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TECNOLOGIA DEI MATERIALI

MATERIALI
I materiali solidi vengono riclassificati per comodità in 3 classi: metallici, polimerici (plastici) o ceramici.
Questo schema è basato sulla composizione chimica e la struttura atomica di questi. Si possono poi introdurre
i materiali composti, i quali sono formati da due o più dei materiali già citti in modo d’aumentare le
caratteristiche e le proprietà di queste oppure per combinarle Esistono anche i materiali avanzati utilizzati
nelle applicazioni di alta tecnologia.

MATERIALI CRISTALLINI
I materiali possono essere classificati in base alla regolarità con cui gli atomi si dispongono nello spazio gli uni
rispetto all’atro. In un materiale cristallino gli atomi sono disposti in modo ripetitivo e periodico, con un
ordine che si mantiene su grandi distanze (atomiche); alcune delle proprietà del materiale dipendano dalla
struttura cristallina. L’ordine atomico presente nelle strutture cristalline deriva dallo schema ripetitivo con
cui si dispongono piccoli gruppi di atomi. Pertanto, risulta spesso conveniente descrivere le strutture
cristalline come la ripetizione della più piccola unità ordinata ripetitiva che viene chiamata cella unitaria.
Questa descrive il tipo di simmetria presente nel cristallo, dal momento che tutte le posizioni atomiche del
cristallo possono essere genate traslando la cella unitaria., lungo le direzioni individuate dai suoi spigoli, di
distanze che sono multipli interi delle rispettive dimensioni della cella stessa. Pertanto, la cella unitaria può
essere considerata l’unità strutturale di base per la costruzione del reticolo cristallino. (è la porzione più
piccola di atomi che descrive geometria). Nella maggior parte delle strutture cristalline le celle unitarie hanno
la forma geometrica di un parallelepipedo o di un prisma. La maggior parte delle strutture cristalline dei
metalli è caratterizzata dalla presenza di un gran numero di atomi e dall’elevato grado di densità di
compattazione di atomi adiacenti e non vi sono particolari restrizioni nel numero e nella posizione occupate
dagli atomi dovuto a che il legame è di tipo metallico ed ha una natura tipicamente a direzionale. Le strutture
dei metalli più comunemente impiegate sono:

CUBICA A FACCE CENTRATE: gli atomi sono disposti ai vertici del cubo e al centro di ciascuna faccia, (rame,
alluminio, argento, oro). Numero coordinazione: 12 (numero atomi adiacenti ad un altro atomo). FATTORE
DI COMPATTEZZZA ATOMICO= volume degli atomi in una cella unitaria/ volume totale dalla cella unitaria =
0,74 (è il massimo nel caso di sfere dello stesso diametro, i metalli presentano in genere elevati valori di
fattore del FCA, in maniera da poter massimizzare la schermatura della nuvola di elettroni liberi).

STRUTTURA CUBICA A CORPO CENTRATO: ha un atomo situato al centro e gli altri otto vertici del cubo
(cromo ferro, tungsteno). NC= 8. FCA= 0,68.
STRUTTURA CRISTALLINA ESAGONALE COMPATTA: non tutti i metalli presentano celle unitarie a simmetria
cubica; infatti, è comune trovare materiali con strutture cristalline a cella esagonale. Le facce superiore e
inferiore della cella unitaria sono entrambe costituite da sei atomi disposte a formare un esagono regolare
che circondano un atomo posto nel centro dell’esagono (magnesio, zinco, cadmio, titanio). Tra le due facce
vi è un piano intermedio nel quale sono situati altri tre atomi. NC=12, FCA: 0,74

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IMPERFEZIONI NEI SOLIDI


In un materiale completamente cristallino non esiste un ordine perfetto su scala atomica, dato che tutti
contengono un gran numero di difetti e imperfezioni. Per difetto cristallino si intende una irregolarità del
reticolo che abbia una o più delle sue dimensioni dell’ordine di un diametro atomico. La classificazione di
questi viene frequentemente fatta in base alla geometria o l’estensione dei difetti.

VACANZA (difetto puntuale)

È un sito reticolare vacante in cui manca un atomo che generalmente lo occupa, creando una zona di trazione
all’interno del reticolo

AUTOINTERSTIZIALE

Un’ atomo del cristallo che si trova stipato in un sito interstiziale, un piccolo spazio vuoto che normalmente
non è occupato. Produce una distorsione nel reticolo circostante, in quanto l’atomo è significamenti più
grande dello spazio in cui si viene a trovare (zona compressione).
ATOMI DI IMPUREZZA

Gli atomi di impurezza possono essere visti come difetti di punto; possono essere atomi di impurezza
sostituzionale oppure interstiziale se l’atomo ha dimensioni più piccole

DISLOCAZIONE (difetti di piano, di linea)

È un difetto di lineare o monodimensionale intorno a cui gli atomi non sono posizionati correttamente
rispetto alle posizioni che dovrebbero avere nel reticolo perfetto. Una porzione di un piano aggiuntivo di
atomi o semipiano i cui spigoli terminano all’interno del cristallo. Questa dislocazione viene definita
dislocazione a spigolo: si tratta di un difetto lineare centrato intorno alla linea che viene definita
dall’estremità del semipiano aggiuntivo di atomi. Questa linea è denominata linea di dislocazione è
perpendicolare al piano del foglio. Gli atomi che si trovano al di sopra della line di dislocazione sono compressi
fra loro e quelli al di sotto sono posti in trazione. Esiste un altro tipo di dislocazione, dislocazione a vita, che
può essere immaginata come ottenuto da uno sforzo di taglio che determina la distorsione rappresentata.

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DIFETTI DI SUPERFICIE

I difetti di superficie sono aree di contorno che hanno due dimensioni e normalmente separano regioni di
materiali che hanno differente struttura cristallina e/o differente orientazione cristallina.

Il bordo di grano è un difetto di superficie ed è la regione che separa piccoli grani o cristalli che hanno tra loro
una differente orientazione cristallografica nei materiali cristallini. Tra grani adiacenti sono possibili vari gradi
di disallineamento cristallografico. Quando questo disallineamento è limitato dell’ordine di pochi gradi si
parla di bordo di grano a basso angolo. (Dovuto a inserimento do piani, e può essere rappresentato come
varie dislocazioni). Altrimenti si parla di bordo di grano ad alto angolo.

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DIFFUSIONE

Numerose reazioni e processi, importanti per il trattamento di materiali, si basano sul trasferimento di massa
sia all’interno di un determinato solido sia da parte di un liquido, gas o un’altra fase solida. Questo è realizzato
mediante la diffusione, il fenomeno di trasporto di materiale per movimento di atomi. Il processo per cui gli
atomi di un metallo diffondono nell’altro è chiamato interdiffusione o diffusione di impurezze. La diffusione
si verifica anche nei materiali puri: auto diffusione. Su scala atomica la diffusione consiste semplicemente
nella migrazione di atomi da una posizione reticolare ad un’altra: un atomo può compiere tali movimenti solo
se si realizzano due condizioni: vi deve essere una posizione adiacente vuota e gli atomi devono avere
sufficiente energia per vincere i legami con gli atomi vicini e quindi provocare distorsioni reticolari durante
lo spostamento (tale energia è di tipo vibrazionale). Per questi movimenti atomici sono stati proposti
numerosi modelli differenti: per la diffusione nei metalli ne prevalgono 2:

DIFFUSIONE PER VACANZE: implica l’interscambio di un atomo da una posizione normale del reticolo a una
posizione vacante adiacente, o vacanza. Questo meccanismo è appunto chiamato diffusione per vacanze. Dal
momento che gli atomi e le vacanze che diffondono si scambiano la posizione alla diffusione degli atomi in
una direzione corrisponde il movimento di vacanze in direzione opposta. Con questo meccanismo si può
attuare sia l’auto diffusione che l’interdiffusione. DIFFUSIONE
INTERSTIZIALE: Il secondo tipo di diffusione è dovuto agli atomi che migrano da una posizione interstiziale ad
un’altra adiacente vuota. Questo meccanismo è tipico dell’interdiffusione di impurezze aventi le dimensioni
degli atomi più piccole per potere entrare nelle posizioni interstiziali. Questo fenomeno è chiamato diffusione
interstiziale. Nella maggior parte dei metalli la diffusione interstiziale è molto più rapida della diffusione per
vacanze in quanto gli atomi interstiziali sono più piccoli e quindi più mobili e dato che sono presenti più
posizioni interstiziali.

La diffusione è un processo che dipende dal tempo, spesso è necessario conoscere quanto veloce sia la
diffusione ovvia la rapidità con cui una determinata quantità di massa si trasferisce. Questa velocità è di solito
espressa dal flusso diffusivo J, definito come la massa M che diffonde, nell’unità di tempo attraverso una
sezione di un solido di area unitaria in modo perpendicolare alla superficie:

J = M/ At, dove A indica l’area attraverso cui si verifica la diffusione e t pè il tempo di diffusione impiegato,
U.M: g/(m2 x s) oppure atomi/(m2 x s)

La descrizione matematica della diffusione in condizioni di stato stazionario e in una singola direzione X, il
flusso è proporzionale al gradiente di concentrazione dC/dX (ha un andamento lineare, più inclinata è la retta
del gradiente di concentrazione maggiore è diffusione)

J = -D(dC/dX)

Questa equazione è talvolta indicata come prima legge di Flick. La costante di proporzionalità D è chiamata
coefficiente di diffusione ed è espressa in metri quadrati per secondo. Il segno negativo in questa espressione
indica che la diffusione va in senso contrario all’aumento del gradiente di concentrazione, e quindi da un’alta
concentrazione a una bassa concentrazione. La prima legge di Flick può essere applicata alla diffusione degli
atomi di un gas attraverso una lamina di metallo, in cui le concentrazioni delle specie che diffondono sono
mantenute costanti su entrambe le superfici. Il processo diffusivo può raggiungere una condizione in cui il
flusso diffusivo non cambia nel tempo, cioè la massa della specie che diffondendo entra nella lamina dal lato
in cui la pressione è maggiore eguaglia la massa uscente dal lato in cui la pressione è minore. Questo è un
esempio di ciò che è chiamato diffusione stazionaria. se si riporta i un diagramma la concentrazione c in
funzione della posizione X all’interno del solido, la curva ottenuta è detta profilo di concentrazione; inoltre,
il gradiente di concentrazione è la pendenza della curva in un particolare punto
Nella maggior parte dei casi la diffusione non è stazionaria, questo vuol dire che in un determinato punto
posto all’interno di un solido, il flusso di diffusione e il gradiente di concentrazione variano nel tempo. In
queste condizioni si utilizza l’equazione delle derivate parziali seguente

∂C/∂t = ∂/X (D(∂C/X))


Conosciuta come seconda legge di Flick, ed esprime come varia il flusso rispetto al tempo, espresso come
derivata parziali. Se il coefficiente di diffusione è indipendente dalla composizione

Il valore del coefficiente di diffusione D è indicativo della velocità con cui diffondono gli atomi. Dipende sia
dalle specie che diffondono sia dal materiale che lo ospita. Pura la temperatura ha una profonda influenza
sulla velocità e sul coefficiente di diffusione. la dipendenza della temperatura del coefficiente di diffusione è
data da: maggiore è la temperatura maggiore è D, e minore è l’energia di attivazione maggiore è D.

