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Il giorno della civetta

di Leonardo Sciascia

RIASSUNTO
Salvatore Colasberna viene ucciso di prima mattina, da due colpi di lupara, mentre si apprestava a
salire sull'autobus in partenza da S., un anonimo paese di mare. Il bigliettaio va a chiamare i
carabinieri,che, sopraggiunti sul luogo, si danno da fare nel tentativo di raccogliere le testimonianze
delle persone che non hanno fatto in tempo ad allontanarsi. Un carabiniere va a cercare il Panellaro
che, come tutte le mattine, sostava sulla piazza a vendere le sue frittelle. Nessuno sa niente di niente
naturalmente. In quell'anonimo paese della Sicilia l'omertà è una regola di sopravvivenza; meglio
non impicciarsi quando dietro tale efferato delitto potrebbe esserci la mafia. I passeggeri non hanno
visto perché i vetri dei finestrini erano appannati. L'autista, guardava davanti a se, attento alla giuda.
L'autobus era in movimento quando Colasberna stava tentando di raggiungere il predellino dello
sportello che il bigliettaio, tra una bestemmia e l'altra come era sua abitudine, teneva aperto. Il
bigliettaio, confuso e esagitato, più vicino di tutti gli altri agli spari che avevano steso a terra il
malcapitato Colasberna, non ricorda le facce dei passeggeri.
Le indagini coordinate dal capitano Bellodi, originario di Parma ed ex partigiano, collegano
l'omicidio alla mafia locale che controlla gli appalti dei lavori. La mafia impone la sua protezione ai
grandi e piccoli imprenditori della zona, in cambio di denaro. Il povero Salvatore Colasberna, di
professione muratore, amministratore di una modesta cooperativa edilizia la Santa Fara non aveva
voluto sottostare ai ricatti della mafia.
Il confidente della polizia Calogero Dibella detto Parrinieddu (piccolo prete), interrogato dal
capitano Bellodi, accenna a persone che potevano aver ricattato il povero Colasberna. Preso
dall'angoscia per quelle sue incaute informazioni, prima di essere a su volta ucciso, scrive due nomi,
che il capitano Bellodi riceveà in busta chiusa. I nomi sono quelli di Rosario Pizzuco e quello di
Mariano Arena capomafia del paese.
Involontario testimonio dell'omicidio di Parrinieddu è stato Paolo Nicolosi, un potatore abituato ad
uscire di casa di buonora. Abita a due passi dal luogo dove quella mattina si era appostato il sicario.
Scrive il nome e il soprannome del sicario su un pezzo di carta che la moglie avrebbe dovuto
consegnare ai carabinieri se gli fosse accaduto qualcosa. Il sicario, assoldato dalla mafia per
uccidere il Colasberna, è tale di Diego Marchica detto Zicchinetta, criminale incallito, uscito da
poco dal carcere. Il Nicolosi, dato per scomparso, verrà ritrovato cadavere nella pietraia di una
località denominata Chiarchiaro.
Rosario Pizzuco, il capomafia Mariano Arena, ed il sicario Diego Marchica fermati e condotti in
caserma vengono abilmente interrogati dal capitano Bellodi. Il Marchica, credendosi tradito dai due
suoi compari,finisce con il confessare il delitto che ha commesso, per conto della mafia. Il caso
sembra risolto e così sarebbe stato se non fossero intervenute forze occulte a tramare per disfare la
confessione che Diego Marchica ha reso al capitano Bellodi.
Non era possibile che il Marchica fosse stato riconosciuto dal Nicolosi, trovandosi quella mattina,
nell’ora in cui veniva commesso il delitto, in altra località, distante decine di chilometri, come
avrebbero testimoniato persone incensurate, assolutamente insospettabili.
I tre omicidi, ed in particolare quello di Salvatore Colasberna, non ottenerono la giustizia che si
meritavano. Nessuno avrebbe pagato e nessuno sarebbe stato condannato per la loro morte.
I delitti di mafia sarebbero stati declassati a delitti di delinquenza comune. Le indagini sull'omicidio
del Nicolosi, con il fermo della vedova e del suo presunto amante tale Passerello, lasciano pensare
ad uno dei tanti delitti passionali.
COMMENTO
Il romanzo “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia è ambientato in Sicilia ed ha come
argomento la mafia. Pubblicato nel 1960 sulla rivista Mondo nuovo, esce come libro nel 1961.
Per quel che riguarda il titolo Sciascia lo aveva ripreso da due versi di Shakespeare trascritti nel
frontespizio del libro: come la civetta / quando di giorno compare.
Per Sciascia la civetta animale di abitudini notturne era una sorta di metafora della mafia. Un tempo
la mafia, come la civetta, era costretta ad agire di nascosto nel buio. Quando Sciascia scrive il libro
la mafia avendo ormai consolidato il suo potere poteva agire di giorno, tranquillamente, alla luce
del sole.
La trama di questo romanzo breve è intricata come possono essere tutte le vicende che hanno a che
fare con i delitti di mafia. La lettura del libro fa riflettere sui delitti di mafia che restano impuniti,
come accade in questo racconto.
Nella narrazione, accanto all'omertà dei testimoni, si individuano atteggiamenti di indifferenza
verso la politica come Sciascia lascia capire, scrivendo nella nota in fondo al libro: “Ho scritto
questo racconto nell’estate del 1960. Allora il Governo non solo si disinteressava del fenomeno
della mafia, ma esplicitamente lo negava.”
Quando le indagini del capitano Bellodi finiscono sulle prime pagine dei giornali il governo
risponde ad alcune interrogazioni, ritenendo gli omicidi, come scrive Sciascia, episodi di
delinquenza comune, respingendo “… le insinuazioni sui rapporti di membri del Parlamento, o
addirittura del governo con elementi della cosiddetta mafia.”
Ma non c'era, da parte della politica, solo indifferenza nei confronti della mafia; nel racconto di
Sciascia vi sono accenni che rivelano un certo coinvolgimento della politica nei malaffari della
mafia siciliana. In una conversazione due misteriosi politici discutono sulle indagini del capitano
Bellodi che sarebbe bene insabbiare, per non far venire allo scoperto la natura mafiosa dei tre
omicidi di cui narra il romanzo.
I mafiosi indagati ed arrestati riusciranno a farla franca. Saranno tutti prosciolti dalle accuse come è
stato evidenziato nell'opera. La mafia consolida il potere sul territorio siciliano e non solo, come
fanno capire le parole di Brescianelli amico del capitano Bellodi: “Forse tutta l'Italia sta
diventando Sicilia . . .”

