Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
1
(l’illuminismo ha portato fiducia nel progresso, nella razionalità, nella ragione e che
le conoscenze scientifiche possano risolvere i problemi i medici iniziano a
studiare la disabilità con l’intenzione di classificare, conoscere1 e con la credenza
che si potesse normalizzare i diversi con l’educazione2).
MA l’educazione era separata dagli altri.
Tale modello è rimasto in vita fino alla metà del secolo scorso. È entrato in crisi a
scuola dopo essere entrato in crisi in ambito filosofico e scientifico.
Nel primo novecento nascono le scuole speciali3, la medicina si preoccupa della
riabilitazione di questi bambini.
Ma perché tenerli separati? (doppio binario: scuole normali e speciali)
L’interesse delle società è quello di migliorare, realizzare sempre maggior
benessere. In nome di questa idea, le persone più fragili sono ai margini perché
non produttive come gli altri: quanto più tendiamo a risultati evidenti, tanto più
diventa difficile tenere insieme agli altri chi ha difficoltà ecco il senso delle scuole
speciali. In più, pensavano che tale divisione fosse per il loro bene! A scuola
trovano l’insegnante e il riabilitatore; non vedono la differenza con gli altri alunni
“normali”. tuttavia, tali scuole speciali erano spesso lontane dai piccoli centri, per
cui venivano allontanati dalla famiglia.
In alcuni paesi esistono ancora scuole speciali (Francia, Germania, Belgio, Olanda).
Nel frattempo, intervengono dei ragionamenti più ampi nella letteratura e nelle arti
4si fa strada l’idea della diversità come valore (non nella scuola).
Un altro fatto non trascurabile è l’istruzione di massa: nel dopoguerra c’è un forte
impulso verso la scolarizzazione.
Le leggi sull’obbligo dell’istruzione risalgono alla metà del 1800 circa. tuttavia, non
tutti frequentavano la scuola. Il processo di scolarizzazione di massa è collocato
dopo la guerra: c’è bisogno che le società si rimettano in sesto favorendo
l’educazione. Ci si accorge che di tutti gli studenti, un certo numero non ce la fa ad
imparare come gli altri, dimostra difficoltà di apprendimento (che non sono
disabilità perché i disabili sono nelle scuole speciali).5
Si iniziano ad indagare tali difficoltà di apprendimento.
Slide 14: è ancora salda l’idea della razionalità scientifica; si cerca dunque di
introdurre questo modello in ambito scolastico. Vengono in aiuto pedagogisti.
Nascono le teorie curriculari, teorie dell’istruzione (Bruner): si introduce nella
scuola il modello della programmazione: prevedibilità, controllo di quello che
1
Diderot studia i sordi e i ciechi.
2
Itard normalizzare Victor.
3
Montesano, montessori, Sante de Santis
4
Derrida; Foucault le società occidentali mettono ai margini una fascia di popolazione a causa della loro rigidità.
5
Nascono i testi sull’intelligenza di Binet e Simon che aiutano in questo senso.
2
succede in classe. Entra il modello degli obiettivi (Benjamin BLOOM, Block,
Nicholls). [diagramma di flusso della programmazione, ancora usato a scuola!]
Ci si rende conto che nella classe non si tratta soltanto di acquisire conoscenze, di
curare aspetti cognitivi, ma che anche quelli AFFETTIVI possono condizionare la
conoscenza e quindi bisogna tenerne conto (Bloom individua obiettivi a riguardo);
Emergono studi sulla METAGOGNIZIONE imparare ad imparare al fine di far
progredire le conoscenze autonomamente.
Indagini sulle variabili extracognitive della metacognizione: ansia, stress??
Cosa fare con chi presenta difficoltà di apprendimento? POTENZIARE ED AFFINARE
LA DIDATTICA. (Ex. Mastery learning: Percorsi individualizzati di potenziamento:
concedere più tempo; far fare attività pratiche – Bruner: simbolico, iconico, attivo
sono modalità della conoscenza).
Il concetto di individualizzazione didattica è stato fatto a partire dagli anni 70 del
900 (Bloom, Block -apprendimento per la padronanza) studiano strategie di
aiuto per chi ha difficoltà di apprendimento.
Nonostante ciò, il fenomeno della dispersione scolastica non si riduce. Non si
riescono a cogliere le ragioni di tali differenze e a trovare un modello che vada
bene per tali diversità. Non esiste un modello ad hoc, ma non se ne rendono ancora
conto.
BES: ORIGINI, ASPETTI EPISTEMOLOGICI E SOCIALI
Istanza che accompagna il discorso precedente: l’ATTIVISMO PEDAGOGICO:
movimento che attraversa la prima metà del 900, situato tra la I e la II guerra
mondiale.