PROPRIETA’ MECCANICHE DEI METALLI

I materiali metallici durante il loro impiego sono soggetti a carichi e forze è importante conoscere quindi le
proprietà di questi in modo da poter progettare correttamente. Il comportamento meccanico di un materiale
è conseguenza alla risposta a uno sforzo applicato, e vengono determinate attraverso varie prove.

Sforzo e deformazione: il comportamento di una struttura può essere accertato mediante una prova sforzo-
deformazione, questi sono i test più comunemente condotti sui materiali a temperatura ambiente: il carico
applicato può essere di trazione, compressione o di taglio. Con queste prove vengono determinate varie
proprietà importanti ai fini della progettazione. La prova consiste nel deformare fino a rottura il provino
applicando lungo il suo asse principale un carico di trazione gradualmente crescente. I provini sono di forma
cilindrica (o con sezione rettangolare), la configurazione è a osso di cane per confinare la deformazione della
trazione nel tratto centrale del provino (tratto utile). Il diametro standard è di 12.8 mm mentre la lunghezza
del tratto a sezione ridotta costante deve essere almeno 4 volte il diametro del provino (60mm) le misure
dell’allungamento vengono utilizzate per il calcolo della duttilità. Vengono attaccate le estremità alla
macchina che allunga il provino a velocità costante e vengono misurati il carico istantaneamente applicato e
l’allungamento risultante. Come già detto è una prova distruttiva dato che il provino rotto. Le caratteristiche
carico deformazione dipendono dal provino, il carico e l’allungamento vengono normalizzati per ottenere i
parametri di sforzo e deformazione nominale. F è il carico istantaneamente applicato alla sezione del provino,
A è la dimensione della sezione iniziale del provino. La deformazione nominale è definita. È un numero
adimensionale ma spesso viene indicato come metro su metro o come valore percentuale

Prova di compressione: molto simile alla prova per trazione, il valore della carica è però negativo. Le prove
in cui il carico è di trazione sono più comuni essendo più semplici e danno più informazioni.

Prova di taglio: f è la forza applicata parallelamente alla faccia superiore ed inferire ognuna delle quali ha
una superficie A.

Deformazione elastica: il grado di deformazione dipende dell’entità di uno sforzo applicato, per i metalli
sottoposti a sforzi di trazione e a carichi relativamente bassi, lo sforzo e la deformazione sono proporzionali
secondo la legge di Hooke. E è la costante di proporzionalità ed è il modulo di Young o elastica. La
deformazione per la quale lo sforzo e la deformazione sono proporzionali è chiamata deformazione elastica.
Il grafico dello sforzo in funzione della deformazione risulta, lineare e la pendenza della retta corrisponde al
modulo elastico. E rappresenta la rigidità del materiale, vale a dire la resistenza che il materiale oppone alla
deformazione elastica. Maggiore è il modulo più rigido è il materiale e quindi minore è la deformazione
elastica che risulta dall’applicazione di un determinato carico. La deformazione elastica è una deformazione
non permanente, il che significa che una volta rimosso il carico applicato al materiale questo riacquista la sua
forma originaria. Quando il carico viene rilasciato la linea è ripercorsa a retroso fino all’origine. Per alcuni
materiali il tratto elastico non è lineare e si utilizzano i moduli tangenti e secanti. Il primo è dato dalla
pendenza della tangente alla curva sforzo deformazione ad uno specifico livello di sforzo mentre il secondo
è la pendenza di una retta secante passante per l’origine e per un punto definito della curva sforzo
deformazione. Il modulo elastico diminuisce a crescere della temperatura. Gli sforzi di deformazione e di
taglio sono tra loro proporzionali secondo l’espressione in cui g è il modulo di taglio, la pendenza della regione
elastica lineare della curva sforzo deformazione di taglio. Ci sono deformazioni laterali di compressione Ex,
Ey inoltre se lo sforzo è uniassiale ed il materiale isotropo sono uguali, il rapporto tra la deformazione assiale
e laterale è un parametro chiamato rapporto di Poison. Attraverso questo si può trovare un legame tra
modulo elastico e modulo di taglio.

Deformazione plastica

La deformazione rimane elastica fino a 0,005 al di sopra di questa soglia lo sforzo non segue più un
andamento proporzionale alla deformazione e compare una deformazione permanente non recuperabile,
tale deformazione è chiamata deformazione plastica. La transizione avviene in maniera piuttosto graduale,
appare una curvatura nel diagramma che cresce rapidamente crescendo lo sforzo, a livello atomico avviene
una rottura di legami tra atomi vicini. Le strutture vengono fatte per avere solo deformazione elastica, per
essere in grado di esplicare la funzione per cui sono state progettate. È necessario conoscere quindi il valore
dello sforzo oltre il quale inizia la deformazione plastica, ovvero quando si realizza il fenomeno dello
snervamento. Se è graduale il punto di snervamento può essere determinato come il punto oltra il quale la
curva sforzo deformazione non segue più un andamento lineare; questo punto è chiamato limite di
proporzionalità, indicata dal punto P. e difficile trovare pertanto si traccia una retta parallela al tratto elastico
passante per una fissata deformazione (000,2). Il limite di snervamento lo sforzo rispondente all'intersezione
di questa retta con la curva sforzo deformazione. Per altri metalli la transizione è ben definita ed avviene in
un tratto chiamato zona di snervamento. La deformazione plastica inizia in corrispondenza del limite di
snervamento superiore il procede con una apparente diminuzione dello sforzo, successivamente la
variazione varia fluttuando intorno un valore di sforzo medio, chiamato limite di snervamento inferiore; si
assume quali limiti l'isolamento lo sforzo medio associata al limite di serramento inferiore dal momento che
questo è un valore ben definito punto il limite di snervamento e la misura della resistenza da questo opposto
ad essere deformato plasticamente.

Resistenza a rottura a trazione: lo sforzo cresce fino a raggiungere un valore massimo m successivamente
decresce fino alla frattura, F. La resistenza a rottura attrazione e lo sforzo rappresentata dal punto di massimo
della curvatura sforzo deformazione. Questo valore corrisponde allo sforzo massimo che può essere
sostenuto da una struttura sollecitata a trazione, se questo sforzo viene raggiunto e mantenuto su ottenere
rottura del pezzo. Prima le deformazioni sono ripartite uniformemente poi si comincia a formare un piccolo
restringimento di sezione, dove vengono localizzate le deformazioni successive. Questo fenomeno si chiama
strizione a frattura per quanto riguarda i calcoli di progetto si utilizza il limite di snervamento, dal momento
che quando siamo nell'intorno della resistenza a rottura, il materiale ha già subito una deformazione plastica
così elevata da essere inutilizzabile.

Duttilità: rappresenta la misura della deformazione plastica che il metallo può subire fino a rottura. Se la
duttilità è scarsa il materiale considerato fragile. La duttilità può essere espressa sia come allungamento
percentuale che come riduzione percentuale della sezione. La conoscenza della dutilità di un materiale molto
importante: indica il grado alcuna struttura può deformarsi senza rompersi, il grado di formazione consentito
durante la fase di produzione dei componenti. I materiali comprensivi sono materiali che sono in grado di
sostenere deformazioni locali senza rompersi in caso di errore di calcolo. I materiali fragili sono quelli che
presentano prossimamente deformazione rottura inferiori al 5%. La duttilità varia in base alla temperatura e
l velocità con cui si applica il carico

Resilienza: la resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposta deformazione elastica


e poi di rilasciarla durante la fase di scarico. Per calcolare il modulo di residenza è necessario valutare l'area
sottesa dalla curva sforzo deformazione nominale fino al limite di un serramento. ( un materiale con una
buona resistenza deve avere sia un levato sigma di snervamento che un elevato modulo elastico, bisogna
quindi trovare un compromesso, i materiali con queste caratteristiche vengono utilizzati per fare le molle)

Tenacità: la tenacità può essere considerata come la proprietà che indica la resistenza frattura in presenza
d’intaglio oppure la capacità di un materiale di assorbire energia e di deformarsi plasticamente prima di
giungere a rottura.

Sforzo e deformazioni reali: la curva inizia a decrescere ma in realtà la resistenza è continuamente crescente,
ciò che varia è la sezione del provino, che diminuisce velocemente nella regione di strizione dove è
concentrata la deformazione. Ciò comporta riduzione nella metà del provino di sopportare uno sforzo, non
viene tenuto in considerazione della sezione. Lo sforzo reale è definito come il rapporto reale ed è finito come
rapporto tra la forza F la sezione istantanea sulla quale insiste la deformazione e pertanto gli sforzi
deformazione nominale sono legati da tale relazione. Questi valori sono validi fino all'inizio della strizione. Lo
sforzo realmente necessario per sostenere la continua crescita della deformazione sempre crescente anche
dopo aver passato m.

Recupero elastico dopo deformazione plastica: Quando il carico viene rilasciato durante una prova di
trazione, una frazione alla deformazione totale la deformazione elastica viene recuperata. Durante il ciclo di
scarico alla curva è una linea retta dal punto di scarico una pendenza virtualmente pari al modulo elastico
ovvero parallela al tratto iniziale lastre della curva. L'entità recuperata in fase di scarico risponde appunto all'
entità del recupero punto le condizioni di isolamento poi saranno raggiunte in corrispondenza dello sforzo al
quale era iniziata lo scarico.

Durezza: un'altra proprietà meccanica è la durezza che è la misura della resistenza offerta da un materiale
alla deformazione plastica appunto sono state date tecniche per la valutazione quantitativa della durezza le
quali prevedono l'impiego di un piccolo predatore il quale viene forzato a penetrare attraverso superficie del
materiale da analizzare. La profondità e la dimensione delle impronte risultante viene poi misurata e da
queste misure si risale a una valutazione. Non sono valori assoluti ma relativi: sono prove semplici e poco
costose di carattere non distruttivo, possono essere dedotte anche altre proprietà. Prova Rockwell, Brinnel,
Knopp e Vickers. Sia la resistenza a trazione che la durezza sono indicatori della resistenza del materiale e di
deformazione plastica. Per la maggior parte di materiali la resistenza a rottura e la HB possono essere
correlate. Nella prova brinnel come penetratore viene usata una sfera di 10mm e viene determinato un
determinato carico, il valore di durezza è dato da tale carico/area di resistenza (più corretta dal punto
teorico). Vickers: il penetratore è una piramide di diamante e la durezza viene misurata con lo stesso
approccio della prova precedente, anche se misurare queste impronte è complicato. La prova rockwell è
divisa in varie tipologie in base al tipo di penetratore e le sue dimensioni e da così varie scale, questa al
contrario delle altre due è più facile da misurare e la può essere incluso fatta dal materiale stesso.

Variabilità dei dati: le proprietà non sono mai quantità esatte e ci sta sempre una dispersione tra i dati
ottenuti dovuta al metodo di prova dell'operatore e difetti dei provini. Sono stati inventati vari metodi
statistiche per poter determinare al meglio le proprietà dei materiali. Una di queste è il valore medio che si
ottiene dividendo la somma dei valori di tutti i dati misurati per il numero delle misure. Un'altro modo la
deviazione standard maggiore valore della deviazione standard maggiore il grado di dispersione dei dati
analizzati.

Fattori di progetto e sicurezza: l'approccio progettuale deve tenere conto dell'eventualità di cedimento
proprio per questo è stato introdotto il coefficiente di sicurezza.

