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Prima di iniziare a spiegare gli annali della saggezza della Kabbalah, da tanti già trattata, ho riscontrato
la necessità di spiegare accuratamente in primo luogo l'essenza di questa saggezza, a mio parere
conosciuta da pochi.
Per quanto questa conoscenza sia più ampia e profonda del mare, mi impegnerò con tutte le mie forze e
con tutte le conoscenze acquisite in questo campo per fornire un'interpretazione autentica e delucidarla
in tutte le sue sfaccettature, in modo adeguato ad ogni anima per trarne le debite e veritiere conclusioni,
senza lasciare alcuna possibilità di errore a chi vi si applichi, come succede spesso nello studio di tali
cose.
Senza dubbio questa domanda si solleva in ogni persona assennata. Per dare una risposta soddisfacente
a codesto quesito darò una definizione fedele che è stata conservata intatta. Questa saggezza non è né
di più, né di meno, di una sequenza di radici che discendono per motivi di causa ed effetto entro leggi
determinate ed assolute che si congiungono e tendono ad un solo obiettivo molto elevato che è
denominato «la rivelazione della Sua Divinità alle Sue creature in questo mondo.»
E qua sono di regola il particolare ed il generale: "Generale" significa l'intera umanità che è infine
obbligata, necessariamente ed in una assoluta imposizione, ad arrivare a questo sommo sviluppo, com'è
scritto: «Poiché sarà piena la terra di conoscenza del Signore come l'acqua ricopre il mare.» (Isaia,11,9)
«E non insegnerà più uno il suo prossimo ed uno il proprio fratello dicendo, conoscete il Signore!
Perchè tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande.» (Geremia, 31, 33) «E non si nasconderà
più chi ti ammaestrava ed i tuoi occhi vedranno coloro che ti insegnano.» (Isaia, 30, 20)
"Particolare" vuol dire che anche prima della completezza di tutta l'umanità, questa cosa è una
regola per ogni generazione anche rispetto a singoli eletti, perché essi sono individui che ottengono
determinati gradini riguardo la rivelazione della Sua Divinità in ogni singola generazione. Loro sono i
profeti e gli uomini di Dio. Come hanno detto i nostri saggi: «Non si ha una generazione nella quale
non ci sia come Abramo e Giacobbe. Tu vedi invero che la rivelazione della Sua Divinità è consueta in
ogni singola generazione, secondo i detti dei nostri saggi, che sono qualificati a questo e nei quali
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abbiamo fede.»
Tuttavia riguardo al suddetto si solleva una domanda: dato che questa saggezza non ha altro compito
che quello unico e speciale delucidato sopra, cosa è questo fatto della molteplicità dei Parzufim, delle
Sefirot e di tutti i collegamenti permutabili che si trovano in abbondanza nei libri di Kabbalah?
In effetti, se tu consideri il corpo di un animaletto, che ha il solo compito di alimentarsi per poter
sopravvivere il tempo bastante per procreare e per la sussistenza della propria specie, vedrai e troverai in
esso una costituzione complessa, costituita da migliaia di fibre e tendini, come hanno scoperto i
fisiologi e gli esperti di anatomia, oltre ad una moltitudine di componenti non ancora conosciuti al
genere umano. Potrai dedurre da tutto questo quanti tipi d'innumerevoli composizioni di cose e di
condotti devono congiungersi , affinché si riveli e si scopra questa meta sublime.
La sapienza della Kabbalah è divisa in generale in due sequenze parallele ed uguali una all'altra come
due gocce d'acqua, senza nessuna differenza fra loro, a parte il fatto che la prima sequenza si svolge
(dall'alto al basso) fino a questo mondo.
La seconda sequenza inizia da questo mondo e procede (dal basso all'alto) esattamente nelle stesse vie e
composizioni che sono state tracciate dalle loro radici al tempo della loro apparizione e della loro
rivelazione dall'alto al basso.
Ecco che la prima sequenza è denominata, nel linguaggio della Kabbalah, la sequenza dello svolgimento
dei mondi e dei Parzufim (plurale di Parzuf, ndt) e delle Sefirot (plurale di Sefirà, ndt) in tutti i loro casi, sia
permanenti sia transitori. Mentre la seconda sequenza è denominata Asagot (plurale di asagà - conseguimento
spirituale, ndt) o gradini di profezia e Spirito Santo. L'uomo che consegue ciò è obbligato a procedere
negli stessi ingressi e vie, conseguendo ogni dettaglio ed ogni gradino, pian piano, con la giusta
precisione, secondo le stesse leggi che vi furono impresse al momento della loro emanazione dall'alto al
basso.
