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Accettazione con beneficio d'inventario

L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario consente di distinguere il patrimonio del


defunto da quello dell’erede: in questo modo l’erede risponderà di eventuali debiti del defunto
soltanto con il patrimonio ereditato. Questa procedura è obbligatoria se l’erede è un minore, per le
associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti. L’interessato deve dichiarare al cancelliere di
voler accettare l’eredità con beneficio di inventario. Il cancelliere redigerà un verbale. Prima o dopo
aver reso la dichiarazione, l’interessato dovrà presentare anche istanza per la redazione
dell’inventario. L’inventario è necessario per accertare la consistenza dell’eredità. • Se l’erede è in
possesso dei beni ereditati (tutti o alcuni) e intende accettare l’eredità con beneficio d’inventario, lo
deve fare entro tre mesi dalla data della morte. Se l’inventario non è compiuto nei tre mesi, l’erede
decade dal beneficio e viene considerato erede a tutti gli effetti, con la conseguenza che dovrà farsi
carico di tutti gli eventuali debiti del defunto. • Se l’erede non è in possesso di beni appartenenti al
defunto, può chiedere l’accettazione con beneficio di inventario entro dieci anni dalla morte.
L’inventario deve essere compiuto entro tre mesi dalla data della dichiarazione di accettazione con
beneficio d’inventario.

Affinità e parentela
La parentela è il vincolo che unisce le persone che discendono dalla stessa persona e quindi dallo
stesso stipite (art. 74 c.c.). Ai fini della determinazione dell’intensità del vincolo occorre
considerare le linee e i gradi: la linea retta unisce le persone di cui l’una discende dall’altra (nonno-
nipote, padre-figlio); la linea collaterale quella che, pur avendo uno stipite comune non discendono
l’una dall’altra (art. 75 c.c. es. fratelli, zio-nipote). I gradi si contano calcolando le persone e
togliendo lo stipite. Di regola, la legge riconosce effetti alla parentela fino al 6° grado (art. 77 c.c.).
L’affinità è il vincolo che unisce un coniuge e i parenti dell’altro coniuge (art. 78 c.c.). Per stabilire
il grado di affinità si tiene conto del grado di parentela con cui l’affine è legato al coniuge; così
suocera e nuora sono affini in primo grado; i cognati sono affini di secondo grado. Di regola la
morte di uno dei coniugi, anche se non vi sia prole, non estingue l ’ affinità. Questa cessa, invece, se
il matrimonio è stato dichiarato nullo. Tra coniugi non v’è né rapporto di parentela né di affinità ma
di coniugio.
Casi di risoluzione di diritto del contratto.
La risoluzione del contratto è un istituto giuridico dell'ordinamento civile italiano che scioglie il
vincolo contrattuale. Esso non colpisce il negozio, ma il rapporto, si può far valere solo prima che il
contratto sia compiutamente eseguito. La risoluzione può avvenire per: - volontà delle parti -
inadempimento; - impossibilità sopravvenuta (impossibilità genetica ed originaria è causa invece di
nullità del contratto); - eccessiva onerosità sopravvenuta.
VOLONTARIA

Avviene quando le parti, con un nuovo consenso, pongono fine alle conseguenze del rapporto
obbligatorio esistente tra di loro. Talora è lo stesso contratto che stabilisce il diritto di recesso a
favore di una o di ognuna delle parti. Altre volte è la legge che concede il diritto di recesso
unilaterale come ad es. nel contratto di mandato.
LEGALE

