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ossessiva e la brama per l’oggetto dolorosa fino a sconvolgere lo spirito del
discepolo.
La mediazione interna
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Vanità e gelosia
“Perché un vanitoso desideri un oggetto, basta convincerlo che tale oggetto è già
desiderato da un terzo al quale si annetta un certo prestigio.” 1
In Stendhal il mediatore è sceso in terra; non può fare la parte del modello senza
contemporaneamente fare, o sembrare di fare, la parte di ostacolo; Girard definisce “
mediazione interna” questa nuova relazione tra discepolo e modello in cui la distanza
è abbastanza ridotta perchè le due sfere esistenziali si compenetrino più o meno
profondamente.
“In amore, il nostro fortunato rivale, vale a dire il nostro nemico, è un benefattore. A
un essere che stimolava in noi solo un’insignificante desiderio fisico egli attribuisce
un valore immenso ma che noi confondiamo con lui. Se non avessimo rivali, se non
credessimo di averne… Poiché non è necessario che esistano realmente.” 2
Snobismo e risentimento
“In Dostoevskij l’odio, troppo intenso, finisce col “divampare”, rivelando la doppia
natura o, meglio, la duplice parte di modello e di ostacolo sostenuta dal mediatore.
Questo odio che adora, questo venerazione che trascina nel fango e perfino nel
sangue, è la forma parossistica generata dalla mediazione interna… I suoi sentimenti
sono così violenti che l’eroe non è più in grado di dominarli.” 4
Dostoevskij, per Girard, con una geniale intuizione, pone in primo piano il
“mediatore” e respinge l’oggetto sullo sfondo.
Per Girard all’origine del bovarismo come della frenesia dostoevskijana vi è la
mancata attuazione di un proposito di autodivinizzazione più o meno cosciente; la
3
PROUST, cit. da Girard, ibid, p. 30
4
R. GIRARD, Menzogna romantica e verità romanzesca, p. 39
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fede a questa promessa fallace di autonomia metafisica trascina l’uomo nell’inferno
dei posseduti in cui ognuno si crede “solo all’inferno”.
“ A mano a mano che il mediatore si avvicina, l’unità si frantuma in molteplicità. Si
passa gradatamente dal mediatore solitario, atemporale e favoloso di Don Chisciotte
alle folle dostoevskijane. I cinque o sei “modelli” spartiti, a detta di Stendhal, dalla
buona società del suo tempo e i molteplici Io proustiani sono le tappe di questo
cammino in discesa. Il demone dei posseduti è legione e si rifugia in un branco di
porci. L’atomizzazione della personalità è il termine della mediazione interna… E’
appunto nella mediazione interna che si trova la verità profonda del moderno.” 5
Democrazia e desiderio
“La democrazia è una vasta corte borghese i cui cortigiani sono dovunque e il
monarca in nessun luogo”dice Girard, commentando l’analisi stendhaliana del noir,
tipico laboratorio della nascente modernità borghese in Occidente, e ponendo un
parallelo con Stendhal gli avvertimenti e le inquietudini di Tocqueville circa i rischi
della nascente democrazia. Nel noir stendhaliano la concorrenza con il borghese più
agiato è imitazione e l’imitazione si fa subito concorrenza.
“Quando tutte le prerogative di nascita e di ricchezza sono distrutte, quando tutte le
professioni sono aperte a tutti, e si può giungere da soli all’apice di ciascuna di esse,
una carriera immensa e facile sembra aprirsi davanti all’ambizione degli uomini, ed
essi si immaginano di essere chiamati a compiere grandi cose. Ma l’esperienza
quotidiana si incarica di correggere questo modo erroneo di giudicare. La stessa
uguaglianza che permette a ogni cittadino di concepire grandi speranze, rende tutti i
cittadini deboli individualmente… Hanno distrutto gli irritanti privilegi di alcuni dei
loro simili; incontrano la concorrenza di tutti. Il limite ha cambiato forma anziché
posto…. La costante opposizione che regna fra gli istinti che l’uguaglianza genera e
i mezzi che essa fornisce per soddisfarli, tormenta e affatica gli animi….” 6
5
Ibid, p.80
6
TOCQUEVILLE, cit. da Girard, Ibid, p. 107
8
Questa inquietudine, questo dinamismo della società democratica moderna porta le
coscienze in lotta le une contro le altre. La forza, ormai qualcosa di volgare e
testimone dell’impotenza dell’individuo, se predominava nell’ambito del rouge, nel
noir lascia il posto, all’ipocrisia e all’indifferenza quale strumenti di padronanza.