La rivelazione della Sua Divinità non è una cosa che compare tutta in una volta, come la scoperta di
cose materiali, ma continua a mostrarsi per un certo periodo di tempo che dipende dalla purificazione
di chi consegue (la spiritualità), fino a che gli si riveleranno tutti i molteplici gradini preordinati dall'Alto
al basso. Dato che essi giungono ordinati, secondo il conseguimento spirituale – asagà, uno dopo l'altro
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ed uno sopra l'altro, come i gradini di una scala, sono per questo denominati "gradini".
Nomi astratti
Molti ritengono che tutte le parole ed i nomi nella saggezza della Kabbalah siano una sorta di nomi
astratti, dato che essa tratta della Divinità e della spiritualità che sono al di sopra del luogo e del tempo,
dove persino l'immaginazione lì non domina. Per questa ragione giungono alla decisione che tutto ciò
che è detto riguardo questi argomenti non è espresso altro che con nomi astratti o molto più sublimi ed
elevati di nomi astratti, essendo del tutto privi a priori di fondamenti immaginari.
Questo però non è vero, ma la verità è del tutto opposta, la Kabbalah non fa uso di nomi e
denominazioni altro che nelle loro distinzioni reali ed effettive. Infatti è una regola ferrea presso tutti i
saggi Kabbalisti, secondo la quale «Tutto ciò che noi non conseguiamo non lo definiamo con un nome
o una parola».
Qua devi sapere che la parola asagà – conseguimento spirituale, denota il livello definitivo della
comprensione ed è tratta dall'espressione «Che la tua mano conseguirà» (in ebraico ki tasigh iadchà, ndt).
Questo vuol dire che, prima che la cosa non si ponga in modo chiaro davanti agli occhi nella sua
completa certezza, come se fosse stata afferrata con le mani, i Kabbalisti non la denominano con il
nome asagà, ma con altri denominativi come comprensione ed erudizione e così via.
Tuttavia, anche nella realtà materiale predisposta davanti ai nostri sensi si trovano pure cose concrete,
quantunque noi non si abbia alcuna percezione ed immaginazione della loro essenza, come l'elettricità
ed il magnete, denominati col nome "fluidum".
Ciononostante, chi può affermare che questi nomi non siano concreti, quando noi conosciamo con
nostra completa soddisfazione la loro azione e non ci preoccupiamo affatto di non avere nessuna
percezione dell'essenza del soggetto, vale a dire l'elettricità stessa.
Questo nome è per noi "tangibile" e vicino, non meno di quanto lo sarebbe stato se fosse stato
percepito completamente dai nostri sensi. Persino i bambini piccoli hanno famigliarità con la parola
elettricità esattamente come conoscono le parole pane, zucchero e così via.
Inoltre, nel caso tu abbia il desiderio di affaticare un poco il tuo strumento di studio e d'investigazione,
ti direi in generale che, così come non c'è alcuna percezione del Creatore, nel modo più assoluto,
proprio nella stessa misura non c'è alcun conseguimento dell'essenza delle Sue creature e persino delle
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(cose) materiali che palpiamo con le nostre mani. Così la nostra intera conoscenza dei nostri amici e dei
nostri parenti nel "mondo (delle azioni) concreto" che è davanti a noi non è altro che la sola
"conoscenza delle azioni" che sono attuate e nascono dalla partecipazione dell'incontro dei nostri sensi
con loro e che ci danno la massima soddisfazione quantunque noi non si abbia alcuna percezione
dell'essenza del soggetto.
Per di più, non hai alcuna percezione e conseguimento persino della tua stessa essenza, mentre tutto ciò
che tu sai della tua essenza non è altro che uno svolgimento d'azioni che sono protratte dalla tua
essenza.
Da questo momento puoi comprendere facilmente che tutti i nomi e le denominazioni che appaiono
nei libri di Kabbalah sono anch'essi reali e concreti, anche se noi non abbiamo alcuna realizzazione del
soggetto, dato che chi vi s'impegna ha l'assoluta soddisfazione della completa conoscenza della sua
completezza finale, vale a dire anche qui solamente la conoscenza delle azioni attivate e nate dalla
comunione della Luce Superiore con coloro che la conseguono.
