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Letteratura moderna e contemporanea – 26 ottobre 2021

Jacopo Ortis: il tempo e lo spazio sono determinati (Colli Euganei – 1897), lo spazio è ben individuato, è una
peregrinazione; la vicenda è lineare, plausibile, verosimile; il personaggio è fortemente individualistico,
unico, ma contestualizzato in una prospettiva che dia senso al suo carattere. Soggettivismo del personaggio,
toni lirici, tragici quando la situazione precipita. La vicenda non è epica, perché non ritrae un’intera civiltà. Il
pubblico a cui si rivolge è colto, riferendosi a un paradigma che strizza l’occhio alla contemporaneità. I
giovani tendono a immedesimarsi in Jacopo per consonanza anagrafica e psicologica. Sintonia tra Foscolo e
il nuovo pubblico.
Nell’Ortis, il personaggio è artefice del proprio destino, non è vittima della trama, che ha un ritmo assurdo
nei protoromanzi, e plausibile nell’Ortis, perché aumenta quando la tensione aumenta. Nei protoromanzi
classicisti, i personaggio rappresentano astrattamente dei valori, mentre Jacopo interpreta dei valori, con
l’azione. Valori morali tradotti in azioni, valori che guidano le sue scelte.
Nell’Ortis il tempo e lo spazio si fondono, è un romanzo cronotopico, che può far scattare la sospensione
dell’individualità.
Rispetto ai protoromanzi, tutte le parti del romanzo sono integrate rispetto alle altre > integrazione
funzionale.
Manzoni parte da una letteratura classica, per avvicinarsi a un lettore meno aristocratico, per tappe. Gli Inni
Sacri sono sì in versi, ma spostano il tema da ipercolto a popolare (la religione), i Drammi Storici sono un
altro passo avanti, con un tema universale. Stiamo andando verso il romanzo, scritto alla fine in 21 anni,
come l’Ortis > non è facile scrivere un romanzo in Italia. L’idea del romanzo nasce nel 1821, e nel 23 c’è già
una prima stesura inedita, pubblicata poi dall’editore come Gli Sposi Promessi, dopo l’edizione definitiva di
Manzoni. Si arriva al Fermo e Lucia nel 27-28, due volumi in sedicesimo. Manzoni usa l’escamotage del
manoscritto ritrovato. Nel romanzo non campeggia ancora il nome dell’autore prima del titolo. Il formato è
quasi tascabile, un oggetto-libro moderno. Da letterato tradizionale, Manzoni si trasforma in scrittore
professionista. Le immagini sono un aiuto importante alla storia ma anche alla lettura, in quell’epoca, sono
un accesso di lettura, una facilitazione attraverso le immagini. L’Ortis non ha bisogno di sussidi alla lettura
perché il lettore dell’Ortis è colto. La proposta in dispense è poi una sorta di rateizzazione della spesa.
Manzoni finanzia la sua edizione, con il rischio di perderci, crede nel suo romanzo e pensa di guadagnarci. I
paesaggi illustrati sono pittoreschi e sublimi, consoni al gusto dell’epoca, che apprezza la potenza
affascinante e terrorizzante della natura, che diventa protagonista rispetto alla caducità della vita umana.
La dimensione pittoresca sottolinea anche la quiete del paese, è l’elemento della consolazione.
Le scene possono anche essere di azione, come quella del rapimento di Lucia, della rivolta del pane. Il
romanzo inizia proponendo il suo passo narrativo. E’ un testo discorsivo, persuasivo, lungo, con un ritmo
affabile, che vuole convincere il lettore. Come iniziano i Promessi Sposi? Con la premessa, l’introduzione, o
con la celeberrima apertura “Quel ramo del lago di Como”. Manzoni mostra il manoscritto, non si limita
come Cervantes a dire di averlo ritrovato, imitando la scrittura seicentesca, con le maiuscole e le doppie
che pullulano.
La soglia di leggibilità è data dal lettore basso. La scommessa di un romanzo per tutti è quella di fare un
romanzo elevato concettualmente ma che tutti possano capire.
Manzoni è consapevole della fatica di leggere, della concentrazione necessaria, così come del ruolo cruciale
del destinatario. Il pubblico come insieme diversificato di lettori e di individui. Prima Manzoni evoca il
pubblico, poi dice che ha letto la storia, dunque si mette sul punto di vista del lettore, giudica il suo libro e
lo valuta bella. E’ davvero come se qualcuno avesse trovato il manoscritto. Manzoni ha già, prima di iniziare
a scrivere, in mente un pubblico. Sceglie di diventare un rappresentante dei suoi destinatari. E’ un tono
affabile quello che M usa con il lettore, quasi quello dell’oralità, mettendosi sullo stesso piano di chi legge,
tanto che può giudicare la sua opera. Pone poi il problema della verosimiglianza e della verità storica,
chiedendosi se la storia sia attendibile. Chiari e Pindemonte non si sarebbero mai posti questa domanda.