DEWEY -MONTESSORI- CLAPARÉDE-DECROLY- KILLPATRICK Pretendono
un rinnovamento della scuola: porre al centro gli allievi e non gli insegnanti. È
l’insegnante che deve adattarsi alle esigenze degli allievi, e non viceversa.
Declinano il concetto di individualizzazione secondo i loro studi: Claparède era un
medico-pedagogista “La scuola su misura”: ogni bambino a scuola porta i suoi
BISOGNI ORGANICI di adattamento all’ambiente. Tale bisogno - che è individuale
-si trasforma in interesse. Pertanto è inutile proporre delle attività standard, ma
bisogna proporre delle attività che suscitino INTERESSE nei discenti.
Dewey studia l’intelligenza come funzione. L’intelligenza non si mette in
movimento se non in presenza di problemi da affrontare (funzione di problem
solving). Proporre attività di progetto, problemi autentici, situazioni concrete da
risolvere). Sarebbe meglio imparare socializzando-in gruppo. È molto interessato
anche all’educazione democratica.
Decroly, medico belga, trova modo per organizzare gli studi eliminando le
discipline: bisogna organizzare le materie di studio in maniera interdisciplinare,
ponendo il focus sugli interessi: alimentazione, difendersi dalle intemperie,
3
socializzare…individua centri di interesse che i docenti dovrebbero considerare per
progettare insieme.
Le idee appena esposte sono state riprese dall’attivismo di SECONDA
GENERAZIONE:
Dottrand, Freinet, Kilpatrick, Washburne
4
EQUAZIONE TRA BES E BISOGNO DI SERVIZI AGGIUNTIVI (pei, PDp);
PRONUNCIAMENTI INTERNAZIONALI E RAPPORTO OECD:
Convenzione ONU 2016, pur essendo riferita soltanto alla disabilità, sottende un
ragionamento inclusivo.
Mentre nella scuola lo spettro dei Bes è molto ampio, all’università i tutelati sono
soltanto gli allievi con disabilità e con DSA; non tutelati: ADHD, disprassici.
Dove ci ha condotto questo traguardo?
Ad individuare una macrocategoria di studenti con esigenze eterogenee e a
rischio educativo, con difficoltà nello studio e nella socializzazione.
Ad individuare il diritto di tali studenti ad avere una didattica individualizzata
e personalizzata, con percorsi più adeguati ai bisogni.
La scuola deve garantire pratiche più inclusive in classe.
Gli studenti con BES possono essere individuati attraverso le risorse aggiuntive in
supporto alla loro educazione: dai bisogni dell’allievo all’offerta formativa
scolastica.
Il pdp è un altro modo per ragionare di BES: è questo un approccio positivo
alla diversità?
Anche senza bisogno di diagnosi, è nella professionalità dell’insegnante
comprendere chi ha maggiori difficoltà.
Il PDP può diventare un alibi per insegnanti: l’insegnante eroga una didattica
normale per la classe e poi fornisce misure dispensativi e compensative. Ciò crea
divisione nel gruppo classe. Esso può essere uno strumento per mettere in luce le
difficoltà dell’allievo e mettere nero su bianco perché in futuro restino nella
continuità didattica.
OPINIONE DELLA PROF.SSA PAVONE:
Il bes può essere un qualificatore di difficoltà personali per gli insegnanti (la
mia difficoltà è di avere dei PDP in classe: il pdp diventa un qualificatore di
difficoltà);
con i pdp si porta in luce l’entità del rischio educativo in classe.
RISCHI DI UNA INTERPRETAZIONE RIGIDA DEL MODELLO DI BES
Il BES è indicatore per l’erogazione dei servizi: in caso di disabilità, va individuato
il progetto didattico e i servizi di cui avrà bisogno; in caso di alunno stranieri,
costruire un PDP metodologico e didattico.
Ciò è mediatore di appartenenza alla classe? Il PDP migliora l’inclusione
oppure no?
5
Pavone condivide le idee di Benoit ed Ebersold:
Dal punto di vista dell’allievo:
diagnosi a tutti i costi;
visione “difettologica”, marcatore di minus habens di potenzialità;
logica “compensativa” poco progettuale: bisogno=prestazione di servizi
aggiuntivi, come se gli strumenti compensativi e le misure dispensative
fossero di per sé sufficienti a migliorare quello che manca. Il progetto c’è
perché vi è un PDP, ma non c’è progettualità con la classe; crea divisione
la logica non è inclusiva, ma di separazione. Gli allievi sono consci di queste
differenze: “tu hai un PDP, quindi funzioni di meno” e le dinamiche di classe
rischiano pertanto di essere condizionate da questo modello.
Dal punto di vita del rapporto tra lo studente con BES e il gruppo classe:
visione consumistica della scuola (ricevo PEI o un PDP in base al bisogno)
diventa difficile compenetrare il modello individualistico ed inclusivo: come
si può fare integrazione se il PDP è così rigido e non si riesce ad adattarlo
alle attività della classe?
