superiore agli anni 4.
La semilibertà:
è regolato dagli artt. 48 e ss.dell’ordinamento penitenziario.
Consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori
dall’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al
reinserimento sociale.
Sono ammessi a godere del regime di semilibertà:
a) Condannato alla pena dell’arresto o della reclusione per un periodo non superiore
a mesi 6
b) Il condannato che ha espiato metà della pena e in altri casi previsti per legge
c) Internato in ogni tempo
d) Il condannato all’ergastolo che abbia scontato almeno 20 anni di pena.
La misura è preclusa per il condannato che sia stato riconosciuto colpevole del delitto di
evasione.
La liberazione anticipata:
Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di
rieducazione, è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, una riduzione di
pena di 45 giorni per ciascun semestre di pena detentiva scontata.
A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di
detenzione domiciliare.
Il decreto svuota carceri del 2014 ha previsto che per un periodo di tempo
determinato (2 anni dall’entrata in vigore del decreto), la detrazione di pena concessa con
la liberazione anticipata passi da 45 a 75 giorni per ogni singolo semestre di pena.
La detenzione domiciliare :
La pena della reclusione non superiore a 4 anni, anche se costituente parte residua di
maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria
abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o
accoglienza, quando trattasi di :
a) Donna incita o madre di prole di età inferiore ad anni 10
b) Padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente,
quando la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza
alla prole;
c) Persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti
contatti con presidi sanitari territoriali;
68
o
d) Persona di età superiore ai 60 anni, se inabile anche parzialmente;
e) Persona minore di anni 21, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e
di famiglia.
Nel dettaglio si è disposto che la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se
costituente parte residua di maggior pena, possa essere eseguita presso l’abitazione del
condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza.
Libertà controllata ( Non può eccedere 1 anno e 6 mesi per la reclusione , non può
eccedere i 9 mesi per l’ammenda )
Lavoro sostitutivo ( non può superare i 60 giorni)
25 euro di pena pecuniaria (a richiesta del condannato) => 1 giorno di lavoro
sostitutivo
38 euro di pena pecuniaria (a richiesta del condannato) => 1 giorno di libertà
controllata
Dall’8 agosto 2009, 250 € o frazione di 250€, di pena pecuniaria per un giorno
di libertà controllata.
69
o
Il procedimento di conversione della pena pecuniaria è adottato dal magistrato di
sorveglianza.
Le pene sostitutive , come le pene principali, sono inflitte dal giudice nella sentenza di
condanna o di patteggiamento.
Il giudice può sostituire la pena detentiva (nei limiti fissati dalla legge) e tra le pene
sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del condannato.
70
o
2. Qualora sopravvenga una nuova condanna a pena detentiva per un altro reato
commesso prima o dopo la condanna con la quale è stata applicata la pena
sostitutiva
LE PENE ACCESSORIE:
Si possono applicare solo in aggiunta ad una pena principale.
Si distinguono :
Pene accessorie per i delitti :
Interdizione dai pubblici uffici
Interdizione da una professione o da un’arte
Interdizione legale
Interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese
Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione
Estinzione del rapporto di impiego o di lavoro
Decadenza o la sospensione dell’esercizio della potestà dei genitori
Pene accessorie per le contravvenzioni :
Sospensione dall’esercizio di una professsione o di un’arte
Sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese
Pena accessoria comune a delitti e contravvenzioni :
Pubblicazione della sentenza penale di condanna
Tale elenco non ha carattere tassativo.
APPLICAZIONE :
le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna , senza che sia necessaria
un’espressa dichiarazione in sentenza.
(nella sentenza di patteggiamento la pena irrogata deve essere superiore a
due anni).
Gli effetti penali della condanna danno vita ad uno status che si tradurrà in un effettivo
pregiudizio per il condannato SOLO in via eventuale, a condizione cioè che nei suoi
confronti si apra un nuovo procedimento penale per un altro reato.
