Sei sulla pagina 1di 97

Indice

 Introduzione…………………………………………………………………………………………………………………….

 Capitolo I
 1. La povertà: un concetto apparentemente semplice…………………………………………11
 1.1 Povertà assoluta e povertà relativa………………………………………………………………..14
 1.2 Da povertà unidimensionale a povertà multidimensionale…………………………….16
 1.3 Misurare la povertà, dal reddito all’i di e di s iluppo u a o…………………………18
 1.4 L’app o io delle Capa ità………………………………………………………………………………24
 1.5 Superamento dei limiti tradizionali…………………………………………………………………28
 1.6 C iti he all’ope ati ità del odello…………………………………………………………………31
 1.7 Capa ità e Di itti…………………………………………………………………………………………….35

 Capitolo II
 2. Esclusione sociale e diritti culturali dei musicisti Gāi es/Ga dha va in Nepal………………41
 2.1 Musicisti Gāi es/Gandharva all'interno del sistema a caste nepalese…………………….
 2.2 Dall'esclusione alla mobilità sociale……………………………………………………………………….44
 3. Povertà culturale e musicale nell'Uttarakhand…………………………………………………………….48
 3.1 Perdita e mancanza………………………………………………………………………………………………..50
 3.2 Povertà culturale come mancanza………………………………………………………………………….53
 3.3 Povertà culturale come perdita………………………………………………………………………………56
 4. Sopravvivere alla povertà materiale grazie al benessere culturale: la musica al servizio
della comunità ad Haiti……………………………………………………………………………………………………60
 4.1 Haiti povera/ricca: costruzione del concetto…………………………………………………………..61
 4.2 Musica di comunità e azione culturale……………………………………………………………………64
 5. Musica, salute e status socio-economico: povertà urbana in Canada…………………………..69
 5.1 Collegamenti tra status socio-economico, salute e musica……………………………………..70
 5.2 Variazioni di status socio-economico attraverso l'attività musicale…………………………
 6. Suono, povertà e partecipazione sociale a Rio de Ja ei o……………………………………………..76
 6.1 Povertà e dialogo culturale…………………………………………………………………………………….77
 6.2 Musica e favela………………………………………………………………………………………………………

 Conclusioni………………………………………………………………………………………………………………………………….86
 Bibliografia………………………………………………………………………………………………………………………………….90

1
2
Introduzione

Il presente lavoro nasce dall'idea secondo la quale alcune tematiche sensibili alle strategie

di cooperazione internazionale possano efficacemente essere affrontate tramite un linguaggio

alternativo, apparentemente distante dalle dimensioni tradizionali della scienza politica ma

che presenta in realtà numerosi punti di contatto con essa e con le sue strategie operative. I

fondamenti di uno strumento nuovo, in questo senso, giacciono nell'ambito della diversità

culturale, caratteristica della convivenza, e dello scontro, tra comunità nell'intero pianeta. Il

patrimonio culturale, così come si può evincere dai recenti episodi di violenza in nome di un

estremismo religioso spregiudicato, rinchiude in sé una forte valenza politica, identitaria,

come ugualmente si può assumere in merito ad azioni volte alla sua distruzione.

P o a il e te o si ai ta to pa lato di di e sità ultu ale ua to all’i izio del XXI

secolo. Tuttavia, la varietà dei dibattiti che vengono riferiti più o meno confusamente alla

diversità culturale è tale da fare assumere alla nozione un significato al contempo vario e

mutevole. Per alcuni, la diversità culturale è positiva in sé poiché evoca la condivisione delle

ricchezze custodite in ogni cultura del mondo, e quindi i legami che ci uniscono nello scambio

e nel dialogo. Per altri, le differenze culturali farebbero smarrire il senso della nostra comune

umanità e sarebbero pertanto fonte di numerosi conflitti. Questa seconda diagnosi gode

oggigiorno di un credito proporzionale al fatto che la globalizzazione ha moltiplicato i punti di

contatto e di frizione tra le culture, esacerbando le questioni identitarie – che si manifestano

sotto forma di attriti, di ripiegamenti su se stessi o di nuove rivendicazioni, soprattutto

religiose, che divengono fonte di conflitto. La sfida principale consiste quindi nel proporre una

isio e oe e te della di e sità ultu ale e ell’i di idua e le o dizio i g azie alle uali essa,

lu gi dall’esse e u a i a ia, può di e i e a taggiosa pe l’azio e della o u ità

internazionale.

3
L'obiettivo di questo lavoro non è trovare soluzioni precostituite alle problematiche in cui

possono imbattersi i governi e le istituzioni internazionali: si tratta piuttosto di rilevare la

complessità di tali problemi, la cui soluzione non può essere solo una questione di

volontarismo politico, e che necessitano invece una migliore conoscenza dei fenomeni che

inglobano e una più ampia cooperazione internazionale, soprattutto grazie allo scambio di

p ati he e o os e ze e all’adozio e di li ee di ett i i o u i.

Ma cosa si intende per diversità culturale? La diversità culturale è innanzitutto un fatto.

Esiste una grande varietà di culture che si differenzia o se za diffi oltà all’osse azio e

etnografica, sebbene i contorni che delimitano una data cultura siano più ardui da definire di

quanto si possa credere. La cognizione della diversità si è per così dire banalizzata, poiché la

conoscenza dell'alterità è stata facilitata dalla globalizzazione degli scambi e,

correlativamente, da una maggiore apertura delle società le une rispetto alle altre. Sebbene

non induca necessariamente un aumento della diversità tra le culture, una migliore

conoscenza della diversità culturale ha contribuito se non altro a conferirle maggiore visibilità.

Peraltro, la crescente diversità dei codici sociali in seno alle società e tra società differenti ha

contribuito rapidamente a rendere la diversità culturale una vera e propria questione di

società. A fronte di tale diversità di norme e di concezioni del mondo, gli Stati si trovano talora

sprovveduti, sia che si tratti di rispondervi, spesso con urgenza, sia che si tratti di provare a

trarne profitto per il bene comune.

Nel corso della ª sessio e della Co fe e za ge e ale dell’UNE“CO s oltasi a Pa igi el

2001, è stata emanata la Dichiarazione universale della diversità culturale. Il testo riconosce

ella di e sità t a le ultu e u pat i o io o u e dell’u a ità dal alo e i alie abile,

accostandola in tal modo alle biodiversità presenti in natura. La Dichiarazione, che individua

nella diversità e nel pluralismo culturale un fattore di sviluppo e di democrazia, sottolinea la

necessità della tolleranza, della coesione e delle pari opportunità di accesso alle nuove

4
te ologie i ua to ezzi i i u ia ili di esp essio e. I pa ti ola e all’a t. ie e esso i

isalto il lega e t a di e sità ultu ale e eati ità, e ide zia do la spe ifi ità dei e i e dei

servizi culturali, che, in quanto portatori di identità, di valori e di senso, non devono essere

o side ati delle e i o e i di o su o .1

U ’ulte io e diffi oltà he e e ge i e ito ad u app o io si ile dipe de della

caratterizzazione degli elementi costitutivi della diversità culturale. A tal proposito, i termini

ultu a , i iltà e popoli assu o o o otazio i di e se se o do il o testo sia esso

s ie tifi o o politi o . “e il o etto plu ale di ultu e e o a e tità he te do o a defi i si le

une rispetto alle alt e, il te i e i iltà i a da a ultu e he, e te del a atte e u i e sale

dei propri valori o delle proprie concezioni del mondo, possono finire per assumere un

atteggiamento espansionistico nei confronti di quelle che non le condividono per nulla (o non

ancora). Il tentativo di indurre i diversi centri di civiltà a una coesistenza pacifica costituisce

dunque una sfida del tutto reale. Il modo in cui ad esempio l’UNE“CO intende la nozione di

i iltà – concezione molto lontana dalle costruzioni ideologiche che profetizzano uno

s o t o di i iltà - rimanda a un processo in costruzione, teso alla conciliazione di ogni

si gola ultu a del o do, sulla ase del i o os i e to della lo o pa i dig ità, all’i te o di

un progetto universale continuo. Procedendo nell'analisi della diversità, emerge

necessariamente un ulteriore punto di criticità che concerne il rapporto delle culture rispetto

al cambiamento. Ci sono voluti i primi sette decenni del XX secolo affinché le culture

cominciassero a essere percepite come entità mutevoli. Fino ad allora, si supponeva che

restassero immutate e che il loro contenuto venisse trasmesso di generazione in generazione

att a e so a i a ali, uali l’edu azio e o le di e se p ati he i iziati he. “e a o a ai he

la cultura venga intesa meglio se considerata come processo: le società cambiano secondo

1
UNESCO (2001, p. 2)

5
percorsi che sono propri a ciascuna di esse. Il concetto di differenza rende bene conto di

questa dinamica particolare in virtù della quale una cultura cambia pur restando la stessa.

Risulte e e ui di e essa io defi i e politi he he dia o u ’i flessio e positi a a tali

diffe e ze ultu ali , affi h i g uppi e gli i di idui he e t a o i o tatto, a zi h

t i e a si i ide tità hiuse, s op a o ella diffe e za u o stimolo al cambiamento.

La dimensione socio-economica che tende esplorare questo lavoro riguarda in maniera

specifica il concetto di povertà, ampiamente discusso nel dibattito internazionale. Nel primo

capitolo verranno affrontate con particolare attenzione le difficoltà retrostanti una precisa

definizione di cosa sia la povertà. L'utilizzo frequente di questa parola nel linguaggio

quotidiano e la sua apparente semplicità di comprensione, nascondono in realtà molteplici

sfumature che il termine stesso racchiude in sé. Di queste diverse interpretazioni si è scelto di

approfondire quelle che condividono una visione della povertà non solo come condizione di

privazione materiale, bensì come una situazione di privazione del tutto immateriale: povertà

intesa come povertà culturale.

Il paradigma interpretativo maggiormente esaustivo in merito ad un approccio di questo

tipo si è rivelato quello proposto dall'economista e filosofo indiano Amartya Sen: il Capability

Approach, o Approccio delle Capacità. L'innovazione principale apportata da Sen consiste nel

considerare, nello studio della povertà, le effettive e reali condizioni di libertà presenti nel

contesto analizzato. La povertà di cui parla Sen è una privazione di capacità umane, una

condizione in cui l'individuo non è libero di poter esprimere le sue attitudini, le sue passioni,

le sue ambizioni in totale libertà, e nel rispetto di quella altrui. Un approccio di questo genere

trova le sue radici nell'etica, disciplina storicamente alla base dell'economia. L'obiettivo

dell'economista seniano è principalmente quello di ristabilire la presenza di una dimensione

etica nella scienza economica, costruendo così una decisa critica nei confronti di quest'ultima,

del suo odierno atteggiamento e delle conseguenze che un approccio unicamente

6
monodimensionale (basato su misurazioni economiche-finanziarie) ha inevitabilmente

prodotto, consegnando spesso una visione distorta delle reali condizioni di povertà nel

pianeta. L'analisi seniana si rivela pienamente affine alla proposta che questo lavoro tenta di

delineare. La privazione di capacità artistiche, e musicali nello specifico, si pone come

aggravante delle condizioni di povertà materiale presenti in numerose comunità in tutto il

mondo. Per questo si è ritenuto opportuno affiancare un approccio etnomusicologico allo

studio della povertà.

L’et o usi ologia u a dis ipli a he s atu is e dall’i teg azio e di studi usi ologi i e

antropologici, analizza le tradizioni musicali di tutti i popoli intendendo il momento musicale

non co e u fatto i s a o e il p odotto dell’i te azio e t a fatto i psi ologi i, ultu ali,

so iali di u g uppo u a o, o e u ’esp essio e so o a he app ese ta p i ipal e te il

comportamento umano. La musica è intesa, quindi, come espressione sonora dei rapporti

sociali la cui analisi necessita di competenze antropologiche otre che musicali.

L’et o usi ologia i ealtà u a fusio e dell’et ologia, dis ipli a he studia le so ietà

primitive, le relazioni sociali e le manifestazioni culturali, e della musicologia, che si interessa

in modo specifico della musica: la dimensione etnomusicologica unifica quindi le due discipline

per indagare il fenomeno musicale ad un livello superiore e più approfondito. Tale disciplina

adotta, dalla musicologia, la capacità analitica musicale, la conoscenza delle forme musicali,

delle tecniche compositive e tutte quelle competenze che analizzano i vari aspetti della musica

intesa come costruzione e rappresentazione sonora (aspetti acustici, estetici, storici, teorici,

etc.).

Il quesito che si pone questo lavoro, e che mette in connessione il punto di vista

etnomusicologico con l'ambito delle strategie operative della cooperazione internazionale, è

il seguente: il linguaggio artistico-musicale può effettivamente dimostrarsi un efficace

strumento di miglioramento delle condizioni di povertà degli individui?

7
Per rispondere a questa domanda sono stati affrontati, nel secondo capitolo, cinque casi

di studio2 corrispondenti ad altrettante realtà differenti in cui attività a sfondo musicale hanno

influenzato, in maniera più o meno sensibile, la severa condizione di privazione vissuta nel

tessuto sociale. La selezione delle ricerche è avvenuta prendendo in esame il prezioso lavoro

he da i a a i o t addisti gue l’atti ità p i ipale dell’I te atio al Cou il fo

Traditional Music (ICTM – Consiglio Internazionale per la Musica Tradizionale). Fondata a

Lo d a el , l’o ga izzazio e a ade i a o go e ativa, riconosciuta ufficialmente

dall’UNE“CO, p o uo e la i e a et o usi ologi a a li ello i te azio ale o l’o ietti o

principale di potenziare lo studio, la pratica, la documentazione, la conservazione e la

diffusione della musica tradizionale di tutti i Paesi. A tal fi e l’o ga izzazio e istituis e og i

due a i dal l’ICTM Wo ld Co fe e e, u a o fe e za o diale fi alizzata ad off i e

ai suoi e i, osì o e al pu li o, u ’oppo tu ità di s a io e di di attito i a te ati he

sempre differenti, aventi come matrice comune lo sguardo etnomusicologico. Ad impreziosire

la sua atti ità l’ICTM p e ede al suo i te o g uppi di studio e i e a o ie tati

all’app ofo di e to di te ati he spe ifi he i se o al li guaggio usi ale: la lo o atu a

ultidis ipli a e e de l’atti ità dei g uppi di est e a i po ta za pe la p ofo dità della

ricerca etnomusicologica. Le aree tematiche di interesse godono di ampio respiro ed

annoverano ad esempio studi su archeologia musicale, sulle relazioni tra musica, genere e

minoranze, studi sulla musica mediterranea, sulla musica del mondo arabo e su quella

dell’a ea af i a a. A ual e te l’o ga izzazio e pu li a l’Yea ook fo T aditio al Musi , u

annuario che raccoglie le più importanti ricerche svolte dai membri e dai gruppi di studio,

approfondendo di volta in volta tematiche rilevanti per lo sviluppo delle conoscenze e dei

saperi tradizionali legati al linguaggio musicale e instaurando interessanti legami tra sfere

2
International Council for Traditional Music (2013)

8
disciplinari apparentemente disgiunte.

Le ricerche sul campo selezionate per questo lavoro hanno analizzato contesti specifici

differenti, sia per posizione geografica che per varietà di fattori socio-culturali determinati e

determinanti di un ambiente povero. Le L'apporto che gli studi musicali possono offrire nella

comprensione di situazioni di povertà include la possibilità che, attraverso lo studio della

musica – intesa come espressione sociale multidimensionale che accoglie in primo luogo il

suono, ma anche la socialità, la capacità creativa degli individui, il patrimonio culturale,

l'economia – divenga possibile analizzare differenti configurazioni o combinazioni di

concezioni e problematiche inerenti il tema della povertà: in altri termini offre la possibilità di

utilizzare un nuovo e atipico strumento di percezione della povertà stessa, la cui atipicità

consente di esplorare ambiti e dimensioni del tutto inosservabili con altri mezzi. Inoltre la

stessa musica, utilizzata come strumento, diventa contemporaneamente oggetto dello studio

stesso, se si considerano ad esempio le conseguenze subite dalle tradizioni musicali in contesti

di deprivazione.

Gli studi delle relazioni tra musica e povertà, seppur recenti, hanno notevolmente

interessato la corrente etnomusicologica: la deprivazione caratterizza infatti numerose

ricerche emergenti in questa disciplina, come quelle che si concentrano sulla relazione

esistente tra musica e migrazioni forzate, o ancora quelle riguardo a situazioni di estrema

violenza in contesti urbani socio-economicamente depressi. Considerando l'etnomusicologia

una disciplina sempre più orientata allo studio delle problematiche sociali, è inevitabilmente

emersa la necessità di affrontare, attraverso il suo sguardo, uno dei temi maggiormente diffusi

a livello globale.

9
10
Capitolo I

1. La povertà: un concetto apparentemente semplice

Visualizzare ciò che noi intendiamo per povertà è un esercizio relativamente semplice se

messo a confronto con quello mirato invece a definirne il concetto. Questa complessità è insita

nella nozione stessa di povertà, strettamente connessa a quella di ineguaglianza, le cui radici

appartengono alla filosofia etica, richiamando inevitabilmente il nostro sistema di valori. Il

concetto di disuguaglianza in discipline come la statistica economica mira ad indicare la

diversità nel reddito percepito dai diversi soggetti o side ati. U ’ele ata dispa ità ella

distribuzione della ricchezza pone inevitabilmente problematiche di ordine politico, morale e

sociale. Nel tentativo di definire strumenti di misurazione della disuguaglianza ci si è

storicamente concentrati sullo sviluppo di indici di natura meramente descrittiva della

situazione presa in esame, strumenti economici di tipo esclusivamente quantitativo.

“u essi a e te p og edì al o t a io l’idea he l’a alisi della disuguaglia za o potesse

essere separata dalla visione etica sottostante: si dedusse come una forte irregolarità nella

distribuzione della ricchezza contribuisse in maniera considerevole alla perdita di benessere

sociale, nutrendo così la necessità di disporre di specifici indici in grado di segnalare anche la

componente etica del problema. La tipologia di indici utilizzati a riguardo risulta notevolmente

i flue zata sia dalle oti azio i sottosta ti l’atti ità della i e a he dalle o i zio i eti he

del ricercatore (essendo queste il fondamento sul quale il ricercatore stesso definirà il

maggiore o minore peso delle variabili reali capaci di incidere sulla distribuzione della

ricchezza).

Oggigio o l’uso tal e te o u e del te i e oggetto di uesto studio e de

appa e te e te si gola e l’esiste za di a iguità igua do al suo sig ifi ato. Po e tà el

linguaggio comune non sembra infatti essere potenziale fonte di equivoci, così come appare

11
chiaro cosa debba intendersi per il suo contrario. In verità, fin da una prima riflessione,

l’u i o ità se a ti a del te i e pe de il suo a atte e appa e te e te assoluto: appa e

chiaro come il confronto tra diversi contesti generi necessariamente diverse definizioni di

povertà, seppur designate con lo stesso vocabolo.

Analizzando la letteratura a riguardo3 si possono distinguere tre principali scuole di

pensiero alle quali ricondurre le differenti definizioni di povertà: la scuola Utilitarista, quella

dei Bisogni Primari e quella delle Capacità. I tre approcci condividono però la medesima idea

di base, secondo la quale un individuo può ritenersi povero nel momento in cui sia privo di

ual osa , al e o ad u li ello he possa esse e o side ato agio evolmente minimo. Per

i soste ito i dell’app o io utilita ista, il ual osa di ui p i ato l’i di iduo po e o il

benessere economico, inteso come utilità, ovvero come una condizione psicologica di felicità,

piacere, appagamento, oppure come un livello di consumo totale da cui ne deriva

e essa ia e te l’utilità. “e o do la s uola dei isog i p i a i, i e e, l’oggetto della

privazione è identificato in un paniere di beni e servizi la cui disponibilità è prerequisito stesso

alla qualità della vita.

L’app o io delle apa ità, he e à aggio e te s iluppato all’i te o del p ese te

lavoro, suggerisce al contrario un radicale cambiamento di prospettiva rispetto alle prime due

s uole. Nato egli a i’ , ede o e suo assi o espo e te l’e o o ista e premio Nobel

i dia o A a t a “e : egli o pe segue l’i te to di spiega e he osa sia la po e tà, a si

prefigge un obiettivo ben più generale; si pone come reazione al paradigma della scuola

utilita ista, i ui l’utilità assu ta o e il solo i di atore di benessere, e quindi come base

unica di scelta sociale. La teoria di Sen mette infatti in discussione gli assiomi tipici delle

tradizioni precedenti:

3
Sen, A.K. (1979)

12
 L’esiste za di u a elazio e, di etta e dete i ata, t a ua tità di

beni posseduta e utilità totale derivante.

 L’ide tità di o etto t a utilità e e esse e.

 La mancanza di un esplicito riferimento al problema delle libertà

individuali.

 Il fatto he l’ide tifi azio e del pa ie e di e i e se izi e essa i

al raggiungimento del benessere di una persona avvenga senza

te e e o to delle a atte isti he p op ie dell’i di iduo delle

circostanze in cui si trova ad operare4.

È evidente come giudicare il beneficio personale di un individuo soltanto in base alla

quantità dei beni e dei servizi di cui dispone possa condurre a risultati fuorvianti; al contrario

appa e e essa io, se o do “e , sposta e l’atte zio e dai e i i ua to tali a ciò che da essi

gli i di idui ies o o ad otte e e. Pa allela e te, o side a e l’utilità i di iduale o e u i o

elemento da cui poter dedurre e valutare il benessere rischia di essere un parametro riduttivo,

comportando una sistematica distorsione nella valutazione degli stati di privazione,

specialmente qualora si intendano effettuare comparazioni interpersonali, si pensi ad

esempio alla soglia più bassa di desideri di cui dispone un individuo che vive in condizioni di

estrema privazione.