Visione programmatica sommatoria, additiva.
L’intenzione del nostro confronto è mettere in discussione l’equazione tra BES e
necessità di servizi aggiuntivi.
Purtroppo, in Italia ci sono buone leggi e cattive prassi nella pratica il docente
di sostegno è assegnato all’allievo. Il docente di sostegno dovrebbe, invece,
costruire una progettazione inclusiva, ma ciò non avviene sempre.
Il docente di sostegno non deve arrendersi di fronte alle cattive prassi, ma portarle
al Dirigente Scolastico, indicando i riferimenti di legge.
Limiti del concetto di integrazione: prevedere che sia l’allievo con disabilità o
con DSA, ecc. ad integrarsi; che sia il docente di sostegno a doversi integrare nella
progettazione di classe. rapporto tra l’uno e il gruppo; e poi si dice che l’ambiente
si deve modificare. Qui sta la debolezza nel concetto di integrazione: che pensare
che per accogliere l’uno tutta la classe si modifichi e tutti gli insegnanti accettino
di lavorare insieme. È un ragionamento debole sistemicamente.
L’unità didattica va costruita a prescindere dalla presenza di Bes; va costruita una
didattica MULTIMEDIALE per classi eterogenee, il più possibile accessibile per tutti
[esempio, a priori possibilità di usare il PC; fornire testi formattati in maniera
accessibile].
6
Slide: 1_2Individualizzazione_personalizzazione
INDIVIDUALIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE
Fanno parte entrambi della cultura pedagogica italiana.
A) INDIVIDUALIZZAZIONE: Ha a che fare con la storicità esistenziale del
minore: un dato allievo, con una data diagnosi e con le sue esperienze. Il concetto
ci riporta all’attivismo pedagogico: ogni allievo è diverso dall’altro. Adeguare
l’offerta formativa per consentire all’allievo di raggiungere i TRAGUARDI
COMUNI6. È il caso dei BES.
Cosa andiamo ad adeguare? Obiettivi, contenuti, linguaggi, ritmi alle peculiari
esigenze dello studente.
Il concetto di individualizzazione ci riporta all’idea di ETEROCRONIA DELLO
SVILUPPO (progressione a velocità diverse, secondo differenti settori di sviluppo
psico-biologico.). Studiato da un medico francese ZAZZO. Frequentemente,
soggetti con disabilità hanno personalità eterocronica:
Ex1: un ragazzo autistico ha uno sviluppo fisico normale; quello intellettivo a
diversi tipi di funzionamento; quello emotivo, affettivo, comportamentale alterato
nella sua persona diversi settori procedono a tappe di sviluppo differenziate.
Ex2: ragazzo cieco ha uno sviluppo sensoriale bloccato (vista), uno affinato (olfatto
e/o udito); nessun problema ad altri livelli.
Ex3: sindrome di Down, sviluppo fisico normale; affettivo spiccato; problemi di
linguaggio.
In realtà, tutto ciò è un equilibrio naturale; non vi è disarmonia. Dobbiamo
insegnare ai ragazzi che questo tipo di allievi hanno un equilibrio originale e che
questa apparente disarmonia può modificarsi nel tempo grazie a stimoli educativi,
quindi non è statica. Le cosiddette “capacità residue” sono un concetto da rivedere
perché è come se il resto fosse deteriorato e solo tali capacità fossero buone.
Il soggetto disabile non è un sistema chiuso; è un individuo con relazioni aperte.
“L’epoca delle passioni tristi” di SCHMIT e BENASAYAG: nei confronti dei
disabili abbiamo il nostro SAVOIR e lo colleghiamo al ça à voir il sapere è ciò che
vediamo: se vedo un tetraplegico il mio savoir è quello che vedo; il ça à voir è ciò
che penso di lui, ciò che vedo.
Bisogna dare agli allievi con disabilità delle chances non di perfezione ma di
progressivo miglioramento.
Il nostro lavoro è proprio sollecitare capacità presenti, scoprirle e valorizzarle:
attraverso questo canale prossimo migliorare il funzionamento della persona
(FEUERSTEIN).
6
Libri di Massimo Baldacci : adeguarsi alle esigenze dell’allievo per portarlo agli obiettivi comuni di classe.
7
Non possiamo comunque ignorare i vincoli, i problemi esistenti, dovuti alla severità
del disturbo. Vincoli sull’educabilità:
Blu: fattori personali; Rosso: fattori ambientali
7
È la base di ogni progetto: è difficile elaborare un PEI se non troviamo con l’allievo una relazione comunicativa.
8
Continuo Slide: 1_2Individualizzazione e personalizzazione
30/11/2019
PERSONALIZZAZIONE EDUCATIVA
(e didattica)
Per personalizzazione educativa si intende un processo con cui la scuola ha a che
fare. Fa parte della concezione scolastica a partire dal 2003 (Riforma Moratti
L.53/2003 ha proprio tale impostazione personalistica). Cosa è rimasto di questa
impostazione? Il PDP.