Mentre Foscolo è lapidario nel prologo, Manzoni discute, si dilunga. All’inizio del romanzo, vengono citate
delle grida (da Azzeccagarbugli), che noi stessi possiamo andare a controllare in via Senato a Milano, in
archivio. Qualche anno fa, da un gruppo di studiosi della Cattolica, sono stati trovati gli atti di un processo di
una donna che è esattamente quella della monaca di Monza. Il romanzo non solo, allora, cita documenti e
personaggi storici, ma ricalca personaggi reali senza dirlo, certo con una grossa parte di invenzione.
Evidentemente, questo ragionamento e queste istruzioni per il lettore, riguardano la sua riscrittura. Dal 27
al 40 Manzoni riscrive il romanzo, perché il suo problema è quello che manca una lingua romanzesca
unitaria per tutti in Italia. Usa un misto di francese, di milanese (coerenza finzionale), di toscano, ma è
macchinoso, e ci mette 12 anni per arrivare alla soluzione leggibile.
I Promessi Sposi sono un romanzo allegorico, ma è allusivo. Il lettore dell’epoca capisce che quella storia si
può tradurre anche nei termini del presente, il riferimento non è diretto e indubbio. E’ una implicazione
allusiva secondaria. Il genere è quello del romanzo storico; i personaggi sono tantissimi, mentre nell’Ortis
erano pochissimi, e c’è varietà di genere e anagrafica, con i protagonisti che sono ragazzi. I personaggi sono
di qualsiasi classe sociale, da proletari ad aristocratici, sia tra laici che tra religiosi. Sono funzionali alla loro
caratterizzazione >> Azzeccagabugli > nomen omen, il soggetto è riassunto nel nome. Ma i nomi, al
contrario, possono anche diventare antonomastici >> Don Abbondio = vile.
Nomi dei protagonisti: Tramaglino rimanda a “tramaglio”, rete fatta da tre maglie sovrapposte, sia da pesca
che da caccia, per volatili, tipica del lago, sintomatica di una professione modesta. Ma tiene insieme anche
“maglia” e “travaglio” > un filatore di seta che finisce nei guai. Quindi, nome e cognome anagrafici ma
allusivi. Lucia Mondella: “ella è monda” > “ella è pulita” e quindi “vergine” : la storia dei Promessi è anche la
storia di violare la verginità di Lucia. Ma “monda” anche in senso morale: casta, pura.
Spazio e tempo: l’incipit ci colloca precisamente in uno spazio preciso, le coordinate sono subito dichiarate,
attraverso una carrellata cinematografica in cui dall’alto ci si avvicina lentamente a terra, fino ad arrivare a
Don Abbondio, e racconta di un viaggio, in un’ottica tripartita: Como, Milano, Bergamo. Milano è al centro
della vicenda, luogo delle opportunità e del rischio > viaggio avventuroso su geografie precise, confermato
da corrispondenze tra luoghi reali e raccontati. Possiamo ripercorrere oggi il viaggio di Renzo > dimensione
perfettamente cronotopica.

Lezione del 28 ottobre

I protoromanzi italiani non sono funzionalmente integrati, e dunque brutti; a partire dall’Ortis sono belli
perché funzionalmente integrati e modernamente compiuti.
Manzoni
Il manoscritto viene esposto al lettore. L’idea di Manzoni è quella di un romanzo per tutti, non si rivolge al
lettore colto o ipercolto. E’ il concetto di pubblico, che mette insieme tanti tipi di lettore. L’autore considera
la fatica del leggere e si mette dal punto di vista del lettore dicendo che a lui è parsa una bella storia.
L’autore certifica attraverso la formula del romanzo storico la verosimiglianza dei fatti raccontati > formula
del componimento misto di storia e finzione, che si fondono all’insegna del realismo e dell’efficacia
interpretativa.
Tra l’Ortis e i Promessi ci sono mille differenze, l’uno è tragico l’altro presenta una varietà di toni che
corrisponde alla varietà del mondo rappresentato, l’uno è individuale l’altro è collettivo, l’uno è
iperletterario l’altro è un romanzo che si rivolge a tutti, con una lingua esemplata sul parlato, l’uno una
narrazione in prima persona, l’altro ha un narratore onnisciente. Ci sono elementi di consonanza, sono due
romanzi impegnati e patriottici, anche se l’Ortis è in questo più esplicito. L’Ortis e i Promessi Sposi sono due
romanzi di scrittori affermati che sdoganano il genere. L’uno è però aristocratico l’altro è nazionalpopolare.
