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Ampliamento delle possibilità di reperire risorse finanziarie per le società chiuse: profili
di comparazione: Lo svolgimento di un’attività imprenditoriale, in forma societaria, comporta
la necessità di dotare la società delle risorse economiche e finanziarie che ne consentano
l’effettivo funzionamento, siano esse denaro, beni materiali, particolari competenze e, in
generale, ogni entità che risulti utile all’esercizio della specifica attività d’impresa indicata
come oggetto sociale. Nelle società chiuse, l’attività di finanziamento deve confrontarsi con le
caratteristiche proprie di questo genere di società. Mentre da una parte – vi è l’esigenza propria
di ogni attività d’impresa di raccogliere il più facilmente possibile capitale di rischio e di
credito, assume rilievo, dall’altra, il fatto che si tratti di società di capitali caratterizzate da un
ristretto numero di soci, dall’esistenza di un rapporto personale tra gli stessi, dal divieto di
incorporare le quote di partecipazione in titoli negoziabili e dalle limitate possibilità di fare
ricorso al mercato del capitale di credito. A livello comparato, è riscontrabile una tendenza
volta ad ampliare le possibilità di reperimento delle risorse finanziarie per le società chiuse. In
Italia, la riforma (delle società di capitali e) della s.r.l. del 2003 ne costituisce un significativo
esempio. L’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 366/2001 (legge delega in materia di riforma
delle diritto societario) indica tra i principi generali ispiratori della riforma della società a
responsabilità limitata il «prevedere un autonomo ed organico complesso di norme, anche
suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali
tra i soci». Il comma 2 rileva tra i criteri direttivi quello di «dettare una disciplina dei
conferimenti tale da consentire l’acquisizione di ogni elemento utile per il proficuo
svolgimento dell’impresa sociale a condizione che sia garantita l’effettiva formazione del
capitale sociale; consentire ai soci di regolare l’incidenza delle rispettive partecipazioni sociali
sulla base di scelte contrattuali» (lett. c) e quello di «semplificare le procedure di valutazione
dei conferimenti in natura nel rispetto del principio di certezza del valore a tutela dei terzi»
(lett. d). Alla luce di queste linee guida, la riforma ha introdotto la conferibilità a capitale delle
prestazioni d’opera e servizi (art. 2464, comma 6, c.c.), una disciplina dei conferimenti in
natura semplificata rispetto a quella della s.p.a. (art. 2465) e la possibilità di attribuire a singoli
soci particolari diritti agli utili o amministrativi (art. 2468, comma 3). A questo si aggiunge la
delega a «disciplinare condizioni e limiti per l’emissione e il collocamento di titoli di debito
presso operatori qualificati» (lett.g), che ha aperto la strada alla nuova disciplina prevista
dall’art. 2483. La possibilità, ad esempio, di attribuire particolari diritti agli utili o di carattere
amministrativo può essere letta come incentivo al finanziamento a titolo di capitale di rischio,
perché consente di assecondare le esigenze o pretese del singolo socio, favorendone quindi la
partecipazione in società. Anche altri ordinamenti oltre quello italiano consentono questa
possibilità. L’art. 799 del codice delle obbligazioni svizzero dichiara applicabili alle quote
sociali privilegiate, per analogia, le disposizioni in materia di azioni privilegiate della società
anonima. L’art. 656 dispone quindi che esse danno diritto ai vantaggi che sono loro
espressamente concessi: in particolare possono essere accordati privilegi nella ripartizione dei
dividendi e dell’avanzo della liquidazione. Per la private company inglese è prevista la
possibilità di emettere differenti categorie di azioni che attribuiscano diritti diversi agli
azionisti, se previsto negli articles of association.
Aspetti patrimoniali del trust: Nel trust si realizza un triplice ordine di “spostamenti”
patrimoniali: nel caso del deed of trust, il disponente perde la proprietà dei beni trasferiti al
trustee, che ne acquista il titolo legale. Nel caso della declaration of trust, non c’è alcun
trasferimento di proprietà: di conseguenza, il trustee è titolare del fondo fiduciario già al
momento della dichiarazione, per effetto della quale i beneficiari acquistano la proprietà
effettiva sui beni in trust. Nel modello inglese, con la creazione del trust cessa ogni rapporto tra
il settlor, da una parte, e il trustee, la proprietà in trust e i beneficiari, dall’altra. Il suo ruolo è
esclusivamente quello di “creatore” dello strumento fiduciario, e gli obblighi imposti al trustee
sono dovuti e azionabili soltanto dai beneficiari. Nella disciplina statunitense, accanto al
modello tradizionale britannico (cd. irrevocable trust) esiste la categoria dei cd. revocable trust,
in cui il disponente trattiene il potere di revocare e, pertanto, di far cessare il trust; non solo egli
ha il controllo sull’operato del trustee, ma viene ritenuto ancora proprietario dei beni in trust.
Beneficiary principle e trust di scopo nel diritto inglese: In virtù del beneficiary principle,
per la costituzione di un trust è sempre necessaria la presenza di uno o più beneficiari. I
beneficiari possono essere individuati sin dall’inizio dal settlor (cd. fixed trust); in alternativa, il
disponente può incaricare il trustee di selezionare i suddetti tra un gruppo o classe di beneficiari
potenziali (cd. discretionary trust) I trust di “scopo” sono ammessi solo se lo scopo è altruistico
o è espressamente riconosciuto dall’ordinamento; hanno, quindi, carattere eccezionale.
C
Caratteristiche principali delle close corporation: La close corporation (società chiusa)
indica una particolare forma di società che presenta caratteristiche tali da renderla un ibrido tra
le società di capitali e le società di persone, il cui tratto distintivo è rappresentato dall’essere
partecipate da un numero ristretto di soci, le cui partecipazioni non sono negoziate sui mercati
regolamentati. Tale società è dotata di personalità giuridica; i soci dispongono di una
responsabilità limitata; la trasferibilità delle partecipazioni è quasi sempre limitata, talvolta
addirittura dalla legge; spesso manca un organo amministrativo e si prevede un asse divisorio
fluido nella ripartizione di competenze tra soci e amministratori; infine, la “proprietà” (nel
senso di decisioni fondamentali e destinazione finale del risultato economico) è in capo agli
investitori. Si tratta, quindi, di un insieme eterogeneo, le cui caratteristiche ricorrenti sono la
minore distinzione tra soci e amministratori e la presenza di limiti, di diritto o di fatto, alla
possibilità di disinvestire tramite trasferimento della partecipazione.
Close corporation e problemi di agenzia: Nel diritto societario “generale” si riscontrano tre
tipologie di “conflitti di agency”: il primo vede contrapposti gli azionisti e gli amministrator,
quale conseguenza della separazione tra la “proprietà”, in capo agli azionisti, e la gestione
dell’impresa, in capo ai manager; il secondo gli azionisti di maggioranza contro quelli di
minoranza (l’azionista di maggioranza ha il potere di determinare le sorti della società e, con
esse, delle utilità che i soci di minoranza possono conseguire); il terzo risiede tra la società e i
terzi che, a vario titolo, entrano in rapporto giuridico o fattuale con la stessa. Nelle società
chiuse i primi due conflitti tendono a riassumersi in un’unica contrapposizione tra soci
“amministratori” e soci “non amministratori”: nelle società chiuse i soci sono, nella
maggioranza dei casi, anche amministratori della medesima; per contro, la circostanza che non
tutti lo siano (spesso, i soci di minoranza), accentua il conflitto tra siffatte posizioni. Per quanto
riguarda il terzo, le dimensioni ridotte delle close corporation rendono meno attuali i conflitti
tra impresa e dipendenti; è accentuato, invece, il conflitto tra soci e creditori. I soci, infatti,
sopportano, per effetto della responsabilità limitata, le conseguenze negative dell’attività
limitatamente al conferimento, mentre beneficiano integralmente dell’andamento positivo.
Contratto e proprietà nella fiducia di diritto italiano: Quando si parla di tipologie negoziali
riguardanti la fiducia si fa riferimento alle varie declinazioni del contratto fiduciario. Tale
istituto può essere definito come quel contratto o schema negoziale con cui a un soggetto viene
trasferito un bene, con l’obbligo di amministrarlo per conto di chi ha operato il trasferimento e
ritrasferirglielo su sua richiesta. La differenza tra fattispecie fiduciaria e contratto fiduciario sta
nel considerare di per sé rilevante la situazione di fatto, a prescindere da quale sia il titolo
giuridico che lega il bene al soggetto. Le parti decidono di far sì che una determinata situazione
di fatto (consistente nel trasferimento di un bene dal fiduciante al fiduciario) produca effetti per
il fatto che le stesse parti ritengono che questo soddisfi un loro interesse. La situazione di fatto
si compone di due elementi: deve esserci la volontà di realizzare le circostanze formali che
consentono ad un soggetto diverso dal titolare del bene di trovarsi nella condizione di poter
esercitare efficacemente i poteri che sono necessari per la gestione e l’amministrazione del
bene stesso; è altresì necessario che vi sia il consenso del proprietario del bene ad immettere il
fiduciario nella disponibilità del bene e, allo stesso tempo, che vi sia la volontà del fiduciario
stesso di assumere la relativa posizione.