Da dove arriva il concetto di personalizzazione? All’origine è ancora più denso di
significati, anche profondi. Non è un’espressione soltanto didattica. Nasce da
un’impostazione pedagogica. Il personalismo è una corrente filosofica del 900
(MAniten , Munier, Merieu, Buber….) NON è una metodologia didattica, come
invece è l’individualismo.
L’interesse è per lo sviluppo morale della persona.
Moratti: la scuola ha il fine della realizzazione della persona e le discipline sono
degli strumenti per la formazione della persona.
Negli ultimi 20 anni tale idea ha avuto delle declinazioni, anche didattiche (victor
maria Hotz?); altri autori francesi come Marguerite Alté…
Da qui nasce la didattica differenziata di cui parleremo oggi.
Essa è stata favorita dal DPR275/1999 sull’autonomia delle istituzioni scolastiche :
le scuole acquisiscono una discrezionalità e responsabilità ad elaborare i curriculi.
La centralità dello Stato riduce le proprie prerogative di intervento sulla scuola ed
affida alle scuole l’elaborazione dei curriculi DECENTRAMENTO
Su questa idea dell’autonomia, La legge Moratti ha dato un nuovo impulso: non ci
sono più i programmi, ma le indicazioni nazionali
9
b) La sua direzione di senso: la sua esistenza tende ad uno sviluppo personale.
Ciascuno ha la propria meta, il suo Progetto di Vita.
c) Relazionalità: non si può sviluppare se stessi se non in gruppo.
Questi sono i principi del personalismo pedagogico. Il volto dell’altro può
essere anche molto compromesso, ma non perde l’istanza della relazione del
sé (P.Ricoeur).
EDUCAZIONE GLOBALE E PROGETTUALE.
10
In presenza di disabilità, si devono favorire le tendenze psicologiche
all’orientamento opposto.
Visualizzazione video da “Il mio piede sinistro” (1989, regia di Sheridan) per
ragionare sul concetto di persona (al di là di ciò che vedo con gli occhi) ed individuo
e di come la compensazione ci sia nella persona con disabilità, ma non è compreso
dalle persone con cui vive.
Uomo che vive in famiglia accogliente irlandese con una tetraparesi spastica. Nasce
con problemi dalla nascita a causa della mancanza di ossigeno.
Scena del protagonista quando è adolescente: è in soffitta, non pranza con gli altri,
la madre lo imbocca, gli dice che non potrà per sempre occuparsi di lui perché è
malata. Lei sale su per le scale per portarlo a letto, ma si affatica molto e nello
scendere le scale, cade. Il bambino sente il tonfo della caduta, scende a suo modo
le scale, bussa alla porta con i piedi e chiama i soccorsi. I soccorsi trovano i due
vicino il portone: il vicinato pensa che siano caduti insieme per le scale, mentre lui
era immobile lì come un “pupazzo”; gli danno della “croce”, del “poverino”.
Non hanno soldi per acquistare sedia a rotelle e gli danno una carriola.
Altro episodio: con il piede sinistro e del gesso disegna un triangolo sul pavimento
mentre i suoi fratelli stanno studiando. La madre pensa che si tratti di una A e non
di un triangolo. Il bambino con grande sforzo scrive “mother”. Il padre dice “è un
vero Brown!” ed è molto fiero di lui. Tutti sono commossi.
Pur in una famiglia accogliente e amorevole, aveva una identità negata finché non
si capisce che è un bambino intelligenza. È lui che ha dovuto dimostrare dopo vari
tentativi di avere un’intelligenza vivace. Quando capiscono che è in grado di
ragionare, lo riconoscono come figlio. Capiscono quale sia il suo canale privilegiato
di comunicazione: il piede.
A 19 anni intraprende un percorso di riabilitazione logopedica: imparerà
finalmente, a suo modo, a parlare. “Una speranza differita rende il cuore
sofferente” è la sua risposta alla dottoressa che gli chiede se vuole andare in una
clinica a farsi “curare”. Nella clinica si accorge che ci sono solo bambini e quindi
11
non ci vuole andare. La dottoressa fa la riabilitazione a casa. Si innamora della
dottoressa, la quale gli dà l’opportunità di esporre ad una mostra i suoi quadri:
diventa pittore e scrittore. Ma la delusione d’amore lo mette in crisi e tenta il
suicidio, non vuole più uscire dalla stanza. Quindi i familiari allargano la sua stanza
per consentirgli di realizzare appieno la sua persona. Con la morte del padre, c’è
un’altra crisi familiare: è lui che mantiene la famiglia con i suoi libri ed i suoi quadri.
Riflessioni:
l’ironia è importante Chris apre la porta alla dottoressa soltanto quando lei dice
che aprendo la porta potrà insegnargli meglio a pronunciare le parolacce che le
stava dicendo per mandarla via.