Fin da una prima analisi appare quindi chiaro come quella che in un primo momento

poteva sembrare una parola chiara e di ovvio significato, inizi in realtà ad assumere nel

linguaggio comune molteplici valenze in relazione al contesto di utilizzo.

4
Sen, A.K. (1994)

13
1.1 Povertà assoluta e povertà relativa

L’a alisi della po e tà può i olt e adotta e due diffe e ti pu ti di ista, o e t a dosi

es lusi a e te sull’esa e della situazio e del si golo i di iduo po e tà assoluta oppu e

o f o ta do la situazio e di uest’ulti o o di ersi soggetti (povertà relativa).

Il p i o dei due o etti asato sull’idea he sia possi ile i di idua e u pa ie e di e i

e servizi primari (di tipo alimentare, abitativo, etc.) il cui consumo è ritenuto necessario per

evitare di cadere in uno stato di privazione. Tale paniere è successivamente espresso in termini

monetari, determinando così un livello minimo assoluto di spesa per consumi al di sotto del

quale è automaticamente individuata una condizione di povertà5. Avvalersi della definizione

di povertà assoluta comporta però alcuni inconvenienti. È difficile, in primo luogo, definire in

maniera esaustiva quali siano, in un dato contesto storico sociale ambientale e culturale, le

necessità di base proprie di un individuo. Inoltre la soglia di povertà assoluta, una volta

stimata, viene rivalutata annualmente in proporzione alle variazioni del costo della vita, non

considerando però la naturale evoluzione della quantità e della qualità dei beni ritenuti

primari. Rimane quindi invariata la composizione del paniere di riferimento, di cui muta

solamente la valorizzazione intesa in termini di spesa nominale necessaria per il suo acquisto.

Una visione della povertà intesa invece come fenomeno relativo permette di superare

questi inconvenienti e di disporre di una definizione più coerente con la realtà. Come

precedentemente accennato non è possibile quantificare un'unica soglia di povertà che possa

essere utilizzata in situazioni storico-sociali diverse. La ragione di questa impossibilità risiede

nel fatto che la vita sociale è essenzialmente una vita di relazione, di rapporti tra persone e

gruppi. La posizione che ciascuno ha nella struttura sociale assume significato solo se è

considerata in relazione alle posizioni degli altri: non si può dire ciò che si ha e ciò che si è se

5
Cfr. Rowntree, B.S. (1901)

14
non tenendo conto dell'intorno sociale con il quale si interagisce. Risulta pertanto opportuno

collocare alla base di ogni considerazione sulla povertà una definizione di povertà relativa, che

sia in correlazione con gli standard di vita preminenti in una data comunità, che accolga i

bisogni nel tempo e nello spazio al di là della semplice sopravvivenza6.

No osta te la o pletezza di uesta defi izio e, a he ell’a ito della po e tà elati a

appaiono diverse perplessità. Quando infatti la povertà viene definita in riferimento alle

condizioni di vita medie di una società può accadere che in un paese ritenuto povero si

riscontri una percentuale di poveri inferiore a quella invece di un paese considerato ricco; così

o ei uest’ulti o, può essere ritenuta povera una fascia di popolazione che in un altro

paese non sarebbe affatto tale. Queste incongruenze possono essere decifrate richiamando

la relazione tra povertà e disuguaglianza: misurare la diffusione della povertà è realmente la

misu azio e dell’este sio e della disuguaglia za. I u paese o side ato po e o a o u a

ristretta disuguaglianza, ad esempio, potremmo riscontrare un altrettanto ridotto tasso di

povertà, in quanto gran parte della popolazione vive in condizioni di vita comprese entro un

piccolo intervallo. Viceversa risulterà in un paese mediamente ricco ma con una forte

disuguaglianza, in cui gran parte della popolazione vive in condizioni lontane dalla media.

Per meglio intendere questa dualità di concetto è riportato un celebre esempio tratto da

The Wealth of Nations, scritto nel 1776 da Adam Smith:

[…] I u de sta d ot o l the o odities hi h a e i dispe sa l e essa fo the


support of life, but whatever the custom of country renders it indecent for creditable
people, e e the lo est o de , to e ithout […] Custo , i the sa e a e , has
rendered leather shoes a necessary of life in England. The poorest creditable person of
either sex would be ashamed to appear in public without them.7

6
Cfr. Morlicchio, E. (2000)
7
Smith, A. (2008, 822), t ad. it. ad ope a dell’auto e: Io comprendo non solo le merci che sono
indispensabilmente necessarie per il sostegno della vita, bensì qualsiasi cosa il costume del paese renda
indecente per le persone lodevoli, anche per quelle dell'ordine più basso, esserne sprovvisti [...] Il costume,
allo stesso modo, ha reso le scarpe in pelle un bene necessario per vivere in Inghilterra. Le persone più
po e e e sti a ili di e t a i i sessi si e gog e e e o di appa i e i pu li o se za di esse .

15
Indossare scarpe di cuoio ell’I ghilte a del XVIII se olo e a o side ato e essa io pe

apparire in pubblico senza vergogna, in quanto così era solito fare il tipico cittadino inglese.

Questa necessità, nelle parole di Smith, non è relativa bensì assoluta: indossare scarpe di cuoio

non comportava provare meno vergogna di altri, ma più semplicemente il non vergognarsi.

Ritenere che la povertà sia una conseguenza estrema della disuguaglianza sociale può risultare

molto valido dal punto di vista operativo, comportando una ridefinizione delle politiche sociali

e assistenziali, sostituendo interventi diretti alle persone povere con efficaci azioni volte a

modificare i meccanismi di distribuzione della ricchezza.

1.2 Da povertà unidimensionale a povertà multidimensionale

Nella percezione generale, ma anche negli studi a riguardo, la povertà è stata un concetto

p e ale te e te assi ilato a uello di iso se ate iali, po e do l’a e to sull’i suffi ie te

disposizioni di beni e risorse di cui valenza economica e materialità ne erano prerequisiti.

Contrariamente a questa accezione negli anni Ottanta prende voce una visione ben più

complessa del fenomeno, un nuovo approccio che non mette più solamente a fuoco la carenza

di reddito disponibile, come causa di povertà, ma prende in considerazione una ben più vasta

gamma di fattori che potrebbero, a prima vista, apparire distanti dalla tradizionale visione

economico-monetaria: sulla base di una prospettiva multidimensionale cominciano ad essere

analizzate le problematiche inerenti e le st ategie di i te e to, sposta do l’atte zio e da u a

prospettiva materiale ad una antropologica.

L’i o ati a defi izio e di po e tà p oposta tie e o to ad ese pio di li elli o

16
soddisfa e ti ei setto i dell’edu azio e e della salute, l’esposizione al rischio, la mancanza di

potere decisionale, di libertà di espressione, di partecipazione, la vulnerabilità di genere:

appare evidente come queste siano tutte variabili capaci di influenzare in maniera molto

marcata il benessere di un individuo o di u g uppo so iale. L’effi a ia dell’app o io

ultidi e sio ale o fe ata dall’a pia o side azio e i e uta e dalla f e ue te

utilizzazione che ne è stata fatta negli ultimi anni (di cui si parlerà in seguito), dando origine

ad una nuova percezione del fe o e o, do e uest’ulti o o più sola e te asso iato ad

u a se pli e a e za di eddito, e sì se p e più spesso alla a a za di u ’a itazio e, di

ezzi di a ali d’esp essio e, di a esso ai se izi sa ita i ed edu ati i.

U ’i dagi e po tata a a ti nel 2000 da Chambers, Narayan, Shah e Petesh, dal titolo

Voices of the poor – Crying out for changes8, pubblicata un anno dopo nel World Development

Report della Ba a Mo diale, fu ge da odello ese pla e i e ito all’app o io

multidimensionale. La ricerca, condotta chiedendo a soggetti considerati poveri, in 60 paesi,

di esprimere cosa fosse per loro il benessere e il malessere in base alla loro esperienza, ha

fatto emergere dei risultati interessanti: mentre il primo è stato descritto con le diverse forme

di a o ia, feli ità, li e tà dall’a sia, il se o do stato i e e des itto olt e o e a e za

di eddito o e u i sie e di stati d’a i o po o g atifi a ti e so se stessi. È

prevalentemente emerso come il malessere possa essere attribuito alla mancanza di fiducia

nelle proprie capacità, e alla frustrazione che generalmente ne deriva: si può quindi assumere

l’esiste za di u e esse e/ alesse e p e ale te e te psi hi o he, affia a dosi e

mescolandosi a quello materiale caratterizza a tutto tondo la povertà. È questo un argomento

capace di generare innumerevoli riflessioni, non solo per quanto riguarda il rapporto sotteso

tra benessere, welfare, felicità, coesione sociale e povertà, versante essenziale nelle politiche

8
Narayan, D. et al. (2000)

17
di cooperazione allo sviluppo, e sì pe iò he igua da l’i te p etazio e idutti a he la

teoria economica dominante accorda al significato di termini come fiducia nei confronti di una

presunta razionalità dei mercati e degli operatori economici. Dai risultati del sondaggio

emergono inoltre le incertezze causate da un ambiente naturale instabile o ostile, ovvero

uelle ge e ate dal diffo de si di i i e e iole za: pe u ’a pia fas ia di po e i i te istati,

benessere è inteso anche come libertà di scelta e di azione, come potere di controllo sulla

propria esistenza. Citando le parole di Amartya Sen, le molteplici forme di privazione riducono

the apa ilities that a pe so has, that is, the su sta ti e f eedo s he o she e jo s to lead

the ki d of life he o she alues .9

L’app occio cosiddetto multidimensionale, più problematico ma sicuramente più

effi ie te el des i e e la po e tà, sugge is e pe ta to di o side a e uest’ulti a o e u

fenomeno che non si esaurisce nella sfera delle utilità (soddisfazione, felicità, realizzazione

delle ambizioni...) o delle risorse (reddito, capacità di consumo, ricchezza...), piuttosto

considera queste come mezzi per raggiungere il benessere, non più come fini in sé.

1.3 Misu a e la po e tà, dal eddito all’i di e di s iluppo u a o

I diversi metodi di misurazione della povertà sono fondamentali se si vuole comprendere

sia l’e oluzio e del fe o e o he l’effi a ia delle politi he adottate pe o te e lo, idu lo o

ell’ipotesi iglio e eli i a lo. Queste ulti e o posso o i fatti ignorare o prescindere da

una documentata conoscenza di chi siano i poveri e di come essi reagiscano alle differenti

9
Sen, A.K. (1999, 87), t ad. it, ad ope a dell’auto e: Le apa ità he u a pe so a ha, o e o, le li e tà
effetti e godute pe o du e il tipo di ita he lui o lei app ezza .

18
strategie politiche. Possiamo individuare tre principali problematiche che emergono nel

momento in cui si predispongono gli strumenti per la misurazione:

 La definizione di uno o più indicatori di povertà adeguati.

 La scelta di un criterio di percezione della povertà, che permetta di

stabilire chi è considerato povero sul totale della popolazione.

 La costruzione di un indice di povertà ad hoc tramite le

informazioni disponibili.

La diffi oltà ell’osse azio e di a ia ili o e il e esse e e o o i o o le apa ità i di iduali

o ancora il grado di soddisfacimento dei bisogni rende necessario definire un insieme di

variabili, o meglio indicatori, al contrario misurabili, che riescano ad approssimare fedelmente

ciò che intendiamo per povertà.

Un indicatore di povertà può essere di tipo diretto o indiretto. Del primo tipo sono quegli

indicatori dedicati alla misurazione della dimensione stessa del fenomeno (ad esempio il

consumo giornaliero di un cibo), mentre appartengono alla variante indiretta quelli il cui

oggetto di misurazione è una conseguenza della dimensione considerata (nel nostro caso

l’i di e di assa o po ea . Go e i e istituzio i, ella definizione delle loro strategie di

intervento, utilizzano principalmente come indicatori il reddito e la spesa pro capite. Il primo

dei due indicatori economico-finanziari sopra menzionati è solitamente inteso come un flusso

di ricchezza percepito durante un dato periodo di tempo. Il reddito è quindi una variabile di

flusso, in quanto legata ad un preciso orizzonte temporale senza il quale perderebbe di senso.

La problematica principale che emerge designando questo tipo di indicatore concerne la sua

misurazione. Essa infatti risulta tendenzialmente semplice se riferita a componenti quali

salario o stipendio, ma diventa più ostica se oggetto della valutazione diventano ad esempio

19
il valore dei lavori domestici o la variazione del valore degli immobili. A differenza del reddito

il secondo indicatore, vale a dire il consumo di beni e servizi, gode di una certa stabilità nel

tempo ed è di più facile osservazione in contesti in via di sviluppo. Esso infatti, seppur riduttivo,

è un indicatore maggiormente indicativo del benessere (in quanto un individuo può

consumare anche senza reddito).

Esistono però ulteriori indici di rilevazione che non si fondano esclusivamente su un livello

monetario. Seguendo le direttive dei Rapporti sullo Sviluppo dello United Nations

Development Programme (UNPD, ovvero il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo)

affiora la necessità di indagare le cause e i legami della multidimensionalità della povertà

o te po a ea o l’es lusio e so iale t a ite u più effi a e ed esausti o sistema di misure:

la po e tà u a a più g a e della po e tà di eddito, e ita l’VIII Rappo to UNPD del ,

la negazione delle scelte e delle opportunità che consentono uno standard di vita

accettabile.10

In virtù di un approccio umano alla povertà il Programma delle Nazioni Unite per lo

Sviluppo pubblica annualmente (dal 1990) i Rapporti sullo Sviluppo Umano, ponendosi come

variante innovativa delle tradizionali vie di analisi dello sviluppo, eccessivamente (se non

esclusivamente) basate sulla crescita economica. Il nuovo approccio allo sviluppo umano

ridisegna i confini dello sviluppo stesso, dove la crescita economica si pone come mezzo e non

fi e dello s iluppo e l’esse e u a o p otago ista del p o esso di s iluppo e o se pli e

beneficiario. Le pu li azio i dell’UNPD ha o i izial e te esso a fuo o te i uali appu to

le relazioni che intercorrono tra sviluppo umano e crescita economica per poi concentrarsi su

questioni riguardo il finanziamento dello sviluppo stesso, le sue prospettive internazionali, le

dis i i azio i di ge e e, pe poi o e t a e l’atte zio e dal sulla po e tà. A uesti

10
United Nation Development Program (1997)

20
studi si affiancano numerosi altri rapporti elaborati da altrettante organizzazioni internazionali

quali ad esempio il Rapporto sulla Situazione Sociale nel Mondo (promosso dal Segretariato

delle Nazioni Unite), la Situazione dei Rifugiati nel Mondo (UNHCR, Alto Commissariato delle

Nazio i U ite pe i Rifugiati e i epo t i te azio ali sull’i fa zia UNICEF, Fo do delle Nazio i

U ite pe l’I fa zia).

Ideato el dall’e o o ista pakista o Mah u ul Ha col sostegno del già citato

A a t a “e , l’I di e di “ iluppo U a o HDI – Human Development Index) è un indicatore

di s iluppo a oe o o i o utilizzato dall’O ga izzazio e delle Nazio i U ite i sie e al

Prodotto Interno Lordo per valutare la qualità della vita nei paesi membri. È tendenzialmente

costruito sulla base di tre indicatori quali speranza di vita, grado di istruzione e media del PIL

pro capite. Il suo valore è finalizzato ad indicare quanto ciascun Paese, in una scala da 0 a 1, si

è approssimato a:

 Speranza di vita 85 anni, misurata alla nascita.

 A esso all’ist uzio e pe tutti, isu ato dalla edia po de ata di

alfabetizzazione degli adulti e dal tasso di iscrizione alle scuole

elementari, medie e superiori.

 Livello dignitoso di reddito, misurato attraverso la parità del potere

di acquisto espresso in dollari statunitensi.

Di seguito so o ipo tate le fo ti utilizzate pe il al olo dell’i di e:

 United Nations Population Division (New York).

 United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization

(Parigi).

 World Bank (Washington D.C.).

21
 Food and Agriculture Organization (Roma).

 International Labor Organization (Ginevra).

 Organization for Economic Cooperation and Development (Parigi).

 United Nations Fund for Population Activities (New York).

 World Health Organization (Ginevra).

L’I di e di “ iluppo U a o o ha la p etesa di esse e u i di e esausti o dello s iluppo,

esso piuttosto ha u a fu zio e o ati a: o t i ui e a diffo de e u ’idea di s iluppo o e

fenomeno complesso e multidimensionale.

Nel all’i te o del Rappo to sullo “ iluppo U a o stato i olt e i t odotto lo

Human Poverty Index, HPI o Indice di Povertà Umana, finalizzato a valutare il grado di presenza

(o di assenza) delle opportunità necessarie agli individui per condurre una vita lunga e sana e

mantenere un buon tenore di vita: vengono per la prima volta utilizzati i parametri

dell’es lusio e pe isu a e lo s iluppo.

L’HPI utilizza i fatti i di ato i o e e ità della ita, a a za di ist uzio e di ase,

mancanza di accesso alle risorse pubbliche e private, abbandonando la vecchia concezione di

po e tà idotta i te i i di eddito. Più ello spe ifi o l’I di e di Po e tà U a a a alizza:

 I caratteri della sopravvivenza: esposizione alla morte ad una età

considerata relativamente bassa (prima dei 40 anni).

 La di e sio e della o os e za e dell’es lusio e dal o do della

lettura e della comunicazione.

 L’i sie e delle atti ità e essa ie pe o segui e u o sta da d di

vita decente, vale a dire la percentuale di persone con accesso ai

22
se izi sa ita i, all’a ua pota ile e la pe e tuale di a i i

malnutriti al di sotto dei cinque anni.

L’I di e di “ iluppo U a o sop a des itto stato affia ato, a pa ti e dal , dal

Gender-related Development Index, o Indice di Sviluppo di Genere, la cui particolarità risiede

ell’a alizza e le di e sio i dello s iluppo te e do o to delle diseguaglia ze esiste ti t a

uomo e donna. Per affinare il potenziale descrittivo di questo indicatore è stato

parallelamente definito a he l’I di e di Pa te ipazio e delle Do e Ge de E po e e t

Measu e o l’i te to di e ide zia e ello spe ifi o e t o uali te i i le do e sia o esse

in condizione di partecipare alla vita politica ed economica del proprio Paese.

Tra le osse azio i egati e he so o e e se dall’utilizzo dei due i di ato i di ge e e

importante ricordare come entrambi non riescano comunque a fornire informazioni

dettagliate sulle ampie e ricorrenti discriminazioni tra donne appartenenti a diversi gruppi

et i i o di e se lassi so iali all’i te o dello stesso Paese. Lo stesso “e o ispa iò di e se

iti he igua do al u i aspetti dell’I di e di “ iluppo U a o:

De o a ette e di o a e i izial e te i o os iuto u g a de e ito all’HDI […] i


un primo o e to a e o esp esso a Mah u ul Ha , l’ideato e del Rappo to u a o,
u o side e ole s etti is o di o e t a e l’atte zio e su u i di e g ezzo di uesto
tipo, nel tentativo di comprendere in un unico e semplice numero una realtà complessa
relativa allo sviluppo umano.11

A detta dell’e o o ista i dia o u o dei p i ipali pu ti de oli dell’i di ato e

o siste e e ell’asse za della di e sio e delle li e tà t a gli ele e ti he do e eo

essere sintetizzati al suo interno: stampa indipendente, libere elezioni, multipartitismo,

garanzie di libertà di espressione, tutti presupposti fondamentali dello sviluppo. Ad essi si

11
Sen, A.K. (2000, p. II)

23
aggiu go o i olt e l’asse za di pa a et i o e o i po ta ti elati i all’a ie te, alla

cultura, alla tipologia di regime.

I ulti a a alisi, seppu l’HDI rimanga uno strumento capace di rappresentare in maniera

immediata un contesto sociale aldilà della sola percezione economica, non bisognerebbe

t alas ia e, o sotto aluta e, l’i po ta za della ualità dei dati a disposizio e dell’UNDP: La

maggioranza dei Paesi dedica gran parte delle sue risorse alla pubblicazione di statistiche

inerenti la crescita economica, ma prodiga sforzi inferiori per quelle finalizzate a misurare la

condizione umana.12 La pa zialità o l’e essi a app ossi azio e dei dati fo iti dai governi,

utilizzati poi per la costruzione degli indici, rischiano così di mascherare (a volte

intenzionalmente) situazioni e contesti di seria disuguaglianza e disparità. A quanto detto si

somma la debolezza cronologica dei dati stessi, in quanto i governi, tardando eccessivamente

nella trasmissione dei dati dal momento della loro rilevazione, rischiano di fornire delle

informazioni non più in grado di descrivere un quadro aggiornato dello sviluppo umano.

1.4 L’app o io delle Capa ità

L’o ie ta e to allo Sviluppo Umano così finora descritto contribuisce a ristabilire la

di e sio e eti a all’i te o del di attito so io-economico, suggerendo e promuovendo un

fondamentale criterio di interpretazione: benessere e libertà degli individui come fini dello

sviluppo. La tradizionale concentrazione dedicata quasi esclusivamente alla crescita del

Prodotto Interno Lordo spesso non è stata in grado di percepire la debole dipendenza che

sussiste tra crescita del PIL e miglioramento della qualità della vita, ignorando oltretutto le

implicazioni di carattere morale sottese alle strategie politiche di sviluppo: il frequente ricorso

12
United Nation Development Program (1993)

24
alla figu a dell’ho o œ o o i us come rappresentazione realistica delle caratteristiche

umane ha maldestramente ignorato la sua funzione esclusivamente teorica finalizzata

all’illust azio e se plifi ata di dete i ati e a is i e o o i i.