71
o
Esempi di effetti penali della condanna possono individuarsi nelle suddette discipline :
Sospensione condizionale della pena
Perdono giudiziale
Non menzione nel certificato del casellario giudiziale
Sostituzione pena detentiva
Recidiva
Abitualità nel reato
Il legislatore negli art. 132 e 133 c.p. impone alle scelte del giudice sia :
Dei limiti esterni : e cioè di non poter dare una massimo o un minimo di pena
superiore o inferiore al minimo o al massimo edittale
Dei limiti interni : destinati a riflettersi nella motivazione della pena attribuita nella
discrezionalità usata:
Quando la pena viene applicata nel minimo , la Corte di Cassazione considera sufficienti
le tradizionali formule sintetiche “ appare congruo , appare equo o adeguato”.
Quando invece il giudice , nel quantificare la pena, supera in modo vistoso il minimo
edittale, è tenuto a motivare esplicitamente sulle ragioni che lo hanno determinato a
tale conclusione.
QUINDI=> quanto più il giudice intende discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il
dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale.
Criteri fattuali => Gravità del reato, capacità a delinquere del reo
Criteri finalistici => Fini della pena
- Dottrina e giurisprudenza ritengono che la pena assolva, nello stadio
dell’irrogazione da parte del giudice, ad una serie di funzioni. Il giudice deve
assumere la rieducazione come criterio finalistico di commisurazione della pena
entro i limiti della colpevolezza per il singolo fatto concreto, nel rispetto della dignità
della persona del condannato e del divieto della responsabilità per fatto altrui.
EX ART. 133 C.P. : ai fini della commisurazione della pena il giudice deve tener conto
della GRAVITà DEL REATO desunta :
- Dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo e da ogni altra
modalità dell’azione.
- Dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato
- Dalla intensità del dolo o dal grado della colpa
72
o
La norma fa riferimento al singolo episodio in concreto , e non alla gravità della figura
astratta di reato.
Il giudice deve tener conto anche della capacità a delinquere del colpevole desunta :
Dai motivi a delinquere e dal carattere del reo
Dai precedenti penali e giudiziari , dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti
al reato
Dalla condotta contemporanea e susseguente al reato
Dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo
Il giudizio di capacità a delinquere va proiettato nel futuro e quindi tutti gli indici
legislativi di capacità a delinquere devono essere utilizzati dal giudice ai fini di una
prognosi sui futuri comportamenti dell’agente
ORDINAMENTO PENITENZIARIO:
Costituzione del 1948 => impegna il legislatore a orientare la pena verso una finalità di
rieducazione del condannato, cioè verso il suo REINSERIMENTO nella società.
Arginare l’azione desocializzante del carcere, prevedendo che il detenuto sia dotato di
abiti propri, possa acquistare cibo, possa provvedere all’igiene personale e fruire di una
sfera di riservatezza
Morte del reo : estingue sia la pena, le pene accessorie e ogni effetto penale della
condanna
La disciplina della prescrizione del reato è stata oggetto di riforma sostanziale ad opera
della legge ex Cirielli del 2005.
La prescrizione, inoltre, non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena
dell’ergastolo, anche come effetto di circostanze aggravanti.
Dies a quo :
ex art. 158 c.p., il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno
della consumazione.
Per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole.
Per il reato permanente , dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater,
anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo [[n600quater.1cp]], 600
quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612
bis del codice penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione
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decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che
l'azione penale sia stata esercitata precedentemente.
* In quest'ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della
notizia di reato.
L’articolo 159 c.p., così come modificato dalla riforma Orlando (L 23/06/2017, n. 103),
stabilisce che Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi:
1) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il
deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche
se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza
che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore
a 1 anno e 6 mesi;
2) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il
deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado,
anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della
sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a 1 anno e 6 mesi.
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IMP In nessun caso i termini stabiliti nell’art. 157 c.p. possono
essere prolungati oltre i termini di cui all’art. 161 secondo comma, fatta
eccezione per i reati di cui all’art. 51 del c.p.p..