Questo è, però, del tutto sufficiente, dato che questa è la regola «Tutto ciò che è misurato e proviene
dalla Provvidenza Divina per giungere a realizzarsi nella natura della Creazione ha in se l'appagamento
assoluto», così come non si solleverà nell'uomo l'esigenza di un sesto dito poiché le cinque dita lo
soddisfano pienamente.
Effettivamente ogni persona ragionevole comprende che dove ci occupiamo di una cosa spirituale, per
non parlare della Divinità, non abbiamo parole ne lettere da prendere in considerazione (In ebraico anche
pronunciarla, ndt), dato che il nostro intero lessico non è altro che una composizione di lettere
dell'immaginazione e dei sensi. Com'è quindi possibile farne uso, quando non c'e nè l'immaginazione né
ci sono i sensi?
Infatti, anche se prendiamo in considerazione la parola più sottile che possa essere usata in quei luoghi,
vale a dire la parola "Luce Superiore" o finanche "Luce Semplice", ecco che anch'essa è una cosa
paragonata e traslata dalla luce del sole o dalla luce della candela o dalla luce percepita come una
piacevolezza che compare nell'uomo al momento di una nuova concezione, nella risoluzione di un
dubbio.
E com'è possibile usarle in un luogo spirituale e in vie divine, dato che agli studiosi non saranno
presentate altro che parole vane e false?
Tanto più quando dobbiamo scoprire in quelle parole qualche razionalità a favore del negoziato d'uso
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nelle investigazioni della saggezza, dove il saggio deve usare con assoluta esattezza definizioni assolute
per gli studiosi.
E se il saggio fallirà, anche di una sola parola, provocherà invero per mezzo della stessa una confusione
nella comprensione in coloro che studiano, i quali non capiranno ciò che è stato detto prima e dopo
quella data parola, ed anche tutto ciò che è collegato alla stessa, come è risaputo da chi studia
attentamente i libri di saggezza.
Ti meravigli, quindi, come sia possibile l'uso di parole false da parte dei saggi di Kabbalah, per spiegare
per mezzo delle stesse le interconnessioni della saggezza, ed è risaputo che non esiste alcuna definizione
con nomi falsi, dato che la menzogna non ha gambe e non sta in piedi. A questo proposito è necessario
che tu sappia a priori la "Legge della Radice e del ramo" nella relazione dei Mondi, (che va) da uno
all'altro.
I saggi della Kabbalah hanno trovato che la forma dei quattro mondi denominati Atzilut, Brià, Iezirà ed
Assià, a cominciare dal primo mondo, il più elevato, chiamato Atzilut, fino a questo mondo materiale e
concreto chiamato Assià, è esattamente uguale in tutti i suoi elementi e casi. Questo vuol dire che tutta
la realtà ed i suoi eventi che si trovano nel primo mondo, si trovano anche nel secondo che è al di sotto
ad esso, senza alcun (ben minimo) cambiamento, ed è così in tutti gli altri mondi susseguenti fino a
questo mondo concreto.
E non c'è alcuna differenza fra loro, ma solamente una differenza di gradino, che è compresa solamente
nella materia degli elementi della realtà di ogni singolo mondo. La materia degli elementi della realtà che
si trovano nel primo mondo, quello più elevato, è la materia più pura di tutti i mondi a lui inferiori. E la
materia degli elementi della realtà che si trovano nel secondo mondo è più rozza di quella del primo
mondo, ma più pura di tutto ciò che è al di sotto del suo gradino.
E così è fino a questo mondo che a noi si presenta, dove la materia degli elementi della realtà è la più
rozza ed oscura di tutti i mondi che lo hanno preceduto. Però le forme degli elementi della realtà ed
anche tutti i loro eventi giungono ad ogni singolo mondo in modo equivalente sia nella quantità che
nella qualità senza alcun cambiamento.
E lo hanno paragonato al caso del timbro e ciò che è stato da esso timbrato, quando tutte le forme che
si trovano sullo stampo passano interamente, con tutti i loro elementi e con estrema precisione, alla
cosa da esso stampata. Così è rispetto ai mondi, quando ogni mondo inferiore è timbrato dal mondo ad
esso superiore. Di conseguenza, tutte le forme che sono nel mondo superiore nella loro quantità e
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qualità vengono copiate nella loro integrità e giungono anche al mondo inferiore.
