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Presentazione

ESSERE DONNA IN ASIA

Prefazione

Gianni Del Bufalo

Essere donna in Asia è una condizione che riguarda oltre un miliardo e mezzo di persone.
Molte fra queste non vedono rispettati i loro diritti fondamentali come persone e come
cittadine. È difficile per una donna europea (e ancora di più per un uomo) immaginare che
cosa significhi essere donna in Asia: la tentazione proiettiva ci spinge a leggere le storie degli
altri con le stesse chiavi con cui leggiamo la nostra, come se il contesto in cui viviamo fosse lo
stesso ovunque e la nostra esperienza potesse essere il parametro per interpretare quella
altrui. Nella fantasia europea la donna asiatica è troppo spesso collegata a stereotipi
cinematografici: coloratissimi kimono, sereni sorrisi nella risaia, fruscianti sari... La realtà è
ben diversa ed è fatta di lunghe e faticose giornate, di diritti neppure affermati, di opportunità
tutt'altro che pari.

Eppure - incredibilmente! - molte di queste donne riescono a disegnare percorsi di


mediazione nei conflitti, a costruire condizioni di liberazione e di sviluppo in situazioni di
degrado, ad aprire spiragli di pace là dove la sopraffazione sembra prevalere. È come se il loro
essere donne costituisse una risorsa supplementare, attivasse una creatività concreta capace
di umanizzare anche le situazioni più difficili.

Questa pubblicazione vuole rendere testimonianza di questa capacità delle donne asiatiche ed
ha tre ambizioni:

- far CONOSCERE - in estrema sintesi - la situazione in cui vivono le donne di 14 paesi asiatici,
perché conoscere è il primo passo per capire, per essere vicini, per creare legami di
solidarietà ;

- DENUNCIARE la situazione di ingiustizia in cui molte donne vivono, perché è importante


innescare un percorso di cambiamento anche nel modo di porsi del mondo occidentale;

- dare RAGIONI di SPERANZA per il futuro: non semplicemente "sperare", ma indicare fatti
concreti che autorizzano il sentimento della speranza; indicare luoghi, nomi, associazioni che
stanno già lavorando, già cambiando, già costruendo relazioni di pace.
Questa pubblicazione nasce dall'incontro di molte donne asiatiche riunite dal VIDES
Internazionale a Chennai (India) nella primavera del 2002 per il convegno "Donna Mediatrice
di Pace". È stata una occasione preziosa per conoscerci reciprocamente e scoprire un
vastissimo "laboratorio" di pace - apparentemente invisibile - che si sta sviluppando con
successo nei quartieri di Manila e di Bangalore, nelle campagne di Yangoon e di Bangkok, nel
cuore di Ho Chi Minh City e di Phnom Penh: un laboratorio capace di inventare nuovi
linguaggi e nuove forme che consentono alla pace e al diritto di esprimersi e di realizzarsi.
Un'esperienza preziosa che merita di essere conosciuta e replicata, un'esperienza da cui
emergono figure di donne vere e autorevoli il cui valore e prestigio non nasce dalle
evanescenti pagine dei rotocalchi, ma dalla quotidianità che scrive la storia: la loro personale
e quella delle società in cui vivono.

Questo lavoro vuol essere un contributo al decennio ONU (1995-2004) per l'educazione ai
diritti umani che si conclude proprio quest'anno.

Gianni Del Bufalo Presidente del VIDES Internazionale

Introduzione

Lucilla Di Rico

In occasione dell'organizzazione del seminario "Donna Mediatrice di Pace in Asia", tenutosi a


