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LE OPERETTE MORALI

1827; 1834; 1845

Il progetto:
• Ideazione dal 1820 al 1823: «dialoghi satirici alla maniera di Luciano»; «piccole
commedie»; «prosette satiriche»: necessità di creare un linguaggio comico che manca
all’Italia e di fornire al paese una lingua filosofica
• Temi: «i vizi de’ grandi, i principi fondamentali della calamità e della miseria umana, gli
assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale […] lo spirito
generale del secolo» (lettera a Giordani, 1820)
Luciano di Samosata:
• Scrittore greco di origine siriana, II secolo d. C.
• Opere principali: Storia vera, racconto fantastico su viaggi immaginari oltre le colonne
d’Ercole; Dialoghi, alcuni dei quali suddivisi in sezioni
• I Dialoghi sono confronti satirici tra dei, eroi, esseri umani e animali; si distaccano dalle
fonti mitologiche ufficiali reinterpretando le storie dei personaggi
La prima edizione:
• Nel 1822 rivede la Novella di Senofonte e Machiavello; a Roma idea gran parte del primo
nucleo delle Operette
• Nel 1824 stende le prime venti; alcune escono nel 1826 nell’«Antologia», ma l’obiettivo è
pubblicarle come libro organico
• Escono a Milano per l’editore Stella nel 1827. L’apertura è Storia del genere umano, la
chiusura Dialogo di Timandro e di Eleandro
Operette del ‘34 e del ‘45
• Nel 1832 scrive il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere e il Dialogo
di tristano e di un amico: chiudono l’edizione del ‘34 dando all’opera una prospettiva
metafisica. Entra anche il Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco
• Ranieri, seguendo la volontà dell’autore, pubblica l’edizione definitiva di 24 Operette nel
‘45: entrano Copernico, dialogo; Dialogo di Plotino e di Porfirio (prima escluse per la
censura). Esce Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio
Le intenzioni:
• I sottotitoli Dialoghi e novelle lucianee e Trattato alla maniera di Luciano sono
intercambiabili per l’autore: tensione tra pluralità e sistematicità.
• La parola «Operette» è attenuazione tradizionale per argomento serio ma fa anche
riferimento alla brevitas umanistica.
• Polemica contro filosofia moderna: giusto eliminare errori e pregiudizi ma occorre
compiere un ulteriore passo recuperando l’immaginatività antica benché (o proprio
perché) falsa
La satira e l’ironia:
• Nessuno dei personaggi può essere completamente considerato un alter ego di Leopardi. Si
enfatizzano parodicamente le funzioni dell’autore (ad esempio con autori fittizi e paratesti)
• L’ironia presente in tutte le Operette: il riferimento è la dissimulazione socratica
• Viene richiamata la struttura della menippea (contaminazione di stili e generi letterari
parodiati). Anche il dialogo socratico è parodiato. Presenza di un registro linguistico anche
basso.
La penitenza della virtù:
• La scrittura morale non può più insegnare gli «errori magnanimi» della virtù e della gloria
• La «penitenza della virtù» per Leopardi consiste nella rinuncia all’impegno politico e ai
tentativi di giovare all’essere umano
• In Senofonte e Machiavello è la sostanza dell’aggettivo “morali” riferito alle Operette: è
morale il moderno machiavellismo che propone pluralità, attenuazione, discontinuità
• Le Operette sono un’opera filosofica che non crede nel potere della filosofia
La discontinuità:
• L’ordine delle Operette è improntato alla discontinuità: inutile ricercare possibili
raggruppamenti per stile o temi.
• Anche i dialoghi sono diversi tra loro: c’è quello tra sordi (Terra e Luna) e in genere
problematizzano ma non concludono; molte prive di finale
• Dopo il ’24 svolta in senso materialistico, visibile in due operette di quell’anno, Fisico e
Metafisico e Natura e Islandese. In quest’ultima è evidente come la filosofia non possa
spiegare la condizione del genere umano, ma questo mistero è “orribile”
I temi: la perfezione umana:
• Costante polemica contro la presunta perfezione dell’uomo. È tema centrale nell’Elogio
degli uccelli e nel Prometeo
• Tensione verso l’estinzione del genere umano (Moda e Morte, Ercole e Atlante, Folletto e
gnomo, Frammento apocrifo)
• L’uomo è un nulla di fronte al creato (Ercole e Atlante, Copernico)
Il genio e il suicidio:
• Entrambe le parole sono assenti nel libro ma temi fondamentali. Genio è inetto al
consorzio umano (Tasso; Natura e anima); proporzione tra sensibilità, eccellenza e
infelicità
• Alta probabilità del genio di mancare il proprio destino (Ottonieri)
• Il suicidio in Storia del genere umano: non è la vita l’oggetto d’amore degli uomini, ma la
felicità; la vita è solo un mezzo per raggiungerla e diventa inutile nel momento in cui si ha
la consapevolezza che questo non sarà possibile (Prometeo e Porfirio)
Antichi e moderni:
• Tema disseminato un po’ ovunque. Ercole e Atlante: non si può nemmeno giocare a palla
con la Terra tanto è vuota
• Insensato ottimismo del secolo (Venditore Almanacchi, Tristano): nell’Accademia dei
Sillografi e nel Fisico e Metafisico si mostra come le scoperte scientifiche siano
sostanzialmente inutili
• Differenza tra antichi e moderni è modo di gestire il corpo (Moda e Morte e Tristano)