Lo stesso Adam Smith, sia ne La teoria dei sentimenti morali che nel più celebre La

ricchezza delle nazioni, ele a u a o ezio e più a pia delle oti azio i sottosta ti l’agi e

umano in un contesto sociale, allontanandosi da quelle che designano il comportamento di un

individuo razionale come unicamente auto-interessato. Il filosofo ed economista scozzese

sposa al o t a io u a isio e dell’e o o ia i s i di ile da ualità o e l’u a ità, la

generosità, la giustizia e lo spirito pubblico, presupposti della convivenza sociale. Il binomio

etica-economia ha però radici ben più remote. Le prime attestazioni risalgono al IV secolo a.C.

e più p e isa e te agli s itti sull’eti a di A istotele i ui il filosofo g e o asso ia a l’e o o ia

ai fi i u a i, allo ta a dosi io da u a isio e di uest’ulti a u i a e te o ie tata al

perseguimento della ricchezza fine a se stessa, piuttosto che mezzo per il raggiungimento di

altri fini. La felicità, sostiene Aristotele, non è identificabile nei soli beni mondani, che

idu e e o l’uo o allo stadio a i ale se posti o e o ietti o di ita, e sì ell’utilizzo della

ratio umana, le virtù e le capacità pe ulia i dell’uo o esse a disposizio e del i e e so iale:13

Noi desideriamo [la felicità] sempre di per se stessa e mai per qualche altro fine; mentre
invece l'onore e il piacere e la ragione e ogni altra virtù li perseguiamo bensì di per se
stessi […], tutta ia li s eglia o a he i ista della feli ità, i agi a do di pote esse
felici attraverso questi mezzi.14

Ed p op io dalla iela o azio e dell’a istoteli a Etica Nicomachea che trae fondamento la

base intellettuale dell’i o ati o app o io alla po e tà a a zato dall’e o o ista i dia o

13
Scarnicci, M.C. (2012)
14
Aristotele, Etica Nicomachea, I, 7, 1097a-b.

25
Amartya Sen e ampiamente supportato dagli scritti della filosofa americana Martha

Nussbaum.15 L’app o io delle Capa ità te de zial e te ostituito da u a teo ia o ati a

del benessere u a o, u odello alutati o fo dato sul supe a e to degli s he i dell’eti a

sociale tradizionale che si pone come modello alternativo o complementare ai paradigmi

neoliberista, utilitarista e welfarista. La principale differenza che intercorre tra il nuovo

approccio e gli schemi delle tre tradizioni citate è la definizione di una nuova base informativa

pe la isu azio e del e esse e effetti o degli i di idui ell’a ito di u dete i ato

contesto economico-socio-culturale.

A differenza dei paradigmi neoliberista e utilitarista, che pongono merci e utilità come

metro di valutazione del benessere, i due filosofi si concentrano piuttosto sulle componenti

ostituti e oggetti e del i e e e dell’esse e degli i di idui, o e o ide tifi ati i se o ai

funzioname ti e alle apa ità. I p i i ostituis o o l’i sie e degli stati di esse e e di fa e delle

persone, stati dotati di buone ragioni per essere scelti e tali da qualificare lo star bene. Esempi

di fu zio a e ti posso o esse e i t a iati ell’esse e adeguatamente nutriti, essere in

uo a salute, esse e feli i o ell’a e e ispetto di s . Pe apa ità i e e so o i tese le

potenziali combinazioni di funzionamenti che un individuo è in grado di realizzare

liberamente, ossia la libertà di scegliere fra una serie di ite possi ili: nella misura in cui i

funzionamenti costituiscono lo star bene, le capacità rappresentano la libertà individuale di

acquisire lo star bene .16 Nella isio e se ia a il eale e esse e dell’i di iduo, o e o la

qualità sociale della sua vita, è inevitabilmente conseguenza dei funzionamenti acquisiti e

delle apa ità di ui egli dispo e, ale a di e l’effetti a li e tà e possi ilità di pote pe segui e

15
Nussbaum, M. (2012)
16
Sen, A.K. (2002)

26
i primi sulla base della propria natura, dei propri valori e delle proprie aspirazioni.

L’i o azio e p i ipale i t odotta dall’app o io delle Capa ità può si tetizza si

ell’a alisi e ella e ifi a olt e he degli stati di esse e e di fa e del g ado di effetti a li e tà

personale di poter essere e poter fare in un determinato contesto culturale, sociale ed

e o o i o. Da ueste affe azio i se a possi ile o stata e he ell’app o io delle

capacità il benessere effettivo individuale possa essere inteso come il frutto del libero sviluppo

di se stessi, dove il concetto di libertà deve essere inteso nella sua accezione positiva – libertà

di – e non negativa – libertà da.17 La dimensione per così dire attiva degli individui proposta in

questo modello è un ulteriore elemento di demarcazione e caratterizzazione. Emerge

chiaramente dalle considerazioni formulate da Sen e da Nussbaum18 l’i po ta za del uolo

atti o dell’uo o e della do a el o testo so iale: la so ietà he de e fo i e e e de e

disponibili gli elementi necessari agli individui per provvedere attivamente allo sviluppo del

prop io io, dell’io so iale. Affe a “e i Identità e violenza: Il iduzio is o solita ista

dell'identità umana ha conseguenze di ampia portata. Un'illusione evocata per dividere gli

individui in categorie straordinariamente rigide può essere usata per istigare scontri fra

g uppi .19 La ricchezza individuale, orientata al benessere condiviso, deve essere valorizzata,

protetta, stimolata, a ragione di una motivazione prettamente morale e di una strumentale;

la promozione e la garanzia di un ruolo attivo della persona, dice esplicitamente Sen 20, è

auspicabile non solamente come forma di riguardo della dignità individuale (motivazione

morale), ma in quanto condizione favorevole per il buen vivir dell’i te a olletti ità.

17
Sen, A.K. (2003).
18
Sen, A.K. e Nussbaum, M.C. (1993)
19
Sen, A.K. (2006)
20
Sen, A.K. (2000)

27
Lo stesso processo di sviluppo, e gli strumenti per promuoverlo, subiscono notevoli

conseguenze di definizione se interpretati con lo sguardo delle capacità. Cambiano le finalità

dello sviluppo, rivolte ora a creare un contesto di appoggio e tutela degli interessi, delle

necessità e della creatività umana. È necessario a questo proposito porre una doverosa

premessa: promuovere lo sviluppo i pli a l’oppo tu a fo azio e di u adeguato o plesso

di aspettative, ambizioni e valori da parte delle persone e delle Istituzioni, ovvero stimolare la

nascita e la coltivazione di una coscienza critica in essi: costruire una soggettività complessa,

non garantire semplicemente un reddito adeguato, come scrive Martha Nussbaum:

Le democrazie hanno grandi risorse di intelligenza e di immaginazione. Ma sono


esposte ad alcuni seri rischi: scarsa capacità di ragionamento, provincialismo, fretta,
inerzia, egoismo e povertà di spirito. L'istruzione volta esclusivamente al tornaconto sul
e ato glo ale esalta ueste a e ze, p odu e do u ’ottusa g ettezza e u a do ilità
– in tecnici obbedienti e ammaestrati – che minacciano la vita stessa della democrazia,
e che di sicuro impediscono la creazione di una degna cultura mondiale.21

Partendo da queste considerazioni affiora chiaramente il nuovo concetto di equità sociale utile

alla ridefinizione delle politiche internazionali, volte quindi a distribuire capacità e opportunità

i o elazio e alla edist i uzio e della i hezza: la posizio e e t ale dell’i di iduo el

processo di sviluppo a garantire partecipazione e uguaglianza di opportunità.

1.5 Superamento dei limiti tradizionali

Prima di affrontare la di e sio e p o le ati a dell’app o io delle Capa ità e le

interessanti perplessità che esso ha suscitato, è importante capire quali punti di imperfezione

e quali limiti delle scuole di pensiero tradizionali il modello seniano è in grado di superare. Si

21
Nussbaum, M.C. (2013, p. 154)

28
analizzerà per primo il modello proposto dalla Scuola Utilitarista.

La critica principale ai metodi di analisi del benessere condotti dai sostenitori delle utilità,

fondati sullo studio delle preferenze soggettive, e quindi del grado di soddisfazione personale

dell’i di iduo, t o a o igi e ell’i apa ità di o side a e la oltepli ità di situazio i uali

paura, consuetudini, risorse o incapacità che deformano inevitabilmente le preferenze e i

desideri delle persone: queste infatti, se accettassero con rassegnazione la loro condizione di

privazione, potrebbero paradossalmente figurare come soddisfatte agli occhi, o ai dati,

fo alizzati es lusi a e te sul g ado di appaga e to pe so ale. L’app o io utilita ista o

in grado di considerare rivendicazioni di diritto o di libertà se queste non influiscono sul grado

di soddisfazione personale, conducendo inevitabilmente a una distorta (e rischiosa, se

osservata dal punto di vista normativo) percezione delle reali condizioni degli individui.

L’Utilita is o i oltre considera di pari valore normativo le preferenze soggettive. Un

approccio di questo tipo si dimostra sì avverso ad imporre qualcosa che sia estraneo

all’i di iduo, a alt etta to e ite te el t atta e i odo diffe e te pe so e o a izio i

o desideri diversi, rimanendo in questo modo inerte innanzi ad un atteggiamento critico nei

o f o ti dell’i giustizia so iale ed istituzio ale.

Specialmente nella visione del approccio delle Capacità di Martha Nussbaum, che verrà

in seguito affrontata, ci si pone come finalità la definizione di giudizi di valore sulla reale e

oggettiva condizione degli individui, giudizi atti a perfezionare sia le condizioni stesse che le

norme volte a tutelarle, indipendentemente dal fatto che le persone si siano o meno adattate

alla o dizio e oggetto di alutazio e. No più l’i soddisfazio e ad esse e al e t o

dell’atte zio e a le apa ità: se u a pe so a o possiede le apa ità pe o du e u a ita

dig itosa, pe ese pio a ausa di ual he ha di ap, uell’i apa ità i po tante di per sé,

non solo perché quella persona è insoddisfatta per tale insuccesso. La stessa debolezza nel

29
descrivere le reali condizioni degli individui viene attribuita, dai sostenitori delle capacità,

anche al paradigma dei beni fondamentali, il cui carattere distintivo è riposto nella valutazione

del benessere esclusivamente in base alla quantità di beni fondamentali posseduti dalle

persone. Un approccio di questo tipo appare evidentemente limitato, in quanto non

rileverebbe circostanze in cui caratteristiche soggettive differenti necessitassero di altrettanto

differenti tipologie o di diversi quantitativi di beni per ottenere il medesimo grado di

benessere. Come afferma Sen in Lo sviluppo è Libertà: P i ilegia e i odo es lusi o e te

caratteristiche mentali (come il piacere, la felicità o il desiderio) può essere particolarmente

limitativo quando si fanno confronti interpersonali di benessere e deprivazione. I nostri

desideri e la nostra capacità di provare piacere si adattano alle circostanze, soprattutto per

farci sopportare la vita nelle avversità, e il calcolo utilitaristico può essere profondamente

iniquo verso chi è deprivato in modo permanente, come le sempiterne bestie da soma delle

società stratificate: minoranze perennemente oppresse entro comunità intolleranti, lavoratori

agricoli tradizionalmente precari che vivono in un mondo di incertezza, operai oberati da un

perenne superlavoro imprigionati in un assetto economico che li sfrutta, donne di casa

sottomesse senza speranza in culture duramente sessiste. I deprivati tendono a venire a patti

con la loro condizione per pura e semplice necessità di sopravvivere, e possono di

conseguenza non avere il coraggio di chiedere un qualsiasi cambiamento radicale o addirittura

adeguare i desideri e le aspettative alle cose che – senza alcuna ambizione – considerano

fattibili. La misura mentale del piacere o anche del desiderio è troppo malleabile per

app ese ta e u i di ato e atte di ile della dep i azio e e dello s a taggio .22

22
Sen, A.K. (2000, p.87)

30
1.6 C iti he all’ope atività del modello

L’a alisi iti a del odello se ia o si è evoluta su molteplici dimensioni e punti di vista.

L’app o io delle apa ità app ese ta i fatti o te po a ea e te u odello di s iluppo

economico, una proposta di azione politica pubblica, una teoria etico-sociale, un paradigma

per ridefinire la qualità della giustizia e della vita nel suo complesso. Focalizzando la nostra

analisi sulle tematiche principali, emerge come una delle critiche più diffuse nel dibattito

attualmente in corso riguardi la traduzione operativa del modello teorico elaborata

dall’e o o ista i dia o. L’oppo tu ità e la possi ilità di utilizza e el o eto la

configurazione teorica proposta come strumento di valutazione è tuttora fonte di numerose

perplessità e difficoltà da parte degli studiosi. Oltre alle difficoltà di un utilizzo effettivo degli

strumenti teorici suggeriti dal modello per misurare il livello di benessere oggettivo e

l’effetti a ualità della ita, isulta di o fa ile o p e sio e o e tali p i ipi possa o

essere tradotti successivamente in principi costituzionali o in specifiche politiche di sviluppo.

Martha Nussbaum avanza una delle critiche più rilevanti a proposito23: concentrando la

sua disapprovazione sulla debole forza costruttiva del relativismo sociale e culturale seniano,

Nuss au iti a all’e o omista indiano, pervaso dalla ricerca di un punto di vista soggettivo

in modo assoluto, di non essere riuscito ad individuare una serie di capacità fondamentali

minime, una soglia di capacità universali, rendendo assai problematica la traduzione operativa

del suo modello. Risulterebbe infatti, a detta di Nussbaum tendenzialmente impossibile

verificare la misura per cui un individuo sia in grado di realizzare, in uno specifico contesto, i

fu zio a e ti ui aspi a. L’asse za di u a o figu azio e i i a di apacità universali

i de oli e e i olt e la alutazio e o ati a delle stesse aspi azio i dell’i di iduo, affi h

23
Nussbaum, M. C.e Glover, J. (1995)

31
possano o meno essere ritenute adeguate ad una vita degna di un essere umano (così come

Sen si prefigge). Tale difficoltà rispetto alla selezione di un elenco minimo di capacità era

d’alt a pa te stata affe ata da “e : egli stesso o side a a p esso h i isol i ile la

uestio e di u a lo o i di iduazio e spe ifi a, se o att a e so l’atti azio e di p o essi

deliberativi democratici, coinvolgendo direttamente gli individui destinatari dei programmi di

azio e politi a. L’e o o ista i dia o i adis e l’esige za di st u e ti e atego ie ad hoc

effi a i ella alutazio e del g ado di giustizia di u a so ietà ispetto ad u ’alt a, isio e e

diversa da quella che invece aspira alla definizione di una società ideale: Sen rivendica in

uesto odo l’affi ità del suo odello o la teo ia della s elta olletti a.24 La proposta di

Martha Nussbaum è dunque di introdurre un elenco di capacità fondamentali minime ed

universalmente riconosciute, una lista in seno alla quale possano essere

contemporaneamente accolti il valore strumentale e quello normativo del modello, in grado

osì di i po e l’esige za o ale di tutela delle aspi azio i fo da e tali alla escita umana.

Il valore che la filosofa americana riconosce in merito alle capacità va oltre la loro

strumentalità al raggiungimento di una migliore qualità della vita: esse sono valide in se stesse,

nella misura in cui rendono pienamente umana la vita che le include. Sono dieci le voci che

Nussbaum, col frutto di anni di discussioni e confronti interculturali, ha inserito nella lista delle

capacità ritenute minime, dieci punti corrispondenti ad altrettante libertà fondamentali:

 Vita: essere in grado di vivere interamente una vita di normale

durata, di non morire prematuramente, o prima che la vita sia

ridotta a uno stato che la renda indegna di essere vissuta.

 Salute fisica: essere in grado di avere una buona salute, compresa

quella riproduttiva, essere ut iti e a e e u ’a itazio e adeguata.

24
Sen, A.K. (2003)

32
 Integrità fisica: essere in grado di muoversi liberamente da un

luogo all’alt o, esse e al ipa o da og i tipo di iole za, i lusa

quella sessuale e quella domestica, avere la possibilità di trovare

soddisfazione sessuale e di scegliere in merito alla riproduzione.

 Sensi, immaginazione e pensiero: essere in grado di utilizzare i

propri sensi, immaginare, pensare e ragionare in modo informato

e olti ato da u ’adeguata ist uzio e; esse e i g ado di usa e la

propria immaginazione in relazione alla produzione di opere di

auto-espressione e a manifestazioni liberamente scelte di natura

religiosa, letteraria, musicale, creativa in genere. Essere in grado di

esercitare il proprio senso critico protetto dalle garanzie di libertà

d’esp essio e, sia sul pia o politi o he a tisti o. Essere in grado

di ricercare il senso ultimo della vita in modo autonomo.

 Emozioni: essere in grado di avere legami con persone e cose al di

fuori di noi stessi, poter amare chi ci ama, essere liberi di soffrire,

sentire mancanza, gratitudine e rabbia giustificata. Avere uno

sviluppo emotivo non rovinato da eccessiva paura, ansia o eventi

traumatici.

 Ragion pratica: essere in grado di formare per sé una concezione

del bene e di impegnarsi nella riflessione critica sul modo in cui

pianificare una propria forma di vita.

 Unione: Essere in grado di vivere con gli altri e rispetto agli altri, di

riconoscere e mostrare interesse per gli altri esseri umani, di

impegnarsi nelle più svariate forme di interazione sociale (anche

sul lavoro), essere capace di giustizia e di amicizia. Essere in grado

33
di avere le basi sociali per ottenere il rispetto di sé e non essere

umiliati, implicando così protezione contro discriminazioni di razza,

sesso e orientamento sessuale, religione, casta, appartenenza

etnica, nazionalità.

 Altre specie: essere in grado di vivere in relazione con animali,

piante e con il mondo naturale.

 Gioco: essere capaci di ridere, giocare e godere delle attività

ricreative.

 Avere il controllo sul proprio ambiente: essere in grado di

partecipare effettivamente alle scelte politiche che regolano la

propria vita, godendo del diritto di partecipazione politica attiva

così come della libertà di parola e di associazione. Essere in grado

di avere proprietà materiali, come terra e beni mobili, godere di

diritti di proprietà su una base paritaria, godere del diritto di

cercare lavoro, essere garantiti da perquisizioni e confische

ingiustificate.25

La e essità di t adu e ope ati a e te l’i pia to teo i o dell’app o io delle Capa ità ha

fatto sì he l’O ga izzazio e delle Nazio i U ite giu gesse fi al e te ad affe a e la e essità

di assicurare le suddette capacità fondamentali ad ogni fase della crescita economica: il mancato

conseguimento delle capacità rende semplicemente impossibili sia molte scelte di azione politica

che, inevitabilmente, le opportunità di sviluppo umano.

25
Nussbaum, M.C. (2000)

34
1.7 Capacità e Diritti

P o ede do ell’a alisi degli aspetti iti i i e e ti al pa adig a delle apa ità, affio a la

problematicità in merito al rapporto concettuale tra capacità e diritto, delicatamente

affrontata e in parte risolta dalla filosofa Nussbaum.26

Emerge la concezione dei diritti intesi come capacità combinate, dove le stesse capacità

non si pongono come alternativa al diritto ma lo racchiudono in se. Appare infatti

concettualmente possibile, afferma Nussbaum27 identificare tre macro-capacità:

 Capacità fondamentali

 Capacità interne

 Capacità combinate

I se o alle p i e si può i o os e e l’att ezzatu a i ata degli i di idui he la ase

e essa ia allo s iluppo di apa ità più a a zate 28, come ad esempio la capacità di provare

affetto. Per capacità interne sono rappresentati invece gli stadi di sviluppo della persona in

ua to o dizio i suffi ie ti pe l’ese izio delle fu zio i i hieste e he si posso o s iluppa e

sia individualmente sia interagendo col contesto ambientale, come la capacità di parlare la

propria lingua. Sono le capacità interne combinate con condizioni esterne adatte ad esercitare

quella funzione29 quelle che, infine, determinano le capacità combinate elaborate da

Nussbaum, ovvero sussistono quando un individuo ha maturato una determinata capacità che

viene però condizionata da un fattore esterno e, nel peggiore dei casi, esclusa dal diritto di

potersi esprimere: i diritti intesi come capacità combinate ritraggono perciò la relazione

26
Nussbaum, M.C. (2000)
27
Nussbaum, M.C. (2003)
28
Nussbaum, M.C. in Castiglione, S. (2012, p. 80)
29
Abbate, F. (2002)

35
a o i a sottesa t a le fa oltà s iluppate dall’i di iduo e la garanzia di poterle esercitare o

ealizza e. Co e affe a Nuss au : I di itti so o i po ta ti o solo pe soddisfa e i

isog i, a essi so o fo da e tali a he pe fo ula e i isog i. 30

Nel Rappo to sullo “ iluppo U a o pu li ato dall’ONU el ie e trattato in

maniera esplicita, seppur con un approccio differente, il delicato discorso fin qui esposto, che

vede comparire quindi una netta relazione tra i concetti di diritto e di capacità. Benché

riconosca le analoghe finalità in seno ai due concetti, il Rapporto ribadisce infatti la loro

dimensione normativa differente e appartenente a due movimenti intellettuali distinti: quello

sullo Sviluppo Umano e quello sui Diritti Umani. Nel concetto di diritto, si può desumere dal

Rapporto, non solo è rinchiusa l’idea di u a p etesa o di u a i hiesta dell’i di iduo o e la

richiesta di assistenza o di tutela), ma è implicitamente assunta che questa richiesta avvenga

nei confronti di terzi.