D
E
Following: Con il following il beneficiario di un trust può stabilire che un determinato bene è
stato illegittimamente trasferito a un terzo. Nel disciplinare il conflitto tra il diritto di sequela
reale dei beneficiari e il terzo che abbia acquistato il bene oggetto di distrazione viene data
prevalenza alle regole sul valido acquisto della property rispetto al diritto del beneficiario alla
restituzione di un bene individuato. Il terzo, quindi, non è tenuto a restituire a condizione che:
si tratti di un acquisto a titolo oneroso a un prezzo di mercato; l’acquirente fosse “in buona
fede” e non fosse a conoscenza dei diritti vantati dal beneficiario sul bene.
G
Gli obblighi degli amministratori di società chiuse nell'ordinamento tedesco: Gli
amministratori di società di capitali devono presentare istanza di apertura del fallimento entro
tre settimane dal manifestarsi dello stato d’insolvenza, identificato alternativamente
dall’“incapacità di pagare” o dall’“eccessivo indebitamento”. La giurisprudenza ha, ormai da
tempo, riconosciuto all’obbligo in questione la natura di “legge di protezione” dei creditori
sociali, ammettendo così, la responsabilità diretta verso questi ultimi per i danni loro causati nel
caso di mancata (o tardiva) presentazione dell’istanza. Fattispecie da cui scaturisce l’obbligo di
presentazione sono, dunque, “l’incapacità di pagare” e l’eccessivo indebitamento. La prima,
che molto si avvicina allo stato d’insolvenza rilevante per l’apertura del fallimento
nell’ordinamento italiano, viene definita dal quale incapacità di adempiere regolarmente alle
obbligazioni esigibili, nonché oggetto di presunzione relativa ove la società abbia interrotto i
pagamenti: si configura come un’oggettiva e non temporanea impossibilità di adempiere, non
sanabile a breve termine, distinguendosi così da situazioni di mera illiquidità transeunte, che, se
superate, non rientrano nel novero delle cause d’insolvenza.
Gli obblighi del trustee: Il trustee (fiduciario) è tenuto, nei confronti dei beneficiari, a
svolgere la propria attività rispettando i doveri fiduciari imposti in capo al medesimo: il duty of
loyalty, consistente nel dovere di fedeltà, ossia di non agire in conflitto d’interessi; il duty of
care, ossia il dovere di diligenza. In caso di violazione di detti obblighi (cd. breach of trust), i
beneficiari hanno a disposizione sia azioni risarcitorie nei confronti del trustee sia azioni “reali”
a tutela del fondo in trust.
I rimedi del beneficiario nei confronti delle operazioni poste in essere dal fiduciario: Il
trustee è tenuto, nei confronti dei beneficiari, a svolgere la propria attività rispettando i doveri
fiduciari imposti in capo al medesimo: il duty of loyalty = dovere di fedeltà, di non agire in
conflitto di interessi; il duty of care = dovere di diligenza. In caso di violazione di detti obblighi
(breach of trust), i beneficiari hanno a disposizione sia azioni risarcitorie nei confronti del
trustee sia azioni “reali” a tutela del fondo in trust. Secondo le prospettive più moderne, i poteri
- doveri del trustee sono la risposta dell’ordinamento ai “costi di transazione” che i problemi di
agency specifici di tale fattispecie determinano. I conflitti di agency – ovvero sia i rischi di
opportunismo che insorgono ogni qual volta qualcuno (agent) è incaricato di svolgere un
compito nell’interesse di un altro (principal) per l’impossibilità (dovuta a incapacità o non
convenienza) di monitorare adeguatamente l’esecuzione di tale compito – attengono, nel trust,
al rapporto tra i beneficiari e il trustee, in primo luogo e, se il trust è revocabile, al rapporto tra
il disponente e il trustee.
I presupposti dell'azione risarcitoria in common law in caso di violazione del contratto: In
common law il contratto è visto come una promessa, ossia un'assunzione di garanzia di un
risultato. In caso di mancata attuazione a tale promessa, il debitore deve risarcire il danno,
senza rilevare la sua diligenza o colpevolezza. Quindi, nel caso in cui manchi il risultato
garantito da parte del debitore, la promessa non è rispettata, a prescindere dalla colpa.
L’inadempimento è concepito in senso unitario ed infatti il “mancato raggiungimento del
risultato” si realizza ogni qualvolta il debitore non esegue la prestazione nei termini con cui è
stata assunta. Ciò avviene anche con il semplice ritardo che è di per sé una violazione della
promessa. Dunque,con la promessa, il debitore assume il“rischio” del verificarsi di ostacoli o di
impedimenti che rendano successivamente non attuabile la prestazione dovuta. In tale caso si
tratta di un regime di responsabilità tendenzialmente oggettiva. In common law si pone
ugualmente il problema di stabilire quando il debitore può considerarsi liberato in ragione di
un evento impeditivo. Questo interrogativo si pone, però, dalla prospettiva dell’ambito
oggettivo di operatività della garanzia. L'impostazione si differenzia in base al tipo di
prestazione oggetto del rapporto. Infatti, se il debitore promette l’esecuzione di un servizio, è
liberato se esegue la prestazione con reasonable care and skill, ad esempio la prestazione del
revisore, del consulente finanziario etc. Inoltre, se il debitore promette di consegnare o
realizzare una cosa, la garanzia si estende normalmente al raggiungimento del risultato, senza il
quale il debitore non è liberato , come ad esempio l'obbligo del locatore di mettere a
disposizione l’immobile. Le parti possono stipulare l’esenzione da questa garanzia. Ma vi sono
ugualmente dei casi dubbi. Un esempio è cattivo esito della prestazione del chirurgo a causa del
difetto della protesi o l'attività dell’architetto che libera solo il risultato per quanto concerne la
progettazione, mentre basta l’esecuzione con reasonable care nella direzione del lavori.
Il concetto di violazione material nel diritto inglese ed in quello statunitense: In common
law nasce il problema di quando il contraente insoddisfatto può dichiarare il contratto risolto
per inadempimento della controparte. In questo caso, i rimedi sono cumulabili e lo
scioglimento può essere chiesto in via aggiuntiva rispetto alla domanda di risarcimento del
danno o la restituzione di quanto già eseguito. Il criterio utilizzato per determinare quando
può esserci lo scioglimento del contratto, oltre al risarcimento, è la nozione di materiality, ossia
essenzialità, della violazione imputabile alla controparte. Quindi, non vi è la risoluzione se
l’inadempimento non riguarda un’obbligazione che è o deve essere considerata essenziale per
le parti, secondo la dinamica del contratto. Determiniamo quando una violazione è material nel
diritto statunitense ed in quello inglese. Nel primo, la difficile distinzione è stata abbandonata
dal Restatement of contract nel 1981. Infatti, si autorizza la controparte a sciogliersi dal
contratto solo la total breach of contract, ossia quando c'è una material failure of performance.
Inoltre,vengono previsti specifici criteri diretti a stabilire la materiality. Mentre, nel diritto
inglese si contrappongono i concetti di condition e Warranty. Infatti, ogni promessa
contrattuale è un obbligo che rappresenta una warranty, ossia la garanzia, anche implicita, la
cui violazione è fonte di obbligo risarcitorio. Nel solo caso in cui la promessa inadempiuta
rappresenti una condition, la controparte è legittimata a sciogliersi dal vincolo contrattuale.
Secondo la giurisprudenza, un’obbligazione configura una condition quando la parte
insoddisfatta perda sostanzialmente tutto il vantaggio che era previsto che avrebbe dovuto
ottenere dal contratto. Nel caso in cui non è stato previsto un termine, la mancata esecuzione
entro un reasonable time autorizza la controparte ad assegnare, con intimazione, un termine per
l’adempimento, al decorso del quale, se material, il contratto può essere considerato risolto.
Inoltre, nel caso in cui risulti dalle circostanze come comportamenti concludenti o dichiarazioni
che una parte non adempierà all’obbligo contrattuale, l’altra può considerare il contratto risolto
e agire per il risarcimento del danno. Nel caso in cui sia stato stabilito un termine per
l’adempimento, la mancata esecuzione entro tale termine prefigura una mancata attuazione
della premessa( breach of contract) e non un semplice ritardo, che fonda il diritto al
risarcimento del danno. Nel caso in cui tale termine è material, la controparte può anche
sciogliersi dal contratto.
