Sei sulla pagina 1di 12

CONSERVATORIO DI MUSICA “TITO SCHIPA”

Istituto Superiore di Alta Cultura


Lecce
Settore artistico: Poesia per musica e drammaturgia musicale
Campo disciplinare: Forme della poesia per musica
CFA: 4 | tipologia di insegnamento: LG | tipo di valutazione: E

L’intermezzo
« La Serva Padrona »

Analisi del Duetto


“Lo conosco”

Frontespizio di libretto d'epoca de La serva padrona

Prof.ssa Elsa Martinelli Candidata: Proto Natalia

1
DATI ANAGRAFICI:

Cognome e Nome: Proto Natalia


Data e luogo di nascita: 27/12/1994, Massafra (Ta)
Matricola: 4244
Iscritta al corso di Canto -Triennio-

2
Indice:

1. I primordi dell’Opera buffa. L’intermezzo …………………………………………4

2. Il duetto “Lo conosco”………………………………………………………………5

3. Piano formale nell’Opera nel Seicento e nel Settecento…………………………….6

4. Scheda……………………………………………………………………………… 7

5. Analisi metrico-retorica del brano…………………………………………………..8

6. Commento conclusivo…………...………………………………………………….10

7. Bibliografia e sitografia……………………………………………………...……..10
8.

3
1. I primordi dell’ Opera buffa. L’Intermezzo.
La “Serva padrona” di Giovan Battista Pergolesi- su libretto di Gennarantonio Federico- venne
rappresentata per la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli nel 1733 nel giorno in cui ricorreva il
compleanno di Elisabetta Cristina imperatrice d’Austria. In realtà l’opera nacque come INTERMEZZO tra
gli atti del dramma per musica Il prigionier superbo di Pergolesi stesso.

Con intermezzo si intende un genere di teatro musicale comico con scopo d’intrattenimento che affonda le
sue radici nel primo Settecento prima a Venezia, poi a Napoli. È generalmente, come nel nostro caso, in due
parti e si basa sulle vicende frivole di due personaggi: soprano e basso. L’organico è composto da una
piccola orchestra d’archi e, naturalmente, il clavicembalo. Il recitativo è sempre secco, e le arie (con struttura
semplice) ora evocano lo spirito popolare, ora sono caratterizzate da una vocalità farsesca e caricaturale.

Il successo di questo Intermezzo, che vede protagonisti l’intraprendente ma capricciosa serva Serpina e le
sue mire amorose nei confronti del ricco e attempato padrone Uberto, scaturì la nascita di una vera e propria
Opera buffa (già avviata in un filone autonomo). Essa a differenza dell’opera seria, offre uno spaccato
comico della vita quotidiana. L’origine di tanta fama risale all’1 agosto 1752, quando, a Parigi, la compagnia
di commedianti di Eustachio Bambini mise in scena l’intermezzo. La rappresentazione avvenne in un
contesto di subbuglio in cui i philosophes illuministi, stavano mettendo in discussione i valori nazionali e
quelli musicali, tanto che venne scatenata una forte polemica. Le fazioni della cosiddetta “Querelle des
bouffons”, sostenevano da un lato la tradizione musicale francese della tragédie lyrique da Lully a Rameau,
dall’altro il canto puro degli italiani, di cui La serva padrona era apparsa come la rivelazione folgorante.
Tutti questi “rumores” provenienti da Parigi uniti alle leggende che ruotavano attorno alla precoce morte di
Pergolesi, a ventisei anni, provocarono una forte risonanza nel panorama europeo.

