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Arthur Schopenhauer

L’uomo come “animale metafisico”

Schopenhauer descrive l’uomo come un “animale metafisico”, questo perché si


stupisce e si interroga sulla propria esistenza e, spinto dal dolore e dalla morte, si
interroga sul senso ultimo della propria vita.

Egli necessita quindi di una spiegazione riguardo la sua esistenza, ed è spinto a


ricercare la verità al di là della realtà illusoria coperta dal velo di Maya.

Fenomeno e Noumeno

Per Schopenhauer il fenomeno e noumeno, sono diversi da come li abbiamo visti in


Hegel. Infatti, mentre per Hegel il fenomeno è il modo di manifestarsi dello spirito e il
noumeno è “la cosa in sé”, per Schopenhauer, invece, il fenomeno è una realtà
illusoria ed apparente.

La realtà fenomenica viene rappresentata con l’immagine del “Velo di Maya”, che
deve essere oltrepassato dal filosofo per arrivare alla realtà noumenica, quella
autentica. Questa realtà è quindi celata ed in essa sarebbe contenuta la volontà di
vivere, un impulso inconscio ed incontrollabile che ci spinge a vivere la nostra vita,
senza un reale motivo.

Il fenomeno per Schopenhauer è quindi una rappresentazione soggettiva che trova la


sua esistenza solo nella coscienza.

Il corpo come via d’accesso alla verità

Esiste qualcosa che precede pensiero e percezione: il corpo.

Se vediamo il corpo come un oggetto esso sarà visto come un’illusione, ma se, invece,
percepiamo la vita dentro di noi (il respiro, il battere del cuore, ecc..), allora abbiamo
un’immediata esperienza del corpo vivente.

La volontà di vivere

Schopenhauer ritiene che questa sia l’essenza di ogni cosa che esiste, un impulso
irresistibile che porta l’uomo a continuare la propria esistenza.

Questo è un impulso inconscio, cieco ed irrazionale che ci spinge “qua e là” nella
nostra vita.

L’uomo può strappare il velo di Maya arrivando alla conclusione che la sua essenza è
la volontà di vivere.

La vita è dolore
Per Schopenhauer, siccome il mondo è mosso da questa volontà irrazionale e priva di
senso, allora la “crudele verità” è che la vita ed il mondo stesso sono prive di scopo
e senso.

Fondamentalmente la vita è desiderio, ma esso nasce solo dove vi è una mancanza


(questo perché ognuno di noi cerca sempre ciò che gli manca), quindi vi è una
tensione dolorosa verso un qualcosa.

Inoltre, ogni appagamento dura solo un momento, questo perché il piacere è solo
momentanea cessazione del dolore.

Infine, nei rari momenti in cui il desiderio trova soddisfazione, proviamo una profonda
noia perché la soddisfazione, eliminando il desiderio, ci “svuota” della nostra energia
vitale.

Ecco come Schopenhauer riassume la condizione umana:

“La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra dolore e noia, con
intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia”

La sofferenza universale

Allargando lo sguardo possiamo vedere che tutto il creato non è altro che una lotta
feroce tra tutte le creature:

“un’arena di esseri tormentati e angosciati, i quali esistono solo a patto di divorarsi l’un
l’altro, dove perciò ogni animale carnivoro è il sepolcro vivente di mille altri e la propria
autoconservazione è una catena di morti strazianti”

Possiamo quindi affermare che tutto soffre incessantemente.

In particolare l’uomo ne soffre in quanto essere cosciente, in cui la volontà diviene


consapevole di sé stessa.

L’illusione dell’amore

Anche l’amore viene visto dal filosofo in maniera estremamente “cruda”. L’individuo,
infatti, non è altro che un semplice strumento della specie e della volontà di vivere. Di
conseguenza l’amore non è altro che una maschera dell’accoppiamento sessuale.