Chennai (India) nell'aprile 2002, promosso da VIDES Internazionale, Istituto FMA e
Confederazione Mondiale ex Allieve/i FMA, in collaborazione con l'ITPCM - International
Training Programme for Conflict Management della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, mi
sono chiesta cosa sapessi sulla condizione della donna in quella parte di mondo. È nata,
dunque, l'esigenza di approfondirne la conoscenza. Con l'aiuto di Francesca Quartieri e di
alcuni collaboratori è iniziata una lunga ricerca. Siamo rimasti tutti sconvolti da quanto
scoprivamo man mano: quante ingiustizie, quanta sofferenza, quanti diritti violati. Poi, in
India durante il seminario, abbiamo ascoltato testimonianze di incredibile atrocità , ma anche
di grande forza e coraggio. Abbiamo dialogato con donne vittime di soprusi e violenze, che
hanno ripercorso il loro dramma con grande dignità . Il loro modo di rapportarsi, di parlare
era aperto e sincero. Tanta era la voglia di comunicare, di confrontarsi e, da parte loro, la
curiosità di sapere come si vive in Europa, come sono le donne europee, cosa pensano, quali
problemi hanno e come li affrontano. Sono stati momenti indimenticabili per tutti che hanno
favorito lo scambio di esperienze, di opinioni, di saperi e di grandi emozioni.
Abbiamo constatato come proprio dalle donne che hanno vissuto in prima persona la tragicità
di un'esistenza violata nei propri diritti fondamentali, spesso, può rinascere la speranza, può
giungere un valido apporto alla pace. Di fronte alla devastazione della guerra o alla tragedia
delle migrazioni forzate, alla povertà estrema, sono le donne che difendono la famiglia e
tutelano i valori culturali e religiosi. Esse, iniziando nel loro piccolo a tessere relazioni, a
confrontarsi, a discutere insieme sulle prospettive future, cercano percorsi possibili ed
alternativi, partecipano pian piano alla vita politica e sociale della propria comunità e del
proprio paese. Tante sono le esperienze in atto in Asia per tentare di arginare le piaghe della
violenza, dell'abuso, della prostituzione, dell'alcolismo; tante piccole realtà , tante piccole
azioni mirate, portate avanti con pochi mezzi ma con tanta tenacia da "mediatrici di pace" di
cui nessuno parla, nessuno sa. Il loro obiettivo è promuovere una nuova cultura di pace e di
sviluppo nei loro contesti di appartenenza, con grande impegno e coraggio, spesso rischiando
o perdendo la vita.

A causa delle condizioni di pericolo, di esclusione e di difficile accesso all'educazione e alla


formazione delle donne in Asia, questo prezioso lavoro rischia di rimanere isolato con scarse
possibilità di sviluppo e di visibilità . Obiettivo del seminario "Donne Mediatrici di Pace" era
poter offrire a donne leader di associazioni femminili l'opportunità di una formazione
adeguata e di un confronto con altre esperienze similari, l'acquisizione di competenze
specifiche, di strumenti e tecniche ad hoc per la gestione di situazioni di conflitto e tensione
sociale.

Questo libro vuoi dare voce, volto, colore a queste donne al fine di indurre i lettori alla
riflessione e di creare un contesto favorevole al rispetto e alla valorizzazione della peculiare
dignità femminile.

Il testo si articola in 15 capitoli. Si tratta di un approfondimento per paese che inizia con un
quadro di riferimento storico, economico e politico dagli inizi del '900 ad oggi; segue l'analisi
della condizione della donna nella società , soffermandosi sulle problematiche ancora da
risolvere, ma anche sui successi finora conseguiti; infine presenta alcuni esempi di buone
prassi, stili di vita ed azioni concrete di donne per la promozione delle donne. L'ultimo
capitolo è dedicato alle figure femminili asiatiche (per nascita o per scelta di vita) insignite del
Premio Nobel per la Pace.

Al testo è allegato un CD che riporta immagini, suoni e parole dei momenti vissuti a Chennai.

Ma cosa accade oggi in Asia?

Il continente asiatico, caratterizzato da realtà molto diverse tra loro (basti pensare
all'immensità della Cina e dell'India, oppure alla povertà di Nepal, Myanmar, Laos, o ancora
alla modernità di Giappone, Hong Kong, Singapore, Taiwan) in cui convivono innumerevoli
etnie e religioni, è da sempre al centro di tensioni e conflitti armati; pensiamo al Medio
Oriente, all'Asia centrale, al Sud-Est asiatico. Questa vasta area del mondo non trova pace.

Negli ultimi venti anni la situazione è precipitata. Grandi interessi economici, enormi
ricchezze lecite e soprattutto illecite, hanno coinvolto molte regioni asiatiche: il commercio
delle armi ha raggiunto livelli record segnando un incremento di oltre il 40% e alcuni paesi si
sono muniti della bomba atomica (India, Pakistan, Cina, Corea del Nord).

Il boom asiatico della fine degli anni '80 ha imposto un nuovo modello di sviluppo, basato
sulle esportazioni e sugli incentivi agli investimenti esteri, che ha consentito a molti paesi di
realizzare una crescita economica senza precedenti e di consolidare il processo di
industrializzazione. Il "miracolo asiatico", così definito, ha dimezzato in poco meno di venti
anni il numero di persone che viveva al di sotto della soglia minima di povertà . Ma in seguito
la gravissima crisi economica che nel 1997 ha colpito l'intera Asia orientale ha messo in
ginocchio prima il sistema finanziario, poi quello produttivo, bloccando lo sviluppo e
causando una foltissima recessione. Gravissime le ripercussioni sociali: il problema della
povertà è riesploso in tutta la sua drammaticità per milioni di persone, in maggioranza donne,
finite improvvisamente sul lastrico.

La disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti ed i nuovi poveri, perlopiù persone che in


passato hanno abbandonato le campagne per cercar lavoro in città , contribuendo al processo
di industrializzazione, rimasti senza occupazione e privi di qualsiasi forma di assistenza
sociale, vivono ora il degrado delle megalopoli in crisi, oppure tornano in campagna vivendo
di sussistenza. A questo drammatico quadro si aggiungono altri fenomeni non meno
preoccupanti, quali l'aumentata produzione ed il conseguente traffico di droghe, la corruzione,
il denaro sporco, lo sfruttamento di minori, il traffico di persone e il terrorismo più aggressivo
e sofisticato al mondo.

La gravissima e preoccupante escalation della situazione asiatica, snodo centrale dei confronti
e delle tensioni internazionali, è ancor più drammatica se si considera che alcune di queste
regioni, tra le più povere ed isolate del pianeta, sono state colpite da embarghi politici e
sanzioni economiche imposte dall'Occidente. La mancanza di scuole e di assistenza sanitaria
ha distrutto ogni argine culturale alla rabbia ed ai vari fondamentalismi, così si sono
consolidati regimi integralisti e violenti. Come accade in tutto il mondo, in situazioni di
conflitto le violazioni dei diritti della donna si moltiplicano. Sono soprattutto le donne le
principali vittime di discriminazioni, soprusi, violenze di ogni genere.

In un continente popolato da circa 3 miliardi di persone, di cui oltre la metà sono donne, la
crisi economica e le guerre hanno aggravato drammaticamente i problemi già esistenti
riguardanti la salute femminile. La gravidanza ed il parto costituiscono la principale causa di
morte in tutto il continente asiatico: ancora oggi, una donna su 54 rischia di morire di parto,
mentre in Europa il rapporto è di una donna ogni 10.000. Nella sola Indonesia, nel corso del
1999, la mortalità femminile per infezioni post-parto è salita fino a 390 donne morte su
10.000 parti. Sono oltre 50 milioni le donne asiatiche che soffrono ogni anno di infezioni post-
parto. La pianificazione familiare, avviata con successo venti anni fa in Cina e Corea del Sud, è
invece ostacolata in molti altri paesi per motivi religiosi. La mancanza di un'adeguata
educazione sessuale e sanitaria, la carenza di strutture ospedaliere e di ambienti salubri ha
portato a circa 36 milioni le interruzioni di gravidanza ogni anno e a quasi altrettanti casi di
infezioni gravi post-aborto. In Bangladesh, le pratiche abortive determinano ogni anno il 18%
delle cause di morte femminile.
Nei due maggiori paesi asiatici, India e Cina, la condizione femminile è sicuramente migliorata
rispetto al passato, ma permangono forti discriminazioni. In India due terzi della popolazione
femminile è ancora analfabeta. In Cina, grazie allo sforzo di alfabetizzazione compiuto dal
regime maoista negli anni '50, e al recente programma di modernizzazione economica, le
donne hanno pari opportunità di accedere all'istruzione e al lavoro. Tuttavia, nelle campagne,
dove vive la maggioranza dei cinesi, le donne restano ancora legate ai comportamenti
tradizionali della famiglia allargata e l'infanticidio delle bambine è, tuttora, una pratica diffusa.

In molti paesi asiatici, le donne subiscono, inoltre, pesanti discriminazioni dettate dalla
religione islamica: nei paesi musulmani esse sono, spesso, costrette a vivere segregate nelle
loro case, espulse dagli impieghi pubblici ed escluse dai più elementari diritti come quello
all'istruzione o alla salute. Il caso più grave di discriminazione contro le donne è stato quello
perpetrato dal governo dei taliban in Afghanistan, ora deposto: ogni diritto umano vi era
negato. Le donne afghane, oltre a non godere più del diritto all'istruzione ed al lavoro, si sono
viste negare anche quello alla salute: quando si ammalavano, infatti, rischiavano di morire per
mancanza di assistenza, non potendo essere visitate dai medici di sesso maschile (mentre
quelli di sesso femminile non potevano esercitare la professione). Anche in altri paesi asiatici
di religione islamica, ad esempio in Pakistan, il fondamentalismo è in preoccupante ascesa con
una sempre maggior presenza di scuole religiose. Il processo di islamizzazione si evolve anche
in Indonesia ed in Malaysia con inevitabili discriminazioni nei confronti delle donne.