È importante inoltre notare come nella prospettiva seniana risieda il tentativo di

des i e e i di iduo e so ietà i u ’otti a a t opologi a di tipo so io-relazionale, dove il

discorso sullo sviluppo umano coinvolge contemporaneamente individuo e società,

t adu e dosi i ulti a ista za ell’i elutta ile o giu zio e i te atti a tra sviluppo del

singolo e sviluppo della società, vista come dimensione spaziale della libertà. Sebbene con

capacità si debba intendere la libertà sostanziale di ogni individuo, essa è allo stesso tempo

manifestazione di un impegno sociale, la cui effettiva realizzazione non può prescindere dal

o testo so iale di ife i e to. Co side a e la li e tà i uesti te i i sus ita u ’i te essa te

riflessione in merito al ruolo giocato dalla comunità di appartenenza nella formazione delle

preferenze per così di e di adatta e to, he t o a o la lo o agio d’esse e p i ipal e te

30
Nussbaum, M.C. (2001, p. 115)

36
ella o suetudi e, a a he ell’i ti idazio e e el se ti e to di i giustizia.31 Le difficoltà

che emergono nella valutazione del grado di giustizia o di limitazione della libertà nei confronti

di usanze profondamente radicate nel tessuto culturale, contribuiscono inevitabilmente

all’i de oli e to della teo ia stessa: l’a piezza he oi olge lo spazio di alutazio e e de

difficili e non particolarmente vigorose le critiche alle politiche pubbliche, rischiando inoltre di

non dimostrarsi efficiente come modello di etica pubblica.

L’app o io delle Capa ità, o osta te il suo o side e ole te o e, o si p opo e o e

teoria politica sostitutiva della dottrina dei diritti umani. Il suo piuttosto è un atteggiamento

di tipo i teg ati o a uest’ulti a, alg ado di e si p i ipi ge e ali o e e ti le istituzio i

(come la separazione dei poteri, il decentramento amministrativo o la costituzioni di enti

dedicati alla prevenzione della corruzione) si possano ritenere essenziali per la tutela delle

capacità umane. La misurazione delle capacità si pone come vero nucleo innovativo del

paradigma, capace così di attribuire maggior rilevanza alle opportunità offerte dalla politica,

anziché alle risorse intese come mezzi per la realizzazione degli obiettivi sia individuali che

comunitari. In altri termini, possiamo dire che perseguire questo schema implichi

esse zial e te la alutazio e dell’esigi ilità del di itto u i e sale di pote dispo e

dell’eguaglia za e delle li e tà effetti e he assi u i o all’i di iduo la possi ilità di s eglie e il

tipo di vita da condurre.32 In questa prospettiva la libertà e i diritti civili assumono

fondamentalmente un valore che va ben oltre quello semplicemente strumentale: hanno

u ’i po ta za di etta, i t i se a. La lo o i po ta za ostituti a e e ge hia a e te ua do

si passa ad esa i a e il uolo dei di itti u a i ell’a ito dello s iluppo, di e sio e i ui le

libertà sostanziali comprendono sia capacità elementari che libertà attinenti al diritto di

31
Nussbaum, M.C. (2007)
32
Ibidem

37
espressione, partecipazione, etc. Tendenzialmente gran parte dei governi autoritari

giustificano le trasgressioni compiute a danno dei diritti fondamentali di libertà adducendo la

priorità di altri diritti: casi come la difesa del diritto allo sviluppo economico sono sostenuti

affinché il godimento di diritti di libertà o di partecipazione possa essere dilazionato o, nel

peggiore dei casi revocato, come se questi potessero ostacolare lo sviluppo stesso. Questo

atteggiamento istituzionale di elusione del diritto in vista di un soddisfacimento prioritario di

bisogni materiali si rivela profondamente pretestuoso, alla luce di un modello di sviluppo che

t o a fo da e to sull’eguaglia za delle li e tà effetti e degli i di idui.33 Come lo stesso Sen

è solito sottolineare, la capacità individuale di concettualizzazione del bisogno dipende

necessariamente dal dibattito pubblico, garantito esclusivamente da un equo grado di libertà

individuale nel perseguire le modalità di vita maggiormente corrispondenti ai propri valori:

dissenso e partecipazione politica sono presupposti costitutivi dello sviluppo. 34 La tutela dei

di itti politi i e i ili off e agli i di idui l’oppo tu ità, e la fo za o ati a, di se si ilizzazio e

delle istituzioni, affinché vengano promosse azioni pubbliche che non si limitino a

u ’assiste za di tipo pate alisti o.

Pu i o os e do la fo datezza di ti o i e pe plessità i e ito all’app o io delle

apa ità p oposto dall’e o o ista i dia o, spe ial e te pe ua to igua da l’ope ati ità di

esso (per via dello scarto giacente tra modello ideale e teoria reale), è altrettanto importante

riconoscergli il merito di aver avviato una nuova e profonda discussione sui nuovi orientamenti

allo sviluppo, dibattito che ora può dirsi arricchito della dimensione filosofica, di quella etica

e di uella a t opologi a, po ge do osì al e o u seg o di iò he l’app o io delle apa ità

può offrire muovendoci dai suoi obiettivi e dai diritti verso la costruzione di una decente

33
Sen, A.K. (2000)
34
Ibidem

38
società glo ale 35, nella quale il binomio Diritti Umani-Sviluppo Umano possa fungere da

motore naturale di in un vero e proprio ciclo.

35
Nussbaum, M.C. (2007a)

39
40
Capitolo II

2. Esclusione sociale e diritti culturali dei musicisti Gāi es/Ga dha va in Nepal

Nonostante la povertà venga spesso esaminata in termini materiali, questo studio si

propone di indagare l'interazione tra musica, povertà, diritti umani e culturali e deprivazione

sociale. Una delicata relazione in cui emergono le capacità (sociali, culturali ed economiche)

di un preciso gruppo del contesto sociale nepalese, abile di sostenere, tutelare e tramandare

la propria cultura tradizionale rivendicandone la proprietà.

In merito al concetto di deprivazione sociale, lo studio si concentra sul tema

dell'esclusione, dell'estraniamento dalla vita politica e sociale della comunità, una condizione

capace di generare un reddito sensibilmente inferiore a quello del resto della comunità, e

motivo di una vita ai margini. Come lo stesso Sen36 afferma, situazioni di forte esclusione

sociale possono generare un'elevata limitazione di capacità e, in casi estremi, la perdita

irrimediabile delle capacità stesse: l'esclusione è spesso causa di meccanismi istituzionali che

estromettono gli individui dalla partecipazione alla vita della comunità, generando

inevitabilmente un forte radicamento della povertà al suo interno.

Il caso di studio presentato nel 45° Annuario della Musica Tradizionale

dell'International Council for Traditional Music, e condotto dall'etnomusicologa finlandese

Pirkko Moisala37, proviene dal Nepal, territorio che per lungo tempo ha rivendicato la sua

natura di unico stato Induista al mondo. Il sistema di organizzazione sociale suddiviso in caste,

sopravvissuto nel Paese fino agli anni '60, comporta tendenzialmente una forte gerarchia e

una marcata segregazione sociale all'interno della comunità, ponendo in una posizione di

svantaggio economico e culturale la casta gerarchicamente più bassa, tristemente nota come

asta degli i to a ili , i o porando allo stesso tempo varie forme di ingiustizia

36
Sen, A.K. (2000)
37
Moisala, P. (2013)

41
legittimata.38 Nonostante il Nepal abbia abbandonato ufficialmente il sistema delle caste nel

1962, ed abbia simultaneamente sancito la secolarizzazione delle sue istituzioni, gli effetti

dell'induizzazione sono tuttora presenti e negoziati nella vita quotidiana nepalese. Uno studio

condotto nel 2009 dal sociologo nepalese Krishna B. Bhattachan39 elenca circa 200 casi di

discriminazione castale tuttora presenti in Nepal, come il divieto d'accesso a servizi o alle

risorse comuni, il divieto di parentela, di relazioni sociali e di matrimonio inter-castale.

La realtà approfondita nella ricerca di Moisala è quella dei musicisti nepalesi

Gāi es/Ga dha va, appa te e ti alla asta degli i to a ili , o lo s opo di far luce sui diritti

culturali di questo particolare gruppo, considerando allo stesso tempo le possibilità

economiche, sociali e culturali di conservare e tutelare il proprio patrimonio musicale-

culturale, attraverso le sue graduali e naturali trasformazioni lungo gli ultimi 50 anni.

2.1 Musicisti Gāi es/Ga dha va all'interno del sistema a caste nepalese

Ispirato dal sistema castale Hindu, il primo codice civile Nepalese, Muluki Ain, venne

emesso nel 1854 nel tentativo di organizzare i molteplici gruppi etnici e sociali in un unico

sistema gerarchico, e di standardizzare la convivenza di diversi usi e costumi. 40 In cima alla

pi a ide astale isiede a o i po tato i della “a a Co da , altissi a asta Hi du legata alla

dinastia Shah e alla famiglia Rana del primo ministro nepalese. Dopo di essi si trovavano i

o -s hia i e ito i di al ol e gli s hia izza ili e ito i di al ol , hia ati oggigio o

Ja ajāti. “u u g adi o più i asso sta a o a o a gli i pu i , gli st a ie i e i usul a i. La

casta degli i to a ili , hia ata oggi Dalit, stava nel livello più basso.41 Al giorno d'oggi circa

il 20% della popolazione Nepalese appartiene ai Dalit, ai livelli mondiali più bassi di Indice di

38
Nayak, P. (1995)
39
Battachan, K.B. et al. (2009)
40
Cfr. Gellner, D. et al. (1997)
41
Hofer, A. (2004)

42
Sviluppo Umano. Secondo le statistiche42, l'aspettativa di vita per questo gruppo si aggira

intorno ai 50,8 anni (a differenza di quella nazionale stabile sui 59 anni), il reddito pro-capite

percepito inoltre, 39,6 USD all'anno, è tra i più bassi al mondo. Anche la condizione delle

donne Dalit nel Paese presenta notevoli problematiche: circa il 92% di esse vive in una

situazione di estremo analfabetismo. Emerge chiaramente da questi dati la preoccupante

condizione di povertà e di privazione dai bisogni primari a cui sono soggetti gli appartenenti al

gruppo oggetto dello studio.

Nelle prime attestazioni scritte riguardo i Gāi es/Ga dha va, risalenti al XVII secolo, essi

vengono descritti come una casta di musicisti itineranti, che viaggiavano di villaggio in villaggio

suonando il sā a gi, strumento tradizionale della musica indiana antico parente del violino

europeo, in cambio di denaro. La maggior parte, se non la totalità, dei musicisti sono uomini:

secondo la tradizione Hindu, infatti, si crede che la vita della donna si accorci se questa provi

a suonare il sā a gi, forse perché ritenuto assai pericoloso vagare per villaggi lontani senza la

presenza di un uomo.43 La diffi ile o dizio e di i to a ili , he o pe ette ai usi isti

Gāi es/Ga dha va di possedere una casa o un terreno, è al contrario vissuta e accettata da

essi come parte del proprio karma. Secondo la tradizione induista, il talento musicale dei

Gāi es/Ga dha va isto o e u do o delle di i ità pe affie oli e le pe e della po e tà e

della assa o dizio e astale .44 Per un Gāi es/Ga dha va infatti, compiere azioni del karma

(legate cioè alla vita terrena in un binomio azione-reazione) come musicista itinerante che

tramanda storie del passato, miti e racconti, è il cammino da compiere per ottenere un buon

dharma (la giusta via, legata alla vita ultraterrena) in una vita successiva.45

Nella gerarchia castale Hindu, l'intreccio e le implicazioni sottostanti a status sociale e

42
Human Development Report Office (2013)
43
Helffer, M. (1977)
44
Bech, T. (1975)
45
Weishethaunet, H. (1998)

43
opportunità socio-economiche sono tristemente ovvie. Il presente caso studio tenta perciò di

analizzare come queste connessioni siano mutate el aso spe ifi o dei usi isti i to a ili

e delle loro capacità economico-sociali di tutela del proprio patrimonio culturale nel contesto

nepalese, dove le pratiche induiste sono oggetto di un graduale abbandono. Nel pensiero di

Moisala le ragioni della rinascita di una tendenza egualitarista non sono da ricercare

esclusivamente nell'abolizione del sistema castale del 1964, bensì nel People's

Democratization Movement comparso in Nepal negli anni '90. Come emerge dagli studi

dell'etnomusicologa e antropologa A. Stirr46, il movimento di democratizzazione ha posto con

successo al centro del dialogo politico nepalese le estreme condizioni di emarginazione a cui

son sottoposti numerosi gruppi sociali nella regione Himalayana.

La ricerca presentata da Moisala, in merito alle trasformazioni delle condizioni di

deprivazione socio-economica dei musicisti Gāi es/Ga dha va, prende forma attraverso una

serie di incontri e interviste che l'etnomusicologa ha condotto sul campo insieme ad un

usi ista i to a ile t a il e il . Dallo studio e e ge la se si ile t asfo azio e di

status so iale he ha oi olto olti usi isti egli ulti i a i, da i to a ili ad

ambasciatori della tradizione nella società contemporanea, ponendosi quale esempio di come

fare musica possa diventare un efficiente strumento di trasformazione di predeterminate

condizioni sociali.

2.2 Dall'esclusione alla mobilità sociale

La vita itinerante dei musicisti Gāi es/Ga dha va è stata da sempre contraddistinta da un

forte carattere di marginalità e di predeterminazione sociale, carattere disciplinato e reso

operativo dal codice Muluki Ain precedentemente accennato. Quest'ultimo ha inoltre giocato

per anni un ruolo influente nelle pratiche musicali, prevenendo qualsiasi tipo di interazione e

46
Stirr, A. (2009)

44
contaminazione tra espressioni artistiche provenienti da caste diverse, strumenti musicali

compresi. L'adozione del nuovo codice civile nel 1964 rese finalmente permeabili i confini tra

espressioni culturali inter-gerarchiche, contaminazioni che divennero assai frequenti nei

contesti urbani. Nonostante la nuova legislazione mirasse all'eliminazione delle pesanti

discriminazioni precedenti, queste, seppur beneficiando di un graduale affievolimento,

sopravvissero nella vita consuetudinaria.

La condizione dei musicisti Gāi es/Ga dha va subì notevoli trasformazioni in merito a

diversi aspetti: la diffusione di radio portatili e lettori di musicassette, ad esempio, rese più

ardua la possibilità di condurre una vita da musicista itinerante, così come subirono

trasformazioni le loro condizioni economiche, il loro status e le loro performances musicali. Il

turismo inoltre influenzò il repertorio tradizionale molto più della musica occidentale o del

cinema indiano, minacciandone la conservazione. Molti musicisti di città infatti iniziarono a

suonare brani occidentali facilmente riconoscibili dai turisti, non più in cambio di denaro bensì

per vendere direttamente il proprio sā a gi, fatto che divenne così una delle attività di

maggior profitto.

Nonostante l'identità di casta sia ancora capace di ampliare ovvero ostacolare nuove

prospettive di vita, i vecchi confini tra caste stanno col tempo divenendo più labili. Questo

aspetto viene sottolineato diverse volte dall'etnomusicologa finlandese autrice della ricerca,

che riporta diverse testimonianze di come alcuni musicisti Gāi es/Ga dha va, gli unici

suonatori di sā a gi, da emarginati iniziarono ad essere considerati abili maestri nell'utilizzo

del proto-violino indiano e di conseguenza contattati da personalità di caste elevate

interessati all'apprendimento dello strumento, e poterono rovesciare così la tradizionale

gerarchia vigente fino a pochi anni prima: la musica Gāi es/Ga dha va iniziò a ricoprire il

ruolo di portavoce dell'espressione identitaria nepalese.

Le pratiche culturali e sociali subirono quindi trasformazioni di vario genere, in seguito alle

45
radicali trasformazioni politiche del Paese. L'abbandono delle tradizionali divisioni castali fece

emergere non solo la caratteristica conformazione multiculturale della nazione, ma anche la

necessità di individuare dei simboli che potessero rappresentare ed unire efficacemente le

diversità presenti nella regione.47 Anche se, a differenza di altri simili contesti, non è tuttavia

ancora comparsa una precisa campagna volta a individuare ufficialmente un simbolo (come

ad esempio il cajòn Afro-Peruviano)48, il sā a gi sembra stia divenendo uno dei simboli più

rappresentativi del carattere della nuova nazione. Il suo crescente riconoscimento in qualità

di strumento nazionale (seppur non ufficiale) pare in parte dovuto all'uso frequente dello

strumento come accompagnamento della musica locale nepalese (lok gīt) diffusa dai mass-

media nazionali (Radio Nepal, Royal Nepal Academy, Ratna Recording Company) per

promuovere l'unione delle diverse etnie del Paese: la musicalità Gāi es/Ga dha va accresce

la percezione dello spirito culturale nepalese, della quotidianità della vita rurale, narrando

l'anima dell'intera comunità, con una forza emotiva capace di colpire l'ascoltatore nel

profondo.49

L'utilizzo sempre più diffuso del sā a gi, sia nella musica tradizionale che in quella

contemporanea (generalmente nota come world music)50, ha avuto interessanti conseguenze

sugli stessi musicisti. Oggigiorno essere Gāi es/Ga dha va è considerato un fattore di

prestigio e spesso è oggetto di pubblico riconoscimento, volto ad enfatizzare il tradizionale

ruolo nella società nepalese, in qualità di preziosi conservatori della storia nazionale.

Nonostante l'affievolimento della loro funzione trasmettitrice della tradizione, dovuto alla

diffusione su larga scala di strumenti di comunicazione di massa, il ruolo di messaggeri

sopravvive non solo in seno al consolidamento della loro identità, ma nelle loro azioni: sono

47
Stirr, A. (2009)
48
Léon, J.F. (2009)
49
Weisethaunet, H. (1998)
50
Per world music si intende generalmente un genere musicale di contaminazione fra elementi di musica
popolare e musica tradizionale (folk e etnica) emerso negli anni ’80.

46
infatti diverse le registrazioni su cassetta di episodi storici ca tati da usi isti i to a ili e

rivenduti poi in tutto il Paese.

Dalla ricerca sul campo condotta dall'etnomusicologa finlandese emerge un aspetto

inatteso. Sebbene da un lato l'abolizione del sistema castale abbia creato le condizioni per una

crescente i teg azio e dei usi isti i to a ili ella so ietà epalese, ed u iglio a e to

delle loro condizioni economiche, dall'altro lato si sta purtroppo assistendo ad un graduale

indebolimento della tradizione Gāi es/Ga dha va: si può dedurre quindi che il loro

coinvolgimento nelle dinamiche sociali abbia sì portato ad una cultura dell'inclusione, aprendo

le porte di un mercato del lavoro in espansione e infrangendo storiche barriere castali di cui

gli stessi musicisti erano vittime, ma pure che esso abbia dato o igi e u a alga a ultu ale

volto ad indebolire implicitamente numerose pratiche tradizionali, mettendo seriamente in

pericolo la tutela e la conservazione del patrimonio culturale nazionale.

47
3. Povertà culturale e musicale nell'Uttarakhand

Il secondo caso affrontato nel presente lavoro tenta di analizzare un ulteriore contesto

caratterizzato da un elevato livello di povertà economica e culturale nel continente asiatico:

la regione montuosa indiana dell'Uttarakhand. Situato al confine con Nepal e Tibet,

l'Uttarakhand è uno Stato federato dell'India settentrionale, interamente attraversato dalla

catena montuosa dell'Himalaya e che conta al suo interno circa 10 milioni di abitanti.

L'autore della ricerca sul campo, l'etnomusicologo statunitense Stefan Fiol51, propone una

visione ben definita del concetto di povertà, pienamente in linea con il paradigma delle

capacità avanzato da Amartya Sen e precedentemente esposto nel I capitolo di questo lavoro.

Nel pensiero di Fiol infatti, la povertà culturale è tendenzialmente definita come un'assenza o

una riduzione dei mezzi e degli strumenti di espressione culturale, dove quest'ultima, o meglio

la cultura in generale, è intesa come un insieme di abitudini, sentimenti, pensieri condivisi che

collegano ed uniscono gli individui alla collettività.52 Una riduzione dei mezzi di espressione

musicale, nel nostro caso, porterebbe quindi inevitabilmente ad una condizione di povertà

musicale, sottoinsieme della povertà culturale.

Fiol si pone di conseguenza un'interessante quesito: cosa può significare per un individuo

o per un gruppo sociale il non avere o il perdere la possibilità di espressione culturale? Sono

diversi gli esempi a cui si può far riferimento a riguardo, come quello dell'imperatore indiano

Moghul che proibì le performance musicali nel suo impero nel 1668, o casi storicamente meno

remoti, come il divieto di espressione musicale imposto dal regime talebano in Afghanistan

negli ultimi 20 anni o dagli estremisti islamici nel Nord del Mali. Il divieto, imposto a livello

ufficiale, comporta tendenzialmente una perdita del livello di espressività musicale in ogni

contesto sociale, nonostante l'etnomusicologo inglese John Baily53 suggerisca che un

51
Fiol, S. (2013)
52
Turino, T. (2008)
53
Baily, J. (2009)

48
atteggiamento di questo tipo contribuisca comunque ad alimentare nuove e differenti

espressioni culturali.

Quando si parla in termini così generali si corre tuttavia il rischio di cadere in dilemmi

epistemologici e metodologici. Come si può quantificare - si domanda Fiol - il livello di

espressività musicale di una comunità? Si può affermare l'esistenza, all'interno di una società,

di una grande o piccola quantità di espressività culturale, intesa come fluttuanti quantitativi

di essa che si stabilizzano nel tempo, o come equilibrio di espressione culturale lungo una linea

spazio temporale? Sono tutti leciti interrogativi che tuttavia, considerando la cultura come un

dato suscettibile di misurazione quantitativa, rischiano di ignorare la caratteristica complessità

del concetto stesso di cultura: persiste dunque una seria difficoltà di misurazione della povertà

culturale che si discosti dagli strumenti tipici dello sviluppo e dell'espansionismo capitalistico.