Nella maniera in cui non hai nessun elemento della realtà o degli eventi della realtà che si trovano nel
mondo inferiore dove tu non possa trovare il suo esempio nel mondo a lui superiore nella forma
identica come due gocce d'acqua.
E sono chiamati Radice e ramo. Questo significa che lo stesso elemento che si trova nel mondo
inferiore è distinto come un ramo dello stesso esemplare che si trova nel mondo superiore, essendo egli
la radice dell'elemento inferiore, ed è da lì che è stato timbrato per dar luogo allo stesso elemento nel
mondo inferiore.
Questa è l'intenzione dei nostri saggi nel loro detto «Non hai un filo d'erba sotto che non abbia mazal –
fortuna, ed una guardia di sopra che lo colpisca per dirgli: cresci!» Questo significa che la radice,
chiamata mazal, lo obbliga a crescere ed a ricevere l'intero suo attributo, in quantità e qualità, come nel
caso del timbro e dello stampato suddetto. E questa è la legge della radice e del ramo, che è in atto in
tutti gli elementi della realtà e degli eventi della realtà in ogni singolo mondo rispetto al mondo che gli è
superiore.
Questo significa che quei rami stanno ad indicare le loro radici e ne sono gli esempi ed esistono
necessariamente nel Mondo Superiore. Dato che non hai alcuna realtà nel mondo inferiore che non sia
indotta e sgorghi dal mondo superiore ad esso. Questo è come nel caso del timbro rispetto allo
stampato suddetto, e quindi la radice del Mondo Superiore obbliga il proprio ramo nel mondo inferiore
affinché in esso si riveli tutta la sua forma e la sua qualità, secondo ciò che dissero i nostri saggi «La
fortuna – mazal del Mondo Superiore attribuito all'erba del mondo inferiore colpisce quello stesso filo
d'erba, obbligandolo a crescere secondo il suo modello». Ne consegue che ogni singolo ramo che esiste
in questo mondo definisce eccellentemente il suo esemplare che si trova nel Mondo Superiore.
Perciò, i saggi della Kabbalah si sono trovati di fronte un vocabolario pronto ed esplicito ai loro occhi
più che sufficiente per la distinzione del linguaggio parlato da usare fra loro, straordinariamente
eccellente, che permette di trattare uno con l'altro riguardo alle radici spirituali dei Mondi Superiori, vale
a dire ricordando ai loro amici soltanto il ramo inferiore concreto che si trova in questo mondo e che è
molto bene definito ai sensi materiali.
Chi lo sente capisce perfettamente, per merito del suo conseguimento spirituale, la Radice Superiore
indicata dal ramo materiale, dato che ad essa è attribuito, essendo questo il suo "stampato". In modo
tale tutti i fattori esistenti nella creazione concreta e tutti i casi a loro inerenti, sono diventati come
parole e nomi definiti ed assoluti che indicano le elevate e superiori radici spirituali. Nonostante che nel
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loro livello spirituale è impossibile pronunciarsi a mezzo di nessuna parola ed alcun suono, dato che
sono al di sopra di ogni immaginazione, (e) ciononostante hanno acquisito il merito dell'espressione
linguistica per mezzo dei loro rami che sono adattati qui ai nostri sensi, nel nostro mondo concreto.
Questa è la peculiarità della lingua parlata fra i saggi Kabbalisti, in conformità alla quale, rivelano i loro
conseguimenti spirituali, da persona a persona e da generazione a generazione sia a voce che per scritto,
comprendendosi a vicenda, con il massimo soddisfacimento, con la precisa misura necessaria per
negoziare nelle investigazioni della saggezza, vale a dire nei limiti esatti dove è impossibile fallire. Dato
che ogni singolo ramo ha la definizione naturale che gli è del tutto peculiare e che comunque dimostra
anche la sua radice del Mondo Superiore tramite questa sua definizione assoluta.