La modernità letteraria si fonda sull’allargamento dell’offerta e della domanda, e il motore di questo è il
romanzo. Si pone un problema produttivo, industriale, perché crescendo la domanda servono nuove
macchine atte a rispondere al cambiamento. Sono due le macchine nuove: la Ninotype e la Monotype, per
cui gli stessi caratteri e le stesse lettere possono essere composte.
Partiamo dalla letteratura popolare e dal settore del pubblico maschile. Abbiamo scelto Emilio Salgari,
celeberrimo esempio di scrittore popolare. 2 opere tra le tante: 1894 – Le tigri di Mompracem, che esce
prima in quotidiano e nel 1900 in volume. Il protagonista è Sandokan, che ha enorme successo,
transmediatico; I misteri della giungla nera – 1887, esce originariamente come “Gli strangolatori del
Gange”, poi viene riproposto da Salgari come “Gli amori del Gange”, nel 1993, e nel 1995 con il titolo
definitivo, tramandato fino a oggi. Alleanza tra giornale e romanzo: tra un nuovo genere a vocazione larga,
e il nuovo canale di distribuzione affermatosi con la modernità urbano-borghese. Si moltiplica l’offerta
giornalistica, aumentano i romanzi, e i due si alleano. Si chiama “Feuilleton” perché quest’alleanza nasce in
Francia. Il format viene pubblicato in Italia e Salgari lo sfrutta pubblicando i suoi romanzi prima attraverso la
distribuzione giornalistica (anche duplicata o triplicata) e poi sulla forma libraria. Scrivendo sui giornali, il
romanziere può raggiungere un pubblico molto più ampio, quello di chi legge giornali ma magari non legge
libri. L’elemento vincente è la parcellizzazione, la diluzione della spesa nel tempo > l’opera è letta da un
pubblico più ampio. Dall’altra parte, il giornale vende di più perché c’è chi lo compra per leggere il romanzo.
L’editore del giornale è spesso lo stesso che lo pubblicherà sotto forma di libro, guadagnando al massimo
dalla sua opera. Scrivere un romanzo d’appendice non è la stessa cosa che scrivere un romanzo tout court,
per cui si ha un’ampia libertà nella stesura, mentre un romanzo d’appendice comporta una serie di vincoli.
La misura delle puntate, ad esempio, non la decide l’autore, ma gli vengono date. Spesso, quanto più un
romanzo ha successo, quanto più gli viene dato spazio. Se scrive su un giornale, gli è tendenzialmente
richiesta un’attenzione all’attualità, che è centrale per i lettori di giornale. Devono avere un’opzione di
realismo linguistico, la lingua deve essere leggibile, perché il giornalista non è un letterato e la sua lingua è
funzionale al pubblico cui si rivolge. Affinchè sia efficace è costruito con una regola, costitutiva del genere,
per cui c’è un climax alla fine di ogni puntata, su cui essa si ferma, che viene sciolto nella puntata
successiva, la quale si concluderà su un altro climax ecc… I romanzi d’appendice, allora, hanno un ritmo
serrato, determinato dalla necessità di chiudere la puntata in modo tale che il lettore compri il numero
successivo. Se noi leggiamo oggi i romanzi di Salgari o di Dumas in volume, troviamo un ritmo elevato,
sostenuto, dovuto al medium su cui per primo quella storia è uscito. Il mezzo non è neutro, impone le sue
regole, e il letterato che è diventato uno scrittore professionista, deve stare a queste regole. Non tutti i
feuilleton vengono pubblicati in volume e non tutti vengono terminati sul feuilleton, ad esempio perché
non attiravano pubblico, e la storia rimaneva sospesa. Salgari quindi è interessante perché scrive romanzi
d’appendice. Il terzo titolo che diamo di Salgari è quello del Corsaro Nero, che ha successo straordinario.
Salgari importa, inventa, il romanzo d’avventura, particolarmente adatto ad essere pubblicato sul giornale,
perché tiene sospeso il lettore, lo induce ad immedesimarsi nell’eroe, il narratore sa quanto l’eroe e non
anticipa al lettore quello che in realtà sa, in modo da creare suspense. I romanzi salgariani sono per un
pubblico soprattutto maschile, per la dimensione della suspence, dell’azione, che ha una dominante
maschile. I valori cui si ispirano i suoi romanzi sono maschili: l’onore, il coraggio, l’abilità nel
combattimento, la lealtà verso gli amici. Gli eroi sono forti, hanno tutte queste caratteristiche, sono integri,
fedeli alla parola data. Le donne, in queste storie, ci sono, ma costituiscono il perturbante, mettono cioè in
crisi il sistema maschile e vengono espulse dall’universo immaginario del romanzo. Alla fine del Corsaro
Nero, egli abbandona su una scialuppa che va alla deriva verso terra e riparte per le sue avventure. L’ultima
scena è quella in cui il Corsaro piange, unico caso in tutti i romanzi salgariani. Un altro elemento tipico è la
dimensione esotica, il fascino del mondo lontano. Il Corsaro Nero si muove nella zona delle Filippine. E’ una
dimensione fondamentale.