In un recente saggio dei sociologi nordamericani Mario Luis Small, David Harding e Michele

Lamont, intitolato Reconsidering Culture and Poverty54, viene sottolineata la pericolosità insita

nelle strategie economiche di poverty reduction che ignorano le variabili culturali dei contesti

di applicazione, variabili55 essenziali per uno studio approfondito delle varie realtà

economiche: comprendere le motivazioni culturali che stanno dietro la distribuzione della

ricchezza nelle società capitalistiche è un atteggiamento estremamente prezioso e necessario.

Lo studio della povertà culturale quindi, pur presentando innumerevoli intersezioni e

sovrapposizioni con la relativa dimensione economica, richiede necessariamente un insieme

di strumenti analitici formulati ad hoc. Fiol evidenzia inoltre come uno studio sui poveri intesi

come sottogruppo distinto dalla società, contribuisca ancora una volta ad ignorare l'ampiezza

del contesto socio-culturale a cui si deve fare riferimento per uno studio completo. Un

54
Small, M.L. et al. (2010)
55
Mario Luis Small propone una lista di sette variabili culturali fondamentali per un’analisi approfondita di un
contesto socio-economico. Le variabili individuate sono: valori, ambiente, repertori, letteratura, confini
simbolici, capitale culturale e istituzioni.

49
approccio del genere favorirebbe il rischio di allontanare le problematiche tipiche di una

condizione di povertà culturale dalla quotidianità decisamente più agiata delle élite presenti

nel contesto, ritraendo così un'immagine distorta della realtà in cui gli effetti della privazione

ricadono esclusivamente sulle classi sociali più basse.

L'etnomusicologo nordamericano propone quindi un approccio allo studio della povertà

culturale che, discostandosi dai principi di accumulazione e profitto, assiomi classici del

paradigma capitalista in cui poveri e ricchi vengono trattati come categorie de facto, esamina

al contrario le reciproche influenze materiali ed ideologiche all'interno del tessuto sociale.

Mette e i p i o pia o ueste ulti e, sottoli ea Fiol, does ot ea that uestio s of

ate ialit a d e o o i de elop e t a e i ele a t to ultu al po e t , […] it si pl eans

that the relationships to material forces is fundamentally shaped by how one approaches and

thi ks a out ultu e i the fi st pla e. 56

3.1 Perdita e mancanza

Sviluppato sul campo nel corso di circa dieci anni (dal 2003 al 2012), lo studio di Fiol ha

avuto come oggetto la condizione di estrema povertà culturale ed economica presente nella

regione geopoliticamente sensibile dell'Uttarakhand, a 250 km a Nord di Nuova Delhi.

Le origini di questa delicata condizione di arretratezza risalgono al XIX secolo, periodo in

cui si fece strada un'economia basata sull'estrazione di materie prime e su un pesante

sfruttamento di manodopera locale da parte del regime coloniale Inglese e, successivamente,

dalla governance post-coloniale.57 Discriminazioni di casta, di classe sociale e di genere hanno

avuto un'influenza significativa in merito al modellamento dei caratteri di povertà culturale,

come in molte altre regioni dell'India, dove numerose comunità ereditarie di musicisti e

56
Fiol, S. (2013, p. 84)
57
Mawdsley, E. (2002)

50
danzatori che ricoprono prestigiosi ruoli in occasione di festività e riti tradizionali, vengono

tuttora considerati ai margini della società e soggetti a molteplici forme di discriminazione:

paradossalmente coloro che da una prospettiva culturale sarebbero da considerare come i più

ricchi, occupano invece il gradino più basso della scala economica.

L'aspetto più originale del lavoro di Fiol consiste nella definizione di due strumenti di

osservazione, due discorsi principali intorno all'analisi della povertà culturale: uno inerente ad

una situazione di mancanza, ed uno riguardo una condizione di perdita. Con il primo si fa

riferimento all'idea che certe forme e pratiche culturali attese, sono in realtà assenti nel

contesto. La maggior parte della popolazione emigrata nelle pianure urbanizzate

dell'Uttarakhand meridionale si rivela particolarmente suscettibile a questo discorso. Negli

ultimi decenni, l'assalto furioso ad incessanti programmi di sviluppo delle infrastrutture, del

business agro-alimentare e del turismo sono stati accompagnati da altrettante promesse di

prosperità per l'intera regione, promesse non mantenute dal governo centrale. Questo

atteggiamento non ha fatto altro che esacerbare il livello di frustrazione della popolazione,

specie di quella residente nell'area montuosa settentrionale, contribuendo a consolidare la

percezione assai diffusa di un Sud ricco e sviluppato a scapito di un Nord abbandonato dalle

istituzioni.

La mancanza individuata da Fiol viene espressa dalla popolazione in termini di cultura

intesa come merce, la cui assenza dal mercato è percepita appunto come mancanza e come

sinonimo di povertà. Un esempio proposto da Fiol è quello di un venditore di musicassette di

musica tradizionale del suo villaggio, situato nei pressi di Badrinath, un noto sito di

pellegrinaggio della regione. L'arretratezza culturale denunciata dal commerciante indiano è

espressa in termini di forte diminuzione delle vendite, se paragonate a quelle delle vicine aree

turistiche: dal momento in cui è divenuto usuale per una comunità rafforzare la propria

identità etnica, regionale e politica tramite canali commerciali, l'incapacità di promuovere la

51
propria cultura nel mercato è percepita inevitabilmente come condizione di arretratezza. Il

secondo discorso ha al contrario un'idea di povertà culturale percepita in termini di perdita,

ovvero una situazione in cui certe pratiche e forme culturali un tempo presenti sono invece

scomparse. L'etnomusicologo americano osserva come gli attivisti, gli accademici ma anche

gli abitanti delle aree più remote dell'Uttarakhand, dove sopravvivono ancora forme di

scambio che esulano dal mercato convenzionale, siano gli individui maggiormente suscettibili

a questa forma di percezione di povertà culturale. La popolazione di queste aree è comunque

inserita all'interno dell'economia di mercato globale, ma vive la comparsa dell'industria

pesante nel loro territorio come una seria minaccia per la sopravvivenza delle tradizioni locali.

Con essi anche i movimenti sociali comparsi nella regione negli ultimi 20 anni – la cui lotta mira

prevalentemente al controllo dell'industria del legno, alla promozione dello studio

universitario, alla tutela ambientale e dei diritti umani – hanno spesso motivato numerose

iniziative di protesta in termini di perdita. Ugualmente si può affermare nei confronti di artisti,

cantori, musicisti e danzatori tradizionali che attraverso un linguaggio creativo descrivono la

sofferenza della popolazione di fronte al declino della tradizione. Tali espressioni di perdita,

nel pensiero di Fiol, emergono solitamente da una prospettiva che intende la cultura come

patrimonio, visione conforme a numerose definizioni antropologiche di cultura, nozioni che

mettono a fuoco la necessaria e preziosa tutela di una continuità tra passato e presente:

l'assenza di una o essio e o il passato issuta ge e al e te o e pe dita , possa o

meno essere quest'ultima attribuita a ragioni interne o all'imposizione di nuovi modelli di

espressione.

Emergono a tal riguardo due preziosi chiarimenti nella presente ricerca etnomusicologica.

Per Fiol una definizione completa di cultura deve accogliere entrambe le visioni descritte, in

un rapporto che non può ammettere una reciproca esclusione. Questo in merito ad un

approccio analitico che non può, o non dovrebbe, misurare la cultura: esistono fattori, come

52
la percezione o l'emotività, che non possono essere suscettibili di una valutazione oggettiva.

Il secondo chiarimento sottolinea invece la natura delle relazioni tra mancanza e perdita.

Poiché esse rappresentano due distinte visioni utilizzate dagli individui per descrivere

l'ambiente culturale in cui vivono, esse andrebbero assimilate tenendo sempre presente la

percezione individuale di povertà culturale che ogni abitante assume in relazione ad una

visione, positiva o negativa, delle strategie di sviluppo che hanno prevalentemente interessato

le aree meridionali pianeggianti della regione. Allo stesso modo Fiol descrive una realtà in cui

le stesse percezioni mutano al mutare del contesto.

3.2 Povertà culturale come mancanza

La maggior parte dei visitatori dell'Uttarakhand raggiungono la regione tramite le grosse

autostrade che attraversano le zone urbanizzate in espansione alle pendici delle montagne

Himalayane. La popolazione di queste città è in costante aumento, in seguito ai crescenti flussi

migratori provenienti dall'area montuosa settentrionale, attratti dallo sviluppo del mercato

del lavoro industriale e dalle emergenti istituzioni educative. Superata la rete autostradale

verso Nord si iniziano però a notare in maniera tangibile i segni dell'estrema condizione di

povertà della regione: villaggi semi abbandonati e quasi inaccessibili popolati da anziani e

bambini senza accesso a strutture ospedaliere ed a scuole, pastori, agricoltori e campi

terrazzati incolti disegnano l'ambiente circostante. Solamente nei periodi di vacanza, o nella

stagione dei matrimoni, i villaggi vivono un ripopolamento tanto numeroso quanto breve,

contribuendo ancor di più ad esacerbare il sentimento di stagnazione vissuto da chi in quei

villaggi vive tutto l'anno.

Questo forte contrasto tra la pianura sviluppata a Sud e l'arretratezza dei villaggi

settentrionali è stato il motore principale dei numerosi movimenti sociali e ambientali

comparsi nell'Uttarakhand negli ultimi 20 anni. Decenni contraddistinti da crescenti livelli di

53
disoccupazione, pesante sfruttamento e degradazione ambientale ed una radicata corruzione

istituzionale hanno letteralmente demolito la fiducia della popolazioni nei confronti delle

azioni politiche intraprese dal governo centrale sin dai tempi dell'indipendenza nazionale nel

1947. Tuttavia, dopo anni di lotta dei movimenti popolari in difesa dei diritti civili ed

economici, nell'Uttarakhand persiste uno tra i tassi di povertà mondiale più alti (che si aggira

a circa 1.25 USD al giorno).58 Le strategie di sviluppo e gli aiuti umanitari predisposti

dall'Internatioal Fund for Agricoltural Development nel 201259, hanno comunque canalizzato

il loro intervento a beneficio dell'area pianeggiante, escludendo le aree montuose da ogni

beneficio.

È in questo clima di tangibile sbilanciamento economico che si articola – prevalentemente

tra i giovani, gli emigrati e la popolazione urbana – la percezione della cultura come merce,

precedentemente definita: la disuguaglianza in merito alla distribuzione del benessere tra

Nord e Sud rispecchia inevitabilmente una differente percezione culturale. In altre parole,

nell'area settentrionale non si assiste ad una condizione di carenza di forme o pratiche

espressive, ma per coloro che aspirano a percepire i benefici del mercato queste forme

culturali non vengono considerate come una vera e propria forma culturale, per il semplice

fatto che sono tagliate fuori da ogni tentativo di investimento dedicato alla promozione

dell'identità locale, come invece avviene nelle pianure urbanizzate: nell'area montana questo

genere di investimento è del tutto assente, come del resto lo sono le sale di registrazione, i

cinema, le radio o i centri di insegnamento e promozione culturale.

Fiol sottolinea tuttavia come pratiche e forme musicali indigene continuino ad essere

praticate nell'area Himalayana durante eventi e festività religiose, così come è stato per secoli,

nonostante la popolazione urbana consideri queste manifestazioni in termini di cultura solo

58
Silicon India (2012)
59
International Fund for Agricoltural Development (2012)

54
ed esclusivamente se commercializzate, esportate o promosse tramite canali istituzionali

cosiddetti plains-based, ovvero originari delle pianure urbane. I festival che si svolgono ogni

anno nelle città dell'Uttarakhand meridionale sono un chiaro esempio di funzionamento dei

canali promozionali plains-based. In occasione di questi eventi, riporta Fiol, decine di

associazioni culturali e ONG locali competono per aggiudicarsi i limitati fondi messi a

disposizione dal governo federato. Diversi gruppi portano quindi in scena le loro performances

di musica o danza, spesso accompagnate da musiche registrate, mentre esperti in folklore

regionale giudicano le esibizioni: in un contesto simile la cultura è intesa essenzialmente da

un punto di vista estetico e tendente alla modernizzazione, tipico di una società urbana60, al

di fuori cioè di una dimensione di tutela del tradizionalismo. Un ulteriore esempio di

manifactured culture o cultura confezionata da investimenti plains-based è l'industria

musicale amatoriale, concentrata principalmente a Nuova Delhi ma di recente sviluppo anche

a Dehradun, capitale dell'Uttarakhand. Questo genere di produzione avviene perlopiù in

maniera artigianale: cantanti amatoriali settentrionali viaggiano verso le città del Sud e, una

volta ingaggiato un produttore, registrano il proprio repertorio da rivendere nei villaggi al loro

rientro. Il repertorio registrato combina solitamente brani e tematiche tradizionali con

arrangiamenti inediti, in un misto di sonorità melodiche elettroniche ed acustiche su un

tappeto ritmico tradizionale. Il tentativo di confezionare il folklore tradizionale con una veste

di cultura commerciabile risponde in realtà ad una vera e propria richiesta di modernità da

parte dei musicisti dell'Uttarakhand, i quali aspirano a raggiungere uno status di cittadino

moderno, capace di guadagnare economicamente dalla propria arte ottenendo così maggior

prestigio: paradossalmente la commercializzazione di prodotti musicali amatoriali, considerati

marginali nell'industria musicale indiana, contribuisce in senso opposto a questa propensione

identitaria modernista.

60
Turino, T. (2008)

55
La mancanza espressa nell'area montuosa dell'Uttarakhand presenta dunque una doppia

identità: può essere vista come una carenza di investimenti provenienti dalle pianure, ovvero

come la conseguenza di una profonda arretratezza e di una paralisi interna. Arretratezza è

tuttavia un termine adottato dal linguaggio indiano per descrivere una situazione di

deprivazione economica, sociale ma soprattutto una depravazione morale. Per questo motivo

molte pratiche tradizionali dell'Uttarakhand, come sacrifici animali, brideprice (letteralmente:

il prezzo della sposa), poligamia o matrimoni tra bambini, sono generalmente considerati

arretrati, anche da coloro che continuano a praticare queste usanze. Le élite politiche e

ultu ali del Paese so o solite poi o t i ui e all’eti hettatu a di ueste p ati he o e

arretrate per promuovere strategie di riforma culturale e non solo. Esistono infatti delle

etichettature d'arretratezza ufficiali (come le OBC – Other Backward Castes, le SC – Scheduled

Castes, le ST – Scheduled Tribes), strumentalizzate dal governo centrale per offrire posti di

lavoro e di studio nella regione. Queste politiche sono sicuramente efficaci se finalizzate alla

compensazione della disuguaglianza che persiste nell'Uttarakhand, ma il sistema di

etichettatura piuttosto arbitrario appena descritto rischia di generare un ambiente nel quale

le comunità sono tenute a dimostrare la loro (predeterminata) arretratezza allo scopo di

ottenere dei benefici economici.

3.3 Povertà culturale come perdita

Durante la sua permanenza nell'Uttarakhand settentrionale, Stefan Fiol descrive come gli

abitanti di un villaggio quasi inaccessibile accolsero con grande soddisfazione la notizia

dell'imminente costruzione di una rete viaria, che avrebbe messo in comunicazione il piccolo

centro abitato con il resto del Paese. La strada avrebbe facilitato l'arrivo di materie prime, beni

di consumo ma anche beni di lusso. L'entusiasmo della popolazione, racconta Fiol, venne però

s o zato dalle pa ole di u a zia o del illaggio: Whe e the e a e oads, the e is o

56
ultu e .61 Un monito, quest'ultimo, apparentemente illogico, ma che trova il suo fondamento

in simili episodi vissuti in diversi villaggi, in cui l'avvento della rete stradale venne subito

seguito da un'emigrazione di massa, che causò la perdita di numerose pratiche culturali

tradizionali fino ad allora conservate dalla comunità.

La sensazione di perdita spesso accompagna una percezione della cultura come

patrimonio, ovvero come un repertorio di usi, costumi e pratiche ereditati nei secoli. Laddove

una mancanza di cultura è percepita come conseguenza di un sottosviluppo capitalista plains-

based, il termine perdita sta ad indicare invece una condizione di povertà culturale figlia di

una sovra-dipendenza da sviluppo plains-based. Da questa prospettiva l'Uttarakhand è da

ritenersi necessariamente distinta dalle pianure urbanizzate, per via delle sue condizioni

storiche, ambientali e sociali decisamente uniche che necessiterebbero piuttosto di strategie

di sviluppo sostenibile pianificate dall'interno.

L'etnomusicologo statunitense descrive come il discorso di perdita venga maggiormente

percepito da studiosi e attivisti di città, ma anche da numerosi abitanti di villaggi tuttora quasi

inaccessibili: sono proprio loro a denunciare il grave danno che, disoccupazione prima e

successivamente emigrazione, hanno arrecato alla conservazione del patrimonio tradizionale.

Le ragioni della perdita, sostiene Fiol, sono assai complesse – dalla proibizione da parte del

governo di alcune pratiche rituali, alla stigmatizzazione della donna come artista, al divieto di

proprietà terriera o alla discriminazione sociale mediatica62, ma alle radici di queste

trasformazioni stanno fondamentalmente i graduali nuovi orientamenti dell'economia del

Nord pianificati in un'ottica di sviluppo plains-based: Fiol sottolinea come molti strumenti

musicali tradizionali siano ormai caduti in disuso, e come ciò costituisca una delle più gravi

pe dite ultu ali issute dalla so ietà dell’Utta akha d. La pe ezio e di pe dita gia e i olt e

61
Fiol, S. (2013, p. 91)
62
Fiol, S. (2011b)

57
scomodamente posizionata tra estraneità e degradazione. O meglio: permane la sensazione

che qualsiasi intervento esterno alla regione sia poco desiderabile, mentre ciò che nasce

dall'interno possa invece corrompersi col tempo. La vera identità è rintracciabile solo in un

passato precoloniale, idealizzato come uno spazio e un tempo in perfetta connessione con la

natura, il cui superamento ha creato le condizioni del declino.

In ultima analisi Fiol descrive come per molti abitanti del Nord Uttarakhand l'industria

musicale amatoriale, descritta nel precedente paragrafo, sia l'ennesimo esempio di come

l'economia plains-based si sia appropriata del loro patrimonio culturale tradizionale: come se

musica, danza, costumi e letteratura del Nord fossero pratiche grezze, che necessitassero di

essere modificate, raffinate, confezionate e ridistribuite nel mercato, in linea con il binomio

cultura-merce, per poi vedere come unici beneficiari le compagnie del meridione. Senza

omettere, infine, l'aspetto estetico e tecnologico della raffinazione da commercializzazione.

La musica amatoriale per certi versi è infatti da considerarsi ostile a certi atteggiamenti tipici

della registrazione in studio per fini commerciali: l'utilizzo di ritmi standardizzati, la scarsa

originalità dei testi e le tecniche di modulazione elettronica della voce hanno fatto sì che molto

del lirismo e della poesia in grado di trasmettere la tensione musicale tipica di questa

tradizione andasse col tempo perduta.

Gli indicatori materiali, sostiene Fiol, sono indispensabili per una corretta valutazione

delle condizioni di povertà culturale. La limitatissima presenza di cinema, case editrici e studi

di registrazione, il numero in costante calo di riti tradizionali e di aiuti economici statali a

sostegno delle attività culturali, indicano in maniera esaustiva la condizione di forte privazione

culturale presente ancora oggi nell'Uttarakhand, come in molte altre aree del mondo.

Nell'affermare questo non bisogna però ignorare un fattore essenziale: i modelli con cui gli

individui pensano e percepiscono la cultura. Secondo quelli proposti dall'etnomusicologo

statunitense si possono configurare due interessanti scenari. Da una prospettiva di mancanza,

58
cultura e povertà economica sono correlati positivamente: al diminuire del benessere

economico, diminuirà anche la capacità degli individui di rafforzare la propria identità tramite

la sua commercializzazione nell'industria della cultura, e viceversa. Da una prospettiva di

perdita, al contrario, povertà economica e cultura sono intesi in un rapporto di correlazione

negativa: più il benessere economico sarà in grado di penetrare nella quotidianità, minore sarà

la possibilità di poter conservare il proprio patrimonio culturale tradizionale ereditato, e

viceversa. Nonostante la loro suggestività, i modelli avanzati non sono comunque in grado di

descrivere in maniera esaustiva la complessità delle percezioni soggettive, in merito alla

cultura o all'economia, presenti nel territorio dell'Uttarakhand: risulterebbe infatti assai

complicato poter parlare di a a za o pe dita pe ua to igua da le o u ità

dell'estremo Nord, al confine con Cina e Nepal, dove raramente – sostiene Fiol – la

popolazione ragiona in termini regionali o nazionali in merito a cultura ed economia.

Il valore di questo studio non consiste nel tentativo di creare una rigida struttura binaria,

bensì nell'osservare mancanza e perdita come discorsi interattivi che individui dello stesso

territorio ma di differenti caste, classi sociali, genere, provenienza ed età adottano per dare

un senso alla propria storia, alla propria identità: le due prospettive sono quindi entrambe

endemiche alla vita nell'attuale sistema capitalista dell'Uttarakhand. Per questo le

opportunità di miglioramento del benessere culturale andrebbero sempre fondate su come

gli individui percepiscono e reagiscono ai segni di un ambiente culturalmente povero.