Tuttora “Giovanni Battista Pergolesi continua ad appassionare e divertire con le sue creazioni. Le sue
musiche non testimoniano solo una personalità creativa estremamente raffinata e complessa, ma ci
restituiscono, un'epoca e una società osservata e interpretata da tutti i punti di vista: la gestualità plebea e lo
sberleffo del saltimbanco ma anche la tenera sentimentalità borghese della commedia musicale; lo sfarzo e
l'aristocratica malinconia del dramma per musica tardo-barocco e metastasiano; la scatenata vitalità e la
sottile schermaglia psicologica, nonché l'arguzia e la vis comica dei personaggi degli intermezzi. L'incontro e
la fusione dei brani del geniale intermezzo "La Serva Padrona" con la lingua napoletana, che vede i recitativi
dell'intermezzo più famoso, chiacchierato, applaudito e rappresentato trasposti in lingua vernacolare, nasce
quindi nel modo più naturale e spontaneo, perché è proprio la scrittura musicale pergolesiana a prescindere
dalle parole dell'altrettanto mirabile libretto di G. A. Federico, che riprende ed è totalmente intrisa della
musicalità dell'idioma partenopeo”. (Patturelli. La Serva Padrona)

4
2. Il duetto “Lo conosco”
Poiché lo scopo di questo elaborato è quello di analizzare i livelli poetico e musicale di una parte cantata de
“La Serva Padrona”, che ribadiamo, nasce come intermezzo ma dà vita ad un nuovo filone prettamente
operistico, è necessario dapprima valutarne la schema in cui si regge.

“Lo conosco” è il Duetto in tempo Allegro in Sol Maggiore che narra il battibecco tra Serpina e Uberto. Tra i
due nasce uno scontro giocoso poiché la serva sta tentando di convincere il padrone a sposarla, fatto di botta
e risposta che sfocia spesso nella STICOMITìA, caratteristica frequente del duetto del Sei-Settecento. Il
duetto del periodo storico suddetto è “un pezzo di musica” che non ha il virtuosismo dell’aria ma è
sicuramente più arioso del recitativo ed è cantato dall’inizio alla fine da entrambi i personaggi in
contemporanea. Tanto è vero che il Duetto o Terzetto venivano definiti “Aria a 2” o a 3. In linea di principio
infatti seguono la forma dell’aria. Tuttavia, la presenza di uno o più personaggi supplementari comporta
alcuni adeguamenti necessari.
Dal punto di vista drammatico, l’aria assume tratti dialogici nella solita forma. Dal munto di vista musicale,
ciascuno dei personaggi deve avere la sua porzione di melodia uguali o distinte ma più frequentemente, è il
raddoppio della linea melodica.

Ricordiamo la solita forma, essere un modello macroformale formato da tre o quattro sezioni:
-tempo d’attacco;
-adagio
-tempo di mezzo
-cabaletta o stretta

Esempi di Sticomitìa:

“La traviata” G. Verdi


Dialogo tra Violetta e gli invitati, Atto I, Scena I

5
“Fedora” U. Giordano
Dialogo tra Borov, Fedora e Lorek, Atto I

3. Piano formale dell’ Opera nel Seicento e nel Settecento


Per dare forma alle forme citate (si scusi la tautologia) “aria”, “solita forma” analizziamo brevemente
l’impianto formale dell’Opera nel Seicento e nel Settecento. In questo lasso di tempo lo spettacolo operistico
si scinde in due filoni: quello serio e quello comico.
Ci soffermeremo maggiormente su quello comico per ovvi motivi di aderenza al tema di analisi.

L’opera italiana in questo secolo si incentra sul binomio recitativo-aria:

-Il recitativo sillabico, a ritmo libero e irregolare, deficitario di uno schema fisso, costituisce la struttura
portante delle prime favole pastorali e dei drammi per musica poiché ad esso sono riservati la maggior parte
dei dialoghi e dei monologhi. Le sezioni più lunghe poi, possono divenire cavate ovvero passaggi destinati
ad un canto meno declamatorio del recitativo ma più pregnante dal punto di vista melodico soprattutto nei
punti di espressione più patetici (nell’ambito dell’ opera seria).

-L’aria invece è riservata a prologhi, cori, preghiere. Si caratterizza, sul piano della versificazione per la sua
irregolarità. Si possono incontrare isometria e polimetria. Anche la linea melodica è segmentata, per cui tra
recitativo e aria non si notano dislivelli stilistici che saranno evidenti nell’epoca successiva.

