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Jean- Noel Aletti

IL MESSIA SOFFERENTE

Una sfida per Matteo, Marco e Luca

Saggio sulla tipologia dei Vangeli sinottici

Queriniana
Ringrazio vivamente ]ean-Pierre Sonnet
che mi ha incoraggiato a scrivere questo libro e lo ha accettato
nella collana «Le livre et le rouleau»
presso Lessius

a Sylvie e Louis
ospiti da sempre
Le Paren (Orthez)

a Amicie e Hubert
per la nostra amicizia cinquantennale

Titolo originale:
Jean-Noel Aletti,
Le Messie sou!frant. Un défi pour Matthieu, Mare et Luc.
Essai sur la typologie des évangiles synoptiques

© 2019 by Éditions Lessius, Namur (Belgio!UE)


© 2021 by Editrice Queriniana, Brescia
via Ferri, 75 - 25123 Brescia (Italia/VE)
tel. 030 2306925- fax 030 2306932
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J.;l
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ISBN 978-88-399-203 1-7

Traduzione dal francese


di GLORIA RoMAGNOLI

www . queriniana . it

Stampato da Mediagraf spa - Noventa Padovana (PD) - www. printbee.it


Introduzione

Il presente saggio fa seguito a quello sui vangeli come biografie'


di cui si presuppone la lettura. A questo primo saggio, di cui oso
presumere note le tesi principali, rimando il lettore. Nondimeno,
per coloro che potrebbero non avere avuto il tempo per prenderne
conoscenza, in parecchi punti dei capitoli che seguono riformulerò
in modo breve e chiaro le tesi e le idee esposte in quel libro. Ma
siccome qui l'argomento preso in esame è la tipologia, senza dubbio
non è inutile iniziare col ricordare in modo conciso che cosa questo
termine significa e designa in generale per i biblisti.

I. La tipologia del Nuovo Testamento2

C'è bisogno di segnalare, :fin dall'inizio, che il termine tipologia non


è usato dai racconti evangelici? Questo vocabolo più tardo designa

1 }.- N. ALETTI, Jésus, une vie à raconter. Essai sur le genre des évangiles de Matthieu,
Mare et Luc, Lessius, coll. Le livre et le rouleau, Namur- Paris 2016. Tradotto in italiano
e in inglese: Gesù, una vita da raccontare. Il genere letterario dei vangeli di Matteo, Marco
e Luca, San Paolo - GB Press, coll. Lectio 1 1 , Cinisello B. - Roma 2017; The Birth o/
the Gospels as Biographies. With Analyses o/Two Challenging Pericopae, GB Press, coll.
AnBib Studia 10, Roma 2017.
2 Cfr. N. FRYE, The Great Code. The Bible and Literature, Harcourt Brace, New York
1982 [trad. it., Il grande codice. La Bibbia e la letteratura, Einaudi, Torino 1986] , nonché
l'opera collettiva a cura di R. KuNTZMANN, Typologie biblique, Cerf, coli. Lectio divina,
Paris 2002.
6 Introduzione

nondimeno una lettura delle Scritture effettuata mediante questi rac­


conti e spesso definita nel modo seguente:

Con tipologia, almeno come suggerisce l'uso dell'AT da parte del NT, si
intende la percezione di corrispondenze significative fra le caratteristiche
e le circostanze di due individui, istituzioni o avvenimenti storici - cor­
rispondenze tali che ciascuno è interpretato come un'anticipazione o un
compimento dell'altrd.

Anche se i personaggi, gli avvenimenti e le istituzioni dell'AT sono


talvolta chiamati profezia del NT, sembra preferibile evitare questo
appellativo; infatti, in base alla tipologia, non è un oracolo o una
parola dell' AT che trova il proprio compimento nel NT, bensì per­
sonaggi, avvenimenti, ecc., in altri termini realtà concrete, ognuna
delle quali ha il suo significato nell'ambiente spaziale e temporale
che fu il loro4• Ciò spiega perché, come sant'Agostino', E. Auerbach
preferisce parlare di «profezia reale» (Realprophetie) , dal latino res",
poiché <da figura (veterotestamentaria) ha tanta realtà storica quanto
ciò che essa profetizza»7•
li primo elemento (AT) è chiamato tipo, e il secondo antitipo.
Questa relazione giustifica l'appellativo globale tipologia. Il primo
è chiamato anche figurante, e il secondo figurato, e la loro rela­
zione indica per ciò stesso che la tipologia è un'«interpretazione
figurale»8•

3 M. KNOWLES, ]eremitzh in Matthew 's Gospel. The Rejected-Prophet moti/ in Mat­

thaean Redaction, JSOT Press, coll. JSNT Sup 68, Sheffield 1993 , 223 . Si troveranno
descrizioni analoghe in R. KUNTZMANN (ed.), Typologie biblique, cit., 267-274 .
4 Sul rapporto profezia/tipologia, si veda anche G.W. GROGAN, The Relationship

between Prophecy and Typology, in Scottish Bulletin o/ Evangelica! Theology 4 (1986)


5-16. Per la distinzione fra tipologia e allegoria, si consulterà R. KuNTZMANN, Typologie
biblique, cit., 270.
5 SANT'AGOSTINO, La Città di Dio, 27, 8.
6 Cfr. E. AUERBACH, Figura, in Studi su Dante, Feltrinelli, Milano 1983 , 186.
7 Ibid., 186. Ai fini di una maggiore chiarezza, ho aggiunto il termine fra parentesi.
8 Ibid., 201-209. D'ora in poi considererò equivalenti le espressioni <<lettura tipolo-
gica>> e <<lettura figurale».
Introduzione 7

In questo modo il NT pone in relazione tipologica con Gesù Cristo


parecchi personaggi e realtà: !sacco (a causa dell' «Aqedah» ) 9, Elia,
il Servo di Is 53 e le vittime dei sacrifici antichi, ma anche l'arca di
Noè e il battesimo, l'albero dell'Eden e la croce, l'Esodo e la morte/
risurrezione di Gesù, Elia e Giovanni Battista ecc. Come ho mostra­
to per Luca10 e come mi propongo di mostrare per Marco e Matteo,
l'interpretazione tipologica prevale nei racconti evangelici. Molte
pericopi dei Sinottici furono scelte poiché potevano essere usate in
modo tipologico; per questo possiamo dire che la tipologia ha in
parte determinato la formazione del tessuto sinottico.
Da sempre o quasi, la tradizione cristiana ha interpretato queste
relazioni dicendo che il compimento presuppone una superiorità
dell'antitipo sul tipo (Gesù è più di Giona, più di Elia ecc.) . Come
sappiamo, il sermone agli Ebrei sviluppa una tipologia in tre momen­
ti: continuità, discontinuità e superamento11•
Si concorda nel dire che la tipologia del NT è essenzialmente teleo­
logica, poiché indica in che modo le figure dell' AT hanno come télos
il Cristo e le realtà neotestamentarie. Quanto alla tipologia ebraica
(biblica e post-biblica) , si dice che sia in maniera preponderante ar­
cheologica - orientata verso una arche -, più specificamente esodale
e mosaica. Si ammette anche che la tipologia neotestamentaria sia
salvifica, in quanto il suo obiettivo consiste nel manifestare l'orienta­
mento salvifico della storia.

9 Come !sacco fu legato sul legno (Gen 22, il verbo ebraico 'aqad significa legare),
anche Gesù fu legato al legno della croce (At 5 ,30; 10,38; 13 ,29; Gal 3 ,13; l Pt 2,24). Si
è pensato anche che l'Aqedah fosse la fonte principale della tipologia matteana. Cfr. L.A.
HUJZENGA, The New Isaac. Tradition and Intertextuality in the Gospel o/Matthew, Brill,
coll. NovT Sup 13 1, Leyden 2009. Interpretazione perlomeno discutibile!
10 J.-
N. ALEm, ]ésus, cit., cap. V, 107- 127 [trad. it., 13 1- 156].
11
Punti sottolineati da A. VANHOYE, Le message de l'épitre aux Hébreux, Cerf, coll.
Cahier Évangile 19, Paris 1977, 4 1 (riquadro che ha come titolo <<Les trois conditions
de l'accomplissement des Écritures») [trad. it., Il messaggio della Lettera agli Ebrei,
Gribaudi, Torino 1979] .
8 Introduzione

n. Alcune distinzioni importanti

In numerosi passi, i vangeli sinottici alludono alle Scritture12; ma non


tutte le allusioni rientrano necessariamente nell'ambito della tipologia.
Infatti, lo vedremo nd cap. 3 , in Mc 1 ,2-3 il Signore (in greco, /eyrios) è
evidentemente Gesù. Ora, questi versetti di Marco riprendono Is 40,9-
10, in cui lo stesso termine designa YHWH; e fanno intendere quindi
che Gesù è Signore come lo è YHWH. Allo stesso modo, in Mc 7 ,32-
37, Gesù fa parlare i muti, come YHWH in Is 35 ,6 - il termine greco
moghiltilos13 si trova solo in questo versetto di Isaia e ifl Mc 7,32. In
questi due passi, Marco allude realmente alle Scritture, ma possiamo
dire che qui la relazione è tipologica? La definizione della tipologia
formulata dagli esegeti, secondo la quale il tipo è inferiore all' antitipo,
sembra vietarlo: YHWH, il kyrios dell'AT, può essere il tipo di Gesù e
inferiore a lui? In breve, individuare echi scritturistici non significa
immediatamente che si abbia a che fare con relazioni tipologiche.
Un'altra distinzione da rispettare è quella fra ripresa tipologica e
synkrisis. Quest'ultima consiste nel confrontare personaggi, azioni o
avvenimenti, indicando i loro punti in comune e le loro differenze,
la superiorità dell'uno sull'altro ecc. La tecnica era già usata presso
gli Antichi. Essa faceva parte dei proghymndsmata, cioè esercizi che
i giovani allievi dovevano fare; ma era usata anche da scrittori co­
nosciuti, come Plutarco, di cui si conoscono le Vite parallele. È una
delle tecniche preferite dell'evangelista Luca, che paragona Giovanni
Battista e Gesù in Le 1-3 , il pastore e la donna in Le 15 , 1 - 10, i due
fratelli in Le 15, 1 1 -3 2, e mostra anche, grazie alla synkrisis, che gli
_
apostoli Pietro e Paolo sono come Gesù14• Ma per la stessa ragione
menzionata nel paragrafo precedente, non possiamo concludere che

12
Si veda per esempio R.B. HAYS, Echoes o/Scripture in the Gospels, Baylor University
Press, Waco/TX 2016.
13 n termine designa un'elocuzione e un udito carenti.
14 Sull'uso generalizzato del paragone (sjnkrisis) nel libro degli Atti, si veda }EAN­
NOEL ALETTI, Quand Luc raconte. Le récit comme théologie, Cerf, coli. Lire la Bible,
Paris 1998, 69- 1 12.
Introduzione 9

in Atti il narratore abbia fatto di Gesù il tipo dei due apostoli, poiché
egli è manifestamente superiore ad essi. Ma se non tutte le synkriseis
sono tipologiche, ogni relazione tipologica in compenso si basa su
una synkrisis, poiché sono i tratti comuni al figurante dell'AT e al
figurato del NT a permettere di accostarli.
Nel saggio precedente, spesso si è esaminato il requisito necessario
per le biografie, cioè l'anagnorisis - il riconoscimento del valore di
un uomo da parte dei suoi contemporanei e delle generazioni suc­
cessive15. Affinché un uomo fosse oggetto di una biografia (in greco,
bios)16, doveva esserne riconosciuto degno, poiché non c'erano bioi
che di uomini illustri17• n presente saggio si propone di mostrare
che, per l'anagnorisis di Gesù come Messia, gli evangelisti hanno
dovuto ricorrere alla tipologia. La tipologia dei Sinottici è subordi­
nata all'anagnorisis. I prossimi capitoli mostreranno, lo speriamo,
che senza tipologia non ci sarebbero mai stati dei racconti evangelici.

lll. I limiti e i destinatari del saggio

La tipologia è molto presente anche nel Quarto Vangelo. Ma non


sarà oggetto qui di una presentazione, poiché questo saggio, come
il precedente, si incentrerà sui Sinottici, cioè sui racconti di Matteo,
Marco e Luca. Detto ciò, le osservazioni e le riflessioni che saranno
proposte possono essere applicate senza difficoltà al racconto gio­
vanneo.
I primi destinatari di questo saggio sono gli esegeti del NT, in par­
ticolare gli specialisti dei vangeli sinottici. Non per questo la scrittura
sarà astrusa, e il nostro auspicio è che i teologi, ma anche coloro che
hanno_ una certa cultura biblica, vi trovino materia per riflettere.

15 In., Jésus, cit., passim.


16 In altri termini, vita. ll sostantivo greco biographia è più tardo (V secolo d.C.).
17 Cfr., per esempio, il De viris illustribus di Svetonio.
l.