Il contratto a favore di terzi: comparazione: La possibilità che un contratto sia suscettibile di
fondare una pretesa giuridicamente tutelata in capo a un soggetto che non vi è parte è
contrastata dalla tradizionale concezione del contratto bilaterale. L’ALR prussiano fu tra le
prime codificazioni a occuparsi in via generale del contratto a favore di terzi: disponeva, infatti,
che i benefici a vantaggio del terzo potevano essere oggetto di un contratto; il terzo, tuttavia, vi
acquisiva un diritto solo dopo un atto di adesione formale. Con la Pandettistica si giunse
all’idea per cui la volontà delle parti del contratto è, in quanto tale, fonte necessaria e
sufficiente del diritto in capo al terzo beneficiario. Nel BGB sono state trasfuse i dati acquisiti
dalla Pandettistica. Le parti possono, quindi, prevedere che il terzo acquisti “immediatamente”
il diritto alla prestazione oggetto dell’accordo; uguale effetto può scaturire dal contratto anche
in mancanza di espressa pattuizione, purché ciò possa essere desunto dalle circostanze e dallo
scopo del contratto. Il CO svizzero prevede che il contratto può essere integrato qualora la
nascita del diritto in capo ad un terzo sia nell’intenzione di entrambe le parti o sia conforme alle
consuetudini. L’ABGB austriaco è stato modificato nel 1916, inserendo l’istituto del contratto a
favore di terzi: l’effetto acquisitivo può essere desunto dalle circostanze del contratto e, nel
dubbio, “qualora la prestazione principale debba giovare” al terzo. Nel code francese l’accordo
è valido solo se la parte che promette di eseguire la prestazione a vantaggio del terzo
(promittente) si è dichiarata disposta ad eseguire la prestazione alla controparte (promissario)
oppure se costituisca uno strumento per attuare una donazione a vantaggio del terzo. Nel
common law inglese, il diritto dei contratti è ancora retto dal principio della privity of
contracts, per cui ogni contratto ha il potere di creare diritti e obblighi solo in capo ai soggetti
che sono parti contraenti. Ad ogni modo, le attribuzioni di diritti a soggetti terzi possono essere
veicolate per mezzo di altri istituti (principalmente il trust). Negli USA il contratto a favore di
terzi è ammesso dalla metà del XIX secolo. In merito, si distingue tra l’attribuzione a titolo
gratuito od “oneroso” e tra intender e incidental beneficiary (il primo ha diritto alla prestazione
in forza della stipulazione, il secondo dispone soltanto di un interesse indiretto e non tutelabile
autonomamente)
Il contratto autonomo di garanzia: Il contratto autonomo di garanzia può definirsi come quel
contratto con il quale un soggetto si obbliga a garantire, a favore di un creditore beneficiario, la
prestazione di un terzo obbligato, a prescindere dalle caratteristiche dell’obbligazione
principale. Il beneficiario, pertanto, potrà richiedere al soggetto con cui ha concluso il contratto
di garanzia la prestazione oggetto del medesimo, anche nel caso in cui l’obbligazione del
debitore principale non sia venuta ad esistenza o sia divenuta successivamente impossibile.
Il contratto autonomo di garanzia e fideiussione: In Italia il prototipo della garanzia
personale è la fideiussione, istituto che ha tra le sue caratteristiche l’accessorietà. La sussistenza
di un rapporto di accessorietà tra l’obbligazione principale e la fideiussione è sancita da alcune
norme del codice civile, in particolare «se è nulla l’obbligazione principale o se è invalida, è
invalida anche la fideiussione». L’accessorietà della fideiussione è prevista per tutelare la
posizione dell’obbligato, tanto che è espressamente disposto che, nel caso in cui venga prestata
fideiussione in misura superiore all’obbligazione principale o venga contratta a condizioni più
onerose, questa varrà nei limiti dell’obbligazione principale. In aggiunta, il fideiussore può
opporre al creditore procedente tutte le eccezioni derivanti dal rapporto tra il creditore
beneficiario e il debitore principale.
Il contratto autonomo di garanzia in Italia e negli altri ordinamenti: L’istituto della
garanzia personale in Germania ed in Italia assume un significato diverso. In Germania la
garanzia personale ha le caratteristiche proprie del contratto autonomo di garanzia, mentre in
Italia il prototipo della garanzia personale è la fideiussione, istituto che ha tra le sue
caratteristiche principali l’accessorietà. La sussistenza di un rapporto di accessorietà tra la
fideiussione e l’obbligazione principale è sancita da alcune norme del codice civile. Una tra
queste è l’art. 1941 c.c.,che dichiara che la fideiussione non può essere stipulata a condizioni
più onerose e non può neanche eccedere ciò che è dovuto dal debitore. Anche l’art. 1939 c.c.,
stabilisce espressamente che nel caso un cui fosse nulla l’obbligazione principale o fosse
invalida, sarebbe invalida anche la fideiussione. Il contratto autonomo di garanzia, ha
registrato una maggiore diffusione nei diversi ordinamenti nazionali, ma non tutti gli Stati
hanno una disciplina volta a regolare questo istituto. In particolare, sono i paesi arabi che hanno
codificato il contratto autonomo di garanzia , quali Kuwait, Egitto, Bahrain, Emirati Arabi
Uniti. Attraverso la riforma del 2006 è stato inserito un nuovo libro nel Code civil francese
mediante il quale è stata introdotta anche la garanzia autonoma. Questa garanzia ha tutte le
caratteristiche del contratto autonomo di garanzia, ,a manca la possibilità di sollevare qualsiasi
eccezione. Inoltre, la norma contiene un preciso rimedio contro i possibili abusi dovuti da un
accordo tra il creditore beneficiario e il debitore principale. Infatti, se questi soggetti si
accordano al fine di frodare il garante, questi può rifiutarsi di adempiere. La norma prevede
espressamente che la cessione dell’obbligazione principale non comporta anche la cessione
della garanzia. Quindi, è possibile notare un ulteriore elemento di autonomia rispetto
all’obbligazione principale. Sono stati previsti diversi tentativi di una precisa normativa in
grado di regolare l’istituto del contratto autonomo di garanzia anche a livello internazionale.
Tra questi vi è il progetto del Max Plank Institut di Amburgo, contenente una disciplina
differente del contratto autonomo di garanzia e della fideiussione. In questo progetto non vi è
alcun riferimento alla necessità che il ruolo di garante sia assunto da un Istituto di credito o
assicurativo. Vi è Anche la Convenzione UNCITRAL, Commissione che si occupa di
economia nell’ambito dell’ONU, del 1995. Ma questa convezione non ha avuto successo,
poiché sottoscritta solo da nove stati. Ulteriori tentativi di codificazione del contratto autonomo
di garanzia sono stati compiuti dalla Camera di Commercio Internazionale di Parigi. Infatti, in
tre differenti occasioni, quest’ultima ha emanato delle norme conformi. Soprattutto quelle
emanate nel 2010 dove si valorizzò la clausola a prima richiesta senza rendere più necessario il
riferimento al divieto di proporre qualsiasi eccezione ritenendo necessario, con lo scopo di
qualificare una garanzia come contratto autonomo, la presenza di una clausola che obblighi il
garante a versare al beneficiario una somma a fronte della presentazione di un documento
conforme. Il contratto autonomo di garanzia si è maggiormente sviluppato nell'ordinamento
tedesco. Questa forma di garanzia si è diffusa in modo significativa dopo la ripresa delle
relazioni commerciali tra la Germania dell’Ovest e la Germania dell’Est. Alcuni importanti
studiosi hanno evidenziato come la diffusione del contratto autonomo di garanzia fosse da
attribuire ai rapporti difficili che vi erano tra i due Paesi.La Germania dell’Est, ordinamento
dalla caratteristiche differenti rispetto ai paesi del blocco occidentale, aveva espropriato i
crediti di cui erano titolari i cittadini della Germania dell’Ovest e, così erano state ritenute
estinte anche le garanzie prestate poiché ritenute accessorie alle obbligazioni principali
espropriate.
Il Disgorgement of profits: La violazione del duty of loyalty rappresenta una breach of trust
che legittima il beneficiario ad agire per il risarcimento del danno. Tuttavia, il beneficiario può
ricorrere a un differente rimedio che costituisce lo strumento tipico di reazione. In particolare,
in presenza di un vantaggio ottenuto dal trustee, il beneficiario può richiedere a quest’ultimo di
restituire tout court l’utilità patrimoniale. Tale istituto, denominato duty to account in
Inghilterra e disgorgement of profits negli Stati Uniti, prescinde dal requisito del danno al
fondo in trust, in quanto la misura dell’obbligo restitutorio è parametrata al quantum
dell’arricchimento, così come dalla colpa o, per converso, dall’eventuale buona fede di colui
che ha beneficiato di un vantaggio non autorizzato.
