L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un saggio neurologico di Oliver Sacks,
pubblicato per la prima volta a New York nel 1985. In esso l'autore racconta alcune sue esperienze
cliniche di neurologo e descrive alcuni casi di pazienti con lesioni encefaliche di vario tipo, che
hanno prodotto i comportamenti più dolorosi e imprevedibili.
Alla prima edizione statunitense sono seguite numerose ristampe e traduzioni in molte lingue. A
determinare la sua straordinaria diffusione, oltre alla bizzarria dei casi trattati da Sacks, è
indubbiamente anche il modo romanzesco in cui essi sono descritti: come dice lo stesso autore nella
prefazione,
«Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le
persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo,
sono attratto dall'aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente
entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la
malattia: gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia [1]».
In ogni capitolo Sacks descrive alcuni casi clinici particolari che gli è capitato di incontrare nella
sua esperienza come neurologo di una casa di cura statunitense. La componente umana di ogni sua
storia, la realtà del paziente, viene descritta con toni a volte umoristici, a volte molto pietosi e
dolorosi, mentre l'analisi clinica sulle cause che hanno provocato questo particolare tipo di
comportamento è sempre precisa e rigorosamente scientifica, pur producendo talvolta anche
riflessioni filosofiche (e, raramente, anche religiose) sulla natura più profonda della malattia in sé.
Il saggio è articolato in quattro sezioni, ognuna delle quali raggruppa una serie di casi clinici anche
molto diversi tra loro, ma accomunati dalla natura della disfunzione primaria che li ha generati. Le
quattro sezioni sono rispettivamente: "Perdite", "Eccessi", "Trasporti", "Il mondo dei semplici".
Perdite
In questa prima sezione, il dottor Sacks descrive una serie di sindromi neurologiche accomunate dal
fatto di derivare da deficit funzionali di una qualche regione encefalica. I casi riportati dall'autore
hanno inoltre la particolarità di essere generati, nella maggior parte dei casi, da lesioni all'emisfero
destro del cervello: nell'introduzione a questo capitolo, Sacks denuncia infatti come la maggior
parte della neurologia tradizionale, almeno fino a quel momento, si sia sempre concentrata soltanto
sulle lesioni dell'emisfero sinistro. Egli stesso dà una spiegazione di questo atteggiamento
scientifico nel suo saggio:
«Una ragione importante di questa relativa indifferenza per l'emisfero destro o "minore", come è
sempre chiamato, è che mentre gli effetti di lesioni variamente localizzate nella parte sinistra sono
facilmente dimostrabili, le corrispondenti sindromi dell'emisfero destro appaiono molto meno
distinte [...]. D'altro canto, è l'emisfero destro che è preposto alla cruciale funzione del
riconoscimento della realtà, capacità che ogni creatura umana deve avere per sopravvivere [2]».
Questa sezione contiene nove capitoli, ognuno dei quali descrive uno o più particolari casi clinici.
1
L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello
Questo caso, considerato tanto importante dall'autore da spingerlo a intitolarvi tutto il saggio, narra
del dottor P., «eminente musicista [3]», che cominciò gradualmente a manifestare una progressiva
incapacità di dare un significato a ciò che vedeva, ed a confondere tra di loro gli oggetti (e
soprattutto le persone viventi) appartenenti alla sua vita quotidiana. Il titolo deriva proprio da una
delle gaffes di questo paziente, che alla fine di un colloquio con il dottor Sacks confuse la testa di
sua moglie con il suo cappello, e l'afferrò tentando di mettersela in testa.
Nella sua trattazione, Sacks sottolinea più volte come il dottor P. non avesse alcun deficit visivo, ed
avesse anzi uno spirito di osservazione molto acuto: semplicemente, in lui era scomparsa la capacità
di assegnare un significato agli oggetti che vedeva attorno a sé, sebbene fosse in grado di
riconoscerli utilizzando gli altri quattro sensi. Durante un esperimento, il dottor Sacks gli consegnò
un guanto, che egli fu perfettamente in grado di descrivere ma non di associare al suo significato,
fino a quando non fu forzato ad indossarlo (mettendo quindi in campo il senso del tatto).