La tipologia dei Sinottici oggi

I. Le ragioni della tipologia dei Sinottici

In Gesù, una vita da raccontare, ho sottolineato l'importanza decisi­


va dell'anagnorisis per la redazione dei vangeli. Gli evangelisti potero­
no realizzare il loro intento poiché riuscirono a superare gli handicap
che sembravano vietare loro di scrivere una vita (un bios) di Gesù.
Infatti allora esistevano soltanto bioi di uomini illustri, e bisognerà
mostrare che Gesù lo era, che egli era il Messia atteso, il Figlio di Dio.
Nondimeno, se con la sua risurrezione era divenuto per i discepoli la
figura regale gloriosa attesa dalle tradizioni ebraiche', il rifiuto di cui
era stato oggetto e la sua morte in croce, ignominiosa, erano contrari
alle aspettative; infatti le Scritture non annunciavano un Messia sof­
ferente. Ma si obietterà: Gesù risorto non dice forse in Le 24,26-27
che, secondo le Scritture, il Cristo/Messia doveva soffrire? E Pietro,
seguendo in ciò il suo maestro, non dichiara in maniera ancora più
forte che «Dio [ . . . ] aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti
[ . . . ] che [ . . . ] il suo Cristo doveva soffrire» (At 3 , 1 8 ) ? Purtroppo
non si troveranno passi scritturali che annunciano le sofferenze del
Messia. Secondo l'uno o l'altro esegeta, Is 52, 13 ....:.5 3 , 12 sarebbe stato

1 Oltre a parec�hi passi biblici noti (Sal 2, ecc.), cfr. per esempio 2 Baruc 30 ,1; 40, 1-4 ;
70 ,9; 72,2; 73, 1-2; Oracoli sibillini3, 49; 5, 41 4- 4 19; 4 Esdra 12,3 1-34; Salmi di Salomone
17, 2 1-43 .
12 Capitolo l

interpretato messianicamente dagli scritti ebraici deuterocanonici e


intertestamentari2• Ma, se si è ricordato che parecchi passi di questi
scritti alludono a Is 52,13-53,12, in compenso, per una ripresa mes­
sianica della figura del Servo ci si è limitati a congettur&.
In breve, la sfida editoriale posta alla prima generazione cristiana
fu duplice:
- mostrare che Gesù meritava un bios, e che dunque era assai illu­
stre; questa difficoltà è stata oggetto del saggio summenzionato:
- mostrare che le sofferenze e la morte in croce di Gesù non ne met­
tevano affatto in questione la messianicità; per realizzare questo
fine, gli autori dei bioi evangelici dovettero ricorrere alla tipologia.
Questo è l'argomento che, accennato nel primo saggio, sarà trat­
tato qui in modo più ampio.
La prima tappa dell'approccio tipologico dei narratori sinottici fu
di cercare nelle Scritture dei modelli che permettessero di rispon­
dere al requisito dei bioi di allora, cioè la necessità di un'anagnorisis
finale e globale di Gesù. Paradossalmente, il primo modello, seguito
fedelmente dal racconto marciano della passione, fu quello dei fedeli

2 C osì , M. HENGEL, Zur Wirkungsgeschichte von ]es 53 in vorchristlicher Zeit� in B.

}ANOWSKI- P. STUHLMACHER (edd.), Der làdende Gottesknecht. ]esaja 53 und seine Wir­
kungsgeschichte, Mohr Siebeck, coll. Forschungen zum Alten Testament 14, Tiibingen
1996, 49-91.
3 Faccio fatica a vedere in che modo M. HENGEL trovi riprese messianiche di Is 53

negli scritti ebraici intertestamentari. 4 Esd 7,29 riferisce l'oracolo di Dio: «E dopo questi
anni accadrà che muoia il mio servo il Messia, e tutti coloro in cui è respiro d'uomo»,
che riprende probabilmente l'idea di un messia che doveva regnare per un periodo
limitato, ma non menziona né il rifiuto né la sofferenza [per la citazione di 4 Esdra, cfr.
Apocrifi dell'Antico Testamento, UTET, Torino 2006, 324]. Per l'articolo diJ. AnNA, Der
Gottesknecht als triumphierender und interzessorischer Messias, Die Rezeption von ]es 53
im Targum ]onathan, pubblicato nella stessa opera collettiva di M. HENGEL, 129-158, non
si deve dimenticare che il targum in questione è di gran lunga posteriore all'epoca del
NT. Cfr. anche ciò che diceva negli stessi anni A. YARBRO CoLUNS, The Appropriation o/
Psalms o/Individuai Lament by Mark, in CHRISTOPHER M. TuCKETI (ed. ), The Scriptures
in the Gospels, coll. BETL 131, Peeters, Leuven 1997, 240: «Anche se il Sal22 e Is 53
non sono ancora stati interpretati messianicamente nelle cerchie ebraiche nell'epoca in
cui Mc fu scritto, è chiaro che l'applicazione messianica dei salmi individuali di lamento
trovati nel Vangelo di Marco si situa effettivamente entro i limiti di un'esegesi ebraica
accettabile...». Più che essere un'applicazione messianica, si tratta di una tipologia che
ha la funzione di affrontare la questione dell'anagnorisis.
La tipologia dei Sinottici oggi 13

perseguitati dei sahni di supplica, un modello grazie al quale una ri­


conoscenza orizzontale o umana, da parte dei correligionari di Gesù,
non aveva (più) ragione di essere: come per i giusti perseguitati dei
salmi, il riconoscimento dell'essere e dell'agire di Gesù doveva venire
soltanto da Dio, e avvenne con la risurrezione4•
Come hanno messo in evidenza i riquadri sui motivi comuni al rac­
conto della passione di Marco e alle suppliche dei giusti perseguitati5,
il lavoro del narratore marciano6 consistette, dopo averli individuati
e identificati, nel riunire tutti i paralleli comuni alla passione di Gesù
e alle suppliche dei giusti perseguitati. n tipo - il figurante, vetere­
testamentario - non era dato a priori7 e l'operazione di synkrisis non
ebbe in primo luogo la finalità di mostrare che i motivi veterotesta­
mentari prefiguravano le sofferenze di Gesù, e che questi portava a
compimento le sofferenze e le grida degli innocenti delle suppliche:
il suo ruolo primario fu di fornire un modello atto a raccogliere la
sfida posta dalla necessità di un'anagnorisis finale. Se gli studi recenti
sulla tipologia del NT in particolare quella dei Sinottici - si sono
-

soffermati soprattutto sul rapporto fra annuncio e compimento che


esiste fra il tipo veterotestamentario e l'antitipo neotestari1entario8, è
importante ricordare con forza che esso non costituì l'obiettivo pri­
mario dei redattori: l' anagnorisis fu il loro imperativo primario e resta
sullo sfondo della loro scrittura tipologica. Se questo cambiamento

4 Cfr. il cap. 2 del mio libro ]ésus, une vie à raconter, cit., 46-50 [trad. it., 53 -58] .
' Ibid. , 46-47 [trad. it., 53-54 ] . Anche, in questo stesso libro, pp. 50-55 ] .
6 Può darsi che la tipologia del racconto della passione in Marco sia anteriore all'ulti­
ma fase redazionale. Ciò non cambia affatto la riflessione intrapresa qui sulla tipologia
dei Sinottici.
7 Le mie parole si ricollegano a quelle di MicHEL DENEKEN, ]ésus de Nazareth /on­
dement atypique de la typologie chrétienne, in R. KuNTZMANN (ed.), Typologie biblique,
cit., 24 1-266, qui 259: «Non c'è alcun tipo fornito a priori. All'inizio, c'è solo l'anticipo.
Ogni lavoro di tipologia, ancora prima di pretendere di illustrare, o di fondare, l.l,n
compimento, inizia dapprima con l'affermazione di un punto di vista>>.
8 Si veda, per esempio, la sintesi finale pubblicata in R. KUNTZMANN (ed.), Typologie
biblique, cit., 269: alla base dell'operazione tipologica «troviamo la convinzione che la
storia si ripeta, e progredisca verso un compimento. Nella ripresa tipologica, l'elemento
antico appare come un annuncio dell'elemento nuovo, e il nuovo come il compimento
dell'antico». ·
14 Capitolo l

di prospettiva non rende vani tutti gli studi fino ad allora pubblicati,
nondimeno invita l'esegeta ad essere più attento di quanto lo sia
stato finora al modo in cui i Sinottici hanno elaborato la loro tipo­
logia: dove vi sia tipologia e come determinare se si tratti realmente
di tipologia - un termine di cui troppo spesso si è usato e abusato.

II. La tipologia neotestamentaria


al di là della sua messa in causa

Negli studi dedicati alla tipologia neotestamentaria, sovente si dice


che gli avvenimenti, le circostanze, le persone, i popoli e le istituzioni
dell'AT sono una preparazione o una profezia degli avvenimenti,
delle circostanze, delle persone, dei popoli e delle istituzioni del Nuo­
vo9. D'altronde, si ammette che questo modo di vedere il rapporto
fra tipo e antitipo in realtà non faccia che descrivere e riprendere la
prospettiva degli scritti del NT, quella stessa criticata da E. Auerbach
nel suo celebre saggio Mimesis10:

Tanto più frequente si rintraccia in essi [nei Padri della Chiesa] l'attivi­
tà interpretatrice della realtà: interpretazione innanzi tutto delle Sacre
Scritture, ma anche delle grandi linee dell 'accadere storico, specialmente
della storia romana, per accordarla con la concezione storica giudaico­
cristiana. A questo scopo venne quasi sempre im piegato il metodo fi­
gurale [ . . . ] . L'interpretazione «figurale» stabilisce una connessione fra
due awenimenti o due personaggi, nella quale connessione uno dei due

9 Parecchi enunciati tratti dalla sintesi finale pubblicata in ibid. sono rappresentativi
di questo modo di vedere; oltre a quello citato nella nota precedente, quest'altro: «<l
significato risiede nel compimento del tipo,che ne diviene una profezia» (273).
10
E. AUERBACH, Mimésis. La représentation de la realité dans la littérature occiden­
tale, Gallimard,Paris 1968 [trad. it.,Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, 2
voll.,Einaudi,Torino 1977,83-84]; originale tedesco del 1946, 84-87 (fine del capitolo
sull'arresto di Pierre Valvomeres). Sull 'argomento, cfr. anche WALTHER EICHRODT, Is
Typological Exegesis an Appropriate Method?, in C. WESTERMANN (ed.), Essays on Old
Testament Hermeneutics John Knox,Richmond!VA 1963,225 .
,
La tipologia dei Sinotticz' oggi 15

significa non solamente se stesso, ma anche l'altro, e il secondo invece


include il primo e lo integra. I due poli della figura stanno ambedue entro
il tempo come fatti o persone vere, stanno ambedue nel fiume scorrente
che è la vita storica, e soltanto l'intelligenza, lo <<Ìntellectus spiritualis»
della loro connessione costituisce un atto spirituale11• Praticamente si
tratta dapprima quasi sempre d'un'interpretazione del Vecchio Testa­
mento, di cui vengono interpretati singoli episodi come figure o profezie
reali dei fatti del Nuovo Testamento [ . . ]. .

Questo genere d'interpretazione porta, com'è facile comprendere, un ele­


mento del tutto nuovo ed estraneo nel modo antico di contemplare la sto­
ria. Se, ad esempio, un fatto, come il sacrificio d'Isacco, viene interpretato
quale prefigurazione di quello di Cristo, cosicché nel primo è per così dire
.annunciato e promesso il secondo, e il secondo <<integra» il primo - <<fÌ­
guram implere» è l'espressione usata - viene stabilita una connessione fra
due avvenimenti che non sono legati né cronologicamente né causalmente,
una connessione che la ragione non può stabilire in senso orizzontale, am­
mettendo per questa parola un'estensione temporale. Si tratta unicamente
di stabilirla collegando verticalmente i due fatti con la provvidenza divina,
che soltanto in tal modo può creare un piano della storia e soltanto può
dar la chiave della sua comprensione. Viene sciolto il legame temporale­
orizzontale e causale dei fatti, l'hic et nunc non è più elemento di un corso
terreno, è invece nello stesso tempo cosa sempre stata e che si compie
nell'avvenire; ed è propriamente davanti all'occhio divino cosa eterna d'o­
gni tempo, già compiuta in avvenimenti terreni frammentari.
Questa concezione della storia è d'una unità grandiosa, ma fu del tutto
estranea al carattere dell'antichità classica[ ]. . . .

L'approccio storico non può effettivamente collegare in modo cau­


sale - né nel tempo né nello spazio - i personaggi, gli avvenimenti
ecc. posti in relazione tipologica dai racconti evangelici; siccome solo
la fede permette di invocare il disegno divino, questa ermeneuti­
ca fu tacciata per questo di deus ex machina dagli studi cosiddetti

11 AUERBACH cita uno dei suoi studi precedenti, Figura, un lungo articolo pubblicato
in Archivum Romanicum 22 (1938) 436-489. Traduzione francese: Figura, Macula, Paris
20173 [trad. it. cit.] . TI passo citato si trova a p. 65 di questa traduzione. A ragione, si
è visto in questo articolo un'idea faro della riflessione di Auerbach, secondo la quale
san Paolo e i Padri della Chiesa hanno, a torto, visto nell'Antico Testamento soltanto
l'ombra delle cose a venire.
16 Capitolo l

scientifici. Il rimprovero deriva dal fatto che la maggior parte degli


esegeti considerano il tipo e l' antitipo innanzitutto una preparazione
(o un annuncio) e un compimento - e il compimento include un
superamento della realtà veterotestamentaria. Ora, supponendo che
la si trovi esplicitamente formulata nei Sinottici, questa relazione fu
stabilita soltanto in un secondo tempo. In effetti, la prima questione
per i narratori/redattori fu di partire dai fatti, in altri termini dalle
numerose testimonianze delle folle sull'identità profetica di GesÙ12•
Ciò significava che Gesù aveva dovuto fornire dei segni per essere
riconosciuto tale. A partire da questa prima constatazione, basata sui
suoi insegnamenti e sulle sue azioni, i redattori poterono mostrare
che egli aveva ugualmente conosciuto la sorte di numerosi profeti,
perseguitati dal loro popolo - e del resto le loro sofferenze e perse­
cuzioni erano conosciute e diffuse all'epoca. Alcune opere come il
Martirio di Isaia, i Paralipomeni di Geremia e le Vite dei pro/eti, scritte
poco prima della nostra era, riflettono questa idea che i profeti nel
loro insieme furono rifiutati e messi a morte dai loro contemporanei
israeliti, come mostra il riquadro sottostante.

- profeti perseguitati o minacciati. 1 Re 1 9,1 0.1 4; 22,24.27; 2 Re 6,32; 2 Cr 1 8,23.26;


36, 1 6; Ger 1 1 ,21; 1 8, 1 8.20; 38/45,1 5.25.

- profeti messi a morte: Ger 26/33,1 9 (Michea); 26/33,20-23 (Uria);Ne 9,26 («hanno
ucciso i tuoi profeti»;anche Le vite dei profeti, uno scritto ebraico originariamente
in greco, probabilmente del l secolo della nostra era, in cui si dice che Isaia fu se­
gato (1 , 1 ), Geremia, lapidato (2, 1 ), Ezechiele, messo a morte dal capo del popolo
(3, 1 ), Michea, impiccato (6, 1 ), Amos, colpito alla tempia (7, 1 ) e Zaccaria, messo a
morte dal re loas nel tempio (23, 1 ); Il martirio di Isaia 5,1 b-1 O.

- il luogo comune (o t6pos)è ripreso nel NTin Mt5,1 2;23,29-31 .34.37; Lc6,23; 1 1 ,48;
.
A t 7,52; Rm 1 1 ,2-3; Eb ll ,37.

In breve, la relazione tipologica non consistette dapprima nel


ragionare in termini di annuncio e compimento, ma nel rilevare i
paralleli esistenti fra Gesù e i profeti - compreso Giovanni Battista,

12
Cfr. Mt 16,4; 2 1 , 1 1 .46; Mc 6,15; 8,28; Le 7,16; 24, 19.
La tipologia dei Sinottici oggi 17

riconosciuto anche lui come profeta dalle folle prima e dopo la sua
morte13• Ora, le synkriseis stabilite dai Sin ottici fra Gesù e i profeti del
passato, letterariamente fondate, non possono che essere ammesse
dagli esegeti. Ecco perché, benché non si giunga al punto di ragionare
in termini di annuncio e compimento, si è autorizzati a parlare di ti­
pologia quando le synkriseis hanno il ruolo di far riconoscere l'essere
profetico di Gesù. In altri termini, è il percorso dell'anagnorisis in
ogni vangelo che permette di distinguere fra le synkriseis quelle che
sono propriamente tipologiche.
Il numero di synkriseis è tale, del resto, che alcuni sono giunti a
dichiarare che Gesù non era esistito e che gli evangelisti avevano
svolto un lavoro biografico andando a pescare nelle Scritture tutti i
racconti con l'aiuto dei quali avevano creato il personaggio Gesù14•
Il presente saggio non si interrogherà sull'affidabilità storica delle
synkriseis tipologiche elaborate dai Sinottici. Diciamo soltanto, in
poche parole, che è desolante passare subito dalla synkrisis - tecni­
ca letteraria - alla negazione della realtà storica. Anziché prendere
di mira il Gesù storico, gli sviluppi che seguono avranno la finalità
primaria, del resto, di dire perché i Sinottici non hanno· potuto fare
a meno della tipologia per scrivere i loro racconti e perché la scelta
dei figuranti veterotestamentari differisce da un Sinottico all'altro.