Il duty of care e gli investimenti del fiduciario: Il duty of care impone al fiduciario, in primo
luogo, di gestire attivamente il trust, che si traduce anzitutto nel dovere di investire la proprietà
in trust in modo da aumentarne il valore. Il trustee deve investire i beni affidati in maniera al
contempo diligente e nell’interesse dei beneficiari (il cui scopo è normalmente egoistico-
finanziario e, quindi, di massimizzare il valore del fondo in trust). Il duty of prudence/care
impone al fiduciario in primis di gestire attivamente il trust, ossia il dovere di investire la
proprietà in trust in modo da aumentarne o conservarne inalterato il valore. Quindi, il trustee
deve investire i beni in trust in modo sia diligente e sia nell’interesse dei beneficiari, il cui
interesse è di solito egoistico-finanziario, quello di massimizzare il valore del fondo in trusts. Il
dovere di investire non coinvolge i trusts dove i beni non sono affidati per un periodo di tempo
sufficiente per questa attività o che possono essere terminati immediatamente dai beneficiari. Il
duty of prudence/care informa anche le modalità ed i criteri mediante le quali l’investimento
del fondo in trust deve essere condotto. Questi complesso di doveri sono riassunti
nell’espressione investment duties. Il significato attuale dell’obbligo di investire in modo
prudente si trova nell’elaborazione della prudent investor rule, che recepisce la teoria del
portafoglio. Nell’ordinamento inglese, il trustee è tenuto a diversificare gli investimenti,a
gestire con perizia e prudenza il fondo inteso nel complesso come portafoglio di investimenti e
nell’ambito di una strategia di investimento complessiva. Inoltre, è tenuto a investire il fondo in
trust come farebbe un investitore prudente, considerando le altre circostanze del trust, le
condizioni,gli scopi, le regole sulle distribuzioni di reddito e capitale ed è tenuto a definire i
profili di rischio e risultato adatti allo specifico trust. Il DCFR, in modo analogo al common
law, prevede insieme al dovere di agire in buona fede ed in modo fedele, l’obbligo di agire in
maniera diligente. La diligenza richiesta è quella che ci si può attendere da una persona
ragionevolmente prudente e competente, incaricata di agire nell’interesse altrui. Il grado di
diligenza si intende nel caso in cui il trustee sia un soggetto opera a titolo professionale ed in
questo caso, si applica la diligenza professionale. Per quanto concerne i doveri di investimento,
il DCFR impone al trustee di investire i beni, ma se a disposizione per l’investimento. Anche in
tale caso sono esclusi i trusts dove si prevede una consegna a breve termine o ad nutum del
trust fund, dove l’attività del trustee di carattere passivo è limitata a quella di consegna e
detenzione del bene. Il DCFR è più dettagliato rispetto alla prudent investor rule. Infatti, il
trustee deve rivedere periodicamente l’appropriatezza di un investimento, acquisire consulenze
professionali inerenti all’investimento del fondo, se non ha le conoscenze tecniche necessarie
per l’amministrazione prudente ed efficiente di patrimoni di dimensione e caratteristiche del
trust fund. Deve anche liquidare i beni che non producono reddito, il cui valore non aumenta, e
definire una politica di investimento dove gli investimenti sono diversificati e l'eventuale il
ritorno sia superiore alle potenziali perdite.
Il duty of care: significato e rilevanza Il duty of care (dovere di “diligenza”) è il dovere
positivo di usare la cosa affidata, in vista della conservazione di un valore e in maniera accorta.
Mentre in origine il trustee era tenuto semplicemente ad eseguire quanto stabilito nell’atto
istitutivo, si è progressivamente affermata l’idea per cui il suddetto sia tenuto, in forza del duty
of care, ad una condotta non soltanto passiva, bensì attiva, cioè di gestione dei beni in trust
secondo i criteri che un uomo d’affari seguirebbe nell’amministrazione dei propri beni, nella
consapevolezza di gestire un patrimonio che spetta ad altri. Nel diritto inglese il duty of care
impone al trustee di utilizzare il grado di diligenza e perizia che le circostanze rendono
ragionevole adottare. Nel diritto statunitense al trustee è imposto di amministrare il trust come
farebbe una persona “prudente”, tenuto conto degli scopi, delle condizioni e delle altre
circostanza del trust. Duty of care o prudence, dovere di diligenza o prudenza, ossia il dovere
positivo di usare la cosa, per la conservazione di un valore ed in modo diligente. Il fiduciario è
tenuto ad operare maniera diligente, oltre ad agire in modo corretto e ad evitare conflitti di
interesse. Il trustee commette una breach of trust se viola anche solo uno dei due obblighi
fiduciari e può esserci un comportamento diligente, ma scorretto perché in conflitto di interessi.
Prima, il trustee era tenuto ad administer the trust, successivamente si è affermata l’idea per cui
il trustee è tenuto a una condotta attiva e non solo passiva, ossia gestire i beni in trust mediante
i criteri che un ordinary prudent man of business seguirebbe nell’amministrazione dei propri
affari o beni, nella consapevolezza di amministrare un patrimonio di altri. Nel diritto inglese,
oggi, il duty of care è previsto dalla s. 1 del Trustee Act 2000, che impone ai trustee di
utilizzare il grado di perizia e diligenza che le circostanze rendono ragionevole adottare. Il duty
of prudence impone l’adozione di un livello ragionevole di precauzione,diligenza e perizia.
Questo standard generale di comportamento viene dettagliato in base alle caratteristiche
soggettive del fiduciario. Per valutare se la condotta di questi soddisfa i requisiti di diligenza
fiduciaria, rilevano sia il suo carattere imprenditoriale o professionale e sia le sue conoscenze
speciali. Quindi, se il trustee è un soggetto che svolge l’attività di trustee nell’ambito della sua
professione, gli è imposto uno standard di diligenza superiore rispetto al fiduciario non
professionale. Dal generale dovere di prudence e care discendono numerosi doveri specifici,
come ad esmpio il dovere di investire il fondo in trust, che danno un preciso contenuto
precettivo od orientativo e precettivo a tale standard generico. Nel common law, il dovere di
diligenza imposto al trustee ed ai fiduciaries è diverso del dovere di diligenza utilizzato in altri
ambiti dell’ordinamento come il diritto societario. All’attività del trustee è connaturato e
ineliminabile di certo margine di discrezionalità. Il medesimo atto istitutivo attribuisce il potere
al trustee il potere di assumere determinate decisioni in via discrezionale e tutte queste
decisioni devono essere prese in modo prudente e diligente. Se un giudice, di fronte al quale il
beneficiario lamenti una condotta negligente del trustee, può sindacare l’esercizio del potere
discrezionale del trustee? Nel diritto societario di common law, tale questione viene inquadrata
nell’ambito della business judgement rule, ossia nel giudizio di responsabilità promosso contro
l’amministratore, il giudice non può entrare nel merito di una decisione imprenditoriale, a meno
che l’amministratore abbia assunto tale determinazione in conflitto di interessi o con colpa
grave. La diligenza nel diritto dei trusts impone uno standard più alto ed infatti non è
sufficiente, per evitare la responsabilità, che il trustee abbia assunto decisione discrezionale nel
rispetto della diligenza minima o media, ma occorre che il trustee impieghi tutta la proper care
and diligence nel reperire le informazioni nonché le consulenze rilevanti per la decisione in
questione. In questo caso, il trustee non commette una breach of trust anche se la decisione si
rivela successivamente sbagliata. Il principale dovere che l’obbligo di diligenza impone al
trustee è quello di investire,in modo prudente, i beni in trust. Poiché il trustee è tenuto ad agire
nell’interesse altrui, in Inghilterra si presumeva vigente la regola per cui un delegato non ha il
potere di delegare a sua volta l’esercizio di funzioni od attività proprie del suo incarico.
Dunque, non era permesso nessun genere di delega. Successivamente, la giurisprudenza
consentì al trustee di delegare a terzi compiti esecutivi, che non implicassero l’esercizio di
discrezionalità. Infine,con il Trustee Act 2000 si è modificata l’impostazione in maniera
significativa. Infatti, sono delegabili tutte le funzioni, anche discrezionali, salvo quelle relative
alla nomina di mandatari (agents), trustee, custodi e rappresentanti, alla distribuzione del fondo
in trust e se pagare le obbligazioni del trust con il capitale o reddito.
Il duty of loyalty e gli obblighi specifici che ne discendono: Il duty of loyalty (dovere di
“correttezza”) può essere descritto come il dovere di non usare il bene in trust nel proprio
interesse, ovvero a non impossessarsi delle utilità da esso derivabili. Rappresenta il nucleo dei
doveri fiduciari intestati al trustee ed impone a questi di non porsi in posizione di potenziale
conflitto d’interessi e gli vieta di ottenere vantaggi o utilità di alcun genere collegate coi beni
affidati. Sul duty of loyalty in senso generico si innestano plurimi doveri i cui contenuti sono
specifici. In particolare, è fatto divieto al trustee di acquistare i beni oggetto del trust; il trustee
è tenuto a mantenere materialmente separata la proprietà in trust dai propri beni personali; il
trustee è tenuto a contrassegnare i beni affidati come oggetto di trust (cd. duty to earmark); al
trustee è fatto divieto di trattenere ogni vantaggio patrimoniale che gli sia derivato in ragione
della sua attività come tale; il trustee deve tenere una separata contabilità dell’amministrazione
del trust fund.
Il duty of loyalty in common law e in civil law: In common law, il duty of loyalty impone al
trustee di non porsi in posizione di potenziale conflitto d’interessi e gli vieta di ottenere
vantaggi o utilità di alcun genere collegate ai beni affidati. Sebbene manchi, a differenza
dell’esperienza giuridica di common law, un’elaborazione compiuta dei fiduciary duties, anche
negli ordinamenti continentali il fiduciario è tenuto ad agire in conformità con un sistema di
obblighi. In civil law, colui che amministra un bene nell’interesse altrui è tenuto ad agire
nell’interesse del beneficiario e in maniera diligente.
Il potere di exit quale tutela del disinvestimento nelle close corporation: In termini
generali, per exit si intende il potere del socio di “uscire” dalla società. L’uscita dalla società
corrisponde economicamente al disinvestimento: la liquidità di una partecipazione, cioè la sua
idoneità a essere trasformata in valore monetario, determina il valore stesso della
partecipazione, assumendo un ruolo di primo piano anche sotto il profilo della raccolta del
capitale di rischio. L’esercizio concreto di tale diritto è tuttavia subordinato all’esistenza di un
mercato in cui cedere la partecipazione, più precisamente di un mercato liquido.
