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DIRITTO per EDUCAZIONE CIVICA

Sintesi del breve percorso 2021/2022


(prof. Francesco Scarpa)
I
LE BASI DEL DIRITTO
ALCUNI MOMENTI IMPORTANTI DEL’EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO
I primi uomini hanno capito ben presto che i sentimenti e gli interessi li legavano agli altri, perciò
hanno superato la condizione di isolamento (STATO DI NATURA) e si sono organizzati in gruppi
per raggiungere fini comuni. Così hanno avuto origine le prime ORGANIZZAZIONI SOCIALI
(SOCIETA’).
Allora, come anche oggi, si è poi avvertito il bisogno di stabilire delle REGOLE DI CONVIVENZA:
LE NORME. Inizialmente si trattava di un DIRITTO CONSUETUDINARIO basato esclusivamente
sulla tradizione orale. Nell’antichità si poté poi assistere ad una evoluzione del diritto: il compito di
formulare e applicare le regole venne infatti affidato all’autorità suprema cui i membri del popolo
erano asserviti.
La raccolta più antica di norme scritte è rappresentata dal CODICE DI HAMMURABI (XVIII secolo
a.c.), che contiene già norme di diritto civile, pubblico e penale (nella sua forma primitiva data dalla
“legge del taglione”), applicate con ogni probabilità in tutto l’antico oriente.
Un altro momento fondamentale è dato dal diritto presso i Romani: in particolare nel corso V secolo
a.c. la prima raccolta di leggi del diritto romano, rappresentata dalle XII TAVOLE (anche se
tramandate da autori di epoca più tarda perché andate distrutte); ma soprattutto la raccolta normativa
più rilevante del mondo romano fu il CORPUS IURIS CIVILIS, redatto nel VI secolo d.c. per volere
dell’imperatore Giustiniano, i cui contenuti per molti versi sono ancora alla base del diritto attuale.
In epoca moderna, a partire dal secolo XVIII, vi è stata una vasta opera di codificazione, cioè di
raccolta delle norme scritte su appositi libri, denominati codici. In particolare va ricordato il CODICE
CIVILE NAPOLEONICO del 1804, a cui si ispirò decisamente il primo CODICE CIVILE
ITALIANO del 1865, poi sostituito da quello emanato nel 1942, ancora oggi in vigore.
Un altro momento significativo fu dato dalle conquiste di libertà e cittadinanza ottenute a seguito
della Rivoluzione Francese (1789) che diede origine alla stagione prima delle COSTITUZIONI
LIBERALI e poi delle COSTITUZIONI DEMOCRATICHE.
In ogni epoca, quindi, vi è stato bisogno di regole e si può dire che dove c’è società c’è il diritto (“Ubi
societas, ibi ius”).

NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE


Vivere in una società significa muoversi in mezzo ad una serie di regole di condotta il cui numero è
tanto più elevato quanto più la società stessa è complessa. Tra le NORME SOCIALI alcune mirano
ad instaurare nella società l’ordine giuridico, si tratta delle NORME GURIDICHE.
Le norme giuridiche si distinguono dalle altre norme sociali per determinati caratteri specifici, tra cui
l’OBBLIGATORIETA’ e la COATTIVITA’: una norma è obbligatoria in quanto tutti sono tenuti ad
osservarla, ed è coattiva perché se non viene rispettata può essere imposta con la forza da parte
dell’autorità applicando la sanzione.
Le norme giuridiche sono anche: GENERALI (si rivolgono alla generalità degli individui),
ASTRATTE (perché ipotizzano un evento astratto) e RELATIVE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO
(riguardano un certo territorio; entrano in vigore e si estinguono).

FONTI DI PRODUZIONE E FONTI COGNIZIONE


Le norme scritte sono emanate da appositi organi ai quali è riconosciuto il potere di produrle (FONTI
DI PRODUZIONE): varie sono le tipologie di fonti normative, e tra queste la legge è quella più
conosciuta. Va detto che, anche se in via sempre più residuale, esistono anche norme non scritte: le
consuetudini (dei comportamenti di fatto seguiti nella convinzione di obbedire a norme giuridiche).
Le norme, una volta emanate, sono rese note mediante appositi documenti ai consociati affinché
possano osservarle. Questi documenti (in particolare la GAZZETTA UFFICIALE DELLA
REPUBBLICA ITALIANA, ma anche i Bollettini Ufficiali Regionali per le leggi regionali e la
Gazzetta Ufficiale Europea per i regolamenti comunitari) sono definiti FONTI DI COGNIZIONE.