III. Un enigma della tipologia dei Sinottici

Tradizionalmente, nella relazione tipologica, gli elementi antico e


nuovo sono stati chiamati rispettivamente annuncio e compimento15•
Dichiarando che la sua passione e la sua morte devono compiere le

13 Cfr. Mt 1 1,9; 14,2.5; 21,26 e paralleli.


14 Così, per esempio,T.L. BRODIE, Beyond the Quest /or the Historical ]esus. Memoir
o/a Discovery, Phoenix Press,Sheffield 2012.
15 Ugualmente, figura/veritas; umbra/veritas; per l'evoluzione degli appellativi nel
tempo , si veda E. AUERBACH, Figura, cit., 174-185.
18 Capitolo l

Scritture (Mc 14,49), il Gesù di Marco conferma senza alcun dubbio


tale intento. Ma una simile dichiarazione vale soltanto poiché in ogni
episodio della passione esistono uno o più motivi che riprendono
quelli delle suppliche dei giusti perseguitati- complotto, tradimento,
solitudine, false accuse ecc. Quel che più conta è che, nel raccon­
to della passione, in Marco, questi motivi salmici sono al servizio
dell'anagnorisis, come ho mostrato in Gesù, una vita da raccontare16 •
Pertanto, possiamo chiederci se il rapporto annuncio/compimento
faccia necessariamente parte della tipologia dei racconti evangelici.
La rilettura tipologica esisteva già nelle Scritture di Israele e, qualun­
que cosa se ne sia detto, non è sempre orientata in modo escatologico
o, per dirlo in altri termini, dal meno verso il più17• Del resto, spero
di mostrare che, per studiare la tipologia dei Sinottici, sul piano ese­
getico è più utile oggi focalizzarsi sul ruolo essenziale che essa svolge
per l'anagnorisis di Gesù come profeta e, nei racconti della passione,
come giusto perseguitato.
Tuttavia, se, come si dice da sant'Agostino in poi:

Novum in Vetere latet,


Vetus inNovo patet18,

nondimeno è sorprendente che i figuranti veterotestamentari cui si


ricorre per descrivere l'identità di Gesù in molti casi siano difficili da
individuare; quando procedono in modo tipologico, i Sinottici allu­
dono ai personaggi biblici antichi, senza menzionarli o solo di rado, al
punto che potremmo ribaltare la formula e dire: Vetus inNovo latet.
Ma, si obietterà, in Le 4,25-27 Gesù menziona Elia ed Eliseo, i due
figuranti a partire dai- quali egli costruirà la sua tipologia profetica.
Senza dubbio, ma, quando, in seguito, in Le 7 , 1 1-17 e 1 7 , 1 1 - 19, il
narratore rimanda ai due profeti e, più precisamente, agli episodi di

16 Jésus, cit., 43-50 [trad. it., 52-58] .


17 Sulla tipologia delle Sacre Scritture di Israele, si vedano, nella bibliografia finale,
gli studi di M. FISHBANE, P. BEAUCHAMP, T. RòMER, J.-P. SONNET.
18 SANT'AGOSTINO, Quaestiones in Heptateuchum, 2, 73 .
La tipologia dei Sinottici oggi 19

1 Re 17 e 2 Re 519, egli non li menziona: qui la ripresa tipologica è


interamente allusiva. L'osservazione vale per la maggioranza di que­
ste riprese, in Luca, ma anche in Marco e in Matteo, come vedremo.
Fornire le ragioni per cui la tipologia dei Sinottici - in particolare
quella dei loro racconti della passione - è in misura maggiore allusiva
equivale in realtà a comprenderne la finalità.
Si può fornire una prima ragione: pertinente, ma non decisiva.
Infatti sappiamo che all'epoca era di buon gusto citare l'una o l'altra
frase di un autore conosciuto senza menzionarlo, lasciando al lettore
l'incarico di trovarne il nome. È istruttivo un confronto anche som­
mario con Il romanzo di Cherea e Calliroe di Caritone di Mrodisia,
scritto meno di cento anni dopo i Sinottici, poiché in questo romanzo
antico, in cui si rilevano più di venti citazioni - di uno o due versi
ciasqma - dell'Iliade e dell'Odissea, inserite nel testo senza alcuna
indicazione, Caritone menziona una sola volta il nome di Omero, in
2,3: «Non hai ascoltato ciò che ci insegnò Omero?»20, domanda che
illustrano due versi del XVII canto dell' Odissea. li discorso vale anco­
ra per l'autore di Luca/Atti e, in minor misura, per Matteo e Marco21•
Ma non è questa la ragione principale per cui le riprese tipologiche
dei Sinottici possono in generale essere percepite soltanto da coloro
che possiedono una buona conoscenza delle Scritture di Israele.
Se le riprese tipologiche dei Sinottici sono così discrete, è perché in
realtà il fatto di riconoscere in Gesù un profeta e di credere in lui non
è qualcosa che si può dettare: ai personaggi dei racconti evangelici,
ma anche al lettore, la tipologia fornisce alcuni segni, ma, come tutti
i segni, essi sono offerti con discrezione. Questo è il paradosso: la
tipologia è usata dai narratori per aiutare i personaggi del racconto e

1 9 Su questi episodi, si veda il mio ]ésus, cit., 1 17- 1 19 e 12 1- 123 [trad. it., 144- 145
e 147-150] .
20
Trad. it. , Storie d'avventura antiche. Cherea e Calliroe, Storie etiopiche, Metamorfosi,
Edizioni Dedalo, Bari 1987,34.
21
Gli specialisti hanno osservato che l'autore di Luca/Atti procede nella stessa ma­
niera. Cfr. J.-N. ALEm., Quelle culture pour le na"ateur de Lc!Ac? Des techniques à la
théologie, in Il Vangelo dei numeri secondi. Il volto di Dio attraverso i volti deipiccoli, FS
M. Grilli, GB Press, coll. AnBib Studia 12, Roma 2018, 401-4 12.
20 Capitolo l

il lettore a riconoscere in Gesù un profeta e un giusto perseguitato,


ma essa stessa è riconosciuta solo con difficoltà. È dunque tanto più
urgente aiutare i lettori a comprenderne l'importanza e la logica reali.

IV. Cambiare paradigma

Per le ragioni enunciate nei paragrafi precedenti, i capitoli che


seguono non si interrogheranno principalmente sul misterioso rap­
porto stabilito dalla tradizione cristiana tra il figurante e il figurato,
fra il tipo e l' antitipo, poiché il tipo era o non era visto a torto come
ombra delle realtà neotestamentarie posteriori. Questo compito spet­
ta in via prioritaria agli specialisti della storia dell'ermeneutica - in
particolare patristica e medievale. In compenso, l'esegeta ha il dovere
sia di esaminare in che modo hanno proceduto gli autori dei racconti
evangelici sia di mostrare la pertinenza della loro lettura tipologica
in relazione al requisito del riconoscimento di Gesù come profeta
- e questa prima anagnorisis era a sua volta necessaria per rendere
ragione di quella che allora era considerata una contraddizione e
un'impossibilità: la morte in croce del Messia.
2.

La tipologia dei vangeli sinottici


Una prima veduta d'insieme

Poiché la tipologia dei Sinottici è discreta, allusiva, i commentato­


ri non sono tutti d'accordo sulle figure veterotestamentarie evocate
e si pronunciano senza necessariamente argomentare. In realtà, la
questione metodologica è duplice. Prima di cercare di identificare
i figuranti veterotestamentari, è importante mostrare a quali libri,
capitoli o pericopi alluda eventualmente un passo dei racconti evan­
gelici. Come dice Richard Hays, è importante individuare i passi
veterotestamentari a cui gli autori del NT fanno eco1• La questione
tipologica si pone soltanto in un secondo tempo, poiché non tutte le
allusioni veterotestamentarie sono riprese tipologiche.
Poiché i criteri per determinare gli echi scritturistici presenti nei
racconti evangelici e negli altri scritti delNT non sono stati rilevati in
modo sistematico, parecchi studi recenti si sono proposti di fornirli,
fra gli altri quelli di R. Hays, D.C. Allison e R. Knowles2• Riprenderò
le presentazioni dei primi due studi e le illustrerò brevemente con
l'aiuto di uno o due esempi tratti dai Sinottici.

1 R. HAYs, Echoes ofScripture in the Letters ofPaul, Yal e U niversity Press, N ew Haven
1989,29-32. Come dice P. FosTER, Echoes without Resonance: Criti'quing Certain Aspects
od Recent Scholarly Trends in the Study o/]ewish Scriptures in the New Testament, in
]SNT 38 (2015) 96-97,al termine "eco", che può indicare la ripresa involontaria di un
passo dell'AT, occorre preferire il termine "allusione", che denota una ripresa voluta.
2 Ibid. ; D.C. ALusoN ]R., The New Moses. A Matthean Typology, Fortress, Minnea­
polis 1993 , 19-23 ; M. KNOWLES, ]eremiah in Matthew's Gospel, cit., 162-222.
22 Capitolo 2

I. Echi e allusioni - i criteri

l. RICHARD HAYS E LE ALLUSIONI ALLA SCRITTURA

Il saggio di Hays prende in esame le allusioni che l'apostolo Paolo


fa alla Scrittura, ma i criteri che egli fornisce valgono per i Sinottici.
Basta sostituire i termini "Paolo" o "Lettere" con " Sinottici" e ap­
plicare a questi ultimi la regola, espressa sotto forma di domanda.

(a) I Sinottici e i loro lettori di allora hanno avuto (o potuto avere)


accesso al testo biblico a cui si alluderebbe?
Tre versetti del terzo vangelo, Le 24,50-52, sui quali ritorneremo
più a lungo nel cap. 5 , possono illustrare la questione. In effetti,
sembrano copiare un passo del Siracide (50,20-2 1 ) che descrive la
benedizione data dal sommo sacerdote Simone al popolo riunito nel
tempio'.

Sir 50,20-2 1 Lc 24,50-52

Allora, scendendo, egli [il sommo sacer­ Poi [Gesù] li [i discepoli] condusse fuori
dote Simone] verso Betania
alzava le sue mani su tutta l'assem blea e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre
dei figli d'Israele, per dare con le sue li benediceva, si staccò da loro e veniva
labbra la benedizione del Signore e per portato su, in cielo.
g loria rsi del nome di lui.
21Tutti si prostravano di nuovo per rice­ 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi
vere la benedizione dell'Altissimo. tornarono a-Gerusa lemme con g rande
gioia.

All ' epoca, le Scritture non erano riunite tutte come oggi in un
solo volume. Se tutte le sinagoghe avevano i rotoli dei cinque libri
della Torah, dei Salmi e del libro di Isaia, gli altri profeti e i libri det­
ti oggi deuterocanonici, scritti in greco, si trovavano soltanto nelle
sinagoghe della Diaspora più facoltosa. L'autore del terzo vangelo
ha potuto leggere il Siracide? Altri passi di Luca permettono di dare

3 Le parole comuni ai due passi (alzare le mani, benedire/benedizione, prosternarsi/


adorare) sono in corsivo.
La tipologia dei vangeli sinottici 23

una risposta positiva alla domanda? Se crediamo all'uno o all'altro


studio, Le 12,19-20, affine a Sir 1 1 , 19, sembra confermare l'ipotesi4•

(h) Questa corrispondenza verbale è facilmente individuabile; in


altri termini, ritroviamo una o più parole comuni fra il passo del NT
e l'AT?
È indubitabile che Le 24,50-52 e Sir 50,20-21 abbiano parecchie
parole in comune, come ha illustrato il riquadro.

(c) La stessa allusione è reperibile in altri passi dello stesso vangelo


o altrove nel NT?
Le 24,50-52 è il solo passo del NT in cui (forse) si allude a Sir
50,20-2 1 .

( d) L'eco scritturistica messa in evidenza è coerente a livello tema­


tico con il momento del racconto evangelico?
Gli esegeti che in Le 24,50-52 riscontrano un'allusione a Sir 50,20-
2 1 osservano che il ricorso a un contesto sacerdotale formerebbe
un'inclusione con il primo episodio di Luca, situato nel tempio di
Gerusalemme- un episodio il cui protagonista è un sacerdote in­
tento a officiare, Zaccaria. L'allusione a Sir 50,20-2 1 in Le 24,50-52
sottolineerebbe allora la coerenza narrativa d'insieme.
Nondimeno, bisogna rimarcare le differenze importanti che pos­
sono controbilanciare un'interpretazione sacerdotale: (i) se il sommo
sacerdote è nel tempio per benedire il popolo alla fine della cerimo­
nia, Gesù e i suoi discepoli non sono invece nel tempio; (ii) in Sir 50
il popolo non si prostema davanti al sommo sacerdote Simone, ma
davanti a Dio, mentre in Le 24 è Gesù ad essere oggetto di adorazio­
n&, come Dio.

4 Cfr. A.G. MEKKATTIJKUNNEL, The Priestly Blessing o/the Risen Christ. An Exegetico­
Theological Analysis o/Luke 24,50-53, Peter Lang, coli. Europaische Hochschulsschrif­
ten 714, Bern 2001, 191-192. Impressionato da questa tesi, anche F. Bovo N pensa che si
tratti di una benedizione sacerdotale (I.:évangile selon saint Luc, Labor et Fides, Genève
2009,vol. IIId, 487) [trad. it. , Vangelo di Luca, Paideia, Brescia].
5 In greco: proskyn�santes aut6n.
24 Capitolo 2

(e) I lettori dell'epoca dei Sinottici potevano percepire l'allusione


(tenuto conto della loro cultura ecc.)6?
Senza dubbio è utile ricordare che la lettura individuale era rarissi­
ma e che i libri biblici erano letti ad alta voce nell'assemblea. C'erano
credenti che conoscevano abbastanza le Scritture e i modelli letterari
allora in corso per spiegare i testi? Ciò che sappiamo sull'argomento
non ci permette purtroppo di rispondere con certezza.

(f) Quanti lettori (dai primi Padri della Chiesa a oggi?) hanno
individuato prima di noi l'allusione scritturale?
Se crediamo agli specialisti, l'Antichità cristiana non sembra avere
commentato Le 24,50-52. Nell'VIII secolo, Beda sarebbe il primo a
interpretare in modo sacerdotale la benedizione di Gesù7•

(g) La presenza dell'allusione messa in evidenza ha senso e chiari­


sce il passo del vangelo che stiamo leggendo?
Se la benedizione di Le 24,50-52 è sacerdotale, ciò significa che
ormai Gesù è sommo sacerdote, colui per il quale e grazie al quale le
nostre preghiere sono presentate a Dio. n narratore lucano non po­
teva concludere meglio il suo macro-racconto. Detto questo, occorre
scegliere fra un Gesù sommo sacerdote e un Gesù divino, adorato
poiché Signore della gloria.