59
4. Sopravvivere alla povertà materiale grazie al benessere culturale: la musica al servizio della

comunità ad Haiti

Haiti e la sua popolazione sono spesso descritti in una maniera confusamente

estremizzata: l'isola caraibica è da una parte definita come il Paese più povero dell'emisfero

occidentale, allo stesso tempo la sua cultura è vista come una delle più ricche delle Americhe

post-coloniali. Sebbene queste etichette siano estremamente riduttive, sono comunque

capaci di sottolineare la forte dicotomia presente ad Haiti. Il caso di studio che si intende

presentare in questo paragrafo è frutto del lavoro svolto sul campo dall'etnomusicologa

statunitense Rebecca Dirksen63, nel tentativo di dare una risposta ad interessanti e innovativi

quesiti della ricerca etnomusicologica: può una condizione di povertà economica essere

controbilanciata dalla ricchezza culturale? È effettivamente possibile conciliare caratteri

economici e culturali in un rapporto di mutua utilità? O meglio, può la cultura divenire un

efficace strumento di miglioramento delle condizioni di vita di una società?

In realtà, la popolazione haitiana vive una quotidiana lotta dicotomica. Versando in una

condizione di estrema difficoltà economica, la popolazione escogita e coltiva costantemente

tattiche di sopravvivenza nel tentativo di sopperire alla grave situazione di povertà tramite

l'uso della propria conoscenza culturale e delle proprie capacità creative. Specialmente dopo

il catastrofico terremoto del 2010, sostiene Dirksen, hanno fatto la loro comparsa nell'isola

numerose realtà finalizzate all'utilizzo del linguaggio musicale come esplicito strumento di

divulgazione di tematiche e problematiche non prettamente musicali64: è questo un primo

chiaro esempio di come economia e cultura, spesso erroneamente considerati come due

distinte dimensioni, possano invece incontrarsi in una reciproca e fruttuosa relazione. La

63
Dirksen, R. (2013)
64
Haiti è tristemente vittima di una lunga lista di serie problematiche infrastrutturali – costantemente osservate
dagli organismi internazionali – tra cui: insufficiente energia elettrica, limitato accesso all’acqua potabile, precarie
condizioni igieniche dovute ad un inadeguato sistema di smaltimento dei rifiuti, insufficienti collegamenti stradali,
carenza di istituti sanitari professionali, debole controllo della sicurezza ed inefficiente sistema giudiziario.

60
presente ricerca tenta di affrontare i molteplici aspetti di questa riconciliazione.

4.1 Haiti povera/ricca: costruzione del concetto

Da perla delle Antille, così come era definita in epoca precoloniale, a golden opportunity

per gli investimenti (per via della manodopera a basso costo), Haiti è stata spesso descritta

come una realtà del benessere. Al contrario, una letteratura maggiormente contestualizzata65

ha tendenzialmente sottolineato il forte contrasto haitiano tra miseria e ricchezza delle arti,

della religione e dei suoi abitanti. Dirksen tenta di risolvere questa dicotomia esplorando la

genesi delle due distinte e opposte percezioni.

La situazio e di est e a ise ia i ui e te l'isola haitia a, sostie e l’et o usi ologa,

seppure avvalorata da numerosi indici di misurazione del livello di povertà – non solo di

carattere economico-finanziario, bensì da indici di matrice multidimensionale (Human

Development Index e Multidimensional Poverty Index)66 – può essere vista come una

costruzione politica prettamente occidentale figlia delle politiche interventiste di Stati Uniti

ed Eu opa del se o do dopogue a. La s ope ta della o dizio e di po e tà i ui i e a o

intere popolazioni dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina, dietro un'intenzione di una pace

e una sicurezza globali, fu trasformata in problema sociale: la coniazione del termine Terzo

Mondo, da parte del sociologo e demografo francese Alfred Sauvy nel 1952, divise

letteralmente il pianeta, garantendo ai paesi occidentali lo status di Primo Mondo. Questa

visione gerarchica fu messa quindi a giustificazione di numerosi interventi umanitari in una

dimensione unicamente orientata allo sviluppo economico, e spesso (soprattutto durante la

Guerra Fredda) viziata da politiche di riorganizzazione del potere. Weste -defined economic

indi ato s of po e t , sostie e Di kse , [...] ha e la gel failed to espe t alte ate li i g

65
Cfr. Escobar, A. (2012), o anche Rahnema, M. (1991)
66
United Nations Development Programme (2011)

61
styles, mores, needs, and values. They generally whitewhash the Haitian population as

financially homogeneous and fail to recognized that, out of necessity, individuals statistically

classified as poor find ways to make the system work for them, whenever and however

possi le .67 Uno studio sul campo, invece, può essere un ottimo strumento di comprensione

delle reali condizioni dell'ambiente che si intende analizzare.

Tramite una serie di interviste l'etnomusicologa statunitense ha avuto la possibilità di

esplorare le percezioni che la popolazione haitiana ha della propria condizione. Di seguito è

ipo tato u est atto di u ’i te ista effettuata da Di kse a Ke d Vérilus, una donna

haitiana:

[...] Poverty refers to an absence of possibility, an absence of means. It's not about
whether someone is living on less than one dollar each day. Instead, it's the degree of
well-being one can achieve with a dollar per day. In Haiti, how does [poverty] materialize?
Through a marginalized population, a group of people living at the threshold of existence.
It's the people who cope without solid infrastructure (without water, roads, electricity).
Together, these people organize themselves so they can live, one with another: they bring
water into the neighborhood, they improvise roads, they bring electricity in, without
respecting [official] regulations and principles.68

Una definizione del genere è il requisito per chiedersi cosa manchi effettivamente alla

popolazione haitiana, cosa è essenziale per le loro vite. Dallo studio di Dirksen, e dalle sue

interviste, emerge la sensazione che ad Haiti l'assenza di una determinata condizione

materiale possa comunque essere compensata dalla presenza di una condizione al contrario

immateriale. D'altro canto la cultura nazionale spesso è stata elevata a proporzioni mitiche,

espressamente collegate con gli anni della rivoluzione d'indipendenza (1804).69 L'espressione

artistica è spesso stata motrice di una rinascita dopo ogni crisi vissuta dal Paese: è il tentativo

di trasformare stereotipi negativi tramite la valorizzazione di una solida dimensione culturale.

Nel linguaggio musicale haitiano, sia tradizionale che contemporaneo, si può spesso

67
Dirksen, R. (2013, p. 45)
68
Dirksen, R. (2013, ivi)
69
Cosentino, D. (1995)

62
rintracciare l'evolversi della percezione popolare in merito alle proprie condizioni di vita.

Preoccupazione per lo sfruttamento lavorativo, denuncia dell'atteggiamento oppressivo delle

classi agiate, per esempio, sono state cantate sin dall'era prerivoluzionaria70, dando origine ad

un vero e proprio genere musicale detto mizik angaje, letteralmente musica impegnata.

Quest'ultima, insieme alla sua controparte strettamente correlata mizik sosyal (musica

sociale), è stata storicamente tra le più importanti e predominanti forme musicali nel Paese,

dal periodo coloniale ad oggi.71 Sin dagli anni '60 la mizik angaje ha affrontato vaste tematiche

sociali, come la scarsità di risorse, il debito, la fame e la sofferenza nelle sue molteplici forme.

Allo stesso modo la povertà è stata spesso oggetto di numerose liriche, specialmente dagli

anni '90, con l'emergere di nuovi generi musicali dalle forti influenze reggae e rap, provenienti

dalla cosiddetta mizik rasin haitiana, la musica delle radici.

Come detto precedentemente, la costruzione della percezione di povertà come

dimensione della vita ad Haiti può essere attribuita a molteplici fattori. Oltre alle politiche del

secondo dopoguerra, tra le principali cause di influenza politica ci fu la severa governance di

François Duvalier che, dal 1957 al 1971, indusse molti civili a ripensare cosa fosse necessario

per sopravvivere nell'isola, considerati la forte limitazione di libertà, l'altissimo costo della vita

e il prosciugamento delle risorse da parte della dittatura di Duvalier.72 Diversi movimenti

sociali transnazionali inoltre contribuirono alla trasformazione della percezione, incluso il

movimento per la Négritude a sostegno delle radici africane della popolazione, contro le

discriminazioni razziste e l'imperialismo statunitense. Successivamente, l'ascesa al potere del

populista Jean Bertrand Aristide negli anni '90, come primo presidente democraticamente

eletto, focalizzò ulteriormente la propria politica intorno all'esistenza della povertà.73 Questi

70
Sainvill, E.R. (2001)
71
Averill, G. (1997)
72
Dubois, L. (2012)
73
Dupuix, A. (2007)

63
eventi nel complesso hanno creato la percezione di povertà nella coscienza pubblica degli

abitanti di Haiti, e deumanizzato talora la stessa esistenza della popolazione.

4.2 Musica di comunità e azione culturale

Tradizionalmente, mizik angaje e mizik sosyal sono apprezzate per i loro testi, le loro

melodie e il portamento ritmico. Dirksen, durante la sua permanenza nell'isola, ha potuto

constatare come numerosi gruppi musicali e associazioni culturali oggigiorno intreccino in

maniera sempre crescente espressività musicale ed impegno sociale, dimostrandosi un

efficace strumento di sostegno a condizioni di quotidiana difficoltà vissute dalla popolazione:

ad esempio, riporta sempre Dirksen, diverse scuole di musica offrono la possibilità di

frequentare gratuitamente i propri corsi e l'opportunità di essere inseriti nelle orchestre di

istituto, ponendosi come valida alternativa per i giovani alla vita di strada, spesso fonte di

criminalità legata al commercio di sostanze stupefacenti. Numerose sono le iniziative a sfondo

musicale promosse da altrettante organizzazioni no-profit, da progetti di musica

contemporanea a laboratori di rivalutazione del patrimonio folklorico haitiano in

compartecipazione con associazioni della vicina Repubblica Dominicana, finalizzate

all'allentamento dei rapporti spesso conflittuali tra i due Paesi confinanti (tensioni dovute ai

costanti flussi migratori di carattere economico provenienti da Haiti). Nel complesso, le

iniziative musicali nascono con lo scopo di contrastare gli effetti tipici di una situazione di

povertà diffusa: emigrazione in cerca di lavoro, violenza tra bande e spaccio di sostanze

stupefacenti. L'assenza di servizi sociali di base viene perciò compensata dall'attività di scuole

e gruppi musicali, capaci di identificare specifici bisogni della popolazione locale e di trovare

mezzi per enfatizzarli.

La realtà maggiormente affrontata da Dirksen si sviluppa nel contesto urbano di Port-au-

Prince, capitale del Paese. La città, con una popolazione di circa 2 milioni di abitanti, è vittima

64
di una crescente emergenza in merito allo smaltimento dei rifiuti. Il Service Métropolitain de

Collecte des Résidus Solides (l'autorità del governo che gestisce il ritiro e lo smaltimento dei

rifiuti urbani), nonostante il suo incessante lavoro, specialmente dopo il disastro causato dal

terremoto del 2010, riesce a smaltire solo il 20% dei rifiuti metropolitani, una quantità

insufficiente se si considera che l'area urbana della capitale produce circa 1.500 tonnellate di

rifiuti solidi ogni giorno.74 Stanchi di affrontare il costante stress psicologico dovuto ad una

vita condotta in un ambiente simile, un gruppo di ragazzi adolescenti di una zona altamente

disagiata di Port-au-Prince, la baraccopoli di Bel Air, si è proposto il compito di affrontare

l'emergenza rifiuti che colpisce duramente il loro quartiere. I giovani, che Dirksen ha avuto

l'opportunità di seguire dal 2009 al 2011, hanno fatto della musica rap e del servizio alla

comunità il loro strumento di azione e comunicazione. Due volte al giorno, tutti i giorni, i

membri del gruppo col sostegno di altrettanti volontari camminano per Rue Sans Fil, la strada

principale del quartiere, armati di pale e carriole, ripulendo letteralmente tutta l'area e

trasportando successivamente i rifiuti accumulati alla discarica (relativamente) vicina, dove si

suppone che l'autorità di competenza provveda allo smaltimento. L'iniziativa di base

volontaria portata avanti dal gruppo di giovani haitiani, che prende il nome di Wucamp

(acronimo di Witness Utmost Camp – Campo di Massima Assistenza), non ha ricevuto nessun

sostegno finanziario da parte istituzionale. Per sostenere la propria attività il gruppo utilizza

unicamente la propria espressione musicale: grazie all'appoggio di uno studio di registrazione,

i giovani promuovono le loro azioni tramite i testi delle loro canzoni, di matrice rap, che

vengono poi incisi, commercializzati e diffusi dalle radio locali.

Nonostante le palesi difficoltà (finanziarie e non) che ostacolano la sua attività, il Wucamp

da una parte è stato capace di criticare pubblicamente le caratteristiche negative di un

determinato contesto urbano, dall'altra è riuscito a trasformare in azioni pratiche le parole

74
SWANA Haiti Response Team (2010)

65
oggetto della propria protesta, fornendo una lezione evidente ma spesso trascurata.

Nonostante l'incapacità del progetto di generare reddito a beneficio dei partecipanti, è

emersa la capacità di migliorare il benessere della comunità in maniera estremamente diretta

ed immediata, oltrepassando quell'atteggiamento (spesso diffuso nelle società urbane) di

reindirizzamento dei problemi individuali verso attori sociali terzi.

L'azione culturale, sostiene Dirksen, può essere compresa nel contesto oggetto della

ricerca come un processo atto a di mettere la cultura al servizio (materiale e non) della

comunità e dei suoi obiettivi. Collegandosi alle parole del pedagogista brasiliano Paulo Freire,

sostenitore di una coscienza culturale come necessità primaria di una società finalizzata a

creare attori capaci di intervenire contro forze oppressive dominanti, l'azione culturale è

direttamente connessa con l'energia culturale di un popolo e con le sue opportunità. 75 Per

energia culturale si intende la forza sociale generata attraverso l'espressione culturale che

ispira e stimola gli individui a fronteggiare i problemi, a trovare soluzioni ed a promuovere una

pa te ipazio e olletti a fi alizzata all’i e e to del e esse e della o u ità.76

L'opportunità della cultura, a sua volta, consiste nel riconoscimento della sua utilità come

efficace risorsa e strumento di miglioramento di condizioni sociopolitiche ed economiche,

anche in tempo di crisi.77 Risultano altrettanto meritevoli di nota le riflessioni proposte dal

musicista, educatore e politico venezuelano Josè Antonio Abreu citate da Dirksen. Scrive

Abreu nel 2009:

No longer putting society at the service of art, and much less at the service of monopolies
of the elite, but instead art at the service of society, at the service of the weakest, at the
service of the children, at the service of the sick, at the service of the vulnerable, and at
the service of all those who cry for the vindication through the spirit of their human
condition and the raising up of their dignity.78

75
Freire, P. (2000)
76
Kleymeyer, C.D. (1994)
77
Yùdice, G. (2009)
78
Abreu, J.A. (2009) in Dirksen, R. (2013, p. 53)

66
Simili idee di rafforzamento sociale tramite le arti risuonano in molti angoli del pianeta,

specialmente in America Latina.79 L'azione culturale che vede impiegati il linguaggio e

l'espressione musicale può essere inserita, inoltre, in un quadro più ampio in termini di lavoro.

Dirksen riporta l'esempio del konbit haitiano, un sistema tradizionale di coltivazione collettiva

simile al kibbutz israeliano, capace di generare numerosi benefici per la comunità, in quanto

parte attiva. Le attività del konbit sono infatti accompagnate da canti e musiche

(prevalentemente a percussione): il ritmo musicale regola il ritmo di lavoro, i canti di protesta

sostengono l'entusiasmo dei lavoratori. Attraverso la musica e il lavoro, i coltivatori elevano il

loro ruolo di leader e allo stesso tempo artisti della comunità, esercitando il loro mestiere per

risolvere problematiche pratiche generalmente rivolte alle istituzioni e richiedenti larghe

somme di denaro. I benefici materiali dell'azione dei musicisti-leader dei konbit, non solo

necessitano di investimenti minimi, bensì accrescono e rafforzano l'autosufficienza e la dignità

della stessa comunità: le attività socio-musicali sono in grado di riconoscere efficacemente il

disagio della comunità e allo stesso tempo ne incoraggiano una reazione, come un vero e

proprio (ed esemplare) modello di sviluppo dal basso.

G azie all’app o io et o usi ologi o pe seguito da Di kse pe a alizza e la

condizione di povertà vissuta nel tessuto sociale haitiano da un punto di vista innovativo, è

possi ile o stata e l’esiste za di u dato p ezioso: l’atti ità usi ale, in determinati contesti,

è in grado di giocare un ruolo di primo piano nel contrastare una situazione di povertà

ate iale e ultu ale. L’asso iazio e Wucamp, così come altre realtà affini, non solo è stata

capace di contribuire sensibilmente alla costruzione ed alla crescita di una coscienza critica in

seno alla popolazione vittima di condizioni di degrado, ma è riuscita a superare

uell’atteggia e to di de espo sa ilizzazio e ge e al e te adottato dagli i di idui i

situazio i di e e ge za. L’atti ità svolta dalle associazioni è stata inoltre capace di conciliare

79
Cfr. Araùjo, S. et al. (2006), o anche Ramos, S. et al. (2009)

67
le espressività musicale tradizionale della mizik angaje con influenze maggiormente

contemporanee, contribuendo così a rafforzare la base identitaria delle loro azioni a beneficio

della comunità. Affermare che ad Haiti non sussistano tuttora gravi condizioni di povertà

sarebbe tuttavia del tutto inopportuno, come del resto sarebbe fuori luogo ignorare

l’i peg o, l’i t ap e de za e la fo za ultu ale della popolazio e haitia a ella i e a di

soluzioni creative a problematiche tipiche di un ambiente povero.

68
5. Musica, salute e status socio-economico: povertà urbana in Canada

Il caso di studio trattato in questo paragrafo è frutto della ricerca sul campo

dell'etnomusicologa nordamericana Klisala Harrison80. L’et o usi ologa a ie ta la sua

analisi in un contesto che si discosta da quelli descritti precedentemente: l'area urbana

canadese di Vancouver, un ambiente che negli anni ha accolto un modello di sviluppo socio-

economico di tipo occidentale e che presenta quindi caratteri e problematiche

tendenzialmente simili a quelle appartenenti a contesti sociali a noi più prossimi. All'interno

di aree urbane socio-economicamente depresse, descrive Harrison, si può spesso riscontrare

una offerta più o meno ricca di progetti culturali a sfondo musicale, promossa gratuitamente

alla comunità dai molteplici attori sociali, istituzionali e non. Molti di questi progetti

contribuiscono a migliorare e sviluppare da una parte competenze e livello di istruzione dei

partecipanti, dall'altra capacità di reddito e opportunità occupazionali, contribuendo ad

accrescere il loro status socio-economico.

La ricerca di Harrison mette a fuoco inoltre le implicazioni che queste attività hanno sulla

salute degli individui. Il termine status socio-economico, sostiene la ricercatrice, è utilizzato

nelle scienze mediche e sociali per definire diversi livelli o ranghi sociali all'interno di un

ambiente tendenzialmente diseguale. Questi livelli o ranghi giocano un ruolo essenziale in

qualità di fattori determinanti la salute e la mortalità degli individui, un ruolo condiviso con

altri aspetti che trovano origine nella complessità di un contesto sociale urbano. Nello

specifico, per status socio-economico si intende un concetto che accoglie al suo interno tre

aspetti tra loro interconnessi, tre dimensioni individuali: lo stato economico, lo stato di

istruzione e lo stato lavorativo. Harrison esplora i caratteri qualitativi di queste dimensioni

presenti in uno dei quartieri più problematici di Vancouver, il Downtown Eastside, conosciuto

come l'area più povera del Canada, che ospita al suo interno circa 20.000 residenti.

80
Harrison, K. (2013)

69
Approssimativamente l'85% di questi ultimi vive al di sotto del livello minimo di reddito annuo

canadese (12.400 CAD contro i 58.000 CAD del Paese).81 Circa il 60% di questo reddito

proviene da contributi statali di disoccupazione e invalidità.

Nel Downtontown Eastside organizzazioni e istituzioni lavorano congiuntamente con le

fasce di popolazione a rischio, offrendo diverse attività culturali sin dagli anni '80:

musicoterapia tramite l'ascolto e l'utilizzo della musica popolare, produzioni musicali e

teatrali, incontri, lezioni e workshops artistici, corsi di storia della musica e delle arti di livello

universitario.82 Il lavoro dell'etnomusicologa nordamericana ha coinvolto utenti e operatori

dei diversi progetti, nel tentativo di cogliere obiettivi e benefici (materiali e non) in seno alle

singole attività, cercando inoltre di rispondere ad interessanti quesiti in merito al benessere

degli individui ed alle reali implicazioni messe in atto nei confronti dello status socio-

economico dei partecipanti.

5.1 Collegamenti tra status socio-economico, salute e musica

Per analizzare al meglio le relazioni che intercorrono tra status socio-economico, salute

ed azioni a sfondo musicale, appare necessaria una premessa in merito ai caratteri medici

sottostanti alle tre differenti dimensioni, caratteri che verranno sinteticamente delineati, non

essendo questo il luogo più adatto per una loro analisi approfondita.

Lo status socio-economico è spesso osservato, sostiene Harrison, in studi che affrontano

specifici temi di psicologia musicale e di percezione del suono. Studi simili, insieme a quelli in

etnomusicologia medica, spesso associano reazioni fisiologiche dell'essere umano a stati

emotivi dell'individuo, dimenticando però di sottolineare come questa relazione abbia in

realtà un'importante determinante sociale.83 Sebbene delle precise correlazioni tra una buona

81
Statistics Canada (2011)
82
Harrison, K. (2008, p.60)
83
Kreutz, G. et al. (2012)

70
o una cattiva salute, e un elevato o un basso status sociale, rispettivamente, siano ancora in

fase di studio, si può assumere, sostiene Harrison, che esse seguano degli andamenti generali.