Salgari si dimostra uno scrittore sintonizzato con i tempi, ci riesce scrivendo romanzi d’appendice e riesce a
essere un professionista della scrittura, identifica un pubblico in maniera chiara, scrive tanti romanzi e
tantissimi racconti, cavalcando il successo. Scrive utilizzando la formula del ciclo romanzesco, cicli di sei o
sette romanzi che gli permettono di fidelizzare il lettore. Lo scrivere per cicli è connaturato al romanzo, alla
sua alta leggibilità. Sono considerazioni che non sono estranee a Verga, che progetta il ciclo dei vinti, o
d’Annunzio, il ciclo della rosa. Il romanzo ha in se un potenziale che viene colto da autori di ogni livello.
Salgari aggiorna anche il romanzo d’avventura.
Abbiamo testimonianze che ci dicono come quella legata alle Tigri di Mompracem sia stata la prima
pubblicizzazione di un libro (cartelloni con la tigre in giro per Verona). In quegli stessi giorni, per Verona,
stava passando un domatore di animali feroci. Salgari è un autore moderno, ma nel 1911 sulle colline di
Torino viene trovato il cadavere di un uomo piccolo, con il ventre squarciato da una lama di rasoio. Si
scopre che quel corpo è di Emilio Salgari, che si è ucciso con una pratica orientale, lasciando tre lettere: una
indirizzato ai familiari, una ai direttori dei giornali e una agli editori dei suoi libri, rivolgendogli le accuse di
aver sfruttato il suo successo lasciandolo sul lastrico, chiedendo che pagassero almeno il suo funerale e
mantenessero i suoi figli. Salgari aveva l’abitudine di firmare i suoi contratti a forfait, i suoi romanzi avevano
però avuto un successo strepitoso, e che dunque avrebbe dovuto firmare un contratto a diritto d’autore,
che gli avrebbe garantito un continuo introito. Nessuno aveva obbligato Salgari a firmare una clausola a
forfait. Quindi, dal punto di vista professionale, non sfruttò a pieno le opportunità che il suo talento gli
prospettava.
Gli ambienti di Salgari sono perfettamente descritti, così come le armi, gli oggetti tipici, il clima, i costumi e
le usanze, gli animali, le religioni. Questo perché Salgari passava le giornate in biblioteca, ad informarsi su
quanto poi doveva scrivere. Aveva dei quaderni in cui sistematizzava tutto in forma di appunti, che poi
usava per i suoi romanzi.

Lezione del 2 novembre 2021

Letteratura per ragazzi


1883: Le avventure di Pinocchio (era uscito sul giornale nel 1880, poi raccolto in volume). Il disegno ha una
funzione di sussidio alla decodificazione del testo. Lui si chiama Lorenzini, Collodi è il paese d’origine, che lui
sceglie come firma. Esce su un giornale per bambini, un feuilleton per bambini, è una testata specialistica
per ragazzi.
Carlo Lorenzini ha una formazione giornalistica. Le avventure di Pinocchio cominciano a uscire a puntate, e
quando il finto bimbo viene impiccato alla quercia grande, Collodi decide di chiudere il romanzo. Ecco che il
pubblico protesta, ci sono lettere al periodico, dei genitori, dei figli… L’editore richiama Collodi e rinegozia il
contratto, con lo scrittore che si impegna a continuare la storia. Il pubblico in questa vicenda ha ruolo
attivo, nel richiedere prodotti nuovi e nel determinarne la morfologia. Edizione anastatica: edizione
perfettamente conforme alla prima.
17 ottobre 1886 > le vetrine dei librai italiani espongono “Cuore”. Il 17 ottobre del 1886 è il primo giorno di
scuola, e Cuore, che racconta un anno scolastico in un’elementare di Torino viene distribuito in tutta Italia il
primo giorno di scuola. C’è una contiguità tra romanzo e realtà, per una straordinaria trovata di Treves.
Anche qui c’è una premessa dell’autore; viene identificato non solo il pubblico infantile, ma una particolare
fascia di quel lettore. C’è una straordinaria identificazione del destinatario, anche da parte di quest’ultimo
quando legge il libro. De Amicis spiega il titolo, “Cuore” è un titolo criptico, e allora viene dato nella
premessa un titolo più didascalico “Storia di un anno scolastico, scritta da un alunno di terza di una scuola
municipale d’Italia”. La finzione è più articolata, perché si finge che il padre di un bambino abbia scritto un
libro basandosi sui resoconti del bambino, che anni dopo avrebbe ripreso il manoscritto e l’avrebbe
pubblicato. Il padre interviene nel corso del libro, che tra l’altro auspica la collaborazione tra padri e figli. E’
stato molto criticato “Cuore”, come in un articolo di Eco, che riscatta Franti, vittima di un sistema che lo usa
come capro espiatorio.