Quali conclusioni autorizzano i criteri proposti da Hays? n nume­


ro di termini comuni a Le 24,50-52 e Sir 50,i0-2l sembra indicare
un'allusione alla benedizione sacerdotale che ha luogo alla fine della
celebrazione. Dopo tutto, un passo della Torah, cioè Lv 9,22-24, in
cui si ritrova lo stesso vocabolario e lo stesso sfondo - la benedizione
del popolo da parte del sommo sacerdote Aronne -, conferma la de­
notazione sacerdotale. E benché Luca non alluda a Sir 50,20-2 1, egli
descrive, come facevano già Lv 9 e Sir 50, la benedizione sacerdotale

6 Criterio detto di plausibilità storica.


7 BEDA IL VENERABILE, Expositio in Lucam, VI, 23 93 -2460. Cf F. BovoN, I.:évangile
selon saint Luc, cit., 493.
La tipologia dei vangeli sinottici 25

con termini che dovevano essere conosciuti da tutti gli Israeliti - egli
riprende allora un t6pos. Ma se gli apostoli adorano Gesù risorto, di­
venta difficile vedere nel personaggio del sommo sacerdote (un uomo
che, per questo, non può essere adorato) , il figurante di un Gesù
ormai Signore e la cui gloria è quella stessa di Dio. Se dunque Gesù
non è nella posizione del sommo sacerdote, perché dare a intendere
che la sua benedizione sia sacerdotale o descriverla come se fosse tale?
Malgrado la loro pertinenza, i criteri di Hays non autorizzano alcuna
risposta sicura. Aggiungiamo che Le 24, 50- 52 la cui anfibologia è nota,
è uno dei passi in cui la lista dei criteri fomiti da Hays non basta.

2. l CRITERI DI DALE ALLISON PER LE ALLUSIONI TIPOLOGICHE

Se i criteri proposti da Hays hanno il fine di facilitare l'indivi­


duazione delle allusioni veterotestamentarie - e soltanto questo -, i
criteri di Allison, in numero di sei, vanno ben oltre e sono doppia­
mente interessanti, poiché presen'tano regole miranti a determinare
ciò che è o non è tipologico, e d'altra parte hanno uno dei Sinottici
come oggetto. Illustrerò queste regole con l'aiuto di esempi tratti da
Matteo, Marco e Luca.

(a) L'eco veterotestamentaria è evidente quando un passo del NT


menziona esplicitamente un personaggio o un avvenimento dell'AT.
È così in M� 9, 1 1- 13 , in cui Gesù, alludendo a Giovanni Battista,
dichiara che l'Elia della fine dei tempi è già venuto. Allo stesso modo,
in Le 4,2 5-27 , Gesù descrive il suo ministero facendo riferimento
esplicitamente a Elia e Eliseo.
Detto ciò, non tutti gli annunci espliciti menzionati da Gesù o da
uno degli evangelisti sono riprese tipologiche. In Mt 1 9, 1 -9, Gesù
rimanda esplicitamente a Gen 1 ,27 e 2,248, senza che occorra vedere
in questa citazione un'interpretazione figurale.

8 Gen 1;27: «Maschio e femmina [Dio] li creò»; Gen 2;24: <<Per questo l'uomo lascerà
suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne».
26 Capitolo 2

(b) Un passo dell'AT può essere ripreso senza formula di introdu­


zione. Allora l'eco scritturale è evidente.
A p. 19 del suo New Moses, Allison menziona l'esempio di Mc 1 ,6,
in cui il narratore dice di Giovanni Battista che aveva «una cintura
di pelle attorno ai fianchi»; Questa designazione ripete con esattezza
2 Re 1 , 1 8 ( LXX), in cui essa permette al re Acab di riconoscere Elia.
La citazione può anche essere indiretta, poiché conosciuta da tut­
ti, come in Mt 12,7 , in cui Gesù riprende Os 6,6 senza nominarlo:
«Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non
sacrifici, ecc.».
Ricordiamo infine il grido di Gesù in Mt 27 ,46: «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?», che non è sicuramente preceduto da
una formula di introduzione.

(c) Poiché le circostanze sono analoghe, un avvenimento del NT


ne ricorda uno dell' AÌ.
L'esempio più ovvio si trova in Mt 5-7 , in cui il discorso di Gesù
sulla montagna rimanda manifestamente alla promulgazione della
Legge che Mosè ricevette da Dio sulla montagna9•

(d) Se un passo del NT riprende termini o espressioni di un passo


dell'AT, l'allusione è possibile, o addirittura probabile.
Senza che d sia citazione, Mc 6,36-44 riprende alcuni termini del
racconto della moltiplicazione dei pani in 2 Re 4,42-44, come mostra
il riquadro seguente. L'allusione è ammessa dai commentatori10•

9 Su questi capitoli di Mt, si veda il cap. 4 e lo studio di D.C. ALusoN, The New
Moses, cit., 182-194.
1° Cfr., per esempio, J. MARcus, Mark 1-8. A New Translation With Introduction
and Commentary, Yale University Press, New Haven - London 2008,4 15 ; ugualmente,
CAMIT.LE FocANT, I.:évangt1e selon Mare, Cerf, coll. Commentaire biblique du Nouveau
Testament 2,Paris 2004,25 1. L'osservazione vale per Matteo e Luca, ma anche per Gv
6 che riprende al v. 9 l'espressione «pani d'orzo» di 2 Re 4,42.
La tipologia dei vangeli sinottici 27

Mc 6,36-44 2 Re 4,42-44

ordine di Gesù 37• date (a lle fo lle) da man- 42b 43b date l dallo da mangiare
e di Eliseo giare alla gente

reazione di impo- 37b obiezione dei d iscepoli 43a domanda del servitore d i
tenza Eliseo

quantità di cibo 38 cinque pani (e due pesci) 42a venti pani d'orzo

consumo 42 mangia rono a sazietà 44a ma ngiarono


e portarono via
e resto 43 dodici ceste 44b ne fecero avanzare

numero di com- 44 cinquemila persone 43a cento persone


mensa/i

(e) se la trama narrativa è simile nei due passi, siamo dinanzi a una
rtpresa.

Come mostra il riquadro precedente, Mc 6,36-44, in cui l'intreccio


progredisce come in 2 Re 4,42-44, illustra ancora in modo eccellente
il criterio qui proposto.
Affin ché una synkrisis possa essere dichiarata tipologica, questo
criterio è un complemento necessario a quello del vocabolario enun­
ciato in (d) . Per di più, benché le due peri copi dell'AT e del NT
abbiano in comune soltanto pochi termini, la ripresa tipologica deve
sempre essere individuabile grazie allo svolgimento simile dell'intrec­
cio e ai paralleli semantici fra i personaggi. È così per l'episodio di
Nain (Le 7, 1 1 -17), in cui il luogo, le circostanze e gli attori differi­
scono in parte da quelli di 1 Re 17,17 -24 e sembrano andare contro
il criterio (c) : a Sarepta, Elia, la vedova e il figlio morto sono da soli
in una casa, mentre in Le 7 tutto si svolge all'esterno, alla porta della
città, in cui una folla numerosa assiste al miracolo; e se la vedova di
Sarepta rimprovera a Elia di essere venuto a portarle il male (v. 17),
quella di Nain piange, senza mai rivolgersi a Gesù. Ma se il luogo e le
circostanze sembrano vietare una qualunque synkrisis, la frase «egli
[Gesù] lo restituì a sua madre» e i paralleli semantici fra i personaggi
- le vedove, i figli unici morti, Elia e Gesù - invitano invece a vedere
nell'episodio di Nain un'interpretazione figurale:
28 Capitolo 2

1 Re 1 7,1 7-24 Lc 7,1 1 -1 7

la vedova (v. 20) una vedova (v. 1 2}


suo figlio morto (vv. 1 7 .20) un morto, un ico figlio (v. 1 2}
il bambino gridò (v. 22} il morto cominciò a pa rlare (v. 1 5}
[Elia) /o consegnò alla madre (v. 23) [Gesù) /o restituì a sua madre (v. 1 5)
reazione della vedova (v. 24} reazione di tutti (v. 1 6}:
«tu sei uomo di Dio» «un grande profeta è sorto»

(f) Quando l'ordine dei termini del passo del NT segue grosso
modo quello dell' AT, probabilmente allude ad esso.
I vocaboli che seguono la progressione del racconto dell' AT de­
vono evidentemente essere essenziali per l'intreccio. Il riquadro pre­
cedente conferma la pertinenza di quest'ultimo criterio fornito da
Alli son.
I criteri di Hays e Allison sono complementari. Facendoli entrare
in gioco insieme - e non separatamente - l'esegesi può identificare
con maggiore probabilità un'allusione tipologica. Ma individuare
un'allusione non basta, poiché, anche quando è facilmente identi­
ficabile, rimane da interpretarla correttamente, come ha osservato
Foster a proposito del grido di Gesù in Mc 15 ,34: «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» (Sa/ 2 1/22 ,2)11• Egli segnala infatti che
non tutte le interpretazioni di questo grido sono compatibili. Alcuni
vi vedono un'invocazione nella derelizione, niente di più, mentre per
altri, pronunciando queste parole, Gesù vuole esprimere che, come
il salmista, egli attende il soccorso divino, sicuro che il suo grido sarà
ascoltato. Ho già preso in esame questo grido12, e ci ritornerò nel cap. 3
del presente saggio.
Ciò che questi criteri non dicono è che, anche se una citazione
e un'allusione sono ovvie, resta da interpretarne la funzione, e in
generale è a questo punto che le difficoltà cominciano. Nel suo stu-

11 P. FosTER, Echoes without Resonance, cit., 100-101.


12 J.- N. ALEm, ]ésus, cit., 45-46] [trad. it. , 52-53 ] . Dimostrazione più lunga in In . , De
l'usage des modèles en exégèse biblique. Le cas de la mort de Jésus dans le rècit marcien,
in V. CoLLADO BEKrOMEU (ed. ), Palabra, prodigio, poesia, FS Luis Alonso Schokel, coli.
AnBib 15 1, Roma 2003 , 3 3 7-348.
La tipologia dei vangeli sinottici 29

dio sull'ingresso di Gesù a Gerusalemme (Mt 2 1 , 1 - 1 1 ) , Nieuviarts


osserva che, secondo tutti i commentatori, la citazione è quella di Zc
9,9, ma è interpretata nondimeno in modo diverso, il che gli fa dire13:

Se la forza della citazione può essere tanto grande da portare quindi con
sé tutto il suo contesto, si deve, a rigar di metodo, poter verificare che
i programmi narrativi - cioè la sintassi, la concatenazione del racconto
- siano simili nell'uno e nell'altro contesto: quello da cui si trae la cita­
zione e quello in cui essa viene a iscriversi. Una tale identificazione può
avvenire soltanto con tutto il rigore necessario, se l'interpretazione non
vuole essere errante o folle14•

Aggiungiamo che il vocabolario è indicativo di un'allusione se, e


soltanto se, esso si unisce a un parallelismo semantico15• Così, non è
perché l'aggettivo moghildlos16 appare soltanto in Is 3 5,6 e Mc 7 ,32
che siamo dinanzi a una relazione tipologica. In effetti, il passo di
Isaia avrebbe potuto dire che Dio renderà moghildloi tutti gli uomi­
ni dal verbo altero, tutti i "parolai". Sarebbe stato difficile allora, o
addirittura impossibile, dire che Mc 7,32 alludeva a questo versetto
dell'AT. Se possiamo dire che Mc 7,32 allude a Is 3 5,6, è perché esiste
un parallelismo semantico chiaro fra i due: i moghildloi potranno (Is)/
hanno potuto (Mc) gridare infine di gioia e proclamare i prodigi di
Dio che fa parlare i muti e fa nuove tutte le cose; l'agire creatore di
Gesù in Mc 7 ,3 1 -3 7 è così messo in parallelo con quello di YHWH in
Is 35,3-10.
Se un unico termine non basta a corroborare un'allusione, in com­
penso un parallelo semantico unico connota certamente un'allusione.
Infatti, se i commentatori ammettono che in Mt 2 il personaggio Gesù
ha il suo tipo in Mosè, è perché l'unico racconto veterotestamentario

1 3 ] . NIEUVIARTS, L'entrée de ]ésus à ]érusalem (Mt 21, 1-17). Messianisme et accomplis­

sement des Écritures en Matthieu, Cerf, coli. LD 176, Paris 1999, 26.
1 4 Alla stessa p. 26: «Un solo termine, una sola figura, non crea di per sé un legame

fra due racconti. La presenza di un termine, di una figura, non basta perché si possa
riconoscere un'allusione».
1 5 Stessa osservazione in P. FoSTER, Echoes without Resonance, cit., 109.

1 6 Letteralmente: «che parla molto difficilmente», il che vuol dire «quasi muto».
30 Capitolo 2

che abbiamo di una guida e liberatore di Israele riconosciuto come il


più grande dalla tradizione e minacciato di morte fin dalla nascita, è
quello di Es 1-2. Detto ciò, la tipologia mosaica di Mt 2 è confermata
da altri passi dello stesso macro-racconto (Mt 5-7 ecc. ) . Ai criteri
enunciati da Allison, bisogna quindi aggiungere il punto (c) di Hays,
modificandolo in modo sostanziale: un'allusione tipologica (mosaica,
eliaca o altro) è tanto più probabile in quanto ne esistono altre dello
stesso genere nel macro-racconto. In Gesù, una vita da raccontare, ho
ricordato del resto, facendo seguito a parecchi commentatori, che la
tipologia profetica - Samuele come tipo di Gesù - copre Le 1-2 nel
suo insieme, non solo a causa di Le 2 ,40 e 52, le cui parole ripreQ.do­
no grosso modo l Sam 2,2617, ma perché il solo passo delle Scritture
che descrive il concepimento, la nascita e la prima giovinezza di un
profeta si trova in l Sam 1-2 e perché il resto del macro-racconto
lucano, in cui prevale la tipologica profetica, conferma questa prima
synkrisis18•

II. D dispiegamento della tipologia dei Sinottici

Essendo stati presentati brevemente i princip ali criteri usati per


mettere in evidenza le allusioni all' AT e le riprese tipologiche, resta
da indicare, prima di ritornarci più a lungo nel corso dei prossimi
capitoli per notificarne la finalità, come procedono i Sinottici per
elaborare la loro interpretazione figurale.