Fattori di rischio per la salute strettamente correlati con status socio-economico e condizioni

di salute sono ad esempio il fumo, la scarsa attività fisica o una dieta povera: le caratteristiche

psicologiche della depressione, in genere, sono tra le più influenti in merito alle dimensioni

socio-economiche e della salute individuale. Ugualmente si può dire dello stress. Lo stress è

diversamente distribuito all'interno di un contesto sociale, specialmente in uno urbano: la

psicologa statunitense Nancy E. Adler84 afferma come ad un elevato livello di status socio-

economico si possa associare un basso livello di stress, e viceversa. Una condizione di stress è

solitamente caratterizzata da due fattori psicologici principali: da una parte può incidere

l'esposizione ad avvenimenti, nella vita di un individuo, che necessitano di un alto grado di

adattamento; dall'altra può essere vista come un vero e proprio stato dell'essere, indebolito

da una forte condizione di tensione personale, spesso dovuta alla paura individuale di non

essere in grado di far fronte a future ed eventuali difficoltà.85

La diffusione e l'inversa proporzionalità che sussiste tra status socio-economico e

condizione di salute è definita da Michael Marmot in termini di sindrome da status: individui

con uno status relativamente alto – sostiene Marmot86 – godono generalmente di migliori

condizioni di salute, nonché di una maggiore longevità. La variazione dello status individuale,

ad esempio attraverso le attività a sfondo musicale del Downtown Eastside, significherebbe

quindi un mutamento delle condizioni di salute degli individui. Studi recenti e l'attivismo di

molti ricercatori in ambito medico, inclusa la Commissione sulle Determinanti Sociali della

Salute (facente parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità)87 affermano in maniera ancor

84
Adler, N.E. et al. (1994)
85
Adler, N.E. et al. (1994)
86
Marmot, M. (2004)
87
World Health Organization (2008)

71
più decisa l'influenza che una crescita del guadagno individuale provoca positivamente nei

confronti della salute e della longevità, così come è capace di farlo un miglioramento dello

status occupazionale. Entrando brevemente nello specifico, lo stress psicologico generato

dall'esperienza di un basso livello di status sociale ed economico, è a sua volta in grado di

scaturire reazioni fisiologiche di stress nell'organismo degli individui: il sistema immunitario

viene infatti indebolito dal rilascio di una tipologia particolare di ormoni, detti appunto ormoni

dello stress, la cui produzione è generalmente dovuta a forti stati di tensione psicologica di un

individuo.88 A questo riguardo Harrison afferma e sostiene l'importanza dell'attività musicale,

non solo come strumento di accrescimento del proprio status socio-economico, bensì come

efficace metodo di miglioramento delle proprie condizioni fisiche e di salute.

5.2 Variazioni di status socio-economico attraverso l'attività musicale

La maggior parte delle attività musicali, e dei benefici da esse scaturiti, che

l'etnomusicologa nordamericana ha avuto modo di osservare hanno come principale obiettivo

quello di sviluppare le capacità artistiche dei partecipanti, promuovendone la pratica. Alcuni

di questi progetti hanno inoltre contribuito al potenziamento delle opportunità di guadagno

economico e delle possibilità lavorative degli utenti, diversi dei quali hanno tradotto questi

miglioramenti in un incremento del loro livello di status socio-economico, con relativo

beneficio in termini di benessere psicofisico. I progetti ai quali si riferisce Harrison hanno

accolto, e accolgono tuttora, una moltitudine di dimensioni espressive di carattere musicale,

e sono spesso promossi e finanziati dalle stesse istituzioni della città di Vancouver. Rientrano

tra i generi di attività gli incontri di improvvisazione musicale, tandem di insegnamento teorico

e strumentale, costanti sedute di musicoterapia, musica di insieme, corsi gratuiti e di libero

accesso offerti dalla University of British Columbia, workshops dedicati alla conservazione del

88
West, T. e Ironson, G. (2008)

72
patrimonio musicale aborigeno canadese, performance teatrali, musica di strada. Gran parte

di queste iniziative fanno inoltre parte di una serie di iniziative promosse dal distretto urbano

di Vancouver e finalizzate allo sviluppo di una cosiddetta creative city, una città creativa basata

sul fiorire dell'industria della creatività. La creative city è divenuta un'idea di forte attrazione

per policymakers e investitori locali: nell'iniziativa risiedono infatti grosse aspettative che

vedono in una concentrazione di lavoratori artisticamente creativi e nella crescita

dell'industria dell'arte una rilevante opportunità di crescita economica per la città. Non sono

mancate però, sottolinea Harrison, delle posizioni critiche in merito alle conseguenze che una

creative city potrebbe generare. Si teorizza infatti che il progetto potrebbe dare vita ad uno

scenario tendenzialmente iniquo, caratterizzato da un contesto urbano polarizzato, in cui

conviverebbero da una parte una fascia di lavoratori flessibili privilegiati (direttori e produttori

musicali, manager dello spettacolo, etc.), dall'altra una fascia di lavoratori flessibili precari

(artisti semi-professionali, musicisti freelance, etc.) con contratti di lavoro multipli, a breve

termine e di basso guadagno.

In merito alle opportunità economiche nel settore artistico, Harrison riporta i risultati di

un sondaggio di una compagnia di ricerca canadese specializzata nelle scienze sociali, la Hill

Strategies Researches inc.89 Secondo lo studio condotto dall'agenzia nel 2009, i redditi

percepiti dai lavoratori in ambito artistico occupano il gradino più basso della gerarchia

nazionale, circa 16.000 CAD annui contro i 18.000 CAD della media di reddito minimo nel

Paese: questi risultati, alla luce di un reddito medio di 43.000 CAD percepiti annualmente da

manager e produttori artistici, riflettono tristemente lo scenario polarizzato teorizzato dai

critici della creative city.

La compensazione della crescente disuguaglianza percepita non solo dai dati della Hill

Strategies Research inc., ma anche (e in maniera più sensibile) dagli addetti ai lavori, rientra

89
Hill Strategies Research (2009)

73
tra gli obiettivi principali delle attività promosse nel Downtown Eastside di Vancouver:

Gai i g edu atio a atal se ha ges to status of i o e a d o upatio .90 Sono diverse

le testimonianze che Harrison riporta nel suo studio in qualità di preziose prove dei benefici

che l'attività musicale in comunità riesce ad apportare ai singoli individui in termini di

conoscenza, benessere economico e benessere fisico, conducendoli gradualmente al di fuori

da serie condizioni di emarginazione tipiche di un contesto urbano.

L'originalità del lavoro svolto da Klisala Harrison risiede nell'aver affrontato il tema

dell'attività musicale come strumento di accrescimento del benessere individuale da una

prospettiva insolita, ovvero analizzando le modalità attraverso le quali il linguaggio musicale,

all'interno di un contesto urbano, è in grado di interagire positivamente non solo sulle

condizioni socio-economiche di chi lo coltiva, bensì sul suo benessere fisico, sulla sua salute.

Dal lavoro sul campo, dalle intelligenti considerazioni e comparazioni multidimensionali, frutto

di una delicata sovrapposizione interdisciplinare di scienze sociali, scienze mediche e scienze

economiche, e dalle preziose testimonianze riportate da Harrison, emerge un dato

importante. Un approccio che percepisce l'esperienza musicale come strumento finalizzato a

modificare materialmente lo status socio-economico di un individuo all'interno di una

comunità, risulta di per sé ampiamente riduttivo: piuttosto l'attività musicale agisce

positivamente sulle modalità con cui gli individui percepiscono se stessi nella propria

comunità.

La difficoltà percepita dalle strategie creative nel miglioramento materiale delle condizioni

economiche degli individui, nel contesto urbano canadese, non è da ricercare nell'inefficacia

dei progetti. È la struttura della società canadese, con la sua forte gerarchia del mercato del

lavoro, a contribuire negativamente alla riduzione dell'ampia disuguaglianza presente nella

distribuzione della ricchezza all'interno della comunità; una disuguaglianza capace di

90
Harrison, K. (2013, p. 65)

74
distorcere i potenziali benefici di sviluppo urbano sul modello di una creative city altamente

specializzata, promotrice di ricchezza culturale e dell'industria creativa. Per queste

motivazioni i progetti a sfondo musicale concentrati nel Downtown Eastside risultano

fortemente indeboliti, come indebolita giace l'opportunità di utilizzare un nuovo linguaggio

non solo come strumento di comunicazione, bensì come efficace strumento di benessere

sociale, economico, culturale e fisico.

75
6. Suono, povertà e partecipazione sociale a Rio de Janeiro.

Il caso di studio presentato in questo paragrafo si propone di osservare il contributo di

ONG e pubbliche istituzioni in merito all'offerta di progetti culturali in aree urbane socio-

economicamente depresse del Brasile. La progettualità oggetto di analisi ha avuto

l'opportunità e l'obiettivo di compensare la supposta mancanza di forme di espressione

culturale nel tessuto sociale, e di sviluppare quelle già esistenti. I due etnomusicologi brasiliani

Samuel Araùjo e Vincenzo Cambria91, autori della ricerca, hanno osservato il comportamento

di attori sociali e individui, analizzando inoltre la maniera in cui i programmi culturali hanno

coinvolto la struttura economica del territorio, influenzando ad esempio il mercato del lavoro.

Questo o ie ta e to de i a da u ’espe ie za di i e a-azione-partecipazione svolta sul

campo dai due etnomusicologi in Maré, un quartiere della Zona Norte di Rio de Janeiro che

mostra forti segnali di povertà (sia materiale che immateriale) in un'area di grande estensione:

con circa 114.000 residenti, Maré è la seconda favela di Rio de Janeiro dopo la più nota Rocinha

(che conta più di 150.000 abitanti). In un simile contesto di ricerca è facile ritrovare differenti

aspetti di povertà, stereotipi, forme di violenza, e modelli intrecciati di partecipazione sociale

che costantemente rimandano ad una mescolanza di approcci sia teoretici che applicati e

mostra come essi pervadano forme passate e presenti di socializzazione, giocando un ruolo

determinante nelle procedure di condotta della ricerca.

Araùjo e Cambria delineano inizialmente le modalità con cui il dibattito sulla definizione

del concetto di povertà e delle strategie politiche per combatterla, in un Brasile caratterizzato

da forti squilibri socio-economici, hanno condizionato le iniziative culturali in Maré, capaci di

ottenere riconoscimenti su più livelli pubblici: nelle accademie, tra la popolazione locale, tra

gli attivisti politici. I due ricercatori si pongono quindi degli interrogativi di carattere teorico e

metodologico emersi dalla percezione sociale, sia interna che esterna, relativamente ad una

91
Araùjo, S. e Cambria, V. (2013)

76
mancanza di musica di valore nel contesto, e la conseguente sensazione di privazione e crisi

ide tita ia. I o lusio e, ie e dis ussa l’i po ta za delle etodologie di i e a

pa te ipati a el sottoli ea e l’i te o essio e t a usi a, iole za e po e tà, aff ontando

la criticità delle ideologie socialmente costruite all'interno e all'esterno della favela.

6.1 Povertà e dialogo culturale

L’asse o ettuale po e tà-sviluppo, sostengono Araùjo e Cambria, ha generalmente

attribuito al dibattito sulla povertà un aspetto imprescindibile dalle dinamiche sociali. Risulta

quindi necessario rivisitare alcuni sviluppi della storia del Brasile per fare luce sul delicato

rapporto sotteso tra riduzione della povertà da un lato e cultura e pratica del suono dall'altro.

L’inaugurazione nel 2003 della prima amministrazione federale brasiliana guidata dai

lavoratori metalmeccanici – i quali hanno spesso sottolineato la loro forzata migrazione socio-

economica, la carestia e la povertà come parte della loro esperienza delle politiche brasiliane

– ha suscitato grandi aspettative in alcuni e grandi sospetti in altri. Il nuovo programma

federale, conosciuto come Fome Zero (ovvero Fame Zero) e orientato allo sradicamento di

condizioni di carestia e povertà, ha maggiormente polarizzato questi due punti di vista,

nonostante il suo relativo successo nel far diminuire l'ampia disuguaglianza di distribuzione

del reddito nel Paese abbia portato ad un riconoscimento internazionale del programma ed

alla sua replica in altri Paesi in via di sviluppo. Tuttavia Fome Zero ha suscitato nuovi punti di

dibattito, su come ad esempio le nuove politiche abbiano portato a nuove composizioni di

classe ed a trasformazioni culturali, ovvero su come poter bilanciare gli aspetti economici di

questa nuova classe media dai più alti standard culturali, educativi e di partecipazione politica.

Il dibattito sulla trasformazione dei caratteri culturali e sulle nuove relazioni comparse nel

tessuto sociale brasiliano92 sono state l'oggetto della XXXVI Conferenza Mondiale del Consiglio

92
Cambria, V. (2008)

77
Internazionale per la Musica Tradizionale, svoltosi all'Università Federale di Rio de Janeiro nel

2001. L'incontro ha affrontato questi temi analizzando i risultati ottenuti da diversi progetti

culturali che hanno messo in stretto contatto la comunità accademica etnomusicologica con

la popolazione locale. Tra le partnerships che l'accademia ha creato con le ONG nel Maré,

Araùjo e Cambria riportano una delle più importanti, consolidata con il Centro de Estudos e

Acoes Solidàrias de Maré. Inizialmente la collaborazione tra il laboratorio di etnomusicologia

e il CEASM era limitata a degli incontri tra pochi ricercatori dell'università e i direttori del

Centro Studi di Maré, o lo s opo di i di idua e o ietti i o u i ell’ela o azio e di u

progetto collettivo. In un secondo momento gli incontri sono stati aperti alla cittadinanza: ha

p eso ita il p ogetto Musi ultu a 93: gruppi di discussione aperti (tra popolazione ed

accademici) sulla musica e sulle problematiche tipiche della comunità di riferimento, finalizzati

al superamento dei più diffusi stereotipi delle arti, delle pratiche musicali e delle condizioni di

vita povere della favela.

Seguendo i principi di partecipazione proposti nella pedagogia di Paulo Freire94, basata

sulle nozioni critiche di autonomia e dialogo, i ricercatori universitari hanno agito come

mediatori, talvolta provocando discussioni su tematiche musicali e realtà locali, o suggerendo

nuove prospettive per creare e far nascere un dibattito attivo tra i residenti, mentre in altri

casi hanno agito restando in silenzio ed ascoltando. Gradualmente, raccontano Araùjo e

Cambria, i gruppi di discussione hanno iniziato ad andare oltre le percezioni personali ed

attraverso spunti di riflessione di maggiore profondità, hanno rielaborato la propria

esperienza nella favela.

Dopo i a u a o di ita, Musi ultu a ha fatto sì he i eside ti si se tisse o più a lo o

agio nel gestire autonomamente il dibattito su tematiche di vario genere, incluse

93
Musicultura (2011a,b)
94
Freire, P. (2000)

78
argomentazioni conflittuali che talvolta nascevano in merito a punti di vista del tutto personali

riguardo differenti percezioni di povertà culturale in Maré, ma definendo criteri di ricerca e

strategie in totale autonomia. Il maggior successo del progetto, nonostante l'assenza di un

discorso musicale in senso pratico bensì circoscritto ad attività di confronto e dibattito, ha reso

praticabile un qualcosa che all'inizio non appariva tale: la giustapposizione tra diversi soggetti

con diverse posizioni che erano spesso in contraddizione e conflitto senza fine. Nonostante

questo aspetto sia familiare a tutte le collettività umane, sottolineano i due etnomusicologi,

la coesistenza è troppo spesso obliterata o data per scontata nelle analisi accademiche, in

favore di generalizzazioni troppo semplificanti.

6.2 Musica e favela

La favela può essere vista come il risultato di una lunga lotta per il diritto alla città 95

perpetuata, già dalla fine del XIX secolo, dalle masse popolari della parte bassa di Rio de

Janeiro che non erano in grado di aspettare gli alloggi disposti dalla pubblica amministrazione.

La loro perdurante esistenza, tuttavia, riflette il gioco di interessi delle élite politiche

capitaliste di mantenere un diffuso livello di precarietà dei residenti in termini di diritti del

cittadino, per sfruttare la forza lavoro a bassissimo costo presente nella favela e per assicurare

la sopravvivenza di un radicato sistema di clientelismo. Nonostante oggi rappresentino un

eterogeneo aggregato topografico ed un eterogeneo spazio sociale, le favelas sono sempre

state o side ate o oge ea e te o e luoghi dell’asse za, o se o do defi izio i politically

correct come comunità carenti, definite quindi sempre in termini di ciò che non hanno,

piuttosto che per ciò che sono o ciò che hanno realmente.96 La povertà, intesa come l'estrema

condizione di privazione vissuta nel tessuto sociale, rappresenta sicuramente la dimensione

95
Lefebvre, H. (2005)
96
Machado da Silva, L.A. (2002)

79
basica di mancanza attribuita alla favela ed ai suoi residenti. Questa idea di mancanza è

rappresentativa di un'assenza di ordine e legalità, di opportunità di lavoro e di conoscenza, di

sicurezza, di cultura, di valori civici e morali. Il crescente disinteresse delle istituzioni in merito

alle politiche sociali ha fatto sì che il cosiddetto terzo settore (fondazioni, associazioni, istituti,

ONG) guadagnassero un ruolo di primo piano in risposta ai pressanti bisogni della società civile

manifestati nella sfera pubblica, dando vita ad una moltitudine di progetti e di attività capaci

non solo di colmare il vuoto istituzionale fortemente percepito dai residenti, ma di proporsi

come valido ed efficace strumento di cambiamento.

Araùjo e Cambria raccontano come attraverso una fitta rete di attività culturali, ONG

differenti presenti nel territorio (e diversamente in rete tra loro) abbiano tentato di perseguire

una serie di obiettivi sensibili alla popolazione di giovane età della favela: rafforzare il senso

civico e di solidarietà reciproca, professionalizzarli come artisti e quindi renderli capaci di

generare reddito, creare immagini positive di successo per individui e collettività spesso

stigmatizzati, fornire attraenti alternative ai giovani rispetto al coinvolgimento nel traffico di

droga o in forme di vita criminale assai diffuse nella favela. In un generale interesse che la

gioventù ha dimost ato ei o f o ti dei p ogetti, il uolo e t ale he l’atti ità usi ale ha

assunto all'interno di queste iniziative, sostengono i due etnomusicologi, è principalmente

dovuto al fatto che esse offrono l'opportunità di combinare tre idee di senso comune in merito

a musica ed ai residenti stessi. In primo luogo, emerge come la musica, o meglio le attività

volte a coltivare il linguaggio musicale, sono un qualcosa che ai residenti della favela manca;

in secondo luogo, si avverte come la musica sia tendenzialmente una pratica genuina, che ha

bisogno di essere incoraggiata come mezzo per rafforzare la risoluzione di conflitti e

contrastare la violenza; infine, Araùjo e Cambria sottolineano come tra i residenti della favela

vi siano alcuni talenti naturali, e come progetti di questo genere si pongano come preziose

80
opportunità di miglioramento delle capacità creative per costruire carriere di successo.97

Facendo leva su queste idee, diversi programmi a sfondo musicale promossi dalle ONG del

territorio hanno proliferato negli ultimi venti anni, ottenendo sostegno pubblico e privato a

livello locale, sia nazionale sia internazionale.

I progetti culturali fin qui esposti differiscono tra loro per ampiezza, disponibilità di risorse

e continuità nel tempo e conseguentemente in efficacia del loro lavoro. Dallo studio dei due

etnomusicologi brasiliani emerge tuttavia un dato dall'aspetto controverso. Sebbene talvolta

presentino differenti obiettivi specifici, la maggior parte dei progetti promossi sono spesso

basati su attività convenzionali, su una standardizzazione di metodi e idee sulla musica e la

sua educazione. Le pratiche coinvolte nelle attività musicali di queste istituzioni sono quindi

pe epite dalla o u ità o e este e ad essa: uesto ie t a ell'idea di democratizzazione

della ultu a , pa adig a e t ale sia ella fase post-dittatoriale brasiliana che dei programmi

di sradicamento della povertà nel territorio. Le pratiche musicali tradizionali della comunità,

oltre a non essere incorporate nella programmazione dei progetti culturali, sono oltretutto

presentate negativamente nelle proposte delle organizzazioni, adottando spesso un approccio

che considera generalmente gli utenti come sprovvisti di pregresse esperienze musicali.

La sistematica denigrazione dell'esperienza musicale locale, sostengono Araùjo e

Cambria, contraddice chiaramente i programmi stessi, mirati ad un accrescimento

dell'autostima giovanile come principale obiettivo. Questo paradosso, più volte trasmesso

dagli etnomusicologi alle organizzazioni locali, è sintomatico della generale idea di mancanza:

u ’attitudi e egati a, può esse e ista iflette do su iò he Bou dieu e Wa ua t 98

definiscono come violenza simbolica, un concetto coniato per definire il potere che è espresso

dalle ideologie dominanti attraverso la costruzione e la naturalizzazione di una realtà che

97
Cambria, V. (2012)
98
Bourdieu, P. e Wacquant, J.D (2002)

81
rifiuta e opprime la parte invece dominata della società. Similmente a quanto sostenuto da

Antonio Gramsci99, questa forma di egemonia (e la sua pericolosità) è caratterizzata dal fatto

he ge e al e te o i o os iuta i ua to tale. L’ege o ia di G a s i asata sul

o etto di o se so spo ta eo alla do i azio e o al pote e oe iti o dello stato da pa te

delle masse. In entrambi i casi la dominazione è esplicita. La violenza simbolica, al contrario, è

basata sul non riconoscimento della dominazione: in questo caso essa è come naturalizzata,

o e il isultato di u ’i o s ia i s izio e delle st uttu e so iali el o po, poi h i sita el

nascosto lavoro svolto dalle abitudini.100 Me t e l’ege o ia asata sul o se so dei g uppi

subordinati non è violenta, nel momento in cui il consenso è vinto dall'élite dominante e dato

dai governati in cambio di immediati benefici, la violenza simbolica merita questo nome se è

basata su di una nascosta imposizione dell'ordine delle cose, naturalizzato quindi dal senso

comune e protetto dal tendenziale silenzio della comunità. Entro questa prospettiva teorica,

il sentimento di una povertà culturale percettibile dietro la maggior parte delle iniziative

portate avanti dalle organizzazioni del terzo settore nelle favelas, è il risultato di un

accumulazione nel tempo di diversi discorsi, che hanno acquisito lo stato di verità e appaiono

oggi come stereotipati nei confronti di pratiche culturali al contrario proprie di una comunità.