«Una superficie continua», annunciò infine, «avvolta su se stessa, dotata...» esitò «di cinque
estremità cave, se così si può dire [...]. Un qualche contenitore?». «Sì», dissi, «e che cosa potrebbe
contenere? [...]. Non ha un aspetto familiare? Non crede che potrebbe contenere, fasciare, una parte
del suo corpo?». Nessun lampo di riconoscimento illuminò il suo viso. In seguito se lo infilò per
caso: «Dio mio!», esclamò, «È un guanto!» [4]».
La caratteristica più tragica che appare da questa descrizione è come il dottor P. fosse assolutamente
inconsapevole del suo difetto. Esso infatti non intaccava minimamente la sua giornata, se non per
qualche occasionale gaffe: essendo infatti un musicista di professione, il dottor P. riusciva a
compiere tutti i gesti quotidiani (mangiare, vestirsi, lavarsi) canticchiando sovrappensiero, e quindi,
per così dire, senza accorgersene.
La causa patologica di questo deficit, definito "prosopagnosia" cioè agnosia (incapacità di
riconoscere i volti), non viene riportata nell'analisi di Sacks, in quanto questi non fu in grado di
seguire il paziente per lungo tempo. L'autore ipotizzò comunque una natura degenerativa di questo
difetto («un tumore massivo o un processo degenerativo nelle parti visive del cervello [5]»),
supposizione questa accentuata dal rapido peggioramento delle condizioni del dottor P. nel volgere
di pochi anni.
Il marinaio perduto
«[...] La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il
nostro agire. Senza di essa non siamo nulla...».
Il secondo caso descritto da Sacks, anch'esso di agnosia profonda, riguarda Jimmie G., un ex-
marinaio quarantanovenne da lui visitato nel 1975, che per una qualche ragione aveva perduto la
memoria degli ultimi 30 anni ed era assolutamente convinto di avere diciannove anni e di essere
nel 1945. Anche in questo caso, l'origine dell'amnesia non venne bene precisata, per la carenza di
mezzi d'indagine non invasivi: Sacks indicò come probabile causa una distruzione dei corpi
mammillari dovuta all'alcolismo, visto che il paziente ne aveva sofferto attorno al 1970, una
malattia nota come sindrome di Korsakoff.
Ad aggravare la sua situazione, si aggiungeva il fatto che Jimmie aveva una seria lesione anche a
livello della memoria a breve termine, per cui dimenticava dov'era o che cosa stava facendo a
distanza di pochi minuti. Gli unici ricordi che serbava perfettamente erano quelli della sua
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giovinezza fino al 1945: per questo motivo, era impossibile anche solo provare a spiegargli la natura
della sua malattia (di cui egli non si rendeva assolutamente conto), perché avrebbe dimenticato tutto
il discorso nel giro di pochi minuti.
Sacks osservò, inoltre, il comportamento di Jimmie nella cappella dell'ospedale e notò con quale
«piena, intensa e tranquilla disposizione d'animo, con quale calma, concentrazione e attenzione
assolute, egli si accostò e partecipò alla Santa Comunione. Era totalmente trattenuto, assorbito da un
sentimento. In quel momento non c'era smemoratezza, non c'era sindrome di Korsakoff, né la loro
esistenza pareva possibile o immaginabile». Tale osservazione lo spinse ad affermare che «per
quanto grandi siano il danno organico e la dissoluzione humeana, rimane intatta la possibilità di una
reintegrazione attraverso... il contatto con lo spirito umano; e questo può avvenire anche in presenza
di uno stato di devastazione neurologica che in un primo tempo appare senza speranza».
La disincarnata
In questo capitolo, il dottor Sacks riporta la triste vicenda di una giovane donna, Christina, la quale,
colpita da una poliradicoloneurite (cioè un'infiammazione di tutte le radici sensitive dei nervi
cranici e spinali), aveva completamente perso la propriocezione, cioè la capacità che il corpo umano
ha di percepire sé stesso. Pur conservando praticamente inalterata la sensibilità superficiale e il
senso del tatto, il corpo di Christina non era più in grado di attuare quei meccanismi che permettono
ai muscoli di muoversi anche senza il controllo della vista: in altre parole, Christina non era più in
grado di fare alcun movimento se non teneva lo sguardo fisso sulla parte del corpo che voleva
muovere.