DEFORMAZIONE PLASTICA

La deformazione plastica permanente, corrisponde al movimento di un gran numero di atomi in risposta a


sollecitazione applicata. la resistenze a deformazione teorica dei vari materiali erano maggiori rispetto a
quelli misurati sperimentalmente questa discrepanza fu attribuita alle dislocazioni, difetti lineari. In una
dislocazione a spigolo il retiicolo viene deformato localmente all'estremità di un semipiano aggiuntivo di
atomi punto la deformazione plastica ha determinato un movimento di un gran numero di dislocazioni. una
dislocazione a spigolo si muove se si applica uno sforzo di taglio nella direzione perpendicolare al suo. Questo
processo viene successivamente ripetuto per gli altri piani in modo tale che il semi piano aggiuntivo
gradualmente si muove da sinistra verso destra per successive riproduca interruzioni di legami e scivolamenti
di una distanza interatomica dei semi piani superiori. alla fine semi piano aggiuntivo può emerge dalla
superficie formando un spigolo largo quanto una distanza interatomica. il processo che produce deformazioni
plastiche per moto dislocazione è chiamato scorrimento. il piano lungo il quale si sposta l'asse della
dislocazione è il piano di scorrimento. La deformazione plastica macroscopica è del tutto corrispondente la
deformazione permanente che risulta dal moto dislocazioni. Analoga al movimento di un bruco. tutti i metalli
e tutte le leghe contengono dislocazione si sono formate durante la solidificazione. Il numero dislocazioni o
densità dislocazioni di un materiale viene espresso come lunghezza totale dislocazioni unità di volume o come
numero di dislocazioni che intersecano un’area unitaria di una sezione qualsiasi. Le proprietà vengono
influenzate dalle caratteristiche delle dislocazioni. Quando i metalli vengono deformati si vengono a creare
zone in cui le posizioni degli atomi del reticolo subiscono deformazioni reticolari di compressione o trazione.
Gli atomi sopra adiacenti all’asse delle dislocazioni sono fra loro compressi si possono immaginare sottoposti
a una deformazione di compressione immediatamente sotto il semipiano l’effetto è esattamente l’opposto,
gli atomi del reticolo subiscono una deformazione di trazione. I campi di deformazione che circondano le
dislocazioni molto più viene possono interagire in modo tale che su ciascuna dislocazione si vengano a creare
sforzi dovuti all’interazione di tutte le dislocazioni vicine. I campi di deformazione e trazione giacciono per
entrambe sullo stesso lato del piano di scorrimento e si genera così una mutua forza repulsiva che tende a
separarle, d’altro canto due dislocazioni di segno opposto e con lo stesso piano di scorrimento saranno
attratte l’una dall’altra e si annulleranno al momento dell’incontro e i semipiani si troveranno allineati
formando un piano completo. Nel corso della deformazione plastica il numero delle dislocazioni cresce
continuamente, le dislocazioni stesse sono sorgenti di nuove dislocazioni , anche i bordi di grano possono
costituire sedi di formazione per le nuove dislocazioni nel corso della deformazione plastica.

Sistemi di scorrimento: le dislocazioni non si muovono con la stessa facilità in tutti i piani o in tutte le
direzioni. Normalmente esiste un piano preferenziale che viene chiamato piano di scorrimento, esso segue
la direzione del movimento che è chiamato direzione di scorrimento. Questo dipende dalla struttura
cristallina e agisce in modo tale che la distorsione atomica dovuta al moto di una dislocazione sia minima: il
piano di scorrimento è il piano che ha la più densa compattazione atomica e maggiore densità planare. La
direzione di scorrimento corrisponde alla direzione che è più affollata di atomi e che ha la maggiore densità
planare. Per una diversa struttura cristallina possono esistere diversi sistemi di scorrimento; il numero dei
sistemi di scorrimento indipendenti rappresenta le differenti possibili combinazioni di direzioni e di piani di
scorrimento.

Deformazione plastica nei materiali policristallini: la deformazione plastica e lo scorrimento sono più
complessi in un materiale policristallino, avendo i grani cristallografici diverse orientazioni casuali, le direzioni
di scorrimento variano da grano in grano, pertanto il movimento delle dislocazioni si verifica secondo il
sistema con orientazione più favorevole. In un materiale cristallino ad una intensa deformazione plastica
corrisponde un’intensa deformazione per scorrimento di ogni singolo grano. I grani tendono ad allungarsi
lungo le direzioni lungo cui si allunga il materiale. I materiali policristallini sono più resistenti e richiedono
sforzi maggiori, questo è dovuto alla costruzione geometrica che viene imposta sui grani durante la
deformazione, anche i grani adiacenti che non siano orientati favorevolmente non sono grado di scorrere
favorevolmente, questo richiede un livello di sforzo applicato maggiore.

Meccanismo di indurimento della resistenza dei metalli: normalmente la duttilità viene sacrificata a favore
di una maggiore resistenza, vi sono varie tecniche di indurimento: per capirli però è importante correlare il
movimento delle dislocazioni con il comportamento meccanico dei materiali metallici: la capacità di un
metallo di deformarsi plasticamente dipende dalla capacità di movimento delle dislocazioni, e tutte le
tecniche per aumentare la resistenza si basano su questa semplice principio; limitando o ostacolando il
movimento delle dislocazioni si rende un materiale più duro e resistente.

Aumento della resistenza per riduzione della dimensione di grano: il diametro medio del grano ha influenza
sulle proprietà meccaniche. Nel corso della deformazione plastica lo scorrimento o movimento di dislocazioni
devono procedere attraverso questo bordo e il grano si comporta come una barriera al movimento delle
dislocazioni: la dislocazione per passare da grano a grano deve cambiare direzione di movimento e diventa
più difficile con l’aumentare della diversità di orientazione e perché lo stato di disordine degli atomi in
corrispondenza del bordo del grano porta a una discontinuità nello scorrimenti dei piani passando da un
piano all’altro. Se i bordi di grano formano grandi angoli fra loro le dislocazioni potrebbero essere in grado di
non attraversare il bordo. In tal caso le dislocazioni tendono ad addensarsi ai bordi di grani. Questi
addensamenti inducono concentrazioni di sollecitazioni davanti ai loro piani di scorrimento e creando nuove
dislocazioni nei piani adiacenti. Un materiale a grana fine è il più duro e resistente di uno che ha una grana
grossa, in quanto il primo dispone di una maggiore superficie di bordo di grano per impedire il movimento
delle dislocazioni. L’equazione di hall-petch. Si può determinare la dimensione del grano agendo sulla velocità
di solidificazione della fase solida.

Aumento della resistenza per soluzione solida: alligare un materiale con atomi estranei alla struttura
cristallina in modo da formare soluzioni solide interstiziali o sostituzionali: questo meccanismo viene
chiamato resistenza per soluzione solida. Le leghe sono più forti dei metalli puri perché gli atomi di impurezza
che entrano in soluzione solida in genere inducano deformazioni reticolari sugli atomi circostanti. Ne risulta
un’interazione del campo di deformazione reticolare tra le dislocazioni e questi atomi di lega e viene di
conseguenza limitato il movimento delle dislocazioni, se l’atomo d’impurezza è più piccolo dell’atomo
ospitante si determinano deformazioni di trazione, al contrario deformazioni di compressione. Questi atomi
di soluto tendono a diffondere intorno alle dislocazioni in modo da ridurre l’energia di deformazione totale,
infatti un atomo più piccolo si dispone dove la sua deformazione di trazione può compensare parzialmente
la deformazione di compressione della dislocazione. La resistenza allo scorrimento è maggiore se sono
presenti atomi di impurezza poiché la deformazione complessiva del reticolo aumenta se viene eliminata (per
scorrimento di dislocazione)

Incrudimento: è il fenomeno per cui un metallo duttile diviene più duro e più resistente quando viene
deformato parzialmente è chiamato indurimento a lavorazione, oppure a lavorazione a freddo. Il grado di
deformazione plastica è espresso attraverso il grado di deformazione plastica come percentuale di
lavorazione a freddo piuttosto che come allungamento. Il prezzo dell’aumento di resistenza è una
diminuzione di duttilità. Il fenomeno di indurimento per deformazione viene spiegato in base alle interazioni
del campo di deformazione dislocazione-dislocazioni. La densità di dislocazioni in un metallo cresce con la
lavorazione a freddo, a causa della moltiplicazione della formazione di dislocazioni. La distanza media tra
dislocazioni quindi diminuisce, il risultato finale è che il movimento delle dislocazioni viene frenato da altre
dislocazioni, all’aumentare della densità di dislocazioni aumenta la resistenza al movimento di queste,
pertanto lo sforzo per deformare un metallo cresce all’aumentare della lavorazione a freddo. Gli effetti
possono poi essere rimossi attraverso la ricottura

Recovery, ricristallizzazione, e accrescimento del grano:

Recovery: parte dell’energia interna immagazzinata a causa della deformazione viene rilasciata in virtù del
movimento delle dislocazioni che si verifica per diffusione degli atomi ad alta temperatura; vengono sia
ridotte in numero sia ridistribuite secondo configurazioni a bassa energia di deformazione, e proprietà come
la conduttività elettrica e termica vengono ristabilite.

Ricristallizzazione: consiste nella formazione di una nuova configurazione di grani, non deformati ed
equiassiali, con bassa densità di dislocazione. I nuovi grani hanno origine da nuclei molto piccoli che crescono
fino a sostituire il materiale di origine con un processo di diffusione su breve distanza. Le proprietà
meccaniche vengono ripristinate. La ricristallizzazione è un processo la cui estensione dipende dal tempo e
dalla temperatura. Il comportamento alla ricristallizzazione di un metallo viene specificato in termini di
temperatura di ricristallizzazione. Durante la ricristallizzazione si ha il movimento del bordo grano dal
momento che si generano nuovi nuclei che si accrescano e formano nuovi grani.

Ingrossamento del grano: una volta completata la ricristallizzazione il metallo se viene lasciato a temperature
elevate avviene l’ingrossamento del grano. Questo si verifica per migrazione dei bordi di grano e i più grandi
crescano a spese di quelli più piccoli . la dimensione media dei grani aumenta. il movimento del bordo è
dovuto alla diffusione a breve distanza di atomi da un lato all’altro del bordo.

ROTTURA

La rottura di un materiale in campo ingegneristico è un evento indesiderabile e può essere causata dalla
scelta inappropriata del materiale, un errata progettazione, la produzione errata del materiale o un cattivo
componente.

Frattura di tipo semplice: consiste nella separazione di un corpo in uno o più elementi costituenti per effetto
di un carico statico. Il cedimento può essere anche dovuto alla fatica o al creep. Per i metalli sono possibili
due fratture: fragile o duttile, e la classificazione si basa sulla capacità del materiale di assorbire deformazione
plastica. I materiali duttili si possono deformare assorbendo energia prima della rottura. La rottura di tipo
fragile è caratterizzata da scarsa o nulla deformazione plastica ed è accompagnata da un basso assorbimento
di energia. Per effetto di una sollecitazione il processo di rottura avviene in due stadi: formazione e
propagazione della cricca e il modo di rottura è influenzato dalla propagazione della cricca.