Sappi che il linguaggio dei rami di codesta saggezza della Kabbalah è più semplice per spiegare i
concetti della saggezza dei nostri linguaggi ordinari dato che, com'è conosciuto nella teoria del
Nominalismo, i linguaggi si sono molto ingarbugliati nelle bocche delle masse. Questo vuol dire che le
parole continuano a vuotarsi del loro preciso contenuto dal grande uso che se ne fa, e di conseguenza si
sono verificate grandi difficoltà nel trasmettere precise supposizioni da un amico all'altro sia
pronunciandole che scrivendole.
Questo non succede nella "lingua dei rami della Kabbalah" che è stata prelevata dai nomi delle creazioni
e degli avvenimenti, stabiliti ed eretti ai nostri occhi, definiti dalle leggi della natura, eternamente
immutabili. Non accadrà mai agli ascoltatori ed ai lettori di sbagliare nel comprendere le parole a loro
proposte, dato che le definizioni della natura sono assolute e questa è una legge che non può essere
infranta.
Così scrisse il Ramban nell'introduzione al suo commentario della Toràh «Ed io riporto con fedele
convenzione a chi osserva con attenzione questo libro, rispetto tutte le allusioni che io scrivo nei misteri
della Toràh, che io annuncio a lui, in conformità alla verità, che le mie parole non saranno conseguite e
non saranno comprese da nessun intelletto e saggezza, ma soltanto dalla bocca di un saggio Kabbalista
(rivolta) all'orecchio (capace) di recepire e comprendere». In questo modo scrisse anche il Rav Hayim
Vital nell'Introduzione al libro «L'Albero della Vita». Così è (evidenziato) nelle parole dei nostri saggi
(Haghigà, 11): «Non si studia la Kabbalah da soli a meno che egli non sia saggio e comprenda con la
propria conoscenza.»
Le loro parole sono in verità egregiamente comprese nell'affermazione da loro espressa, secondo la
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quale è necessario ricevere dalla bocca di un saggio Kabbalista. Ma in cosa consiste l'obbligo che anche
lo studente sia saggio e comprenda per sua stessa conoscenza? E che se non è così, anche se egli è il
giusto più insigne al mondo, a lui è vietato insegnare? E per di più, se egli è già saggio e comprende per
sua conoscenza, che bisogno ha bisogno di studiare dagli altri?
E da ciò che è stato spiegato sopra, comprenderai le loro parole con la massima semplicità, dato che è
stato chiarito che con tutte le parole e le espressioni che vengono pronunciate nel nostro linguaggio, in
verità è impossibile spiegare alcuna parola riguardante i casi spirituali divini che sono al di sopra
del luogo e del tempo che sono (solo) immaginari, ma c'è un linguaggio speciale per queste cose, che è
"la lingua dei rami", secondo ciò che loro indicano nel loro rapporto alle loro Radici Superiori.
Questo linguaggio però, anche se è estremamente idoneo al suo compito di negoziare nelle ricerche
della saggezza ancor più delle lingue ordinarie, è così solo se chi sente è di per se stesso un saggio.
Questo significa che lui sa e comprende le relazioni dei rami rispetto alle rispettive radici, dato che
questi rapporti non si chiariscono assolutamente dall'inferiore al superiore. Vale a dire che, osservando i
rami inferiori non è possibile ricavare nessuna deduzione e nessuna somiglianza rispetto ad un esempio
nelle loro Radici Superiori.
Al contrario, l'inferiore imparerà dal Superiore, vale a dire che all'inizio è necessario conseguire le radici
spirituali come esse sono nella spiritualità, al di là di ogni immaginazione, nella pura asagà –
realizzazione spirituale. Dopo aver conseguito egregiamente le Radici Superiori, tramite la sua
conoscenza egli può osservare i rami materiali esistenti in questo mondo e può sapere come ogni ramo
si relaziona alla sua Radice del Mondo Superiore in tutti i suoi svolgimenti in quantità e qualità.
E dopo che egli sa e comprende egregiamente tutto questo, allora c'è un linguaggio comune fra lui ed il
suo Rav, vale a dire "la Lingua dei Rami", secondo la quale il saggio Kabbalista potrà consegnargli tutte
le ricerche della Saggezza che sono in uso nei Mondi Superiori, sia ciò che ha ricevuto dai suoi maestri e
sia dalla propria espansione nella saggezza e ciò che ha scoperto da sé. Questo (succede) dato che ora
entrambi hanno un linguaggio comune e si comprendono a vicenda.
