IL CHITARRISTA
AUTODIDATTA
METODO COMPLETO
per chitarra classica
RICORDI
BENVENUTO TERZI
IL CHITARRISTA
AUTODIDATTA
METODO COMPLETO
per chitarra classica
.. RICORDI
G. RICORDI & C. s. P· a .• Milano
Tutti i diritti sono riservati . Tous droits réservés . All rights reserved
RISTAMPA 1980
Appendice 109
Nozioni teoriche
CAPITOLO I
CONSIDERAZIONI GENERALI
La chitarra, come disse Aguado nella prefazione al suo metodo, si può paragonare ad una orchestra
in miniatura.
Infatti, benché l'estensione della sua scala non abbracci che quattro ottave, possiede tante possibilità poli-
foniche da poter rendere ad un tempo due, tre ed anche quattro parti distinte, ossia un piccolo quartetto.
A questo grande requisito devonsi aggiungere le molteplici sue risorse che la rendono un istrumento com-
pleto e perciò solista nel vero senso della parola.
Le sue principali risorse sono le note vibrate, ossia espressive; il portamento, la legatura, lo strisciato, il
trillo: effetti che si ottengono con la mano sinistra; il pizzicato, l'arpeggio, il tremolo, il rasgueado ( 1),
effetti propri della mano destra ed infine, il tamburo, gli armonici, il fagotto ed altre imitazioni
di strumenti.
Grande è pure la sua varietà di timbri: una stessa nota può essere ottenuta su note diverse, ma con diversa
qualità di suono, ed a seconda che le dita della mano destra agiscano sul manico, sulla buca od in pros-
simità del ponticello otteniamo un diverso timbro che va dal dolcissimo all'asprissimo. Questa varietà
aumenta a seconda che si suoni col pollice o con le altre dita, con le unghie ed ancora a seconda del modo con
cui le dita producono il suono. Sono possibili i pianissimi ed i fortissimi ed ogni suono può essere anche
smorzato a piacimento offrendo così un grande mezzo d'espressione. Chi può trovare in un altro strumento
di così modeste dimensioni una tavolozza così ricca di colori per esprimere nel miglior modo il pensiero
musicale?
Tutte le tonalità sono possibili, ma le favorite sono quelle di la, mi, re, e sol maggiore e la, re, e mi
minore, perché esse possiedono la tonica o la dominante sopra un basso libero. Anche tutti gli intervalli
sono eseguibili, il che ci permette di eseguire qualsiasi accordo da tre fino a sei note. Fra le prerogative
della chitarra emerge quella di prestarsi all'improvvisazione e ciò per la facilità cha ha la mano sinistra
di abbracciare due ottave senza mutare posizione. Grazie poi alla sua natura polifonica sono possibili tra-
scrizioni di duetti, trii, quartetti, purché si abbia l'avvertenza che la scelta cada su opere adatte all'in-
dole dell'istrumento ed alle sue possibilità tecniche. Epperò la musica originale è sempre la più indicata a
sfruttare le molteplici risorse della chitarra, specialmente se chi compone è un conoscitore profondo dei
segreti dello strumento, nonché un completo musicista.
La chitarra non possiede grandi mezzi sonori, come offrono invece l'arpa e il pianoforte; per questa ragione
il solista non deve prodursi in ambienti troppo vasti o poco acustici, né tuttavia troppo ristretti perché
per ben percepire la sonorità dell'istrumento è necessario un certo spazio davanti all'esecutore affinché le
onde sonore possano espandersi ed epurarsi.
Quel che difetta di sonorità, abbonda però in dolcezza di voce, in pastosità di suono così da suscitare sempre
in chi ascolta ed ancor più in chi suona, un intimo godimento dello spirito. Così si spiega come la chitacra
vanti tra i suoi cultori tanti appassionati entusiasti che non troviamo fra gli studiosi di altri istrumenti. La
chitarra, forse più di ogni altro strumento, si presta ad esprimere i sentimenti di chi suona, a mettere
in evidenza la personalità artistica dell'esecutore e ciò perché le corde sono messe in vibrazione dalle proprie
dita e la cassa armonica appoggiata contro il petto è più vicina alla sua anima.
La comodità di essere facilmente trasportabile da un sito all'altro ha generato l'inconveniente di passare nelle
mani del popolo che finì per ridurre la sua funzione a quella di semplice strumento di accompagnamento
a scapito delle sue virtù che rimasero e rimangono ancor oggidì da molti ignorate. Ciò spiega i lunghi periodi
di decadenza e di oblìo che ha attraversato nel corso della sua storia, a cui non sono però mancate epoche
di splendore e di gloria.
(1) Non esiste in italiano parola equivalente ad indicare questo modo di toccare le corde proprio dello stile flamenco.
3
Le sue grandi doti furono riconosciute con frasi lusinghiere da sommi musicisti come Beethoven, Debussy,
Albeniz, Massenet e Berlioz, il quale era anche eccellente esecutore. Altri illustri compositori come Schubert,
Boccherini, Weber, Diabelli, Auber la impiegarono come strumento d'assieme in opere da loro scritte.
Merita speciale citazione il sommo Paganini che dopo aver raggiunto sulla chitarra una abilità sorprendente
compose una importante collezione di opere per chitarra sola e per archi e chitarra sotto veste di duetti,
trii, quartetti e quintetti.
Ed ora è utile che l'allievo conosca il nome dei più grandi chitarristi che hanno onorato l'istrumento nella
veste di innovatori, compositori ed esecutori. Fra i più famosi nelle varie epoche citiamo:
nel secolo XVI i vihuelisti (2) Milan, Fuenllana, Mudarra, Pisador, Valderrabano;
nel secolo XVII gli innovatori Espinel e Carles Amat ed i compositori concertisti Corbetta (italiano) e
Robert de Visée (francese) chitarristi alla corte di Luigi XIV, Gaspar Sanz (spagnolo), Granata, Roncalli,
Campion, eoc.;
nel secolo XVIII gli spagnoli Don Miguel Garcia e i celebri Ferdinando Sor e Dionisio Aguado; gli ita-
liani Mauro Giuliani - il più celebre fra tutti - , Ferdinando Carulli, Matteo Carcassi, Luigi Legnani,
Moretti, Molino, Zani de Ferranti, eoc.; i tedeschi Kiiffner, Diabelli, Henkel; il polacco Horetski; il belga
Molitor; gli austriaci I.K. Mertz - molto famoso - e Griiber; infine i russi Wissotski e Sokolowski;
nel secolo XIX gli spagnoli Arcas, Broca, Ferrer, Viiias, Cano e per ultimo il grande innovatore, compo-
sitore e concertista Francisco Tarrega. Furono assai noti cd apprezzati nei vari stati Huerta, Menjon, Bosch,
Pargas, Coste e l'italiano Regondi.
Nel secolo attuale emergono fra gli spagnoli Miguel Llobet, Daniel Fortea, Sainz de la Maza, Francisco
Alfonso, Lloret, Rodes, Garcia, Tarrag6 e in particolar modo Emilio Pujol, Narciso Yepes ed Andrés Segovia,
il più famoso fra tutti.
In Austria sono celebri J akob Ortner e Luisa W alker; in Olanda Van Es; in Germania Albert, Bischoff, Ervin
Schwarz Reiflingen, Meyer, ecc.; in Francia Ida Presti; in America Luisa Anido, Domingo Prat, Broqua, Sino-
poli, Sagreras, Barrios; infine in Italia Luigi Mozzani, Brondi, Murtula e molti altri viventi di larga rino-
manza. Abbiamo inoltre una schiera di noti compositori moderni fra cui Manuel de Falla, Castelnuovo Tede-
sco, Pedrell, Rodrigo, Torroba, Ponce, Turina, Roussel, Chavarri, Tansmann e Villa Lobos che hanno scritto
pregevoli opere per chitarra sola ed anche per chitarra e orchestra, il che costituisce un nuovo e glorioso
apporto alla nostra letteratura.
CAPITOLO li
NOMENCLATURA E SCELTA DELLO STRUMENTO
Nomenclatura
La chitarra si compone di tre parti essenziali: (a) la paletta, (b) il manico, (c) la cassa.
La paletta, che è un poco inclinata rispetto al manico, porta sei caviglie nelle quali si infilano sei corde. Le
caviglie sono oggidì sostituite preferibilmente da un sistema a congegno meccanico che presenta il vantaggio
notevole di offrire più prontezza all'accordatura dello strumento. Notiamo ancora un capotasto ( d) general-
mente d'osso con sei scanalature sulle quali si appoggiano le sei corde.
Il manico costruito generalmente di cedro porta nella parte superiore una piastra di ebano o palissandro
lunga circa 43 cm. e larga da 5 a 6, sulla quale sono incastrati diciannove filetti in metallo che dividono
la piastra in diciannove parti o spazi ognuno dei quali si chiama tasto, e formano tutti insieme la tastiera
dello strumento. Dopo il 12° tasto incomincia la cassa, lunga circa 48 cm. e foggiata a guisa di 8; due
fasce (e) alte da 9 a 10 cm. nella chitarra a tipo spagnolo e da 6 cm. in su negli altri tipi di chitarre
separano il fondo della cassa (f) generalmente in acero o palissandro dalla tavola armonica (g) che è sem-
pre in abete. Sulla tavola armonica si distende una parte della tastiera ( h) a cui fa seguito una buca circo-
lare (i) di cm. 8,5 circa di diametro. Sulla tavola notiamo infine il ponticello ( l) al quale vengono attaccate
le corde. È lungo da 17 a 19 cm. e largo 3, ed è più grosso nel centro per una lunghezza di 84 millimetri.
È diviso in due parti da una scanalatura; la parte anteriore porta un piccolo pezzo rettangolare di avorio
o d'osso ( m) che ha una funzione analoga al ponticello degli strumenti ad arco e cioè: sollevare le corde
(2) La vihuela era l'istrumento precursore della chitarra ed assai diffuso in Spagna nel Sec. XVI.
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Fig. 1 Lo strumento
sopra la tavola armonica, servire di appoggio alla corda fissando così una estremità per la vibrazione della
medesima e trasmettere le vibrazioni alla cassa di risonanza per mezzo del contatto con la tavola armonica.
La parte posteriore del ponticello {n) porta sei fori entro i quali si fanno passare le corde per esservi fis-
sate con un nodo. Questo sistema inventato da Aguado venne sostituito ai vecchi sistemi meno pratici.
(3) Una chitarra Torres fu venduta anteguerra a Barcellona per 27.000 pesetas pari oggi ad oltre un milione di lire circa.
5
Enrico Garcia, Domingo Esteso e Francisco Simplicio, i quali ci hanno lasciato strumenti di grande pregio.
Avendo fatto in questi ultimi anni la tecnica liutistica grandi progressi possiamo però trovare anche fra i
costruttori moderni chitarre che possono ben rivaleggiare con quelle antiche. Ottime ad esempio le Santos
Hernandez in Spagna, le Hauser in Germania. Anche in Italia ci sono ottime fabbriche di chitarra e liutai di
larga rinomanza che si sono imposti per accuratezza di costruzione e per i sorprendenti risultati ottenuti
nella qualità di suono.
Chi acquista una chitarra di marca poco conosciuta deve badare che abbia i seguenti requisiti:
1) la voce deve essere molto armoniosa, ossia le corde poste in vibrazione debbono mantenere a lungo il
suono;
2) la tastiera deve essere perfetta - ogni tasto deve dare una nota chiara e il 7° e 12° tasto devono produrre
esattamente la quinta e l'ottava della nota - ed anche scorrevole, allo scopo di facilitare i passaggi veloci
e le posizioni scabrose;
3) i tasti devono essere possibilmente larghi perché si prestano con maggior facilità al barré ed al glissato;
4) le corde debbono essere molto vicine alla tastiera in modo che con la minima pressione si possano cavare
suoni chiari e pieni che conservino la chiarezza anche quando la mano destra suoni con forza ed energia;
5) il diapason della chitarra - ossia la distanza fra il capotasto e il ponticello - deve essere di circa
65 cm.;
6) le corde r e 6" debbono avere un po' di margine sul manico, affinché non accada che la pressione delle
dita determini una deviazione fuori della tastiera con conseguenza di suoni sgradevoli;
7) la distanza delle corde estreme ( 1a e 6") deve essere all'incirca di cm. 4 V2 vicino al capotasto e di
cm. 5 V2·6 in vicinanza del ponticello.
Sarà bene inoltre, se non indispensabile, che le caviglie siano a congegno meccanico, ché offrono sempre
maggior sicurezza d'intonazione; che il ponticello sia costruito sul modello di Aguado nel quale le corde
appoggiandosi su di un pezzo di osso determinano un suono più nitido; che la paletta sia convenientemente
inclinata all'indietro per fornire alle corde un appoggio più sicuro sul capotasto, e infine che il manico sia
robusto per evitare ripiegamenti in avanti o all'indietro, e che la tastiera che si prolunga sopra la cassa armo·
nica sia alquanto sollevata dalla medesima, il che favorisce maggior armoniosità di suono. Chi acquista uno
strumento non si lasci sedurre dall'estetica, quali i fregi in madreperla ed altri ornamenti che nascondono
talvolta gravi difetti. Sarà perciò sempre utile nell'acquisto sentire il consiglio di persona competente,
quale unico e sicuro mezzo per procedere ad una buona scelta.
CAPITOLO lii
LE CORDE ARMONICHE
La chitarra è munita di sei corde di vario spessore e qualità. Esse corrispondono alle note mi, si, sol, re, la,
mi, a cominciare dalla corda più sottile, che viene comunemente denominata anche cantino. Però si sogliono
anche chiamare - seguendo lo stesso ordine - Prima, Seconda, Terza, Quarta, Quinta e Sesta corda. La
prima dà la nota più acuta, la sesta dà quella più grave. Le prime tre corde sono di budello o minugia ( 4),
le altre sono di seta ricoperta d'ottone. I migliori strumenti, se muniti di corde mediocri, perdono le loro
preziose qualità sonore; è perciò necessario che queste siano di buona fattura, di intonazione perfetta e di
giusto calibro. Il perfezionamento acquisito in questo ramo di industria ci permette oggidì di produrre corde
che soddisfano tutte le esigenze del concertista.
( 4) Queste corde si ricavano dagli intestini delle pecore o degli agnelli, ben pulite dal grasso e messe a m111Cerare.
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oggidì esistono corde di lunghissima durata e di suono brillante quali sono le corde di nailon che ormai si
sono imposte sopra gli altri tipi di corde.
Lo studio&o per convincersi della superiorità delle corde di budello provi a montare una buona chitarra con
corde di budello e seta e poi con corde di metallo e noterà subito un diverso impasto di suoni fra un tipo
e l'altro di corde. Ho detto buona chitarra perché è naturale che in uno strumento di poco prezzo queste dif-
ferenze passino inavvertite. Se il metallo offre dei vantaggi quasi esclusivamente economici - prezzo
e durata - l'altro tipo di corde offre invece dei vantaggi esclusivamente artistici, ragione per cui sento il
dovere di consigliarle a chi intende dedicarsi allo strumento con serietà d'intendimenti. La dolcezza di suono
che offre il budello basta da sola a compensare l'inconveniente del prezzo e della durata. Inoltre questo tipo
di corde, a causa della sua elasticità, dà un suono più forte e capace d'espandersi anche in un vasto am-
biente; i portamenti di voce, gli strisciati, le legature, i vibrati riescono ottimamente, senza sforzo alcuno e
sono di gradevolissimo effetto. La pressione delle dita sulle corde non ingenera fatica, il tremolo che è un
grande effetto della chitarra, viene morbido, i pizzicati escono pastosi e pieni, i suoni armonici dolei, gli
arpeggi nelle posizioni acute ricordano l'arpa, il tocco vicino al ponticello dà un effetto di clavicembalo, e
il canto sui bassi dà l'impressione del violoncello o della voce umana. Il metallo al contrario potrà man-
tenere a lungo il suono, ma senza espanderlo; potrà imitare il mandolino o la cetra, ma la sua voce è quasi
sempre sgradevole, specialmente sui bassi, non ha possibilità cantabili, non ha varietà di timbri, né vibra·
zioni espressive. In una parola non potrà mai offrire all'artista quella tavolozza di colori indispensabili per
esprimere i suoi sentimenti attraverso i suoni. Certi sogliono frammischiare sulla chitarra i due tipi di corde.
Non nascondo che tale promiscuità, assai comune, ingenera confusione di timbri assai poco gradevole.
(5) Aguado nel suo metodo ci indica il modo di conoscere se le corde sono buone o false: si prenda la corda per i due capi tirandola
leggermente con le dita, mentre l'anulare della destra la pone in vibrazione. Se si notano delle oscillazioni regolari la e-0rda sarà buona,
se invece saranno irregolari la corda sarà falsa.
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Con le corde di nailon che, per gli eccellenti requisiti che presentano, hanno ormai dovunque sostitmto le
corde di budello, scema l'importanza di quanto si è detto in questo capitolo sotto la voce « Scelta delle
corde».
Corde supplementari
Capita spesso di vedere chitarre con l'aggiunta di bassi volanti il cui numero varia a seconda della volontà
del chitarrista e può arrivare ad un massimo di dodici o più corde. Esse vengono accordate a piacere del
chitarrista; quando sono parecchie di solito procedono per semitono offrendo così la possibilità di aver in
ogni tonalità la fondamentale e gli altri bassi liberi. Se ciò giova ad estendere la scala musicale e ad. appor·
tare un notevole vantaggio nel campo dell'armonia presenta tuttavia molti inconvenienti che aumentano in
ragione del numero dei bassi. Anzitutto la mano destra deve fare un certo sforzo nel tenersi aperta per
essere pronta a toccare i bassi anche più lontani; il suono potente di questi, anche se suonati con modera-
zione, copre il canto che deve avere invece la prevalenza sui bassi; quando si suonano velocemente più
bassi di seguito, essendo difficile se non impossibile smorzarne il suono appena toccati, ne d.erivano spesso
dissonanze di sgradevolissimo effetto. Per queste ed altre ragioni se ne sconsiglia l'uso, anche in considerazione
del fatto che quasi tutta la letteratura chitarristica è scritta per sole sei corde. ( 6) Le corde aggiunte modi-
ficano inoltre la fisionomia della chitarra rendendola voluminosa, antiestetica ed incomoda, specialmente se
detti bassi dispongono di una apposita cassa armonica.
Recentemente si sono costruite in Italia chitarre con sette corde sulla tastiera, forse ad imitazione del tipo
di chitarre che si costruisce in Russia. Queste chitarre hanno qualche pregio in quanto estendono il campo
delle note gravi di una quarta sotto (la settima corda è accordata a si) favorendo quindi nuove armonie,
ma presentano anche dei difetti: l'eccessiva larghezza del manico non certo favorevole a chi ha mani un
po' piccole, o l'eccessiva vicinanza di una corda all'altra se si vuole conservare la normale larghezza del
manico; la debolezza di ·voce della settima corda sia a vuoto che premuta sui tasti dovuta all'enorme spes-
sore della corda; infine la mancanza di una buona letteratura di opere appositamente scritte per sette corde.
Si sconsiglia pure l'uso di tutti quegli strumenti che si distaccano dalla pura forma classica: la sola che,
per le sue eccellenti qualità estetiche e sonore, è stata sempre preferita dai grandi chitarristi.
CAPITOLO IV
LA TASTIERA
Estensione dei suoni
Il manico della chitarra è munito di diciannove tasti procedenti per semitono; perc10 la nota che produce
ogni corda libera ammette una scala di suoni che va fino ad una ottava più una quinta sopra, pari a dician-
nove semitoni (vedi fig. 2).
Dalla 6a corda mi grave alla 1 a corda mi acuta intercede un intervallo di due ottave; di conseguenza la
tastiera della chitarra abbraccia fra le note estreme una scala di tre ottave ed una quinta. Però data la pos-
sibilità (assai comune) di abbassare la 6a corda a re e di aumentare di un'altra ottava gli acuti per mezzo
dei suoni armonici, ne consegue che l'estensione massima dei suoni possibili sulla chitarra abbraccia circa
cinque ottave.
Se si considera che ogni corda può dare diciannove note diverse (non tenendo conto dei suoni armonici), la
tastiera della chitarra ci dà un complesso di 114 suoni. 43 suoni reali costituiscono l'estensione della scala,
e gli altri 71 suoni sono unisoni. Il 12° tasto - dove ha inizio la cassa armonica - dà l'ottava della corda
libera; il 5° tasto produce invece un intervallo di quarta, e il 7° tasto quello di quinta. Per la loro impor-
tanza molto spesso il 5°, il 7° e il 12° tasto sono muniti di bottone in madreperla, il che facilita ai princi-
pianti la loro ricerca; però nelle chitarre a tipo spagnolo questi segni non sono in uso.
(6) J. K. Mertz, ungherese, adottava una chitarra con quattro bassi aggiunti e N. Coste con un basso che accordava a re: sono questi i soli
autori che ci hanno lasciato qualche pezzo per dieci e sette corde.
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Scrittura musicale
La musica per chitarra si suole scrivere in chiave di sol, perciò le sei note delle corde a vuoto m1, s1, sol,
re, la, mi risulteranno così scritte:
Corde
•
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il
-
e e
o
"O"
In realtà la scrittura in questa chiave non sarebbe esatta perché effettivamente le corde dànno un suono che
è un'ottava più bassa di quello che risulta scritto, e perciò si adatterebbe meglio la chiave di tenore o quella
di basso.
Data la grande estensione dei suoni possibili sulla chitarra, un solo rigo musicale presenta poi l'inconveniente
che, tanto per le note gravi quanto per quelle acute, il compositore è costretto a ricorrere frequentemente a
note con molti tagli in collo il che complica non poco la scrittura e richiede appositi fogli di musica a spazi
molto larghi che in commercio non è facile trovare. Se la tradizione non avesse tramandato fino ai giorni
nostri questo sistema di notazione musicale sarebbe stato assai più comodo adottare il doppio rigo musi·
cale, come si usa per il pianoforte e l'arpa. A dimostrazione di questo presento l'estensione di tutti i suoni
naturali possibili sulla chitarra - eccezione fatta dei suoni armonici - scritti nella comune chiave di sol
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Note sulle Corde
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della chitarra
Si osservi che le note oltre il 12° tasto (questo tasto dà l'ottava superiore della nota sulla corda libera) sono
identiche a quelle che risultano nei primi tasti però ad una ottava sopra.
Unisoni
Osservando attentamente le note della tavola sopra esposta si può facilmente constatare come uno stesso
suono si ripeta in punti diversi della tastiera su corde diverse: questi suoni si chiamano unisoni. Ad esem-
pio il mi della l" corda a vuoto lo troviamo pure sul 5° tasto della 2" corda, sul 9° tasto della 3• corda,
sul 14° tasto della 4a corda, e sul 19° tasto della 5• corda. Il do ottenuto sul 1° tasto della 2a corda, lo
vediamo ancoria sul 5° tasto della 3a corda, sul 10° tasto della 4• corda e sul 15° tasto della 5a corda e
così via per le altre note.
Non tutti i suoni possono avere diversi unisoni. Il mi della 1a corda a vuoto e il si della 2· corda sono gli
unici che dispongono di quattro unisoni; le altre note possono avere tre, due, ed anche un solo unisono come
ad esempio i primi cinque suoni ottenuti sulla 5a corda.
Invece i primi cinque suoni più gravi sulla 6a corda e gli ultimi cinque acuti sulla 1a corda non hanno
unisoni.
Gli unisoni costituiscono una grande ricchezza dello strumento, perché essi, oltreché darci uno stesso suono
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con timbri diversi, ci permettono di trasportare uno stesso accordo da una pos1z10ne ad un'altra; cosicché
al canto - anche se nelle posizioni più acute - si può sempre unire il basso e l'accompagnamento.
Il primo unisono (ossia il più vicino) si trova sempre a distanza di cinque tasti fra due corde vicine, e di
quattro tasti per le corde 2a e 3•; il secondo unisono si trova a distanza di dieci tasti fra due corde alterne,
e di nove tasti per le corde 1a e 3• o 2a e 4•,
La tavola ci indica come collocando la mano in una data posizione del manico si possano, senza bisogno di
spostamenti, eseguire scale ed accordi contenuti nell'estensione di due ottave e una terza.
L'allievo dapprima apprenderà bene le note che stanno nei primi cinque tasti, poi in un secondo tempo tutte
le altre.
Nella lettura musicale l'allievo fin dall'inizio dovrà porre attenzione affinché le note eseguite corrispondano
esattamente a quelle scritte in musica. Ad esempio la nota la indicata nel rigo musicale cos1 ::;!~~]~~
potrà ottenersi sul secondo tasto della terza corda ovvero sul settimo tasto della quarta corda, .:y '
oppure sul dodicesimo tasto della quinta corda a seconda dei casi e non in altri tasti di altre corde come
spesso accade ai principianti
CAPITOLO V
POSIZIONE DELLA CHITARRA
Chi inizia lo studio della chitarra deve procurare di mantenere lo strumento nella sua giusta posizione. È questa
una cosa della massima importanza che non poco contribuisce ad ottenere delle buone e sicure esecuzioni.