Nello specifico:
In nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più
di un quarto del tempo necessario a prescrivere
Della metà, nei casi di recidiva aggravata di cui all’art. 99 secondo comma
Di 2/3 nel caso di recidiva reiterata di cui all’art. 99 quarto comma
Del doppio, nei casi di cui agli artt. 102,103 e 105 (abitualità e professionalità
nel reato)
L'interruzione della prescrizione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato.
La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si
sta procedendo
Requisiti oggettivi
1. aver scontato almeno 30 mesi o comunque almeno metà della pena, qualora la
pena residua non superi i 5 anni;
2. aver scontato almeno 4 anni di pena e non meno di ¾ della pena irrogata, in caso
di recidiva aggravata o reiterata;
3. aver scontato almeno 26 anni di pena in caso di condanna all'ergastolo;
4. aver scontato almeno ⅔ della pena, fermi restando gli ulteriori requisiti e limiti
sanciti dall’art. 176 c.p., in caso di condanna per i delitti di cui all’art. 4/bis l. 354/75
(art. 2 del D.L. 13/5/1991, n. 152, convertito in legge 12/7/1991, n. 203).
Requisiti soggettivi
1. aver tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il proprio ravvedimento;
2. aver assolto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato
dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.
3. Può, inoltre, chiedere di essere ammesso al beneficio in qualsiasi momento della
detenzione la persona condannata che stia scontando una pena per reato
commesso quando era minore di 18 anni.
Qualora la liberazione condizionale non sia concessa per riscontrato difetto del requisito
del ravvedimento, una nuova richiesta non può essere riproposta prima che siano
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decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto
(giusta art. 682 c.p.p.).
Tale disciplina è prevista dall’art. 162-ter del c.p., inserito dalla c.d. riforma Orlando con L.
103/2017.
Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai
sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non
accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma
offerta a tale titolo.
Se l’imputato, entro il termine previsto per l’apertura del dibattimento, dimostra di non aver
potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile:
può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a 6 mesi,
per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di
risarcimento.
Il giudice dichiara l'estinzione del reato, all'esito positivo delle condotte riparatorie.
Per quanto concerne i processi in corso alla data in vigore della L. 103/17, il legislatore
ha chiarito che il giudice dichiara l'estinzione anche quando le condotte riparatorie
siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado.
L'imputato, nella prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimità,
successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, può chiedere la fissazione di
un termine, non superiore a 60 giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di
quanto dovuto a titolo di risarcimento e all'eliminazione, ove possibile, delle conseguenze
dannose o pericolose del reato,
Nella stessa udienza l'imputato, qualora dimostri di non poter adempiere, per fatto a lui
non addebitabile, nel termine di 60 giorni, può chiedere al giudice la fissazione di un
ulteriore termine, non superiore a 6 mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma
rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento.
Il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la
successiva udienza alla scadenza del termine stabilito dalla norma.
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Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso.
DISCIPLINA GENERALE:
Sistema del doppio binario:
Le misure di sicurezza personali correlate non alla colpevolezza ma alla pericolosità si
affiancano alla pena come un’ulteriore pena a tempo indeterminato.
Disegno politico-criminale che emerge dalla relazione del guardasigilli al progetto definitivo
del codice penale:
La necessità di predisporre nuovi e più adeguati mezzi di lotta contro le
aggressioni all’ordine giuridico, da adoperarsi quando le pene siano da sole
insufficienti a perseguire lo scopo…
Coerentemente con questo disegno , le misure di sicurezza detentive riservate agli
imputabili , hanno assunto nella prassi i connotati di un’ulteriore pena detentiva, che si
cumula a tempo indeterminato con la reclusione o con l’arresto.
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Inoltre (2 comma) la legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente
pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla
legge come reato.
Quasi reato => reato impossibile, accordo per commettere un delitto, se l’istigazione viene
accolta ma il reato viene commesso.