Ipertrofia identitaria Le stereotipie atrofizzano la nostra visione sul bambino:
è autistico e quindi ha delle determinate caratteristiche, ma non è sempre così.
Bisogno di verità Il bambino è il motore delle sue capacità di riequilibrio, quindi
va informato sulle sue difficoltà, dev’esserci un rapporto di verità con il docente.
Esso richiede una buona relazione con il docente.
Difficilmente i compagni di classe conoscono l’alunno con disabilità, le sue
caratteristiche.
Progressiva separazione Transitare dal ruolo personale al ruolo posizionale
deriva da impostazione psicoanalitica: l’allievo deve diventare sempre meno
dipendente dall’adulto. L’autonomia comporta dei rischi, ma è necessaria.
RUOLO PERSONALE: nei rapporti personali prevale l’affetto (come in genitori-figli);
è bene che ci siano questi rapporti anche con allievi con disabilità.
RUOLO POSIZIONALE: si instaura in ambienti in cui il rapporto tra persone è
vincolato dal ruolo professionale.
Le persone con disabilità tendono a suscitare il ruolo personale e non posizionale:
ci troviamo di fronte ad uno studente. Se non raggiunge gli obiettivi del PEI va
rimproverato come gli altri, bisogna pretendere da lui ciò che deve dimostrare.
Evitare IPERPROTETTIVITA’, ASSISTENZIALISMO, ma favoriamo i contatti e le
interazioni con gli altri. (considerazioni di Montobbio -ASL 3 di Genova nel
collocamento al lavoro per persone con disabilità per far sperimentare loro anche
il ruolo posizionale nel loro lavoro)
12
Slide: 2_1Differenziazione_fondamentidid.
Considerare la programmazione come strumento NARRATIVO, non un
tabellario rigido e schematico.
Funzioni della narrazione in educazione (Demetrio):
Metacognitiva: aiuta l’insegnante a riflettere sul suo insegnamento;
di apprendimento: ogni anno impara qualcosa di nuovo sui propri allievi,
sulle varie metodologie
trasformativa/formativa: serve per crescere professionalmente
essa attiva lo sviluppo della bilocazione cognitiva (guardare la programmazione
come un altro da me, come se l’avesse fatta un altro da mee cerco di cogliere i
limiti e i margini di modificazione. Aiuta a prendere le distanze da vissuti difficili o
dolorosi)
Cos’è la scuola? Un ambiente nel quale noi insegnanti trattiamo gli oggetti
culturali (le discipline) socialmente e scientificamente legittimati e accreditati (il
legislatore prevede le materie di studio per ciascun individuo. Essi vengono
sottoposti ad azioni di ristrutturazione in funzione della classe mediante
un’azione di ricostruzione e rappresentazione attraversi mediatori attivi, iconici
e simbolici in modo da renderli accessibili e disponibili all’apprendimento (Elio
Damiano).
I mediatori (Bruner) possono essere attivi, simbolici e iconici (parola, testo scritto,
immagini, esperienza concreta, adattando il tutto al proprio grado di istruzione).
Attivi: uscite didattiche
Iconici: disegni, schemi, mappe, modelli
Analogici: simulazioni, drammatizzazioni, giochi
Simbolici: verbalizzazioni orali e scritti, formule, codificazioni. Più usati.
(slide immagine Oggetto della didattica) Cosa accade in classe? L’insegnante
propone delle esperienze di apprendimento (concrete) ma l’ambiente classe è
anche legato a delle esperienze fuori scuola (contesto extrascolastico). Il fine è
raggiungere traguardi di apprendimento per poi ricominciare da capo il ciclo.
13
compito è proprio mediare la realtà perché non sempre la realtà ci insegna). Noi
mediamo anche la disciplina (l’insegnamento della storia, ad esempio, è influenzato
dal docente che decide quali argomenti approfondire, da che punto di vista
guardarli).
Azione didattica come mediazione
TIPOLOGIE DI MEDIATORI
realtà rappresentazione
rischio sicurezza
caldi freddi
distesi concentrati
Esempio di mediatore ICONICO: rapporto ravvicinato con la realtà.
ricostruzione di un’esperienza diretta attraverso immagini
rapporto fisico-percettivo con il reale attività percettiva
oggettivazione del fenomeno scarsa trasferibilità
possibilità di analisi possibile ambiguità di significato
condensazione o organizzazione difficoltà di rappresentare
dell’informazione concetti astratti
realtà rappresentazione
rischio sicurezza
caldi freddi
distesi concentrati
Esempio di mediatore SIMBOLICO
astrazione esperienza diretta attraverso codici simbolici
elevato grado di generalizzabilità distanza dall’esperienza
rapporto economico informazioni/tempo difficoltà di decodifica
copertura gamma infinita di esperienze scarso coinvolgimento
sinteticità necessità di un lessico comune
14
realtà rappresentazione
rischio sicurezza
caldi freddi
distesi concentrati
Esempio di mediatore ATTIVO: è vicino alla realtà, ma non coincide con essa.