Non di rado capita di vedere persone tenere lo strumento in posizione molto incomoda e poco estetica. Così,
ad esempio, alcuni sogliono suonare appoggiando la chitarra sopra una gamba accavallata all'altra, cosa
che non offre alcun vantaggio perché la chitarra, trovandosi in una posizione instabile, obbliga le mani a
fare un certo sforzo per mantenerla in equilibrio.
Fig. 3
Posizione
della chitarra
La figura qui esposta dimostra la giusta posizione che conviene ad ogni buon chitarrista, ossia:
1) Il chitarrista dovrà sedersi sopra una sedia comune (che non sia a braccioli), non troppo alta né troppo
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bassa ed appoggiare il piede sinistro sopra di uno sgabello che abbia un'altezza da 12 a 15 cm. Per il per-
fetto riposo del piede sarà preferibile che questo sia un poco inclinato verso la sedia. Per offrire alle
signore una posa più estetica si consiglia di adottare una sedia piuttosto bassa in modo da evitare l'uso del-
lo sgabello. Fra. le recenti innovazioni dello strumento vi è quella di un congegno applicato alla cassa armo-
nica, il quale sollevando lo strumento al disopra della coscia sinistra elimina la necessità dello
sgabello. Però non ritengo questa invenzione troppo pratica; propendo anzi a credere che l'appoggio del piede,
come comunemente si usa, rappresenti ancora la posizione più comoda e più sicura. Si raccomanda piutto-
sto ai solisti di adottare quei tipi di sgabelli snodabili che facilmente si trovano in commercio, i quali poten-
dosi portare con lo strumento evitano l'inconveniente all'esecutore di non trovare sul posto uno sgabello
adatto.
2) La chitarra si appoggerà nella sua curvatura concava in/eriore sopra la coscia sinistra e dovrà mantenersi
ferma per evitare che abbia a scivolare in avanti. La coscia destra resterà di poco scostata mantenendosi in
posizione naturale.
3) Lo strumento rimarrà leggermente appoggiato nella parte superiore contro al petto, e il manico si incli-
nerà in modo che la paletta raggiunga quasi l'altezza delle spalle. Gli spagnoli sogliono tenere il manico
della chitarra quasi in posizione orizzontale, il che presenta qualche vantaggio per la mano sinistra.
4) Il busto rimarrà ritto e farà quasi angolo retto con la coscia.
5) Lo strumento rimarrà leggermente inclinato verso il petto in modo che lo sguardo possa . sorvolare la
tastiera.
6) L'avambraccio della mano destra appoggerà sopra la curvatura superiore della chitarra e le dita cadranno
a piombo sopra le corde, appoggiandosi con le loro estremità sopra di esse. Il pollice rimarrà un poco stac-
cato dalle altre dita ed appoggerà sui bassi.
7) La mano sinistra abbraccerà il manico mantenendo le dita sopra la tastiera, mentre il pollice rimarrà
costantemente sotto nel mezzo del manico, affinché possa controbilanciare la pressione delle altre dita sulle
corde. Le due mani agiranno in modo da mantenere l'equilibrio dello strumento.
La posizione così descritta, come indica la figura, è quella che offre allo strumento la perfetta stabilità; la
mano sinistra può percorrere tutta la tastiera fino alle ultime posizioni e le dita della mano destra cadendo
perpendicolarmente sopra le corde possono cavare anche suoni energici.
Si raccomanda di non appoggiare la chitarra sulla coscia destra perèhé la mano destra venendosi a trovare
lontana dal corpo indebolirebbe molto la sua forza di azione; sarebbe inoltre più difficile mantenere l'equi-
librio dello strumento. Anche il corpo dovrà mantenersi composto e naturale evitando qualsiasi movimento
che poco si addice all'estetica. Il chitarrista eviti anche di chinarsi troppo sullo strumento per osservare la
tastiera: difetto comune ai principianti.
CAPITOLO VI
LA MANO DESTRA
Per dare una giusta posizione a questa mano si appoggi l'avambraccio destro sulla sommità della curvatura
massima della cassa e si lasci cadere la mano in modo che le dita con le loro estremità tocchino le corde in
senso perpendicolare e in prossimità della buca La maho dovrà per conseguenza subire un piccolo spo-
stamento verso destra girando sul polso; accade invece che i principianti, per la naturale tendenza della
mano a portarsi nella direzione dell'avambraccio, la tengono in senso obliquo alla direzione delle corde,
cosicché le dita toccandole determinano suoni confusi e sgradevoli. Sarà necessario che l'allievo insista nel
mantenere questa posizione, così come indica la figura, anche se in principio ciò può richiedere un poco di
fatica; dovrà altresì procurare che tale posizione sia naturale e riposante, che nessuna contrazione o rigi-
dezza tolga l'elasticità ai muscoli rendendo difficile l'articolazione delle dita, e ostacolando quella indipen-
denza di movimenti indispensabile per poter cavare con sicurezza le più svariate qualità di suono.
Le dita riunite e leggermente incurvate devono sfiorare le corde con l'ultima falange ed agire con un movi-
mento verso l'interno della cassa. La resistenza della corda non deve costringere le dita a modificare l'an-
golo di articolazione. Appena toccata la corda il dito deve appoggiarsi leggermente sulla corda più vicina.
La mano deve mantenersi ferma anche nei più rapidi movimenti, solo dovrà spostarsi quando si devono toc-
care le corde verso il manico o in prossimità del ponticello: Il polso non dovrà fare sforzo alcuno né appog-
giarsi sulla cassa armonica bensì mantenersi sollevato da questa per un'altezza da 4 a 5 cm. Nell'esecuzione
12
Fig. 4 - La mano destra
degli accordi le dita agiranno nello stesso senso e nella stessa direzione, ma anziché appoggiarsi sulle corde
vicine, dopo la loro azione si ripiegheranno verso il palmo della mano. Il dito mignolo non dovrà mai appog-
giarsi sulla tavola armonica, né toccare le corde; solo potrà intervenire qualche volta negli effetti di ras-
gueado (specie di strappate che si eseguiscono col rovescio delle dita) e nei pizzicati, come vedremo in
seguito. Molta importanza ha il pollice della mano destra. Esso agisce indipendentemente dalle altre dita,
pulsando (7) le corde con la sua ultima falange. Il pollice agisce preferibilmente sui bassi e in direzione
dell'interno della cassa, appoggiandosi dopo la sua azione sulla corda più vicina, ovvero unendosi all'indice
con l'ultima sua falange. Affinché il suo movimento non intralci quello delle altre dita sarà bene tenerlo
a conveniente distanza da queste spingendolo in avanti verso il manico. Può agire sulle corde in diversi
modi: mantenendosi rigido, ovvero piegandosi sulla sua falange; nel primo 'Caso avremo suoni energici, nel
secondo più deboli. La sua azione può esercitarsi anche sulle corde acute e può scivolare in un sol movi-
mento su diverse corde. L'indice e il medio si alternano nell'esecuzione di note che risultano sopra una stessa
corda, anche se questa corda è un basso; in certi casi possono anche alternarsi l'anulare e il medio, e anche
il pollice e l'indice. L'anulare si impiega solitamente negli accordi o negli arpeggi di quattro o più note e
nel tremolo; negli accordi o arpeggi più semplici, nell'esecuzione di scale, nel canto ed in altre combina-
zioni si usa dare sempre la preferenza all'indice ed al medio. Vari sono i modi per indicare la diteggiatura
della mano destra.
Qualcuno suol indicare l'indice con un punto, il medio con due punti, l'anulare con tre, e il pollice con una
crocetta. Il sistema però più comune è quello di indicare con i, m, a, le dita indice, medio ed anulare e con
p il pollice.
(7) Chiamerò pulsare l'azione del pollice sulle corde, toccare quella delle altre dita che, dopo aver messo in vibrazione la corda, si
appoggiano sulla corda vicina, e pizzicare quando non è possibile tale appoggio, come avviene ne~li accordi e negli arpeggi veloci.
13
Produzione del suono
Il compito della mano destra è uno dei più importanti perché da essa dipende una buona o brutta cavata.
Essa produce le varie qualità di timbro, dal vellutato al metallico, dal dolcissimo all'asperrimo; le diverse
intensità di suoni dal pianissimo al fortissimo e i diversi effetti quali il tremolo, il pizzicato, il rasgueado,
le imitazioni del clavicembalo, del tamburo ecc. ecc. Lo studioso deve quindi educare le sue dita affinché
esse diano le più pure qualità di suono e tutte le varietà di colori e sfumature tanto necessarie a rendere
un'esecuzione musicale perfetta.
Il timbro non dipende solamente dallo strumento, ma dal corpo che lo produce e dal modo con cui si rea·
lizza. Parlerò di questi due grandi mezzi che meritano l'attenzione di ogni chitarrista. Due sono i corpi
che possono produrre il suono: il polpastrello e l'unghia. Ambedue i procedimenti sono apprezzabili pur
differendo l'uno dall'altro per le notevoli diversità di suono. L'unghia dà un timbro chiaro, brillante, tal·
volta metallico e duro, negli accordi forti; il tocco col polpastrello produce invece un suono dolce, vellutato,
un suono puro e pieno, e suonando forte fa aumentare la sonorità dello strumento. Le unghie offrono mag-
gior sicurezza e nitidezza nelle scale, nei passaggi veloci e nel tremolo, ed esigono un minor sforzo nell'azione
delle dita d'altronde il tocco senza unghia dà una sonorità più pura e più umana, il che conviene meglio al
carattere dello strumento.
Dire quale dei due sistemi sia preferibile non è facile, perché ognuno di essi presenta pregi e difetti. La
scelta deve basarsi sulla conformazione delle dita e sulla qualità delle unghie che variano da individuo a
individuo. Non sarà consigliabile il tocco con l'unghia se essa non possiede quelle qualità necessarie affin-
ché il suono riesca nitido e gradevole all'udito. Le unghie deboli, fragili, disuguali o ruvide non procure-
ranno mai un buon timbro, mentre da quelle molto resistenti si può ottenere dolcezza, varietà di suono ed
altri vantaggi innegabili specialmente se si ha cura di mantenerle ben levigate, ovali e lunghe appena quel
tanto che sopravanzi di poco il dito. Chi suona col polpastrello dovrà invece cercare di tenere le unghie mol-
to corte affinché non possano mai aver azione sulle corde. In quanto al pollice, ritengo preferibile di non suo-
nare con l'unghia, perché essa non si presta a dare suoni gradevoli sia per la diversa direzione d'azione che
esso ha in confronto alle altre dita, sia perché l'unghia sulle corde basse, urtando contro un altro corpo
duro che è il rivestimento in metallo, può generare suoni sgradevoli. In conclusione, ogni sistema è buono
se epurato con un buon e continuo esercizio; la scelta compete all'allievo il quale solo può giudicare quale
dei due sistemi a lui convenga. La cosa migliore sarebbe di poter impiegare a volontà l'uno o l'altro pro-
cedimento, ma questa unione benché pretesa da certi chitarristi non è possibile, perché non si potrà mai
isolare l'azione dell'unghia. Valorosi concertisti adottano chi l'uno e chi l'altro sistema, il che dimostra
come in ogni campo si possa raggiungere la perfezione.
Aguado nel suo metodo sostiene la teoria del suono con l'unghia, che Sor invece combatteva dicendo: «Non
ho mai potuto sopportare un chitarrista che suoni con l'unghia». Egli faceva un'eccezione soltanto per
Aguado. Anche il grande Tarrega che per venticinque anni si servì dell'unghia finì per abbandonarla, e si
crede per il timore che avesse a rompersi prima dell'inizio del concerto. Del modo di realizzare i suoni già
si è detto nella prima parte di questa lezione. Qui aggiungerò che suonando con unghia sarà bene curare che
le dita si mantengano rigide - salvo negli accordi o negli arpeggi - , perpendicolari alle corde e che la loro
azione si diriga sempre in basso verso l'interno della cassa. La varietà del suono si noterà a seconda che si
suoni sul manico, sulla buca o in prossimità del ponticello e a seconda della intensità di vibrazione che si
vorrà imprimere alla corda. Nella regione del manico avremo suoni dolci, sulla buca suoni robusti, e verso
il ponticello suoni metallici, simili al timbro del clavicembalo.
L'esecutore dovrà a seconda dei casi scegliere l'uno o l'altro suono per dare al pezzo musicale quel-
l'interpretazione e quella coloritura che meglio conviene. Nell'azione della mano destra si dovranno infine
evitare i movimenti troppo ampi delle dita che nuocciono alla precisione, alla velocità ed alla sicurezza
nella esecuzione dei pezzi.
CAPITOLO VII
LA MANO SINISTRA
Quanta importanza abbia la pos1z10ne di questa mano nello studio della chitarra lo dice il fatto che essa
non ha solamente il compito di premere le corde sulla tastiera per permettere alla destra di cavare le più
svariate armonie, ma può e deve anche da sola senza l'ausilio dell'altra mano trarre suoni particolari. La
14
sinistra ha numerose e importanti funzioni: la legatura di note, l'esecuzione di appoggiature, mordenti, grup-
petti, l'espressione del suono mediante il vibrato, i trilli, gli strisciati, i portamenti di voce, il barré e i pas-
saggi con la sola sinistra. Necessita pertanto a questa mano una disposizione fisica tale da permettere l'ese-
cuzione di qualsiasi passo difficile. Con una mano non bene sviluppata, poco robusta o difettosa, un
chitarrista non potrà mai raggiungere brillanti risultati.
Lo studio della chitarra, al pari di quello degli altri strumenti, è bene che si inizi preferibilmente nell'età
giovanile potendo allora una mano anche non troppo adatta allo strumento, plasmarsi, svilupparsi, rendersi
elastica, fino a mettersi in grado di affrontare ogni ostacolo. Scarsi risultati si possono sperare da chi comin-
cia lo studio in età matura, anche con tutta la buona volontà di riuscire, perché difficilmente si possono
ridurre le durezze della mano, la rigidezza delle dita, l'inflessibilità delle articolazioni. La fig. 5 qui sopra
esposta dà l'idea della giusta posizione della mano sinistra e la figura 6 indica la posizione di detta mano
quando opera nella regione acuta oltre il 12° tasto.
La mano deve abbracciare il manico della chitarra mantenendo il gomito molto distante dal busto, stendendo
il pollice dietro il manico e premendo con le altre dita sopra la tastiera. Il pollice deve collocarsi nel mezzo
della parte posteriore del manico e mantenersi rigido e immobile sino a quando la mano non debba spo-
starsi per cambiare posizione. La sua funzione principale è quella di servire d'appoggio alla mano e di con-
trobilanciare la pressione delle dita sopra la tastiera. Quando si premono le corde oltre il 12° tasto, il pol-
lice deve collocarsi presso il margine inferiore del manico per opporvi la dovuta resistenza. Il pol-
lice non deve mai spingersi sopra il manico per premere le note basse; può però portarsi sulla tastiera
come le altre dita (vedi fig. 7) quasi ad assumere una posizione simile a quella praticata dai violoncellisti.
L'equilibrio dello strumento viene in questo caso ristabilito con la pressione dell'avambraccio destro sulla
cassa armonica.
15
Fig. 6
La mano SIDiStr
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nelle posizioni
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acute
Fig. 7
Posizione d I
sinistr e pollice
o sulla tast"tera
16
Questo procedimento offre la possibilità di eseguire le più ampie posizioni dal basso all'acuto e di praticare
il piccolo barré anche nelle posizioni acute oltre il 12° tasto, ciò che sarebbe invece impossibile ottenere col
consueto sistema del dito indice disteso in posizione orizzontale, come vedremo più avanti (per la posizione
del pollice in barré nelle posizioni acute vedi fig. 10 nel secondo corso).
La scuola spagnola e italiana non si sono mai occupate di questo nuovo impiego del pollice della sinistra che
l'autore del presente metodo applica invece spesso e con soddisfacenti risultati. È noto che tutte le innova-
zioni in genere possono incontrare all'inizio qualche perplessità; propendo però a credere che quando
saranno riconosciuti i vantaggi di tale innovazione, il suo uso sarà di:ff uso, e questo nuovo procedimento
tecnico verrà introdotto nei futuri metodi per chitarra.
Il palmo della mano nella posizione normale deve distaccarsi dalla superficie del manico e mantenersi ad essa
parallelo; le dita aperte in modo da abbracciare quattro tasti consecutivi ed incurvate devono essere
ugualmente distanti dal piano delle corde. Per ottenere questa posizione occorre ben incavare il polso,
girare la mano e il gomito verso destra, il che ai principianti costa naturalmente un po' di fatica.
Le dita devono cadere a martello sopra le corde anche se queste sono distanti; tuttavia l'indice può qualche
volta distendersi orizzontalmente sui tasti per premere due o più corde come vedremo in seguito. (Questa
posi:.-:ione si chiama barré). Lo sforzo della pressione deve farsi unicamente sull'ultima falange delle dita
evitando ogni contrazione del braccio o della mano. Quando si premono le corde I a e 2a si accentui la
curvatura delle dita e il pollice si porti in vicinanza di quelle corde. Per passare da una posizione (8) ad
un'altra si deve agire con scioltezza.
L'allievo dovrà tener presente queste norme generali nei movimenti della mano sinistra:
I) Premere sempre vicino alla divisione anteriore dei tasti.
2) Nella formazione degli accordi le dita che li compongono devono collocarsi in un movimento simultaneo.
3) Nel cambiamento da un accordo ad un altro si debbono alzare sol(lmente quelle dita che devono cambiar
posto.
4) Premere le corde appena quel tanto necessario affinché il suono riesca chiaro e pieno, e impiegare forza
solo negli accordi da quattro a sei note e nel barré.
5) Mantenere la posizione per l'intero valore della nota.
6) Non tenere le dita troppo distanti dalle corde e nei passaggi da un accordo ad un altro evitare i movi-
menti esagerati. Distaccandole il meno possibile si avranno notevoli vantaggi nella velocità e nella
precisione.
7) Infine mantenere la mano ferma fino a quando non si debba cambiar posizione e premere verticalmente
le corde.
La diteggiatura della mano sinistra si indica solitamente coi numeri: I per l'indice, 2 per il medio, 3 per
l'anulare, 4 per il mignolo. Il pollice si può indicare semplicemente con pol.
CAPITOLO Vili
COME SI STUDIA
Prima di concludere queste nozioni teoriche, voglio additare alcune norme da seguirsi nello studio della
chitarra; norme che siccome dettate dall'esperienza, potranno giovare se l'allievo le saprà scrupolosamente
osservare. Esse riguardano tre punti essenziali : generalità relative a chi studia - come si imparano gli studi
o esercizi - e consigli al solista.
1) L'esordiente deve, prima di iniziare, avere una buona cognizione di teoria musicale e non cimentarsi
nello studio di questo strumento con la prevenzione che basti una conoscenza sommaria. Deve essere un poco
illuminato sulla storia del nostro strumento e dei migliori chitarristi ed avere una certa cultura generale
musicale, la quale potrà acquistarsi soprattutto frequentando sale di concerti, leggendo la storia della musica
e le vite dei grandi musicisti. Si deve iniziare lo studio non con la pretesa di uscirne maestro in pochi mesi,
ma col serio proposito di dedicare allo strumento tutto il tempo che può occorrere per diventare provetto.
Allo stesso modo che si richiedono anni ed anni per lo studio del violino o del pianoforte nessuna ragione
esiste perché la chitarra, che è complessa al pari di quelli, debba richiedere minor tempo. L'allievo dovrà
(8) Si chiama posizione la disposizione delle dita per eseguire un accordo o un frammento di scala.
17
quindi ponderare bene tutti gli argomenti trattati nei precedenti capitoli, soprattutto quelli che riguardano
la scelta dello strumento e le posizioni delle mani. In principio sarà bene controllare per quest'ultime la
loro giusta posizione davanti ad uno specchio per evitare abitudini viziose assai comuni negli esordienti.
Si dovrà curare inoltre che i movimenti delle mani siano simultanei e che ogni mano agisca indipendente-
mente l'una dall'altra. Altra raccomandazione su cui non mi stanco di insistere è quella di evitare ogni movi-
mento superfluo o esagerato ed ogni sforzo eccessivo nella pressione delle dita sulle corde.
2) Meritano particolare attenzione le norme da osservare nella esecuzione di esercizi o studi. L'allievo si
abitui fin dall'inizio ad osservare scrupolosamente la diteggiatura della mano destra e sinistra che sarà
indicata sulla musica e a non voler fare, come si suole, una diteggiatura arbitraria con l'idea che possa sem-
brare più comoda. Procuri quindi di non trascurare nessuno dei segni indicati, sia che riguardino le corde, i
segni delle posizioni, o quelli dell'espressione.
Gli studi o esercizi dovranno eseguirsi in varie riprese, cioé non dedicando troppe ore consecutive allo studio.
Meglio giova alternarle con periodi di ripo30 o altre occupazioni per non stancare eccessivamente la mano.
Se uno studio è difficile si dovrà alternarlo con altri facili sempre per il dovuto riposo alle mani. Gli studi
si dovranno imparare battuta per battuta e non mai passare alla battuta o alla riga successiva se prima non
si è bene appreso la battuta o la riga precedente. È un errore quello di voler leggere per intero un pezzo con
la pretesa d'impararlo subito.
Si procuri di suonar poco, ma bene; vale assai più che suonare molto e malamente. Si curi infine di otte-
nere la massima chiarezza di suono sia per parte della mano destra, che della sinistra e di mantenere la
velocità del movimento indicato. Qualora però si tratti di esercizi si procuri di accelerare il movimento
gradatamente fino al massimo, sempreché non venga compromessa la chiarezza dei suoni.
3) Il terzo punto potrà servire allo studioso quando egli sarà già in grado di eseguire dei ven pezzi.
Riservandomi di trattare più ampiamente questo argomento alla fine del III corso mi riservo per ora di
accennare ad alcune norme che possono giovare anche all'esordiente. Per prima cosa insisto su un vizio
assai comune, cioè quello di lasciare a metà lo studio di un pezzo per iniziarne un altro. Non si abbia
soverchia fretta, perché ciò non porta l'allievo a felici risultati. È buona regola di non lasciare mai un
pezzo fino a che non si sia riusciti ad eseguirlo bene, se non perfettamente. Altro vezzo assai comune
è quello di volersi cimentare anzi tempo con pezzi difficili che richiedono una superiore capacità tecnica.
Grave errore da cui l'allievo non trae mai vantaggio alcuno, anzi, a causa delle pessime esecuzioni che ne
risultano, si sente demolito nella volontà di proseguire nello studio. Il pezzo perché possa essere bene eseguito
deve contenere difficoltà sempre un poco inferiori alle proprie capacità tecniche. Del resto anche un pezzo
facile può diventare difficile, se si vuol fare un'esecuzione perfetta, sia per quanto riguarda la tecnica, sia
per l'interpretazione. Si suonino ancora i pezzi che si gradiscono di più essendo questo un coefficiente per
dedicarsi con tutta la buona volontà. Questo della scelta è un compito importante. Saper scegliere gli studi
più dilettevoli e più utili, saper rendere più accessibili certi passi tecnici con una appropriata diteggiatura
non è certamente cosa facile e solo un maestro dello strumento potrebbe dispensare preziosi consigli in
merito. Certamente tale scelta gioverebbe per permettere allo studioso di raggiungere sorprendenti risul-
tati. L'interpretazione del pezzo dovrà essere naturale e non ricercata rifuggendo dalla ricerca di effetti
spesso di cattivo gusto. Si insista sempre sulle difficoltà contenute nei pezzi e non si sorvoli mai fino a che
queste non siano completamente superate, né ci si sforzi di mandare studi o pezzi a memoria se ciò rappre-
senta una fatica della mente e non invece una dote naturale.
CAPITOLO IX
COME SI ACCORDA LA CHITARRA
Il primo compito del chitarrista è quello di accordare lo strumento, ossia portare le corde ad una data
altezza di suono prestabilita e in base ad un rapporto costante. Anticamente si usarono per la chitarra, come per
il liuto e per la vihuela, diversi sistemi di accordatura che variavano a seconda delle epoche o delle regioni
ed anche a seconda del numero delle corde di cui si componeva lo strumento. Il liuto classico che era mu-
nito di undici corde, di cui cinque doppie e una semplice (il cantino) si soleva accordare nel seguente
modo: sol, do, fa, la, re, sol. La chitarra primitiva a 4 corde portava diverse accordature: sib, fa, la, re;
do, fa, la, re; do, fa, sol, do; quella a cinque corde (spagnola) la, re, sol, si, mi; solo la vihuela a sei corde
18
incominciò ad adottare l'accordatura della chitarra attuale, la quale, accettata ormai da tutte le scuole è la
seguente;
Corde
VI V IV III II I
Il
Le corde stanno fra di loro ad intervalli di quarta, eccetto per le corde 3 8 e 2 8 fra le quali intercorre
un intervallo di terza. Uno dei modi più comuni e più facili al principiante per accordare è quello di valersi
degli unisoni, dei quali già ci siamo intrattenuti nel capitolo IV.