• Scrivere e filosofare sono ripieghi (ma da perseguire «con animo forte e grande»: tema
alfieriano ripreso nel Parini e nell’Ottonieri; polemicamente in Timandro e Eleandro
Il piacere, la noia:
• Il piacere connesso all’idea di infinito; si scontra con la noia e si nutre di distrazioni
(Storia del genere umano)
• Il piacere è sempre passato o futuro, mai presente: di conseguenza «è nulla» (Tasso)
• Il piacere è frustrato perché l’uomo ha un insopprimibile amor proprio; impossibilità di
raggiungere la felicità, anche momentanea (Malambruno e Farfarello)
La morte e la condanna alla vita:
• Perfetta compatibilità tra morte e narcotici da un lato (Tasso) e estrema vitalità e
distrazioni dall’altro per sfuggire al dolore. Paradosso esplicito nel Ruysch
• Incomprensibilità della natura: le anime sono necessariamente infelici (Natura e anima); la
natura è sorda alle domande umane sul senso della vita (Natura e islandese; Terra e Luna)
• Essere umano condannato alla vita (Timandro e Eleandro, Plotino e Porfirio)
Il primo finale: Timandro ed Eleandro:
• Operetta che contiene tutti i temi principali, poi declinati in modo diverso nel Tristano
• Qui Leopardi individua tre ragioni per sue scelte stilistiche:
• La critica contro l’ipocrisia della lingua dell’insegnamento morale (contro i filosofi
moderni, opta invece per immoralismo machiavellico), che propina cose in cui nessuno
crede più;
• Intento metafisico: enunciare verità, per quanto dolorose esse siano;
• Conforto del riso. Ridere dei propri mali (motivo di tradizione umanistica).
• Tutte e tre le cose sono molto lontane dalla morale cristiana.
• Operette sono piene di paradossi a cominciare dalla loro stessa esistenza: Leopardi scrive
un libro morale e filosofico già sapendo che non sarà di alcuna utilità: non c’è rimedio ai
mali degli uomini.
Dialogo di Tristano e di un amico:
• Composta nel maggio 1832
• È risposta alle critiche di pessimismo rivolte alle Operette
• In realtà è una destructio destructionis: amplifica la carica negativa fingendo di fare il
contrario
• Si colloca nella fase satirica di Leopardi: a Tristano rimane come unica consolazione il suo
ridere delle cose
• Il posizionamento in chiusura ne fa una sorta di summa delle Operette, che sono un libro
contenente un sapere astorico, fuori dalle contingenze del secolo, la filosofia morale di
Salomone e la potenza immaginativa di Omero
La falsa palinodia:
• Anticipa la Palinodia al Marchese Gino Capponi, di tre anni successiva
• Tristano esprime il proprio sconcerto di fronte alle critiche di falsità mentre comprende
quelle sull’utilità di dire esplicitamente che la vita è infelice
• Idee leopardiane attribuite alla sua situazione personale
• Similitudine con i mariti in linea con il tono satirico dell’operetta: per vivere meglio ci si
deve convincere di vivere nel migliore dei mondi possibili
Gli errori:
• «Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper nulla,
l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non
aver nulla a sperare dopo la morte.» (Zib. 4525, 23 maggio 1832)
• «Altro è ignoranza naturale, altro ignoranza fattizia. Altro gli errori ispirati dalla natura e
perciò convenienti all’uomo e conducenti alla felicità; altro quelli fabbricati dall’uomo.»
(Zib. 421, 1820)
• Falsa ritrattazione a proposito degli errori svelata dall’esagerazione nelle risposte di
Tristano
Il corpo:
• Il vigore del corpo va di pari passo con quello dello spirito: polemica contro lo
spiritualismo moderno che fa dell’anima una «sostanza che non è materia»
• In confronto agli antichi noi siamo dei bambini
• Chi è debole nel corpo deve rassegnarsi a guardar vivere gli altri: non è in grado di
sostenere la potenza del godimento
• Polemica contro il secolo che debilita il corpo a favore di un generico sapere ottenuto
senza studiare: ci sono molti meno dotti che in passato
La superiorità del secolo:
• Ogni secolo ritiene di essere superiore al precedente
• Polemica contro la «profonda filosofia dei giornali», che veicolano una cultura deteriore
• Poiché «gl’individui sono spariti dinanzi alle masse» è inutile persino perseguire la gloria
• I libri attuali valgono e dureranno in proporzione a quello che costa scriverli: sarcasmo e
amarezza
• Gli uomini che valgono si devono «nascondere per vergogna»; difficile trovare anche la
mediocrità: sono tutti inetti che si credono capaci
• Secolo decimonono è povero di cose ma ricco di parole: pretende di accelerare i tempi dei
cambiamenti

Il fuoco:
• L’auspicato incendio del libro è rovesciamento fantastico dei presunti «Lumi» del secolo
• Allude a un mondo in dissoluzione, che fa della nullità la sua dottrina (la vita è una
«favola», una messa in scena: una commedia nell’Ottonieri). La nullità ha le molte teste
dei presunti sapienti, che trascinano nella dissoluzione i pochi grandi
• La morte vista come liberazione dall’orrore della vita: è passato anche «il tempo di ridere»
• La conclusione di Tristano sancisce la dissolvenza del libro, definito in una lettera
all’editore Stella «tutto filosofico e metafisico» ma qui invece fatto «di sogni poetici,
d’invenzioni e di capricci malinconici»
• Paradossalmente, solo la morte è viva

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