La condizione della donna in Asia è, per certi versi, paradossale: il luogo dove in assoluto
vengono più violati i diritti fondamentali della donna è anche il continente simbolo della
grazia e dell'eleganza femminile, che ha accolto proprio a Pechino nel 1995 la quarta
Conferenza mondiale sulle donne, promossa dall'ONU, che ha adottato una Dichiarazione in
cui tutti i governi presenti hanno affermato di essere "determinati a far avanzare gli obiettivi
di uguaglianza, sviluppo e pace per tutte le donne in ogni luogo, nell'interesse dell'intera
umanità ". Nella Piattaforma d'azione concordata in tale occasione, si intendeva "promuovere e
proteggere il pieno esercizio di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali di tutte le
donne nel corso del loro intero ciclo di vita". Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, la quasi
totalità dei paesi asiatici - con alcune rare eccezioni, tra cui Afghanistan ed Arabia Saudita - ha
presentato un Piano d'azione nazionale al Segretariato ONU per l'applicazione della
Piattaforma di Pechino, nonché ratificato la CEDAW, la Convenzione delle Nazioni Unite
sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, primo trattato
internazionale (1979) ad abbracciare i diritti civili, politici, sociali, economici e culturali delle
donne. Purtroppo, ancor oggi, molti di questi paesi continuano a permettere pratiche che
contravvengono le norme della Convenzione.

Nonostante questo drammatico quadro, come abbiamo in precedenza affermato, esistono


segnali incoraggianti e sono quelli di cui vogliamo trattare in questo lavoro.

Lucilla Di Rico
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a vita di Grazia Deledda, e l’opera, che ne costituisce quasi per intero la parte visibile,
parrebbero costituire un “caso”, se ci si limitasse alla letteralità esemplare dei dati, senza
reintegrarla nella trama d’un tessuto culturale ed esistenziale.

La nascita nella perifericissima Nuoro del


1876, la condizione d’autodidatta, seppure
nel seno d’una famiglia borghese e acculturata, danno l’illusione d’una sorta di partenogenesi
letteraria. In realtà, non va dimenticato che il canone delle letture e ispirazioni giovanili della
Deledda non si limita alla pur ricca biblioteca paterna (si ha notizia d’un professore, ospite d’una
sua zia, con al seguito casse di libri), né vanno sottovalutate le ricerche etnologiche compiute dalla
Deledda su impulso del De Gubernatis, né ancora va trascurato l’influsso che senz’altro ebbero
sulla giovane Deledda i dibattiti politici, sociali e culturali assai vivi nella pur effimera stampa
periodica nella Sardegna dell’epoca.