Le cose cominciano a cambiare nella seconda metà del Seicento quando le arie aumentano di numero e di
peso drammatico. Nascono le arie con il cosiddetto “intercalare” o “refrain” caratterizzate dalla ripresa della
fase di avvio. (Schema ABA).
Es. Giulio Cesare in Egitto (Bussani-Sartorio)

 Giulio Cesare:

Su trombe guerriere.   A
Tra bellici lampi
allaghino i campi B
diluvi di schiere.
Su trombe guerriere. A

La netta separazione tra recitativo e aria raggiunge il suo culmine alla fine del Settecento. Il recitativo,
sempre modellato sulla struttura verbale, assume un taglio più semplificato con minore varietà ritmica e
melodica tanto che diviene secco sostenuto solo dal cembalo, o accompagnato in cui interviene l’intera
orchestra. Anche l’aria assume maggiore regolarità metrica, (prevalgono con Metastasio le arie con due
strofe isometriche) e dimensioni sempre più ampie, con l’aria “col da capo” (ABA o AABAA) inframezzata
da ritornelli strumentali. Si afferma inoltre una struttura omofonica che evidenzia la linea vocale e
ridimensiona l’accompagnamento orchestrale a mero sostegno armonico.
In generale, il recitativo realizza l’azione e il dialogo a cui si contrappone l’aria che dà vita all’introspezione
e al dialogo interiore.

6
Nell’opera comica resta la distinzione tra recitativo e aria, ma quest’ultima non funziona come momento
lirico-riflessivo ma si inserisce direttamente nel flusso dell’azione. Essa è la prosecuzione naturale del vivace
scambio dialogico svolto nel recitativo precedente. In questo caso, a differenza dell’aria seria non avremo un
canto melismatico ma sillabico, ricco di bruschi contrasti per rendere la concitazione del discorso.
Ancora nell’ambito del teatro comico, nelle sue diverse declinazioni (intermezzo, commedia per musica) in
dialetto o in lingua, dramma giocoso ecc., vengono ad affiancarsi in versi misurati i pezzi d’insieme, in
particolare duetti e concertati a più voci. A partire dalla metà del Settecento, soprattutto nei drammi giocosi
di Goldoni, assumono maggior rilievo i finali d’atto.
Si tende pertanto, nell’ambito dell’opera comica a una progressiva “drammatizzazione” delle forme musicali;
si tende cioè a riempire la forma chiusa, non più solo di azioni ma anche di sfera sentimentale, di dialogo e di
pathos. Questa è una delle grandi conquiste dell’opera comica che finalmente vede superare la dicotomia
recitativo-aria. Il passaggio nell’opera seria avverrà alla fine del Settecento quando, recuperando più vigore
anche nei recitativi, l’orchestra si affranca dal ruolo di semplice accompagnamento.

4. Scheda

7
8
5. Analisi poetico-musicale del brano

Il duetto si compone di tre quartine e di una serie di distici in cui si alternano ottonari piani e tronchi, a pochi
settenari piani e tronchi.
Il secondo verso dei distici secondo e terzo, procede attraverso un fenomeno a scaletta:
si spezza in due con un enjambement dialogico tra le battute di Serpina e Uberto, raggiungendo comunque
l’ottonario. (STICOMITìA)
Essendo ottonari, si notino i due ictus fissi su 3^ e 7^ sillaba. Es, v1: “quègli”, “occhiètti”.

Si verificano frequenti fenomeni di sineresi. Es, v.1: “conosco ^ a”, “quegli ^ occhietti”.
Si riscontra il fenomeno della dieresi al v.9: “graziosa”.
Elisione al v.12: “ve’ che brio”.