A parte gli ovvi problemi pratici che questa sindrome, unica nel suo genere, portava a Christina,
cioè l'estrema difficoltà di reimparare a camminare, mangiare e persino parlare con un attentissimo
controllo visivo (o acustico, per quanto riguarda la fonesi), Sacks evidenziò anche un'altra
importantissima e tristissima conseguenza di questa malattia. Christina infatti, pur essendosi
gradualmente riabituata a muoversi e a parlare, aveva irrimediabilmente perso la consapevolezza
del proprio corpo: ella stessa si definiva "disincarnata", e descriveva così la sua condizione:
«Questa "propriocezione" è come se fosse gli occhi del corpo, il modo in cui il corpo vede sé stesso.
E se scompare, come è successo a me, è come se il corpo fosse cieco. Il mio corpo non può
"vedere" sé stesso se ha perso i suoi occhi, giusto? Così tocca a me guardarlo, essere i suoi occhi
[6]».
Non avendo precedenti, questa sindrome non poté essere curata dal dottor Sacks. Christina dovette
reimparare a muoversi e a camminare in un modo goffo e "fasullo", ma in lei persistette sempre la
sensazione di non avere più un corpo. L'autore descrive la sua condizione con infinita pietà, e
chiude così la sua trattazione su Christina:
«La povera Christina è "svuotata" ora, nel 1985, né più né meno di quanto lo fosse otto anni fa e
così rimarrà per il resto della sua vita. La sua esperienza non ha precedenti. Christina è, per quanto
ne so, la prima del suo genere, il primo essere umano "disincarnato" [7]».
Questo caso tratta di un paziente al quale improvvisamente, durante la notte, capitò di svegliarsi
avendo perso coscienza di una parte del proprio corpo, in questo caso la sua gamba sinistra.
Secondo la descrizione del dottor Sacks, egli era assolutamente convinto che, per un qualche strano
scherzo, «una gamba sconosciuta, una gamba umana recisa [8]» gli si fosse attaccata al busto, e
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nella foga di spingerla via con l'aiuto delle braccia e dell'altra gamba si era fatto trascinare da essa
ed era caduto dal letto.
La particolarità di questo caso, come lo descrive l'autore, è l'assoluta ed incrollabile certezza da
parte del paziente che quella gamba non fosse sua (i termini con cui la descriveva erano "cosa",
"imitazione", "facsimile"), e l'incapacità di spiegare sia come fosse possibile che essa fosse attaccata
al suo busto, sia dove fosse finita la sua vera gamba.
Da questo caso è stato tratto un episodio della serie televisiva americana "Nip/Tuck".
Mani
In questo capitolo Sacks descrive lo strano caso di una paziente cieca sessantenne, Madeleine J., la
quale, affetta da cecità sin dalla nascita, era stata sempre talmente viziata e circondata di attenzioni
da non aver mai avuto bisogno di sviluppare quella caratteristica "ipersensibilità tattile" dei non
vedenti, che sono solitamente in grado di utilizzare le mani proprio come se fossero i loro veri
occhi. Madeleine si lamentava pertanto di come le sue mani fossero «due cosi flaccidi e inutili [9]»,
«che non hanno più vita di due blocchi di plastilina [10]». Il caso si dimostrò di facile risoluzione,
una volta identificato il problema: il dottor Sacks non fece altro che spingere Madeleine ad
utilizzare le sue mani riducendo gradualmente la cura che le infermiere utilizzavano per lei, per
esempio facendola aspettare a lungo prima di essere imboccata, fino a quando lei, irritata dall'attesa,
non prese a mangiare da sola. Una volta superato il blocco iniziale, la ripresa fu rapida e totale,
nonostante l'età avanzata.