D’altro canto, non si spiega l’interesse di pubblico e di critica per la sua narrativa d’ambientazione
sarda senza rammentare di passata un precursore, Salvatore Farina, callido confezionatore a getto
continuo di best sellers che inondavano le appendici dei quotidiani di tutta Italia a fine ‘800.
All’incrocio tra il Verismo e il particolarissimo Decadentismo che in Italia ha come pietra di
paragone D’Annunzio, l’opera della Deledda sembra quasi un risultato necessario, ancorché fragile,
provvisorio e mai pienamente assestato. Il suo itinerario, del resto, rimane sempre assai personale,
senza scosse, senza forti mutazioni di rotta e bruschi aggiornamenti, anche dopo il trasferimento,
nel 1900, a Roma, dove risiede per il resto della sua vita.
razia Deledda nasce a Nuoro il 27
settembre 1871. Il padre, benestante,
dopo la scuola elementare — unica
Schematicamente, le sue opere, già dagli esordi,
istruzione formale ricevuta dalla scrittrice
mirano alla pittura di caratteri, come traspare fin dai
— assume un istruttore per guidare la
titoli (Anime oneste, 1895, La via del male, 1896).
ragazza nello studio dell’italiano e del
Le maggiori, poi, fra le quali ricordiamo Elias
francese. Proprio a causa della breve
Portolu, 1900, Cenere (1904), Il segreto di un
educazione regolare e della giovanile
uomo solitario (1914), Canne al vento (1913),
propensione per la letteratura d’appendice
Marianna Sirca (1915), possono leggersi come lo
(Sue, Dumas, Invernizio), durante tutta la
sviluppo e la discussione di casi di coscienza,
precoce e fortunata carriera, Grazia
nell’alveo di un cattolicesimo terragno, confinante
Deledda ebbe non pochi detrattori, che la
con una dimensione tutta prelogica. Seppur debitrici
giudicarono rozza e illetterata. L'unica
al sopravvenuto influsso dei romanzieri russi, sono
eccezione di rilievo fu Luigi Capuana.
opere da annoverarsi fra i molti tentativi,
Anche l’attribuzione nel 1926 del Nobel
imperfettamente riusciti e rimasti senza seguito, di
per la letteratura, non contribuì a
creare una moderna via italiana del romanzo.
dissolvere i dubbi e l’ostilità di una parte
della critica, che ancora oggi continua a
Altre opere si succederanno, con una crescente
relegarla in una posizione di secondo
intenzione autobiografica e introspettiva, e sempre
piano tra gli scrittori del primo novecento
con fortuna di pubblico, fino alla scomparsa
italiano.
dell’autrice, avvenuta a Roma nel 1936. Lascerà
un’opera incompiuta: Cosima, che i curatori
Inizia a scrivere giovanissima, pubblica la
pubblicheranno col significativo sottotitolo di Quasi
sua prima novella a quindici anni e, dopo
Grazia.
poco, collabora con l’allora famosa rivista
femminile «Ultima moda». Le sue
Il realismo della Deledda assorbe e in certa misura
ambizioni letterarie vengono duramente
metabolizza anche ciò che contraddice al realismo.
ostacolate in famiglia e criticate dalla
Sogno, magia, religione pesano sugli eventi quanto
retriva società nuorese. Ma Grazia non si
e più delle cause sociali ed economiche.
scoraggia: invia anche in Continente le
Parallelamente, la ricerca di un bello scrivere
sue novelle a puntate, abbandona a poco
mediano, affine a un livello discorsivo colto ma non
a poco lo stile approssimativo e dialettale,
dimentico d’un qualche classicismo, fa sì che la
approfondisce lo studio dei caratteri dei
pagina deleddiana, anche quella più nuda, appaia
suoi personaggi e soprattutto inizia a
stipata di apporti, denunciando una sorta d’horror
connotarsi come acutissima osservatrice
vacui, di perenne inglobazione d’elementi.
della natura che la circonda e dei costumi
della Barbagia e di tutta la Sardegna. Il
Per altro, la renitenza tutta italiana a riflettere
suo stile comincia a personalizzarsi e, pur
sull’artificialità del genere romanzesco (genere
riconducibile talvolta al verismo
d’importazione, non si dimentichi), l’assenza di una
ottocentesco, si connota sempre di più
tradizione matura che renda possibili le astuzie di
per il marcato regionalismo.
Conrad e di James, ammette sviluppi solo in una
direzione in cui l’artificio è del genere più
Il suo primo romanzo Fior di Sardegna
immediatamente consentano alla cultura locale,
esce nel 1892, seguito da Anime oneste
quello che attinge da una parte al novellare
del 1895.
d’ascendenza orale, dall’altra al melodramma. È fra
queste linee di demarcazione che va individuata la
Nel 1900 sposa Palmiro Madesani,
cifra essenziale dell’opera deleddiana. Non
funzionario ministeriale, e si stabilisce a
meravigli dunque che una narrativa fondata su
Roma dove rimarrà fino alla morte,
questi materiali di recupero abbia potuto suscitare
trasferendosi, di tanto in tanto per
l’ammirazione di un D. H. Lawrence, né che la
trascorrere le vacanze, a Cervia, la
Deledda sia stata ampiamente tradotta e abbia
cittadina sull’Adriatico a lei così cara e alla
conseguito il premio Nobel nel 1926. Ritirato, come
quale dedicherà pagine vibranti d’affetto e
nostalgia.

A Roma vedono la luce, tra le altre, le


opere: Elias Portolu, il suo capolavoro,
Cenere, L’edera, Canne al vento,
suggestivamente racconta Maria Giacobbe sulla scorta della stampa svedese d’epoca, senza l’ombra
d’un sorriso.

OPERE PRINCIPALI

Fior di Sardegna (1892)


Racconti sardi (1895), Marco Valerio, 2001
Anime oneste (1895)
Elias Portulo (1903), a cura di Spinazzola, Mondadori, Oscar narrativa, 1998
Cenere (1904), Mondadori, Oscar narrativa, 1999
L’edera (1912), Mondadori, Oscar narrativa, 1999
Canne al vento (1913), Marco Valerio, 2001
Marianna Sirca (1915), Mondadori, Oscar narrativa, 1999
La madre (1920), Mondadori, Oscar narrativa, 1999
Cosima (1937), Mondadori, Oscar narrativa, 1998

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