È noto come una stessa nota possa prodursi su corde diverse premendo in date località del manico; è ap-
punto questa proprietà che ci permette di procedere alla loro accordatura.
L'allievo si munisca anzitutto di uno strumento musicale chiamato diapason, il quale consta di un arnese
in acciaio a forma di ferro di cavallo. Percuotendolo contro un corpo duro e appoggiando l'asta che lo
sostiene sopra la tavola armonica sentiamo distintamente un suono prolungato che risponde alla nota la di
870 vibrazioni al minuto secondo.
Questo suono ci servirà dunque per accordare all'unisono la 5"' corda a vuoto la, la quale sarà a sua volta
punto di partenza per accordare successivamente le altre corde.
A tale scopo si premerà la corda la al 5° tasto e il suono re che ne risulta servirà per accordare all'unisono
la successiva 4a corda (re). Premendo quindi questa al 5° tasto potremo accordare all'unisono la successiva
3a corda (sol).
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Successivamente si premerà questa corda al 4° tasto (non al 5° poiché fra le corde 3a e 2 8 l'intervallo è
più piccolo) e potremo accordare all'unisono la 2· corda (si). Infine premendo quest'ultima al 5° tasto
potremo accordare la l" corda (mi). Per accordare infine la 6" corda (mi) si procederà in modo analogo,
ossia questa premuta al 5° tasto dovrà dare all'unisono la nota della 5• corda a vuoto (la) che ha servito
di base per l'accordatura.
Condizione essenziale per accordare bene lo strumentto è che l'allievo possieda un buon orecchio musicale,
sicché riesca a ben percepire le piccole differenze d'altezza di suono. Un buon e continuato esercizio e
soprattutto la guida di un maestro servirà ad educare in breve tempo l'orecchio e a superare così una delle
prime difficoltà che si presentano al chitarrista esordiente. Per l'accordatura si dovrà tener presente che le
corde di budello richiedono molti giri di chiave per tirarle al corista, mentre per le corde di seta fasciata
saranno sufficienti pochi giri.
Accordato lo strumento col sistema dianzi indicato, sarà bene eseguire una verifica procedendo per ottave.
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A tale scopo si opererà nel modo seguente :
si accorderà la 5a corda la con l'ottava superiore la (3 8 corda, 2° tasto); quindi la nota si grave (5 8 corda,
2° tasto) con la corda a vuoto si; successivamente la nota re acuta (2 8 corda, 3° tasto) con la 4 8 corda a vuoto
re; infine la nota mi ( 4a corda, 2° tasto) con la 1 a e 6 8 corda a vuoto mi. Questo nuovo procedimento
assai più spedito e sicuro servirà a preferenza dell'altro quando l'allievo avrà preso una notevole sicurezza
nel distinguere i suoni ad intervalli di ottava.
19
Parte seconda
LEZIONI TEORICO PRATICHE
Primo corso
(Tecnica elementare)
Parte seconda
Lezioni teorico· pratiche
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LEZIONE 2·
23
Il tocco verrà eseguito con le dita nel modo indicato al Cap. VI della Parte I, cioè con l'ultima falange
del dito e riposandosi sulla corda vicina dopo l'impulso dato alla corda.
Se l'allievo suona con unghie la corda dovrà scivolare dal polpastrello verso l'unghia che la metterà in
vibrazione; se suona senza unghia dovrà incurvare maggiormente le dita. Si facciano dapprima movi-
menti lenti e poi a mano a mano più spediti, prima iniziando col dito indice, poi col medio.
Nell'esercizio n. 4 troviamo dei movimenti più complessi allo scopo di abituare le dita al passaggio da
una corda all'altra. Poiché in questo esercizio le dita agiscono su tutte le corde il dito pollice potrà
posarsi soltanto sulla 6a corda che qui non viene toccata.
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LEZIONE 3"
BICORDI E PICCOLI ARPEGGI CON DUE DITA (i, m - p, i)
Con l'esercizio n. 5 l'allievo incomincerà a suonare simultaneamente due note su due corde vicine con due
dita: indice e medio e poi pollice e indice. Si inizierà pure nell'arpeggio con le dita indice e medio,
ovvero pollice e indice, passando con prontezza da una corda all'altra. Nella esecuzione di questi bicordi e
arpeggi le dita non potranno più posarsi sulla corda vicina; dopo l'impulso dovranno invece dirigersi verso
il palmo della mano. Questo movimento non dovrà tuttavia provocare uno spostamento di detta mano.
Nell'esercizio n. 6 l'arpeggio si farà esclusivamente con pollice e indice ovvero p, m oppure p, a sal-
tando più corde. Si dovrà porre attenzione alla regolarità di tale arpeggio.
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LEZIONE 4•
AZIONE DELL'ANULARE E MOVIMENTO ALTERNO CON ALTRE DITA
L'anulare è il dito più difficile a dominare e necessitano perciò molti esercizi affinché possa operare con
sicurezza come le altre dita ed ottenere dalle corde un bel suono pastoso e brillante. Si evitino i movi-
menti troppo ampi .Un buon esercizio è quello del movimento alternato con a, m e poi quello con a, i.
Si richiederà molta applicazione per vincere la resistenza del dito. In tutti questi movimenti il pollice
può appoggiarsi sui bassi.
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LEZIONE 5"
ACCORDI DI TRE NOTE ED ARPEGGI
Nella esecuzione di questi accordi si dovrà tener presente che le dita devono pizzicare le corde in un tempo
solo e far sentire le tre note con la stessa intensità e chiarezza. Questi accordi si eseguiranno con p, i, m
e con i, m, a a seconda dei casi. Si ponga perciò attenzione alla diteggiatura. Anche gli arpeggi si esegui-
ranno con i, m, a e con p, i, m. Si raccomanda in questi arpeggi la massima regolarità.
Sia negli accordi che negli arpeggi le dita, dopo aver pizzicato la corda, si dirigeranno verso il palmo
della mano, anziché appoggiarsi sulla corda v1cma.
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Ogni frammento di esercizio si eseguirà più volte e non si passi al nuovo esercizio se non si sa bene il
precedente.
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LEZIONE 6"
ACCORDI DI QUATTRO NOTE ED ARPEGGI
Negli esercizi n. 11 e n. 12 troviamo accordi di 4 note con l'impiego cioè del dito anulare.
In questi accordi si raccomanda molto la simultaneità dei suoni, l'eguaglianza di forza e la chiarezza.
Anche negli arpeggi si dovrà curare l'eguaglianza dei suoni. Dapprima sarà bene eseguire questi arpeggi
lentamente e poi accelerare sempre più fino a raggiungere la massima velocità.
Altro punto raccomandabile è che la mano rimanga sempre immobile e che lo sforzo per la cavata dei
suoni si concentri sull'ultima falange delle dita.
Si evitino pure i movimenti troppo ampi perché impedirebbero di raggiungere la velocità desiderata.
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LEZIONE 7·
VARIE FORME DI ARPEGGI COMPLESSI
In questa lezione abbiamo incluso grande varietà di arpeggi complicati fra quelli più in uso sulla chi·
tarra, i quali serviranno a procurare destrezza nei movimenti della mano destra.
Si studi accanitamente ogni specie di arpeggio fino ad ottenere la massima scioltezza nei movimenti e non
si passi ad altro arpeggio fino a quando non si sia bene appreso il precedente.
27
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LEZIONE s·
ESERCIZIO PREPARA TORIO PER LA SOLA MANO SINISTRA
Prima di iniziare questo capitolo è necessario che l'allievo abbia ben studiato gli esercizi per la sola mano
destra allo scopo di ben educare i movimenti di questa mano.
L'esecuzione degli esercizi e studi di questo capitolo sarà resa così più agevole.
28
In questa lezione l'allievo non dovrà suonare con le dita della destra, ma solamente esercitarsi nei movi-
menti delle dita della mano sinistra che ora spiegherò.
Poiché la mano destra non deve agire, l'allievo appoggerà l'avambraccio destro sulla sommità della curva·
tura maggiore, mentre la mano sinistra si sforzerà di attuare i seguenti movimenti:
appoggiato il pollice c~ntro il manico alla metà circa della sua ampiezza, collocherà il dito indice sul
11
primo tasto della 6 corda premendo leggermente, poi senza muoverlo dal suo posto poserà il dito medio sul
secondo tasto di detta corda, indi il dito anulare sul terzo tasto ed infine il mignolo sul quarto tasto mante-
nendo sempre ferme le dita sui rispettivi tasti. Le dita dovranno cadere perpendicolarmente sui tasti e per
ben riuscire a ciò sarà necessario incurvare molto il polso della mano, allontanare il gomito dal corpo ed
evitare assolutamente che la mano si appoggi sul bordo del manico. Dopo di avere appoggiato le dita nel
modo descritto resistendo al naturale sforzo della mano per mantenere le dita aperte sui rispettivi tasti, si
staccheranno contemporaneamente le quattro dita dalla loro posizione e tenendo sempre aperta la mano si
11
porteranno in un tempo solo sui quattro tasti della 5 corda vicina e nella stessa disposi-
zione premendo leggermente sui quattro tasti; si porteranno quindi le stesse dita, tenendo sempre aperta
la mano, dalla 5" corda ai primi quattro tasti della 4" corda; da qui, sempre nello stesso modo si porte-
ranno sui quattro tasti della 3a corda, quindi della 2a corda ed infine della 1a -corda. Da questa si
ritornerà ancora alla 2a, poi alla 3a, alla 4a, alla 5a ed infine alla 6a corda. L'operazione andrà ripetuta
più volte. Mano a mano che le dita si avvicineranno alla 1a corda sarà bene portare il dito pollice al disotto
del manico in prossimità di questa corda ed incavare sempre più il polso di questa mano. Quest'ultima
posizione richiederà un certo sforzo per mantenere le dita in posizione perpendicolare alle corde impe-
dendo che il dito indice si pieghi sulla sua destra, cosa assai naturale nei principianti.
Con l'esercizio e con la volontà si riuscirà a vincere questi primi ostacoli. Detto esercizio sarà bene ripe-
terlo più volte al giorno al fine di abituare la mano destra a restare in posizione aperta e permettere che
le dita cadano sui rispettivi tasti senza spostamenti della mano.
29
LEZIONE 9•
ESERCIZI SUI BASSI MI-LA-RE E SCALA DI UN'OTTAVA
Educata la mano destra con l'esecuzione degli esercizi esposti nel Cap. X e tenuto presente quanto si è detto
nella precedente lezione sulla posizione della mano sinistra, si può ora dare inizio agli esercizi per il
movimento combinato delle due mani.
In questa lezione le dita della mano sinistra dovranno premere sui rispettivi tasti vicino alla divisione
anteriore affinché il suono riesca chiaro e robusto.
La mano sinistra dovrà restare sempre aperta e immobile affinché le dita possano portarsi sui rispettivi
tasti senza eccessivi movimenti, inoltre le dita dovranno scostarsi di poco dalle corde per passare da un
tasto all'altro e disporsi in modo da avere sempre vicino il tasto corrispondente.
In questi primi esercizi si ponga attenzione a che il dito indice cada sempre a piombo sul primo tasto, il
dito medio sul secondo, l'anulare sul terzo e il mignolo sul quarto tasto.
L'esercizio n. 15 si eseguirà parecchie volte e col solo pollice della mano destra, mentre le altre dita
z, m, a si appoggeranno leggermente sulle corde sol, si; mi rispettivamente.
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LEZIONE 11"
SCALA DI DUE OTTAVE
Questa scala si può eseguire in due modi diversi: 1) col solo pollice della destra dal mi basso fino alla nota
fa sulla quarta corda e poi con indice e medio in movimento alternato dalla nota sol acuta ( 3 8 corda) fino
30
al sol sopracuto della 1a corda; 2) con indice e medio alternati dal mi basso fino al sol sopracuto. Tutti e
due i modi sono utili per il movimento delle dita delle due mani.
Quando si eseguiscono su una stessa corda due o più note ascendenti si tenga presente di mantenere sul
tasto il dito che preme la nota più bassa per levarlo soltanto quando si passa alla esecuzione delle note sulla
corda vicina.
Da questa lezione l'allievo può iniziare lo studio dei pezzi contenuti nel volume Raccolta di studi progres-
sivi dei più noti autori per chitarra classica, pubblicata a parte, ma che si può considerare un efficace com-
plemento a questo metodo. Detti studi potranno impararsi a memoria perché divertenti e di pregevole valore
musicale.
In ogni lezione l'esordiente troverà indicati quegli studi che per le loro difficoltà tecniche possono costituire
un prezioso complemento della lezione.
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Si consiglia di eseguire gli studi n. 1 e n. 2 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori»
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 12'
BICORDI E ARPEGGI DI DUE NOTE
Nella esecuzione dell'esercizio n. 18 si deve porre attenzione che le due note vengano toccate simultanea-
mente e che i due suoni abbiano lo stesso timbro se suonate con indice e medio, e timbro diverso se suonate
con pollice o indice (o medio). Se i bicordi si eseguiscono su due corde vicine il pollice dovrà essere spinto
un poco in avanti - verso il capotasto - per evitare che il suo movimento ostacoli quello dell'indice. I
bicordi dovranno essere eseguiti con le due diteggiature indicate.
Nell'esercizio n. 19 si dovrà cercare di ottenere la massima regolarità nell'arpeggio.
In questa lezione l'allievo comincia a premere 1:0n la sinistra due note a un tempo. Pertanto il dito pollice
dietro il manico dovrà controbilanciare l'aumentata pressione sul manico. Con l'esercizio n. 19 ha inizio la
lettura a due parti. Le note col gambo in su rappresentano il canto e quelle col gambo in giù il basso. Si
rispettino quindi i valori delle note di ciascuna parte.
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Si eseguiscano gli studi n. 3 e n. 4 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori»
(Ricordi, 130300).
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LEZIONE 14"
SCALA DI DO MAGGIORE
Ha inizio qui la serie delle scale incominciando da quella più semplice di do maggiore perché non presenta
nessun accidente in chiave. Queste scale dovranno essere suonate giornalmente perché costituiscono un buon
esercizio per le dita della mano sinistra ed abituano inoltre l'orecchio al senso della tonalità. Una difficoltà
contenuta in questa scala è che la mano sinistra dopo aver toccato con l'anulare la nota sol acuta nella
1a corda deve predisporsi ad eseguire le altre tre note della scala: la, si, do. A tal fine la mano sinistra
si sposterà rapidamente sul 5° tasto affinché le dita indice, anulare e mignolo possano premere successiva·
mente le note la (5° tasto), si (7° tasto) e do (8° tasto). Come si vede dal si al do essendoci un intervallo di
semitono non ci saranno salti di tasti. Nella scala discendente la disposizione delle dita è uguale a quella
della scala ascendente.
La mano destra eseguirà le note alternando l'indice e il medio. Il pollice della sinistra dovrà portarsi sotto
il manico in corrispondenza delle dita che premono sul manico. Nell'esercizio n. 23 la scala si eseguirà
con salti di terza.
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LEZIONE 15"
ACCORDI ED ARPEGGI DI TRE NOTE
Negli accordi di questa lezione l'allievo dovrà premere fino a tre note a un tempo facendo controbilanciare
col pollice della sinistra sotto il manico l'aumentata pressione sulla tastiera. La pressione sui tasti non
dovrà essere eccessiva, ma solo sufficiente a garantire una chiara emissione delle note.
All'esordiente capita spesso che i suoni all'inizio siano confusi. Ciò dipende da due motivi: 1° che le dita
non premono abbastanza o si scostano troppo dalla divisione anteriore del tasto; 'l!' che le dita non cadono
a piombo sui tasti sicché la parte carnosa delle falangi tocca le corde vicine impedendo a queste di vibrare
liberamente. Si dovrà quindi curare di evitare tali inconvenienti.
Nei primi giorni l'allievo lamenterà un bruciore alle dita dovuto alla pressione continua sulle corde. E' cosa
lieve che passerà presto. Basterà frizionare le dita con un poco di alcool denaturato.
La mano destra con le dita p, i, m ovvero i, m, a dovrà agire in un tempo solo curando che tutti e tre i
suoni escano con eguale forza e timbro.
Le tre dita della destra non potendosi dopo la loro azione riposare sulla corda vicina si dirigeranno verso
il palmo della mano.
L'azione delle due mani dovrà essere simultanea.
Negli arpeggi di cui all'esercizio n. 25 si raccomanda la massima regolarità.
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In tutti questi eserc1z1 s1 adoperi pnma una diteggiatura e poi l'altra come indicato.
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Eseguire gli studi n. 9 e n. 10 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
LEZIONE 16•
LA MEDESIMA LEZIONE ACCENTUANDO I MOVIMENTI DELLE MANI
Desidero richiamare quanto si è già detto nella lezione n. 13 e nella precedente sulle norme concernenti il
passaggio da una posizione all'altra. Per gli accordi sarà da tener presente che le dita della destra dovranno
agire in un tempo solo e nello stesso istante in cui le dita della sinistra eserciteranno la loro pressione
sulla tastiera.
Per gli arpeggi invece, si raccomanda assai di ottenere la massima regolarità nei suoni.
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La diteggiatura più indicata in questa lezione per la mano destra è la seguente:
p, z, m, ma può talvolta essere impiegata anche la diteggiatura i, m, a.
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LEZIONE 17"
SCALA DI SOL MAGGIORE
E' necessario richiamare quanto si è già detto nella lezione n. 14 perché anche in questa scala valgono le
osservazioni esposte per la scala di do maggiore.
Non si dimentichi la norma generale di mantenere fermo il dito indice sul tasto fino a quando non si siano
eseguite le altre note sulla stessa corda. Questa regola vale nelle scale ascendenti perché il dito indice serve
qui di appoggio al movimento delle altre dita e non nelle scale discendenti dove si deve disporre le dita
una dopo l'altra (vedi Lezione n. 11).
Una novità in questa scala è che essa porta in chiave il fa diesis e perciò l'allievo dovrà abituarsi ad ese·
guire col diesis tutte le note fa che incontrerà in que3ti esercizi. E' facile ai principianti dimenticare questa
alterazione della nota, ma in seguito, quando l'orecchio si sarà abituato al senso della tonalità, verrà sponta·
nea l'osservanza di questa norma.
Con riserva di trattare ampiamente nel 2° corso della tenuta del suono, mi limito per ora a raccomandare
di non alzare il dito che preme una nota di lungo valore fino a quando non si siano eseguite con le altre
35
dita della sinistra le note del canto o del basso per un valore complessivo pari a quello della nota mante·
nuta. Lo studio n. 12 servirà ottimamente per abituarsi a rispettare questa norma.
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LEZIONE 18"
ACCORDI ED ARPEGGI DI QUATTRO NOTE
In questi accordi troviamo impegnate tutte e quattro le dita della mano destra: p, i, m, a. Pertanto si
presenta più difficile il problema della eguaglianza dei suoni, perché il pollice col suo tocco tende a dare
un suono più gagliardo di quello delle altre dita.
Nella mano sinistra, potendosi premere tre o quattro note a un tempo, il pollice dietro il manico dovrà soste·
nere maggior forza per controbilanciare la pressione delle dita sulla tastiera.
Negli arpeggi la regolarità dei suoni costituisce una difficoltà non tanto facile a superare. Data la grande
varietà di arpeggi che si può combinare con quattro dita la mano destra deve impegnarsi seriamente con
continui esercizi per ottenere una buona e brillante esecuzione.
L'esercizio n. 31 contempla un arpeggio non difficile, ma di somma importanza perché assai impiegato nei
pezzi chitarristici.
Negli accordi si raccomanda la simultanea esecuzione delle note che li compongono.
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LEZIONE 19·
LA STESSA LEZIONE ACCENTUANDO I MOVIMENTI DELLA MANO SINISTRA
In questa lezione si accentuano i movimenti della mano sinistra mentre rimangono costanti quelli della mano
destra. Occorrerà perciò porre molta attenzione a che nel passaggio da una posizione all'altra non si perda
più del tempo necessario.
Con l'esercizio continuato la mano sinistra si abituerà a predisporre con prontezza le dita nella nuova posi-
zione e ad evitare ogni movimento o spostamento delle dita che non sia assolutamente necessario.
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Si raccomandano gli studi n. 11 e n. 18 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori »
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 20·
SCALA DI RE MAGGIORE
In questa lezione si richiama quanto si è già detto nella lezione l 7a per la lettura delle note che portano
un'alterazione, con la di:ff erenza che qui essendovi in chiave due diesis (fa e do) si dovrà porre maggiore
attenzione a non trascurare l'alterazione delle note sopra citate. In questa scala c'è da rilevare una differenza
nella diteggiatura e cioè che l'indice premerà il 2° tasto, il medio il 3°, l'anulare il 4°, e il mignolo il 5°
tasto. In una parola la mano sinistra viene spostata in avanti di un tasto, ossia dalla prima passerà alla
seconda posizione.
Si è già detto che per posizione si intende la disposizione delle dita per eseguire una scala o un accordo.
Qui aggiungiamo che la posizione è determinata dal tasto su cui si posa il dito indice, quale base di
appoggio per permettere i movimenti delle altre dita. Poiché nella scala di do il dito indice preme le
note do e fa che si trovano sul l° tasto, mentre le altre dita premono sul 2°, 3° e 4° tasto, chiameremo questa
disposizione delle dita: prima posizione. Nella scala di re maggiore non essendovi note da premere sul 1°
tasto, ricorreremo alla 2a posizione, ossia a quella dove l'indice preme sul 2° tasto e le altre dita medio,
anulare e mignolo rispettivamente sul 3°, 4° e 5° tasto.
Si tenga presente che per la esecuzione delle ultime tre note si, do, re, si sposterà la sinistra verso la
metà del manico, come già si è fatto per la scala di do maggiore.
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LEZIONE 21·
ACCORDI DI CINQUE E SEI NOTE . ARPEGGI COMPLESSI
Non di rado capita nella chitarra di dover eseguire accordi di cinque ed anche sei note.
Poiché con la destra non si può pizzicare più di quattro note si ricorrerà per le note supplementari ad una
funzione speciale del pollice, facendolo cioè scorrere velocemente sui bassi, mentre le altre dita i, m, a
toccano simultaneamente le tre note sulle corde acute. Non sarà facile all'allievo ottenere subito la simul-
taneità dei suoni in questi accordi, tuttavia con un buon esercizio riuscirà ottimamente. Qualche volta questi
accordi sono preceduti da una serpentina. Questo sta ad indicare che l'accordo dovrà eseguirsi in arpeggio
procedendo dalla nota grave all'acuta. La difficoltà qui sta nell'ottenere una perfetta eguaglianza e rego-
larità di suono. Come vedremo più avanti, si suole talvolta conseguire una buona omogeneità di suoni
facendo scorrere velocemente il pollice sulle sei corde, dal basso all'acuto. Questo sistema è molto usato
dai chitarristi spagnoli nelle musiche della loro terra e nelle danze dello stile flamenco.
Nell'esercizio n. 37 l'allievo troverà degli arpeggi più complessi che talvolta vengono usati sulla chitarra.
Si raccomanda in questi l'uguaglianza dei suoni e l'accentuazione delle note col gambo in alto che rappre-
sentano la linea melodica.
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LEZIONE 22·
SCALA DI LA MAGGIORE
Anche per questa scala si richiamano le osservazioni esposte nelle lezioni n. 17 e n. 20.
Poiché questa scala presenta tre diesis in chiave si raccomanda di prestare molta attenzione all'alterazione
di tutte le note fa, do e sol, che troveremo nella esecuzione della scala e dell'esercizio sulla medesima.
Per la diteggiatura occorre tener presente che mentre la scala di sol va eseguita in 1a posizione e la scala
di re in 2\ questa di la maggiore si eseguirà parte in 1a e parte in 2a posizione. L'osservanza scrupolosa
della diteggiatura gioverà a spiegare la ragione di questa variante. L'allievo non si dimentichi di mantenere
costantemente l'indice sul rispettivo tasto mentre le altre dita operano sulla stessa rorda. Ciò si è già
raccomandato nel testo della lezione n. 11.
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Si consiglia l'esecuzione degli studi n. 17 e n. 21 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti
autori» (Ricordi, 130300).
LEZIONE 23·
SCALA CROMATICA
Ho ritenuto opportuno di scrivere questa scala in due modi per offrire un quadro di tutte le note alterate
con diesis o con bemolli fino al 4° tasto. L'effetto delle due scale è identico anche se la scrittura presenta
due diversi sistemi di notazione.
L'esecuzione della scala cromatica è molto utile da un punto di vista tecnico purché si tengano presenti le
avvertenze seguenti :
1) Le dita della mano sinistra si terranno molto aperte affinché ogni dito, senza spostamento della mano,
possa cadere a piombo sul rispettivo tasto.
2) Le dita che premono sui tasti di una stessa corda dovranno mantenere la loro posizione fino a quando
non siano costrette a passare sulla corda vicina per l'esecuzione delle note più acute.