Fantasmi
Come un fuso
In questo settimo caso, Sacks riporta la descrizione del signor MacGregor, un arzillo
novantatreenne affetto dalla malattia di Parkinson che gli aveva causato una lesione all'apparato
vestibolare, per la quale egli non era più in grado di stare in posizione eretta come una persona
normale, ma camminava fortemente inclinato da un lato pur senza accorgersi minimamente del suo
difetto. Questa patologia venne risolta dal forte spirito d'iniziativa del paziente stesso, che una volta
messo a conoscenza del suo problema, si ingegnò ad inventare una sorta di "livella" (ricordando il
suo passato di falegname) da applicare agli occhiali, in modo da potersi rendere conto se
camminava inclinato e da poter correggere autonomamente il suo difetto.
Attenti a destra!
La descrizione della vicenda della signora S. riporta un caso, non infrequente in neurologia, di
"emi-inattenzione", cioè di perdita della coscienza di una metà dello spazio circostante. Nel caso
specifico la signora S., avendo subìto «un ictus massivo che le ha compromesso le parti più
profonde dell'emisfero cerebrale destro [11]», era diventata assolutamente incapace di vedere ciò
che si trovava nella metà sinistra del suo campo visivo, senza aver subito danni di alcun altro tipo.
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Come in molti altri casi descritti in questo saggio, la parte più difficile e dolorosa della terapia si
incentrò sul far capire alla donna il difetto di cui soffriva: una volta raggiunto questo scopo, pur non
potendo in alcun modo rimediare al danno cerebrale ai centri visivi, la signora S. fu in grado di
adottare tutta una serie di piccole astute strategie (per esempio, utilizzare una sedia girevole per
poter avere un panorama completo della stanza attorno a lei) che la aiutarono, se non a risolvere,
quantomeno ad aggirare il suo problema.
Questo nono ed ultimo capitolo della prima sezione contiene una riflessione sul modo distorto (ma
spesso, più veritiero del nostro) che i pazienti affetti da afasia hanno di vedere ed interpretare il
linguaggio verbale. L'afasia percettiva è infatti una malattia che impedisce ai pazienti di associare
un significato alle parole che odono: essi non sono in grado di capire le singole parole di un
discorso, ma, per contro, alcuni di loro diventano straordinariamente abili nel cogliere tutti quei
segni della comunicazione non verbale (gesti, toni di voce, espressioni del volto), in modo tale da
capire comunque il "senso del discorso" nella maggior parte dei casi. L'autore afferma inoltre che,
per questo stesso motivo, agli afasici non si può mentire:
«Egli [l'afasico] non riesce ad afferrare le tue parole, e quindi non può esserne ingannato; ma
l'espressione che accompagna le parole, quell'espressività totale, spontanea, involontaria che non
può mai essere simulata o contraffatta, come possono esserlo, fin troppo facilmente, le parole... tutto
questo egli lo afferra con precisione infallibile [12]».
Nello stesso capitolo, Sacks descrive anche il caso dei pazienti affetti da atonia (o "agnosia tonale").
Questo genere di malati presenta una patologia completamente opposta, in quanto:
«Per questi pazienti scompaiono le qualità espressive della voce, ossia il tono, il timbro, la
sfumatura emotiva, l'intero carattere, mentre sono perfettamente comprensibili le parole (e le
costruzioni grammaticali) [13]».
«Tali agnosie tonali (o "atonie") sono associate a turbe del lobo temporale destro del cervello,
mentre le afasie si accompagnano a turbe del lobo temporale sinistro [13]».
Messi davanti alla stessa situazione, cioè un discorso alla nazione del Presidente degli Stati Uniti
d'America, i due tipi di malati avevano reazioni completamente opposte, ma che conducevano allo
stesso risultato. I pazienti afasici, non essendo in grado di capire il discorso del presidente, ma
cogliendo perfettamente «le smorfie, gli istrionismi, i gesti e soprattutto i toni e le cadenze della
voce [12]», comprendevano in pieno la falsità dell'intero discorso e, come reazione, si sbellicavano
dalle risate. Emily D. invece, paziente affetta da atonia, non era in grado di cogliere le sfumature
della voce del presidente, ma avvalendosi della sua profonda conoscenza della lingua inglese era
rimasta concentrata sulla costruzione grammaticale delle frasi, e alla fine della sua analisi dichiarò:
«Non è convincente», disse. «Non usa una prosa chiara. Usa le parole in modo improprio. O ha dei
disturbi cerebrali oppure ha qualcosa da nascondere [14]».