Sono evidenti alcune figure retoriche letterarie e musicali. Ne evidenzieremo dapprima alcune di quelle
letterarie che corrispondono inevitabilmente ad artifici musicali, volti alla resa dell’enfatizzazione del testo.
ACCUMULAZIONE: “furbi, ladri, malignetti” v.2. Si noti sullo spartito, che le sillabe di tutti gli aggettivi
sono scanditi da un intervallo di ottava. Sulla prima sillaba cade la nota più acuta, sulla seconda la stessa nota
all’ottava bassa. Il brusco salto ha come obiettivo quello di rendere il discorso concitato, diversamente da
quanto accadrebbe in un aria seria in cui su una sillaba si rendono tante note.
ANASTROFE: “troppo in alto voi volate” v.6.
LITOTE con interrogativa diretta: “non son bella e spiritosa” v10.
ANACOLUTO: “quanto va che me la fa” v.14.
IPERBOLE: “matta sei” v.17.
ALLITTERAZIONE e METAFORA: “imbroglio egli” v.20.

L’ictus che nella metrica classica era evidenziato da un’elevazione melodica della voce, acquista ora maggior
durata o maggiore intensità, evidente nei vv.3 e 4 in cui “no” e “sì” si ripetono nello spartito e nel canto
sottoforma di note dalla quantità non superiore a quella della minima.
Accade lo stesso procedimento nella seconda quartina in cui vi è una reiterazione di “troppo” in posizione
enfatica di verso e di strofa. Si ripete dunque nello spartito e nel canto.

È evidente come le acciaccature su “accennano” v.4, mirano a rendere il fenomeno visivo per cui gli occhi
con movimenti brevi e veloci accennano di sì. Si tratta di una “musica visiva” che, facendo un’ipotesi, può
richiamare i disegni dei madrigalismi del ‘500 di musicisti come Luca Marenzio e Carlo Gesualdo.
Si può altresì intravedere una PERSONIFICAZIONE degli occhi.

9
Al v. 9, “troppo in alto voi volate” di Uberto avviene una ANABASI. Al significato denotativo del verbo
volare corrisponde una volatina semplice e veloce.

Al v.9, ancora in posizione enfatica, troviamo la ripetizione di “Ma perché?” questa volta allungata
dall’appoggiatura che rende la domanda di Serpina, più lamentosa e civettuola.

Ai v.13 e 14, la linea melodica del botta e risposta tra Uberto e Serpina prosegue per scala cromatica
discendente analogamente a quanto avviene nel senso del testo, che culmina con i due La. Quello di Uberto
cade esattamente sulla parola tronca “fa”. C’è da rilevare dunque, che il significato oggettivo di calare unito
alla melodia che cala, può realizzare la figura musicale della CATABASI.

Tra i vv. 16 e 17, “Risolvete” di Serpina e “Eh! Vanne via!” di Uberto si poggiano su sezioni melodiche
simili. Si tratta di ANAFORE MUSICALI che eprimono “le passioni più veementi” (A. Kircher).

10
6. Commento conclusivo

Dal punto di vista tematico- lessicale, spiccano alcune parole come “furbi”, “ladri”, “leggiadria”, “spiritosa”
che evocano il topos dello scherno, del clima leggero e diametralmente opposto alle ambientazioni alte e ai
temi che un pubblico colto e borghese potrebbe aspettarsi.
Termini come “ingannate”, “matta”, “imbroglio” invece accendono l’area semantica del fare plebeo, basso.
Siamo agli antipodi rispetto al decantato amor cortese verso la donna del secolo precedente.
È tutto esplicitamente esternato senza il minimo margine di simbolicità, di corrispondenze. Una zona
d’ombra inesistente che non dà grosso spazio a quella gamma di senso e di significato utile ad una buona
entropia.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
GALLOTTA BRUNO, Manuale di poesia e musica, Milano, Rugginenti Editore, 2015.
LA VIA STEFANO, “Poesia per musica e Musica per poesia”, Roma, Carocci Editore, 2018.
MAULE ELITA; “Qualche idea per prepararsi ai concerti”, <https://it.scribd.com/>
STAFFIERI GLORIA, “Un teatro tutto cantato, Roma, Carocci Editore, 2012.
PATTURELLI CRISTINA. “La serva padrona. Giovan Battista Pergolesi restituito all’antica
lingua napolitana”, Edizione digitale scientifica Labrys, 2014

11
Scheda Duetto, Opera completa per canto e pianoforte “La serva padrona, Milano, Casa Ricordi,
2007

12

Potrebbero piacerti anche