La pericolosità deve essere valutata NON al momento della commissione del fatto,
bensì:
al momento della applicazione della misura , quando il giudizio viene operato dal
giudice di cognizione
al momento dell’esecuzione, quando viene operato dal magistrato di
sorveglianza
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Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro
applicazione. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa ,
si applica la legge in vigore al tempo dell’esecuzione.
Le misure di sicurezza personali sono applicate dal giudice di cognizione, nella sentenza
di condanna o proscioglimento.
Se una persona ha commesso più fatti di reato, per i quali sono applicabili più misure di
sicurezza della medesima specie è ordinata una sola misura di sicurezza.
Se invece le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice applicherà una sola
misura o più misure a seconda della pericolosità della persona.
Adottando tale criterio, sono definibili propri i delitti omissivi che consistono nel mancato
compimento di un’azione che la legge penale comanda di realizzare. All’omittente infatti si
fa carico SOLO di non aver posto in essere l’azione doverosa E NON DI NON aver
impedito l’evento dannoso connessi alla condotta omissiva:
Nell’omissione di soccorso, se ne consegue la morte del soggetto bisognoso di aiuto,
l’omittente non risponde di omicidio, semmai gli verrà applicata una circostanza
aggravante.
Sono definibili impropri i reati omissivi che consistono nella violazione dell’obbligo di
impedire il verificarsi di un evento tipico ai sensi si una fattispecie commissiva-
base.
L’omittente assume in questi casi il ruolo di “garante” della salvaguardia del bene protetto
e risponde anche dei risultati connessi al suo mancato attivarsi.
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CONDOTTA OMISSIVA TIPICA nell’illecito omissivo proprio è quella che consiste nel
mancato compimento dell’azione richiesta in presenza della situazione conforme alla
fattispecie incriminatrice.
Il compimento dell’azione comandata presuppone che il soggetto abbia la possibilità di
agire.
Tale possibilità di agire va intesa nel senso del minimo di possibilità materiale di
adempiere al comando: possibilità che può essere esclusa sia dall’assenza delle
necessarie attitudini psico-fisiche sia dalla mancanza delle condizioni esterne
indispensabili per compiere l’azione doverosa.
IL REATO viene meno se il soggetto ha compiuto un serio sforzo di adempiere all’obbligo
di agire e l’insuccesso è dovuto a circostanze esterne.
L’attivarsi di uno dei co-obbligati può far venir meno i presupposti della situazione tipica.
L’art. 40 c.p. stabilisce una regola di equivalenza tra il non impedire un evento che si ha
l’obbligo giuridico di impedire e il cagionarlo.
L’art. 40 da luogo ad un fenomeno di estensione della punibilità.
La fattispecie del reato omissivo improprio ricomprende la situazione tipica, intesa come il
complesso dei presupposto di fatto che danno vita ad una situazione di pericolo per il bene
da proteggere e che pertanto rendono attuale l’obbligo di attivarsi del garante.
Per attribuire all’omittente la responsabilità per l’evento occorre dimostrare che esiste
una connessione tra l’evento stesso e la condotta omissiva.
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Per effettuare una simile prognosi, il giudice non potrà però basarsi soltanto sulle
sue personali conoscenze:
I criteri di giudizio da adottare sono quelli del modello della sussunzione
sotto leggi scientifiche.
COLPA:
L’adempimento del dovere di diligenza presuppone che il soggetto obbligato abbia la
possibilità di agire nel senso richiesto. Si tratta, di una possibilità di agire in senso
fisico.
INOLTRE l’orientamento finalistico dell’azione comandata esige infatti che il soggetto
obbligato sia in grado di dominare i fattori necessari al raggiungimento dello scopo.
Quindi , i requisiti nei quali si articola la possibilità di agire sono :
a. Conoscenza o riconoscibilità della situazione tipica
b. Possibilità obiettiva di agire
c. Conoscenza o riconoscibilità del fine dell’azione doverosa
Conoscenza o riconoscibilità dei mezzi necessari al raggiungimento del fine medesimo
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