Sacks colloca a fine capitolo una sua riflessione personale scaturita da questo episodio:
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«Ecco dunque dov'era il paradosso del discorso del Presidente. Noi normali, indubbiamente aiutati
dal nostro desiderio di esser menati per il naso, fummo veramente menati per il naso (populus vult
decipi, ergo decipiatur). E così astuta era stata la combinazione di un uso ingannevole delle parole
con un tono ingannatore che solo i cerebrolesi ne rimasero indenni, e sfuggirono all'inganno [15]».
Eccessi
«[...] turbe siffatte, per quanto frequenti, importanti e singolari, non hanno mai ricevuto l'attenzione
che meritano. La ricevono in psichiatria, dove si parla di eccitazione e di turbe produttive - eccesso
di fantasia, d'impulso... di mania. E la ricevono in anatomia e in patologia, dove si parla
di ipertrofie, di mostruosità, di teratoma. Ma la neurologia non ha equivalenti, non ha nulla che
equivalga alle mostruosità o alle manie. Basta questo ad avanzare il sospetto che il nostro concetto o
visione basilare del sistema nervoso - come una sorta di macchina o computer - sia del tutto
insufficiente e vada integrato con concetti più dinamici, più efficaci [17]».
In questo primo capitolo, l'autore affronta il tema della sindrome di Tourette e dei tic, quegli
improvvisi spasmi che colpiscono senza preavviso i pazienti affetti da questa patologia. I tic
possono manifestarsi come movimenti incontrollati e subitanei, oppure, caso molto frequente nella
sindrome di Tourette, come improvvise esclamazioni, spesso molto volgari: tutto questo,
ovviamente, riduce di molto la qualità della vita dei tourettici e li porta continuamente a vivere
situazioni di intenso imbarazzo, dovute alla loro incapacità di controllarsi nei gesti e nel linguaggio.
Nel caso particolare di Ray, un ragazzo ventiquattrenne afflitto da una forma relativamente seria di
Tourette, i tic avevano finito per condizionare così seriamente la sua vita da mettere in pericolo il
suo matrimonio, oltre ad impedirgli di trovare e mantenere un lavoro per lungo tempo. Sacks
descrive come la terapia con aloperidolo, un farmaco comune per questo genere di patologia, si
fosse dimostrata estremamente efficace, ma avesse sollevato un altro problema: l'eccessiva
identificazione del paziente con la sua malattia. Come riporta l'autore:
«Mettiamo che lei riesca a eliminare i tic» disse [Ray]. «Che cosa rimarrebbe? Io sono fatto di tic:
non rimarrebbe niente». Egli sembrava, almeno per scherzo, avere uno scarso senso della propria
identità se non come «portatore di tic» [...]. Non riusciva a immaginare una vita senza sindrome di
Tourette, e comunque non era sicuro che gli sarebbe piaciuta [18]».
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La terapia con aloperidolo, pur donando a Ray una calma ed una pacatezza che non aveva mai
sperimentato dall'età di quattro anni, gli toglieva anche tutte quelle caratteristiche che lo rendevano
"speciale" agli occhi della moglie e dei suoi amici: il suo spirito pungente ed irriverente, e
soprattutto la sua grande abilità di batterista jazz, dovuta tutta alle "improvvisazioni" che gli
derivavano dalle crisi di Tourette. Di qui, la decisione finale sulla terapia della sua sindrome:
«[...] Ray ne discusse con me e prese un'importante decisione: avrebbe fatto «diligente» uso di
aloperidolo durante la settimana lavorativa, ma nel fine settimana avrebbe interrotto l'assunzione e
si sarebbe «sfogato». E così fa da tre anni. Adesso ci sono due Ray, quello che prende l'aloperidolo
e quello che non lo prende. Da lunedì a venerdì c'è il sobrio cittadino, l'uomo calmo e ponderato; il
sabato e la domenica c'è il «Ray dei mille tic», frivolo, frenetico, ispirato [19]».