17 l Sam 2,26: <<il giovane Samuele andava crescendo ed era gradito al Signore e agli
uomini>>; Le 2,40: «ll bambino [Gesù] cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la
grazia di Dio era su di lui»; Le 2 ,52: <<E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia, davanti
a Dio e agli uomini».
18 J.- N.
ALErn, ]ésus, cit., 1 10- 1 1 1 [trad. it., 135- 136] .
La tipologia dei vangeli sinottici 31

Secondo il numero delle figure


Un macro-racconto può procedere per selezione, mettendo Gesù
in relazione soltanto con l'uno o l'altro personaggio dell'AT. Così,
come vedremo nel cap. 3 , il narratore marciano pone Gesù in rela­
zione tipologica soltanto con i giusti perseguitati delle suppliche, e
questo nel suo racconto della passione. Certi episodi, come la prima
moltiplicazione dei pani (Mc 6,3 6-44), menzionata in precedenza,
testimoniano, è vero, una tipologia profetica - Eliseo come tipo di
Gesù-, ma i commentatori ammettono che esse non sono del narra­
tore, ma piuttosto delle sue fonti19•
A differenza di Marco, il narratore matteano procede per accumulo
delle figure, poiché, per descrivere l'identità di Gesù, egli rimanda
a Mosè (Mt 2; Mt 5-7 ; ecc. )20, a Geremia21 e, durante il suo racconto
della passione, ai giusti perseguitati delle suppliche, come Marcd2•

Secondo la tappa della redazione


TI caso di Marco invita l'esegesi a tenere conto degli strati redazio­
nali. In questo macro-racconto, la tipologia profetica fa chiaramente
di Elia il tipo di Giovanni Battista - una tipologia enunciata dappri­
ma dal narrat�re in 1 ,6 (che lo descrive com'è descritto Elia in 2 Re
1 ,8) , ed è confermata da Gesù stesso in 9,13. In breve, in Marco, la
tipologia eliaca si focalizza su Giovanni Battista e non su Gesù - fatto
che il racconto della chiamata dei primi quattro discepoli in Mc l , 16 -
20 sembra contraddire. Ecco perché, secondo parecchi commentato­
ri, la presenza di una tipologia eliaca in questo episodio deve venire
da una redazione pre-marciana. Ma anche se adottiamo questa ipo­
tesi, è importante chiedersi perché il narratore del macro-racconto
marciano abbia ritenuto opportuno conservare la moltiplicazione

1 9 Cfr. in/ra, il paragrafo sugli strati redazionali.


2° Cfr. D.C. ALLisoN, The New Moses, cit., passim.
21
Cfr. M. KNOWLES, Jeremiah, cit., passim, che mostra l'importanza della tipologia
geremiana in Matteo.
22 Cfr. J.-N. ALETTI, Jésus, cit., 65-75 [trad. it., 81-90] .
32 Capitolo 2

dei pani e altri episodi dalla risonanza tipologica; e, soprattutto, per


il suo racconto della passione, ricorrere in modo considerevole alla
tipologia, facendo dei giusti perseguitati delle suppliche i tipi di Gesù
sofferente e messo a morte-23•
La domanda è la stessa per i racconti di miracoli in cui si può di­
scernere una ripresa tipologica eliseana, che non si oppone a quella
precedente, eliaca, nella misura in cui qui il tipo non è Elia, ma Eliseo,
che succede a Elia, così come Gesù succede a Giovanni Battista. Se
queste allusioni veterotestamentarie hanno il ruolo di descrivere, a
partire dal suo agire, l'identità di Gesù, esse devono nondimeno es­
sere situate in riferimento alla cristologia globale di Marco, secondo
la quale Gesù, essendo il Messia e il Figlio di Dio per eccellenza, non
ha tipo nell' AT con cui lo si possa confrontare, poiché non vi è né
preparazione né figurazione del Figlio unigenito.

Secondo la distribuzione delle figure


Quando una ripresa tipologica corre lungo tutto o quasi il macro­
racconto, come quella, profetica, in Luca2\ si dice che è continua.
Quando è presente in un solo episodio o in una sola sezione del
macro-racconto, come quella dei giusti perseguitati nei racconti della
passione in Marco e in Matted5, è parziale. È possibile anche riscon­
trare parecchie riprese tipologiche in una stessa sezione - fenomeno
che potrebbe essere definito tipologia multipla. È così nel racconto
della passione in Matteo, in cui si ammette che il modello dei giusti
perseguitati delle suppliche è accompagnato da allusioni alla sorte
di Geremia26•

23 Cfr. ibid. , 46-52 [trad. it., 53 -60] . Come pure il prossimo capitolo di questo saggio.
24 Cfr. ibid. , 107- 127 [trad. it., 13 1 - 156] .
2' Cfr. ibid. , 46-49 e 68-7 1 [trad. it., 53-58 e 81-85] .
26 Cfr. M . KNOWLES, ]eremiah, cit., 2 17-222. L'osservazione vale anche per Gv 1 9 , in
cui Gesù sulla croce è l'agnello pasquale, il Nuovo Tempio ecc.
La tipologia dei vangeli sinottici 33

Secondo i locutori
Non è molto pertinente dichiarare che c'è una tipologia in un
episodio sinottico, se non si prende in considerazione colui che la
enuncia: il narratore, le folle, gli oppositori; i discepoli, Gesù, o addi­
rittura Dio Padre. Gesù e la voce divina vanno nello stesso senso degli
altri personaggi, li correggono, oppure rifiutano la loro tipologia?
Così, in Mc_ 1 ,6, è il narratore che designa Giovanni Battista con
i tratti di Elia, e in realtà non fa che seguire l'oracolo divino di Mc
1 ,2-3 , in cui Dio dichiara al Messia che lo farà precedere dal suo mes­
saggero, che sicuramente è l'Elia della fine dei tempi. A questi due
locutori se ne aggiunge un terzo in Mc 9,13 , Gesù, affidabile quanto
i primi due. Queste tre voci indicano in modo indubitabile che Elia
è davvero, in Marco, il tipo di Giovanni Battista. Si vede allora che le
opinioni riferite in Mc 6,14-16 e in 8,28, secondo cui Gesù sarebbe
l'Elia della fine, non sono fondate: dalla diversa affidabilità dei locu­
tori dipende la solidità di una ripresa tipologica27·
In Le 1-2, il narratore (lo abbiamo segnalato in precedenza) svilup­
pa una tipologia profetica, con Samuele come tipo di Gesù, mentre
le voci angeliche enunciano in maniera reiterata una tipologia regale.
Nell'episodio dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, in Mt 2 1 , la
tipologia regale· è enunciata ancora a più voci: dal narratore, che cita
le Scritture, dalle folle, ma anche, in modo indiretto e anticipato,
da Gesù stesso che vuole entrare in città seduto su un animale da
soma. In Mt 2 1 , 1 - 1 1 , Gesù e il narratore non sono i soli ad alludere
al figurante regale; le folle stesse riconoscono in Gesù il loro Messia
e lo acclamano come tale. In questo passo, la ripresa tipologica è
manifestamente polifonica.

27 Sulla questione di Elia in Marco, esamineremo la posizione di Gerhard Dautzenberg


e di altri esegeti di lingua tedesca al cap. 3 .
34 Capitolo 2

Secondo i destinatari
Indubitabilmente, tutte le riprese tipologiche sono fatte per il let­
tore e, nei passi in cui provengono dal narratore, hanno ancora il
lettore come primo, o addirittura unico, destinatario. Così, la frase
«[e Gesù] lo restituì a sua madre», di Le 7 , 15, può essere interpretata
come un'allusione a 1 Re 17,23 soltanto dal lettore. Ma in più episo­
di la tipologia ha anche come destinatari i personaggi del racconto,
come in Mc 9, 13 , in cui Gesù fa comprendere ai tre discepoli che
Giovanni Battista è stato l'Elia della fine dei tempi, e che lui stesso,
di conseguenza, è il Messia.
A coloro che seguivano e ascoltavano Gesù sono ugualmente ri­
volte dichiarazioni tipologiche come quelle di Mt 12,3 9-4 1 (e passo
parallelo):

Una generazione malvagia e adultera pretende un segno ! Ma non le sarà


dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona
rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo
resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio,
quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanne­
ranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco,
qui vi è uno più grande di Giona !

Lo stesso dicasi di Le 4,25 -27 , in cui, per gli abitanti di Nazaret,


Gesù · descrive il suo ministero con l'aiuto del ministero di Elia e di
Eliseo.

Secondo i re/erenti biblici


Le riprese tipologiche effettuate dai Sinottici sono diverse. Alcune
sono esodali (Mosè, Israele nel deserto) , altre sono regali (Davide,
Salomone), altre salmiche (i giusti perseguitati), perlopiù profetiche
(Elia, Eliseo, Giona, Geremia, il Servo di YHWH ) . Ma in questi rac­
conti non troviamo alcun figurante patriarcale o sacerdotale - come
mostreremo, Le 24,50-52 non fa di Gesù un sommo sacerdote. L'e­
segesi ha il dovere di spiegare queste scelte.
La tipologia dei vangeli sinottici 35

III. Le tappe dell'analisi

I prossimi capitoli sono dedicati rispettivamente a Mc (cap. 3), Mt


(cap. 4) e Le (cap. 5 ) . In ciascuno di essi, cominceremo col presentare
una pericope rappresentativa del macro-racconto, ed evidenzieremo
gli elementi senza i quali non si può parlare né di allusione né di
figurazione, cioè il vocabolario e il percorso semantico, che devo­
no essere più o meno i medesimi nelle pericopi del NT e dell' AT.
Una volta identificati i figuranti e i figurati, resterà da determinare
la/unzz'one della tipologia individuata all'interno della pericope stu­
diata, ma anche nel macro-racconto. Una ripresa tipologica non ha
infatti, come vedremo, lo stesso ruolo se si trova all'inizio o alla fine
del macro-racconto. L'ultimo capitolo ritornerà sulla questione del
cambiamento di paradigma.
3.

Cristologia e tipologia
nel racconto di Marco

Questo capitolo si propone di fornire le ragioni per cui Marco


ricorre a una tipologia eliaca, ma anche a una tipologia eliseana; e,
nel suo racconto della passione, a una tipologia salmica.

I. Giovanni Battista e la tipologia eliaca

l. Mc 6, 14- 1 6 E 8,27-28

In Mc 1 ,6, il narratore, ma anche l'oracolo divino di Mc 1 ,2-3 e


il protagonista Gesù in Mc 9, 1 1 - 13 fanno implicitamente di Elia il
tipo di- Giovanni Battista. Poiché queste tre voci fanno testo, non è
possibile alcun dubbio sulla pertinenza di questa ripresa tipologica.
Ma in altri due passi, Mc 6, 14-16 e 8,27-28, il narratore si fa l'eco di
opinioni diverse su Gesù e riferisce che, per alcuni, egli è Elia.

Mc 6, 1 4- 1 6 Mc 8,27-28

Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso
suo nome era diventato famoso. i villaggi i ntorno a Cesarea di Filippo, e
per la strada interrogava i suoi discepoli
dicendo: «La gente, chi dice che io sia?».

Si diceva (greco: élegon) 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Bat­


«Giovanni il Battista è risorto dai morti e tista;
per questo ha il potere di fa re prodigi»
(greco: dynameis).
38 Capitolo 3

1 5Aitri (greco: d//01) invece dicevano: «� altri (greco: ci/loi) dicono Elia
Elia».
Altri (greco: d/loi) ancora diceva no: «!: u n
profeta, come uno dei profeti». e altri (greco: d/lot) uno dei profeti>>.
16Ma Erode, al sentirne parlare, d iceva:
«Quel Giovanni che io ho fatto deca pi-
tare, è risorto!» (greco: eghérthe).

Se crediamo a Dautzenberg1, i commentari di lingua tedesca si


sono chiesti certamente perché Marco - e i passi paralleli in Mt 14,1
e Le 9,7 -9 - menzioni opinioni multiple e diverse dalle sue, ma si
sono interessati soprattutto al rapporto fra la redazione e la tradi­
zione anteriore. Purtroppo i loro risultati non sono convergenti: per
alcuni, Mc 6,14- 16 e 8,27-28 riflettono due tradizioni indipendenti2;
per altri, la tradizione fu rielaborata dagli evangelisti3; per altri, Mc
6,14-25 sarebbe tradizionale, e 8,27-29 sarebbe redazionale4; per altri
ancora, i due passi sarebbero redazionali5. Che i passi siano ripresi
da una tradizione precedente oppure redatti dagli evangelisti, essi
riferiscono evidentemente opinioni che secondo loro sono false. Ma
quali sono false, e per quale narratore? Per i tre Sinottici, certamente,
quella concernente l'identificazione di Gesù con Giovanni Battista.
Per Marco, è falsa anche l'identificazione con Elia, se vogliamo ri­
cordare che, per l'oracolo divino di Mc 1 ,2-3, per il narratore in Mc
1 ,6 e per Gesù in Mc 9,1 1 - 13, l'Elia della fine dei tempi è Giovanni
Battista. Non è certo tuttavia che per il narratore lucano una tale
identificazione sia erronea, come vedremo al capitolo 56•

1 G. DAUTZENBERG, Elija im Markusevangelium, in F. VAN SEGBROECK (ed.), The Four


Gospels, FS F. Neirynck, coll. BETL 100, Leuven 1992, vol. 2, 1078.
2 R. PESCH, Das Markusevangelium, Herder, Freiburg, vol. I, 332; vol. II, 31 [trad.
it. , Il Vangelo di Marco, 2 voll., Paideia, Brescia] .
3 J. GNILKA, Das Evangelium nach Markus, Benziger, Ziirich - Neukirchen 1978- 1979,
vol. I, 244; vol. II, 1 1 [trad. it., Vangelo secondo Marco, Città Nuova, Roma 1983 ] .
4 J . ERNsT, Das Evangelium nach Markus, Pustet, Regensburg 1981, 178 e 234 [trad.
it. , Il Vangelo secondo Marco, 2 voll., Morcelliana, Brescia 1991].
' D. LOHRMANN, Das Markusevangelium, Tiibingen 1 977, 1 13 e 143 . Posizione che
fu anche quella di F. NEIRYNCK, KAI ELEGON in Mc 6, 14, in ETL 65, l, 1 10- 1 1 8; G.
DAUTZENBERG, Elija im Markusevangelium, cit., 1078-1079.
6 Mt 14,1 -5 non menziona Elia.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 39

Lo storico, è vero, prima di pronunciarsi sulla verità o sulla falsità


delle dichiarazioni relative all'identità di Gesù, cerca di sapere da
dove venivano, durante il suo ministero e dopo la sua morte/risurre­
zione, al tempo della Chiesa delle origini. Quanto all'ermeneuta, egli
si interessa più al modo in cui i narratori dei vangeli costruiscono i
loro personaggi, in particolare il protagonista, e fanno di Mc 6, 14-
16 (ma anche di Mc 8,27 -29) dei passi che denotano l'importanza
dell'anagnorisis: tutti i personaggi del racconto, dai più elevati ai
più umili, si chiedono in modo reiterato chi è Gesù. Poiché parec­
chi studi narrativi hanno già mostrato che la sezione di Marco che
giunge :fino all'episodio di Cesarea di Filippo ha come fil rouge la
questione dell'identità di Gesù, del riconoscimento di cui doveva
essere oggetto, non vi è affatto bisogno di ripercorrere una strada
ampiamente segnalata7• Grazie a questi lavori, è possibile affermare
che, se i narratori segnalano altre opinioni su Gesù, in particolare
quella che ne fa l'Elia della :fine dei tempi, ciò avviene anche (facendo
seguito ai profeti e agli scrittori ebrei antichi che avevano annunciato
un Elia escatologico mediatore della salvezza) per far comprendere
che l'agire taumaturgico di Gesù corrispondeva alle attese8•
Nel suo articolo su Elia in Marco, Dautzenberg si chiede se Marco
e gli altri due Sinottici menzionino le opinioni di Erode e di molti
altri per mostrare che sono erronee e che la loro cristologia è di gran
lunga superiore, oppure per tenere conto di posizioni cristologiche
opposte alle loro. TI tessuto narrativo di Marco mostra piuttosto che
la ragione per cui il narratore menziona opinioni diverse dalle sue è
un'altra: se non le avesse menzionate, avrebbe semplicemente indicato
che l'anagnorisis di Gesù non aveva alcuna importanza per lui e per
i personaggi del suo racconto. Pur essendo insufficiente, la ripresa
tipologica evocata in Mc 6, 14-1 5 e in 8,27-28 mostra che il racconto
di Marco si basa sulla questione dell'anagnorisis, e la sostiene.