LA GERARCHIA DELLE FONTI


II
DALLO STATUTO ALBERTINO
ALLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA OGGI IN VIGORE
LA NASCITA DEL REGNO D’ITALIA
Nel 1815, conclusosi il dominio napoleonico, l’Italia si trova ancora divisa in tanti Stati sottoposti
prevalentemente al dominio austriaco. Tra il 1820 e il 1844 si verificano numerose sommosse che
contribuiscono a diffondere nella Penisola gli ideali di libertà (derivanti principalmente dalla
Rivoluzione Francese -1789) e di unità.
Una opinione pubblica sempre più movimentata preme sul Re di Sardegna Carlo Alberto, che aveva
appena concesso ai suoi sudditi una costituzione -lo Statuto Albertino (1848) appunto- affinché si
metta alla testa del movimento unitario e indipendentista e dichiari guerra all’Austria. Con il Regno
di Sardegna quale “Stato guida” si svolgono la Prima guerra di indipendenza (1848) che però si
conclude con una sconfitta e la -invece vittoriosa- Seconda guerra di indipendenza (1860) che vede
l’annessione della Lombardia e di altri territori, alcuni mediante spontanee adesioni (nell’Italia
centrale) ed altri nel sud della penisola grazie alla spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi.
Il 17 marzo 1861 nasce ufficialmente il Regno d’Italia e, nonostante manchino ancora Roma, il
Veneto, il Trentino e il Friuli-Venezia Giulia, l’unità è comunque raggiunta. Il primo re è Vittorio
Emanuele di Savoia, che mantiene però la denominazione di “secondo” per ribadire che il “nuovo
Stato” è, a suo giudizio, il risultato dell’ampliamento del vecchio Regno di Sardegna. Questo spiega
la cosiddetta “piemontesizzazione”, cioè l’estensione a tutto il territorio nazionale
dell’organizzazione e delle leggi del Regno sabaudo.
LO STATUTO ALBERTINO
Per le stesse ragioni venne mantenuto alla base dell’ordinamento del Regno d’Italia lo Statuto
Albertino, il testo costituzionale concesso da Carlo Alberto ai sudditi del Regno di Sardegna.
Quanto alle sue CARATTERISTICHE lo Statuto era una costituzione per l’appunto CONCESSA (o,
detto diversamente, “ottriata”), BREVE in quanto composta di poche disposizioni generali di tipo
liberale e volte all’organizzazione del potere, e FLESSIBILE in quanto per la sua modifica non era
richiesta una procedura particolare od aggravata ma era sufficiente l’approvazione di una legge
ordinaria.
L’Italia in questo periodo è uno Stato liberale-elitario in quanto vengono garantiti alcuni diritti ed
applicati certi criteri liberisti in economia, tuttavia il diritto di voto è riconosciuto in base al censo ed
il potere rimane comunque nelle mani di pochi. Solo nel 1912 viene esteso il diritto di voto a tutti i
cittadini maschi e vengono riconosciuti alcuni diritti sociali e cominciano ad affacciarsi i partiti
politici di massa, in un lento percorso democratico.
Nel 1922 vi è l’avvento del partito fascista al potere che interrompe il percorso democratico e rende
l’Italia uno Stato totalitario che, allo scoppio della seconda guerra mondiale, si schiererà al fianco
della Germania nazista e verrà sconfitto (fine del regime fascista nel 1943 e della guerra nel 1945).
Va detto che, dal punto di vista giuridico, la presa del potere da parte del partito fascista è stata favorita
dalla “debolezza” dello Statuto Albertino che, come visto, era una Costituzione flessibile e dunque
modificabile con legge ordinaria, ciò che è avvenuto con le “leggi fascistissime” che hanno
modificato l’organizzazione istituzionale ed amministrativa in senso dittatoriale arrivando, poi, anche
all’approvazione delle “leggi razziali”.
LA NASCITA DELLA REPUBBLICA
Dopo la liberazione dal Regime fascista si debbono decidere le sorti dello Stato, innanzitutto sul piano
istituzionale. Il 2 GIUGNO 1946 si tiene pertanto il REFERENDUM ISTITUZIONALE e,