Il Quistclose trust: Il Quistclose trust è una figura di origine giurisprudenziale nonché uno
strumento particolarmente idoneo a garantire il “rientro” (ossia il recupero della somma
prestata) del finanziatore nelle operazioni creditizie. Nella specie, un soggetto concede un
“finanziamento” ad una società debitrice, al solo e dichiarato scopo di permettere ad essa di
soddisfare le pretese dei suoi creditori. Nel caso in cui successivamente la società versi in uno
stato di insolvenza (e quindi lo scopo del finanziamento risulti impossibile), le somme trasferite
sono detenute dalla stessa in trust per il finanziatore e non sono soggette alle pretese dei
creditori concorsuali. Il finanziatore, dunque, potrà ottenere la restituzione della somma data a
credito nella sua interezza, senza condividere il rischio dell’insolvenza con i creditori. All’atto
del trasferimento la società finanziaria, in qualità di trustee, acquista il titolo legale del denaro,
senza che le venga trasferito il beneficial interest nella somma erogata, il quale rimane in capo
al finanziatore, titolare della posizione beneficiaria.
Il rischio dei creditori di una società chiusa: I rischi cui il creditore va incontro nel momento
in cui entra in relazione con una società non si distinguono tipologicamente da quelli sopportati
da un creditore di persona fisica; è, piuttosto, l’entità del rischio ad essere accentuata in quanto
maggiori sono gli incentivi per i soci, schermati dalla personalità giuridica, a mettere in atto
comportamenti opportunistici. Il primo ordine si configura quale rischio di inadempimento
definitivo da parte della società, non più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni,
trovandosi in stato d’insolvenza. Tale situazione può essere ulteriormente suddivisa a seconda
che sia conseguenza di un incolpevole insuccesso dell’iniziativa imprenditoriale, di una
gestione poco avveduta o non rispettosa degli obblighi di diligenza o di comportamenti abusivi
tenuti dai soci e dagli amministratori. Nelle ultime due ipotesi, il creditore incorre nel rischio
che il debitore non mantenga il contegno promesso in sede di costituzione del rapporto. Il
rischio di comportamenti opportunistici post-contrattuali s’intensifica nei contesti societari in
cui venga garantito il beneficio della responsabilità limitata, senza che tuttavia abbia luogo la
divisione tra proprietà e gestione. Intrinseca all’opera di valutazione effettuata dal creditori è
una seconda categoria definibile come rischio derivante dalla presenza di cd. asimmetrie
informative. Il creditore, pur raccogliendo informazioni sulla controparte contrattuale, si trova
in una posizione di per sé poco idonea ad una valutazione obiettiva e completa, in quanto
esterna alla società. Pertanto è possibile che le stime compiute non riflettano il valore della
controprestazione o del rischio di insolvenza.
Il trust come struttura di investimento: Una delle funzioni più importanti della struttura
fiduciaria è l’utilizzo del trust come veicolo di “investimento”, in forma individuale e
collettiva. In tali operazioni il trust è utilizzato quale strumento che consente a un soggetto, che
opera professionalmente nella gestione della ricchezza mobiliare e che assume il ruolo di
trustee, di detenere e amministrare una certa porzione di ricchezza riferibile ad uno o più
investitori o risparmiatori (che assumono il ruolo di beneficiari) nell’interesse individuale o
collettivo di questi ultimi. Distinguiamo le gestioni collettive da quelle individuali. Le gestioni
collettive, dove un complesso patrimoniale è raccolto tra numerosi investitori, attraverso
l’emissione di titoli e quote e gestito in monte, ossia nell’interesse della pluralità dei soggetti
coinvolti e non del singolo. Mentre, le gestioni individuali, ossia nel caso in cui un soggetto
affida a un gestore professionale, di solito un intermediario finanziario, il suo patrimonio, in
parte o tutto, incaricandolo di gestirlo attivamente, è il trust, in diritto statunitense ed inglese, la
scelta naturale dell’istituto da utilizzare per regolare il rapporto tra cliente e gestore.
Il trust di protezione patrimoniale: Un ulteriore impiego dello strumento del trust è espresso
dai cd. “asset protection trust” (trust di protezione patrimoniale). Trattasi di strumenti fiduciari
con i quali il settlor intende porre parte del proprio patrimonio stabilmente al riparo
dall’aggressione dei suoi creditori. Una peculiarità consiste nella possibilità per il settlor di
mantenere una capacità di controllo sul trustee mediante la figura del protector, soggetto
nominato dal primo e avente il ruolo di verificare la conformità dell’operato del trustee ai
desiderata del settlor.
Il trust nelle operazioni finanziarie: Le caratteristiche disciplinari proprie del trust, fanno di
quest’ultimo uno strumento particolarmente idoneo a garantire il “rientro” (i.e. il recupero della
somma prestata) del finanziatore, nelle operazioni creditizie. Ciò accade, in particolare, nel c.d.
Quistclose trust: figura di origine giurisprudenziale, che prende il proprio nome da quello della
pronuncia, che per prima ne ha stabilito l’ammissibilità nel diritto inglese. Nel Quistclose trust,
un soggetto (A) concede un “finanziamento” alla società debitrice (B), al solo e dichiarato
scopo di permettere a B – che non ne avrebbe altrimenti la possibilità – di soddisfare le pretese
(di alcune classi) dei suoi creditori (C). Nel caso in cui B versi successivamente in stato di
insolvenza (e, quindi, lo scopo del finanziamento/trust risulti impossibile), le somme trasferite
(da A a B) sono detenute da B in trust per il finanziatore A, e non sono quindi soggette alle
pretese dei creditori concorsuali (C). Il finanziatore potrà quindi ottenere la restituzione della
somma data a credito nella sua interezza, senza dovere condividere il rischio dell’insolvenza
con gli altri creditori (sarebbe meglio dire “con i creditori”; egli è infatti titolare – in quanto
beneficiario di un trust – di una posizione reale e non personale nei confronti del soggetto
finanziato).
Il wrongful trading e il fraudulent trading: In materia di tutela dei creditori di una private
company, gli istituti giuridici considerabili sono regolati dall’Insolvency Act del 2000 e
disciplinano la responsabilità dell’organo amministrativo in caso di liquidazione e stato di
insolvenza della società. In caso di wrongful trading, il giudice ha il potere di accertare la
responsabilità e condannare al risarcimento del danno l’amministratore che ha perpetrato la
gestione dell’attività sociale nella consapevolezza che la società sarebbe andata incontro a
sicura insolvenza e senza aver compiuto tutti gli atti necessari a limitare i potenziali danni ai
creditori della società. L’azione è esperibile dal liquidatore, nel momento in cui il patrimonio
risulti insufficiente per il pagamento dei debiti. In caso di fraudolent trading, l’azione di
responsabilità viene esperita dal liquidatore nel momento in cui la gestione degli affari risulti
essere stata condotta con l’intento specifico di frodare i creditori; segue la verifica e la
dichiarazione di responsabilità da parte delgiudice adito, per effetto della quale il soggetto in
causa è chiamato a ripristinare la situazione patrimoniale della società con relativo ordine di
interdizione dall’ufficio.
Influenza del principio della libera circolazione sulla normativa dei singoli stati in
materia societaria: Il principio di libera circolazione sancito dal Trattato sul Funzionamento
dell’Unione europea si applica non solo alle persone fisiche ma anche alle società. La
giurisprudenza comunitaria ha chiarito che sussiste un diritto dei fondatori di una società a
scegliere l’ordinamento in cui costituire la medesima e gli Stati membri non possono impedire
o discriminare l’attività d’impresa di società non nazionali. Le discipline nazionali, pertanto,
hanno subito diverse modifiche al fine di rendere il diritto societario nazionale più “attrattivo”
se paragonato al diritto degli altri Stati membri. Al fine di garantire la tutela del credito, si è
registrata, in alcuni ordinamenti nazionali, la tendenza a trasferire alcun tratti del diritto
societario nella disciplina del fallimento, posto che tale disciplina si applica avendo riguardo al
criterio del “centro di interesse principale” della società.
L
L'autofinanziamento dei soci nella close corporation: In primo luogo, la società acquisisce i
mezzi necessari per il suo funzionamento dai soci stessi. Con la sottoscrizione di una quota o
azione sociale, il socio si obbliga all’esecuzione di una prestazione a favore della società,
attraverso la quale partecipa alla costituzione del suo patrimonio iniziale. È riconosciuto, in
tutti gli ordinamenti, che il contributo dei soci possa consistere in una prestazione di denaro;
per contro, la possibilità di apportare altre tipologie di utilità economiche a titolo di
conferimento è disciplinata in modo disomogeneo.
L'impossibilità della prestazione in common law: In common law, il debitore non è liberato
anche quando la prestazione sia impossibile. Tale rigidità è parzialmente mitigata: 1)Dalla
legittimità delle clausola liberatorie; 2)Dalla riconduzione della fattispecie dell’impossibilità
iniziale al common mistake, in presenza del quale il contratto è nullo;
L'istituto del capitale sociale: Il capitale sociale è un’entità numerica che esprime il valore in
denaro dei conferimenti, quale risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della
società. La legge appresta una disciplina finalizzata alla conservazione della sua integrità
durante tutta la vita della società. Si tratta di una funzione vincolistica tradizionalmente
considerata come garanzia per i creditori sociali.