ricostruzione di un’esperienza diretta a scopi didattici
alta motivazione fattibilità
selezione intenzionale dell’esperienza tempi lunghi
riferimento al contesto particolarismo
consistenza fisico-percettiva memorizzazione aspetti salienti
15
Da chi è stata ispirata? Referenti scientifici della diff. didattica
16
[continuo slide 2_1Differenziazione_fondamentidid] da slide 24
14/12/2019
Prodotto cioè prevedere a priori che non vi sia una sola prova di verifica
standardizzata, per tutti, ma che abbia delle articolazioni interne, ad
esempio per livelli di difficoltà. Bisogna preannunciarlo agli allievi perché li
responsabilizza e li orienta verso ciò che vogliono ottenere.
Occorre:
conoscenza approfondita del profilo di apprendimento degli allievi (stili
cognitivi
sostegno alla motivazione degli studenti
17
molto diffusi). Sviluppare collaborazione e non competizioni tra compagni.
Le innovazioni sono frutto di gruppi che lavorano e non di menti singole.
L’insegnante è capace se sa differenziare e gestire la classe
18
[slide: 2_2Differenziazionestrategie]
APPROCCI
Atre strategie:
COMPILARE IL PROFILO DELLA CLASSE (il risultato delle prove di verifica
di ingresso non è il primo voto da inserire nella scheda di valutazione. Serve
soltanto a rilevare il profilo della classe)
FAVORIRE UN CLIMA POSITIVO
19
La programmazione dovrebbe essere uno strumento narrativo utilizzabile per
modifiche eventuali e non un adempimento burocratico, fisso e immodificabile.
I traguardi del PEI non sono solo scolastici, ma anche SOCIALI e SANITARI.
Infatti, il progetto di vita è globale. La collaborazione delle famiglie è indispensabile
per il raggiungimento di taluni obiettivi; lo stesso dicasi per interventi del
logopedista o psicomotricista, per esempio.
20
Raccordo tra PEI e piano di lavoro di classe partecipazione alla CULTURA DEL
COMPITO8:
Partecipare all’attività formativa di classe secondo il possibile livello di
approfondimento;
PEI PER OBIETTIVI MINIMI E DIFFERENZIATI: come effettuare una scelta tra l’uno
o l’altro? Non c’è una risposta univoca.
21
[Slide: 3_1Modelliprogdid]
non bisogna lavorare soltanto su programmi didattici a breve termine. Il PEI non
può diventare un alibi. Bisogna recuperare una buona dimensione progettuale.
Bisogna fare anche attenzione a non soffermarsi sui traguardi a lungo termine,
senza individuare bene i traguardi a breve termine necessari. Alcuni PEI peccano
di tecnicismi, altri peccano di indeterminatezza. Proporre gli stessi obiettivi per
anni diversi significa che non sono stati individuati bene o sono stati scelti senza
una motivazione ragionata.
Quali le finalità che la scuola deve raggiungere? (finalità) Le Finalità sono gli
obiettivi generali, cioè quelli che appartengono al ciclo scolastico.
Quali esperienze educative porre in essere (contenuti)
Come organizzare queste esperienze? (metodi)
Come verificare le finalità raggiunte? (valutazione)
22
L’obiettivo non è l’intenzione dell’insegnante, bensì descrivere quali attività deve
dimostrare l’allievo perché possiamo dire che abbia raggiunto l’obiettivo.
23
Vantaggi della programmazione per OBIETTIVI: [De Landsheere][slide 15]
- rendere più democratici i processi educativi perché c’è trasparenza: il
docente deve chiarire i traguardi a se stesso, ai docenti, alunni e alle
famiglie;
- rende l’azione educativa più facile;
- favorisce i processi di valutazione.
Criticità:
Il PEI è un esempio di programmazione per obiettivi individualizzata. La formula
inventata nel secolo scorso, come padre putativo del PEI è il Mastery Learning
(Bloom & Block); BLock &co. non si occupavano della massa, dei disabili, ma di
allievi in Drop out, che non rendevano bene a scuola percorso didattico adattato:
obiettivi semplificati; tempo aggiuntivo; metodi attivi; attività pratiche.
Controllo dei risultati.
Il PEI non è altro che un modello di mastery learning.
- Prevede un unico percorso uguale per tutti gli studenti; nega, dunque, la
specificità de singoli;
- Richiede che tutto sia previsto in anticipo. Impossibile: la realtà si sviluppa
in modo complesso e mutevole, ristrutturandosi secondo condizioni di
contesto, processo e i profili degli studenti.