Le musiche prodotte e messe in circolazione oggi a Rio de Janeiro riflettono più di un

secolo di intensi flussi di persone e pratiche espressive culturali provenienti sia dalla città che

dall'esterno: si percepisce una creativa soluzione che i residenti hanno sviluppato nel tempo

per gestire i piaceri e le paure della vita di tutti i giorni. Queste musiche dovrebbero essere

percepite e vissute come il risultato di un fitto intreccio di dinamiche sociali che hanno

storicamente definito la città, i suoi spazi sociali ineguali e il modo in cui essi si relazionano

l'un l'altro, mentre vengono oggigiorno denigrate dalle stesse organizzazioni che intendono

99
Gramsci, A. (1970)
100
Bourdieu, P. (1990)

82
arricchire un contesto definito povero culturalmente. Dalla ricerca di Araùjo e Cambria si può

quindi dedurre che i benefici apportati alla comunità dall'attività delle organizzazioni locali, in

termini di miglioramento delle condizioni di povertà, vengono indeboliti dall'approccio stesso

delle organizzazioni. Le pratiche musicali rappresentative della vita nella favela, e percepite

come proprie dai suoi abitanti, sono spesso considerate povere dagli attori sociali, distorcendo

così una reale percezione di ciò che si può definire un ambiente povero culturalmente, e

allontanandosi di conseguenza dagli obiettivi che gli stessi programmi si prepongono. L'idea

di povertà costruita attorno al concetto di mancanza, trova nella favela una realtà ben diversa

da quella che ci si aspetterebbe ad una prima e superficiale analisi: la mancanza in questione

è definita infatti dall'esterno, attraverso stereotipi socialmente costruiti che omettono di

considerare esperienze, desideri e necessità dei residenti. Solamente una partecipazione

diretta di questi ultimi nella definizione di ciò che è realmente percepito come mancante,

potrebbe portare alla definizione di efficaci e democratiche strategie di sviluppo sociale,

economico e culturale. La critica principale è indirizzata quindi alla condizione, già definita, di

violenza simbolica. Quest'ultima contribuisce a rafforzare la maniera in cui si trova ad operare

un'ideologica gerarchia delle espressioni artistiche, attraverso un costante screditamento

delle pratiche musicali originarie della favela, le uniche capaci di descrivere l'ambiente di cui

sono figlie attraverso un linguaggio musicale, come una vera forma di resistenza pacifica.

Il p ezioso la o o s olto dal p ogetto Musi ultu a app ese ta u pi olo a effi a e

passo avanti nella lotta alla violenza simbolica nel Maré, dal momento in cui fonda la sua

attività sulla sistematica decostruzione di concezioni stereotipate attraverso un delicato

processo di dialogo finalizzato alla produzione di conoscenza. Col tempo i partecipanti sono

stati in grado di percepire in maniera maggiormente critica i processi sociali e le forti

contraddizioni che li vedevano direttamente coinvolti, costruendo insieme una progettualità

innovativa. Appare quindi chiaro come una ricerca finalizzata a descrivere un contesto

83
culturale, sia esso povero o ricco, debba umilmente riconoscere che i processi socio-

economici, i suoi prodotti e i fattori che lo influenzano sono costantemente mediati e ridefiniti

da relazioni di potere, la cui presenza rende necessarie azioni e riflessioni di carattere

multidimensionale capaci di descrivere fedelmente le condizioni vissute dalla popolazione

locale.

84
85
Conclusioni

Una delle caratteristiche principali di una disciplina come la cooperazione internazionale

o siste ell’a oglie e e ell’asse o da e u fo te app o io ultidis ipli a e a ostituzio e

dei propri paradigmi teorici e delle relative strategie operative. È p op io ell’i te azio e delle

diverse scienze e conoscenze umane che la cooperazione internazionale è capace di rivelare

la p op ia italità, osì o e u ’i e ita ile o plessità. Questa atu a polied i a gia e alle

radici del presente lavoro, suggerendo un punto di vista apparentemente insolito ma abile in

ealtà di des i e e a o più el p ofo do l’a ie te e le pe ezio i degli i di idui elle

odierne comunità umane. A questo proposito si è scelto di esplorare il tema della povertà

tramite un approccio etnomusicologico, il più idoneo, a mio parere, non solo ad avvalersi del

li guaggio usi ale o e st u e to d’a alisi e di des izio e della ealtà, a apa e alt esì

di s o ge e il igo e e l’effi a ia i se o allo s iluppo di apa ità u a e i g ado di

ridimensionare condizioni di estrema povertà che descrivono numerosi angoli del pianeta. In

altri termini si è tentato di rispondere ad un quesito affatto scontato: il linguaggio musicale

può effettivamente dimostrarsi un efficace strumento di miglioramento delle condizioni di

povertà degli individui?

Come già affermato, l'obiettivo di questo lavoro non è trovare soluzioni precostituite alle

problematiche in cui possono imbattersi i governi e le istituzioni internazionali: si tratta

piuttosto di rilevare la complessità di tali problemi, di osservarli dietro lo sguardo di un nuovo

e atipico strumento di percezione della povertà stessa, la cui atipicità rende possibile

l’esplo azio e di a iti e di e sio i del tutto i osse a ili o alt i ezzi.

I casi studio che si è scelto di analizzare hanno confermato in maniera significativa la

o plessità he isiede all’i te o del o etto di po e tà, elle fo ei ui si a ifesta e

sop attutto ella a ie a i ui essa ie e pe epita dagli i di idui. L’utilizzo del linguaggio

musicale come strumento di osservazione ha fatto emergere inoltre le contraddizioni insite

86
non solo nelle strategie di sviluppo promosse dalle istituzioni, ma anche nelle attività

sostenute dal basso. La perdita delle forme di musicalità tradizionali, la mercificazione della

cultura, la gerarchizzazione della creatività, sono solo pochi esempi di effetti più o meno

ollate ali i dotti da st ategie di s iluppo s ollegate o solo dall’a ie te desti ato ad

accoglierle, ma soprattutto dalle percezioni di uomini, donne, giovani ed anziani che

convivono quotidianamente con le circostanze oggetto di miglioramento, capaci pertanto di

coglierne la reale essenza. Il concetto di violenza simbolica avanzato da Araùjo e Cambria nella

ricerca condotta a Rio de Janeiro, descrive efficacemente il modo in cui queste contraddizioni

vengono rafforzate attraverso un'ideologica gerarchia delle espressioni artistiche, attraverso

un costante screditamento di pratiche musicali tradizionali di una comunità, le uniche capaci

di descrivere e rappresentare dettagliatamente l'ambiente, le sue problematiche, e la maniera

in cui esse vengono percepite. Per questo, come sostengono i due etnomusicologi brasiliani,

una ricerca finalizzata a descrivere un contesto culturale, sia esso povero o ricco, deve

umilmente riconoscere che i processi socio-economici, i suoi prodotti e i fattori che lo

influenzano sono costantemente mediati e ridefiniti da relazioni di potere, la cui presenza

rende necessarie azioni e riflessioni di carattere multidimensionale capaci di descrivere

fedelmente le condizioni vissute dalla popolazione locale.

Una riflessione critica non deve allo stesso tempo ignorare gli importanti benefici che il

linguaggio e, di conseguenza, il dialogo musicale è stato in grado di apportare in numerosi e

delicati contesti. I meriti conseguiti da progetti globalmente noti, come il modello didattico-

musicale El Sistema di José Antonio Abreu in Venezuela, o la West-Eastern Divan Orchestra

israelo-palestinese del maestro Daniel Barenboim, non screditano, bensì avvalorano

maggiormente il prezioso contributo delle più modeste attività musicali approfondite in

questo lavoro. È stato infatti possibile constatare come un ambiente povero possa essere

percepito maggiormente misero se privo (o privato) della sua ricchezza culturale, e come

87
i e e la p ese za di atti ità olte alla olti azio e di uest’ulti a agis a o positi a e te

sulle condizioni, materiali e non, degli individui. Il caso haitiano proposto da Dirksen è inoltre

esemplare di come il linguaggio musicale possa efficacemente veicolare e promuovere

di etta e te l’azio e p ati a della o u ità, se si ilizza dola i a zi a p o le i di ui essa

stessa è vittima ma allo stesso tempo forza risolutrice.

Appa e du ue hia o o e l’adozione di uno sguardo etnomusicologico non sia un

atteggiamento del tutto estraneo alle esigenze teoriche e operative della cooperazione

i te azio ale. La i hezza delle i fo azio i he l’et o usi ologia i g ado di appo ta e

risulta fondamentale per calibrare efficacemente strategie ed azioni che si inseriscano nel

tessuto sociale limitando al massimo il rischio di collateralità dei loro effetti. Le riflessioni

proposte in questo lavoro forse non definiscono chiare modalità operative che associazioni o

istituzioni potrebbero accogliere nel perseguimento dei loro obiettivi specifici, ma tentano di

contribuire al conseguimento di un obiettivo generale, ovvero la costruzione di una coscienza

collettiva capace di difendere il patrimonio culturale di una comunità, in un ambiente dove

creatività e collettività siano in grado di alimentarsi vicendevolmente, come in un vero e

proprio ciclo naturale.

88
89
Bibliografia

 A ate, Fa izia , Capa ità o ati a i Ma tha Nuss au . Qua do l’i dagi e fe i ile
se e al p og esso della glo alizzazio e , Idee: rivista di filosofia, vol. 49, pp. 117-120.

 Adler, Nancy, Boyce Thoms, Chesney Margaret, Cohen Sheldon e Kahn Robert (1994),
“o ioe o o i “tatus a d Health , American Psychologist, vol. 49, pp. 15-24.

 A aùjo, “a uel e e i del G upo Musi ultu a , Co fli t a d Viole e as The o eti al
tools in Present-day Ethnomusicology: Notes on a Dialogic Ethnography of Sound Practices in
Rio de Ja ei o , Ethnomusicology, vol. 50, pp. 287-313.

 Averill, Gage (1997), A Day for the Hunter, a Day for the prey: Popular Music and Power in Haiti,
Chicago, University of Chicago Press.

 Baily, John (2009), Music and Censorship in Afghanistan, 1973-2003, Surrey, Ashgate.

 Battachan, Krishna, Tej, Sunar e Battachan, Yasso Kanti (2009), Caste Discrimination in Nepal,
New Delhi, Indian Institute of Dalit Studies.

 Be h, Te , Nepal: The Gai e Caste of Begga -Musi ia s , The Wo ld of Musi , ol. ,


pp. 28-35.

 Bourdieu, Pierre (1990), The Logic of Practice, Stanford, Stanford University Press.

 Bourdieu, Pierre e Wacquant, Loic (2002), Symbolic Violence, Malden, Blackwell Publishing.

 Cambria, Vincenzo (2008), Novas estratégias na pesquisa musical: Pesquisa participativa e


etnomusicologia, Rio de Janeiro, Mauad X and Faperj.

 Cambria, Vincenzo (2012), Music and violence in Rio de Janeiro: A Participatory Study in
Ethnomusicology, Middletown, Wesleyan University Press.

 Castiglione, Silvana (2012), La questione animale, Milano, Giuffrè.

 Cosentino, Donald (1995), Sacred Arts of Haitian Vodou, Los Angeles, University of California
Press.

 Di kse , Re e a , “u i i g Mate ial Po e t E plo i g Cultu al Wealth: Putti g


Musi i the “e i e of the Co u it i Haiti , Yearbook for Traditional Music, vol. 13, pp. 43-
55.

90
 Dubois, Laurent (2012), Haiti: The Aftershocks of History, New York, metropolitan Books.

 Dupuix, Alex (2007), The Prophet and the Power: Jean-Bertrande Aristide, the International
Community, and Haiti, Lanham, Rowman and Littlefield.

 Escobar, Arturo (1995, 2012), Encountering Development: The Making and Unmaking of the
Third World, Princeton, Princeton University Press.

 Fiol, “tefa a, Fo Folk to Popula a d Ba k: Assessi g Feed a k et ee “tudio


Recordings and Festival Dance-“o gs i Utta akha d, No th I dia , Asian Music, vol. 42, pp. 24-
53.

 Fiol, “tefa , “a ed, I fe io a d A a h o ous: De o st u ti g Li i alit a o g the


Baddi of the Ce t al Hi ala a , Ethnomusicology Forum, vol. 19, pp. 191-217.

 Fiol, “tefa , Of La k a d Loss: Assessi g Cultu al a d Musi al Po e t i Utta akha d ,


Yearbook for Traditional Music, vol. 45, pp. 83-95.

 Freire, Paulo (1970, 2000), Pedagogy of the Oppressed, New York, Continuum.

 Gellner, David, Pfaff, Johanna e Whelptoon, John (1997), Nationalism and Ethnicity in a Hindu
Kingdom: The Politics of Culture in Contemporary Nepal, Amsterdam, Hardwood Academic
Publishers.

 Gramsci, Antonio (1975, 2014), Quaderni dal carcere, Torino, Einaudi.

 Harrison, Klisala , Musi , Health a d “o io-Economic status: A Perspective on Urban


Po e t i Ca ada , Yearbook for Traditional Music, vol. 45, pp. 58-71.

 Helffe , Mi eille , U e haste de ha teu s-musiciens – Les Gai es du Nepal ,


L’Eth og aphie, vol. 73, pp. 45-75.

 Hill “t ategies Resea h , A “tatisti al P ofile of A tists i Ca ada Based i the


Ce sus , http://www.hillstrategies.com/content/statistical-profile.artists-canada.html.

 Hofer, Andreas (1979, 2004), The Caste Hierarchy and the State of Nepal: A Study of the Muluki
Ain of 1854, Lalitpur, Himal Books.

 International Council for Traditional Music (2013), Yearbook for Traditional Music, Liubljana,
International Council for Traditional Music Press.

91
 I te atio al Fu d fo Ag i ultu al De elop e t , U“$ . Millio IFAD Loa to I dia fo
Po e t Redu tio i Utta akha d “tate , http://www.ifad.org/media/press/2012/6.html.

 Kleymeyer, Charles David (1994), Cultural Oppression and Grassroots Development: Cases from
Latin America and the Caribbean, Boulder, Lynne Rienner.

 Kreutz, Gunter, Murcia Cynthia e Bongard Stephan (2012), Psychoneuroendocrine Research on


Music and Health: An Overview, Oxford, Oxford University Press.

 Lefebvre, Henri (1968, 2005), Il diritto alla città, Verona, Ombre Corte.

 Léon, Javier F. (2009), National Patrimony and Cultural Policy. The Case of Afroperuvian Cajòn,
Urbana, University of Illinois Press.

 Machado da Silva, Luiz Antonio (2002), A continuidade do problema favela, Rio de Janeiro,
Editora FVG.

 Marmot, Michael (2004), Status Syndrome: How Your Social Standing Directly Affects Your
Health, London, Bloomsbury Publishing.

 Ma dsle , E a , Red a i g the Bod Politi : Fede alis , Regio alis a d the C eatio
of Ne “tates i I dia , Commonwealth and Comparative Politics, vol. 40, pp. 34-54.

 Moisala, Pi kko , No od “hould e Fo ed to Make Living by Begging: Social Exclusion


a d Cultu al Rights of Gai e/Ga dha a Musi ia s of Nepal , Yearbook for Traditional Music,
vol. 45, pp. 13-25.

 Morlicchio, Enrica (2000), Povertà ed esclusione sociale: la prospettiva del lavoro, Roma, Edizioni
Lavoro.

 Musicultura (2011a), Tendencias e circuitos de consumo dé musica na Maré, Rio de Janeiro, São
Paulo, Editora Estaçao das Letras e das Cores.

 Musicultura (2011b), E’ possivel out o u do? Pes uisa usi al e ação so ial o s ulo XXI, São
Paulo, Editora Estaçao das Letras e das Cores.

 Narayan, Deepa, Chambers Robert, Shah Meera e Petesh Patti (2000), Voices of the poor – Crying
out for changes, New York, Oxford University Press.

 Nayak, Pulin (1995), Economic Development and Social Exclusion in India, Ginevra, International
Labour Organization.

92
 Nussbaum, Martha Craven (2000), Woman and Human Development. The Capabilities
Approach , Ne Yo k, Ca idge U i e sit P ess.

 Nussbaum, Martha Craven (2000, trad. it. 2001), Diventare Persone, Bologna, Il Mulino
Nussbaum, Martha Craven (2003, trad. it. 2005), Capacità Personale e Democrazia Sociale,
Reggio Emilia, Diabasis.

 Nuss au , Ma tha C a e , U i ito a o se plifi a e , i Oki , “usa Molle , Diritti


delle donne e multiculturalismo, Milano, Raffaello Cortina.

 Nussbaum, Martha Craven (2010, trad. it. 2013), Non per profitto, Bologna, Il Mulino.

 Nussbaum, Martha Craven (2011, trad. It. 2012), Creare Capacità. Liberarsi dalla dittatura del
Pil, Bologna, Il Mulino.

 Nussbaum, Martha Craver e Glover Jonathan (1995), Women, culture, and development: a study
of human capabilities , New York, Oxford University Press.

 Rah e a, Majid , Glo al Po e t : A Paupe izi g M th , Interculture, vol. 24, pp. 4-51.

 Ramos, Silvia e Ochoa Ana Maria (2009), Music and Human Rights: The Afro-Reggae Cultural
Group and the Youth from Favelas as Responses to Violence in Brazil, Urbana, University of
Illinois Press.

 Rowntree, Benjamin Seebohm (1901, 2001), Poverty, a study of town life, London, Policy
Press.

 Sainvill, Ed Rainer (2001), Tambours frappes, Haitiens campés: La fabuleuse histoire de la


musique haitienne, Port-au-Prince, Heritage.

 Samuel, Araùjo e Ca ia, Vi e zo , “ou d P a is, a d “o ial Pa ti ipatio : Pe pe ti es


fo a Colla o ati e “tud i Rio de Ja ei o , Yearbook for Traditional Music, vol. 45, pp. 28-39.

 Scarnicci, Manuela Ciani (2012), Etica ed Economia. Le origini dal 300 a.C. al 1800, Trento,
Edizioni del Faro.

 Sen, A.K. (1999, trad. it. 2000), Lo Sviluppo Li e tà. Pe h o ’ es ita se za de o azia,
Mondadori, Milano.

 “e , A a t a Ku a , Issue i the easu e e t of po e t , Scandinavian Journal of


Economics, vol. 81, pp. 285-307.

93
 Sen, Amartya Kumar (1992, trad. it. 1994), La diseguaglianza, Bologna, Il Mulino.

 Sen, Amartya Kumar (1999), Development as Freedom, New York, Oxford University Press.

 Sen, Amartya Kumar (1999, trad. it. 2003), La libertà individuale come impegno sociale, Bari,
Laterza.

 “e , A a t a Ku a , I t oduzio e , Human Development Report, vol. 10, pp. I-IV.

 Sen, Amartya Kumar (2006), Identità e Violenza, Bari, Laterza.

 Sen, Amartya Kumar e Nussbaum, Martha (1993), The quality of life, New York, Oxford University
Press.
 “ili o I dia , Good Ne s: I dia sees Biggest dip i Po e t ,
http://www.siliconindia.comnews/general/Good-News-India-Sees-Biggest-Dip-in-Poverty-nid-
109843-cid-1.html.

 “ all, Ma io Luis, Ha di g, Da id e La o t, Mi h le , Re o side i g Cultu e a d


Po e t , The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science, vol. 629, pp. 6-
27.

 Smith, Adam (1776, 2008), An Inquiry Into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, New
Delhi, Atlantic Publishers & Distributors, 2008.

 “tatisti s Ca ada , Lo i o e li es, - ,


http://www.statcan.gc.ca/pub/75f0002m/eng.pdf.

 Stirr, Anna (2009), Exchanges of Song, Migration, Gender, and Nation in Nepali Dohori
Performance, New York, Columbia University Press.

 SWANA Haiti Response Team (2010), Municipal Solid Waste Collection Needs in Port-au-Prince,
Haiti, Silver Spring, Solid Waste Association of North America.

 Turino, Thomas (2008), Music as Social Life: The Politics of Participation, Chicago, University of
Chicago Press.

 UNE“CO , Di hia azio e U i e sale dell’UNE“CO sulla Di e sità Cultu ale ,


http://www.unesco.it/_filesDIVERSITAculturale/dichiarazione_diversita.pdf.

 United Nation Development Program (1993), Human Development Report, 3, New York, Oxford
University Press.

94
 United Nation Development Program (1997), Human Development Report, 7, New York, Oxford
University Press.

 United Nation Development Program (2011), Human Development Report, 21, New York, Oxford
University Press.

 United Nation Development Program (2013), Human Development Report, 23, New York, Oxford
University Press.

 Weisethaunet, Hans (1998), The Performance of Everyday life: The Gaine of Nepal, Oslo,
Scandinavian University Press.

 West, These e Ironson Gail (2008), Effects of Music on Human Health and Wellness: Physiological
Measurements and Research Design, New York, Oxford University Press.

 World Health Organization (2008), Closing the Gap in a Generation: Health Equity through Action
on the Social Determinants of Health, Geneva, World Health Organization Press.

 Yùdice, George (2003), The Expediency of Culture: Uses of Culture in the Global Era, Durham,
Duke University Press.

95
96
97

Potrebbero piacerti anche