Il maestro di cuore non propone delle poesie, ma dei romanzi in prosa. All’interno di un patto narrativo
patetico è un libro riuscitissimo. L’anno dopo esce un libro per ragazzi che s’intitola Testa, di Mantegazza,
un all’epoca celeberrimo scienziato e medico, e divulgatore eccezionale (è anche senatore del Regno). Il
libro è dedicato a De Amicis, con l’affermazione che oltre il cuore ci vuole la testa. Il protagonista è sempre
Enrico Bottini. Siamo a Tellaro, nel golfo di La Spezia, dove Enrico è ospitato dallo zio, che gli impartisce
noiosissime lezioni di ripasso. Alla fine di ogni capitolo ci sono tre pagine bianche dove il lettore può
commentare quello che ha letto.
1911: sul Giornalino della domenica era già uscito a puntate nel 1907-1908. L’opera è Il giornalino di
Giamburrasca. Il romanziere si fa chiamare “Vampa“. Il libro è verde come il giornalino che racconta
Giamburrasca , nel senso che quel titolo ritrovato corrisponde a quello originale. A riprova di questo ci sono
i disegni che illustrano il film, che sono ora fatti da dei bambini, come le didascalie.

Lezione del 4 novembre 2021

Nell’800 emergono una nuova serie di scrittrici donne, fatto del tutto assente prima dell’Unità. Troviamo
qualche esempio in Matilde Serao, seguace del naturalismo, la Marchesa Colombi, pseudonimo, Neera,
pseudonimo, e molte altre. Abbiamo visto come D’Annunzio inventi la cronaca mondana, De Amicis il
reportage e le interviste. Il giornalismo è un’opportunità di importare dall’estero nuove fonti.
Il futurismo è un movimento antitradizionale, antiletterario, antiromantico, che ha come protagonista e
ideatore Filippo Tommaso Marinetti, che nel 1909 pubblica il manifesto futurista su Le Figarò, il più
importante giornale francese. Già i suoi ritratti sono studiati in modo straordinario e di una modernità
impressionante. Il futurismo vuole superare ogni tipo di barriere, una rifondazione della letteratura e
dell’arte in generale. Si inventa il genere del manifesto – quello futurista è il primo di una lunga serie – che
esce sul giornale, vuole convincere i destinatari, ha un intento pedagogico e militante. Ci sono manifesti
militanti e manifesti tecnici. Il manifesto della letteratura futurista, tecnico, è del 1912. Zang Tumb Tumb: la
copertina è fortemente innovativa (dimensione onomatopeica, impaginato diverso). I futuristi si stampano i
libri. Il disegno rappresenta ciò che le parole dicono, la letteratura sconfina in altri ambiti. I futuristi
vogliono superare le barriere tra le arti. Resoconto futurista: la corrida vista dal punto di vista del toro,
“Spagna veloce e toro futurista”. Lo spettacolo, la serata futurista, prevede letture di manifesti ad alta voce,
interpretazioni teatrali, audizioni di musiche futuriste (cacofoniche) e anche provocazioni verso il pubblico
che fa sfociare le serate in risse. C’è un manifesto della cucina futurista, nel ’32 esce il libro di cucina
futurista. Le opere futuriste sono illeggibili, nel senso che non sono fatte per essere lette. Uno dei primi film
rappresentava l’arrivo di un treno in una stazione, e lo spettatore aveva l’impulso di uscire dalla sala
scappando. Dopo la prima guerra mondiale, la percezione occidentale cambia, perché le nuove condizioni
che tutti devono soffrire cambiano nettamente ogni persona. Marinetti è sintonizzato con questa
concezione. Il futurismo mette in discussione il rapporto organico con la tradizione ereditato dai secoli
passati. Il futurismo è la prima avanguardia, quindi paradossalmente inaugura una tradizione, che arriva
fino al Gruppo 63 e alle neoavanguardie. Il giornalismo continua a essere incisivo con il genere dei
reportage, inaugurato da De Amicis e consolidato per come lo conosciamo fino a oggi nel 1907, attraverso
Luigi Barzini, con La Metà del Mondo in Automobile, è il primo grande reportage di successo internazionale
e il primo foto-reportage. Le automobili sono un oggetto già celebre, ma che pochissimi possiedono. È
un’impresa straordinaria, perché il percorso è lunghissimo e tocca climi molto impegnativi, non c’è
approvvigionamento (no benzinai), e quindi Scipione pianifica il percorso come fosse una missione militare.