La rottura duttile: vi è un’intensa deformazione plastica che si sviluppa nelle immediate vicinanze in cui la
cricca avanza, il processo di espansione è stabile e relativamente lento. Al contrario nella rottura fragile la
cricca si espande in modo rapido, la deformazione plastica è quasi inesistente. la cricca è instabile, infatti una
volta innescata la sua propagazione non c’è bisogno di un aumento del carico applicato ma continua
spontaneamente. Proprio per questa ragione la frattura duttile è migliore di quella fragile dato che permette
misure preventive mentre l’altra è improvvisa e catastrofica

Frattura duttile: subisce una strizione fino al punto di rottura, mostrando una riduzione della sezione del
99%. La rottura più comune è sempre preceduta da una strizione: si evolve in più stadi, inizia strizione, si
formano piccole cavità all’interno della sezione trasversale, i microvuoti si ampliano e si avvicinano fino a
coalescenza formando una cricca ellittica, la cui asse maggiore risulta perpendicolare alla direzione dello
sforzo. La cricca continua a crescere in direzione parallela all’asse maggiore in virtù di questo processo di
coalescenza dei microvuoti. Alla fine, si ha la rottura a causa della rapida propagazione della cricca lungo il
perimetro esterno della sezione ridotta per strizione: la rottura avviene per deformazione di taglio con un
angolo di circa 45° rispetto all’asse di trazione, angolo corrispondente al massimo sforzo di taglio. Una
frattura che presenta questo aspetto caratteristico superficiale viene chiamata frattura a coppa e cono. La
parte centrale appare di forma irregolare e fibrosa il che è indicativo di deformazione plastica.

Frattura fragile: non c’è apprezzabile deformazione plastica e avviene con una rapida propagazione della
cricca. La direzione del moto della cricca è molto vicino a quella perpendicolare alla direzione del carico di
trazione applicato e porta ad una superficie di rottura relativamente piana: una forma di V rovesciata che
punta verso il sito d’innesco, linee o creste che si irradiano a ventaglio dal punto di origine della cricca. Nei
materiali cristallini fragili la cricca si separa attraverso rotture successive e ripetute dei legami atomici, lungo
piani cristallografici ben definiti: clivaggio, la propagazione si dice transgranulare quando le cricche passano
attraverso i grani: in questo caso la superficie di rottura ha una superficie granulosa e sfaccettata, come
risultato del cambiamento di orientazione dei piani di clivaggio da grano a grano. In altre leghe invece la
propagazione avviene lungo i bordi di grano in questo caso la propagazione è intergranulare.

Principi di meccanica della frattura: studia le relazioni tra le proprietà dei materiali e i livelli di sforzo e in
presenza di difetti e il meccanismo di propagazione della cricca.

Concentrazione dello sforzo: i valori sperimentali della resistenza a frattura sono inferiori a quelli calcolati
teoricamente. Questa differenza è spiegata dalla presenza di microscopici difetti e cricche. L’intensità dello
sforzo parziale diminuisce allontanandosi dalla cricca. Per questa capacità le cricche vengono chiamate anche
intensificatori dello sforzo. Se si assume che la cricca sia simile ad un foro ellittico passante attraverso una
piastra e che sia orientata perpendicolarmente al carico applicato. L’effetto di intensificazione è più
significativo nei materiali fragili che in quelli duttili: per i metalli duttili la deformazione plastica si verifica
quando lo sforzo massimo supera il carico di snervamento. Ciò porta ad una più uniforme distribuzione dello
sforzo in prossimità dell’intensificatore e un fattore di concentrazione dello sforzo massimo minore di quello
teorico. Lo sforzo critico richiesto perché si abbia propagazione della cricca in un materiale fragile dipende
dalla dimensione della cricca.

Tenacità alla frattura: è possibile sviluppare un’espressione che metta in relazione lo sforzo critico per la
propagazione della cricca con la lunghezza della cricca, misurando le proprietà del materiale alla frattura
fragile quando è presente una cricca. Per provini relativamente sottili il valore dipende molto dallo spessore
se lo spessore è maggiore della dimensione della cricca Kc è indipendente dallo spessore. I materiali fragili
hanno bassi valori di Kc mentre per i materiali duttili questo valore è relativamente elevato. La meccanica a
frattura è utile per prevenire rotture catastrofiche nei materiali che mostrano una duttilità intermedia.
Dipende da vari fattori, la temperatura, velocità di applicazione del carico. Al momento della progettazione i
un componente oltra a scegliere lo sforo di progetto critico si possono fare varie prove non distruttive
(tecniche d indagine) che permettano di rilevare e misurare i difetti sia superficiali che interni, tali tecniche
vengono utilizzate per individuare cricche e altri componenti strutturali in servizio ce potrebbero portare ad
una rottura prematura, vengono anche utilizzate per il controllo di qualità nei processi di fabbricazione: non
distruggono il materiale e possono essere utilizzate in campo.

Valutazione tenacità alla rottura: il provino presenta un difetto creato appositamente, tipicamente acuto.
Viene effettuato il test e la sollecitazione a cui è sottomesso il provino viene applicata con una determinata
velocità di carico e viene misurato l’avanzamento della cricca con lo sforzo applicato.

Tecniche di valutazione dell’impatto

Per determinare le caratteristiche di frattura dei materiali ad alto velocità di applicazione del carico venivano
usate prove d’impatto. Furono messe a standardizzazione 2 prove: IZOD, CHARPY che vengono utilizzate per
valutare l’energia d’impatto. Il provino è formato da una barretta si sezione quadrata su cui viene ricavato
un intaglio a forma V. il carico viene applicato in forma d’impatto tramite un martello a pendolo che viene
lasciato cadere da una determinata altezza h. dopo il rilascio viene colpita la barretta in corrispondenza
dell’intaglio che funge da ‘intensificatore dello sforzo della sollecitazione da impatto ad alta velocità, ed il
pendolo arriva ad un H inferiore a quella di partenza. L’energia è la differenza tra queste due altezze ed è una
misura di energia di rottura per impatto. le prime prove sono di tipo quantitativo, dato che viene determinata
una proprietà specifica del materiale. Al contrario il risultato delle prove d’impatto è quantitativo e di scarso
ausilio ai fini della progettazione, posso però determinare se il materiale dimostra un tipo di rottura fragile o
duttile ad un determinato livello di temperatura. La transizione duttile fragile è legata alla temperatura. Al
diminuire della temperatura l’energia d’impatto è minore. È l’aspetto della superficie stesso può essere
utilizzato per determinare il tipo di rottura e quindi determinare la temperatura di transizione: se è duttile la
superficie è fibrosa e opaca mentre se è fragile sarà di tipo granulare. Per mole leghe la transizione duttile
fragile si copre entro un intervallo temperatura, per cui risulta difficile specificare un valore ben determinato
di temperatura di transizione fragile. La temperatura di transizione iene quindi determinata quando il 50%
della superficie di rottura ha una superficie fibrosa.

FATICA

È un tipo di cedimento che si verifica in strutture sottoposte a sforzi dinamici e fluttuanti e la rottura si
manifesta a livelli di sforzo considerevolmente inferiori ai carichi di rottura e snervamento: avviene dopo
lunghi periodi di sforzo ripetuti di deformazione ciclica. Queste rotture che sono solitamente il 90% sono
catastrofiche e insidiose dato che si manifestano senza alcun preavviso, e si ha scarsa o nulla deformazione
plastica associata alla rottura. Il processo avviene per innesco e propagazione di una cricca e la superficie di
frattura risulta normale alla direzione di uno sforzo di trazione applicato.

Sforzi ciclici: lo sforzo applicato può essere di tipo assiale di flessione e di torsione , ci sono tre modi di
fluttuazione sforzo-tempo: con un andamento sinusoidale e regolare nel tempo di ampiezza simmetrica
rispetto a un livello medio di sforzo pari a 0, alternate da uno sforzo massimo di trazione e uno minimo di
compressione di uguale ampiezza: ciclo a carico invertito.

Curve S-N: vengono fatte prove di laboratorio in cui il dispositivo di prova deve essere configurato in modo
da simulare le condizioni di sforzo in esercizio. Nella prova più comune il campione è sottoposto a flessione
e rotazione, si vengono a creare strati di distensione e compressione di eguali intensità sono applicati al
campione che viene ruotato simultaneamente. Il provino viene sottoposto ad uno sforzo ciclico con un
ampiezza di carico massimo relativamente grande (2/3 alla trazione statica) e viene contato il numero di cicli
a rottura: i risultato vengono riportati in grafico come logaritmo del numero di cicli a rottura N per ogni
provino in funzione al carico applicato ( sforzo massimo o ampiezza di sforzo): maggiore è lo sforzo più piccolo
è il numero di cicli che il materiale è in grado di sopportare prima della rottura: per alcuni materiali ( leghe
ferrose) le cure s-n diviene orizzontale, per alti valori di N vi è quindi un livello di sforzo limite detto limite a
fatica al di sotto del quale la rottura per fatica non avviene. Questo limite a fatica al di sotto del quale la
rottura a fatica non avviene. Questo limita a fatica rappresenta il valore più grande di sforzo fluttuante che
non causerà rottura per un numero sostanzialmente infinito di cicli: i limita a fatica varia tra il 35% e il 60%
della resistenza a trazione.

Resistenza a fatica: è il livello di sforzo a cui si ha rottura per un numero definito di cicli. Vita a fatica: il
numero dei cicli che provoca rottura a un determinato carico ed è ricavabile dal grafico S-N. esiste però una
dispersione considerabile dei dati di fatica che può portare a significative incertezze progettuali allora
vengono presi in considerazione la vita a fatica o il limite di fatica: vengono controllati i parametri di influenza
della prova e del materiale. Sono state sviluppate tanti metodi statistici per definire la vita a fatica e il limite
di fatica in termini di probabilità, vengono rappresentati i dati come curve a probabilità costanti. Il valore P
associato ad ogni curva rappresenta la probabilità di rottura. Il comportamento a fatica può essere
classificato in due domini: uno è associabile a carichi relativamente alti dove c’è anche deformazione plastica
ad ogni ciclo e la vita a fatica risulta relativamente breve: fatica a bassi cicli. Per livelli di sforzo interiori, le
deformazioni sono totalmente elastiche e si ha una frattura ad alti cicli. Innesco e propagazione della cricca:
il processo di rottura per fatica avviene secondo fasi distinte: innesco della cricca, in cui si forma una piccola
cricca in un punto dove si verifica una elevata concentrazione di sforzo, propagazione della cricca durante la
quale la cricca avanza ad ogni ciclo di carico, frattura finale che si verifica molto rapidamente una volta che
la cricca ha raggiunto le dimensioni critiche. Le cricche si innescano e si nucleano quasi sempre in
corrispondenza della superficie. Questi siti solitamente sono scalfitture superficiali, bruschi raccordi , sedi di
chiavette, filetti e denti. Il carico ciclico può produrre microscopiche continuità superficiali risultanti dallo
scorrimento le dislocazioni che possono agire da intensificatori di sforzo locale e perciò essere siti d’innesco
preferenziali per la cricca. La rottura a fatica genere 2 tipi di impronte, le linee di spiaggia e striature, queste
indicano la posizione dell’apice della cricca e appaiano come curve concentriche che si propagano dal sito
d’innesco. Le linee di spiaggia sono di dimensione macroscopica: lo stadio di propagazione della cricca subisce
ripetute interruzioni, ogni bando di linea di spiaggia rappresenta un periodo di tempo nel quale si ha crescita
della cricca.