La malattia di Cupido
Il secondo capitolo racconta la vicenda di una spiritosa novantenne, Natasha K., pervenuta
all'osservazione medica per l'insorgere di una serie di comportamenti "sconvenienti", derivati da
un'intensa quanto immotivata eccitazione, che improvvisamente la faceva sentire giovane e
«pimpante [20]». Argutamente, riporta Sacks, la signora individuò da sola la causa del suo male, e
cioè una riattivazione della sifilide (la malattia di Cupido) al terzo stadio, avvenuta
straordinariamente settant'anni dopo la sua ultima presentazione: questa sifilide neurologica,
o neurosifilide, come risultò dal test del liquor, aveva attaccato la sua corteccia cerebrale,
sovrastimolando i centri emotivi e provocandole questo stato di benessere permanente. Sotto
richiesta della stessa signora, il dottor Sacks le somministrò della penicillina per distruggere le
spirochete, ma calibrò la terapia in modo di far perdurare nel tempo lo stato di eccitazione in cui
ella si trovava.
Da questo caso è stato tratto l'episodio Madre controllo della serie televisiva "Dr. House-Medical
Division".
Il caso del signor Thompson, un altro paziente afflitto da sindrome di Korsakoff come Jimmie G. (Il
marinaio perduto), è un esempio della reazione totalmente differente di due persone alla stessa
malattia. Jimmie G., privo della memoria degli ultimi trent'anni della sua vita, e non essendo in
grado di riconoscere il suo male, si era chiuso in uno stato perenne di smarrimento che lo aveva
completamente tagliato fuori dal mondo esterno; il signor Thompson, invece, percepiva
chiaramente questo vuoto nella sua coscienza, e per farvi fronte si armava della sua inesauribile
parlantina e «creava di continuo un mondo e un sé in sostituzione di ciò che andava di continuo
dimenticato e perduto [21]». Sacks descrive così la patologia di Thompson:
«Non ricordava nulla per più di qualche secondo. Era costantemente disorientato, costantemente
sull'orlo di abissi di amnesia che però scavalcava agilmente lanciandosi in chiacchierate e fantasie
di ogni sorta. Ma per lui non erano fantasie, bensì il modo in cui all'improvviso vedeva o
interpretava il mondo. Non potendone tollerare, o ammettere, nemmeno per un istante, il flusso e
l'incoerenza intrinseci li sostituiva con questa strana e delirante quasi-coerenza, e con il suo fuoco di
fila di invenzioni sempre nuove, incessanti, inconsce, improvvisava di continuo un mondo attorno a
sé [22]».
7
«Come vive questa situazione il signor Thompson? A un giudizio superficiale, lo si direbbe un
personaggio dalla comicità effervescente. La gente lo trova «un comico nato». Ed effettivamente
[...] la situazione è comica, ma oltre che comica è anche terribile. Poiché ci troviamo qui di fronte a
un uomo che in un certo senso è disperato [...]. Il mondo scompare continuamente, perde
significato, svanisce - e lui deve cercare un senso, costruire un senso, disperatamente, inventando di
continuo, gettando ponti di senso sopra abissi di insensatezza, sopra il caos che si spalanca
incessantemente sotto di lui [23]».
Sì, padre-sorella
La posseduta
Nell'ultimo caso, Sacks opera una riflessione sulla sindrome di Tourette (la stessa che affliggeva
Ray dei mille tic) portata alle sue estreme conseguenze, e sulla facilità con cui il profano può
scambiare una persona afflitta da questa malattia con un caso di possessione demoniaca. La
"posseduta" di cui l'autore parla in questo capitolo, una donna incontrata in una strada trafficata che
smaniava come nelle peggiori storie di esorcismi, non è altro che una tourettica che non poteva fare
a meno, per la natura del suo stesso male, di imitare in maniera convulsa e frenetica tutte le persone
che le passavano davanti, esagerandone i gesti e le espressioni come «conseguenza della violenta
accelerazione e distorsione di tutti i suoi movimenti [25]».