Le foto non sono inserite in funzione didascaliche ma in funzione di anticipazione o in funzione di suspence.
Tra i tre personaggi non c’è possibilità di ascesa sociale (rappresentano uno l’aristocrazia, l’altro la
borghesia, l’altro il proletariato [?]), ma ogni personaggio ha grandissima dignità e professionalità >> non
esistono lavori ignobile. Solo con la cooperazione tra le classi si può avere una società funzionante. La
cooperazione deve essere pacifica in un’ottica di evoluzione sociale. La macchina si chiama l’Itala, e compie
il suo percorso vittoriosamente, la missione ha un successo strepitoso. Anche Scipione scrive il reportage
della missione su una rivista del Touring, ma è il reportage di Barzini che sarà letto e avrà successo, perché
letterariamente superiore.
D’Annunzio ha una proposta invece iperretorica, ipercolta. Utilizza materiali autobiografici per le proprie
opere, “Il fuoco” utilizza le sue lettere con la Duse (che non si riprenderà più).
Ai primi del Novecento, il romanzo va in crisi. I primi romanzi del 900, capolavori, sono in realtà le ultime
opere di romanzieri appartenenti al periodo precedente. Se mettiamo da parte questi capolavori, e
guardiamo invece agli autori nuovi sul fronte romanzesco, troviamo Aldo Palazzeschi con Il codice di Perelà,
ad esempio, che è un romanzo programmaticamente sperimentale, un gioco intellettuale e fantastico. Nel
1913, di Giovanni Boine, esce Il peccato, come quello di Palazzeschi un romanzo breve, di carattere
autobiografico. Nel 1921 esce Rubè, di Giovanni Antonio Borgese, un romanzo lungo che però nessuno
ricorda, è anomalo proprio perché molto lungo nel momento in cui si impone una narrativa breve.
Nasce il genere rosa e il genere giallo. Alla fine degli anni ’30 c’è una ripresa della narrativa che parte dal
basso e condurrà fino alla narrativa neorealista.
Ungaretti – Stelle (1927 – Sentimento del tempo)
I suoi sono testi estremamente rarefatti, distillati, di poche parole. C’è l’idea di una letteratura autonoma, la
letteratura viene vista come vita, nella quale si può leggere anche una forma di resistenza contro il regime
fascista > contro la magniloquenza del regime una poesia appartata, solitaria, essenziale, anticanonica,
antitradizionale, pura. Una poesia influenzata dal futurismo che facendo piazza pulita della tradizione (che
Marinetti conosce benissimo) ha permesso una libertà espressiva assoluta. Il romanzo qui non c’entra, è
una forma sintetica.
Sul piano giornalistico si afferma il genere dell’elzeviro, affidato a uno scrittore riconosciuto, a una firma. La
raccolta di Elzeviri più famosi è Pesci Rossi, del 1920, di Emilio Cecchi, dove argomenti piccolo borghesi
vengono resi favolosi (un acquario di pesci rossi è trasfigurato e rappresentato come un ambiente
fantastico). Ad argomenti letterariamente alti si accompagna un’alta leggibilità. È la mediazione editoriale
che riesce a “fare libro” del materiale come gli elzeviri, che libri non sono.
Se nei piani alti della letteratura, il romanzo è andato in crisi all’inizio del 900, con una serie di opere poco
romanzesche, e per di più molti autori scrivono un solo romanzo; nei piani bassi qualcosa si muove, si
affermano il romanzo rosa e il romanzo giallo. Il “rosa” è un genere autoctono, nasce in Italia, e ha due
versioni, una è quella alta, rappresentata da Liala, che è uno pseudonimo di una nobildonna che sposa un
militare di carriera dell’aereonautica e rimane vedova, presto, per un incedente su un autovolante. Nel suo
primo romanzo, che esce nel 1931 e si intitola Signor Si, si racconta la storia proprio fra una nobildonna e
un pilota. Gli ambienti raccontati dal romanzo rosa sono eleganti, gli amori accesi e passionali. Le storie
sentimentali sono perfettamente leggibili da tutti ma hanno una loro ricercatezza. L’opposto di Lalia è
Luciana Peverelli.
Lezione del 9 novembre 2021

Zang Tumb Tumb non è in realtà un poema, anche se Marinetti lo chiama così. È la sfida di superare i
confini tra le arti, si guarda come un quadro ma può anche essere letto. È un’opera sintetica, non analitica.
Il futurismo si può leggere come un appoggio al fascismo, nella concezione della “guerra all’origine del
mondo”. C’è un’avanguardia che in quanto tale nega la tradizione ma nel contempo diventa modello di
avanguardie successive (è una contraddizione). Il gruppo 63 è una neoavanguardia riprende ad esempio
questa tradizione > tradizione della trasgressione avanguardistica. Certo a Marinetti non sarebbe parsa
bella cosa. Il futurismo segna una rottura netta con il passato.