Striature di fatica: rappresenta la linea di avanzamento del fronte della cricca durante un singolo ciclo di
carica. Durante la propagazione delle cricche di fatica su scala microscopica abbiamo una deformazione
plastica localizzata all’apice della cricca anche se il massimo sforzo al quale è sottoposto ogni ciclo è inferiore
al carico di snervamento del materiale. Lo sforzo applicato è amplificato all’apice della cricca e la geometria
delle striature (è confermata dalla deformazione plastica). La presenza di linee di spiaggia o striature
conferma che la causa è la fatica. Il comportamento a fatica è estremamente sensibile ad un certo numero
di variabili: questi fattori sono il livello di sforzo medio, la geometria, le finiture, le variabili metallurgiche e
l’ambiente.

Sforzo medio: all’aumentare del livello di sforzo medio se ha una diminuzione della vita a fatica

Effetti di superficie: massimo sforzo su superficie le cricche si originano su siti superficiali, in punti su cui si
verificano concentrazione di sforzi.

Fattori di progetto: ogni intaglio o discontinuità superficiale geometria (scanalatura, fori sedi di chiavette
etc.) può fungere da intensificatori da sforzi e da sito di innesco per le cricche. Più appuntita è la discontinuità,
l’eliminazione dei bruchi cambiamenti di sezione che danno origine ad angoli vivi, albero rotante, raccordi
arrotondati con un raggio di circonferenza grande.

Trattamenti superficiali: lucidatura, la vita fatica aumenta significativamente, introducendo tensione residua
di compressione in uno spessore sottile della superficie, annullare sforzo di trazione che agisce sulla superficie
esterna, ciò viene ottenuto attraverso la pallinatura. È un processo in cui piccole sfere vengono proiettate
sulla superficie da trattare. Compiono così ina deformazione plastica che induce sforzi di compressione.
Un'altra tecnica è la cementazione: aumenta durezza superficiale che vita a fatica degli acciai: è n processo
di carburazione e nitrazione, esporre i componenti ad elevata temperatura in un’atmosfera ricca di carbonio
e azoto, si ottiene così per effetto della diffusione degli atomi della fase gassose. L’aumento della proprietà
a fatica è dovuta all’aumento della durezza della parte superficiale.

SCORRIMETO A CALDO O CREEP: i materiali vengono spesso messi in servizio a temperature elevate e
sottoposti a sforzi meccanici di tipo statico (rotori di turbine). Le deformazioni per scorrimento a caldo o
creep: definito come deformazione permanente di un materiale sottoposto a un carico costante, lo
scorrimento a caldo è funzione del tempo ed è normalmente un fenomeno indesiderato: diviene rilevate per
temperature. Comportamento a creep: una prova consiste nel porre un provino a un carico o sforzo costante
ad una determinata temperatura e si misura la deformazione in funzione del tempo: al momento
dell’applicazione si verifica una deformazione istantanea, completamente elastica. Si possono individuare 3
regioni nella cura di scorrimento: creep primario o transitorio: ha luogo per primo ed è caratterizzato da una
velocità di scorrimento decrescente, la pendenza diminuisce con il tempo, il materiale sta aumentando la
resistenza al creep ovvero si incrudisce per deformazione: creep secopndario o stazionario: la velocità è
costante, la curva è lineare ed è lo stadio che ha duratura ,maggiore: avviene sia recovery che incrudimento.
Creep terziario: c’è un’accelerazione fino al cedimento finale: il cedimento è chiamato rottura ed è il risultato
di modificazioni strutturali, separazione dei bordi di grani, formazioni cricche e cavità: tutto ciò porta ad una
diminuzione dell’area trasversale effettiva e un incrudimento della velocità della deformazione. La prova
viene condotta in trazione uniassiale (le proprietà creep indipendenti dalla direzione di applicazione del
carico). Il parametro più importante è la pendenza del tratto secondario della curva di scorrimento che viene
spesso chiamata velocità minima o creep di stazionario: viene preso in considerazione per progetti a lungo
termine. Il parametro più importante è dato dal tempo di vita rottura, o tempo a rottura: devono essere
condotte fino al cedimento, tali prove sono definite i creep a rottura.

Temperatura: la deformazione istantanea al momento dell’applicazione dello sforzo è maggiore, la velocità


del creep stazionario aumenta e il tempo di vita a rottura diminuisce. I risultati appaiano rappresentati in un
diagramma logaritmico e si riporta lo sforzo in funzione del tempo. Molti dati non sono ottenibili da prove di
laboratorio, come ad esempio quando si considera l’esposizione al creep di lunga durata: vengono effettuati
quindi prove di creep a rottura a temperature maggiori. E poi i dati possono essere attraverso alcune
equazioni: larson miller, che mette in relazione il tempo di vita a rottura misurato con un livello di sforzo
misurato e con la temperatura. Le proprietà di scorrimento a caldo dei materiali dipendono da vari fattori: la
temperatura di fusione, il loro modulo elastico, la dimensione dei grani. I grani più piccoli consentono un
maggiore scorrimento al loro bordo quindi più elevate velocità di creep. Gli acciai inox e le superleghe sono
abbastanza resistenti. Viene aumentata la resistenza con alligazione, con formazione di soluzioni solide anche
per formazione di precipitati. Vengono anche utilizzate tecniche di produzione avanzate, quali la
solidificazione direzionale che porta ad una produzione di grano molto allungati che componenti in
monocristallo.

DIAGRAMMI DI FASE

Componenti: sono i materiali puri di cui sono composte le leghe, sistema: può essere riferito ad un corpo
specifico di un materiale in considerazione, oppure una serie di leghe possibili che hanno i medesimi
componenti ma senza specificare la composizione della lega.

Soluzione solida: è formata da atomi di due differenti tipi, il soluto è occupato nel reticolo cristallino del
solvente, assumendo posizioni interstiziali o sostituzionali, la struttura cristallina del solvente viene
mantenuta. Limite di solubilità: per molti sistemi di leghe o a una certa temperatura, esiste una
concentrazione massima di atomi di soluto che possono venire disciolti nel solvente per formare una
soluzione solida: limite di solubilità.

Fase: una porzione omogenea di un sistema che ha caratteristiche chimiche e fisiche uniformi. Se in un
determinato sistema è presente più di una fase ciascuna avrà proprietà ben definite ed esisterà una superficie
di separazione tra e due fasi. Un sistema monofasico viene detto omogeneo, se sono presenti più di 2 o più
di 2 fasi vengono definiti sistemi eterogenei o miscele. La microstruttura in una lega dipende da diversi
parametri, quali la presenza degli elementi della lega, la loro concentrazione e il loro trattamento termico.

Equilibri di fase: in senso macroscopico questo significa che le caratteristiche del sistema non cambiano con
il tempo ma si mantengono costanti per un tempo indefinito, ovvero il sistema è stabile.

Metastabile: uno stato di equilibrio non si è mai esattamente raggiunto.

Diagramma di fase: la struttura dipende da 3 parametri, composizione, temperatura, pressione. In un


sistema ad un componente la composizione è costante e le uniche variabili diventano la temperatura e
pressione (t in ascissa, p in ordinata). Il punto critico e il punto triplo sono dei punti importanti del diagramma
di fase.
Diagramma di fase binari: le composizioni dei vari elementi sono variabili, le leghe binarie infatti contengono
due composti, e i digrammi di fase di questi sono mappe che descrivano le relazioni tra le temperature, la
composizione e il numero delle fasi in equilibrio, che influenzano la microstruttura.

Sistemi binari isomorfi: rame-nichel, nell’ordinata viene indicata la temperatura, mentre in ascissa viene
indicata la composizione. Si possono vedere 3 diverse regioni di fase: alfa, un campo liquido e un campo a
due fasi. Il liquido L è una soluzione liquida omogenea di rame e nichel. La fase alfa è una soluzione solida
sostituzionale formata sia da atomi di rame che atomi di nichel. Il sistema viene detto isomorfo a causa della
complessiva solubilità dei due componenti sia allo stato liquido che allo stato solido.

Curva di liquido: separa L da L+alfa, curva dio solidus: separa l+alfa, da alfa. Le curve confluiscono ai due
estremi della composizione, che corrispondono alle temperature di fusione dei due elementi allo stato puro.
Interpretazione: fasi presenti: si localizza esattamente il punto temperatura-composizione sul diagramma e
si osservano il numero di fasi corrispondente al campo dio fase designato. Determinazione della
composizione delle fasi: la prima operazione che si deve effettuare per determinare la composizione delle
varie fasi è localizzare il punto temperatura-composizione nel diagramma di fase. Per una lega che a
temperatura e composizione si trova localizzata in una regione bifasica, la situazione è più complicata. In
tutte le regioni bifasiche si può immaginare una serie di linee orizzontali per ogni T, ciascuna di queste è
conosciuta come linea connodale e talvolta come isoterma. Queste linee connodali si sviluppano all’interno
della regione bifasica e terminano sulle curve di confine su entrambi i lati. Viene tracciata una linea connodale
attraverso la regione bifasica in corrispondenza della temperatura a cui si trova la lega, vengono annotate le
intersezioni della linea connodale con le linee di confine su entrambi i lati. Vengono poi tracciate le
perpendicolari a queste intersezioni dell’asse orizzontale ella composizione, su cui viene letta la
composizione relativa a ciascuna delle rispettive fasi. Determinazione delle quantità di fasi: sui diagrammi di
stato si possono anche calcolare le quantità relative delle fasi presenti all’equilibrio: se la composizione cade
entro una regione bifasica si deve utilizzare la linea connodale con una procedura che è determinata regola
della leva: alla temperatura a cui si trova la lega si traccia la linea connodale attraverso la regione bifasica, la
composizione globale della lega si trova nella linea connodale, la frazione con cui una fase è presente , viene
calcolata misurando la lunghezza del segmento di linea connodale che va dal punto di composizione globale
della curva della lega alla curva limite di fase dell’altra fase, e dividendo per la lunghezza totale della linea
connodale , la frazione dell’altra fase viene determinata in modo analogo, se si desidera conoscere la
percentuale in peso di fase, ciascuna frazione in peso viene moltiplicata per cento. Evoluzione della
microstruttura nelle leghe isomorfe: nel corso della solidificazione si evolve la microstruttura che compone
le leghe isomorfe. Il raffreddamento è molto lento, per cui viene costantemente assicurato l’equilibrio di fase.
Quando si raggiunge la curva del liquidus si forma il primo solido alfa e al proseguire del raffreddamento
cambiano sia le composizioni che le quantità relative delle fasi presenti. La composizione complessiva della
lega non cambia, anche se si verifica una ridistribuzione del rame e di nichel tra le fasi. Raggiunta la curva del
solidus il liquido rimasto finisce di solidificare.

Raffreddamento di non equilibrio: essendo la diffusione dipendente dal tempo ne consegue che per
mantenere l’equilibrio si deve dare tempo sufficiente per consentire ad ogni temperatura si riaggiusti la
composizione. Praticamente in tutte le situazioni di solidificazione reale la velocità di raffreddamento è
troppo rapida per consentire questi raggiustamenti della composizione e mantenere così l’equilibrio, di
conseguenza lo sviluppo della microstruttura è differente. Poiché la soluzione nella fase solida è lenta può
non aver cambiato la composizione in modo apprezzabile.