3) Nella scala discendente è opportuno, se non necessario, collocare simultaneamente le quattro dita sulla
corda per poi alzare un dito alla volta.
4) Le dita della sinistra dovranno st,a ccarsi pochissimo dal piano della tastiera durante l'esercizio della
scala per permettere movimenti rapidi e sicuri.
5) Nella esecuzione della scala si incomincerà adagio per aumentare gradatamente di velocità fino al
massimo possibile. Si eseguisca questa scala anche discendendo dalla nota acuta fino al mi basso e con
la stessa diteggiatura.
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LEZIONE 24"
SCALA DI MI MAGGIORE
Questa scala non presenta delle particolari difficoltà sia perché va eseguita in prima posizione, sia perché
le due ottave sono contenute nelle sei corde senza bisogno di spostare la mano oltre il 5° tasto, come si è
fatto per la scala di re maggiore.
Faccio presente all'allievo che questa scala porta in chiave quattro diesis; bisognerà quindi che si ricordi
di alzare di un semitono tutte le note fa, do sol e re che incontrerà nella scala e nell'esercizio sulla
medesima.
Si osservi attentamente la diteggiatura mantenendo costantemente ferma la posizione della mano sinistra.
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LEZIONE 25"
SCALA DI FA MAGGIORE - ESERCIZI DI SCIOGLIDITA
Con questa scala in fa maggiore si esaurisce il ciclo delle scale per il 1° Corso. Tutte le altre magg1on
e minori da eseguirsi con procedimenti speciali costituiranno materia del 2° e 3° Corso.
In questa scala troviamo un si bemolle in chiave; pertanto si dovranno abbassare di un semitono tutte le
note si che incontreremo nella scala e nell'esercizio seguente. La diteggiatura non presenta nulla di parti·
colare rilievo. Anche questa scala, come la precedente, va eseguita in prima posizione senza necessità di
superare il 5° tasto.
41
In questa lezione che chiude il 1° Corso ho voluto aggiungere alcuni esercizi per la tecnica della mano
destra e sinistra e per favorire l'indipendenza delle dita di dette mani.
L'esecuzione buona di questi esercizi richiederà pazienza e tenacia, ma gioverà a dare resistenza ad alcune
dita deboli della mano sinistra come il 3° e 4° dito (anulare e mignolo) e a rendere agili i movimenti delle
dita della mano destra. Questi esercizi dovranno eseguirsi dapprima adagio, osservando attentamente la
diteggiatura o poi aumentando gradatamente di velocità fino a raggiungere la massima speditezza.
Non sarà inutile raccomandare ancora una volta di far seguire agli esercizi di questa e delle precedenti
lezioni l'esecuzione degli studi del volume Raccolta di studi progressivi dei più noti autori, che sono stati
indicati volta per volta. Questi studi sono un buon coronamento alle lezioni, inoltre per il loro alto livello
artistico giovano a nobilitare il gusto musicale.
Ed ora non si inizi il 2° Corso se prima non si sia bene appreso la materia del 1° Corso. Ciò varrebbe a
rendere più spinose le difficoltà tecniche che incontreremo nel 2° Corso, e a disarmare la volontà di supe·
rarle. Occorre tener conto di dedicare un paio d'anni circa per ogni corso, se l'allievo è almeno dotato di
una certa disposizione e se ha una buona preparazione teorico-musicale.
Il 2° Corso sarà certamente più impegnativo del 1° per difficoltà tecniche, ma darà anche la soddisfazione
di poter eseguire pezzi di notevole valore musicale e di piacevole effetto per le impensate risorse della
chitarra. Permetterà inoltre, a chi è dotato di sensibilità artistica, di mettere in rilievo le proprie qualità
d'interprete.
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Si consigliano gli studi n. 25, n. 26, n. 29 e n. 30 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti
autori » (Ricordi, 130300), e qualcuno a piacere dei pezzi indicati per il 1° Corso al Cap. XVII « La lette-
ratura chitarristica ».
43
LEZIONI TEORICO - PRATICHE
Secondo corso
(Tecnica del solista)
II Corso (Tecnica del solista)
CAPITOLO Xli
LEZIONE 26.
TENUTA DEL SUONO
Nel 1° Corso l'allievo ha imparato a conoscere la tecnica elementare delle mani destra e sm1stra e ad
operare con disinvoltura nella prima e seconda posizione senza mai superare il 5° tasto. Inoltre se
ha appreso i trenta studi del volume Raccolta di studi progressivi pubblicato a parte avrà indubbiamente
gustato il piacere di eseguire delle sonatine facili, di alto livello musicale e di piacevole effetto.
Si consiglia, come già detto, di non iniziare questo secondo corso se prima non si sia in grado di es~uire
con sicurezza i trenta studi suddetti.
Questa lezione si diffonde sulla tenuta del suono di cui si è già un poco accennato nelle lezioni del 1°
Corso per l'esecuzione di alcuni studi. (Vedi studio n. 12).
Per rappresentare esattamente l'armonia è necessario che ogni nota sia mantenuta per tutta la durata del
suo valore. Perciò nell'esercizio che segue l'allievo dovrà mantenere premute le note di lungo valore del canto
o del basso, anche se le altre dita della stessa mano devono premere nello stesso tempo altre note sui tasti
delle altre corde. E' questa una importante norma da osservare anche se può talvolta presentare notevoli
difficoltà nella diteggiatura.
La pressione continuata delle dita della mano sinistra si dovrà osservare pure in altri due casi: 1) nelle
note di breve valore che rappresentano però gli elementi di un accordo da eseguirsi in arpeggio. In questo
caso è l'accordo che si mantiene fermo per poter eseguire in arpeggio le note che lo compongono; 2) nella
esecuzione di passi diversi nei quali anche mantenendo un dito fermo sul tasto, mentre le altre dita agi-
scono su altre corde, non si produce dissonanza alcuna. In questo caso l'appoggio del dito gioverà a rendere
più sicuri e precisi i movimenti delle altre dita.
Questa regola si dovrebbe sempre rispettare perché l'allievo abituandosi a non alzare mai le dita dai tasti
se non in caso di necessità riduce al minimo i movimenti della sinistra ed acquista grande sicurezza.
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Eseguire gli studi n. 31 e n. 32 della «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi, 130300).
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LEZIONE 27"
DEL BARRÉ
Una delle maggiori difficoltà che si presenta al chitarrista esordiente nella tecnica della mano sm1stra è
quella denominata barré o capotasto. Si ha il barré quando l'indice della mano sinistra si pone in posi-
zione orizzontale sopra un tasto per premere a un tempo due o più note. Si suole distinguere il piccolo dal
gran barré. Si ha il piccolo barré quando il dito indice preme due o tre corde; gran barré se preme da
quattro a sei corde.
Come dimostra la figura affinché il barré riesca bene necessita che la pressione del dito indice si effettui
molto vicino alla divisione anteriore del tasto. In tal modo basterà poca pressione per ottenere suoni nitidi.
Naturalmente in principio non sarà facile conseguire questa nitidezza, sia perché all'inizio non si riesce a
premere il dito con forza contro le corde, sia ancora perché qualche corda passando attraverso le pieghe
delle falangi non riesce ad essere premuta sufficientemente. E questo si verificherà in special modo se le
altre dita della stessa mano dovranno premere altre note durante l'azione del barré.
Solo l'esercizio continuato potrà abituare la mano a. praticarlo con disinvoltura e senza eccessivo sforzo.
Un buon consiglio è quello di non insistere nel barré quando la mano è stanca perché lo sforzo sarebbe più
dannoso che utile.
Nella regione acuta oltre il 12° tasto il barré si presenta difficile ad eseguirsi e ciò per l'impossibilità di
poter distendere l'indice sulle sei corde a causa della curvatura della cassa che ostacola tale movimento.
Soltanto è possibile il piccolo barré nelle posizioni 12a, J3n e 14a. Più facile è invece l'impiego del pollice
in barré, come si è già detto al Capitolo VII sulle nozioni teoriche relative alla mano sinistra. Anche in
questo caso non si può parlare di gran barré perché il pollice sinistro per sua natura non può premere più
di due o tre corde. C'è però il vantaggio della prontezza e della facilità di eseguirlo anche nelle ultime
posizioni, come lo dimostra la fig. 10. Naturalmente anche qui occorre molta pratica per poterlo eseguire
48
con sicurezza e precisione. Venendo a mancare la pressione del pollice al di sotto del manico, perché quel
dito è impiegato nella esecuzione del barré sopra la tastiera, l'equilibrio dell'istrumento e la sua stabilità,
come già detto, verrà in questo caso ristabilito dalla pressione dell'avambraccio destro contro la cassa
armomca.
Fig. 10
Posizione del pollice
in barré
Il barré si può praticare qualche volta anche col dito mignolo in casi che vedremo in seguito. Più comune
è invece l'uso di premere col dito indice due note (mi e la) nella posizione di la maggiore (vedi esercizio
n. 5,2 e) senza però disporre il dito indice in posizione orizzontale allo scopo di permettere al mi acuto
della 1 a corda di vibrare liberamente.
L'importanza del barré è grande per la possibilità che ci offre di eseguire qualsiasi accordo anche nella
regione acuta del manico. Qualche autore della prima metà dell'Ottocento ( Carulli, Legnani, Giuliani, ecc.)
usava portare il pollice della sinistra sul bordo del manico per premere i bassi mi e la. Ormai questa
abitudine difettosa è stata abbandonata per seguire i sani principi della Scuola spagnola additati dai grandi
maestri Sor, Aguado e Tarrega.
Il barré si indica con la lettera C (capotasto) seguita da un numero romano che sta ad indicare il tasto
su cui si deve esercitare la pressione dell'indice, e da una linea punteggiata che denota fino a qual punto
si deve mantenere il barré.
Qualche autore moderno indica con un V2 C il piccolo barré, ma questo segno è praticato da pochi perché
non ritenuto necessario.
Piccolo barré
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Si eseguiscano gli studi n. 34 e n. 46 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori»
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 28"
DEGLI UNISONI
Gli unisoni costituiscono una vera risorsa nella chitarra perché una stessa nota può essere cavata in diversi
punti della tastiera con varietà di timbro, sicché ne deriva che anche un accordo od una melodia col basso
può essere riprodotta con varietà di timbri in diverse regioni del manico. Cosa sia l'unisono è cosa subito
spiegata.
Se noi facciamo vibrare la corda vuota mi (prima corda) e poi tocchiamo la nota si (seconda corda)
premuta al 5° tasto avremo due suoni perfettamente eguali per numero di vibrazioni (unisono vuol dire
appunto uguaglianza di suono) ma un po' diversi per timbro o qualità di suono. Se poi tocchiamo la 3 8
corda sol premuta al 9° tasto avremo ancora l'identico suono, ma di timbro ancor più dolce. Premendo poi
la 4a corda al 14° tasto o la Sa corda al 19° tasto avremo ancora identità di suoni, ma timbri sempre più
dolci. Questa diversità di timbri è dovuta soprattutto alla diversa grossezza della corda.
Chiameremo quindi 1° unisono quello sulla 2 8 corda, 2° unisono quello sulla 3 8 corda, 3° unisono quello
sulla 4a e 4° unisono quello sulla Sa corda. Allo stesso modo si possono trovare gli unisoni delle altre
note sulla 1 a corda e delle diverse note sulla 2 8 , 3 8 , 4a e 5a corda purché si abbia l'avvertenza di cercare
l'unisono a distanza di cinque tasti sulla corda precedente, eccetto per la 3a corda dove, per la diversità
di intervallo fra questa e la 2 8 corda, l'unisono si troverà a quattro tasti di distanza. Tutte le note possono
avere i loro unisoni salvo le cinque note più gravi della 6" corda e le cinque pm acute della
1 8 corda. Gli unisoni più comuni sono i primi perché tutte le note - salvo le eccezioni accennate -
hanno almeno un unisono; moltissime note hanno due unisoni, poche tre unisoni e soltanto due note ne hanno
quattro. La tavola ( fig. n. 11) qui sotto che consiglio di studiare bene spiegherà meglio delle parole.
Negli studi del 1° Corso abbiamo notato qualche piccolo esempio di unisono e precisamente la nota si sulla
11
3 corda al 4° tasto. Ora per la esecuzione degli esercizi e degli studi che indicherò sarà bene che l'allievo
faccia prima la conoscenza delle note che si trovano sulla tastiera almeno fino al dodicesimo tasto cer-
cando di evitare confusione nella lettura di queste note sul rigo musicale.
Soltanto con la esecuzione assidua degli studi l'allievo potrà prendere confidenza con la parte centrale della
tastiera; cosa di somma importanza per il solista. Per indicare gli unisoni si suole racchiudere un numero
in un circoletto. Quel numero indicherà la corda su cui dovrà essere eseguita la nota musicale. Pertanto un
fa acuto segnato ( 2) si farà sul 6° tasto della 2" corda; se nel circoletto ci sarà il numero ( 3) o il numero
( 4) si eseguiranno rispettivamente sul 10° tasto della 3a, o sul 15° della 4 8 corda.
I circoletti si troveranno sempre alla destra della nota mentre alla sinistra (oppure sopra o sotto) si trove-
ranno i numeri per la diteggiatura della mano sinistra.
50
TAVOLA DEGLI UNISONI
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Si eseguiscano gli studi n. 35 e n. 43 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori »
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 29"
DELLA LEGATURA
Nella tecnica chitarristica di questo 2° Corso la legatura occupa un ruolo importante perché tramite questo
procedimento la linea melodica acquista un colore particolare; la legatura ci permette inoltre di eseguire
dei passi velocissimi e di realizzare echi di melodie con tinte di particolare effetto. Comincerò dalla lega-
tura ascendente.
La legatura si eseguisce senza l'ausilio della mano destra, perciò dopo che si è toccato una nota qualsiasi
vuota o premuta basterà lasciar cadere con moderata forza l'altro dito della sinistra che deve legare la nota
successiva più acuta e si avvertirà il suono corrispondente senza che la mano destra abbia concorso a realiz-
zarlo. La nota ottenuta con la sola mano sinistra si chiamerà nota legata. In principio il suono
di queste note sortirà debole e ciò dipende da due motivi: 1) il dito che lega nei primi movimenti ha poca
forza; ,2) il dito non batte con la dovuta precisione in prossimità della divisione del tasto superiore.
Con l'esercizio si otterrà un suono robusto pari a quello toccato purché si abbia l'avvertenza che la mano
sinistra resti bene girata a destra, che il dito che preme la nota base resti ben fermo sul tasto e che l'altro
dito che fa la legatura cada 1,t piombo sul rispettivo tasto e con naturalezza evitando alla mano sinistra
degli spostamenti indietro a causa di uno sforzo eccessivo nella legatura.
Negli esercizi sottoindicati ho esposto tre sistemi di legatura ascendente: la· legatura di una nota libera con
altra premuta; la legatura di una nota premuta con altra premuta; infine una speciale legatura su due
corde vicine. Quest'ultima si ottiene toccando una nota su di una corda e lasciando cadere il dito della
sinistra su di un tasto della corda vicina. Questo procedimento è maggiormente usato nella legatura discen-
dente, come vedremo nella successiva lezione.
In qualsiasi sistema di legatura occorre tener presente di non alzare mai il dito che preme la nota bassa
fino a legatura eseguita, Particolare attenzione dovrà mettere l'allievo nelle legature col dito mignolo che
essendo il più piccolo ha meno forza ed opera con minor precisione sui tasti.
Nella lettura degli esercizi si osservino bene le diverse diteggiature che si possono praticare in questo
procedimento tecnico.
La legatura è indicata da una linea curva che abbraccia le note da legare.
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sulla. II corda.
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Si consigliano gli studi n. 37 e n. 40 del volume citato.
LEZIONE 30·
DELLA LEGATURA DISCENDENTE
Mentre nella legatura ascendente si lega una nota con altra più acuta, in quella discendente si lega una nota
con altra più grave. Il procedimento è un poco diverso da quello che abbiamo esposto nella lezione
precedente.
Ammesso ad esempio che si debba legare la nota fa diesis della 4a corda con la nota più grave mi, si ope·
rerà nel seguente modo: si premerà col dito anulare della sinistra la nota fa diesis e nello stesso tempo
si disporrà il dito indice della sinistra sul 2° tasto della stessa corda. Si toccherà quindi con un dito della
destra la nota fa diesis; allora l'anulare della sinistra che la preme strappando la stessa corda con una
leggera pressione verso il basso - senza l'ausilio della destra - legherà la nota mi più grave già premuta
col primo dito.
Si badi, in questo movimento del dito che strappa la corda, a mantenere ferma la mano sinistra. E' il
dito che deve muoversi e non la mano. Con un poco di esercizio l'allievo si accorgerà che la legatura di-
scendente sortirà più nitida di quella ascendente.
Anche questa legatura si può eseguire nei tre modi indicati nella precedente lezione: I) nota premuta che
lega altra nota su corda vuota; 2) nota premuta che lega altra nota premuta più bassa; 3) nota pre-
muta o vuota che lega altra nota premuta sulla corda vicina. Quest'ultimo sistema di legatura si effettua
toccando con la destra una nota premuta o anche libera e legando la nota più bassa della corda vicina
con lo stesso procedimento adottato nella legatura ascendente, ossia lasciando cadere a piombo e con forza
il dito della sinistra sulla nota da legare.
La vera legatura è però sempre quella che si effettua sulla stessa corda.
Negli esercizi sottoindicati l'allievo troverà l'applicazione dei tre sistemi di legatura.
Si ponga molta attenzione alla diteggiatura e si procuri che i procedimenti per ottenere le legature avven-
gano con spontaneità e senza mai interessare il braccio.
In tutte queste legature l'esordiente cade spesso nel difetto di dare alle note legate un valore più breve di
quello indicato in musica. E' un difetto da evitarsi perché le legature non devono mai compromettere l'osser-
vanza del giusto valore delle note.
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Si eseguiscano anche gli studi n. 38 e n. 41 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori »
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 31·
LEGATURE MULTIPLE E ACCOPPIATE
Nelle lezioni precedenti abbiamo trattato soltanto di legature a due note, ma con la mano sinistra si può
benissimo legare tre od anche quattro note sia ascendendo che discendendo. Nella legatura ascendente si
toccherà la prima nota soltanto e poi si lasceranno successivamente cadere le dita sui rispettivi tasti delle
note da legare. Nella legatura discendente si disporranno invece sui tasti le dita che devono legare le note,
quindi si toccherà con la destra la prima nota e si strapperanno successivamente con le dita le altre note da
legare con lo stesso procedimento spiegato nella precedente lezione.
Mentre le legature multiple ascendenti si ottengono con naturalezza, quelle discendenti presentano mag-
giori difficoltà e si richiederà quindi molta applicazione per poterle eseguire bene e con chiarezza di suono.
Le legature accoppiate non sono altro che la combinazione delle due legature ascendenti e discendenti.
Qui la difficoltà sta nella esecuzione spigliata dei due procedimenti esposti nelle precedenti lezioni. Anche
la diteggiatura in queste combinazioni offre qualche complicazione.
L'esecuzione attenta degli esercizi qui sotto esposti riuscirà a risolvere le difficoltà contenute nei due tipi
di legature di questa lezione.
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Si raccomandano gli studi n. 39 e n. 45 del volume citato.
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LEZIONE 32"
DELLO STRISCIATO E DEL PORTAMENTO
Lo strisciato è una specie di legatura fra due note e si eseguisce strisciando velocemente con lo stesso dito
dal tasto della nota più grave a quello della nota acuta o anche viceversa, a seconda che si tratti di stri-
sciato ascendente o discendente. Anche nello strisciato si tocca soltanto la prima nota; la seconda si sentirà
dopo aver effettuato lo strisciato. Per ottenere un buon effetto è necessario premere con forza sui tasti.
Come già si è detto lo strisciato può essere ascendente o discendente. Il primo di norma è facile ad otte-
nersi perché le dita si dirigono verso il corpo; il secondo è invece più difficile perché le dita si allontanano
dal corpo. Per ottenere bene l'effetto dello strisciato è necessario che le dita si mantengano a piombo sui
tasti e che la mano stia molto girata a destra affinché le dita operino nel senso longitudinale delle corde
e non obliquamente.
Nello strisciato discendente occorrerà esercitare maggior pressione sui tasti. Si possono strisciare anche due
note insieme nello stesso modo, però bisognerà aumentare la forza di pressione per far sentire bene la lega-
tura del bicordo. Lo strisciato si può eseguire con qualsiasi dito, ma i più usati sono l'indice, il medio e
l'anulare. Non si possono legare più di due note alla volta e, naturalmente, esse devono sempre trovarsi
sulla stessa corda.
In musica questo procedimento tecnico è indicato da una linea retta che unisce le note.
Il portamento è della stessa natura dello strisciato. La differenza sta in questo: nello strisciato la distanza
fra le due note è generalmente non superiore a due toni; nel portamento si possono invece legare note a
distanza anche di un'ottava ed oltre.
Il procedimento per eseguirlo è semplicissimo: si tocca la prima nota e strisciando con lo stesso dito si
arriva fino alla nota da legare. Però siccome il suono arriverebbe qui quasi impercettibile, si tocca nuova-
mente la seconda nota con la destra. Quanto si è detto vale tanto per il portamento ascendente che per
quello discendente. Tanto lo strisciato che il portamento non si possono eseguire che sulla stessa corda.
In musica anche questo effetto è indicato da una linea retta che unisce le due note, ma in quella di arrivo
la nota è preceduta da una notina eguale alla nota per indicare il punto di arrivo del portamento;
soltanto la nota dovrà essere toccata e hon la notina.
Molti compositori nel portamento omettono la notina e lasciano al buon discernimento dell'esecutore che
le note legate da una linea retta vengano eseguite a seconda dei casi come portamento o come semplice
strisciato. La linea retta talvolta unisce due numeri della diteggiatura, anziché le due note che stanno
sotto. Ciò sta ad indicare che non devonsi staccare le dita dalla tastiera e ne deriva di conseguenza una
legatura simile al portamento.
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Si consigliano gli studi n. 54 e n. 68 del volume citato.
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In riferimento a questa lezione consiglio pure di studiare il pezzo Andantino di Terzi, come indicato nel-
l'Elenco oer il II Corso al Cap. XVII « La letteratura chitarristica ».
55 "
LEZIONE 33"
CADENZE NEI TONI MAGGIORI DI DO, SOL, RE
Le cadenze che sono esposte negli esercizi n. 62, n. 63 e n. 64 sono particolarmente utili a coloro che
intendano dedicarsi all'accompagnamento, ma la conoscenza di tali accordi giova pure al solista che non
deve ignorare questa base essenziale dell'armonia che regola la concatenazione dei vari accordi e le rela-
tive risoluzioni.
Gli accordi principali sono quelli della tonica, della settima di dominante e della sottodominante. Si
potrebbero aggiungere anche altri accordi negli altri gradi della scala, ma allora si sconfinerebbe nel
campo delle modulazioni il che esula dal compito di questo metoòo .
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Si consiglia lo studio n. 42 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
LEZIONE 34"
CADENZE NEI TONI MAGGIORI DI LA, MI, FA
Si richiama quanto già detto nella precedente lezione.
Con questi accordi ha termine la serie delle cadenze nei toni maggiori più in uso. Per le cadenze di tutti
gli altri toni maggiori ci occuperemo nel 3° Corso - Lezioni 608 e 61 a - dove esporremo un modello
di cadenze valido per tutte le tonalità mediante semplice trasporto da una posizione all'altra.
Per ora sarebbe prematuro lo studio perché manca ancora all'allievo la conoscenza delle posizioni e la
pratica degli accordi col barré.
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LEZIONE 35·
SCALA MINORE DI LA E CADENZA
A completamento della serie di scale in prima posizione si ritiene utile di inserire le tre scale minori di
la, mi, re che hanno la fondamentale su di un basso libero. Si è iniziato con la scala di la minore che è la
più semplice in quantochè non porta alcun accidente in chiave. L'allievo dovrebbe sapere che vi sono due
tipi di scale: armonica e melodica. La prima porta un'alterazione soltanto al 7° grado della scala (sensi-
bile), la seconda porta due alterazioni: al 1' ed al 6° grado. Nella scala di la minore vedremo quindi l'alte-
razione alle note sol e fa. Nella scala discendente queste alterazioni spariranno e pertanto al posto dei diesis
troveremo un bequadro che ha il compito di rimettere la nota allo stato naturale. È bene che l'allievo eviti
confusioni in questi due tipi di scale che negli esercizi sottoindicati saranno esposte separatamente. Alle due
scale farà seguito una serie di cadenze negli accordi più comuni del tono di la minore.
Nel terzo corso di questo metodo l'allievo troverà un modello di cadenze minori valido per qualsiasi tona-
lità, mediante semplice trasposizione.
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Eseguire lo studio n. 44 del volume citato.
57
LEZIONE 36"
SCALE MINORI DI MI E RE E CADENZE RELATIVE
Queste due scale, a differenza della precedente, portano in chiave un diesis per la scala di mi minore e un
bemolle per quella di re minore. È bene ricordare che in queste scale troveremo sempre alterata la nota del
1' quadro (sensibile) nella scala armonica ascendente e anche la nota del 6° grado nella scala melodica.