C’è poi il genere del reportage, inaugurato da De Amicis con Spagna ma canonizzato in Italia con Barzini,
volume tradotto in undici lingue. È la prima volta che l’Italia non solo recepisce ma apprende qualcosa di
nuovo, che viene esportato anche all’estero. È anche un foto reportage. Il reportage è scritto in condizioni
quasi massacranti, l’automobile non ha il tetto. Barzini ogni sera deve recuperare un telegrafo per dettare il
libro, e sfrutta la semplicità che il mezzo gli impone. Nel reportage c’è un ‘esproprio della trama’, perché il
reporter non decide dove andare, ma ci viene mandato. L’inventio è di una figura terza, la professionalità
del reporter sta nel far fruttare le idee che gli vengono proposte, e anche la trama non dipende da lui. È una
grande innovazione rispetto alla concezione di tradizione sin lì vigente. Le puntate sul Corriere della Sera di
Barzini, mano mano che si consolida l’interesse del pubblico, si vedono concesse più spazio. Cambia anche,
oltre alla quantità della scrittura del reporter giorno dopo giorno, il tempo a disposizione, perché i lettori
sono affamati di storie. Il grande giornalista scrive in fretta, è il contrario del “labor limae”. Il campione, in
questo senso, è Orio Vergani, che per decenni scrive una media di tre articoli al giorno. I suoi articoli sono
più di ventimila.
Tra letteratura e giornalismo c’è un’alleanza > le opere possono essere allegate a dei giornali. Nasce negli
anni ’80 – ’90 del Novecento. Il primo giornale a inaugurare questa tradizione è l’Unità.
Gli autori, nel Novecento, cambiano le modalità del loro lavoro. Abbiamo dei romanzi brevi, quasi racconti
lunghi, e sia Boine che Borgese – ad esempio – scrivono un solo romanzo. È la testimonianza che il genere
ha difficoltà, tanto è vero che pur essendo autori istituzionali non vengono oggi ricordati dai più. C’è un
romanzo popolare, di intrattenimento, che all’epoca ebbe grande successo. Li scrisse Guido da Verona,
dandy di ispirazione dannunziana, di straordinario successo. È un autore che sta venendo riscoperto oggi. Il
titolo più famoso è Mimi Bluette Fiore del mio Giardino. Negli anni trenta comincia a muoversi qualcosa ai
piani bassi, la poesia ha il primato, con ad esempio Ungaretti e Montale. Il futurismo li autorizza ad avere un
rapporto più libero rispetto alla tradizione. Questo porterà alla tendenza ermetica, anche un modo per
negarsi alla retorica e retoricizzante propaganda del fascismo. C’è un’attenzione alla forma di alta qualità.
Anche la prosa si muove in termine di riduzione. C’è il frammentismo, una tendenza a scrivere in prosa e
non in versi in pezzi brevi, non esaustivi, che non ambiscono alla completezza. Sono prose brevi
formalmente molto attente, anche all’espressività dello scrittore, che deforma la realtà descrivendola.
Riviste come La Voce e La Ronda avviano questa tendenza. Questi autori scrivono anche elzeviri; sono
autori di fama, raffinati, a scriverli (ad es.Gadda). C’è anche qui attenzione allo stile ricercato che deve
nobilitare il lettore, gratificato dal comprendere un articolo di questo genere. Allora, conta più il come del
cosa. Gli oggetti comuni vengono guardati con occhio diverso. Gli elzeviri di viaggio vanno alla ricerca della
dimensione contadina italiana che si sta perdendo, è un atteggiamento contro il progresso: “turpe
eguagliatrice modernità” (Bacchelli).
Lalia scrive in una prosa dannunziana. È la versione sublime del rosa, cui si contrappone quella di Luciana
Peverelli. Nasce a Milano nel 1902, scrive molto negli anni trenta ed ha grandissimo successo. Giovanotti e
signorini (1932), Violette nei Capelli (1940), Dannata e felice (1980), Sposare lo Straniero (1946).
Quest’ultimo racconta la storia di una donna che a Roma si sposa con un militare americano, uno degli
artefici della Liberazione. Ha una forte valenza realistica e cronachistica, è cioè in stile neorealista. Anche in
questo ambito c’è una frangia più elevata e una più popolare. Nel ’33 la Peverelli, giornalista (una delle
prime donne), dirige un giornale fumettistico, Il Monello. Ha sensibilità anche per i fotoromanzi (scrive il
primo). Negli anni ’70 dirige Stop!, giornale popolare che avrà notevole successo.