Segregazione: si stabiliscono gradienti di concentrazione attraverso i grani, il cento di ciascun grano è ricco
dell’elemento più alto fondente, mentre la concentrazione dell’elemento più basso fondente cresce
progressivamente allentandosi da questa posizione verso il bordo si grano. Le proprietà meccaniche vengono
influenzate dalla composizione mantenendo costati le variabili strutturali.
Sistemi binari eutettici: sono presenti 3 regioni monofasiche alfa, beta, liquido. La fase alfa è ricca in rame la
fase beta il soluto è il rame. La solubilità di queste fasi solide è limitata per cui ad ogni temperatura inferiore
alla retta BEG solo una quantità limitata di argento si scioglie nel rame e analogamente una limitata quantità
rame si discioglie nell’argento. La curva limite di solubilità del solido che separa le regioni di fase alfa e
alfa+beta viene chiamata curva di solvus, il confine Ab tra il campo alfa e alfa+L è la curva di adenius. La
temperatura a cui la lega viene completamente liquida diminuisce lungo la curva di liquidus. Quando la fase
liquida viene trasformata in due fasi solide si ha la reazione eutettica. Il segmento orizzontale del sol idus a
t,BEG viene chiamato isoterma eutettica. Le regioni monofasiche sono sempre separate da regioni bifasiche.
Evoluzione della microstruttura nelle leghe eutettiche: la lega rimane co prettamente liquida fino a quando
interseca la linea curva di liquidus, a cui si inizia formare la fase solida. La microstruttura del solido è formata
da lamine alternate, lamelle (struttura eutettica), in modo da consentire la necessaria diffusione degli atomi
di stagno e di piombo su distanze relativamente brevi. Alfa eutettica p quella che si trova nella struttura
eutettica ed è primaria quella che si è formata prima di raggiungere l’isoterma eutettica.

Microcostituente: un elemento della microstruttura che presenta aspetto ben caratteristico e identificabile.

Reazione eutettoide: la soluzione solida si trasforma in due altri fase solide secondo la reazione. Differisce
dall’eutettico perché è una fase solida anziché una liquida che si trasforma in altre due fasi liquida ed in un
latra solida.

SISTEMA FERRO CRABONIO

Il diagramma di fase ferro carbonio: il ferro puro per riscaldamento presenta prima di fondere due
modificazioni della struttura cristallina: a temperatura ambiente si trova la ferrite o ferro alfa, ha struttura
cristallina ccc e a 912 la ferrite subisce una trasformazione polimorfa in austenite o ferro sigma con una
struttura CFC. Dopo 1394 la struttura cristallina diventa cubica a corpo centrato oppure ferrite sigma, che
fonde a 1539. L’asse arriva solo al 6.70% in peso di C, a cui si forma il carburo di ferro o cementite. Il sistema
può essere diviso in due parti: una porzione ricca in ferro, tutti gli acciai e le ghise stanno in questa zona. Il
carbonio è un’impurezza interstiziale del ferro e forma soluzioni solide sia con l’austenite che con la ferrite.
Nella ferrite ccc è molto poco solubile 0,022%. Il limite di solubilità viene spiegato sulla base della forma e
della dimensione delle posizioni interstiziali delle posizioni interstiziali dl reticolo ccc. La solubilità massima
del carbonio nell’austenite è pari al 2,14% in peso e si ottiene a 1147C, gli interstizi ottaedrici del reticolo CC
sono più grandi degli interstizi tetraedrici del reticolo ccc. La cementite si forma quando si supera il limite di
solubità del carbonio nella ferrite alfa al di sotto d 727 C. è molto dura e fragile e la sua presenza nell’acciaio
aumenta notevolmente la resistenza. È una fase metastabile si mantiene come composto per un tempo
indefinito. La velocità di decomposizione è estremamente lenta. Eutettica a 4,30% di C ad alta temperatura
di 1147: il liquido che solidifica forma le fasi austenite e cementite. Eutettoide: 0,76% 727C la fase solida
gamma si trasforma in ferro alfa e cementite. Le leghe ferrose contengono ferro come componente principale
e possono contenere insieme al carbonio e altri elementi. Ferro, acciaio e ghisa: sotto 0,008% ferro, 2,14%
acciai, ghise: sono leghe ferrose contenenti tra il 2,14% e il 6,70% in peso di C. le leghe commerciali
contengono meno (4,5%).

Evoluzione della microstruttura: una lega di composizione eutettoide, formata solo da austenite co 0,76%
C,. nel corso del raffreddamento non si verificano variazioni fino a che non si raggiunge la temperatura
eutettoide, costituita da un’alternanza di lamine o lamelle delle due fasi che si formano simultaneamente nel
corso della trasformazione. questa microstruttura è chiamata perlite, si presentano in grani spesso
denominate colonie: all’interno di queste lamelle che sono orientate nella stessa direzione che varia da una
colonia all’altra. Gli stati sottili chiari sono formati solo da ferrite, cementite è più chiara. La perlite ha
proprietà intermedie tra la ferrite, tenera e duttile, e la cementite dura e fragile.

Leghe ipoeutetoidi: una composizione di C a sx dell’eutettoide, questa lega è denominata lega ipoutettoide.
Prima si vengono a sviluppare grani della fase gamma e alfa si forma lungo i bordi di grano della fase della
fase gamma. La fase gamma sotto l’utettoide si trasforma in perlite. La microstruttura al punto f si presenta
come quella rappresentata schematicamente. L ferrite che è presente nella perlite viene chiamata ferrite
eutettoide, mentre l’latra ferrite proeutettoide.

Leghe ipereutettoidi: cementite e perlite che si forma prima della reazione eutettoide. Raffreddamento di
non equilibrio. Influenza di altri elementi di lega: l’aggiunta di elementi porta a sostanziale modifica del
diagramma di fase binario ferro carburo di ferro. Un cambiamanto importante riguarda la traslazione della
posizione dell’eutettoide rispetto alla temperatura e concentrazione di carbonio. L’aggiunta di altri elementi
di lega altera non solo la temperatura della reazione dell’eutettoide, ma anche le relative frazioni di perlite.
L’alligazione serve a migliorare la resistenza in particolare alla corrosione e per massimizzare gli effetti dei
trattamenti termici.

VARIAZIONE DELLA MICROSTRUTTURA E DELLE PROPRIETA’ NELLE LEGHE FERRO-CARBONIO

Perlite: l’austenite ha concentrazione di carbonio intermedia e si trasforma in ferrite, cha ha un contenuto di


carbonio molto più basso ed in cementite che ha un tenore di carbonio molto più alto. La temperatura svolge
un ruolo chiave sulla velocità di trasformazione austenite-perlite. Sono state tracciate due curve continue:
una rappresenta il tempo richiesto, ad ogni temperatura per far partire la trasformazione, l’altra quella per
far concludere la trasformazione: si riporta la percentuale di trasformazione in funzione del logaritmo del
tempo. La temperatura dell’eutettoide viene indicata da una linea orizzontale a temperatura superiori
dell’eutettoide, per tutti i tempi esiste solo l’austenite: la trasformazione austenite perlite si verifica solo se
la lega viene sottoraffreddata al di sotto dell’eutettoide. La curva di inizio e fine trasformazione è all’incirca
parallela e tende asintoticamente all’isoterma eutettoide. A sx della curva si inizio trasformazione è presente
solo l’austenite mentre a dx della curva di fine trasformazione esiste solo la perlite. Lo spazio tra le due curve
rappresenta lo stadio in cui si sta trasformando in perlite. La velocità di trasformazione cresce con il diminuire
della temperatura. Questo diagramma è valido solo per la lega fe-c di composizione eutettoide, la
temperatura è mantenuta costante durante tutta la reazione. Diagrammi di trasformazione isoterma, TTT.
Normalmente la differenza di spessore tra le lamine de ferrite e cementite nella perlite sa 8:1. Lo spessore
assoluto della lamina, tuttavia, dipende dalla temperatura alla quale avviene la trasformazione isoterma. A
temperature appena inferiori all’eutettoide le lamine sono spesse, si ha perlite grossolana, la velocità di
diffusione sono reattivamente elevate per cui, durante la trasformazione illustrata gli atomi di carbonio
possono diffondere a distanze relativamente elevate e ne risulta la formazione di lamelle spesse.

Perlite fine: la struttura a lamine sottili ridotta in vicinanza di 540°, per le leghe di composizione diversa
insieme alla perlite coesiste una fase proeutettoide (ferrite o cementite), in tal caso nel diagramma di
trasformazione isotermica si devono inserire le curve corrispondenti alla trasformazione proeutettoide.

Bainite: microcostituente che proviene dall’austenite: la microstruttura è formata dalle fasi di ferrite e
cementite e perciò sono coinvolti nella sua formazione i processi di diffusione. in funzione della T alla quale
avviene la trasformazione la bainite può essere formata da aghi o placchette. La fase aghiforme che è
circondata da bainite è la martensite. Con la bainite non si ha formazione di fasi proeutettoidi. Questa si
verifica a temperature inferiori a quelle con cui si forma la perlite. Tutte e tre le curve sono a forma di C e
hanno un naso al punto N, dove la velocità di trasformazione è massima. Al di sotto del naso a temperature
comprese fra circa 215° e 540° il prodotto di trasformazione è la bainite. La trasformazione p e b sono
competitive tra loro, una volta che una lega si è trasformata in perlite o in bainite non è più possibile
trasformarla nell’altro microcostituente a meno che non si riscaldi nuovamente il materiale per formare
l’austenite.

Sferoidite: se un acciaio con microstruttura perlitica o bainitica viene riscaldato e mantenuto a una
temperatura inferiore all’eutettoide per un periodo di tempo sufficientemente lungo (200° 18-24 h) si forma
la sferoidite la fase Fe3C assume la forma di particelle sferiche che si trovano disposte in una matrice continua
di ferrite alfa. La forza motrice per far avvenire questa trasformazione è fornita dalla riduzione della superficie
di separazione tra le fasi di FeC3 e ferrite alfa.

Martensite: se le leghe ferro carbonio, una volta portate in fase austenitica, vengono raffreddate
rapidamente, si forma un’altro microcostituente una fase denominata martensite. Questa ha una struttura
monofasica di no equilibrio che risulta dalla trasformazione senza diffusione dell’austenite. Si verifica quando
la velocità di tempra è sufficientemente elevata da prevenire la diffusione del carboni. L’austenite CFC subisce
una trasformazione polimorfa a martensite tetragonale a corpo centrato. La cella unitaria di questa struttura
cristallina è praticamente un cubo a corpo centrato che è stato che è stato allungato ne tempo lungo una sua
dimensione, tutti gli atomi di carbonio presenti nell’’austenite rimangono nella martensite come impurezze
interstiziali. In genere però molti acciai, alla temperatura ambiente mantengono la struttura martensitica. La
trasformazione martensitica non prevede diffusione e si verifica istantaneamente: i grani di martensite
nucleano e si accrescano a velocità molto elevate entro la matrice austenitica. Ne consegue che la velocità di
trasformazione martensitica in pratica è indipendente dal tempo. i grani di martensite assumono un aspetto
aghiforme o a placchette. La trasformazione austenite martensite è rappresentata nel diagramma TTT.
L’inizio di questa trasformazione è rappresentato da un segmento orizzontale Mstart. La temperatura
corrispondente al segmento varia a seconda della composizione della lega ma deve essere relativamente
bassa. L’andamento orizzontale indica che la trasformazione martensitica è indipendente dal tempo è
funzione solo della temperatura a cui la lega viene temprata o raffreddata rapidamente. Una trasformazione
di questo tipo viene chiamata atermica. La presenza di altri elementi di lega diversi dal carbonio può produrre
sostanziali modifiche della posizione e della forma delle curve nei diagrammi di trasformazione isoterma: lo
spostamento a tempi più lunghi del naso del naso della trasformazione da austeite e perlite, la formazione di
un naso separato di bainite. Gli acciai in cui il carbonio è l’elemento di lega primaria sono denominati acciai
comuni al carbonio mentre gli acciai legati contengono quantità apprezabili di altri elementi.