contemporaneamente, vengono eletti i membri dell’ASSEMBLEA COSTITUENTE, il cui compito
era quello di scrivere la nuova Costituzione.
I risultati del referendum sono favorevoli alla REPUBBLICA (votano l’89% degli aventi diritto, di
cui il 54,27% per la Repubblica ed il 45,73% per la Monarchia) ed il re Umberto II, appena salito al
trono, deve lasciare l’Italia.
Il 29 GIUGNO 1946 l’Assemblea Costituente elegge il capo provvisorio dello Stato (l’onorevole
Enrico De Nicola): L’ITALIA DIVENTA UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA.
Le elezioni del 2 giugno sono particolarmente importanti anche per altri aspetti: sono partecipate con
grande entusiasmo trattandosi del primo voto libero dopo vent’anni di dittatura e sono le prime
elezioni a SUFFRAGIO UNIVERSALE, in quanto il diritto di voto viene esteso anche alle donne.
LE CARATTERISTICHE DELLA COSTITUZIONE
L’Assemblea Costituente è composta da 556 membri -di cui 75 facenti parte della Commissione che
ha provveduto alla stesura in concreto del testo- i quali erano appartenenti ai principali partiti
dell’epoca: i partiti di massa quali la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista ed il Partito
Socialista numericamente prevalenti, e da altri partiti meno rappresentati quali il Partito
Repubblicano, il Partito Liberale ed il Partito d’Azione. L’Assemblea Costituente porta in Parlamento
la nuova Costituzione che viene approvata il 22 dicembre 1947, viene promulgata e subito pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 1947, ed ENTRA IN VIGORE IL 1 GENNAIO 1948.
La Costituzione ha le seguenti CARATTERISTICHE: è VOTATA dai rappresentanti dei cittadini e
quindi democratica, è LUNGA in quanto composta di 139 articoli piuttosto “densi” di contenuti più
le disposizioni transitorie e finali, ed è RIGIDA in quanto può essere modificata solo con Legge
Costituzionale che per essere approvata richiede un complesso ed articolato procedimento che
prevede in particolare maggioranze parlamentari qualificate (per evitare le possibili conseguenze di
una Costituzione elastica e “debole” come avvenne con lo Statuto Albertino).
Inoltre la Costituzione è COMPROMISSORIA, perché è il risultato di nobili compromessi tra le forze
politiche -in particolare i “partiti di massa” DC, PCI e PSI numericamente prevalenti- presenti
nell’assemblea costituente, basati su reciproche rinunce e riconoscimenti delle idee presentate, in un
clima di fiducia diffusa.
La Costituzione è anche PROGRAMMATICA in quanto contenente una “visione” di società da
sviluppare e capace di indicare i fondamenti e principi sui quali basare la legislazione ordinaria di lì
in avanti. In questo senso varie sono state LE FASI DI ATTUAZIONE della Costituzione che, si
potrebbe dire, continuano fino ad oggi. A titolo esemplificativo vale la pena citare: la Riforma agraria
e l’introduzione della Cassa per il mezzogiorno (anni ’50); le Riforme scolastiche (anni ’60 e
successivi); l’introduzione delle Regioni e lo Statuto dei lavoratori (1970), la Riforma del diritto di
famiglia (1975), la Riforma sanitaria (1978); il “Nuovo Concordato” con la Chiesa Cattolica (1984);
la Riforma della Pubblica Amministrazione (anni ’90) e, infine, la Legge Costituzionale n.3/2001 di
Riforma del Titolo V della Seconda parte della Costituzione in senso “federalista”, con attribuzione
di maggiori poteri alle Regioni.
Quindi si può parlare di COSTITUZIONE FORMALE (i contenuti del testo) e COSTITUZIONE
MATERIALE (la sua concreta attuazione) come da definizione del Costituzionalista Costantino
Mortati espressa per sottolineare “il rilievo che ha, per la vitalità di qualsiasi Costituzione, l’esistenza
di forze sociali che ne sostengano e ne attuino i valori”.
LA STRUTTURA DELLA COSTITUZIONE

III
LA COSTITUZIONE ITALIANA: I PRINCIPI GENERALI (articoli 1-12)