Oltre al rosa, c’è il giallo, che nasce a Milano presso Mondadori, e viene chiamato giallo dal colore delle
collane scelte dall’editore. Il genere nasce nel 1929, in un formato più da rivista che da libro, con un
impaginato su due colonne. In realtà è un libro, ma travestito da giornale, perché il lettore di gialli è più
abituato al formato del giornale. Il primo giallo italiano è Il Cappello del Prete di Emilio de Marchi, negli anni
’70 dell’Ottocento. Augusto de Angelis e Alessandro Varaldo sono due degli autori più importanti italiani
degli anni Trenta, Il Sette Bello di Alessandro Varaldo, ambientato nel 1930 a Roma, segue le vicende di un
quartetto di amici, che quasi per gioco si ritrovano coinvolti in una storia intricata. Il personaggio del
poliziotto che risolve il caso è più vicino a Maigret che a Sherlock Holmes, lontano dalla spettacolarità di
quest’ultimo, più vicino al modello di realtà italiano. Fruttero e Lucentini: La donna della domenica, A che
punto è la notte. Firmavano con la & commerciale, suscitando scandalo, perché sono una coppia che scrive
a quattro mani, e questa & sottolinea la loro professionalità. Aprono la strada allo straordinario successo di
Camilleri. Oggi il giallo è dilagato, ha avuto due precedenti nobili, perché utilizzano il giallo Gadda e Sciascia.
Nel 1929 esce Gli indifferenti di Moravia, nel 1934 Le sorelle Materassi di Palazzeschi: due romanzi a pieno
titolo, che hanno anche successo. Anche ai piani alti, nella letteratura tradizionale, si muove qualcosa: sta
tornando la voglia di romanzesco. Il primo vende settantamila copie, il secondo il doppio. In questi anni,
esce una cronaca che afferma che a leggere intorno ai venticinque libri all’anno sono trentamila persone >
le copie vendute dai due sono allora significative. Il vero campione di vendite in questi anni è pero Dino
Segre (che si firma con lo pseudonimo Pitigrilli, informatore dell’OVRA), che in otto romanzi vende
tantissime copie. Scrive Mammifera di Lusso, Cocaina, La Cintura di Castità: titoli scandalosi, usciti per una
collana di romanzi rosa, solitamente: la Sonzogno.
Nel 1949 nasce la prima collana economica moderna italiana: BUR > Biblioteca Universale Romanzesca,
ancora attiva, di Rizzoli. Dopo la crisi dovuta alla Seconda Guerra, Rizzoli decide che ogni famiglia dovrebbe
avere una sua piccola biblioteca di classici, perché la cultura è fondamentale per ripartire, la dimensione
estetica è imprescindibile. Questo vuole dire volumi a prezzo molto contenuto, per la modesta possibilità di
acquisto. Questo significa scelte precise da un punto di vista grafico e tipografico: le opere sono piccole e
con un colore uniforme, tra il grigio e il beige, “un colore che deve sembrare già vecchio quando lo compri,
in modo tale che quando diventerà vecchio non lo sembrerà”. Hanno tutti più o meno la stessa fogliazione,
perché il lettore acquirente conta su un prezzo standard, così da poter organizzarsi regolarmente.
All’interno, il corpo è ridotto: la carta costa moltissimo, per la carenza di fornitura nel dopoguerra, e allora
va ottimizzata, e la fogliazione va ridotto. Un altro elemento è che tutti i titoli sono fuori diritti, vengono
pubblicati autori italiani e stranieri morti da più di sessant’anni, per i quali non c’è copyright. Il primo
numero è ovviamente quello dei Promessi Sposi: il libro per tutti. Si rivela un successo, nel 1966 si arriva
all’undicesima edizione, con una media di ventimila copie per titolo. Negli anni a venire, la collana
costituisce la metà dei ricavi dell’intera casa editoriale, asse portante del bilancio di Rizzoli.
Negli anni Cinquanta nasce il genere della fantascienza, di importazione (è ovvio: presuppone un
immaginario ipertecnologico). In Italia invece nasce il fotoromanzo, cui abbiamo accennato, format che
alterna immagini fotografiche, che raccontano una storia, e didascalie che l’accompagnano verbalmente: è
parente del fumetto ma figlia del cinema, prevale la visione. Si rivolge ad un pubblico tendenzialmente
incolto, per anni è stata la rivista dei parrucchieri da donna. La rivista più famosa è Grand Hotel. Nasce una
proposta nuova, l’Italia è diventata un paese moderno (con mille arretratezze e difficoltà), è arrivata la
televisione. Esce una collana chiamata Oscar, che ha come simbolo la statuetta americana (è un titolo
diverso da BUR). Addio alle Armi viene esaurito il primo giorno. Hemingway è vivo, Mondadori garantisce
una qualità dell’offertà internazionale, compra i diritti. Oggi è una casa editrice all’interno della casa
editrice, articolata in una galassia di collane interne. Si è imposta come proposta compiutamente moderna.

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