L’amore viene percepito da Schopenhauer nient’altro come:

“due infelicità che si incontrano, due infelicità che si scambiano e una terza infelicità che
si prepara”

La critica delle varie forme di ottimismo


Schopenhauer conduce una critica su tutte le menzogne che gli uomini si sono
raccontati lungo la storia per non affrontare la verità .
È stata, infatti, la vigliaccheria dell’essere umano a produrre le religioni e le
filosofie ottimistiche, mentre la vera filosofia deve lucidamente e
coraggiosamente smascherare queste menzogne e dire la “crudele verità ”.

Egli critica:

✦ l’ottimismo cosmico, ovvero l’idea che il mondo sia retto dalla Divina
Provvidenza o dalla Ragione. Il cosmo, in realtà , è ateo (privo di
qualsiasi principio divino di ordine e senso) e irrazionale (privo di
qualsiasi ordine razionale);

✦ l’ottimismo sociale, ovvero l’idea che l’uomo sia un “animale sociale”,


fondamentalmente buono. In realtà la legge dei rapporti umani è la
sopraffazione, la “legge della giungla”: gli uomini sono cattivi per
natura e vivono insieme solo per bisogno.. D’altronde “l'uomo è l'unico
animale che fa soffrire gli altri al solo scopo di far soffrire. Gli altri
animali lo fanno unicamente per soddisfare la loro fame o nel furore
della lotta”;

✦ l’ottimismo storico, ovvero l’idea tipica della sua epoca che la storia
sia un continuo progresso. In realtà , la storia e il tempo sono solo
miraggi, illusioni: guardata “da vicino” la storia appare il regno del caso
e del caos, mentre “da lontano” si rivela la ripetizione fatale di uno
stesso dramma.

Il rifiuto del suicidio

Schopenhauer rifiuta il suicidio perché, in realtà , il suicida non nega la volontà ,


ma la afferma: infatti è solo scontento della vita che gli è toccata, se essa
migliorasse non si suiciderebbe.

Inoltre, il suicidio è inutile perché sopprime solamente un individuo, una


manifestazione fenomenica, senza toccare la vera radice del problema, ovvero la
volontà stessa.

L’obiettivo deve essere la liberazione dalla stessa volontà di vivere, ovvero la


trasformazione della voluntas in noluntas (non-volontà ).

Le vie di liberazione dal dolore

Tre sono le possibili vie di liberazione dalla volontà di vivere:

1) L'arte

Mentre la scienza è rivolta alle cose ed è utile, l'arte, invece, è contemplazione


disinteressata delle idee e questo significa che l'appagamento artistico va al di là
dell'individuo, della vita, del dolore e del tempo. Quindi ogni arte è liberatrice
perché sospende la spinta della volontà di vivere dentro di noi. Si tratta, però ,
solo di un'evasione temporanea e parziale.

2) La morale

La morale è il tentativo di superare la lotta egoistica che caratterizza la vita.

Si basa, infatti, sulla pietà, intesa nel senso originario di compassione o empatia,
cioè sulla capacità di sentire le sofferenze altrui come nostre. In altri termini, la
pietà si origina dall’intuizione del fatto che siamo tutti manifestazioni della
volontà di vivere.

La morale culmina nella giustizia e, soprattutto, nell'amore (inteso come caritas,


amore verso il prossimo, e non come eros, desiderio sessuale), che trascende
l'individuo e quindi il fenomeno.

La morale però non costituisce una soluzione radicale e definitiva, perché rimane
una forma di attaccamento alla vita.

3) L'ascesi

La soluzione ultima è l’ascesi, intesa come estirpazione del desiderio stesso di


esistere: “con la parola ascesi [...] io intendo il deliberato infrangimento della
volontà , mediante l'astensione dal piacevole e la ricerca dello spiacevole, […] la
continuata mortificazione della volontà ”.

Schopenhauer vede nella rinuncia ai piaceri, nell'umiltà , nel digiuno, nella


povertà , nel sacrificio, il supremo atto contro-natura, ovvero l'unico vero atto di
libertà possibile all'uomo, l’unico possibile strumento per estirpare la volontà di
vivere e raggiungere il nirvana.

Il filosofo riprende questo termine dall’antico pensiero indiano, ma non lo


intende come una sorta di “paradiso” o di “illuminazione”, ma in un senso
puramente negativo, come semplice fine di ogni esistenza.

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