Ventaggi: De Landsheere
Rendere più democratici i processi educativi
24
conversione in pratica. È un’offerta formativa organizzata, con dei traguardi da
raggiungere, con la chiarezza delle metodologie, degli strumenti, dei modi di
verifica e va resa pubblica.
La logica curriculare dovrebbe sia animare la programmazione di classe, sia anche
il PEI che è una sotto-programmazione della programmazione di classe, una sua
articolazione.
Sia il curriculo che il PEI si elaborano entro i primi 2 mesi dell’anno. Per il pei si
parte dalla programmazione di classe, per poi distanziarsene eventualmente
semplificando il carico didattico, l’obiettivo, articolandolo in sotto nuclei.
25
PROGRAMMAZIONE PER CONCETTI [slide 17]
Questo modello, di fatto, non viene adottato come modello in sé. La
programmazione viene intrecciata con quella per obiettivi.
L’insegnante deve essere consapevole su quale piano di programmazione si sta
muovendo.
Il padre della programmazione per concetti è BRUNER [strutturalismo:discipline
come strutture di concetti].
Il presupposto bruneriano è che ogni disciplina è caratterizzata da proprie categorie
concettuali e reti di concetti. Ciascuna di esse esprime un punto di vista attraverso
il quale descrivere la realtà. Il docente di ciascuna disciplina deve insegnare i
fondamentali della disciplina (ES. non le date in storia, ma il ragionamento tipico
dello storico;ecc.).
26
Ciò che si deve apprendere è potenzialmente significativo;
L’alunno possiede già le idee e i concetti di base;
Lo studente può e vuole apprendere;
Deve comportare una trasformazione attiva e dinamica della struttura
conoscitiva che deve subire, almeno in parte, una ristrutturazione.
Criticità:
Il sapere scolastico è lontano dall’esperienza di realtà (astrattezza e
formalismo)
Fa conto su insegnanti molto competenti sulle discipline, per sviluppare saperi
di elevato spessore culturale e formativo;
Rischi di rigidità e di automatismi: le concettualizzazioni vanno relazionate in
forma interconnessa, ricorsiva, flessibile;
Rischi di verbalismo e astrattezza (poco spazio alle esperienze soggettive).
Questo modello nasce e muore all’interno del contesto scolastico. Non si
possono valutare le conoscenze al di fuori del contesto scolastico.
27
Necessaria scuola a contatto con la vita reale.
Per semplificare la riflessione sulla realtà, a scuola frammentiamo il sapere in parti
(quadrimestre) perché facciamo arrivare gradualmente l’allievo alla conoscenza.
Nella realtà non c’è questa frammentazione, ma le situazioni si presentano nella
loro complessità.
28
Programmare per PROGETTI/ SFONDO INTEGRATORE
(sfondo integratore: declinazione scuola infanzia)
Non basta che l’allievo sappia riprodurre, ma deve riutilizzare le conoscenze per
fronteggiare la situazione: applicare idee acquisite per verificarne l’applicazione
nella pratica; sviluppare soluzioni in modo ordinato.
CARATTERISTICHE:
CAMBIA IL RUOLO DEL DOCENTE, che fa lavoro di regia: è presente, dà
feedback frequentemente. Sceglie oculatamente dove inserire allievo con
disabilità.
La gestione è non direttiva, ma c’è una forma di autogestione. È una didattica
indiretta.
Si parla di coevoluzione degli allievi: si cresce insieme. L’errore non è
un’esperienza da sanzionare, ma da rettificare.
Gli allievi sono opportunamente indirizzati e monitorati.
Il copione non è rigido: non conosciamo a priori i risultati. Ci aspettiamo dei
risultati, ma non ne siamo certi a priori. C’è un’aspettativa, ma il progetto ha
dei rischi, delle incertezze, ma resta un itinerario aperto.
La cornice progettuale è importante e funge da:
-contenitore spazio-culturale;
- organizzatore e motore di percorsi didattici;
- organizzatore di mediazioni, di regole di comunicazione.
VANTAGGI:
Favorisce la motivazione;
L’esperienza del progetto permette di collegare la dimensione cognitiva con
quella affettiva perché c’è un vissuto di coinvolgimento;
È una didattica aperta e flessibile;
Ha un’affinità con il modello didattico per competenze perché è immerso nella
esperienza concreta;
29
È un tipico modello di ricerca-azione: si costruisce pian piano l’esito del
progetto, il che richiede ricerca, anche da parte degli allievi.
Ricerca osservazione rimodulazione.
Più consono a scuola infanzia/primaria.
Consente di integrare gli allievi con difficoltà, che potranno dare il loro
contributo lavorando con gli altri valorizzazione delle sue caretteristiche,
farle conoscere a tutti.
CRITICITÀ:
Incertezza sul risultato (indeterminatezza);
Scarsa attenzione ai contenuti culturali. Come contrastare questo rischio?