ART. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Contiene il principio DEMOCRATICO, dal greco demos=popolo e kratos=potere e quindi potere al popolo o
potere del popolo, che lo esercita principalmente attraverso il diritto di voto, dando luogo in concreto a quella
che viene definita “democrazia rappresentativa” perché gli eletti esercitano la sovranità in nome e per conto
del popolo (come ulteriormente rinvenibile nei successivi artt.48-52). Vi è immediatamente anche il principio
LAVORISTA (poi anche nell’art.4 e più diffusamente negli artt.36-40). Entrambi questi principi sono da
considerarsi fondativi per la carta costituzionale.
ART. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
In quanto considerati preesistenti alla Costituzione stessa vi è il “riconoscimento” dei diritti inviolabili
dell’uomo. Nell’art. 2 vi è quindi il principio PERSONALISTA la cui esplicazione deve poter avvenire per
tutti sia in quanto singoli che nelle formazioni sociali (come poi negli artt.13,16,21 tra gli altri) ed il principio
SOLIDARISTA (vedi ad esempio poi gli artt.38 per la solidarietà sociale e l’art.53 per quella economica, che
prevede l’importante dovere civico di pagare i tributi secondo i criteri di capacità contributiva e progressività).
Da sottolineare anche il riferimento alla parola “diritti” nella prima parte del testo e alla parola “doveri” nella
seconda parte, concetti di pari importanza per la definizione di cittadino secondo il testo costituzionale.

ART. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
Riguarda il principio di uguaglianza. In particolare la prima parte riguarda l’UGUAGLIANZA FORMALE (la
“pari dignità sociale” e l’uguaglianza “davanti alla legge”, come sta anche scritto nelle aule di giustizia con la
frase “La legge è uguale per tutti”) che consiste essenzialmente nel divieto di discriminazioni: due o più
soggetti in situazioni uguali non possono ricevere un trattamento differente. La seconda parte dell’articolo
riguarda invece l’UGUAGLIANZA SOSTANZIALE (“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli..”)
e consiste nell’ “impegno” assunto dalla Repubblica affinché tutti possano avere le stesse opportunità.
E’ interessante osservare, a questo punto, come i primi 3 articoli della Costituzione richiamino i principi della
Rivoluzione Francese: Liberté (art.1) Fraternité (art.2) Egalité (art.3).

ART. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.
Si riferisce ancora al principio LAVORISTICO. Nuovamente vi è un riferimento alla parola “diritto” nella
prima parte del testo e alla parola “dovere” nella seconda parte ma, è bene sottolinearlo, “il diritto al lavoro…”
non può intendersi come diritto soggettivo perfetto (quali ad esempio il diritto di proprietà, il diritto di credito
ecc…) ma è da leggersi come il diritto a che la Repubblica faccia tutto quanto possibile per garantire l’accesso
al lavoro, ed allo stesso modo il “dovere di svolgere…” non va inteso come obbligo giuridico (come nel caso
del rispetto delle norme) ma come dovere morale.

ART. 5. La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî
ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
Contiene il principio dell’UNITA’ ED INDIVISIBILITA’ dello Stato (“La Repubblica, una e indivisibile,…”)
e del -solo in apparenza contrapposto ma in realtà complementare- principio dell’AUTONOMIA
TERRITORIALE E DEL DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO. In attuazione di quest’ultimo principio
vi è stata l’istituzione delle Regioni (1970) e di altri Enti Pubblici territoriali quali Province, Città
Metropolitane e Comuni. In particolare con la Legge Costituzionale n.3 del 2001 (che ha modificato il Titolo
V della Seconda parte della Costituzione) si è ampliata l’autonomia normativa ed amministrativa delle Regioni
con una nuova disciplina che ha comportato, e continua tutt’oggi a comportare, alcune difficoltà di
coordinamento e talvolta conflitti istituzionali tra lo Stato e le Regioni (vedi, ad esempio, le problematiche
sorte per la gestione sanitaria dell’emergenza Covid-19).

ART. 6. La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.


Inserito nei principi generali per ragioni storiche e politico-territoriali, riguarda la tutela delle minoranze
linguistiche ed ha dato luogo al fenomeno del bilinguismo (ad esempio nella regione del Trentino Alto Adige
od in Val d’Aosta).