Manifestare il proprio desiderio, o fare uso della violenza, la quale nasce sempre da
un desiderio insoddisfatto, non rivelano che la propria debolezza di schiavi. Solo chi
è capace di dissimulare il proprio desiderio potrà occupare la posizione
strategicamente più forte; ora è “l’ascesi” del desiderio, dice Girard, la via più sicura
per la sua soddisfazione.
“La vanità stendhaliana, lo snobismo proustiano e il sottosuolo dostoevskijano sono
la forma nuova che assume la lotta delle coscienze in un universo di non violenza
fisica e, magari, di non violenza economica. La forza è soltanto l’arma più volgare
delle coscienze poste le une contro le altre e corrose dal loro nulla… L’eroe della
mediazione interna è una coscienza infelice che rivive la lotta primordiale fuori di
ogni minaccia fisica e che gioca la sua libertà nel più piccolo dei desideri. La
dialettica hegeliana si fondava sul coraggio fisico: colui che non ha paura sarà il
padrone, colui che ha paura sarà lo schiavo. La dialettica romanzesca si fonda
sull’ipocrisia; la violenza, lungi dal servire gli interessi di colui che la esercita,
rivela l’intensità del suo desiderio; è dunque un segno di schiavitù.” 7
Il desiderio metafisico
Quanto più una differenza sociale è piccola, tanto più grande è l’affettazione che
genera; “ Essendo il gran mondo il regno del nulla, tra i meriti delle diverse dame
del gran mondo vi sono soltanto differenze insignificanti, che solo i rancori o
l’immaginazione di M. di Charlus possono esagerare in modo folle.”
Così Proust definisce le rivalità nello snobismo dell’alta borghesia.
7
RENE’ GIRARD. Menzogna romantica e verità romanzesca, p. 97
9
“Le forme estreme della mediazione interna devono dunque definirsi come una
differenza nulla che genera un’affettazione massima.” 8
Per Girard il desiderio, nel suo moto di progressivo allontanamento dall’oggetto, nel
rapporto sempre più ossessivo con il modello, acquista un potenziale
indiffferenziante, il suo contagio desertifica lo spazio esistenziale. Gli altri diventano
dei nostri “doppi” da cui ci divide un nulla di differenza: un nulla che diviene il tutto
di un desiderio “metafisico” anelante ad una “pienezza d’essere” che non ha più
niente di oggettuale ma neanche di umano; cerca un’alterità che può essere solo un
riflesso del sacro.
Man mano che il desiderio diviene sempre più “metafisico” la sua capacità di
contagio si accresce, la vicinanza del mediatore e del discepolo lasciano circolare il
desiderio come un virus influenzale.
“La mediazione interna esiste allorchè si “prende” un desiderio come si prenderebbe
la peste o il colera, per semplice contatto con il soggetto infetto… Il contagio è così
generale, nell’universo della mediazione interna, che ogni individuo può diventare il
mediatore del suo prossimo senza essere consapevole della funzione che va
svolgendo… Ognuno sa che qualunque desiderio raddoppia d’intensità vedendosi
condiviso.” 9
Il desiderio porta la relazione discepolo modello su un piano di simmetricità; ma non
per questo la fascinazione esercitata dal modello sul discepolo viene sminuita,
tutt’altro; la mediazione si fa doppia o reciproca.