Dette alterazioni - come già detto - scompariranno nella scala discendente. Nel III corso verranno trat-
tate tutte le altre scale minori mediante un tipo di scala che servirà di modello per tutte le altre scale minori.
Negli esercizi sottoindicati vengono esposte anche le cadenze più comuni nelle tonalità minori di mi e re,
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LEZIONE 37·
DELLE POSIZIONI
Si chiama posizione la disposizione delle dita in una regione del manico per l'esecuzione di una scala o
di un accordo. Nella chitarra vi sono tante posizioni quanti sono i tasti del manico. Si dirà quindi quinta,
settima o nona posizione a seconda che il dito indice della sinistra, che fa da appoggio per i movimenti
delle altre dita, si trovi sul quinto, sul settimo o sul nono tasto. Questo dito indice non dovrà mai alzarsi
58
dal tasto se non per posarsi su un'altra corda dello stesso tasto o sopra di un altro tasto se si deve cambiar
pos1z10ne.
La differenza fra posizione e capotasto sta in questo: nella posizione l'indice si sposta continuamente sullo
stesso tasto per la esecuzione delle scale o degli accordi, mentre nel capotasto l'indice rimane fisso e disteso
anche se le altre dita della stessa mano devono agire su altri tasti. La posizione è più indicata per
la esecuzione di una scala o frammento di scala e il capotasto per la esecuzione di accordi.
Si è già detto che in musica il barré si indica con una C seguita da un numero romano corrispondente al
tasto; la posizione è invece indicata soltanto dal numero romano. In molte composizioni per chitarra la posi-
zione è indicata semplicemente dal numero racchiuso in un circoletto che addita la corda su cui deve posarsi
il dito indice. Nel campo delle posizioni esistono criteri diversi sul modo di indicarle. Ritengo però che il
numero romano sia l'indicazione più semplice, più comoda e più sicura.
La lettura di una scala, di un passo qualsiasi o di un accordo in una posizione nella regione centrale del
manico non è cosa facile al principiante se non ha prima una buona conoscenza delle note sul manico fino
al XH tasto. È bene quindi che l'allievo studi molto la tabella degli unisoni esposta nella lezione 28a. Poi
ponga molta attenzione alla lettura degli esercizi sottoindicati per evitare errori che sono molto facili all'ini-
zio. Una buona lettura in posizione si potrà raggiungere soltanto dopo che si saranno eseguiti molti studi o
brani musicali.
L'allievo nelle posizioni troverà spesso delle note su corde a vuoto, cosa che evidentemente non capiterà
mai nella esecuzione di scale o accordi con barré.
Scale in posizione
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LEZIONE 38.
SCALE DI UNA OTTAVA ESEGUITE IN POSIZIONE
Si presti molta a~tenzione a questo tipo di scala perché essa è un modello che serve per eseguire tutte le
scale dei vari toni maggiori con la stessa diteggiatura mediante semplice cambiamento di posizione. Poi-
ché la nota più bassa che dà la tonica viene premuta col dito indice, basterà spostare questo dito sulla nota
della nuova tonica e si avrà la base per eseguire la scala con identica diteggiatura.
Negli esercizi qui sotto esposti sono indicati due modelli che variano a seconda che nella scala
sia contenuto o no l'intervallo di terza maggiore delle corde 2a e 3a. P.er ogni esercizio si è indicato il
modello di scala da eseguirsi alla posizione seconda e alla posizione nona. Entro questi limiti si potranno
eseguire tante scale con uguale diteggiatura. Poiché abbracciano una sola ottava queste si svolge-
ranno, per il primo tipo, sulle prime tre corde mi, si, sol e la tonica sarà sempre sulla terza corda.
Per il secondo tipo la tonica potrà risiedere sulla 6a o sulla 5a corda. Sarà bene che l'allievo si
eserciti ad eseguire le scale contenute nei due limiti indicati (II e IX posizione) passando dall'una all'al-
tra per semitono, come indicato negli eserc1z1, e rilevando la tonalità a cui appartengono (la tonalità è data
59
dalla tonica della scala). Ottima cosa sarebbe anzi di riportare su di un foglio di musica tutte queste scale
mettendo in chiave gli accidenti della rispettiva tonalità.
Gioverà pure all'allievo l'esecuzione di queste scale alternando l'indice e il medio della destra dalla nota
grave all'acuta e viceversa ed eseguendole senza interruzione salendo di semitono dalla seconda posizione
fino alla nona per poi ridiscendere alla seconda. Sarà questo un esercizio utile tanto per la mano sinistra
che per la destra.
Quanto si è consigliato per il primo tipo di scale vale anche per il secondo.
A completamento di questa lezione l'allievo potrà ripetere le stesse scale con uguale diteggiatura mante-
nendo l'indice in posizione di barré, anziché spostarlo da una corda all'altra. Ciò servirà a dare resistenza
a questo dito e a permettere di eseguire le scale con la massima velocità.
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Si consiglia lo studio n. 57 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi',
130300).
LEZIONE 39•
SCALE DI DUE OTTAVE CON LA TONICA SULLA 6• CORDA
Queste scale, che seguono a quelle di una ottava, sono di somma importanza perché permettono di eseguire
in posizione, con unico modello e con una costante diteggiatura, tutte le scale maggiori delle varie tonalità.
Esse contribuiranno notevolmente allo sviluppo della tecnica delle mani. Si è iniziato con le scale che
tengono la tonica sulla 6a corda, poi si passerà nella successiva lezione a quelle aventi la tonica sulla 5•
corda. Con queste due lezioni si offrirà cosù il modo di eseguire le scale di due ottave in tutte le tonalità
maggiori.
In questa lezione si sono indicati due diversi modelli di esecuzione: il primo dello spagnolo Dionisio Aguado,
il secondo dell'italiano Luigi Mozzani e ciò allo scopo di rendere possibile la esecuzione di tutte le scale
aventi la tonica sulla 6a corda. Si ponga molta attenzione alla diteggiatura che è sempre costante e con la
quale mediante semplice spostamento di posizione si passerà da una tonalità all'altra.
Come si è fatto nella lezione precedente verrà qui indicato ogni modello nella II e IX posizione e l'allievo
dovrà eseguire le scale con movimento alternato dell'indice e medio passando cromaticamente dalla seconda
alla nona posizione e viceversa; precisamente come si è consigliato per le scale di una ottava.
Dapprima si eseguiranno lentamente e poi accelerando sempre più fino a raggiungere la massima velocità.
Buon esercizio sarebbe - come già detto nella lezione precedente - di trascrivere su di un foglio di musica
tutte le scale possibili fra i due limiti di posizione, mettendo in chiave gli accidenti corrispondenti alla tona-
lità; come pure ottimo esercizio sarebbe quello di eseguirle mettendo l'indice in posizione di barré. Tutti
questi esercizi, particolarmente quest'ultimo, porteranno sensibile stanchezza alla mano sinistra. Perciò sarà
bene riposarsi di quando in quando per riprendere a intervalli più o meno lunghi. Soltanto dopo molti
61
esercizi giornalieri le mani saranno in condizione di poter eseguire ininterrottamente tutte le scale di que-
sta lezione.
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Eseguire gli studi n. 36 e n. 53 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori » (Ricordi,
130300).
LEZIONE 40•
SCALE DI DUE OTTAVE CON LA TONICA SULLA 5a CORDA
Queste scale, a differenza di quelle trattate nella precedente lezione, si eseguiscono con un solo modello:
quello di Matteo Carcassi.
Non si conoscono altri modelli aventi la tonica sulla 5a corda degni di menzione. Come si vedrà
dagli esercizi qui sotto esposti, per eseguire una scala di due ottave partendo dalla 5a corda non bastano
le note disponibili nei quattro tasti che abbracciano una posizione ed è perciò necessario spostare la mano
sinistra nella regione acuta del manico per eseguire le note che mancano a completare la seconda ottava.
Questo spostamento sarà nella misura di cinque tasti più avanti. Ad esempio, se la mano sinistra si trovasse
in IV posizione per eseguire una scala di mi maggiore dovrebbe, dopo aver toccato la nota si sulla prima
corda portarsi rapidamente in IX posizione per eseguire le ultime tre note della seconda ottava (do-re-mi).
Gli esercizi qui sotto esposti spiegheranno meglio delle parole. Anche in questa lezione si è indicato il mo-
dello della scala in II ed in IX posizione e l'allievo, tenendo presente quanto si è detto nella precedente
lezione, dovrà disporsi ad eseguire tutte le scale nelle varie tonalità contenute nei limiti della II e IX posi-
8
zione e con gli stessi movimenti consigliati nella lezione 39 •
Anche questo modello di scala è assai utile perché molto praticato nella musica chitarristica. Si richiede
però continuo studio per poterlo eseguire con forza e destrezza.
63
Con questa lezione hanno termine le lezioni teorico-pratiche sulle scale maggiori a due ottave. Di quelle
a tre ottave e delle scale minori c1 occuperemo nel terzo corso.
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Si consiglia di eseguire gli studi n. 55 I e n. 55 II del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti
autori» (Ricordi, 130300). Prima di eseguire questi studi che esigono l'abbassamento della 6a corda a re,
l'allievo legga la lezione sr del III Corso.
64
LEZIONE 41·
DEGLI INTERVALLI
Prima di passare alla esecuzione delle scale di terze, seste e ottave è bene che l'allievo prenda buona cono-
scenza di tutti gli intervalli più comuni e del modo di eseguirli sulla tastiera della chitarra.
La tavola che fa parte di questa lezione contiene appunto tutti gli intervalli possibili sulla chitarra. Si è fatto
una distinzione per quelli eseguibili sulle corde terza e seconda perché essendo queste corde distanti fra
loro di una terza maggiore, la diteggiatura di tutti gli intervalli contenuti in queste corde subirà una evi-
dente modificazione.
La conoscenza degli intervalli è di somma importanza. Poiché gli accordi, come le scale, sono formati da
note che distano fra loro di intervalli diversi, la conoscenza di questi e il modo di eseguirli sullo strumento
è cosa indispensabile all'allievo.
Un buon complemento al metodo sarebbe lo studio dell'armonia affinché l'allievo potesse darsi ragione della
risoluzione degli accordi e delle modulazioni per passare da una tonalità ad un'altra.
Questa materia naturalmente non può essere qui svolta perché troppo estesa. Potrebbe tutt'al più costituire
oggetto di una trattazione separata con riferimento alla chitarra, cosa che sarebbe· di grande interesse e di
somma utilità.
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LEZIONE 42"
SCALA DI TERZE
Se sopra le note di una scala maggiore aggiungiamo altrettante note a distanza di una terza disponendole
in modo che le due note abbiano ad essere suonate in un tempo solo formeremo una scala di terze. Questo
tipo di scala è assai comune nella musica in genere ed anche nella musica chitarristica troviamo spesso
frammenti di scale di terze ascendenti o discendenti.
Secondo quanto si è già esposto nella tavola degli intervalli sarà facile comprendere che le scale di terze
comprendono terze maggiori e terze minori e ciò a seconda che la terza è formata da due toni o da un tono
e un semitono. E poiché ne consegue che la diteggiatura delle terze maggiori è diversa da quella delle
terze minori, l'allievo dovrà porre molta attenzione alla diteggiatura degli esercizi qui sotto esposti.
Si è creduto opportuno far precedere l'esempio di una scala di terze su due corde all'altra sulle sei corde,
per mettere meglio in evidenza questa successione di terze maggiori e minori che è costituita da una terza
maggiore - due terze minori - due terze minori e una terza maggiore.
Le note della scala si possono toccare con pollice e indice ed anche con indice e medio. Si consiglia di
impiegare pollice e indice per le terze sui bassi mi, la, re, e di servirsi dell'indice e medio per le terze sulle
corde acute sol, si e mi.
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Si eseguisca lo studio n. 59 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300). In riferimento alle lezioni 42 8 , 43 8 e 448 consiglio i seguenti studi di Sor op. 6: n. 6, n. 9 e
n. 10.
69
LEZIONE 43·
SCALA DI SESTE
Se invece di una terza mettiamo accanto alle note di una scala maggiore una sesta formeremo una scala
di seste. Questa ha press'a poco le stesse caratteristiche della scala di terze e cioè contiene seste maggiori
e minori che si alternano come nella scala di terze e la diteggiatura varia se l'intervallo di sesta abbrac-
cia le corde Ir e IIr.
Inoltre se ben si osserva la scala di sesta non è altro che una scala formata da terze rivoltate. Infatti se
ad esempio le note do-mi costituiscono un intervallo di terza le note rivoltate mi-do formeranno un inter-
vallo di sesta. In questo caso la sesta non è che il completamento dell'ottava: do mi-mi do.
Negli esercizi sotto esposti l'allievo dovrà osservare attentamente la diteggiatura sia per la scala costituita
su due corde quanto per quella da eseguire sulle sei corde.
La diteggiatura della mano destra più comune è quella del pollice e indice o pollice e medio,
Sulle stesse corde (con l'intervallo delle corde II e III) (Senza l'intervallo delle corde II e III)
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Eseguire lo studio n. 60 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
LEZIONE 44·
SCALA DI OTTAVE
Una scala maggiore formata di note accoppiate a distanza fra loro di una ottava si chiama scala di ottave.
Queste scale sono assai importanti perché frequentemente usate nella musica chitarristica.
Le ottave si possono eseguire con quattro diteggiature diverse che per la loro importanza meritano di essere
studiate dall'allievo con particolare attenzione.
Esse sono:
1) con le dita anulare e indice rispettivamente sulle corde IV e I ovvero V e II.
2) Con le dita indice e mignolo rispettivamente sulle corde III e I ovvero IV e II.
3) Con le dita indice e anulare rispettivamente sulle corde VI e IV ovvero V e III.
4) Con le dita mignolo e indice rispettivamente sulla corda VI e Ili.
Si studino accuratamente gli esercizi sotto esposti.
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Eseguire lo studio n. 62 del volume citato.
LEZIONE 45·
APPOGGIATURA E ACCIACCATURA
Si è dedicato un capitolo speciale agli abbellimenti perché essi rappresentano la vera ricchezza della chi-
tarra in quanto sfruttano tutte le risorse dello strumento.
Anche nel terzo corso di questo metodo l'allievo troverà un capitolo dedicato agli abbellimenti e alle imita-
zioni dei vari strumenti e con questo avrà il quadro completo degli effetti possibili sulla chitarra. Alcuni
di questi sono comuni anche ad altri strumenti; però certi abbellimenti appartengono esclusivamente alla
chitarra.
L'abbellimento più comune è quello dell'appoggiatura e dell'acciaccatura che molti sogliono confondere
come una cosa sola, mentre esiste invece una differenza sostanziale.
L'appoggiatura, assai impiegata nelle musiche del periodo classico ed ora da noi quasi scomparsa, è una
notina che precede una nota. Questa notina ha un valore reale che viene sottratto dalla nota che segue. Se,
ad esempio, la notina ha il valore di una semiminima e la nota di una minima la esecuzione corrisponderà
a quella di due semiminime.
L'acciaccatura è una notina breve che precede la nota. Poiché alla notina non si dà alcun valore questa
viene eseguita velocemente legandola alla nota che pertanto viene diminuita di un valore trascurabile.
L'appoggiatura e l'acciaccatura si eseguiscono come una normale legatura, e possono essere ascendenti
o discendenti.
È particolarmente utile il sapere come vengono eseguiti questi abbellimenti col basso. Il basso e la notina
dovranno essere toccati contemporaneamente, nonostante che in musica non si trovino sulla stessa linea. Nello
stesso istante si legherà poi la notina alla nota. Per l'appoggiatura però alla notina si dovrà dare l'intero
valore prima di legarla alla nota.
Negli esercizi sotto esposti, a maggior chiarimento di quanto si è detto, si è indicato per ogni abbellimento
il relativo modo di effettuare l'esecuzione.
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Si consiglia lo studio n. 63 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
LEZIONE 46
ACCIACCATURA DOPPIA
L'acciaccatura doppia differisce dall'acciaccatura semplice perché composta di due notine da legarsi alla nota
che segue. Le due notine dovranno legarsi velocemente alla nota per sottrarre a questa il minor valore
possibile. Anche l'acciaccatura doppia può essere ascendente o discendente. L'esecuzione di questa è come
quella di una legatura a tre note eseguita rapidamente. Se insieme all'acciaccatura va suonato un basso o
un accordo questo dovrà essere toccato simultaneamente con la prima notina dell'acciaccatura legando
quindi subito le due notine alla nota.
Per ottenere una buona esecuzione dell'acciaccatura si raccomanda di mantenere l'indice sulla tastiera fino
a quando non sia completata la legatura delle notine e di girare molto la mano verso destra affinché le dita
cadano a piombo sulla tastiera.
Negli esercizi qui sotto esposti l'allievo troverà indicato con chiarezza il modo di eseguire l'acciaccatura
doppia sia da sola che col basso.
E' invalso l'uso di chiamare l'acciaccatura doppia col nome di appoggiatura doppia.
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Si consigliano gli studi n. 33 e n. 61 del volume citato.
LEZIONE 47·
MORDENTE
Il mordente è formato da due notine, una ascendente e l'altra discendente, che precedono la nota. L'ese-
cuzione avviene come nella normale legatura di tre note ascendendo e discendendo e vanno eseguite rapi-
damente come nella acciaccatura doppia.
Quando vi è un basso od un accordo da suonare contemporaneamente al mordente si procede come si è
detto nella precedente lezione.
Il mordente si suole spesso indicare con un segno speciale, ossia mettendo una piccola serpentina (-w) sopra
la nota. Naturalmente il modo di eseguirlo non cambia.
Negli esercizi qui sotto sono indicati i due metodi scrittura del mordente e come si effettua l'esecuzione.
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Eseguire lo studio n. 66 del volume citato.
73
LEZIONE 43·
SUONI STACCATI E ACCENTUATI
Fra i mezzi tecnici impiegati per colorire un componimento musicale sono molto noti quelli delle note
staccate (o puntate) e dei suoni accentuati (o accentati).
Nei primi si stacca una serie di note ossia si accorcia sensibilmente la durata del loro valore; nei secondi
si accentuano, ossia si mettono in evidenza certe note, aumentandone l'intensità del suono col tocco della
mano destra.
Le note staccate si chiamano anche puntate ed infatti si indicano in musica mediante un punto al disopra
delle note. Il modo di ottenere questo effetto è semplice: dopo aver toccato con l'unghia o col polpastrello
delle dita della destra la nota da puntare si rimette subito sopra la stessa corda il dito che l'ha toccata
al fine di ridurre la durata del suono. In tal modo le note puntate vengono messe in risalto, al contrario
dell'effetto che risulta dalle note legate.
Le note puntate sono quasi sempre di breve valore. Per le note di lungo valore non si usa il punto al
di sopra della nota: la riduzione del suo valore viene indicata con l'impiego della pausa. Di questo s1
vedrà nella prossima lezione.
A chiarimento di questa lezione negli esercizi sotto esposti si è indicato come risulta l'esecuzione.
Le note accentuate (o accentate) sono indicate col segno > ovvero A posto sopra la nota. Esso esprime
che quella nota andrà toccata con forza. Per ottenere ciò bisognerà premere fortemente la corda col dito
teso della destra dirigendo l'azione verso l'interno della cassa armonica. Tanto è bello questo accorgimento
tecnico per colorire il pensiero musicale, tanto è difficile da ottenere, specialmente se la nota accentuata
si trova in mezzo ad altre note di breve valore. Occorrerà quindi uno studio continuato se si vuole una
buona esecuzione.
Si osservi e si studi attentamente l'esercizio qui sotto riprodotto.
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Eseguire gli studi n. 64 e n. 65 del volume «Raccolta di studi progressi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
74
LEZIONE 49'
VIBRATO - SUONI SMORZA TI
Il vibrato è il più elegante e seducente dei mezzi espressivi e richiama molto la nota calda ed espressiva
del violino o del violoncello. E' un vero peccato che ben pochi chitarristi ne facciano uso e pochissimi lo
sappiano trattare con signorilità e finezza di gusto. Per ottenere un buon vibrato occorre innanzitutto un
buon istrumento munito di corde scelte che permettano una cavata dolce ed espressiva.
In una chitarra mediocre con corde scadenti difficilmente si potrà ottenere questo effetto con soddisfacenti
risultati. Inoltre bisogna disporre le dita in modo che cadano a piombo sui tasti ed esercitare una consi-
derevole pressione sulla corda.
Poiché il vibrato ha la proprietà di prolungare il suono della nota premuta esso darà un magnifico effetto
sui bassi verso la metà della tastiera perché in questo punto la corda ha la massima elasticità. Con un
buon esercizio si potrà tuttavia ottenere un buon risultato anche nelle altre regioni del manico sia sui bassi,
che sugli acuti.
Per realizzare un buon vibrato occorre mettere il dito nel mezzo del tasto e non appena toccata la corda
con la destra imprimere alla mano sinistra un movimento oscillatorio dal basso in alto nel senso longitu-
dinale della corda. Con queste oscillazioni il suono della corda si alzerà e si abbasserà ripetutamente di
piccole frazioni generando un suono espressivo, palpitante simile a quello degli strumenti ad arco o della
voce umana.
Il vibrato nelle note acute si può ottenere soltanto se si ha l'avvertenza di far oscillare il dito non appena
toccata la corda. Nei primi tasti invece occorrerà che le oscillazioni si imprimano nel senso parallelo alla
divisione dei tasti. Ciò richiederà un accurato studio. Il pollice della sinistra non si sposterà mai dalla
sua posizione contro il manico.
Il vibrato si può esercitare anche su due o tre corde a un tempo, ma occorrerà aumentare la forza di pres·
sione della sinistra.
Non esistono in musica segni convenzionali per indicare questo effetto che tuttavia si suole talvolta indicare
con una linea retta sopra la nota. Essendo in facoltà dell'esecutore di impiegarlo come e quando crede sarà
bene che se ne usi con moderazione, buon gusto, senza ricercatezza e soltanto in quelle parti melodiche
che richiedono un canto espressivo.
I suoni smorzati si avvicinano per l'esecuzione ai suoni staccati con la sola differenza che nello smorzato
il suono si spegne totalmente. Le note sono quasi tutte di lungo valore. Si può smorzare una, due, tre ed
anche un accordo di sei note rimettendo prontamente sulle corde il dito o le dita che le hanno toccate.
Spesso si usa spegnere un accordo da 4 a 6 note col palmo della mano destra. E' di buon effetto, ma
occorre destrezza per ottenerlo.
Anche lo smorzato è spesso trascurato dai chitarristi benché espressamente indicato in musica con le pause.
Forse trovano più facile e conveniente lasciar vibrare le corde (specialmente sui bassi) fino a che si spen-
gano da sole. Così facendo però non si osserva fedelmente quanto l'autore ha voluto esprimere nel suo
componimento e si rinuncia ad una grande ricchezza della chitarra. Anche per lo smorzato si richiede molta
applicazione nello studio. È bene ripetere che, poiché non vi sono segni convenzionali per questo effetto
l'esecutore dovrà soltanto osservare scrupolosamente le pause che si trovano nel pezzo musicale.
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ARMONICI
Se mettiamo in vibrazione una corda e poi con un dito della sinistra tocchiamo il fuso delle vibrazioni alla I
sua giusta metà avvertiremo un suono particolare che sarà di una ottava superiore al suono fondamentale
della corda. Questo suono particolare si chiama armonico.
Toccando la corda in vibrazione alla metà della sua lunghezza - nel nostro caso si trova alla divisione
anteriore del 12° tasto - abbiamo generato due fusi, ognuno dei quali ha un numero doppio di vibra-
zioni: in ciò sta la ragione del suono all'ottava sopra.
Se invece che alla metà tocchiamo la corda vibrante alla terza parte della sua lunghezza - nel nostro
istrumento si trova alla divisione anteriore del 7° o 19° tasto - creeremo tre fusi equidistanti e il suono
armonico che ne risulterà darà una quinta sopra l'ottava.
Se ancora dividiamo il fuso delle vibrazioni alla quarta parte della sua lunghezza e cioè alla divisione ante-
riore del 5° o del 24° tasto avremo un armonico con un suono corrispondente a due ottave sopra della nota
fondamentale. Se infine dividiamo il fuso di vibrazioni in cinque parti toccando la corda alla divisione del
4°, del 9° o del 16° tasto avremo un armonico che ci darà la terza maggiore sopra la seconda ottava del
suono fondamentale.
Si potrebbero dividere le vibrazioni della corda in un numero sempre più alto di fusi, ma gli armonici che
risulterebbero toccando la corda ai rispettivi nodi sarebbero così acuti da divenire impercettibili
all'orecchio. Pertanto gli armonici più comuni sono quelli che risultano dalla tavola qui sotto esposta.
Il modo di cavare il suono armonico è semplicissimo: basta sfiorare la corda con un dito della sinistra
alla divisione anteriore dei tasti già accennati ( 12° - 7° - 19° - 5° - 4° - 9° - 16°) e staccarlo subito non
appena la destra abbia messo in vibrazione la corda.