Trasporti
Nella terza sezione del suo saggio, Sacks prende in considerazione tutte quelle patologie che si
manifestano come «reminiscenza, alterazione della percezione, dell'immaginazione, del "sogno"
[26]». I "trasporti" sono manifestazioni di patologie cerebrali accompagnate da un'intensa carica
emotiva, che hanno un significato tutto personale per ognuno dei malati, ed il cui significato
neurologico si mescola con una componente psichica molto profonda. Il termine "trasporti" viene
qui utilizzato per descrivere «il potere dell'immaginazione e della memoria di "trasportare" una
persona [27]», di farle rivivere luoghi e sensazioni che pensava di aver dimenticato da tempo o che
non sapeva neanche di possedere.
Reminiscenza
Il primo caso della terza sezione tratta di due persone, la signora O'C. e la signora O'M., entrambe
afflitte dallo stesso tipo di patologia, ma che davanti ad essa manifestavano reazioni completamente
diverse. Entrambe le pazienti avevano subito un danno alla corteccia dei lobi temporali (dovuto, nel
caso della signora O'C., a un piccolo ictus), e ciò aveva prodotto il manifestarsi di frequenti crisi
epilettiche a carico dell'area infartuata: come conseguenza di questi piccoli attacchi di epilessia, le
8
due signore avevano cominciato ad udire, nel momento in cui le crisi si manifestavano, una musica
incessante dentro la loro testa, di tale intensità che esse facevano addirittura fatica a sentire le parole
delle persone che le circondavano, e che calava soltanto con lo spegnersi della crisi per poi acuirsi
con la successiva.
La differenza tra le due signore stava appunto nel modo in cui la malattia aveva influenzato le loro
reazioni sentimentali. La signora O'C., cresciuta senza l'appoggio della madre che era morta quando
lei era ancora in tenera età, sentiva nella sua testa le canzoni irlandesi che avevano caratterizzato la
sua infanzia: quando alla fine l'ictus arrivò a guarigione spontanea, e le crisi epilettiche nel suo lobo
temporale si affievolirono fino a sparire, la signora non poté fare a meno di provare un'intensa
nostalgia per quell'infanzia di cui era stata privata, e che le era stata restituita per breve tempo solo
grazie alla sua malattia.
Al contrario, la signora O'M., che aveva un'esperienza personale diversa da quella della signora
O'C., sentiva la musica nella sua testa come un fastidio spossante, ed accettò con gioia la terapia
con anticonvulsivi che le venne somministrata dal dottor Sacks. Di fronte alla stessa patologia, le
due signore avevano avuto due reazioni completamente differenti, dettate dalla storia della loro vita.
L’ultima sezione parla invece dei semplici, di quelle persone che, come gli autistici, hanno un modo
particolare di comunicare con il mondo esterno. Qui siamo messi davanti alle emozioni di queste
persone che vivono in un mondo tutto loro.
Edizioni
Oliver Sacks, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, traduzione di Clara Morena, 11
ed., Adelphi, febbraio 2008, pp. 318, cap. 24, ISBN 978-88-459-1625-0.
Note
^ Oliver Sacks, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Milano, Adelphi, 2008, p. 11.
^ op cit pag. 21
^ op cit pag. 25
^ op cit pag. 33
^ op cit pag. 38
^ op cit pag. 75
^ op cit pag. 82
^ op cit pag. 85
^ op cit pag. 89
^ op cit pag. 91
^ op cit pag. 110
^ a b op cit pag. 117
^ a b op cit pag. 118
^ op cit pag. 119
^ op cit pag. 120
^ op cit pag. 128
^ op cit pag. 124
^ op cit pag. 138
^ op cit pag. 141
^ op cit pag. 142
^ op cit pag. 153
9
^ op cit pag. 152
^ op cit pagg. 154-155
^ op cit pag. 164
^ op cit pag. 168
^ op cit pag. 176
^ op cit pag. 178
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