La categoria unitaria di inadempimento: Vi sono dei casi in cui il contratto può non essere
adempiuto, sia perché le condizioni del bene oggetto del contratto non ha le caratteristiche
idonee all’utilizzo che la parte ha dichiarato volerne fare, sia perché la res oggetto del contratto
non esiste più, per cause indipendenti dalla volontà dell’alienante. Secondo l’ordinamento
preso in considerazione, il primo rimedio, che porta alla risoluzione od al recesso dal contratto,
ed il rimedio risarcitorio possono convivere o essere ritenuti alternativi. Per quanto concerne
all’ordinamento tedesco, nei primi anni del 2000 è entrata in vigore una riforma che ha
introdotto una nozione unitaria di inadempimento. Precedentemente, l’ambito della violazione
del contratto nel diritto tedesco era suddiviso nelle tre diverse categorie del Ritardo,
Impossibilità e Violazione positiva del credito. Questa riforma, in materia di obbligazioni, entrò
in vigore il 1° gennaio 2002, nell'ordinamento tedesco e conteneva una riforma del diritto delle
obbligazioni che riguarda parte del primo libro e il secondo libro del BGB. La riforma ha
colpito vari ambiti, quali il tema della responsabilità per inadempimento e la parte generale
delle obbligazioni. Un'importante spinta alla riforma avvenne in particolar modo dalle norme
internazionali che nel tempo hanno emanato discipline incentrate su una nozione unitaria di
inadempimento. Tali sistemi di norme riconoscono generalmente il diritto di recesso e di
scioglimento dal contratto in caso di inadempimento al netto dell’eventuale accertamento di
responsabilità. La riforma prevedeva l’introduzione di una nozione unitaria di inadempimento
nel diritto delle obbligazioni tedesco. Diventa il nucleo centrale del riformato diritto delle
obbligazioni tedesco, il concetto unitario di violazione dell’obbligo. È dalla violazione
dell’obbligo che deriva il diritto del creditore al risarcimento del danno. L’importanza della
riforma per quanto attiene al contenuto dell’obbligazione riverbera i suoi effetti nell’ambito
della responsabilità per inadempimento, poiché la violazione di quei doveri che prima della
riforma veniva definita quale violazione positiva del contratto, adesso rientra a pieno nella
categoria dell’inadempimento. Infatti, la normativa vigente è qualificabile come
inadempimento non solo la mancanza dell’obbligazione principale ma anche la violazione dei
doveri accessori espressi al secondo comma del 241 del BGB e questo a prescindere da quale
sia la fonte dell’obbligazione. I doveri accessori vengono richiamato anche nella disciplina dei
contratti in cui il legislatore, (BGB) introduce la categoria delle obbligazioni quasi negoziali.
Tale norma, infatti, non solo indica il contratto come fonte dell’obbligazione, ma, inoltre,
specifica le ulteriori fonti da cui possono generare i doveri accessori la cui violazione
comporterà una responsabilità per inadempimento.
La clausola "a prima richiesta": Nel contratto autonomo di garanzia viene solitamente
inserita una clausola di pagamento a prima richiesta. Al fine di prevenire l’eventuale
inadempimento del garante, il contratto prevede che tale soggetto, in primo luogo, non potrà
opporre alcuna eccezione derivante dal debito garantito e, in secondo luogo, non potrà sollevare
nessun altro tipo di eccezione: il garante sarà, dunque, obbligato a versare quanto pattuito per il
solo fatto che il creditore beneficiario ne faccia richiesta.
La clausula rebus sic stantibus nel BGB: Il problema delle sopravvenienze contrattuali è
noto alla civilistica sin dall’epoca del diritto comune ed è stato trattato nell’ambito della
dottrina della clausola rebus sic stantibus (se, cioè, il contratto contenga implicitamente una
clausola che ne limita la vincolatività all’assenza di sopravvenienze). La scuola storica e la
pandettistica non recepirono detta teoria, in ragione della sua vaghezza e delle incertezze per i
traffici che ne discendevano. Un’eccezione fu rappresentata da Windscheid, che, con la teoria
della presupposizione, consentiva che assumesse rilevanza il mutamento sopravvenuto delle
circostanze, nel momento in cui venga alterato lo stato dei rapporti successivamente alla
conclusione del contratto. Per quanto autorevole, la posizione di Windscheid rimase minoritaria
e il BGB, all’origine, adottò una soluzione di radicale chiusura alla problematica delle
sopravvenienze, non prevedendo alcuna disciplina.
La close corporation in Francia: Le forme giuridiche che in Francia corrispondono alla close
corporation sono due. La SARL è un tipo di società di capitali, dotata di personalità giuridica,
autonoma e indipendente rispetto ai suoi soci. Successivamente alla costituzione, viene dotata
di un patrimonio necessario al suo funzionamento e al perseguimento del proprio oggetto
sociale. I soci non rispondono delle obbligazioni della società, neanche in caso di suo
fallimento; i creditori personali dei soci non possono raggiungere il patrimonio della società;
infine, quanto apportato dal socio non può essere sottratto alla società prima del suo termine.
La SAS è una variante della società anonima, la cui disciplina si distingue dal modello di base
per un minor tasso d’imperatività. La SAS può essere costituita da persone fisiche o giuridiche
e il capitale sociale è stabilito nello statuto; non è previsto né un importo minimo né un tetto
massimo al numero dei soci. La più importante caratteristica è la libertà nell’organizzazione
interna: unico requisito è che vi sia un presidente, titolare del potere di rappresentare la società.
vige il principio di libera trasferibilità delle azioni lo statuto, tuttavia, può prevederne
l’inalienabilità per una durata non superiore a dieci anni o introdurre clausole di gradimento e
prelazione.
La close corporation in Belgio: La società privata a responsabilità limitata belga è una società
di capitali che può essere costituita da una o più persone, le quali non sono patrimonialmente
responsabili se non nei limiti dei loro conferimenti. I creditori personali dei soci non possono
raggiungere il patrimonio della società e quanto apportato dal socio non può essere sottratto
alla società prima del suo termine. Non è limitata la cessione delle quote per atto tra vivi o
mortis causa; inoltre, è vietato l’appello al pubblico risparmio. La natura della SPRL risulta
pertanto ibrida e sostanzialmente chiusa; l’organizzazione interna, tuttavia, riprende le norme
riguardanti la società anonima.
La close corporation nel diritto inglese: Nel diritto inglese, la private company è il modello
legislativo per le società a ristretta base azionaria, che non intendono rivolgersi al mercato dei
capitali. Esso si articola in varie forme: la p.c. limited by shares (con capitale azionario e a
responsabilità limitata); la p.c. limited by guarantee (senza capitale azionario, a responsabilità
limitata ma con prestazione di una garanzia); la p.c. unlimited (con o senza capitale azionario, a
responsabilità illimitata e solidale dei soci). Il primo modello è più diffuso, in quanto
funzionale all’esercizio di imprese di piccole e medie dimensioni, in forma di responsabilità
limitata degli azionisti: per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo
patrimonio. Un altro modello organizzativo è la Limited Liability Partnership: in essa, il
capitale di partecipazione dei membri è rappresentato da quote, che vengono registrate nel libro
dei soci, mentre lo statuto può prevedere delle restrizioni per il trasferimento delle stesse; i
membri della società sono altresì “protetti” dalla responsabilità per gli atti e i debiti della LLP.
La disciplina della sopravvenienze nel BGB vigente: Con la riforma del 2001, la disciplina
delle sopravvenienze contrattuali, intese come “perdita del fondamento negoziale” (ossia
dell’aspettativa riposta da entrambe le parti nell’esecuzione dell’accordo o manifestata da una
delle parti e dall’altra riconosciuta) è stata recepita a livello legislativo nel BGB, il quale, in
origine, aveva adottato una soluzione di radicale chiusura su tale tematica. Qualora le
circostanze che rappresentano il fondamento del contratto si siano modificate in maniera così
grave che le parti non avrebbero concluso il contratto alle medesime condizioni, se fossero stati
a conoscenza di tali modifiche, può essere richiesto l’adeguamento del contratto ai mutamenti
sopravvenuti. Nei casi in cui l’adeguamento non sia possibile, il contraente pregiudicato dalla
sopravvenienza può recedere dal contratto.
La distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato e conseguenze della
violazione delle stesse nelle sistema francese: Con riguardo all’ipotesi in cui l’impossibilità di
adempiere non sia imputabile e ha, quindi, effetto liberatorio nei confronti del debitore, la
giurisprudenza francese ha elaborato la distinzione, ampiamente recepita dalla civilistica
italiana, tra: obbligazioni di risultato, nelle quali, in mancanza del risultato, non assume
rilevanza la diligenza (nel senso di assenza di colpa) del debitore e soltanto il caso fortuito e la
forza maggiore hanno efficacia liberatoria; obbligazioni di mezzi, nelle quali è sufficiente che il
debitore effettui gli sforzi idonei al raggiungimento di un risultato.
La rilevanza del mutamento delle circostanze esistenti al momento della conclusione del
contratto:– le conseguenze giuridiche di un mutamento delle circostanze esistenti al momento
della conclusione del contratto (= “sopravvenienze”)sono: 1)che renda (non impossibile ma)
molto più difficile o molto più oneroso l’adempimento di una delle prestazioni, così da incidere
sul rapporto di corrispettività ;2) che faccia venire meno la giustificazione de/l’interesse alla
controprestazione. Il mutamento sopravvenuto delle circostanze alle quali era stato stipulato il
contratto può condurre a una modifica (adeguamento) del contenuto del contratto o allo
scioglimento del contratto stesso, con il conseguente venir meno del vincolo contrattuale.