Il suono armonico per sua natura è debole e perciò nelle audizioni in un vasto ambiente giunge appena
percettibile all'orecchio, ragione per cui molti chitarristi a torto lo trascurano. Con un buon istrumento
e con un esercizio costante il chitarrista potrà tuttavia riuscire a cavare dalla chitarra una intensità di
suono tale da essere percepita con soddisfazione anche in una sala da concerto purché abbia una buona
acustica.
La dolcezza del suono armonico dà un colore tutto particolare al pezzo musicale e la fusione di questi
suoni con altri particolari della chitarra che vedremo nel III Corso crea una varietà di timbri di grande
effetto.
È bene ora che l'allievo studi attentamente la tavola degli armonici liberi più comuni eseguibili sulle sei
corde cercando di cavare dei suoni nitidi e forti a un tempo.
Quanto al modo di indicare l'armonico in musica vi sono pareri discordi. Il più accettato perché ricono-
sciuto più comodo e più semplice è oggidì, quello adottato da Ferdinando Sor, ossia scrivere la nota della
corda libera su cui devesi realizzare l'armonico e munirla di un numero arabo sopra o sotto la nota seguito
da arm (armonico). Il numero indicherà il tasto in cui si deve premere armonicamente. Gli altri sistemi
di ind:cazione, pure eccellenti perché segnano anche l'armonico risultante, non sono pratici perché la let-
tura a prima vista diverrebbe troppo laboriosa e talvolta impossibile.
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Con questa lezione si chiude il II Corso. Ancora una volta raccomandiamo all'allievo di approfondire bene la
materia di questo corso, prima di iniziare il terzo, e di studiare con perseveranza tutti gli esercizi, nonché gli
studi del separato volume qui consigliati. È bene inoltre che l'allievo esamini i pezzi indicati al cap. XVII
« La letteratura chitarristica » riferibili al II Corso e scelga quelli che rispondono al suo gusto
musicale per farne oggetto di uno studio assiduo e cosciente. Sarà un modo eccellente per conoscere le
77
gemme della letteratura chitarristica e per crearsi il repertorio dei pezzi che serviranno per le prime
audizioni fra amici e conoscenti.
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Eseguire gli studi n. 49 I e II e n. 70 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori »
(Ricordi, 130300). Vedasi a pag. 108 elenco di altri pezzi consigliabili alla fine di questo corso.
78
LEZIONI TEORICO - PRATICHE
Terzo corso
(Tecnica del concertista)
III Corso (Tecnica del concertista)
CAPITOLO XIV
LEZIONE 51'
ACCORDATURE SPECIALI
Finora abbiamo considerato la chitarra nella sua accordatura normale composta di quattro intervalli di
quarta ed uno di terza. Capita spesso che questa accordatura subisca .delle modifiche per ottenere speciali
effetti e perciò negli esercizi sotto esposti l'allievo potrà rendersi conto di alcune di queste alterazioni.
Le più comuni si trovano sulla 6a e sulla Sa corda perché permettono nella esecuzione di brani in certe
tonalità di offrire la tonica o la dominante su di un basso libero. Frequentemente si usa abbassare la ()a
corda a re portandola così ad un tono sotto. In questo modo si renderà agevole la esecuzione di un pezzo
nella tonalità di re maggiore o re minore perché avremo la tonica sul basso libero.
Nella esecuzione di brani in tonalità di sol si usa tal volta abbassare la Sa corda a sol e la 6a corda a re
per aver così disponibili la tonica e la dominante.
Ferdinando Sor usa qualche volta alzare la 6a corda a fa.
In queste alterazioni l'allievo dovrà tener presente lo spostamento in avanti che subiranno le altre note sulle
corde alterate (sarà perciò di due tasti più avanti nel caso di abbassamento di un tono della 6a o della
Sa corda).
Nei pezzi del volume Raccolta di studi progressivi dei più noti autori pubblicato a parte troveremo delle
alterazioni poco comuni : abbassamento della 6a corda a do diesis; della 5a corda a sol diesis e altre
varianti.
Sono rari i casi di alterazioni nelle altre corde più acute perché ciò comporterebbe delle complicazioni non
lievi nella lettura. In certi casi anzi, per facilitare questa lettura si scrivono addirittura le note come se
si trattasse di una accordatura normale con la sorpresa che suonandole scaturiscono dei suoni diversi da
quelli scritti, ma corrispondenti alla composizione dell'autore.
Molto usate
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Consiglio l'esecuzione dello studio n. 71 del volume Raccolta di studi progressivi dei più noti autori
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 52'
SCALA DI TRE OTTAVE
La scala di tre ottave che viene trattata negli esercizi qui sotto è di un modello umco.
Non è necessario esporre altri modelli di scale; è invece utile che questo unico modello venga eseguito
con grande precisione e sicurezza, aumentando mano a mano la velocità fino al massimo possibile, purché
non sia compromessa la chiarezza dei suoni. Si deve mirare insomma ad ottenere la massima destrezza nella
mano sinistra.
81
Siccome in queste scale non vi sono corde a vuoto, si potrà, come nel caso delle scale a due ottave, ripe-
tere lo stesso esercizio ascendendo di semitono in semitono dalla 4a alla 11 a posizione per poi ridiscen-
dere alla 4a. L'allievo osserverà in queste scale che la mano sinistra deve compiere spostamenti in avanti
di cinque tasti per poter eseguire le ultime tre note della terza ottava, mentre l'inizio della posizione prin-
cipale incomincia soltanto col terzo grado della scala.
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LEZIONE 53·
SCALA DI DECIME
Nella musica per chitarra troviamo spesso una successione di bicordi le cui note distano fra loro di un
intervallo di decima.
La decima non è altro che un intervallo di terza oltre l'ottava.
Siccome abbiamo terze maggiori e terze minori di conseguenza avremo decime magg10n e minori.
La loro successione si comporta come quella delle terze e cioè: una decima maggiore, due decime minori,
due maggiori, due minori e l'ultima maggiore. La diteggiatura non presenta difficoltà degne di spiegazione.
Nell'esercizio qui sotto si è indicato una scala di decime eseguita su due corde e un'altra sulle sei corde.
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LEZIONE 54·
SCALE MINORI CON LA TONICA SULLA SESTA CORDA
Presentiamo qui un modello di scala minore in posizione col quale mediante il semplice trasporto da un
tasto all'altro si potrà ottenere l'identica scala nelle diverse tonalità.
Si è cominciato dalle scale minori con la tonica sulla sesta corda perché è questa la scala più completa
e più importante. Si è esposto un modello unico di scala non essendo necessario al chitarrista di conoscer-
ne altri.
Negli esercizi sotto esposti troveremo, come nelle scale minori in prima posizione, i due esempi di scale
armonica e melodica.
È utile esercitarsi bene in questi modelli di scale trasportandole dalle prime alle ultime posizioni, come
si è fatto per le scale maggiori, alfine di averle pronte per quando potrà capitare di eseguirle in qualche
brano chitarristico.
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Eseguire lo studio n. 73 del volume citato.
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LEZIONE 55"
SCALE MINORI CON LA TONICA SULLA QUINTA CORDA
Queste scale differiscono da quelle della lezione n. 54 semplicemente per il fatto che la scala qm ha
inizio sulla quinta corda.
Si sono esposti anche qui i due tipi di scala armonica e melodica.
Si raccomanda la esecuzione di queste scale trasportandole di semitono in semitono dalle prime alle ultime
posizioni e viceversa dalle ultime alle prime, aumentando gradatamente di velocità e curando la chiarezza,
dei suom.
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LEZIONE 56"
IMPIEGO DI CORDE A VUOTO NEI PASSAGGI DI POSIZIONE
È comune l'impiego di note su corde a vuoto per facilitare un passaggio veloce dalle prime alle ultime
posizioni senza che vi sia interruzione.
Naturalmente è necessario che nella scala o nei passaggi nelle prime posizioni vi sia almeno una nota
eseguibile su corda a vuoto alfi.ne di usufruirne per poter predisporre il seguito della scala o del passaggio
nelle ultime posizioni.
Nell'esercizio qui sotto risulta con evidenza la necessità dell'impiego di queste note.
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Eseguire lo studio n. 83 del volume citato.
LEZIONE 57"
POSIZIONI AMPIE
È evidente la necessità di sforzarsi nella esecuzione di posizioni molto ampie se si vuol abituare la mano
sinistra ad allargare il più possibile le dita per l'esecuzione di passi difficili.
L'esercizio sotto esposto si dovrebbe eseguire giornalmente perché soltanto con la continutà di questo sforzo
le dita possono allungarsi sensibilmente fino ad eseguire posizioni che in un primo tempo ci sembravano
quasi impossibili.
84
Anche in certe mani piccole con lo studio continuato, specialmente se iniziato in giovane età, possono
ottenersi dei mirabili progressi.
Nell'esercizio n. lll si tengano le mani molto allargate e il basso tenuto anche quando il dito mignolo
deve premere nei tasti più lontani.
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LEZIONE 58"
LEGATURE DI TERZE E SESTE
La legatura di terze e seste si ottiene mediante la tecnica dello strisciato, di cui si è già parlato a suo
tempo, non essendo altrimenti possibile legare detti intervalli con la normale diteggiatura, se non in casi
eccezionali.
Mentre nella comune successione di terze o seste si impiega una diversa diteggiatura a seconda che si tratti
di terze (o seste) maggiori o minori, nella legatura di terze o seste necessita invece mantenere una diteg-
giatura costante e ciò per facilitare la realizzazione di questa legatura.
Negli esercizi sotto esposti si noterà una diteggiatura diversa a seconda che la legatura si effettui sulla
corda 2a o 3a o sulle altre corde.
Non sono troppo comuni le legature di terze e seste appunto per la difficoltà di ottenere una buona ese-
cuzione, ma è utile che l'allievo le sappia praticare all'occorrenza.
Si tenga presente di esercitare una notevole pressione sulle corde in questi esercizi, di mantenere la mano
sinistra ben girata a destra e il pollice della stessa mano costantemente fisso sotto il mamco.
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Eseguire lo studio n. 81 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori » (Ricordi, 130300).
LEZIONE 59·
POSIZIONI OLTRE IL DODICESIMO TASTO
È notorio che ben pochi chitarristi fanno uso delle note situate nella parte della tastiera che si spinge
oltre il dodicesimo tasto e nei metodi in generale, salvo il metodo Aguado, non si includono mai degli eser-
cizi per permettere all'allievo di prendere confidenza con questa zona del manico.
Ciò indubbiamente costituisce una deficenza perché riduce le possibilità della chitarra nella zona acuta nella
quale invece è possibile ottenere dei bellissimi effetti di arpa ed allarga inoltre l'estensione della chitarra.
Gli esercizi qui indicati mirano perciò ad abituare la mano sinistra ad operare con facilità in questa parte
della tastiera.
Perché la mano sinistra possa agire con disinvoltura in questa zona acuta l'allievo dovrà tener presente i
seguenti punti:
1) Girare la mano sinistra verso destra incavando bene il polso affinché le dita cadano a piombo sulla
tastiera.
2) Il pollice della sinistra dovrà appoggiarsi sul margine del 12° tasto, vicino alla prima corda (vedi
fig. 6) e quando occorre potrà prestarsi a fare da piccolo barré sul manico dal 13° al 1T' tasto
(vedi fig. 10).
3) Il mignolo della sinistra deve sforzarsi di premere anche le note sulla quarta, quinta o sesta corda,
al che si riuscirà solo dopo un tenace esercizio.
L'allievo non deve preoccuparsi se all'inizio questi esercizi costeranno fatica, né disarmarsi per gli even-
tuali primi insuccessi. Solo dopo un assiduo studio potrà trovarsi a suo agio in questa zona della tastiera
e potrà operare indifferentemente come nella parte centrale del manico.
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Si può eseguire lo studio n. 84 del citato volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori »
(Ricordi, 130300).
In riferimento a questa lezione l'allievo può anche eseguire il pezzo Imitando l'arpa di Terzi, come indi-
cato nell'elenco dei pezzi per il III Corso al cap. XVII «La letteratura chitarristica ».
86
LEZIONE 60.
QUADRO DI CADENZE NEI TONI MAGGIORI
Abbiamo visto nel I e II Corso qualche successione di accordi nei toni maggiori limitandoci a1 più
comuni. In questo corso esponiamo invece tre modelli di cadenze in posizione che ci permetteranno col
semplice trasporto di ottenere le cadenze di tutti gli altri toni maggiori. Questo quadro servirà in partico-
lar modo a coloro che intendono dedicarsi all'accompagnamento.
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Dal I modello procedendo per semitono si potranno ottenere le cadenze nei toni maggiori di fa, fa diesis,
sol, la bemolle, la, si bemolle, si, do.
Dal 2° modello le cadenze nei toni di re bemolle, re, mi bemolle, mi, fa, fa diesis, sol, la bemolle, la,
Dal 3° modello le cadenze nei toni di si bemolle, si, do, re bemolle, re, mi bemolle, mi, fa.
In questi modelli non dovranno mai trovarsi delle corde a vuoto.
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lo studio n. 82 del volume citato.
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LEZIONE 61.
QUADRO DI CADENZE NEI TONI MINORI
A complemento della lezione precedente si espone qui un quadro di cadenze anche per i toni minori dei
quali nel II Corso si era dato un esempio solamente per le cadenze minori di la, mi e re.
Questo quadro serve di modello per altre tonalità mediante semplice spostamento di posizione.
Dal I 0 modello si potranno ottenere le cadenze nei toni minori di fa diesis, sol, la bemolle, la, si bemolle,
si, do.
Dal 2° modello le cadenze nei toni di si bemolle, si, do, re bemolle, re, mi bemolle, mi, fa, sol bemolle.
Dal 3° modello infine le cadenze nei toni di si bemolle, si, do, re bemolle, re, mi bemolle, mi, fa, sol
bemolle.
Sarà utile ritenere a memoria tutte queste successioni di accordi.
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LEZIONE 62.
LEGATURE A SOLA MANO SINISTRA
In questo capitolo ci intratterremo sugli abbellimenti e imitazioni di strumenti e completeremo così il
quadro delle molteplici risorse della chitarra.
Fra queste alcune appartengono alla tecnica della ma no sinistra (legature a sola sm1stra, gruppetti, mor·
denti, trillo, ecc.), altre a quella della mano destra (tremolo, armonici ottavati, clavicembalo, pizzicato,
rasgueado, ecc.).
Escludendo gli abbellimenti già trattati nel II Corso facciamo ora conoscenza con tutti gli altri comin-
ciando da quelli propri della mano sinistra.
Le legature con la sola sinistra, se bene eseguite, sono di grande effetto per l'uditore. L'esecuzione
di queste non è eccessivamente difficile, perché non si tratta d'altro che di legature ascendenti e discendenti
combinate in modo che toccata la prima nota con la destra, tutte le altre si eseguiscono con la sola sinistra.
Affinché le legature riescano brillanti e sonore occorrerà tuttavia uno studio perseverante. È bene sapere
che qualche volta le note si otterranno battendo con forza le dita della sinistra sui tasti rispettivi e per
le corde a vuoto invece strappando la nota con la punta del polpasttello.
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LEZIONE 63.
GRUPPETTO
Fra gli abbellimenti del II Corso avevamo escluso il gruppetto perché presentava delle notevoli difficoltà
per una buona esecuzione. Questo gruppetto è formato da tre notine che stanno dinanzi alla nota. La loro
esecuzione deve pertanto essere assai veloce senza che venga compromessa la chiarezza dei suoni; voglio
con ciò dire che le tre notine e la nota dovranno sentirsi con gran nitidezza.
Se insieme al gruppetto c'è un basso questo dovrà suonarsi insieme con la prima notina, e legare tutte le
altre. Si tenga la mano sinistra ben girata a destru e molto saldo il dito che preme la nota più bassa,.
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Si possono esegmre gli studi n. 90 e n. 99 II del volume citato.
LEZIONE 64.
MORDENTE DOPPIO
Altro abbellimento di notevole difficoltà è il mordente doppio (nel II Corso abbiamo parlato soltanto del
mordente semplice), che è costituito da quattro notine - due ascendenti e due discendenti - davanti alla
nota. È inutile aggiungere che queste natine andranno eseguite con gran velocità affinché non sia compro-
messa l'esatta divisione del tempo. Per una buona esecuzione si tenga presente di tener fermo il dito che
preme la seconda notina.
Il mordente doppio si indica qualche volta con un segno speciale ( "' ) posto al di sopra di una nota.
Così ad esempio ' j si eseguirà ' i,j e ' j nel modo seguente ', !iJ
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Si possono eseguire gli studi n. 88 e n. 101 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori»
(Ricordi, 130300).
LEZIONE 65'
ACCIACCATURA STRISCIATA
Nel II Corso abbiamo trattato dell'acciaccatura che si effettua mediante la legatura. Qui invece trattiamo
di un altra acciaccatura da eseguirsi per mezzo dello strisciato.
Questo procedimento assai usato dalla scuola spagnola è più difficile ad ottenersi, ma di effetto più geniale,
specialmente nella esecuzione di musiche spagnole.
Anche in questo abbellimento, come nell'acciaccatu ra legata, si lega velocemente una notina alla nota
mediante lo strisciato sia ascendendo che discendendo. A tal fine occorrerà che dalla notina, appena toc·
cata, si strisci immediatamente e velocemente con un dito della sinistra premendo sempre sulla corda fino
ad arrestarsi sulla nota principale. Mentre il suono della notina sarà brevissimo, quello della nota dovrà
invece mantenere tutto il suo valore. Non si dovrà mai toccare con la destra questa nota di arrivo, come
avviene nel portamento di cui si è parlato nel II Corso: il suono della nota principale dovrà percepirsi
soltanto per effetto dello strisciato partendo dalla notina con prontezza e velocità.
Nell'acciaccatura discendente sarà più difficile far sentire la nota di arrivo e in questo caso bisognerà
aumentare la forza di pressione del dito della sinistra che striscia sulla corda. Qualche rara volta può capj-
tare di eseguire l'acciaccatura con due note simultanee.
Il procedimento è identico, ma occorre maggior pressione sui tasti.
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LEZIONE 66.
TRILLO SEMPLICE E DOPPIO
Si chiama trillo quel movimento alternato e rapido di due suoni contigui, uno rappresentato dalla nota,
l'altro da una notina che sta al disopra o al disotto della nota a distanza di uno o due tasti. Il movimento
alterno deve durare per tutto il valore della nota. Per eseguire il trillo si tocca la prima nota e si lega
ripetutamente e velocemente la nota alla notina con un dito della sinistra.
Per una buona esecuzione occorre tenere ben fermo il dito che preme la nota più bassa e che solitamente
è l'indice o il medio.
Nell'esercizio qui sotto sono indicate le varie diteggiature possibili nel trillo. Fra queste la più difficile è
quella delle dita anulare e mignolo.
Sinceramente il trillo nella chitarra è uno degli effetti più difficili ad ottenersi e per questa ragione è
raramente usato nella musica chitarristica. Anche nei grandi chitarristi il trillo riesce generalmente debole
e questo inconveniente ha spinto qualche maestro a rinforzarlo con l'impiego di due o tre dita della destra
in movimento alternato. Questo procedimento non è consigliabile perché se il trillo con la destra riesce più
forte perde però in dolcezza ed eguaglianza di suoni. Per una buona esecuzione richiederebbe inoltre una
grande abilità nel gioco delle dita della mano destra. Chi fa molto uso del trillo può constatare che con l'eser-
cizio continuato si acquista forza nelle dita e si ottengono effetti preferibili a quelli ottenuti con altri sistemi.
Il trillo doppio consiste nella legatura di due note a due notine vicine. Si ottiene legando ripetutamente
e velocemente queste note come nel trillo semplice.
Il trillo doppio è raramente usato nella musica chitarristica appunto per le difficoltà che presenta una
buona esecuzione.
Negli esercizi sotto esposti l'allievo imparerà le varie diteggiature possibili nel trillo semplice e doppio.
Si raccomanda di ripetere giornalmente questi esercizi per acquistare forza e destrezza nelle dita.
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Eseguire lo studio n. 103 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori » (Ricordi, 130300).
LEZIONE 67'
ARMONICI OTTAVATI
Nel II Corso si è appreso il modo di cavare i suoni armonici liberi. Si è però notato che da questi suoni
ottenibili sulle sei corde mancano molte note della scala cromatica. Per rimediare a questa deficenza
si è perciò escogitato un facile sistema col quale tutte le note della citata scala potranno cavarsi
armonicamente.
Poiché alla metà della lunghezza di una corda abbiamo visto che si ottengono dei suoni armonici corri-
spondenti ad una ottava superiore, se tocchiamo, ad esempio, la nota si (2a corda) premendo
armonicamente alla divisione anteriore del 12° tasto, che rappresenta la giusta metà della corda
dal capotasto al ponticello, avremo l'armonico ottavato - cioè un'ottava sopra - della nota si. Ne con-
segue che se tocch,iamo la nota do premendo il primo tasto della stessa corda, larmonico ottavato potrà
ottenersi premendo armonicamente alla divisione anteriore del 13° tasto; quello della nota do diesis al
14° tasto, quello della nota re al 15° tasto e così via. Lo stesso per le altre corde.
Ora per cavare questo armonico occorrerà che con la sola destra si adempia alla duplice funzione di pre-
mere armonicamente e pizzicare la corda, dato che la sinistra è impegnata a premere i tasti sul manico.
A tale scopo basterà toccare leggermente col dito indice la corda sulla divisione anteriore del 13° tasto
- che è la giusta metà della corda fra il do premuto e il ponticello - mentre il medio o l'anulare della
stessa mano toccheranno la corda per metterla in vibrazione. In tal modo otterremo il suono armonico otta·
vato di do. Si potrà ripetere l'esperimento premendo la nota do diesis con la sinistra e toccando armoni-
camente alla divisione anteriore del 14° tasto per cavare il suono armonico ottavato di do diesis.
Lo stesso procedimento vale per le altre corde purché si abbia sempre l'avvertenza di premere armonica-
mente sulla divisione del tasto corrispondente all'ottava della nota premuta e di pizzicare col medio o anu-
lare della destra.
Perciò si toccherà armonicamente alla divisione del 13° tasto per le note premute con la sinistra sul 1°
tasto di qualsiasi corda; alla divisione del 14° tasto per quelle premute sul 2° tasto; del 15° tasto per
quelle premute sul 3° tasto e così via.
92
Fig. 14 • Suoni armonici ottavati
Altro sistema per cavare i suoni armonici ottavati è quello di premere armonicamente col pollice della
destra disteso in posizione orizzontale e parallela alla divisione dei tasti, mentre l'indice, il medio o l'anu-
lare pizzicano la corda. Questo sistema è forse più pronto e permette inoltre di cavare armonicamente due
o tre suoni ottavati a un tempo, purché si trovino sulla stessa divisione dei tasti.
L'allievo non si allarmi se in principio questi suoni non usciranno o sortiranno male. Con l'esercizio con-
tinuato si troverà presto a suo agio.
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93
LEZIONE 68"
ARMONICI OTTAVA TI COL BASSO
I suoni armonici ottavati si presentano spesso con un basso e talvolta anche con una nota di accompagna-
mento che normalmente è a distanza dal canto di un intervallo di terza o sesta. Ciò genera difficoltà non
lievi ed è opportuno quindi spiegare come vanno risolte, affinché l'allievo non si trovi in imbarazzo nella
esecuzione in casi simili.
Dapprima è necessario che l'allievo impari a suonare un suono armonico ottavato con un basso semplice.
A tale fine cercherà prima di cavare il suono armonico ottavato nel modo come si è spiegato nella prece-
dente lezione, e poi aggiungerà il basso toccandolo col pollice della destra, avendo cura che tutti i movi-
menti avvengano nello stesso istante e che il suono del basso non copra mai per intensità quello dell'armo-
nico. La difficoltà si accentua quando devesi toccare un basso vicino alla corda da cui devesi cavare il suono
armonico ottavato: ad esempio il basso sulla quarta corda e l'armonico sulla terza. Soltanto dopo prove e
riprove si potrà vincere questa difficoltà ed ottenere una buona esecuzione.
Più complicato è il caso in cui all'armonico ottavato e al basso debbasi aggiungere anche una nota natu·
rale di accompagnamento.
In questo caso si dovranno impiegare tutte le dita della mano destra: il pollice per il basso, l'indice e l'anu-
lare per l'armonico ottavato ed il medio per la nota naturale. La difficoltà più che nell'esecuzione a un
tempo dèi quattro movimenti sta nel riuscire ad ottenere un armonico ben sentito, un basso più leggero che
non copra il canto e la nota naturale di intensità pari a quella dell'armonico.
Si curi di ottenere al massimo questo equilibrio di suoni e la chiarezza innanzi tutto.
Negli esercizi sottoposti sono trattate le varie combinazioni sopra citate.
Eseguire lo studio n. 105 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi, 130300).