7 Si veda in particolare lo studio di P. MAscJLONGO, «Ma voi, chi dite che io sia?».
Analisi narrativa dell'identità di Gesù e del cammino dei discepoli nel Vangelo secondo
Marco alla luce della «Confessione di Pietro» (Mc 8,2 7-30), GBP Press, coli. AnBib 1 92,
Roma 201 1 .
8 Cfr. Mal 3 , 1 ; 3,23 -24; Sir 48, 10. Sul profeta escatologico, si veda anche l QS 9, 1 1 .
40 Capitolo 3

2 . Mc 6,17-29: ELIA E LA MORTE m GIOVANNI BATTISTA

17Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare (greco: ekrdtésen)


Giovanni e lo aveva incatenato (greco: édésen) a causa di Erodiade, mo­
glie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. 18Giovanni infatti
diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello».
19Per questo Erodiade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non pote­
va, 20perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo,
e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo
ascoltava volentieri.
21Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno,
fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali
dell'esercito e i notabili della Galilea. 22Entrata la figlia della stessa Ero­
diade, danzò e piacque (greco: arésko) a Erode e ai commensali. Allora
il re disse alla fanciulla (greco: kordsion) : «Chiedimi quello che vuoi e
io te lo darò». 23E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la
darò, fosse anche la metà del mio regno» (greco: héos hemisus tes basiléias
mu) . 24Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella
rispose: «La testa di Giovanni il Battista». 25E subito, entrata di corsa dal
re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio,
la testa di Giovanni il Battista». 2 6ll re, fattosi molto triste, a motivo del
giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 27E subito il re
mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La
guardia andò, lo decapitò in prigione 28e ne portò la testa su un vassoio,
la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. 291 discepoli di
Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in
un sepolcro (greco: mnemeion) .

Dopo avere segnalato le opinioni degli uni e degli altri sull'iden­


tità di Gesù, il narratore racconta l'occasione che accelerò la sorte
del Battista. I commentatori si sono interrogati evidentemente sulle
ragioni di questo inserimento, che del resto non ha alcuna incidenza
sull'intreccio del macro-racconto. Marcus ne segnala due9; la prima,
secondo cui questo racconto permetterebbe ai discepoli inviati in
missione (Mc 6, 7-13 ) di partire senza dover ritornare immediatamen­
te (Mc 6,3 0ss.) non vale granché, poiché Mc 6,12-13 ha già descritto

9 J. MARcus, Mark 1-8, cit., 397.


Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 41

l'attività taumaturgica dei discepoli alla maniera dei sommari a cui il


narratore ha abituato i suoi lettori fin dall'inizio. n macra-racconto
avrebbe potuto passare senza inconvenienti da questo sommario ( vv.
12-13 ) al ritorno dei discepoli presso Gesù (v. 3 0). In base alla secon­
da ragione, definita più profonda ( <<a deeper purpose») , ma anch'essa
scorretta, inserendo il racconto della decapitazione di Giovanni
Battista, il narratore vuole sottolineare un paradosso: «i miracolosi
successi dei missionari cristiani sono stati resi possibili dalla morte
di Gesù suggerita da quella del Battista>>10• n narratore mette certa­
mente in parallelo la morte del Battista e di Gesù, come mostrano i
paralleli del riquadro:

Mc 6, 1 7-29 Mc 1 4- 1 5

Erode fece arrestare (ekratesen) essi arrestarono (ekratesan) Gesù (1 4,46)


Giovanni Battista (6, 1 7)
e lo fece incatenare (édesen) (6, 1 7) avendo incatenato (desantes) Gesù (1 5,1 )

i suoi discepol i lo misero in un Gi useppe m ise Gesù i n un sepolcro


sepolcro (mnemeion) (6,29) (mnemeion) (1 5,46)

L'intenzione del narratore è chiara: con la sua morte, il Battista


annuncia quella di Gesù, altrettanto violenta. In breve, essa è cri­
stologicamente orientata. Che, d'altra parte, i successi taumaturgici
dei discepoli siano dovuti alla morte salvifica di Gesù, lo si ammet­
terà volentieri. È improbabile tuttavia che questo episodio sia stato
inserito per questo, poiché (i) la morte descritta in questi versetti è
quella di Giovanni Battista e non quella di Gesù, (ii) i successi dei
discepoli sono descritti prima del nostro episodio e senza legame con
esso; infatti, il racconto della morte di Giovanni non è in relazione
con i vv. 12 -13, ma con i vv. 14- 16 che lo precedono immediatamente,
come mostreremo.

10
Ibid. , «[T]he miraculous successes o/Christian missionaries are made possible by the
suf!ering death o/Jesus, to which the death o/ the Baptist points» [«l miracolosi successi
dei missionari cristiani furono resi possibili dalla morte sofferente di Gesù, a cui rinvia
la morte del Battista»·.
42 Capitolo 3

Se prestiamo attenzione al modo di procedere del narratore, vedia­


mo perché il racconto della morte del Battista sia collocato dopo le
opinioni diverse sull'identità di Gesù. Infatti, i vv. 14-16 preparano
i vv. 17 -29, come indica il riquadro seguente:

Mc 6, 1 4- 1 6 Mc 6,1 7-29
identificazioni erronee identificazioni corrette

locutori = personaggi locutore = narratore Marco


del macra-racconto
destinatari = personaggi destinata rio = il solo lettore
del macra-racconto

Gesù = Giovanni Battista vv. 1 7-20 e 29 Gesù come


Giovanni Battista arrestato, incatenato,
posto in un sepolcro

Gesù = Elia vv. 2 1 -28 Giovanni Battista come Elia


minacciato di morte
dalla moglie di un re

Le false opinioni su Gesù servono da trampolino per il narratore,


che prende spunto da esse per descrivere narrativamente le relazioni
come egli le percepisce fra Giovanni Battista e Gesù, fra Elia e Gio­
vanni Battista; e per lasciar intendere, ancora una volta, che Elia è il
tipo di Giovanni Battista. Vediamo come.
Parecchie espressioni dei vv. 2 1 -28 riprendono testualmente alcuni
passi del libro di Ester; esse sono state rilevate dai commentatori.
Soggiogato dalla bellezza di una ragazza (kortision) ebrea, Ester, che
gli piacque (arésko) al punto da farne la sua sposa11, il re Assuero
vuole soddisfare una richiesta che ella non osa formulare e, per darle
fiducia, le dichiara: «Qual è la tua richiesta? Fosse pure la metà del
regno (héos hemisus tes basiléias mu), l'avrai! »12• Allo stesso modo,
in Mc 6, poiché la fanciulla è piaciuta (arésko) con la sua danza a
Erode, quest'ultimo le promette di esaudire la richiesta che ella farà,

11
Est 2,9.
12
Est 5,3 ; ripreso in 7 ,2.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 43

« fosse anche la metà del [suo] regno (héos hem{sus tes basiléias mu,
v. 23 )». li vocabolario invita a vedere nel libro di Ester lo sfondo di
Mc 6,2 1 -28. Se così fosse, il re Assuero sarebbe il tipo di Erode, ed
Ester quello della figlia di Erodiade. Tuttavia, occorre confutare que­
sta inferenza, in primo luogo perché nel libro di Ester non è possibile
trovare un personaggio che possa essere il tipo del Battista. Inoltre,
se il vocabolario indica davvero che il narratore marciano ha copiato
alcune espressioni del libro di Ester, ciò non basta per poter parlare
di ripresa tipologica. Eccettuata la bellezza, Ester e la figlia di Ero­
diade non hanno in comune né lo status - la prima è regina e l'altra
no- né l'agire - la prima opera per la vita del suo popolo, mentre la
seconda chiede e ottiene la testa di Giovanni Battista.
Che cosa concluderne? Che queste frasi provengono effettivamen­
te dal libro di Ester, poiché è lì e soltanto lì che si trovano gli stessi
termini presenti in Mc 6,2 1 -28. Ma non vi è parallelismo semantico
fra i personaggi dei due racconti. Questo sfondo infatti non è l'unico
né il più importante. Come rivelano i commentatori!\ è nel ciclo di
Elia che bisogna andare per trovare situazioni e personaggi paralleli a
quelli di Mc 6,2 1 -28. In ciascuno dei racconti, i tre personaggi hanno
status rispettivi identici:

7 Re 1 9,1 -2 Mc 6,1 9.21 -28

re Acab Erode
sposa de/ re Gezabele Erodiade
profeta Elia Giovanni Battista

In ogni racconto, il profeta è minacciato di morte dalla moglie del


re. Non è permesso dubitare del fatto che Mc 6 , 1 9 alluda a l Re 19,
poiché Gezabele è l'unica donna e l'unica regina di cui si dice nelle
Scritture che voleva mettere a morte un profeta. Oltre a questi per­
sonaggi del medesimo status e a questa situazione dramm atica, i due
racconti hanno parecchi tratti semantici comuni. (i) I due re sono in

13 Cfr. per esempio, J. MARCUS, Mark 1 -8, cit., 400.


44 Capitolo 3

una situazione matrimoniale anormale: Acab sposò una non-israelita


idolatra e divenne tale lui stesso ( l Re 16,3 1), un fatto che il narratore
deuteronomista (Dtr) commenta così: «Acab fece ciò che è male agli
occhi del Signore» ( 1 Re 16,30). Quanto a Erode, egli sposò Erodia­
de, la moglie di suo fratello, trovandosi in tal modo in una situazione
contraria alla Legge e alla volontà di Diol4; (ii) entrambi sono deboli,
manipolati dalla propria moglie ( l Re 2 1 ,7.25; Mc 6,26) ; (ili) quanto
ai due profeti, non esitano a criticare i loro rispettivi re e a ricordare
loro il proprio dovere ( l Re 18, 16-19.2 1 ; Mc 6,18).
I vv. 17-29 di Mc 6 hanno dunque il ruolo di correggere le false
identificazioni enunciate ai vv. 14- 16 da alcuni personaggi del rac­
conto, e di formulare indirettamente le vere, quelle del narratore:
Gesù non è né Elia né il Battista, poiché sono questi ultimi due ad
essere in relazione tipologica. Si deve quindi constatare la coerenza
della scrittura tipologica del narratore di Marco che, fin dall'inizio
del suo macro-racconto, lascia intendere che Elia è il tipo del Batti­
sta! Siccome questo narratore procede per accumulazione, possiamo
chiederci legittimamente se si debbano aggiungere altri due passi a
quelli già rilevati15: Mc 1 ,5 in cui Giovanni battezza nel Giordano,
sulla cui riva comincia e finisce il gesto di Elia16 e, evidentemente,
Mc 6, 14-29.
Chi è il destinatario di questa interpretazione figurale? Soltanto
il lettore, evidentemente. Il narratore lascia intendere che tutti si
interrogano sull'identità di Gesù, ma restano distanti dalla realtà.
Sbagliandosi sull 'identità di Gesù, non riescono nemmeno a formula­
re quella di Giovanni Battista. In Marco, la questione dell'interpreta­
zione figurale si situa dunque a livello extradiegetico, dall 'evangelista
verso il lettore.

14 Cfr. Lv 18,16; ripreso in Lv 20,2 1 . Erodiade, nipote di Erode il Grande, era la ni­

pote di Erode Antipa, come era stata la nipote del suo precedente marito. Ma Giovanni
Battista non accusa Erode Antipa di avere sposato sua nipote, ma piuttosto la moglie
di suo fratello.
15 Cfr. in precedenza, Mc 1 ,2 .3 .6; 9,11-13.
16
Cfr. 1 Re 17 ,3 .5 e 2 Re 2,6-7.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 45

ll racconto della morte di Giovanni Battista indica anche che l'E­


lia della fine dei tempi (che, nell'oracolo di M/ 3 e nell'elogio di Sir
48 non era descritto come una figura sofferente e perseguitata) lo
diviene ormai.