La rilevanza della fiducia nel sistema italiano: La situazione fiduciaria, produce sicuramente
rilevanti conseguenze per il diritto. E ciò che è necessario constatare è che tali effetti si
producono a prescindere dai contratti che siano stati stipulati tra il fiduciario e il fiduciante,
dato che ciò che rileva è il fatto che vi sia un soggetto che si trovi volontariamente nella
disponibilità di un bene altrui e ciò produce effetti sia sul piano reale che su quello
obbligatorio. Fondamentale sarà, dunque, che tale disponibilità sia stata assunta nel
presupposto della fiducia del soggetto titolare del bene.
La scelta della forma giuridica della close corporation nel diritto statunitense: I fattori che
influenzano la scelta della forma con cui viene esercitata un’impresa di dimensioni medio-
piccole sono la responsabilità limitata, la libera trasferibilità della partecipazione, la struttura
organizzativa, l’accesso al capitale e il carico fiscale. La corporation statunitense è vista come
un’entità legale separata dai titolari, il che impedisce che la responsabilità dei soci si espanda
anche alle obbligazioni sociali. Le partecipazioni sono liberamente trasferibili e la gestione
della società spetta agli amministratori nominati dai soci. Quanto all’aspetto fiscale
l’ordinamento statunitense prevede una situazione di doppia tassazione: le corporation pagano
le imposte sugli utili realizzati e i soci le imposte sui dividendi distribuiti. C’è, tuttavia, la
possibilità di avvalersi di un diverso regime d’imposizione, optando per il Subchapter S., il
quale permette di mantenere fiscalmente neutra la società, attribuendo il reddito a ciascun socio
pro quota in base alla loro partecipazione.
La surrogazione reale nella fiducie francese: La dottrina francese ritiene che, nel momento
in cui il fiduciario alieni, legittimamente o illegittimamente, i beni che compongono il
patrimonio fiduciario, si applichi la regola – tipica del trust – della surrogazione reale, in forza
della quale il vincolo fiduciario si estende e si trasforma al mutare delle singole componenti di
detto patrimonio, mentre rimane invariato il suo valore complessivo. Per i terzi di buona fede,
però, il fiduciario è il pieno proprietario dei beni fiduciariamente devolutigli e, quindi, il
singolo bene non può essere recuperato una volta fuoriuscito dal patrimonio.
La Treuhand nel diritto tedesco: La Treuhand è l’istituto fiduciario che, nell’ordinamento
tedesco, si può accostare al trust di common law. In essa si cumulano: 1. un atto con il quale
fiduciante (Treugeber) trasferisce la proprietà di determinati beni al fiduciario (Treuhander); 2.
un accordo contrattuale in forza del quale il fiduciario si obbliga ad amministrare i beni oggetto
della Treuhand nell’interesse dei beneficiari. In forza dell’affidamento, in capo al Treuhander
nascono una serie di obblighi fiduciari; nella specie, è tenuto all’obbligo di correttezza e di non
agire in conflitto di interessi; all’obbligo di diligenza, ossia di tenere separati i beni oggetto di
Treuhand dal patrimonio personale; all’obbligo di rendiconto e informazione nei confronti del
fiduciante e dei beneficiari.
La violazione del contratto nel diritto privato svizzero: Nel diritto privato svizzero il ritardo
nell’esecuzione della prestazione dovuta rileva soltanto nella misura in cui sia stata la
costituzione in mora da parte del creditore. A tale regola fa eccezione il caso in cui le parti
abbiano espressamente previsto che l’adempimento debba avvenire in un determinato giorno:
in tal caso la mora è automatica. Dal momento della mora, il debitore è tenuto a risarcire i
danni derivanti dal ritardo e sopporta il rischio dell’impossibilità sopravvenuta, a meno che non
dimostri che la mora non è dovuta a sua colpa.
La violazione del contratto nel sistema franco-italiano: Secondo quanto disposto dalla
nozione unitaria di violazione dei contratti a prestazioni corrispettive: quando una delle parti
non adempie all’obbligazione, la controparte può agire per il risarcimento del danno e può agire
per la risoluzione giudiziale del contratto. Tale impostazione è vicina al codice tedesco post
2002. Da una parte, il diritto italiano codifica questa soluzione, mentre il codice francese si
basa sulla presupposizione che ogni contratto a prestazioni corrispettive contiene la condizione
risolutiva del corretto adempimento delle obbligazioni delle parti. Per tale motivo, per la
risoluzione, nel concetto di inadempimento, è inclusa sia l'impossibilità di adempiere, sia la
non esecuzione di obblighi accessori e sia l’inadempimento inesatto. Nell’adempimento
intempestivo o parziale, il giudice è chiamato a valutare se è venuto meno l’interesse della
parte adempiente all’esecuzione della prestazione o se considera il contratto vincolante, e
quindi condannare l’inadempiente all’esecuzione ed al risarcimento. Inoltre,il giudice può
assegnare al debitore un termine di grazia, ma solo in caso di prestazione che doveva essere
eseguita in uno specifico momento già passato. Eventuale presupposto teorico per la
risoluzione è che il contraente insoddisfatto abbia notificato, un’intimazione alla controparte.
La giurisprudenza ammette che questa intimazione sia contenuta nell’atto di citazione in
giudizio con il quale si conviene la parte inadempiente per la risoluzione. Per quanto concerne
il risarcimento del danno da violazione del contratto, si può avere sia una domanda di
adempimento e di risarcimento dei danni causati dal ritardo, sia un’azione di risarcimento
contestuale alla domanda di risoluzione. In tale caso, i presupposti del risarcimento sono
l’imputabilità della mancata esecuzione della prestazione e la messa in mora con le specifiche
limitazioni. La giurisprudenza ha disposto che quando l’impossibilità di adempiere è non
imputabile e quindi ha effetto liberatorio verso il debitore. La giurisprudenza francese ha
elaborato la distinzione, accettata dal codice italiano, tra le obbligazioni di mezzi, per cui
basta che il debitore effettui gli sforzi idonei al raggiungimento di un risultato e le obbligazioni
di risultato, dove, in mancanza del risultato, non assume rilevanza la diligenza del debitore.
Solo il caso fortuito e la forza maggiore possono avere efficacia liberatoria. Secondo la
giurisprudenza francese, sono obbligazioni di risultato, l’obbligo del trasportatore di beni e
persone , l’obbligo del venditore di consegnare la merce in un determinato luogo e momento e
l’obbligo del costruttore edile di consegnare l’edificio ultimato in un preciso momento. Invece,
sono obbligazioni di mezzi, l’obbligo del medico nei confronti del paziente e l’obbligo
dell’avvocato nei confronti del cliente.
La XV Convenzione de l'Aja: prima della XV Convenzione dell’Aja, le discussioni ruotavano
tendenzialmente attorno alla compatibilità sistematica del trust con i diritti continentali. In
particolare, le principali tematiche vertevano su: 1. Unicità del trust quale conseguenza
peculiare della giurisdizione di equity e, dunque, irripetibile in mancanza di quest’ultima
[questione superata in virtù dall’esistenza del trust anche in giurisdizioni dove difetta l’equity].
2. Differente concezione della “proprietà” in common law (derivazione feudale, “flessibilità”
“frammentazione”) e nei diritti continentali (tipicità dei diritti reali) [tematica superata a. sulla
base dell’esistenza di una regola di tipicità dei diritti reali – c.d. numerus clausus – in common
law, nei quali il trust rientra: il trustee ha il pieno potere di alienare validamente i beni in trust;
b. per effetto della estensione dell’effetto vincolante protettivo delle posizioni obbligatorie]. 3.
Incompatibilità del trust con la regola una “persona-un patrimonio” (in part. in Francia)
[superata in via legislativa]. Dopo la XV Convenzione dell’Aja, i termini del dibattito si sono
evoluti, atteso che la ratifica da parte degli ordinamenti di civil law ha reso non sostenibile le
opinioni sulla incompatibilità ex se del trust con gli ordinamenti di civil law. Tuttavia, la
Convenzione stessa ammette la possibilità di un sindacato di compatibilità tra trust e
ordinamento interno.
Le forme di exit: Una chiave di lettura che permette una pertanto agevole analisi trasversale
dei vari ordinamenti è data dalla sistematizzazione delle fattispecie a vario titolo ricondotte
all’exit in due categorie: A. la prima definibile quale exit da alterazione delle condizioni
originarie del contratto sociale, o più propriamente delle condizioni originarie di investimento.
È trend empiricamente riscontrabile sul formante legislativo di più ordinamenti il
riconoscimento del diritto di recesso con obbligo di acquisto della quota a carico della società
(o dei consoci) a seguito di decisioni (non condivise) che comportino mutamenti radicali: ad
esempio, operazioni straordinarie quali fusioni, scissioni, trasformazioni in altri tipi societari.