È prevista per i soli contratti a prestazioni corrispettive. La causa di risoluzione si manifesta


durante la vita del rapporto obbligatorio nei tre casi previsti dal Codice civile ossia
nell'inadempimento della controparte, nell'impossibilità sopravvenuta di una prestazione e
nell'eccessiva onerosità. Nel caso di risoluzione legale, si dovrà adire un giudice al fine di accertare
il verificarsi dei presupposti per ottenere la risoluzione. L'eventuale sentenza di accoglimento sarà
di tipo costitutivo e gli effetti della medesima saranno retroattivi. La risoluzione del contratto può
avvenire, oltre che per l'intervento di un giudice, anche di diritto. Tali casi, previsti dal codice sono:
- Clausola risolutiva espressa. - Diffida ad adempiere. - Termine essenziale.
Cause di revocazione della donazione
Le cause sono contenute nell'art.800 del c.c. Lo stesso recita che La donazione può essere revocata
per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. La domanda di revocazione può essere proposta per
ingratitudine (art. 801) quando ad es. il donatario ha ucciso o tentato di uccidere il donante, il
coniuge o un discendente oppure in caso di inadempimento, da parte del donatario, di dare gli
alimenti al donante. Può essere proposta per soppravenienza di figli (art. 803). Revocata la
donazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, il donatario deve restituire i beni in natura, se
essi esistono ancora, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda.

Differenza tra offerta e promessa al pubblico


L’offerta al pubblico è una proposta contrattuale che invece di rivolgersi a una o più parti
determinate, si rivolge alla generalità dei soggetti che possono essere interessati all'offerta. (Esempi
sono proposti tramite offerte al pubblico i prodotti in un supermercato perché hanno esposto il
prezzo di vendita). Per aversi offerta al pubblico è necessario che questa contenga tutti gli elementi
del contratto che si vuole concludere, deve essere, in definitiva, vera proposta contrattuale; in caso
contrario la proposta mancante di alcuni elementi, (come , ad esempio, la mancanza del prezzo di
vendita) non vale come offerta al pubblico, ma come invito a fare delle offerte (o meglio delle
proposte) che dovrebbero, di conseguenza, essere poi accettate. L'offerta al pubblico non deve
essere nemmeno confusa con la promessa al pubblico di cui all'art. 1989 c.c. In questo caso, la
promessa (che è negozio unilaterale) è vincolante appena è resa pubblica; non è volta alla
conclusione di un contratto, ma si promette una prestazione a favore di chi si trovi in una certa
situazione o compia una determinata azione. Tipico esempio di promessa la pubblico è quello
relativo alla offerta di una somma di denaro a chi ritrovi un cane smarrito.
Differenza tra espromissione ed accollo
L'ESPROMISSIONE è il negozio giuridico mediante il quale un terzo, detto espromittente, si
obbliga a pagare nei confronti del creditore, detto espromissario, quanto dovuto dal debitore, detto
espromesso, senza incarico di quest'ultimo. Elemento essenziale dell'espromissione è la spontaneità,
conseguente all'atto di liberalità, dell'intervento del terzo, che assume su di sé l'obbligazione senza
incarico da parte del debitore. L'ACCOLLO è uno dei contratti che rientrano nel fenomeno della
successione a titolo particolare nel debito, più precisamente è il contratto tra il debitore (accollato) e
un terzo (accollante) in virtù del quale quest'ultimo si assume un debito del primo verso un creditore
(accollatario). L'accollo è disciplinato dall'art. 1273 del codice civile. L'accollo, al pari
dell'espromissione, ha quale causa quella di assumersi un debito altrui. Mentre con l'espromissione
questa funzione viene realizzata all'esito di un accordo tra il terzo e il creditore, nell'accollo
l'accordo interviene tra il terzo e il debitore originario.
Differenza tra possesso e proprietà
In diritto si definisce possesso un potere di fatto su una cosa, che si manifesta in una attività
corrispondente a quella esercitata dai titolari di diritti reali sulla cosa stessa. Essa non è sempre
corrispondente, tout court, all'esercizio di proprietà. Il possesso è regolato nel codice civile italiano
dagli artt. 1140-1170 c.c. il primo dei quali enuncia:
Art.1140 - Possesso - 1. IL POSSESSO è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività
corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. 2. Si può possedere direttamente o
per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.
LA PROPRIETA' invece è un diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre
delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi previsti
dall'ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile). Si parla di proprietà privata, o pubblica, con
riferimento allo status - privato o pubblico - del soggetto giuridico cui spetta la titolarità del diritto.
Nel linguaggio comune, il termine

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