In riferimento a questa lezione l'allievo può studiare il pezzo La Filla del Marxand di Llobet (vedi Elenco
pezzi per il III Corso al Cap. XVII, « La letteratura chitarristica »).
LEZIONE 69"
IL TREMOLO
Uno degli effetti più brillanti sulla chitarra è il tremolo. Esso consiste in una nota ribattuta velo-
cemente con le dita della mano destra, sì da dare l'effetto di un suono prolungato: efficacissimo quindi per
sostenere una melodia, mentre il pollice tocca il basso e l'accompagnamento. Vi sono molti modi per ese-
guire il tremolo ed anche molteplici applicazioni alla tecnica del tremolo di cui diremo nella lezione seguente.
Il modo più semplice per eseguirlo è quello di impiegare le dita indice e medio in movimento
alternato, ma se si vuole un vero tremolo veloce occorre impiegare anche il dito anulare. Il tremolo più
naturale e più comune è quindi quello che si ottiene r ibattendo una nota con movimento alternato delle dita
anulare, medio e indice, mentre il pollice tocca il basso.
94
Non è da pensare di poter ottenere questo procedimento tecnico in pochi giorni; occorreranno mesi e mesi
prima di ottenere un tremolo soddisfacente.
Le difficoltà di questo movimento stanno soprattutto nel riuscire ad ottenere eguaglianza, velocità e regola-
rità nella successione dei suoni.
Il tremolo è di grande effetto se riesce veloce, regolare e se viene naturale e senza sforzo al che
contribuisce in gran parte la disposizione delle dita della mano destra e la qualità delle unghie. Dico delle
unghie perché per un buon tremolo è indispensabile l'impiego di queste e si dovrà perciò avere molta cura
di tenerle poco lunghe, di forma ovale e ben lisciate in modo che il tremolo esca senza sforzo alcuno.
I movimenti della mano destra dovranno essere contenuti nella giusta misura senza staccarsi troppo dalle
corde e non concentrare mai lo sforzo sul polso. Si eviti un tremolo zoppicante e se nonostante
un assiduo studio riesce male, si abbandoni. Non è una tecnica indispensabile: infatti molti grandi chitar-
risti non ne fanno uso.
All'inizio sarà bene esercitarsi con le sole dita a. m. i. In un secondo tempo si potrà impiegare anche il
pollice per il tocco del basso.
Occorre tener presente che vi sono a questo riguardo due modi di esecuzione:
1) Il basso suona contemporaneamente con la prima nota del tremolo toccata col dito anulare.
2) Il basso suona da solo e seguono poi immediatamente le altre tre note del canto. Nel primo caso ab-
biamo delle terzine, ma il canto è continuo; nel secondo caso eseguiamo delle quartine ed il tremolo
è zoppicante per le pause che si succedono ogni tre note.
È invalso l'uso di scrivere i pezzi a tremolo in musica col 2° sistema; ma riteniamo assai preferibile il
primo per i vantaggi indiscutibili che esso presenta.
Negli esercizi sottoposti sono indicati i due sistemi affinché l'allievo ne prenda conoscenza.
Per una buona esecuzione del tremolo si raccomanda un esercizio giornaliero di almeno quindici minuti.
Terzine
Quartine
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95
Eseguire 1o studio n. 87 del citato volume.
In riferimento a questa lezione consiglio di eseguire come studio sul tremolo il pezzo Recuerdos de l' Alham-
bra di Tarrega (vedi Elenco pezzi per il III Corso al Cap. XVII «La letteratura chitarristica »).
LEZIONE 10·
APPLICAZIONI DEL TREMOLO
Nella precedente lezione si è parlato del tremolo nella forma più comune: canto tremolato e basso. Ora
vediamo qualcuna delle applicazioni che possono sfruttarsi con questo gioco tecnico. Una delle più
naturali è quella del tremolo doppio che si ottiene toccando con le dita a, m, i due corde a un tempo
e qualche volta anche tre corde (tremolo triplo). Evidentemente questo effetto si può usare solamente nelle
melodie che si prestino e quando occorre un fortissimo. Diciamo subito che non è facile ottenerlo perchè
richiede che l'allievo possegga delle unghie molto adatte: robuste, molto lisce e che possano scorrere sulle
doppie corde con naturalezza e senza sforzo alcuno.
Altra applicazione è quella di disporre le dita della destra in modo che un dito (il dito medio)
pizzichi la prima corda e le altre due dita (indice e anulare) la seconda corda. Questo procedimento è
efficacissimo negli arpeggi a quattro note che si eseguiscono solitamente con p, i, m, i. Col concorso del-
l'anulare tale arpeggio si potrà eseguire con doppia velocità. Uno studio efficace per esercitarsi è - oltre
l'esercizio qui sotto esposto - il pezzo di Pujol Il Calabrone (vedi elenco delle opere chitarristiche in appen-
dice al Cap. XVII).
La disposizione delle dita sopra esposta può essere variata ancora in 5 modi diversi e cioè:
I) Anulare e medio sulla prima corda e indice sulla seconda.
2) Anulare sulla prima corda e indice e medio sulla seconda.
3) Anulare sulla seconda corda e indice e medio sulla prima.
4) Anulare e medio sulla seconda corda e indice sulla prima.
5) Anulare e indice sulla prima corda e medio sulla seconda.
Tutte queste variazioni di procedimenti sono poco usate (il Maestro Mozzani ha applicato il sistema N. 3
in un pezzo della sua opera 6 Capricci), ma sono utilissime per snodare in tutti i sensi le dita della mano destra.
Il gioco del tremolo si può ancora applicare nella esecuzione di terzine sulla stessa corda, in qualche scala
diatonica e soprattutto nelle scale cromatiche.
Tutte queste varietà di tremolo che ho accennato sono di grande effetto se eseguite magistralmente, ma
per ottenere questo occorre perseverare instancabilmente nello studio.
Si ponga attenzione agli esercizi sottoposti.
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Eseguire lo studio n. 97 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi, 130300).
97
LEZIONE 71·
DEL PIZZICATO
Il pizzicato è uno dei più nobili effetti chitarristici ed assomiglia molto al pizzicato del violino con la
differenza che sulla chitarra è più dolce e si può ottenere anche su due o tre corde e perfino su di un
accordo; il suono inoltre non si spegne subito e può mantenersi anche a lungo quasi come un suono
armomco.
Il modo di ottenerlo non è semplice, anzi è difficile e richiede all'allievo un assiduo e perseverante studio
se si vuol raggiungere grazia e pastosità di suono. Siccome per pizzicato si intende l'effetto che dà un
suono attutito da una sordina, bisognerà con la mano destra svolgere la duplice funzione di toccare a un
tempo le corde e smorzare i suoni senza spegnerli. Pertanto oocorrerà disporre la mano destra in modo
che la parte destra del palmo della mano si appoggi leggermente - quasi armonicamente - sulle corde
e assai v1cmo al ponticello, mentre il pollice della stessa mano pulsa energicamente le corde.
Come avviene nei suoni armonici le corde più facili ad ottenere il pizzicato saranno i bassi, meno facili
le altre corde e assai difficili gli acuti.
Se dopo aver pizzicato la corda si alzerà subito il palmo della mano, si avvertirà un suono lungo e vellu-
tato simile al suono armonico.
Se devonsi pizzicare due o più corde si dovrà far scorrere il palmo della mano sulle corde stesse per attu-
tirne il suono, mentre il pollice pizzicherà nel medesimo tempo scorrendo sulle corde. Le altre dita della
mano destra rimarranno spiegate a ventaglio e distanti dalle corde.
Per il pizzicato non vengono solitamente impiegate le altre dita. E' soltanto il pollice che deve agire.
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Eseguire gli studi n. 79 e n. 98 del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori » (Ricordi,
130300).
LEZIONE 72·
IMITAZIONE DEL CLAVICEMBALO
L'effetto del clavicembalo, come lo dice la parola stessa, consiste nella imitazione di questo antico stru-
mento che tanto ebbe gloria nel XVI e XVII secolo. Per l'imitazione è necessario possedere unghie resi-
stenti perché solo queste possono dare alle corde pizzicate quel suono aspro-dolce proprio del clavicembalo.
Chi suona col polpastrello non potrà mai cavare questo effetto e dovrà quindi abbandonare ogni tentativo.
Con le unghie si toccheranno quindi le corde - preferibilmente le prime tre acute - molto in prossimità
del ponticello e cercando di dare all'unghia un impulso energico verso l'interno della cassa armonica. Sta al
buon gusto del chitarrista di ricorrere a questo effetto particolarmente nella esecuzione di pezzi antichi ori-
ginalmente concepiti per liuto o clavicembalo o di quelli che per il loro carattere maggiormente si pre-
stano. È però buona cosa non abusare di questo effetto chitarristico e di usarlo soltanto nei limiti stabiliti
dal buon gusto.
98
Eseguire lo studio n. 89 del volume citato.
LEZIONE 73"
TAMBORA
La tambora è un effetto della scuola spagnola e consiste nella imitazione del tamburo. In certe musiche
è indicato dall'abbreviazione tamb posta sopra una o più note o un accordo.
La esecuzione di questo effetto chitarristico non presenta difficoltà.
Per ottenerlo bisogna far compiere alla mano destra con energia un mezzo giro roteando sul polso affinché
il pollice vada a battere disteso sulle corde che devono vibrare, mentre la mano sinistra mantiene la posi-
zione dell'accordo. L'azione del pollice sopra le corde si effettuerà sul fianco sinistro e molto vicino al
ponticello alfi.ne di provocare la risonanza della cassa armonica. Il polso non deve mantenersi rigido; al
contrario deve permettere alla mano di girare agevolmente.
Questo effetto eseguito sulla quinta e sesta corda dà l'impressione del suono dei timpani.
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Eseguire lo studio n. 86 del volume citato.
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LEZIONE 74·
TAMBORELLO
È un effetto che si usa di rado per imitare il tamborello di una fanfara. Sembrerebbe quasi una ripetizione
dell'effetto della tambora di cui alla precedente lezione, invece differisce notevolmente.
Il tamborello si ottiene premendo leggermente vicino alla divisione posteriore di un tasto una corda (che
è generalmente un basso), mentre le dita pollice e indice della destra danno alla nota un ritmo di tamborello.
La nota premuta leggermente vicino alla divisione posteriore darà un suono frizzante proprio della corda
non premuta abbastanza e un timbro simile a quello del tamborello.
Gli spagnoli ottengono questo effetto incrociando la 5a corda sopra la 6"' in un dato tasto - preferibilmente
il nono - e mantenendo le due corde premute a viva forza con un solo dito, che solitamente è l'indice,
mentre l'indice e il medio della destra toccano le due corde con ritmo alternato.
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Eseguire lo studio n. 99 I del volume « Raccolta di studi progressivi dei più noti autori » (Ricordi, 130300).
LEZIONE 75·
CAMPANELLE
Diamo il nome di campanelle (in lingua spagnola Campanelas) a quell'effetto che risulta dall'accoppia-
mento di una o due corde a vuoto con altre premute verso la metà del manico. Gli accordi di cinque o sei
note in arpeggi si prestano molto a questo scopo.
100
Questa combinazione di suoni crea un effetto tutto particolare di gusto gradevolissimo che dà l'immagine
di un suono di campane intercalate nell'accordo.
Questo accorgimento tecnico offre fra l'altro la possibilità di poter eseguire alcuni accordi difficili che senza
l'ausilio delle corde a vuoto non sarebbero altrimenti eseguibili.
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Eseguire gli studi n. 77 e n. 104 del volume citato.
LEZIONE 76.
RASGUEADO
Si chiama rasgueado un effetto tutto particolare di carattere prettamente spagnolo e popolare che troviamo
assai in uso in certe regioni della Spagna. Nelle musiche spagnole questo effetto è indicato dall'abbrevia-
zione rasg. Non è un gioco tecnico molto in uso sulla chitarra anche perché il suono che ne risulta è piut-
tosto sgradevole e di gusto plateale; tuttavia in certe musiche dallo stile flamenco si addice molto.
Il modo di eseguirlo non presenta grandi difficoltà: è solo questione di esercizio e di saper bene impostare
le dita.
Per ottenere questo effetto bisogna girare la mano destra sul polso alzandola fino a che il mignolo (e sola-
mente in questo caso viene adoperato) sia collocato sulle corde gravi; indi si fa scorrere immediatamente e
velocemente il dorso delle quattro dita: mignolo, anulare, medio e indice, su tutte le corde o sopra una parte
di esse secondo le indicazioni speciali che vengono segnate sulla musica.
Ne risulta così un accordo arpeggiato più o meno intenso e prolungato.
Il rasgueado si può eseguire in due modi: l'uno ascendente dalla 6a alla 1a corda con le quattro dita indi-
cate; l'altro discendente dalla 1 a alla 6a corda e solamente col pollice o l'indice. Il rasgueado è indicato
oltre che dall'abbreviatura rasg anche da una freccia che va nei due sensi sopraccennati.
Il primo movimento ascendente è per le accentuazioni forti; il secondo discendente per quelle delicate.
L'alternativa dei due movimenti permette di mantenere per tutto il tempo necessario la sonorità simultanea
di un gruppo di note.
Qualche volta si usa mescolare il rasgueado ottenuto mediante il solo indice sulle corde acute con un pic-
colo colpo secco dato nel medesimo tempo sul ponticello per mezzo delle estremità del medio o dell'anu·
lare. Questo effetto proprio dello stile flamenco viene però raramente usato nella musica chitarristica.
Un effetto che talvolta si usa sulla chitarra è quello della « imitazione del fagotto» che si esercita soltanto
sui bassi. Si ottiene toccando energicamente i bassi con la parte carnosa del pollice destro nella zona della
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buca e premendo in direzione dell'interno della cassa armonica. Altri effetti citati da altri metodi non
meritano di essere segnalati e pertanto si può considerare chiusa la serie delle imitazioni dei vari strumenti.
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Eseguire lo studio n. 94 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi, 130300).
LEZIONE 77·
DELL'ESPRESSIONE lHUSICALE
È bene richiamare un momento alla memoria le risorse derivanti dalle svariate qualità di suono possibili
su di una stessa corda e dai molteplici effetti chitarristici trattati in questi due ultimi corsi perché il tutto
forma la materia che dà colore a qualsiasi brano musicale, come la tavolozza dei colori serve al pittore
per dare vita al quadro. È ben chiaro che solo una natura artistica potrà scegliere da questi colori a sua
disposizione quelli che più convengono al brano musicale che intende eseguire. Tuttavia anche l'esecutore
meno dotato da madre natura potrà dall'ascolto di magistrali esecuzioni da parte di sommi artisti scoprire
il mezzo per dare vita ad una pagina musicale applicando e sfruttando intelligentemente le due fonti del
colore sopra citate le quali costituiscono sempre la base per una piacevole e vivace esecuzione.
Non deve confondersi questo colore con la interpretazione la quale appartiene soltanto all'artista e all'in-
terprete, né con la musicalità che è un dono esclusivo del musicista colto e profondo. Con la buona volontà
e col fermo proposito di riuscire ad effettuare delle esecuzioni che non siano solamente una fredda esibi-
zione di tecnica, ogni esecutore può penetrare nel campo dell'espressione ed elevarsi con la mente e col
cuore fino a raggiungere le più impensate conquiste.
Ed ora è bene spiegare più ampiamente queste due basi del colore. Della varietà dei suoni su di una
stessa corda si è già detto che essa dipende dalla località dove vien prodotto il suono e cioè: dolcissimo
se la corda vien toccata in fondo al manico sopra la tastiera; metallico se toccata invece vicino al ponticel-
lo. Fra questi due estremi vi è una graduazione di tinte che può essere ampiamente sfruttata nella melodia
secondo il proprio gusto musicale. Ad esempio una frase melodica cavata vicino al ponticello e poi ripe-
tuta suonando sopra la tastiera crea sempre un contrasto di nobilissimo effetto.
Questi eflietti variano anche a seconda della forza che viene impiegata nella cavata del suono - dal pia-
nissimo al fortissimo - ed a seconda che le corde vengano toccate con unghia o senza.
Saper distribuire bene e con intelligenza queste diverse tinte è già una grande conquista nel campo del-
1'espressione.
Per quanto riguarda l'impiego dei vari effetti chitarristici od imitazioni di altri strumenti - secondo capo-
saldo del colore - occorre tener presente di non abusare di certe risorse che devono sfruttarsi soltanto
quando la natura del pezzo lo richiede, quali ad esempio la tambora, il rasgueado, il tremolo, l'imitazio-
ne del clavicembalo ecc. mentre l'esecutore potrà largamente fare impiego delle note legate, staccate, accen-
tuate, smorzate, del portamento, del pizzicato, del vibrato - questo soltanto nelle parti cantabili - e dei
suoni armonici; tutte risorse che, se anche non espre3samente indicate nella composizione, possono impie-
garsi con felice esito purché non vi sia eccessiva ricercatezza e l'uso sia sempre consigliato da un sano e
fine gusto musicale.
Nell'esercizio sottoposto l'allievo troverà alcuni di questi capisaldi dell'espress~one alfine di iniziarlo alla
ricerca del colore che dà sempre anima e vita a qualsiasi creazione musicale.
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Eseguire gli studi n. 100 e n. llO del volume citato.
103
LEZIONE 78"
COMBINAZIONE DI EFFETTI DIVERSI
Creare una composizione che sappia accoppiare i vari effetti possibili sulla chitarra è un modo eccellente
per far rifulgere le grandi risorse del nostro istrumento. È inutile dimostrare che dalla fusione di questi
effetti scaturiscano dei giochi sorprendenti di colori di grande interesse per l'ascoltatore. Beninteso occorre
che l'accoppiamento sia di buon gusto e brillante l'esecuzione del pezzo.
L'autore di questo metodo si è adoperato molto in queste ricerche di combinazioni tecniche con risultati
davvero confortanti.
Un buon accoppiamento è quello del canto a sola mano sinistra e dell'accompagnamento in suoni armonici
ottavati realizzati con la sola mano destra. Tale accoppiamento richiede una grande indipendenza nel gioco
delle due mani; cosa utilissima al concertista, ma difficile a conseguire se non si pratica un esercizio gior-
naliero per un lungo periodo di tempo. Cosa questa necessaria anche per vincere le grandi difficoltà che
si presentano al chitarrista.
Altro accoppiamento di grande effetto è quello del tremolo col trillo. Sono evidenti le difficoltà che tale
fusione presenta : il tremolo riesce normalmente forte, mentre il trillo non può per sua natura che riuscire
debole anche ad un grande chitarrista. Pertanto per ottenere un giusto equilibrio bisogna sforzarsi <li ridurre
al minimo l'intensità del suono del tremolo e portare invece al massimo quella del trillo. Esercizio utilis-
simo questo per familiarizzarsi col trillo e per sforzarsi di eseguire il tremolo sottovoce, ma con gran niti-
dezza ed eguaglianza, onde realizzare un conveniente equilibrio nell'intensità dei suoni. Anche in questo
accoppiamento occorre raggiungere l'indipendenza delle mani.
Una combinazione più naturale e più facile è quella del trillo con suoni armonici. Questo accoppiamento
si presta ottimamente nelle composizioni delicate (notturni, serenate, ninne-nanne, pastorali) perché ambe-
due gli effetti si prestano a rendere suoni dolci e suggestivi. Questa fusione di effetti è quindi gradita al-
l'orecchio per la morbidezza dei suoni che ne scaturiscono. Negli esercizi sottoposti l'allievo troverà un
piccolo esempio di tali combinazioni.
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TRILLO E TREMOLO
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104
TRILLO E ARMONICI
LEZIONE 79·
STUDI DI GRANDE AGILITA' PER LA MANO DESTRA
Prima di chiudere il III Corso si ritiene utile aggiungere due lezioni supplementari aventi per oggetto la
trattazione di studi difficili per lo sviluppo della tecnica della mano destra e della mano sinistra. È inu-
tile sottolineare l'importanza di tali studi coi quali l'allievo potrà conseguire quella sicurezza e quella
maest_ria che sono basi indispensabili per eseguire brillantemente anche i più difficili pezzi della letteratura
chitarristica. È però necessario praticare uno studio giornaliero con costanza e grande volontà fino a quando
l'allievo non si senta padrone assoluto della tecnica.
Diamo inizio qui sotto agli studi per la mano destra.
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Eseguire gli studi n. 92 e n. 95 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130300).
LEZIONE so·
STUDI DI GRANDE AGILITA' PER LA MANO SINISTRA
Quanto si è detto per la mano destra vale anche per la mano sinistra perché le difficoltà di questa mano
sono altrettanto ardue quanto quelle della destra.
Quindi anche per questi studi si raccomanda di applicarvisi con tenacia e costanza. Se l'allievo sarà riu-
scito a superare con disinvoltura le difficoltà contenute in queste due ultime lezioni sarà per la sua tecnica
in condizione da poter eseguire qualsiasi pezzo del repertorio chitarristico.
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Eseguire gli studi n. 102 e n. 106 del volume «Raccolta di studi progressivi dei più noti autori» (Ricordi,
130.300).
A completamento degli studi indicati in questi due ultimi corsi si consiglia all'allievo di apprendere i seguenti
pezzi fra quelli elencati al Cap. XVII « La letteratura chitarristica ».
Per il II Corso
CARCASSI: op. 60, studi n. 15 e n. 19.
SoR: op. 32, n. 1, n. 3, n. 5; op. 11, n. 5.
TARRECA: «Lacrima» e « Adelita ».
RoB. DE VISÉE: «Piccola Suite» (Revisione Pujol).
BACH : « Preludio per liuto ».
MILAN: « Pavana », n. 2.
Per il III Corso
SoR: « Andante largo », op. 5; « Andantino », op. 2; «Follie di Spagna», op. 15.
T ARRECA : « Ricordi di Alhamhra »; « Albo rada »; « Capriccio arabo ».
LLOBET : « El Mestre ».
PuJOL: « Paisaje ».
VILLA LoBOS: «Preludio in mi minore».
BAcH-SEGOVIA: « Gavotta ».
MozART-FORTEA: « Andante ».
HAYDN-SEGOVIA: «Minuetto».
MALAT s-TARREGA: « Serenata ».
ALBENIZ-TARRECA: «Granada».
GRANADOS·LLOBET: « Danza », n. 5.
108
Appendice
Appendice
CAPITOLO XVI
CONSIGLI AI SOLISTI
Nel capitolo VIII si sono date alcune norme agli esordienti che iniziano lo studio dello strumento per illumi-
narli sul modo di imparare i primi esercizi o studi. In questo capitolo si esporranno invece alcuni consigli per
il solista che si produce in pubblico concerto. Voglio preporre che il solista che suona in pubblico si espone
a pericoli e inconvenienti non certamente inferiori a quelli di un concertista di altro strumento. Quando si
consideri che con sole sei corde si devono cavare ad un tempo le polifonie del canto e dell'accompagna-
mento e gli effetti più svariati, si può ben comprendere come la chitarra sia tra i più difficili strumenti
da concerto.
Si deve aggiungere a questo l'inconveniente delle corde che, esposte alle variazioni di temperatura, difficil-
mente mantengono l'intonazione; le frequenti spellature o rotture delle medesime (se si adottano corde di
budello) e infine la forza che si richiede in ambo le mani per cavare dallo strumento la massima sonorità
- che non sia a detrimento della purezza di suono - quando l'esecutore si produce in un vasto ambiente.
Tra le varie qualità che il solista deve curare si pone in prima linea quella che riguarda una tecnica
sicura e pulita; sicurezza e nitidezza alla quale non si potrà mai giungere se non con uno studio giorna-
liero e costante di quegli studi, esercizi o scale che mantengono la mano in condizione di poter affrontare
con sicurezza i passi più ardui. Il solista dovrà frequentemente ripetere i pezzi da concerto, particolar-
mente quelli imparati di recente per prendere la confidenza e la sicurezza necessarie. La tecnica però non
basta se non è rivestita di una forma artistica e se manca il senso interpretativo. Quanti avendo raggiunto
una buona tecnica credono di aver raggiunto la meta; e questo purtroppo è un errore assai diffuso.
Il virtuosismo, .se non è proprio vuoto acrobatismo, potrà sempre piacere e qualche volta anche impressio-
nare, ma non potrà mai commuovere. È perciò cosa indispensabile che il solista sappia dar anima e calore
all'esecuzione, sappia comunicare per mezzo della tecnica i propri sentimenti. Pur non essendo possibile che
l'esecutore diventi artista se da natura non ebbe tale dono, sarà però suo compito di estendere la sua
cultura musicale col frequentare concerti e ritrovi musicali, vivendo in una parola nell'ambiente artistico.
In tal modo potrà comprendere i tesori della letteratura musicale e saprà sufficientemente interpretarli;
potrà infine elevare il suo gusto artistico e trasfonderlo nelle sue esecuzioni.