NARRATORE
Il narratore esterno racconta in terza persona. È comunque uno spettatore consapevole delle vicen-
de che narra prestando particolare attenzione al succedersi degli eventi.

INTRECCIO
L'intreccio della narrazione coincide, per lo più con la fabula. Vi sono, di tanto in tanto, analessi che
aiutano a comprendere lo sviluppo degli eventi, facendo riferimento a situazioni passate. Nella ana-
lisi dei personaggi si tornerà ad accennare alla importanza delle analessi che forniscono informazio-
ni sulla loro vita passata.

SEQUENZE
La narrazione è accompagnata da sequenze descrittive dei luoghi e delle situazioni. Le descrizioni
che riguardano i personaggi accennano alle loro sensazioni interne, alle preoccupazioni, ai dubbi,
alle paure. Le sequenze dialogiche, utilizzate all'interno della narrazione per dare voce ai personag-
gi, occupano notevole spazio nel corso dei ricorrenti interrogatori disposti nel corso delle indagini.

ANALISI DEI PERSONAGGI


Salvatore Colasberna
Ucciso da due colpi di lupara mentre si accingeva a salire sull'autobus per raggiungere Palermo
come faceva ogni sabato mattino. Muratore di professione non aveva voluto sottostare ai ricatti del-
la mafia locale che tentava di imporre il pizzo alla cooperativa di muratori “Santa Fara” di cui era
amministratore. Durante la guerra era stato denunciato da un milite per avere fatto apprezzamenti
sull'invasione della Grecia non graditi ai fascisti. Una tale analessi rivela il temperamento e giustifi-
ca il comportamento del Colasberna che non era certamente e propriamente un eroe, ma comunque
una persona onesta abituata a non sottomettersi, a fare e a dire quel che pensava.