Tuttavia, se lo studente non è saggio e non comprende con la sua conoscenza quel linguaggio, vale a
dire come i rami indicano le proprie radici, è ovvio che il Rav non può spiegargli nemmeno una parola
di questa Saggezza spirituale. Tanto meno negoziare con lui sulle investigazioni della Saggezza, dato che
essi non hanno un linguaggio comune, che possano usare e si ritrovano come muti. Ne consegue,
necessariamente, che la saggezza della Kabbalah non venga consegnata - maasei merkavà, a meno che egli
sia saggio e comprenda tramite la sua propria conoscenza.
Inoltre va chiesto: in che modo l'allievo è diventato saggio fino a conoscere i rapporti di ramo e Radice
investigando i Rami Superiori? La risposta è che, qui è inutile la salvezza da parte dell'uomo, ma
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dell'aiuto divino abbiamo bisogno. Infatti, chi ottiene la Grazia agli occhi del Signore, viene colmato dal
Creatore di saggezza, comprensione e conoscenza per conseguire conseguimenti spirituali superiori. Ed
è impossibile avvalersi a questo proposito di un aiuto umano.
Quindi, dopo aver ottenuto la Grazia agli occhi del Signore ed aver conseguito la asagà superiore, sarà
egli allora pronto a venire a ricevere la vastità della Saggezza della Kabbalah dalla bocca di un saggio
Kabbalista poiché solo allora egli avrà con se un linguaggio comune, e non altrimenti.
Per mezzo di tutto ciò che è stato chiarito sopra, comprenderai come mai si trovino a volte nei libri di
Kabbalah degli appellativi e dei termini che sono molto estranei allo spirito umano. Essi sono molto
frequenti nei libri di Kabbalah basilari, il Libro dello Zohar ed i Tikunim - correzioni, ed i libri dell'Arì e
sorprendono molto: come mai questi saggi hanno dovuto usare degli appellativi di tal basso livello per
esprimere delle cognizioni talmente sublimi e sante?
Dopo aver acquisito le conoscenze che sono state esposte sopra, comprenderai veramente la cosa, dato
che è stato chiarito che è del tutto impossibile usare alcuna altra lingua e linguaggio che esistono al
mondo per spiegare questa sapienza se non questa lingua speciale apposita, la "Lingua del Rami",
secondo i rapporti con le loro Radici Superiori. Di conseguenza è ovvio che è impossibile abbandonare
nessun ramo o un caso di un ramo a causa della bassezza del suo livello, non usandolo per esprimere il
concetto desiderato nelle interconnessioni della saggezza, dato che non si trova nel nostro mondo
nessun altro ramo da prendere in vece sua.
Infatti, così come non abbiamo due capelli che succhiano dallo stesso poro, così non abbiamo due rami
che hanno attinenza alla stessa radice. In tal modo, se lasciassimo qualche caso senza usarlo, non
perderemmo solamente il concetto spirituale corrispondente nel Mondo Superiore, non avendo
nessuna altra parola in sua vece per indicare quella radice, ma questa cosa danneggerà anche tutta
l'estensione dell'intera saggezza, in tutta la sua vastità, dato che è assente un anello della catena
dell'intera saggezza, che è collegata a quel concetto.
Di conseguenza egli mutila l'intera saggezza, (e) dato che non hai altra saggezza fra le saggezze del
mondo nella quale le cose siano saldate e collegate una all'altra in una sequenza di causa ed effetto,
precedente e conseguente, come nella saggezza della Kabbalah in cui si collega una (cosa) con l'altra,
dall'inizio alla fine, proprio come una lunga catena. Se nel frattempo ci manca, quindi, una piccola
conoscenza, l'intera saggezza per noi si offusca, dato che tutti i suoi soggetti sono fortemente collegati
l'uno all'altro e si uniscono in uno solo.
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Da questo momento non c'è alcuno stupore rispetto all'uso, a volte, di denominazioni estranee, dato
che (i Kabbalisti) non hanno la libertà di scegliere denominazioni e di attuare cambiamenti,
convertendo il male in bene o il bene in male, ma sono obbligati a portare sempre esattamente quello
specifico ramo o avvenimento che indica col dito il suo Ramo Superiore in tutta la misura necessaria
per il caso, e debbono anche ampliare le cose, fino a che siano adeguati per una definizione esatta agli
occhi dei loro amici che ponderano.