B. La seconda categoria comprende, invece, tutte le situazioni di “oppression” della minoranza
mediante abuso delle prerogative della maggioranza, per le quali viene accordato un rimedio
eterogeneamente configurato nei diversi ordinamenti, dal diritto di riscatto della quota allo
scioglimento giudiziale della società.
Le strategie regolatorie nelle close corporation: Le strategie normative per la risoluzione dei
conflitti di agency si distinguono in strategie regolatorie e quelle governative. Infatti,i conflitti
di agenzia nelle close corporation generano dei costi di transazione che i diversi ordinamenti
cercano, con diverse strategie regolatorie, di ridurre. Le strategie regolatorie, ossia regole
prescritte, dispongono precetti sostanziali che regolano la formazione/scioglimento di questo
rapporto o il contenuto del rapporto principal-agent. Vi rientrano i limiti alla discrezionalità
degli agent e le clausole di entrata. Distinguiamo anche ex ante,divieti e condizioni di entrata,
cioè prima che l'agent entri in azione, ed ex post, quali standars di comportamento e possibilità
d'uscita, cioè dopo che l'agent sia entrato in azione. La tutela dei creditori di minoranza nelle
close corporations, tratta la protezione mediante la voice. Si sottolinea l’importanza del
contratto, anche se di solito i soci di una close corporations sono proprio i soggetti più
sprovveduti che omettono di regolare ex ante. La tutela dei soci di minoranza mediante
protezione con l'exit.Il rimedio inglese della section 459 , quale unfair prejudice e la legge che
viene vista come uno strumento per creare un mercato. Inoltre, la tutela dei creditori nelle close
corporations avviene mediante la mancaza del vincolo comunitario e la tendenziale
sottocapitalizzazione delle close corporations ed i finanziamenti dei soci.
Lo studio della fattispecie fiduciaria nella dottrina comparata: Lo studio del trust in
prospettiva comparata, cioè il raffronto tra quest’ultimo e le vesti assunte dal fenomeno
fiduciario negli ordinamenti di civil law, ha dato origine a una vasta produzione scientifica. Tra
i temi dibattuti figurano la natura della posizione dei beneficiari e, di riflesso, dello stesso trust.
Una prima tendenza fu quella di considerare il trust come ipotesi di sdoppiamento della
proprietà; una seconda tendenza, in particolare dei giuristi di civil law, fu quella di ricondurre il
trust alla separazione patrimoniale. Un ambito di indagine si è concentrato sulle questioni di
diritto internazionale privato che si pongono nel momento in cui dei giudici continentali si
trovino a giudicare fattispecie di trust a rilevanza transnazionale. I conseguenti studi non resero
più sostenibili le tesi di chi riteneva che il trust fosse, in quanto tale, incompatibile con il civil
law e costituirono le basi per la stipula della XV Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile
ai trust e sul loro riconoscimento del 1985. Sebbene manchino progetti di uniformazione del
diritto sostanziale a livello europeo, sono state introdotte in una pluralità di Stati talune
legislazioni speciali che disciplinano fattispecie le quali, in common law, rappresentano
applicazioni del trust, in particolare, per quanto riguarda i mercati e le operazioni bancario-
finanziarie.
T
Tracing: Il tracing permette di individuare il valore del bene originario negli assets (spesso
denaro) con i quali è stato sostituito e, conseguentemente, di traslarvi l’equitable interest che il
beneficiario vanta nei confronti del bene suddetto e di individuare gli altri beni
successivamente acquistati dal trustee col denaro ricavato dalla vendita. Si distingue tra tracing
at common law , che è utilizzabile solo nei casi in cui si tratti di un bene
“sostituto”individuabile nel patrimonio del soggetto nei cui confronti si agisce ed equitable
tracing che permette, invece, di tracciare i proceeds non solo qualora siano confluiti in altri
fondi riferibili al defendant così da non renderli più riconoscibili, ma anche quando siano poi
stati acquistati altri beni con tali somme e quelle personali del trustee.
Trust: la regola delle tre certezze: I requisiti essenziali affinché sorga un trust valido sono
sintetizzati nella regola delle “tre certezze” (tendenzialmente omogenea nel Regno Unito e
negli USA): 1. certezza dell’intenzione del disponente di creare un trust; 2. certezza sulla
proprietà, ossia sulle entità patrimoniali oggetto del trust; 3. certezza sull’oggetto del trust, nel
senso che devono essere individuati o individuabili i beneficiari o lo scopo del trust. In
mancanza dei requisiti che tale regola sintetizza, sarebbe impossibile svolgere una funzione di
supervisione e indirizzo da parte delle Corti di common law nei confronti del trustee.
Tipologie contrattuali di contratto autonomo di garanzia: Il contratto autonomo di garanzia è
quel contratto con il quale un soggetto si obbliga a garantire, a favore di un creditore beneficiario, la
prestazione di un terzo obbligato e questo a prescindere dalle caratteristiche dell’obbligazione
principale. Il contratto autonomo di garanzia può essere a struttura trilaterale od una struttura
quadrangolare. Nel primo caso nei contratti vi sarà un rapporto di valuta intercorrente tra il debitore
principale ed il creditore, un rapporto di provvista tra il debitore principale e il terzo garante e un
rapporto di garanzia tra terzo garante ed il creditore beneficiario. Il secondo caso, invece, è tipica
della contrattazione internazionale. Nei contratti in cui i contraenti sono di nazionalità differenti vi
sarà un ulteriore rapporto tra il soggetto garante che avrà la fiducia del creditore beneficiario, come
ad esempio l'istituto di credito del paese di appartenenza ed il soggetto a cui si rivolgerà il debitore
principale con lo scopo di ottenere il rilascio della garanzia a favore del creditore, come ad esempio
l'istituto di credito del paese del debitore principale, oltre ai rapporti caratterizzanti la struttura
trilaterale. Si definisce quadrangolare questa struttura, poiché la garanzia è rilasciata dall’Istituto di
fiducia del creditore beneficiario, solo per effetto dell’impegno assunto dall’Istituto di credito del
Paese del debitore principale. Nel contratto autonomo di garanzia non vi è accessorietà tra
l’obbligazione principale e la garanzia. In entrambi i casi, vi è una totale autonomia tra il rapporto
di valuta che intercorre tra creditore e debitore principale ed il arapporto di provvista che
intercorrente tra il debitore principale e il terzo garante. Infatti, al beneficiario non può essere
opposta nessuna eccezione derivante dal rapporto di provvista i cui effetti resteranno del tutto
circoscritti al rapporto tra il debitore e il terzo garante. Quindi, se il terzo garante viene chiamato a
rispondere del proprio debito verso il creditore beneficiario questi dovrà limitarsi a pagare quanto
dovuto e poi,eventualmente, potrà addebitare i costi al debitore principale a cui è legato dal rapporto
di provvista. Le eventuali controversie che dovessero sorgere sulla legittimità del contratto
principale sono del tutto ininfluenti per il garante. Infatti, con la clausola di pagamento a prima
richiesta e senza eccezioni, questi è chiamato a pagare quanto dovuto a prescindere da qualsiasi
invalidità del contratto di provvista. Se il creditore beneficiario ottiene il pagamento dal terzo
garante e risulta soccombente nella controversia con oggetto il rapporto di valuta, questi potrà
essere chiamato a restituire quanto ottenuto dal debitore garantito e non dal terzo garante. Quindi,il
debitore garantito, anche se indirettamente, avrà sopportato gli effetti negativi del pagamento del
terzo garante. Dunque, qualsiasi controversia riguardante il rapporto di valuta, non potrà in nessun
caso riguardare il contratto autonomo di garanzia.
Trust e fattispecie fiduciaria: Il fenomeno fiduciario non è “prerogativa esclusiva” del common
law, ma è noto anche negli ordinamenti di civil law. Accanto al trust, fattispecie fiduciaria nata in
Inghilterra dalla divisione tra common law ed equity e poi evolutasi autonomamente negli USA, vi
sono istituti che svolgono funzioni analoghe nei sistemi continentali, sia in quelli dove l’influsso del
trust ha condotto ad un’introduzione in via legislativa di istituti che, con alterne modalità, lo
emulano (fiducie in Francia) sia in quelli dove gli istituti fiduciari sono parte del diritto vivente
(Treuhand in Germania, fiducia in Italia).
Trust: tipologie: All’interno del common law esistono più tipologie di trust: il trust
statunitense, infatti, si distingue notevolmente dal modello originario inglese. Sono marcate poi
le differenze tra il trust inglese e statunitense e il trust internazionale, tipologia diffusa nella
prassi, sostanzialmente soggetta a una legge di una giurisdizione offshore (tendenzialmente
isole del canale della Manica; isole caraibiche), caratterizzata da una maggiore liberalità e
tutela nei confronti del disponente. Un’altra distinzione attiene al modo di creazione del trust.
L’express trust nasce in conseguenza di un atto di autonomia privata, al quale l’ordinamento
ricollega, al ricorrere di determinati presupposti, la creazione del rapporto fiduciario; nel
resulting trust, la presenza del rapporto fiduciario, in relazione a un bene, sorge in quanto le
caratteristiche della fattispecie fanno ritenere “presunto” o “implicito” il vincolo; nel
constructive trust la relazione fiduciaria è imposta dall’ordinamento, in contrasto con
l’intenzione e la volontà dei soggetti coinvolti, come rimedio a una ingiusta attribuzione di
proprietà.