Il capitano Bellodi,
Il biondo capitano Bellodi, originario di Parma, indaga sul delitto di mafia. Di idee politiche repub-
blicane, durante la guerra è stato partigiano. Porta avanti le indagini con coraggio. La mafia trama
contro di lui, confidando sull'intervento dei politici che contano. A Roma due misteriosi personaggi
un “uomo biondo” e un “uomo bruno” dicono del capitano Bellodi: -comanda la compagnia di C.,
ci sta da tre mesi e ha già fatto guasto... Ora sta cacciando il naso negli appalti, anche il commen-
dator Zarcone si raccomanda a lei, mi ha detto “stiamo in speranza che l’onorevole lo faccia ritor-
nare a mangiar polenta.-

Il confidente Calogero Dibella


Calogero Dibella detto Parrinieddu (piccolo prete) un tempo ladro di pecore vive riscuotendo dena-
ro per conto di alcuni usurai. Confidente dei carabinieri, rivela al capitano Bellodi i nomi di Ciccio
La Rosa e Rosario Mancuso mafiosi che avrebbero ricattato Salvatore Colasberna. Vittima predesti-
nata viene fatto uccidere dalla mafia.

Paolo Nicolosi
Testimone involontario della uccisione di Salvatore Colasberna, temendo di essere ucciso consegne-
rà alla moglie un biglietto con il nome dell'assasino, da recapitare ai carabinieri se gli fosse capitato
qualche accidente.

Diego Marchica detto Zicchinetta


Da qualche mese dimesso dal carcere grazie ad un'amnistia. Assoldato dalla mafia uccide Salvatore
Colasberna. Paolo Nicolosi assiste casualmente a quell'efferato delitto e scrive il suo nome su un bi-
glietto che la moglie consegnerà ai carabinieri. Interrogato dal Capitano Bellodi confessa il delitto.
Viene rimesso in libertà grazie alla testimonianza di persone incensurate, secondo le quali Zicchi-
netta si trovava in altra località lontana dal paese di S. dove era stato ucciso Salvatore Colasberna.

Don Mariano Arena


Capo mafia, un galantuomo si dice in giro e rispettato da un paese intero, intrattiene rapporti con al-
tolocati politici. Vive di rendita possiede un'incredibile quantità di terra. Esercita il suo potere su
tutti, che lo temono e lo rispettano. Addirittura amico carissimo, a detta di qualche mafioso, dell'o-
norevole Livigni e il ministro Mancuso.
Don Mariano guarda il mondo e gli uomini dall'alto in baso. Nel corso del lungo interrogatorio con-
dotto dal capitano Bellodi divide in cinque categorie le persone più o meno rispettose e sottomesse
alla mafia: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà.

Comparse
I viaggiatori passeggeri dell'autobus in partenza da S.
L'autista non ha visto niente e non sa niente, era attento alla guida dell'autobus.
Il biliettaio a due passi dal povero Colasberna colpito a morte, impaurito non sa e non ricorda.
Il panellaro venditore di frittelle sulla piazza del paese, non aveva neppure sentito gli spari.
Giuseppe Colasberna fratello di Salvatore socio della cooperativa “Santa Fara”.
La moglie vedova di Nicolosi e Passerello esattore della società elettrica suo presunto amante.
D'Antona e Sposito due brigadieri dei carabinieri che indagano.
Ciccio La Rosa e Saro o Rosario Pizzuco segnalati dal confidente come affiliati alla mafia.
Zarcone commendatore, personaggio, vicino alla mafia, in società con tale Scarrantino possiede
una zolfara e non paga gli operai pur ricevendo soldi dal governo per la crisi delle Zolfare.

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