3. UN MODELLO ELIAco PER GEsù?

I passi presentati finora hanno sottolineato la coerenza della scrit­


tura tipologica di Marco, per il quale Elia è il tipo di Giovanni Bat­
tista. Un episodio sembra, malgrado tutto, costituire un'eccezione,
cioè quello della chiamata dei primi quattro discepoli in Mc 1,16-20
- che secondo parecchi commentatori troverebbe il suo modello nella
chiamata di Eliseo da parte di Elia ( 1 Re 1 9, 1 9-2 1 ) 17• Questi sono i
paralleli rilevati dagli esegeti18:

1 Re 1 9, 1 9-2 1 Mc 1 ,1 6- 1 8 e 1 9-20

Elia passa dal luogo Elia trova El iseo e gli pas- Passando, Gesù vede Simo-
in cui si trova Eliseo sa vicino ne e Andrea
Gesù passa dal luogo + G iacomo e Giovanni
in cui ci sono i pescatori

chiamata Elia getta il suo mantello Gesù: «Ven ite dietro a me»
gestuale (Elia) addosso a Eliseo (signifi- + v. 20
laconica (Gesù) cato: Eliseo deve accom-
pagnarlo e succedergl i)

risposta rapida (Eliseo) E l i seo: «Ti seg u i rò » Lo seguirono


immediata (i q uattro (akoluthéo) (akoluthéo)
pescatori) «Seguì E lia» + v. 20 «andarono dietro a
lui»

1 7 Così, B.M.F. VAN IERsEL, Mark. A Reader-Response Commentary, coll. JSNT Sup

Series 164, Sheffield 1998, 128 [trad. it., Marco. La lettura e la risposta. Un commento,
Queriniana, Brescia 2000, 1 18] ; J. MARcus, Mark 1-8, cit., 179. 181 (sul verbo chiamare,
in greco: kalein).
1 8 ] . MARcus, Mark 1-8, cit., 183 ; A YARBRO CoLUNS - H.W. ATIRIDGE, Mark, For­

tress, coll. Henneneia, Minneapolis 2007, 157 [trad. it., Vangelo di Marco, 2 voll., Pai­
deia, Brescia] , menzionano anche un racconto greco di chiamata dello Pseudo-Diogene
(38,4-5), secondo il quale colui che il illosofo ha chiamato l'indomani distribuisce i suoi
beni alla sua famiglia e lo segue.
46 Capitolo 3

Vedendo queste somiglianze, che cosa concluderne? Se crediamo


all'uno o all'altro commentario, «L .] il punto essenziale di questo
.

parallelo non è che Gesù sia Elia (cfr. 6,15; 8,28), poiché questo ruo­
lo in Marco è assunto da Giovanni Battista (cfr. 1 ,2-8; 9, 1 1 - 13 ) . . . »19•
Tuttavia la difficoltà permane perché, se per il resto del macra­
racconto marciano effettivamente Elia è il tipo soltanto di Giovanni
Battista, allora per quale ragione la chiamata di Mc 1 , 1 6-20 è così
simile a l Re 19, 19-2 1 , l'unico passo dell'AT in cui un profeta dice a
colui che egli incontra di seguirlo senza tergiversare, di lasciare tutto,
proprietà e famiglia, per divenire suo discepolo2°? In l Re 19 e in
Mc l , né Elia né Gesù si presentano, e analogamente né Eliseo né i
quattro pescatori declinano il proprio nome. Essi ricordano soltanto
la chiamata e la risposta positiva immediata.
Se esaminiamo più da vicino i due passi, una differenza importante
esiste nondimeno fra di essi. Infatti, in l Re 19, non è Elia ad avere
scelto Eliseo come successore, ma YHWH stesso ( l Re 19,16). Elia
non ha fatto che eseguire gestualmente l'ordine che gli è stato dato21,
mentre in Mc 1,16-20 è Gesù che, mediante la propria autorità, chia­
ma quelli che vuole come discepoli. Se Mc 1 , 16-20 usa il modello
narrativo di l Re 19,19-2 1 , i personaggi Elia e Gesù non sono tuttavia
paralleli, e allora si deve escludere una qualunque ripresa tipologica22•
A partire dai paragrafi precedenti, è possibile trarre tre conclu­
sioni. La prima, metodologica: la ripresa di un modello letterario
non denota necessariamente una relazione tipologica. Le altre due,

1 9 J. MARcus, Mark 1 -8, cit.


20
La richiesta di poter salutare i genitori prima di seguire Elia deve essere interpre­
tata positivamente: Eliseo mostra di prendere sul serio il comandamento del Decalogo
riguardante i genitori; dunque è fedele alla Legge e per questo è affidabile. Aggiungendo
che lascia tutto, il racconto significa che egli ha ben compreso che cosa aveva di radicale
la chiamata di Elia.
2 1 Un
'analisi narrativa di l Re 19,19-2 1 è qui esclusa, ma possiamo affermare senza
rischio d'errore che il silenzio del profeta mira a mostrare al lettore che l'iniziativa della
chiamata non viene da lui.
22
Si è ritenuto che altri passi di Marco facessero di Elia il tipo di Gesù. Così, per
esempio, il soggiorno di Gesù nel deserto (Mc l, 12-13) e quello di Elia al torrente Cherit
(l Re 17,1-6), Ma i paralleli fra questi passi sono inesistenti.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 47

semantiche: in Marco, la tipologia eliaca ha come antitipo Giovanni


Battista e soltanto lui; e se egli è l'Elia della fine, è perché Gesù è il
Messia.

II. Gesù e la tipologia eliseana

Sebbene, in Marco, Elia sia l'unico a essere la :figura di Giovanni


Battista, la tipologia profetica non si limita a questi due personaggi.
Gesù stesso non dichiara obliquamente in Mc 6,4 che egli è profe­
ta23? L'episodio della moltiplicazione dei pani, in cui l'allusione a 2
Re 4,42-44 è sicura (lo abbiamo visto al cap. 2,) sembra fare altresì
di Eliseo il tipo di Gesù24:

Mc- 6,36-44 2 Re 4,42-44

ordine di Gesù e di Eliseo 37"voi stessi date (alle folle) 42b43bdate/dallo da mangia-
da mangiare re alla gente

reazione di impotenza 37bobiezione dei discepoli 43"domanda del servitore


di El iseo

quantità di cibo 38cinque pani (e due pesci) 42"venti pani d'orzo

consumo 42mangiarono a sazietà 448mangiarono


e resto dodici ceste 44bne fecero avanzare

numero di commensali 445000 persone 438 100 persone

Mfinché vi sia ripresa tipologica, oltre al vocabolario - pani, man­


giare - è necessario il parallelismo fra gli intrecci e i personaggi. Ora,
in 2 Re 4 e in Mc 6, la complicazione deriva dall'ordine di Eliseo e di
Gesù, i quali invitano rispettivamente il servo e i discepoli a sfamare

23 Mc 6 ,4: Gesù diceva loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria,
tra i suoi parenti e in casa sua».
24 Per una rilevazione completa dei paralleli fra 2 Re 4,42-44 e Mc 6,36-44, si veda
J.-M. VAN CANGH, La multiplication des pains et l'eucharistie, Cerf, coli. Lectio divina
86, Paris 1975, 65-66.
48 Capitolo 3

una folla praticamente con quasi nulla. La reazione di impotenza


del servo e dei discepoli fa aumentare la sorpresa in entrambi i casi.
Ma Eliseo e Gesù sanno di poter sfamare la folla, e questo awiene.
Nell'uno e nell'altro episodio si sottolinea la potenza taumaturgica
del protagonista. In breve, il parallelismo semantico fra Eliseo e Gesù
invita a interpretare in modo figurale la loro relazione. Ricordiamo
che una tipologia eliseana non si contrappone a quella, eliaca, fra
Elia e Giovanni Battista, poiché Eliseo succede a Elia, come Gesù a
Giovanni Battista. Ma, se la relazione tipologica è abbastanza facil­
mente individuabile, il suo ruolo resta più difficile da determinare.
Siccome non viene segnalata nessuna reazione. da parte dei commen­
sali - né un apprezzamento orale né un riconoscimento elogiativo
- l'anagnorisis è richiesta soltanto dal lettore.
Infatti il lettore deve capire, grazie a episodi come quello della
moltiplicazione dei pani, in cui interviene la tipologia eliseana, che,
venendo dopo l'Elia della fine dei tempi, Gesù conclude la serie delle
figure profetiche. Egli deve anche chiedersi perché, in Mc 6,44 , le
folle saziate non elogiano il loro benefattore - nei racconti marciani
di miracoli, l' anagnorisis delle folle manca o rimane informe, come
in Mc 2 , 12 e 5,2025• Perlopiù i personaggi del racconto di Marco non
arriveranno mai a riconoscere e a confessare in Gesù il Messia e il
Figlio di Dio. E se i discepoli ci riescono (Mc 8 , 2 9 ) , il narratore ri­
corda che, tuttavia, essi non hanno compreso la portata cristologica
della moltiplicazione dei pani (Mc 6,5 2 ; 8,17 -2 1 ) . In illo tempore, né
le folle né i discepoli potevano giungere a un' anagnorisis perfetta,
che invece dovrebbe essere quella del lettore. Infatti, indicandogli
esplicitamente che la moltiplicazione dei pani e il camminare sulle ac­
que devono essere letti insieme per poter identificare correttamente
Gesù (Mc 6,52) , il narratore non si limita a rimandare il suo lettore
ai miracoli di Eliseo26, ma gli fa anche capire che Gesù è come YHWH

25 Mc 2, 12: «Non abbiamo mai visto nulla di simile! »; 5,20: «Tutti erano meravigliati».
26 TI passaggio del Giordano (2 Re 2,7-8.14. 15) e la moltiplicazione dei pani (2 Re
4,35-40).
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 49

durante l'Esodo, cioè capace di saziare il suo popolo e di dominare i


flutti - in altri termini: creatore e padrone degli elementi. L'accento
è anche qui sull'autorità (divina) di Gesù, come nell'episodio della
chiamata dei primi quattro discepoli.
Il lettore lo avrà intuito: l'uso che Marco fa di Eliseo è paradossale,
poiché la sua lettura figurale va al di là della synkrisis Eliseo/Gesù. Il
gesto eliseano, che si nutre altresì del suo modello esodale27, in realtà
in Marco serve a mostrare che Gesù è investito della potenza creatrice
di Dio. Questo è il paradosso: questa tipologia, essenzialmente duale,
basata sulla synkrisis fra tipo e antitipo, va al di là di se stessa, verso
Gesù, figura unica.

III. Gesù e la tipologia salmica

Durante il racconto del ministero di Gesù, i diversi personaggi si


interrogano sulla sua identità senza mai arrivare a un riconoscimento
soddisfacente. L'osservazione vale per i discepoli, poiché, pur confes­
sando che Gesù è il Messia, essi vedono in lui soltanto il re glorioso
della fine dei tempi, e Gesù deve correggere questa rappresentazione
unilaterale (Mc 8,3 1 -3 3 ) . Con il racconto della sua passione e della
sua morte, è infine escluso ogni riconoscimento vero da parte dei
personaggi. Non che il riconoscimento dell'identità di Gesù non sia
la sfida decisiva - al contrario - come indicano le sedute davanti al
Sinedrio e a Pilato, e soprattutto le provocazioni ai piedi della croce,
ma è il rifiuto definitivo, da parte di tutte le categorie del popolo, ad
. .
unporst.
L'assenza di anagnorisis orizzontale finale sembra minare il rac­
conto marciano della passione. Ma la morte di Gesù è seguita dalla
sua risurrezione, mediante la quale il Crocifisso schernito riceve da
Dio il riconoscimento più grande, quello della gloria e della signoria

27 Punto sottolineato dai commentatori recenti (Marcus, Yarbro Collins ecc.).


50 Capitolo 3

universale. J..}anagnorisis divina, verticale, dispensa da un' anagnorisis


orizzontale? In altri termini: perché Marco ha sistematicamente esclu­
so dal finale del suo racconto un qualunque riconoscimento orizzon­
tale - anche da parte dei suoi discepolF8?
Non dimentichiamo che a quell'epoca ci poteva essere soltanto una
biografia (bios) di uomini illustri. E Gesù non poteva esserlo, vista la
sua morte ignominiosa e il rifiuto di cui era ancora oggetto quando
il narratore marciano scrisse il suo racconto. ll genio di questo nar­
ratore fu di ricorrere a un modello biblico, quello delle suppliche
dei giusti perseguitati, grazie al quale egli mostrò che, avendo subìto
gli stessi tormenti e gli stessi rifiuti dei giusti dei salmi, Gesù doveva
essere riconosciuto solo da Dio. La forza persuasiva del suo racconto
della passione deriva dal fatto che ogni episodio riprende (almeno)
un motivo di tali suppliche, e che progressivamente viene costruita
una sjnkrisis che identifica Gesù e i fedeli perseguitati dei salmi.

l . l GIUSTI PERSEGUITATI DEI SALMI, TIPI DI GESÙ

In Gesù, una vita da raccontare, ho mostrato che il racconto della


passione in Marco era irrigato dalla tipologia salmica, poiché i giusti
perseguitati delle suppliche erano il tipo di Gesù che soffre e muore
sulla croce29• Ricordo qui i motivi principali a titolo informativo:

Unzione a Betania

Passi di Marco Passi delle suppliche

complotto enunciato 1 4, 1 -2 Sa/ 30/3 1 , 1 4;


dal Narratore 40/41 ,8-9; 63/64,
5-7; 70/7 1 , 1 Q-1 1

tradimento annunciato 1 4, 1 0-1 1 .20-2 1 Sa/ 40/41 , 1 O


dal Narratore

28 Ritorneremo più avanti sulla dichiarazione del centurione in Mc 15,39.


29 J.-N. ALETTI, Jésus, cit., 45-50 [trad. it., 52-58] .
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 51

Ultima cena di Gesù con i discepolt'

tradimento annunciato 1 4,1 7-2 1 Sa/ 40/41 , 1 0


d a Gesù

annuncio da parte di Gesù 1 4,26-3 1 Sa/ 30/3 1 , 1 2/1 1 ;


della fuga dei discepoli 87/88,1 9

Getsemani
• La preghiera di Gesù vv. 32-42

preghiera, detta da Gesù 1 4,32b Sa/ 1 08/1 09,4

stato d'animo 1 4,34 Sa/ 41 /42,6.1 2;


di Gesù annunciato 42/43,5; 54/55,
da Gesù 3.5; 3 7/38,1 1 ;
1 08/1 09,2 1 /22

supplica enunciata da Gesù 1 4,36 Sa/ 88/89,27;


39/40,8

consegnato ai peccatori, 1 4,41 Sa/ 1 39/1 40,5;


dichiarazione di Gesù ai discepoli 87/88,9

• L'arresto vv. 43 -52

. la fuga dei discepoli, 1 4,50 Sa/ 30/3 1 , 1 2/1 1 ;


detto dal Narratore 87/88, 1 9

i l rinnegamento d i Pietro, 1 4,54 Sal 3 7/ 3 8 , 1 2 stessa


detto da Pietro e dal Narratore «da lontano» espressione avverbia-
le, apò makr6then =«da
l ontano»

I processi

• Davanti al Sinedrio 14,59-72

complotto per condannare, 1 4,55 Sa/ 36/37,22;


detto dal Narratore 1 08/1 09,2; 30/3 1 , 1 4

false testimonianze, detto dal Nar- 1 4,57 Sa/ 34/35, 1 1


ratore e dai personaggi
52 Capitolo 3

silenzio di Gesù, 1 4,60 Sa/ 38/39, 1 o


detto dal Narratore

oltraggi, 1 4,65 Sa/ 68/69,8


detto dai personaggi
e dal Narratore

• Davanti a Pilato 15 ,2 - 15

oltraggi, detto dal Narratore e dai 1 5,1 6-20 Sa/ 68/69,8


soldati

La morte in croce 15, 1-3 7


divisione delle vesti tirate a sorte, 1 5,24 Sa/ 2 1 /22, 1 9
detto dal Narratore

derisioni degli avversari, 1 5,29-34 Sa/ 43/44, 1 5- 1 6


detto dai personaggi

scuotono la testa, 1 5,29 Sa/ 2 1 /22,8


detto dal Narratore

tentano Gesù, detto dal Narratore 1 5,30-3 1 Sa/ 21 /22,9; 70/71 ,1 1


e dai personaggi

«tu il Cristo», 1 5,32 Sa/ 88/89,39.52


detto dai personaggi

ultimo grido di Gesù 1 5,34 Sa/ 21 /22,2

gesto del soldato con l'aceto, 1 5,36 Sa/ 68/69,22


detto dal Narratore

Le allusioni sono fatte beninteso soltanto per il lettore, poiché


- lo avremo senza dubbio notato - tranne Gesù30, i personaggi del
racconto non sanno di vivere il dramma descritto nelle suppliche:
perfino quelli che sono ai piedi della croce e scherniscono Gesù non
sono consapevoli di svolgere il ruolo di nemici di Dio; sono perfino
convinti del contrario, mentre, per i giusti delle suppliche, i loro
nemici sono anche e soprattutto dei nemici di Dio.