“La doppia mediazione è una figura chiusa in se stessa; il desiderio vi circola e si
nutre della propria sostanza. La doppia mediazione è dunque una vera ‘generatrice’
di desiderio, la più semplice possibile.” 10
Il modello vede l’oggetto del suo desiderio a sua volta desiderato dal discepolo che
imita il desiderio del modello; l’oggetto ai suoi occhi acquista un fascino ulteriore e il
suo desiderio si intensifica; il modello stesso si fa discepolo del suo discepolo
8
Ibid, p. 75
9
Ibid, p. 87
10
Ibid, p. 151
10
creando una forma simmetrica in cui ognuno è discepolo dell’altro, come in un
giuoco di specchi in cui il desiderio ad ogni rifrazione aumenta di intensità.
“Abbiamo un modello-discepolo e un discepolo-modello. Ciascuno imita l’altro pur
continuando ad affermare la priorità e la precedenza del proprio desiderio. Ciascuno
scorge nell’altro un persecutore atrocemente crudele. Tutti i rapporti sono
simmetrici; i due compagni si credono separati da un abisso insondabile, ma non si
può dire dell’uno qualcosa che non valga anche per l’altro.” 11
Il desiderio ha già raggiunto un elevato grado di consapevolezza sulle sue strategie,
che ormai gli impedisce di manifestarsi, preferendo battere la strada più sicura
dell’orgoglio, del dandismo, snobismo o semplicemente dell’indifferenza; l’altro è
tanto più seducente quanto meno è accessibile; è tanto meno accessibile quanto più
tende all’automatismo dell’istinto.
“La sessualità è lo specchio dell’intera esistenza umana; l’attrazione è ovunque ma
non è mai confessata; cerca di farsi passare per “distacco”… Paralizzato dallo
sguardo del mediatore, l’eroe vuole sottrarsi a questo sguardo…Il dandy è
caratterizzato dalla ostentazione di indifferente freddezza. Ma tale freddezza non è
quella dello stoico, è una freddezza calcolata per infiammare il desiderio, una
freddezza che non cessa mai di ripetere agli altri: “Io basto a me stesso”. Il dandy
vuole che gli altri ricopino il desiderio che egli vuol far credere di provare per se
stesso.” 12
Il desiderio secondo l’altro, per quanto ci appaia inoffensivo all’inizio, trascina a
poco a poco la sua vittima verso le regioni infernali dove l’oggetto scompare del
tutto, e proseguendo nell’escalation, il criterio della scelta del mediatore si fa
negativo.
“In Proust come in Dostoevskij, la negazione dell’invito, il rifiuto brutale dell’altro,
scatenano il desiderio ossessivo.” 13
11
Ibid, p. 88
12
Ibid, p. 142
13
Ibid, p. 62
11
Dall’indifferenza al masochismo
Psicologia “interdividuale”
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valore “ontologico”, costitutivo della soggettività del singolo. Tenendo fede a questo
assunto la psicologia non può che essere “interdividuale”; cioè assumere la
particolarità della soggettività nell’ottica di una scienza dell’anima che ora scopre il
suo oggetto più adatto a fondare una teoria “di campo” che una meccanica delle
pulsioni. E’ interessante notare l’affinità di questa conclusioni con la ricerca sulla
genesi della schizofrenia condotta a Palo Alto da una equìpe guidata da Gregory
Bateson con cui Girard entra in contatto e da cui sembra aver mutuato il concetto di
double-bind poi divenuto centrale nel suo discorso tra gli anni ’70 e ‘80. Girard fa di
un fenomeno eminentemente patologico, che può condurre alla schizofrenia per
Bateson, l’elemento costitutivo della “mediazione interna”: un principio di
trasformazione sempre uguale, sempre diverso che in un percorso senza soluzione di
continuità porta dal semplice “disagio esistenziale” fino alle forme patologiche della
personalità. Stadi diversi dell’evoluzione di una stessa dinamica rendono conto di
tutta una serie di tendenze fino ad ora ipostatizzate (come nel caso di Freud) in
categorie distinte.
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