Nella fase preliminare, chiarendo le aspettative, facendo bilancio di medio
termine e conclusivo.
30
PROGRAMMAZIONE PER COMPETENZE [slide 40]
LA COMPETENZA
La scuola sembra privilegiare la trasmissione di conoscenze, la capacità di
memorizzazione e di verbalizzazione, mentre dovrebbe formare individui
competenti.
La cultura delle competenze è più anglosassone e francese.
È nato in ambito professionale negli anni 70 ed entrata nel mondo scolastico negli
anni 90.
Competenza:
Sapere -saper fare- saper essere.
capacità di risolvere problemi di natura pratica o intellettuale con carattere di
complessità. Risolvere problema reale in un contesto, facendo interagire le sue
conoscenze (ciò che sa), la sua abilità (ciò che ha imparato nella pratica) mettendo
anche in gioco il suo stile personale
Capace di trasferire la conoscenza in situazioni analoghe: competenza è
contestualizzata e TRASFERBILE in altri CONTESTI.
31
apprendimento; traguardi formativi da raggiungere attraverso l’esperienza
(il laboratorio come ambiente privilegiato)
Principi di metodo:
Coinvolgere l’allievo nelle attività.
Confrontare il bilancio di competenze presenti e le caratteristiche della
competenza da acquisire.
Guidare l’attività autoriflessiva e interpretativa sull’esperienza.
32
11/01/2020 [slides: Valutazione]
Focalizzazione sul:
contenuto (il voto documenta se gli allievi sono in grado di riprodurre,
ricostruire ciò che l’insegnante ha insegnato. Metafora: libro di testo
dimostrare di aver studiato);
tempo (BES più tempo per le verifiche; per gli altri, standardizzato); (tempo
anche per le valutazioni – entro gli scrutini);
i voti (in passato erano giudizi – L.517/1977 : schede di valutazione della
scuola dell’obbligo. I giudizi corrispondono alla gamma dei voti. È equivalente
valutare con voti o giudizi).
33
Aspetto intrinseco: valutare significa realizzare un confronto,
esaminare il grado di adeguatezza tra:
COSA E’?
Porre dei criteri;
Far conoscere “cosa si valuta” (spiegare cosa sarà valutato e quali sono i
traguardi. Indicare i livelli di valutazione -rubriche valutative.);
Fondare una decisione:
- Per migliorare l’apprendimento e l’insegnamento;
- Ricorrere a un insegnamento correttivo)
Il vero significato è sostenere la prosecuzione di un percorso.
(logica delle decisioni)
Una sequenza di voti negativi può alimentare disaffezione alla materia e/o allo
studio in generale. La valutazione deve, invece, rafforzare la motivazione.
34
La valutazione (cosa)
o Non è un processo conclusivo fine a sé stesso;
o È una fase della progettazione/programmazione;
o È stimolo al perseguimento del massimo sviluppo possibile negli
apprendimenti;
o Sostanzialmente NON ha funzione selettiva;
o Il giudizio riguarda anche l’intervento didattico del docente.
35
concordano le prove a livello di dipartimenti per dare omogeneità alla
didattica nelle diverse classi dello stesso istituto.
Valutare – verificare
Verificare = conoscere + scegliere
- le evidenze da verificare
- i mezzi per ricavare dati
- i mezzi per rendere leggibili i dati
= compiere misurazioni
(su conoscenze, abilità, competenze, comportamenti)
36
Dimensione PROGNOSTICA del voto: Insieme all’attribuzione del voto, è molto
importante argomentare il voto: indicare le ragioni del voto, gli aspetti su cui
lavorare, i passaggi sbagliati e un suggerimento su come rimediare.
Lo studente può:
37
Può accadere che il Consiglio di Classe disponga di cambiare da obiettivi
minimi o obiettivi differenziati.
Se ci sono divergenze di vedute con la famiglia? Se la famiglia non concorda,
la competenza valutativa resta di responsabilità dei docenti. Deve restare
traccia documentale in cui la scuola informa la famiglia in tempo debito.
Secondo la L.104/92 art.12 l’allievo va informato sulla tipologia di PEI già a
partire dai 14 anni.
L’AUTOVALUTAZIONE
Ho imparato: __________________________________________
Ho fatto:______________________________________________
ho scritto:_____________________________________________
ho letto:______________________________________________
38
Valutazione ORIENTATIVA
Aspetti metacognitivi della valutazione essa mette in luce le strategie e gli stili
di apprendimento, le attitudini, le convinzioni e gli atteggiamenti, la motivazione
ad apprendere, le dimensioni della personalità che via via definiscono i contenuti
del progetto scolastico e di vita.
Le mie attività ed esperienze fuori della scuola (con la scuola) da solo (con la
famiglia o con altri adulti)
Portfolio degli studenti con disabilità e UDL? non fa parte della verifica
finale, da trattare eventualmente il giorno dell’esonero.
39