Diagramma di trasformazione in raffreddamento continuo: i trattamenti isotermi sono poco pratici da


condurre in quanto si deve fare che una lega si raffreddi a temperatura costante. La maggior parte ei
trattamenti termici per gli accioi prevede, invece, il raffreddamento continuo fino a temperatura ambiente.
Per raffreddamento continuo le curve isoterme vengono traslate a tempi più lunghi e a temperature più
basse. Il grafico d’inizio e fine reazione così modificate viene chiamato diagramma di trasformazione in
raffreddamento continuo. La trasformazione inizia dopo un certo tempo, quando la curva di raffreddamento
interseca la curva di inizio reazione, e si conclude quando incrocia la curva di trasformazione completa. i
prodotti microstrutturali per le curve relative a velocità di raffreddamento moderatamente lento sono perlite
fine e grossolana. Normalmente una lega di composizione eutettoide o un acciaio comune al carbono che
venga raffreddato in modo continuo fino a temperatura ambiente non forma bainite. L’austenite si trasforma
in perlite prima che diventi possibile la trasformazione bainitica. Riguardo alla trasformazione martensitica
le curve M si troveranno alle identiche temperature sia per i diagrammi di trasformazione isoterma che per
questi. Nel raffreddamento continuo di un acciaio si definisce una velocità di tempra critica che rappresenta
la minima velocità di raffreddamento necessaria per ottenere una struttura completamente martensitica.
Con tale velocità di raffreddamento si sfiora appena il naso d’inizio trasformazione perlitica. La figura
evidenzia che per velocità di tempra maggiori di quella critica si forma solo martensite. Il carbonio e gli altri
elementi di lega spostano a tempi più lunghi i nasi della perlite e della bainite: la velocità critica di
raffreddamento diminuisce. Infatti, una delle regioni di alligazione è facilitare la formazione di martensite. La
presenza de naso di bainite indica la possibilità di formare bainite per trattamento termico e raffreddameto
continuo. Questi diagrammi consentono di prevedere la microstruttura che si può ottenere per trattamento
termico.

Comportamento meccanico delle leghe ferro carbonio: perlite: la cementite è molto più dura ma più fragile
della ferrite. Pertanto, al crescere della frazione di Fe3C aumentano la durezza e resistenza: dal momento
che la cementite è più fragile, al crescere del suo contenuto diminuisce sia la duttilità che la tenacità. Il
comportamento meccanico dipende dallo spessore delle lamine: la perlite fine è più dura e più resistente
della perlite grossolana: grande aderenza delle due fasi.

Sferoidite: tenera e duttile.

Bainite: più dura e più resistente della perlite grossolana ma non così duttile.

Martensite rivenuta: non dura come martensite normale ma molto più duttile. La martensite in stato
normale, infatti, e molto fragile e non può essere utilizzata in molte applicazioni e possono incluso esserci
tensioni interne. Il rinvenimento aumenta la duttilità e la tenacità della martensite e rimuove le tensioni
interne. Il rinvenimento è realizzato scaldando un acciaio martensitico a una temperatura inferiore
all’eutettoide per un determinato periodo di tempo. la trasformazione in martensite rinvenuta la martensite
monofasica soprassatura di carbonio si trasforma in fasi di ferrite stabile e cementite. La microstruttura è
formata da particelle di cementite estremamente piccole e disperse in una matrice di ferrite, dura e
resistente ma con duttilità e tenacità sostanzialmente accresciute: la fase dura di cementite va a rafforzare
la matrice di ferrite lungo l’interfaccia.

LEGHE METALLICHE

Le leghe metalliche vengono raggruppate in 2 classi in base alla loro composizione: leghe ferrose e leghe non
ferrose. Le prime hanno come costituente principale il ferro e in questa categoria sono compresi gli acciai e
le ghise. Le leghe ferrose: hanno il ferro come costituente primario, sono le più diffuse e importanti in ambito
ingegneristico: sono presenti in quantità abbondanti, si possono ottenere con processi economici, sono
estremamente versatili però sono sensibili a corrosione.

ACCIAI: sono leghe ferro carbonio. Le proprietà meccaniche dipendano dal contenuto di carbonio. Vengono
classificate in base alla concentrazione di carbonio: basso, medio e alto tenore di carbonio. Gli acciai comuni
al carbonio contengono oltre al carbonio e a un po’ di magnanese, tracce di impurezze. Negli acciai legati
sono presenti altri elementi di lega inseriti intenzionalmente. Acciaio a basso tenore di carbonio: 0,25% C,
sono insensibili a trattamenti termici che portano alla formazione di martensite, l’aumento della resistenza
viene ottenuta con la lavorazione a freddo. La microstruttura può essere formata da ferrite e perlite, tali
leghe sono tenere e poco resistenti ma duttili e tenaci e sono le meno costose da produrre: vengono utilizzate
per le carrozzerie delle automobili, semilavorati strutturali, lamiere per la tubazione per ponti, lattine e
bevande.

Acciai basso legati: contengono rame, vanadio, nichel, molbideno, (non superiore al 10%) e presentano
migliore resistenza, e resistono meglio a corrosione e possono essere rafforzati con trattamenti termici.

Acciai a medio tenore di carbonio (0,25%, 0,60%): le loro proprietà meccaniche possono venire migliorate
per trattamento termico di austenitizzazione, tempre e rinvenimento. Spesso utilizzate con microstruttura
martensite rinvenuta: hanno bassa temprabilità, perciò il trattamento termico, ha successo soltanto in caso
di sezioni molto sottili e con velocità di raffreddamento molto elevate. Se si aggiungono cromo, nichel e
molibdeno si migliora la sensibilità al trattamento termico. Ruote ferroviarie e per i binari, gli ingranaggi gli
alberi a gomito, e tutte le parti di macchina e componenti strutturali ad alta resistenza che richiedono anche
resistenza all’usura e tenacità.

Acciai ad alto tenore di carbonio (0,69%-1,40%): sono i più duri i più resistenti ma meno duttili, sempre
utilizzati nello stato indurito e rinvenuto e sono resistenti ad usura e in grado di mantenere l’affilatura.
Vengono inseriti cromo, vanadio, tunggeno e molibdeno che formano carburi duri e resistenti: questi acciai
sono utilizzati per utensili da taglio stampi per la formatura.

Acciai inox: sono resistenti a corrosione in molti ambienti, specialmente in quello atmosferico: il loro
elemento di lega principale è il cromo (11%). Si dividono in 3 classi sulla base della fase predominante nella
microstruttura: martensitica, ferritica e austenitica. Essendo resistenti a corrosione sono estremamente
versatili nell’applicazione. gli acciai inossidabili ferritici possono essere venire induriti e rafforzati mediante
lavorazione a freddo dato che non possono essere trattati termicamente. Gli acciai inossidabili martensitici
e ferritici sono magnetici. Gli impianti che utilizzano questo tipo di acciaio sono le turbine di gas i generatori
di vapore ad alta temperatura, i forni per trattamenti termici, gli aerei i missili e centrali nucleari.

Ghise: hanno un tenore di C maggiore del 2,14% anche se la maggior parte delle ghise commerciai ha un
tenore di carbonio di 3,0%-4,5%. Le ghise sono facili da fondere e da lavorare per fusione. La tendenza di
formare grafite dipende dalla composizione e dalla velocità di raffreddamento. La formazione di grafite è
promossa dalla presenza di silicio in concentrazioni maggiori dell’1% in peso. Per la maggior parte delle ghise
il carbonio è presente in grafite.

Ghisa grigia (2,5%-4,0%C, 1,0-3,0%s): la grafite si presenta sotto forma di fiochi circondati da matrice di
ferrite o perlite: a causa dei fiocchi la superficie di rottura assume un colore grigio. La ghisa grigia risulta
debole e fragile se sottoposta a trazione, dato che l’estremità dei fiocchi sono molto acuminate e sono punti
di concentrazione dello sforzo. Per azione di carichi di compressione la resistenza e la duttilità sono molto
più alte. Sono molto efficaci nello smorzamento delle vibrazioni. Con questi materiali vengono realizzati
basamenti di macchinari e apparecchiature pesanti soggetti a vibrazioni. Mostrano anche una elevata
resistenza all’usura, sono i meno costosi fra i materiali metallici variando la composizione e con trattamenti
si possono ottenere ghise con microstrutture diverse. Per esempio, riducendo il tenore di S e aumentando la
velocità di raffreddamento si può evitare che la cementite si dissoci completamente in grafite. In tal caso si
ottiene una microstruttura formata da fiocchi di grafite immersi in una matrice perlitica.

Ghisa duttile (nodulare): aggiungendo una piccola quantità di magnesio e cerio alle ghise grigie al momento
della colatura, la grafite si forma sotto forma di noduli o particelle sferoidali al posto dei fiocchi. La lega
risultante è la ghisa nodulare. La matrice che circonda tali particelle è costituita da perlite o ferrite a seconda
del trattamento termico. Queste leghe sono più resistenti e molto più duttili rispetto alle ghise grigie. La ghisa
duttile ha proprietà che si avvicinano a quelle degli acciai. Applicazioni tipiche di questi elementi la si trova
nelle valvole, gli alberi a gomito gli ingranaggi ad altri componenti di automobili.

Ghisa bianca e ghisa malleabile: nelle ghise a basso contenuto di silicio e ottenute con velocità di
raffreddamento elevate il carbonio maggiormente si presenta sotto forma di cementite. La superficie di
frattura ha una superficie ha un aspetto bianco e lucente. La presenza di cementite rende queste leghe fragili
e dure. Il loro utilizzo è limitato ad applicazioni che richiedono superfici molto dure e resistenti all’usura e
senza duttilità come, ad esempio, i rulli nei laminatori. Generalmente le ghise bianche sono intermedie nella
produzione di altre ghise: la ghisa malleabile. Riscaldando la ghisa bianca a temperatura comprese tra 800 e
900 per periodi di tempo prolungati in atmosfera neutra si ottiene la decomposizione di cementite in grafite
che si separa in rosette, entro una matrice di perlite o ferrite a seconda della velocità di raffreddamento.
Hanno resistenza relativamente alta e apprezzabile duttilità e malleabilità. Nelle bielle di ingranaggi del
cambio, scatole di differenziale delle automobili, raccordi per tubazioni e parti di valvole per dispositivi
ferroviari.