Fra le condizioni accessorie necessarie al solista occupa il primo posto il coraggio di presentarsi in pub-
blico senza timori. Chi è fortemente tormentato dal panico è bene che si astenga dalle esecuzioni in pubblico
perché a nulla valgono gli sforzi per attenuarlo. E' noto che molti grandi concertisti qualche momento prima
del concerto sono costretti a prendere dei calmanti per attenuare il terribile orgasmo da cui sono presi. Gli
inconvenienti che derivano dal panico sono numerosi e talvolta gravi, fra questi il sudore eccessivo, il tre-
mito delle mani e l'amnesia. È utile aggiungere come in tali condizioni sia pericolosissimo affrontare il
pubblico anche con pezzi di mediocre difficoltà.
Se però l'orgasmo è sentito in lieve misura, l'esecutore può rimediare in parte con l'abitudine, presen·
tandosi cioè di frequente in pubblico e avendo l'avvertenza di iniziare sempre con pezzi facili per passare
poi ai più difficili, dei quali si senta però assolutamente sicuro. Il panico non di rado proviene da incom-
pleta padronanza dei pezzi e perciò è buona regola di non presentarsi mai con un programma da poco
imparato. Il sommo Paganini diceva che nel primo anno i pezzi li riservava per sé, nel secondo anno per
gli amici e nel terzo anno per il pubblico.
Altro consiglio per il solista è di non arrischiare esecuzioni troppo difficili. Immensi sono i vantaggi che
risultano dalla scelta di un programma le cui difficoltà siano un poco inferiori alle proprie possibilità tec-
niche: tra questi la maggiore sicurezza, qualità assai apprezzabile, anche perché risparmia al pubblico quel
senso di apprensione che nasce nell'assistere ad una esecuzione arrischiata. Chi vuol fare troppo virtuo-
sismo finisce col trascurare il colore e l'espressione, appunto perché la preoccupazione della tecnica assorbe
tutta l'attenzione dell'esecutore.
Il solista deve anche evitare il comune vizio di stringere i tempi a danno della chiarezza, il che capita
soprattutto quando è preso dal panico o non sa bene a memoria il pezzo musicale. L'esecuzione deve invece
essere calma, corretta ed elegante per mettere in evidenza la purezza del tocco e le risorse dello strumento.
Un altro punto essenziale da osservare è quello che riguarda la memoria musicale.
In questo strumento in cui le difficoltà di certe posizioni richiedono spesso di osservare la tastiera è di grande
utilità la memoria, sempreché essa sia dote naturale e non il risultato di uno sforzo di mente. È innega-
bile che la memoria offre dei grandi vantaggi, ma chi non possiede questo dono è meglio che, senza pre-
111
giudizio dell'estetica, si tenga dinanzi il foglio di musica. Sarà sempre una salvaguardia contro le amnesie.
Il concertista deve anche curare la correttezza nel modo di presentarsi al pubblico e la posizione che deve
mantenere durante il concerto.
Deve inoltre evitare di suonare in ambienti troppo vasti o poco acustici affinché non vadano dispersi certi
suoni delicati dello strumento, quali i suoni armonici, le legature e si possano percepire anche i pianissimi
quando richiesti dal pezzo musicale. Un ultimo avvertimento riguarda la scelta del programma; intendo dire
un programma serio che possa essere ben accolto da uno scelto auditorio.
Non è sempre cosa facile formare un buon programma, anche pel fatto che la letteratura chitarristica non
è estesa quanto quella di altri strumenti per i quali il musicista trova elementi per infinite combinazioni.
Tuttavia nel suo campo più ristretto anche il chitarrista può scegliere bene.
Dovrà dare la preferenza alle composizioni originali attingendo dalle molteplici opere dei nostri classici: Sor,
Aguado, Tarrega, Giuliani, Carulli, Carcassi, Coste, ecc., o dei moderni compositori: Pujol, Fortea, Llobet,
Sainz de la Maza e i modernissimi Ponce, Castelnuovo Tedesco, Torroba, Turina, Villa Lobos, Pedrell,
ecc. Non escludo che si possa accogliere anche qualche trascrizione dando la preferenza a quelle opere
originalmente scritte per liuto o vihuela come vedremo nel capitolo seguente, quindi a quelle tratte da
opere di autori classici e romantici, attingendo dalla preziosa raccolta di trascrizioni che in questo campo
ci ha lasciato il grande maestro Francisco Tarrega e i suoi seguaci Fortea, Pujol, Llobet e Segovia.
Il solista che si presenta per la prima volta in pubblico non si allarmi per i primi eventuali insuccessi
dovuti all'inesperienza su quanto ho qui succintamente esposto. Col tempo e con la propria esperienza potrà
rimediare a tutti i più piccoli inconvenienti. Rifugga sempre dalla falsa idea di voler prodursi con pezzi
di facile effetto che accontentano, è vero, il grosso pubblico, ma vengono poi biasimati dal vero musicista
con critiche spesso severe.
A chiusura di questo capitolo riporterò qualche consiglio del celebre chitarrista spagnolo Francisco Alfonso
deceduto ancora in giovane età. Premetto che Alfonso era della scuola di Emilio Pujol, il quale consigliava
di suonare con i polpastrelli e non con le unghie. Dava poi il seguente consiglio: « Prima di
fare degli esercizi lavatevi bene le mani con dell'acqua caldissima e strofinate la punta delle dita della
mano destra con una pietra pomice. Resterete meravigliati della miglior qualità di suono ». Quindi diceva:
« Non suonate mai dopo un pasto senza esservi in precedenza lavate le mani e non lasciate mai indurire
la punta delle dita della mano destra. Accarezzate la vostra chitarra, non la maltrattate mai. È prendendo
l'abitudine di accarezzarla che giungerete poco a poco a togliere il friggimento delle corde e la· durezza
di suono».
Per quanto riguarda gli esercizi bisogna studiare almeno 2 ore al giorno col seguente programma: un quarto
d'ora di scale, un quarto d'ora d'arpeggi, un quarto d'ora di tremolo, un quarto d'ora di accordi, un'ora
di studi e di pezzi.
« La chitarra » diceva Alfonso « è uno strumento tanto bello che il più modesto degli studi può servire
da pezzo di concerto. In ogni studio c'è un canto. Qualche volta l'allievo non se ne accorge perché non si
sforza di scoprire la melodia, ma se egli cura l'esecuzione scoprirà nello studio, anche il più facile, una
linea melodica che gli darà un incanto dapprima sconosciuto ».
Alfonso suonava gli studi del Carcassi, op. 60, con tale intelligenza, con tale grazia che ogni pezzo sem-
brava trasfigurato. Dal punto di vista delle difficoltà tecniche egli dava la più grande importanza agli eser-
cizi del metodo Aguado e specialmente agli studi di arpeggio.
In ogni suo concerto egli suonava anche qualche studio di arpeggio di Giuliani che sotto le sue dita scin-
tillava di virtuosismo. Alfonso faceva dei lunghi esercizi con la mano sinistra sola; era arrivato ad una
tale sicurezza che, senza l'aiuto della mano destra, faceva vihrare le corde tanto fortemente come se si fosse
servito delle due mani. Eseguiva anche scale col barré fino al 12° tasto: cosa estremamente difficile. Alfonso
insisteva molto sulla posizione classica delle dita quanto su quella della chitarra che deve essere perpen-
dicolare al suolo. L'esecutore, insisteva, non deve vedere che una corda: il mi basso.
Ultima raccomandazione di Alfonso: «Quando siete stanchi non continuate; sarebbe un lavoro più dan-
noso che utile ».
Anche Pujol nel suo metodo sostiene questo punto importante ed inoltre aggiunge: « Si ottengono migliori
risultati suonando un'ora al giorno che non sette ore in un sol giorno della settimana. Suonare poco e
bene è più difficile che suonare molto. Si cerchi di ottenere la massima nitidezza delle note e la più grande
eguaglianza, come pure l'esattezza della misura. Tutte le difficoltà della tecnica possono essere vinte, tutto
dipende dai mezzi impiegati. Si evitino gli sforzi e i movimenti inutili. Insistere sulle difficoltà fino a vin-
cerle con naturalezza. Una volta imparato il pezzo si cerchi di realizzare i colori e le sfumature indicate».
112
CAPITOLO XVII
LA LETTERATURA CHITARRISTICA
In questo ultimo trentennio la letteratura del nostro strumento si è arricchita di un numero imponente di
opere in parte creazioni originali ed in parte opere trascritte da altri strumenti.
Offrire al solista un quadro generale delle migliori opere scritte nel periodo che va dal sec. XVI ai tempi
nostri, affinché egli sappia scegliere fra quelle che più convengono al suo gusto musicale ed alla sua capa-
cità tecnica, è indubbiamente cosa utile e di particolare interesse.
Alcune opere sono state già incluse nel volume Raccolta di studi progressivi dei più noti autori, pubblicato
a parte, e la scelta è caduta su quei pezzi che per il carattere tecnico-didattico meglio si prestavano a com-
plemento delle lezioni. Naturalmente per non aumentare eccessivamente la mole di quel volume si sono
dovuti escludere i pezzi troppo lunghi, seppur di alto livello musicale, e quelli coperti dai diritti di
autore.
Nel quadro che si allega al metodo in fascicolo separato vengono elencate in forma puramente indicativa
quelle opere che si ritengono degne di speciale considerazione. Questo quadro ha un valore puramente sog-
gettivo e limitato alle opere più conosciute attraverso le pubblicazioni dei più noti editori italiani e stra-
nieri. Questo fascicolo potrà essere di quando in quando riveduto e aggiornato per inserire altre opere di
valore successivamente pubblicate o ristampate.
Tutto il materiale è stato diviso in tre categorie: opere originali per chitarra o per liuto, vihuela e stru-
menti affini - trascrizioni di opere classiche o romantiche - composizioni moderne.
Per la prima categoria inoltre, a seconda delle difficoltà che presentano, si sono classificati i pezzi in
I Corso, II Corso e III Corso e ciò affinché il solista, che ha svolto la materia di un corso, non si cimenti
a studiare pezzi di un corso superiore.
Per ogni composizione sarà indicato l'autore o il trascrittore, il numero dell'opera - se esiste - e l'editore.
Ed ora qualche considerazione sulle tre categorie in cui ho voluto distinguere il materiale, cominciando
dalle opere originali.
OPERE ORIGINALI
È giusto dare la precedenza a queste opere che costituiscono l'essenza della letteratura chitarristica. L'opera
originale è creata e ispirata per quel dato strumento, ne sfrutta le risorse e perciò si presta mirabilmente
ad esprimere il pensiero musicale.
Oggi, per la verità, si fanno troppe trascnz10ni che riducono la chitarra in una posizione di inferiorità
rispetto agli altri strumenti. È una lacuna dovuta in parte al fatto che mancano dei grandi compositori e
quindi è scarsa la letteratura originale.
In questi ultimi anni si è dato però un forte impulso alla riesumazione di opere antiche originariamente
scritte per liuto e vihuela: strumenti molto affini alla chitarra. È stata questa una geniale idea perché il
trasporto di tali musiche sulla chitarra non può considerarsi trascrizione nel vero senso della parola. Qui
nulla si toglie alla composizione originale né si modifica perché concepita per uno strumento molto simile
alla chitarra per estensione e per effetti tecnici. Sono quindi da considerarsi opere originali con la sola
differenza che sulla chitarra acquistano nuova vita e colore e ciò per le maggiori risorse di questo strumento.
Perciò si può dire, senza esagerazione, che il fior fiore della nostra letteratura è riposto anche in queste
musiche sorte nel periodo aureo della musica che va dal XVI al WIII secolo.
Il celebre maestro spagnolo Emilio Pujol avendo trovato nelle musiche tratte dalle intavolature delle vere
ricchezze musicali ha dato alla luce una ricca collana di arie e danze antiche di pregevolissimo valore per
la nobiltà della linea melodica e per la purezza dello stile.
A questo gruppo di musiche concepite per liuto o vi huela si ritiene opportuno affiancare un altro gruppo
di opere originalmente scritte per solo violino o violoncello - composte in massima parte da Seb. Bach-,
le quali per la semplicità della costruzione melodica e armonica bene si adattano anche al nostro istru-
mento e ciò anche perché certe possibilità tecniche del violino appartengono pure alla chitarra (legature,
vibrato, pizzicati, flautati, ecc.), sicché la composizione eseguita sul nostro istrumento subisce tenuissime mo-
dificazioni e in certi momenti ne viene avvantaggiata e vivificata. In una parola questi due tipi di trascri-
zioni dal liuto o dal violino bene si affiancano alle musiche originali per chitarra perché trovano nel nostro
strumento le condizioni più adatte per dare al componimento lo stesso calore di sentimento, la stessa purezza
di stile per cui fu concepito.
113
TRASCRIZIONI
Occorre distinguere due tipi di trascnz10ni: quelle derivate da opere originali scritte per un solo stru-
mento - clavicembalo, pianoforte, flauto, ecc. - e quelle concepite per duetto, trio, quartetto o com-
plesso sinfonico.
Senza dubbio le prime sono le più adatte perché non viene alterata la parte essenziale della composizione
e sulla chitarra talvolta acquistano nuova vita, grazie alle particolari risorse del nostro strumento.
Nelle altre trascrizioni bisogna invece procedere con cautela affinché l'adattamento non comporti una meno-
mazione nella bellezza della concezione originale e la ricchezza polifonica non venga troppo sacrificata.
Nell'uno e nell'altro tipo di trascri:zJioni ha dato un grande apporto alla letteratura chitarristica il celebre
maestro Francisco Tarrega, spagnolo. Tutte le sue trascrizioni, specialmente quelle di autori spagnoli,
sono dei veri tesori musicali nei quali la chitarra sfoggia con arte le sue grandi risorse tecniche, sicché il
pezzo musicale trasformandosi in un nuovo capolavoro nulla perde del suo fascino e della sua ricchezza
costruttiva.
A Tarrega hanno fatto seguito molti altri maestri, allievi e continuatori della sua scuola, quali Llobet, Pujol,
Fortea, Segovia, ecc. Tutti ci hanno lasciato una ricca collana di ottime trascrizioni di opere classiche e
romantiche che hanno ben arricchito la letteratura del nostro strumento.
Il solista è bene che conosca questa ricchezza musicale, però non si faccia troppo trasportare da questo
genere di musica fino ad escludere quasi dai suoi programmi i capolavori originali.
Darebbe in tal modo all'uditorio l'impressione che la chitarra difetti di una seria e propria letteratura originale.
Nell'elenco che espongo di questi capolavori il solista attingerà a seconda del suo gusto musicale.
OPERE MODERNE
Il nuovo orientamento che ha avuto la musica in questo secolo ha dato un nuovo indirizzo anche alla lette-
ratura chitarristica per opera di musicisti contemporanei in gran parte non perfetti conoscitori delle risorse
del nostro strumento.
Per gli autori che sono a un tempo musicisti e chitarristi l'apporto di musica moderna è stato soddisfa-
cente; un poco meno negli altri compositori per il mancato sfruttamento deHe molteplici possibilità della
chitarra. Comunque merita un particolare riconoscimento il fatto che insigni musicisti abbiano dedicato al
nostro strumento pagine di indiscutibile valore musicale.
Nel fascicolo annesso al metodo il chitarrista vedrà elencate qualcuna di queste opere degne di particolare
attenzione per il loro valore artistico. Sarebbe bene che il solista, per le ragioni sopra esposte, desse la
precedenza alle opere composte da musicisti chitarristi.
È doveroso precisare che, date le numerose difficoltà contenute in queste moderne composizioni, s1 riten-
gono tutte consigliabili soltanto a coloro che avranno già ultimato il III Corso di questo metodo.
114
MUSICHE FACILI 132055
JEAN BAPTISTE BESARD
SCELTA DI BRANI SCRITII PER LIUTO (E. E G. MARGARIA)
1• FASCICOLO (FACILE)
CESARE NEGRI
132075 8 BALLETII (BALESTRA)
H. NEUSIDLER . A. LE ROV
ARIE E DANZE DEL RINASCIMENTO (TONAZZI)
131989 1° FASCICOLO (FACILE)
131990 2• FASCICOLO (MEDIA DIFFICOLTA)
DOMENICO SCARLATTI
SY.2220 SCELTA DI SONATE TRASCRITTE
PER CHITARRA (H . TEUCHERT)
BRUNO TONAZZI
132201 I PRIMI PASSI DEL DUO CHITARRISTICO. ANTOLOGIA DI PEZZI FACILI PER 2
CHITARRE. FASCICOLO I (FACILISSIMO)
132202 - FASCICOLO Il (FACILE)
GERMANO CAVAZZOLI
132160 LA PRIMA POSIZIONE. 15 PEZZI FACILI
VINCENZO DEGNI
132053 BREVI MELODIE PER PICCOLE MANI. FASCICOLO I
132258 - FASCICOLO Il
VICTOR DE LISA
132130 IN VACANZA. PEZZI FACILISSIMI IN ORDINE PROGRESSIVO PER CHITARRA
JIRI KNOBLOCH
SY.2233 DUETII FACILI PER CHITARRA
FRANCO MARGOLA
132070 8 PEZZI FACILI (CABASSI)
MIRA PRATESI
131980 ARIE E DANZE NUOVE (MINELLA)
132191 • CANZUNCELLE NAPOLETANE• DEL '700 e '800 PER 2 O 3 CHITARRE E PERCUS-
SIONI (PADOVANI)
132226 BALLATELLE
(DALLA COLLANA• MUSICA INSIEME•)
AUTORI VARI
132331 PEZZI CELEBRI. TRASCRIZIONI FACILI (MARAZZA)
132316 - CELEBRI MINUETII E GAVOTTE. TRASCRIZIONI FACILI (MARAZZA)
132235 - CELEBRI COMPOSIZIONI CLASSICHE. TRASCRIZIONI
DI MUSICA CA RULLI
ER 2740 24 PRELUDI (HALESTRA)
PER CHITARRA
GIULIANI
132096 CHOIX DE MES FLEURS CHERIES OP. 46 (CAVAZZOLI)
131999 FUGHETTA OP. 113 (CAVAZZOLI)
132063 18 LEZIONI PROGRESSIVE OP. 51 (CAVAZZOLI)
132092 LE PAPILLON - I FASCICOLO (CAVAZZOLI)
132093 - Il FASCICOLO
132094 - lii FASCICOLO
132095 TRE TEMI FAVORITI (CAVAZZOLI)
132238 TROIS SONATES BRILLANTES OP. 96 (CAVAZZOU)
ALDO MINELLA
ER 2745 LA MODERNA TECNICA DEL SUONO APPOGGIATO E DELLE SCALE
RICORDI
.... -
I .....
Edizioni per chitarra
129349 ABLONIZ. 2 Ariette antiche. Scarlatti A.: Sento nel core • 129290 CHOPIN. Preludio, op. 24 n. 4 (Terzi)
Caldara: Selve amiche 129292 CunmvsJU. Mazurca (Terzi)
129877 Buleria ptana 129390 DE FALLA. Omaggia, per u Le tombeau de Debussy 11 (Llobet)
130053 Chorinlw 129953 FAMPAS. Danza greca n. 1. Karaguna
1300fi6 Cowboy melody, based on u Colorado trail 11 129745 FABRAUTO. Gavotta
129650 Giga 129-746 Impressioni tirolesi. Mazurca
130054 Guitar serenade 129747 Malinconia. Barcarola
129346 Improvvisazione, omaggio a Villa-Lobos 129744 Minuetto
129748 Rintocchi di campane. Studio
129876 Partita in mi
129749 Tema variato
129648 4 Pezzi ricreativi e di utilità tecnica nello stile polifonico
129158 FERRACIN. Habanera
129348 3 Piccoli pezzi antichi. Purcell: Aria • Clarke: Minuetto • 129157 Intermezzo
Stanley: Invenzione
Polo . 129283 GALILEI (?). Gagliarda (Terzi)
130058
E.R. 2688 GANGI. Metodo, prima parte
129649 4 Preludi
129653 HAENDEL. Aria, dall'opera Ottone (Ablciniz)
130276 2 Ricercari moderni 129654 Sarabanda con varianoni dalla XI Suite (Ablciniz)
129345 1O Studi melodici 130056 HAYDN. Minuetto, op. 2 n. 2 (Ablciniz)
129651 Tango andalu: 129400 LUPO. 6 Composizioni facili
130277 Tres ptanerìas 129687 MILlAREliSIS. 2 Dan::e greche. Danza di Zalongo •
129878 Valsette e Marcetta Danza di Kalamata
130398 ALBENIZ. Pavana-capricho (Ablciniz) 130057 MENDELSSOHN. Barcarola veneziana, op. 19 n. 6 (Ablciniz)
129287 MOZART. Minuetto (Terzi)
130201 ANZAGHI. Album Ricordi. 30 Pezzi celebri di Autori diversi
E.R. 2607 MUNIER. Scuola della chitarra, op. 137. Pratica d'accom-
130034 Antologia. Voi. I pagnamento (Di Ponio)
130035 - Voi. II 1 NAVA. Le Stagioni dell'anno in 4 Sonate
130375 - Voi. III 130354 PETRA!OSI. Suoni notturni (Ablciniz)
129926 La Chitarra d'accompagnamento. Metodo lampo anche per E.R.2654 PUJOL. Metodo razionale. Voi. I e II (Terzi)
chi non conosce la musica 129655 RAMEAU. 6 Minuetti (Ablciniz)
129461 Il Chitarrista virtuoso 129284 RoNCALLI. Preludio, sarabanda e giga (Terzi)
130202 24 Eserci:i di tecnica pornaliera 129289 SCHUBERT. l\lomento musicale (Terzi)
129638 50 Eserci:i di tecnica 130059 SCHUMANN. 4 Fogli d'album (Ablciniz)
129374 Metodo completo teorico-pratico 104804 SINI. Nuovo metodo tl!orico-pratico
130036 Scale semplici, a terze, a seste e a ottave 130299 TERZI. Il chitarriata autodidatta. Metodo completo
129839 AUTORI DIVERSI. 20 Pezzi celebri (Farrauto) 129291 WtENIAWSKI. Kuyawiak. Mazurca (Terzi)
R.R.R. 1 ZUCCHERI. Metodo per chitarra a plettro
129860 Antologia di Autori contemporanei. Composizioni di: G.
Auric • M. Camargo Guarnieri • G. F. Ghedini • G. 130300 Raccolta di studi progressivi dei più noti autori
F. Malipiero • G. Petrassi • F. Poulenc • J. Rodri-
go • H. Sauguet • C. Surinach. (Ablciniz)
130279 20 Pezzi dei secoli XVI, XVII, XVIII, tratti dalla lette-
129884
ratura del liuto, virginale e clavicembalo (Ablciniz)
Piccola antologia chitarristi ca. 12 Pezzi ( Ablciniz)
2 chitarre
129779 AzPIAZU. Il Piccolo chitarrista. Lezioni piacevoli anche per 1!!9925 ANZAGHI. Sull'aia e Madrilena (3• chitarra ad libitum)
·coloro che non conoscono la musica 130138 Piccola ma::urca e Tenta::ione. Tango
130278 BACH J. S. Album di 10 pe:n, per la formazione musicale 130126 Tempi lontani e Primi pasai. Valzer • Ritmo moderato
e tecnica del chitarrista ( Ablciniz) 129350 BACH J. S. Preludio n. 1, dal Cla\•icembalo ben temperalo
129347 2 BourréeJ, dalla OuH•rture francese e Marcia dal libro (Ablciniz)
di Anna Magdalena Bach (Ablciniz) 130055 Preludio n. 1, dai 6 Piccoli preludi (Ablciniz)
129879 Fuga, dalla l' Sonata per violino (Ablciniz) 1!!9750 FARRAUTO. Morenita do Bra::il. Samba brazileira
129882 2 Gavotte, dalla 5• Suite per violoncello (Ablciniz) 129i51 Sentimento. Tango
130721 Komm, siisser Tod tGiordano) 1!!9351 VIVALDI. Aria del vagante, dall'Oralo rio Juditha Triumphnns
0
129285 Preludio e saraba11d11 (Terzi) (Abloniz)
129880 Sarabanda e double • Bourrée e double. dalla 1• Partita
per violino ( Ablciniz)
129288 BEETHOVEN. Sonatina (Terzi)
129652 Tema e Varia::ioni, dal Settimino tAbloniz) canto e chitarra
129286 BoccHERINI, Minuetto (Terzi)
129883 DURANTE. Danza, danza. Gagliarda (Ahlciniz)
E.R.2474 CARULLI. Metodo completo, riveduio e completato
da B. Terzi (ital.-franc.) 129352 SCARLATTI A. Sento 11el core (Ablciniz)
E.R. 24 71 - Parte I
E.R. 2472 - Parte II
E.R. 2473 - Parte III
124346 CASTELNUOVO-TEDESCO. A.ranci in fiore (Segovia)
violino e chitarra
124371 Capriccio diabolico, omaggio a Paganini (Segovia) 543 PAGANINI. 6 Sonate, op. 3, composte e dedicata alla ragazza
124372 Tarantella (Segovia) • Eleonora
.
mm I 1302991
Tio. LIL • L Monb CtwnOnll St.lmpato tn ltaha - Pnnt•d 1n ltalt • lmpnm6 itn ltaha