ART. 7. Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I
loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due
parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Riguarda il principio di INDIPENDENZA RECIPROCA TRA LO STATO ITALIANO E LA CHIESA
CATTOLICA. La Costituzione acquisisce formalmente i “Patti Lateranensi” firmati nel 1929 dal Governo
Italiano (guidato allora da Benito Mussolini) e lo Stato del Vaticano, stabilendo che tali accordi possano essere
modificati in accordo tra le parti senza “procedimento di revisione costituzionale”, come in effetti è avvenuto
con la “Revisione dei patti” tra Stato e Chiesa del 1984.

ART. 8. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni
religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto
non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per
legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Sancisce la LIBERTA’ DI RELIGIONE, con il solo limite del rispetto dell’ordinamento giuridico italiano (e
purché non si tratti di riti contrari al buon costume, come precisato nel successivo art.19, anch’esso in materia
di garanzia della libertà religiosa).

ART. 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela
il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La
legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali (MODIFICA INTRODOTTA CON
LEGGE COSTITUZIONALE 11 FEBBRAIO 2022, N.1).
Una sempre più crescente sensibilità sociale su questi temi ha trovato già da molto tempo nell’art.9 della
Costituzione, recentemente integrato come sopra evidenziato, il punto di partenza per una produzione
normativa più incisiva in materia ambientale, tra cui può essere utile ricordare qui il Codice dei beni culturali
ed ambientali del 2004 e la Legge n.68 del 2015 che ha precisato i contorni precisi di alcuni “ecoreati”, cioè
la punibilità in campo penale di alcune gravi condotte particolarmente inquinanti, lesive del territorio o
dell’ambiente in genere.
ART. 10. L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo
paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha
diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è
ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Evidenzia il principio INTERNAZIONALISTA dello Stato Italiano unitamente al seguente art.11. L’art.10 si
occupa in particolare della condizione degli STRANIERI, regolata in conformità delle norme e dei trattati
internazionali (ad esempio va ricordato come l’adesione dell’Italia ai trattati dell’Unione Europea comporti la
distinzione tra soggetti comunitari e soggetti extracomunitari, in particolare quanto alla libera circolazione nel
territorio nazionale). A maggiore tutela dello straniero, inoltre, sono previsti il diritto d’asilo (a determinate
condizioni) ed il divieto di estradizione per reati politici, proprio perché il nostro ordinamento prevede una
concreta attenzione a tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, come condivisi nei trattati di diritto
internazionale, laddove non vengano in concreto garantiti dal paese di provenienza.

ART. 11. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri
Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia
fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Anche qui è evidenziato il principio INTERNAZIONALISTA della Costituzione italiana. In particolare
l’art.11 contiene il principio pacifista del RIPUDIO DELLA GUERRA: solo in caso di difesa del proprio
territorio da attacchi nemici la guerra diventerebbe lecita. Inoltre è contenuto il principio della accettazione
delle LIMITAZIONI DI SOVRANITA’ NECESSARIE per aderire alle organizzazioni internazionali che
assicurino la pace e la giustizia tra le nazioni: l’attuazione di questo principio è reso particolarmente evidente
nel caso delle cosiddette “missioni di pace” dell’ONU alle quali l’Italia è chiamata necessariamente a
partecipare sulla base degli accordi internazionali (che, proprio per questo principio internazionalista,
giustificano “l’affievolimento” del principio del ripudio dell’intervento armato) o, per altro verso, nella
adesione dell’Italia all’Europa Unita, laddove si sa che quest’ultima ha la possibilità di emanare “Regolamenti
Europei” immediatamente efficaci nel nostro territorio. A tal proposito l’emergere di posizioni politiche dette
“sovraniste” hanno recentemente aperto un dibattito su quale sia il giusto equilibrio tra il rispetto della
sovranità nazionale e viceversa una sua sempre più ampia limitazione a favore dell’Unione Europea.

ART. 12. La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande
verticali di eguali dimensioni.
Il tricolore fu adottato dalla Repubblica Cispadana a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, in seguito
divenne il simbolo dei moti liberali per le guerre di indipendenza. Divenuta bandiera del Regno
d’Italia, è stata mantenuta anche dall’Italia Repubblicana, che ha eliminato solo lo stemma centrale
di casa Savoia, uno scudo bianco in campo rosso. Tutti gli Stati hanno una bandiera, che costituisce
il simbolo più importante dello Stato stesso.

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