Ghisa vermicolare (grafite compatta): il carbonio è presente sotto forma di grafite, la cui formazione è
promossa dalla presenza di silicio. Il contenuto di silicio varia da 1,7-3,0% mentre quello del carbonio è
naturalmente compreso 3,1-4,0%. Da un punto di vista microstrutturale la grafite in queste ghise ha un
aspetto vermicolare. quello che si deve evitare in queste leghe è la formazione di grafite a spigoli vivi che
comporta una forte riduzione della resistenza a frattura e a fatica del materiale. A tale scopo vengono fatte
aggiunte di magnesio e cesio devono però esser controllati al fine di ottenere una microstruttura
caratterizzata da grafite sotto forma vermicolare e tempo stesso limitare la grafite nodulare o a fiocchi. La
matrice può essere perlitica e/o ferritica a seconda del trattamento termico. I valori di resistenza. I valori di
resistenza a rottura e di limite di snervamento sono confrontabili con quelle delle ghise duttili e grigie: hanno
però elevata conducibilità termica migliore resistenza allo shock termico e minore ossidazione alle
temperature elevate. Hanno trovato recentemente impiego in importanti applicazioni quali blocchi motori
diesel, collettori di scarico scatole del cambio freni a disco per treno ad alta velocità e volani.

LAVORAZIONE DEI METALLI

Operazioni di formatura sono quelle nelle quali la forma di un pezzo metallico viene deformata per
deformazione plastica. Naturalmente la deformazione deve essere indotta da una forza esterna la cui
intensità sia superiore del limite di snervamento del materiale. Se la deformazione plastica è effettuata a
temperature superiori di quella di ricristallizzazione il processo si definisce deformazione per lavorazione a
caldo al contrario, ovvero quando la temperatura è minore lavorazione a freddo. L’energia di deformazione
richiesta è minore nella deformazione a caldo, la maggior parte dei metalli però si ossida in superficie a tali
temperature per cui si ha una perdita di materiale e una scadente finitura finale della superfice. La
deformazione per lavorazione a freddo produce un incremento della resistenza con una corrispondente
diminuzione della duttilità visto che il materiale si incrudisce: i vantaggi rispetto alla deformazione a caldo
sono: una finitura superficiale di maggiore qualità migliore proprietà meccaniche con un amplio spettro i
valori e un più accurato controllo dimensionale del pezzo finito.

Forgiatura: il processo di lavorazione o deformazione meccanica di un singolo elemento attraverso ripetute


percussioni on pressione continua può essere a stampo chiuso o aperto: chiuso: il metallo è costretto a
modificarsi nel volume racchiuso dai due stampi, per lo stampo aperto sono impiegati due stampi semplici. I
forgiati hanno strutture dei grani ben definite e la migliore combinazione di proprietà meccaniche. Le chiavi
inglesi sono tipici prodotti formati con queste tecniche.

Laminazione: è il processo più utilizzato i prodotti attraverso 2 rulli che riducono lo spessore mediante sforzo
di compressione. Con rulli sagomati si possono ottenere forme circolari, travi a I e binari ferroviari.

Estrusione: la barra di metallo è costretta a passare attraverso l’orifizio di uno stampo mediante uno sforzo
di compressione applicata con un pistone. Il risultato è quello di una riduzione della sezione: barre e tubi con
sezioni trasversali anche complesse.

Trafilatura: attraversare un elemento metallico una filiera, tirandolo all’uscita mediante una forza di trazione.
Il risultato è una riduzione della sezione trasversale e un corrispondente aumento della lunghezza: barre, fili.

Fusione: il metallo allo stato completamente fuso viene colato entro uno stampo cavo della forma
desiderata; con la solidificazione assume forma dello stampo, anche se subisce un certo grado di ritiro: queste
tecniche vengono utilizzate quando la forma finale è grande e complicata, la lega ha duttilità bassa e perché
è un processo economico.

Fusione in sabbia: è il metodo più usato per ottenere getti e impiega stampi di sabbia comune. Ci sono dei
canali per il flusso del materiale. questo metodo viene usato per blocchi di motori delle auto , prese idranti e
grossi raccordi di tubazione. La stampa è costituita da 2 elementi ottenuta compattando la sabbia su un
modello che ha la forma dell’oggetto finale.

Pressofusione: consiste nel far fluire in uno stampo sotto pressione il metallo liquido a velocità relativamente
alta e lasciandolo solidificare mantenendo costante la pressione: blocco stampo: utilizzato per pezzi piccoli e
per leghe con bassa temperatura di fusione.

Fusione a cera persa: il modello è fatto in cera o in plastica avente bassa temperatura bassa a fusione. il
modello viene avvolto in un impasto fluido che indurisce, ne riproduce la forma e viene a costituire lo stampo
per la fusione. Nello stampo si viene a creare una cavità con la forma desiderata che è poi riempita con il
materiale fuso. Questa tecnica è impiegata ogni qualvolta sia richiesta una accuratezza dimensionale, la
riproduzione di precisi e sottili dettagli e un eccellente finitura: gioielleria odontotecnica.
Fusione a schiuma persa: il modello sacrificabile è formato da una schiuma e può essere realizzata con
poliestere. Intorno al modello viene quindi costruito di sabbia per realizzare lo stampo. Quando il modello
viene fuso, il modello in schiuma vaporizza e viene progressivamente sostituito dal metallo fuso. È più
semplice, rapido, economico e con meno rifiuti ambientali rispetto: usate soprattutto per le ghise e leghe di
alluminio per fare blocchi di motore per automobili, testate di cilindri alberi a gomito, blocchi motore marini
e telai di motori elettrici.

Colata continua: alla fine del processo di estrazione i metalli allo stato fuso vengono solidificati come lingotti
in grandi stampi di fusione. I lingotti vengono poi di norma sottoposti a una prima operazione di laminazione
a caldo. Il cui prodotto è un foglio piano o una lastra; queste forme costituiscono punti di partenza altre
operazioni secondarie di formatura. Il metallo raffinato e fuso viene prodotto direttamente in una barra; la
solidificazione avviene in uno stampo raffreddato ad acqua avente la geometria della sezione desiderata:
composizione chimica e propria. Meccaniche risultano uniformi ed è automatizzata ed efficiente.

Metallurgia delle polveri: prevede di compattare polvere fini del matallo e far seguire un trattamento di
riscaldamento a temperatura inferiori a quella di fusione per ottenere un pezzo sufficientemente denso: è
indicato per metalli aventi bassa duttilità dato che le particelle in polvere subiscono deformazione plastica
piccola ed utile per metalli con temperatura di fusione alta. Possono essere saldati i metalli: il legame di
unione è di tipo metallurgico esistono vari metodi: arco, gas, brasatura, saldobrasatura. Vengono saldati i
lembi degli elementi da congiungere e il materiale d’apporto a provocare la fusione: la successiva
solidificazione il materiale forma un giunto di fusione tra i due pezzi. Nelle regioni adiacenti alla saldatura si
possono produrre modificazioni microstrutturali nella zona termicamente alterata. Se il materiale da saldare
era stato lavorato a freddo si può verificare ricristallizzazione accrescimento dei bordi di grani, si possono
formare tensioni interne durante il raffreddamento, l’acciaio può essere atetizzato ed alcuni acciai
inossidabili possono essere sensibilizzati. Una tecnica moderna di saldatura è quella a laser, la fonte di calore
è un fascio di laser altamente focalizzato ed intenso: liquefà i metalli e per solidificazione si ottiene il giunto:
è un processo a contato che elimina le distorsioni meccaniche rapido e altamente automatizzato la zona
termicamente alterata è minima saldature piccole e precise si possono avere saldature esenti da porosità:
viene utilizzata nell’industria automobilistica ed elettronica.

Stampa 3D: l’oggetto viene formato per aggiunta incrementale di materiale grezzo spesso per stratificazione
a partire da dati forniti da PC. È in contrasto con le tecniche sottrattive. Vengono formati strati di materiale
uno sopra l’altro. Solitamente la materia prima è sottoforma di polvere o fili. La materia è risaldata con laser
o fasci di elettroni.

Deposizione energetica diretta: la polvere metallica/ filo, viene fusa e depositata dall’ugello in strati sulla
superficie dell’oggetto da formare.

Fusione nel letto di polvere: la materia primaria è sotto forma di polvere c’è piattaforma di costruzione,
sistema di alimentazione e spargimento della polvere una sorgente di calore e un sistema di puntamento e
focalizzazione. Il rullo spinge depositando precedentemente. Il laser scorre e selettivamente fonde le
particelle di polvere che fanno parte dell’oggetto. In questo modo viene fornito uno strato solido con la
sezione trasversale desiderata per l’oggetto. Il processo viene ripetuto fino al completamento del processo
di fabbricazione.

Trattamento termico dei metalli: il termine ricottura si riferisce a un trattamento termico in cui il materiale
viene portato e mantenendo ad elevata temperatura per un periodo di tempo e poi raffreddato: condotto
per eliminare tensioni, ridurre la durezza e aumentare la duttilità e la tenacità oppure per ottenere una
determinata microstruttura. Ogni processo si suddivide in 3 stadi: riscaldamento alla temperatura desiderata,
mantenimento a tale temperatura, e raffreddamento fino a temperatura ambiente.
Ricottura intermedia: è un trattamento termico usato per annullare gli effetti di una lavorazione a freddo. Il
processo è comunemente utilizzato nelle lavorazioni che richiedono un’intensa deformazione plastica: si
verificano processi di recovery e ricristallizzazione. Poiché a norma si desidera una struttura a grana fine si fa
terminare il trattamento prima che cresca. Si può prevenire l’ossidazione e la formazione di scaglie
superficiali conducendo la ricottura a temperatura relativamente bassa e in ambiente non ossidante.

Distensione: si possono essere tensioni interne residue dovute a deformazione plastica a raffreddamento
non uniforme. Vanno rimosse per evitare distorsioni e deformazioni attraverso la distensione. I pezzi sono
riscaldati alla temperatura stabilita, mantenuti e raffreddati in area fino a temperatura ambiente. La
temperatura è bassa in modo da non influire sugli effetti di un incrudimento o di un ‘altro trattamento
termico. Ricottura delle leghe ferrose: temperatura critica inferiore l’austenite FeC. Temperatura critica
superiore. Normalizzazione: gli acciai che hanno subito deformazione plastica viene fatto un trattamento di
ricottura: normalizzazione per migliorare la distribuzione dimensionale, omogeneizzando e affinando i grani
ed ottenere una più adatta e uniforme distribuzione dimensionale. Viene ottenuto risaldando a temperatura
di 55° alla temperatura critica superiore. Dopo un tempo sufficiente che consento di trasformarsi la lega in
austenite, il trattamento si conclude con un raffreddamento ad aria. Ricottura completa: sugli acciai a medio
basso tenore di carbonio. La lega viene riscaldata a 50° e poi la lega è raffreddata in forno. Il prodotto
microstrutturale è perlite grossolana che è relativamente tenera e duttile.

Sferoidizazione: gli acciai a medio ed alto contenuto di carbonio possono essere troppo duri, possono però
essere ricotti per produrre una struttura sferoidale. Hanno la minima durezza e massima duttilità. Il
trattamento termico di sferoidizzazione induce alla coalescenza della cementite per formare particelle
sferoidali e può realizzarsi secondo diversi procedimenti: riscaldando la lega ad una temperatura al di sotto
dell’eutettoide e successivamente raffreddando molto lentamente il forno.

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