30 Affermazione che trova conferma in Mc 14,2 1 .49.


Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 53

2. LA LOGICA DEL RICORSO ALLE SUPPLICHE

Le corrispondenze fra le suppliche dei giusti perseguitati e il rac­


conto marciano della passione non sono né occasionali né fortuite.
Per mostrarlo, basta considerare le scene ai piedi della croce. Marco
vi riprende la progressione del Sal 2 1/22, capovolgendola. Infatti,
se le suppliche partono dal grido del salmista per poi enunciarne le
ragtont,

grido «In soccorso», «grido a Dio», «Dio,vieni in mio aiuto», ecc.

ragioni i nemici vogliono la rovina del fedele;


complottano, tramano i loro agguati, sogghignano ecc.
Dio è il solo a poter salvare il giusto dalla morte

in un racconto, le componenti grido/ragioni devono essere capo­


volte,

ragioni l nemici del protagonista vogliono la sua rovina e complot-


ta no contro di lui,
Essi lo accusano, lo condannano e lo portano verso un luogo
di supplizio

grido per questo il giusto si rivolge a Dio gridando: «Dio, vieni in


mio aiuto» ecc.

Ecco perché le scene ai piedi della croce in Marco riprendono in


ordine inverso alcuni motivi del Sal 2 1/22 :

Sa/ 2 1 /22 = supplica


l Mc 1 5 = racconto

(a) il perseguitato invoca Dio (v. 2) (b) cause che preparano il grido:

X
azioni: divisero le sue vesti
(v. 24b)
parole: insulti (v. 29b)
(b) cause che giustificano il grido
parole: insulti (v. Ss.) (a) Gesù invoca Dio (v. 34)
azioni: vesti divise (v. 1 9)

L'ordine doveva essere capovolto, poiché la supplica comincia con


il grido (a) e, solo dopo, ne enuncia le motivazioni, cioè la situazione
54 Capitolo 3

mortifera del supplice (b) , mentre, nel racconto, le azioni e le parole


dei nemici (h) hanno l'effetto di provocare la reazione di colui che è
aggredito, Gesù (a).
La disposizione delle scene ai piedi della croce autorizza a con­
cludere che gli episodi precedenti, a partire dall'ultima cena, han­
no la funzione di accumulare le ragioni che conducono al grido
di Gesù: oggetto di complotto, di tradimento, di false accuse, di
oltraggi, messo in croce, egli si rivolge infine a Dio riprendendo
le parole dei salmisti perseguitati. I numerosi paralleli semantici
mostrano che esiste una relazione tipologica fra i supplici dei salmi
e Gesù3 1• La tipologia non ha soltanto determinato la scelta degli
episodi e delle scene, ma ha permesso anche di descrivere il dram­
ma vissuto da Gesù, a guisa dei supplici dei salmi. Infatti, nelle
suppliche, l'innocente minacciato di morte non è riconosciuto da
nessuno; tutti i suoi amici, e Dio stesso, a quanto sembra, lo hanno
abbandonato. Il modello ripreso dal narratore vieta al protagonista
Gesù di essere riconosciuto dagli altri personaggi del racconto,
poiché il non-riconoscimento di tutti gli altri personaggi fa parte
integrante del modello.
Il narratore marciano mostra che non vi fu alcun riconoscimento
finale da parte degli altri attori umani, poiché non doveva esserci.
Egli ha superato la difficoltà sottolineando che Gesù, essendo nella
stessa situazione degli innocenti delle suppliche, non poteva e non
doveva essere oggetto di riconoscimento umano e, dunque, che il
suo racconto non poteva terminare con un tale riconoscimento. In
Marco, come nel modello veterotestamentario seguito, non sono i
personaggi umani a determinare il valore e lo status del protagonista,
ma soltanto Dio. Il narratore di Marco ha così trovato un modello in
cui il riconoscimento finale dei personaggi umani non ha ragione di

31 La relazione tipologica non impedisce che ci siano differenze tra i figuranti dei salmi
e il figurato Gesù. Così, la richiesta di distruzione totale dei nemici, riscontrabile in un
certo numero di queste suppliche (cfr. Sal 16/17,13; 27/28,4; 30/3 1 , 18-19; 34/35,3-8;
58/59,14; 69n0,3-4; 140/14 1 ,7 . 1 0), non si trova evidentemente sulle labbra di Gesù.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 55

essere. Tutto sommato, il racconto marciano non finisce con il rifiuto


dei correligionari di Gesù. Per bocca del giovane di Mc 16,6-7, araldo
divino, il riconoscimento divino, l'unico che conti, ha avuto luogo
effettivamente, poiché Gesù è risuscitato dai morti. Il riconoscimen­
to finale dunque avviene. ll genio di Marco non consiste nell'averlo
eliminato, ma, grazie al modello scelto per caratterizzare l'insieme
dei suoi personaggi - quello delle suppliche dell'innocente perse­
guitato dei salmi - lo ha fatto dai personaggi umani (riconoscimento
orizzontale, essenziale secondo i canoni greci) al personaggio divino
(riconoscimento verticale).

3. IL GRIDO m GEsù32

Un'invocazione di aiuto
In Gesù, una vita da raccontare, ho dichiarato parecchie volte che
non si poteva interpretare correttamente il grido di Gesù in Mc 15 ,34
se lo si separava dal modello a cui esso appartiene33• La mia posizione
non è cambiata, ma qui mi viene data l'occasione di esplicitarla.
Siccome Marco segue fedelmente il modello delle suppliche dei
giusti perseguitati, bisogna prima di tutto ricordare che il grido ini­
ziale è un'invocazione di aiuto. Se l'orante rivolge il suo grido a Dio,
è perché si aspetta da lui un intervento rapido, dato che la morte è
vicina. Il grido deriva certamente da una derelizione reale - «stato
di abbandono e di solitudine morale completa», così la definiscono
i dizionari -, ma quest'ultima non è espressa nel grido, ma piuttosto
nelle ragioni che lo accompagnano. li grido è una richiesta di soc­
corso e di salvezza rivolta a Dio. Se d'altra parte il supplice invoca, è
perché spera di ricevere da Dio l'aiuto. Sarebbe incoerente rivolgersi

32 Per uno status quaestionis sull 'interpretazione del grido di Gesù in croce, si veda
H.J. CAREY, ]esus' Cry /rom the Cross. T owards a First-Century Understanding o/ the
Intertextual Relationship between Psalm 22 and the Na"ative o/ Mark's Gospel, T & T
Clark, coli. LNTS 398, London - New York 2009, 1-28.
33 J.-N. ALETTI, ]ésus, cit., 48 [trad. it., 55] .
56 Capitolo 3

a Dio, se non si sperasse di ricevere nulla da lui. Dunque il grido non


denota alcuna disperazione34•

La certezza della salvezza?


Tuttavia, visto che riprende il Sa/ 2 1122 - «Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» - l'invocazione sembra tingersi di un
rimprovero che ritroviamo in altri salmi: «Signore, non essere sordo»,
«Non tacere», «Non stare lontano»35 • L'orante può dire del resto:
«Non essere sordo !» se, e soltanto se, egli ha invocato incessantemen­
te, e se la derelizione dura da molto tempo. E può muovere rimpro­
veri soltanto se lui stesso è fedele. Ecco perché nella maggior parte
delle suppliche individuali, gli oranti dicono di essere innocenti, e che
Dio è stato «da sempre il loro Dio» (Sa/ 2 1/22 , 1 1 ) . Gesù rimprovera
dunque a Dio di averlo abbandonato?
Dichiarare che Dio tarda a intervenire può indurre l'innocente
bistrattato e perseguitato a chiedersi se Dio lo annovera ancora tra i
suoi fedeli - lui che ha promesso di venire in loro aiuto. Se non viene
in suo soccorso, non sarebbe perché non lo considera più tale? Si
potrebbe obiettare che la domanda: «Dio mio, perché mi hai abban­
donato?» denota una fede vacillante. Non è così: questa invocazione
di aiuto manifesta al contrario una fede che non può più nemmeno
poggiare sulla certezza della prossimità di Dio, una fede che spera
contro ogni speranza.
In Mc 1 5 ,34 , ì termini greci per formulare l'interrogativo sono eis
ti, che possiamo tradurre: «A che scopo?». Gesù chiederebbe allora
a Dio di indicargli la finalità dell'abbandono in cui lo ha lasciato.
Questa lettura non cambia in alcun modo la problematica: il supplice
ignora le vie di Dio; se Dio non viene in suo aiuto, mentre dichiara

34 Per Carey, con il suo grido, Gesù chiede a Dio di fargli giustizia più di quanto
esprima la sua afflizione. ll modello seguito molto fedelmente dal narratore marciano
obbliga a non separare i due punti di vista.
35 Cfr. Sa/ 27/28,1; 34/35 ,22; 3 8/39,13 ; 82/83 ,2; 108/109,1 .
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 57

peraltro di proteggere dal pericolo coloro che gli sono fedeli36, il


dramma del giusto diventa un dramma divino37. In certe suppliche, è
vero, l'arante che attende il soccorso divino dichiara di essere sicuro
che la sua invocazione sarà ascoltata, che egli è stato perfino esaudi­
to38. n Sa/ 2 1/22, che termina con un'azione di grazie per l'aiuto ri­
cevuto (vv. 23-32), ha fatto dire all'uno o all'altro commentatore che,
pronunciando le prime parole del salmo, Gesù intendeva dire che
sarebbe stato certamente soccorso, e che Dio sarebbe stato lodato per
avere operato la sua salvezza. Tuttavia non possiamo interpretare il
grido di Gesù in Mc 15 ,34 in relazione con il solo Salmo 2 1/22 , poiché
i motivi salmici del racconto marciano della passione - complotto,
tradimento, abbandono da parte degli amici, false accuse ecc. - sono
di gran lunga più numerosi di quelli enumerati in questo salmo. In
realtà sono tutte le suppliche dei giusti perseguitati ad essere riprese
da Marco, come se potessimo leggere nella passione di Gesù le dere­
lizioni di tutti gli innocenti del passato biblico.
Bisogna quindi interpretare il grido di Gesù in relazione con tutte
le suppliche dei giusti perseguitati. Ora, in queste suppliche, se le
invocazioni di aiuto sono rivolte a Dio, è perché egli risponda. Ana­
logamente, le descrizioni della derelizione in cui si trovano gli aranti
hanno la funzione di ricordare a Dio l'urgenza e e la fondatezza
dell'invocazione. Le due interpretazioni proposte in precedenza
non si escludono dunque: l'arante grida per dire la sua sofferenza,
_
ma anche perché spera nella salvezza di Dio. n narratore di Marco,
avendo costruito fedelmente il suo racconto della passione sul mo­
dello di tali suppliche, conferisce al grido di Gesù questa duplice
connotazione.

3 6 Cfr. , per esempio, tutto il Sa/ 90/91 .


37 Non dimentichiamo inoltre che l' eis ti è presentato esplicitamente dal narratore
come una traduzione del !mb aramaico, che deve prevalere sulla traduzione tanto più
che genera il malinteso fra Eli (<<Dio mio») ed Elia (il profeta) .
3 8 Cfr , per esempio, Sa/ 27/28, 6 8
- .
58 Capitolo 3

4. "VANAGNÒRISIS E LA DICHIARAZIONE DEL CENTURIONE

n modello delle suppliche dei giusti perseguitati, seguito da Marco


per la passione, ha permesso, come abbiamo dichiarato in preceden­
za, di escludere ogni anagntJrisis orizzontale. La dichiarazione del
centurione, in Mc 15 ,39: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio ! »
sembra nondimeno contraddire un tale discorso.
Di recente, è vero, il versetto non è più stato letto come una con­
fessione di fede, ma come un enunciato piuttosto aggressivo, o addi­
rittura ironico. Infatti il narratore dice che il centurione si trova «di
fronte a>> (in greco, e:X enantias) Gesù. Orbene, nella Bibbia greca,
il sintagma ex enantias seguito dal genitivo è quasi sempre usato nei
racconti di battaglia39; e per questo si è pensato che «se la descrizione
spaziale del centurione, in piedi e dinanzi a Gesù (ex enantias autu),
ha una qualunque forza metaforica o simbolica, essa può benissimo
manifestare il ruolo primario del centurione come nemico o come
qualcuno che lo mortifìca>>40• Come si è detto nel capitolo precedente,
è importante usare con la massima prudenza il vocabolario. Certo,
il centurione, essendo un soldato ed essendo stato probabilmente
presente alla flagellazione, può avere una reazione bellicosa dinanzi
alla morte di Gesù e ritenere che egli abbia avuto una morte merita­
ta, e allora la sua dichiarazione deve essere letta come un'antifrasi.
Detto ciò, un esame del contesto letterario immediato non è super­
fluo. Prima della reazione del centurione, Marco ha inserito infatti un
enunciato sul velo del tempio: «li velo del tempio si squarciò in due,
da cima a fondo» (Mc 15,38). Poiché il centurione si trovava a più di
cinquecento metri dal santuario e non aveva potuto assistere al feno­
meno, l'informazione è fornita evidentemente soltanto per il lettore.
Dopo tutto, l'enunciato del v. 3 9 non rimanda al velo che si squarcia,
ma a ciò che il soldato ha visto, come osserva il narratore: « [ ] . . .

39 Circa 50 x. Es 14,2-3 : Gs 8, 1 1 ecc.


40 A. YARBRO CoLUNS - H. W. ATIRIDGE, Mark, cit., 7 65 [trad. it., Vangelo di Marco,

2 voll., Paideia, Brescia] .


Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 59

avendolo [Gesù] visto (greco: ìdon) spirare in quel modo (hutos)».


Tuttavia, siccome la sua dichiarazione è preceduta dall'informazione
sul velo, il lettore deve interpretarla in relazione a questo evento41• La
lacerazione completa della cortina che vietava di entrare nel Santo dei
Santi simboleggia il libero accesso di tutti a Dio: tutti ormai possono
conoscerlo, grazie alla morte di Gesù sulla croce. Tutti, cioè anche i
pagani. È perché Gesù è morto che Dio ormai è accessibile a tutti,
e che il centurione pagano può, per primo, dire ciò che dice. Ma il
lettore deve anche capire che, dicendo questo, è di fronte a Dio stesso
che il centurione si trova, senza saperlo.
La dichiarazione del centurione è e deve essere una confessione,
un' anagnorìsìs. Però essa non basta da sola per rispondere ai requisiti
che i Greci imponevano per i bioì. Infatti il centurione è solo, ano­
nimo e straniero. La sua confessione non fu affatto condivisa dagli
lsraeliti della Giudea e della Diaspora di allora. Limitata e incoativa,
nondimeno essa valorizza il primo effetto della morte di Gesù, cioè
il riconoscimento futuro da parte delle nazioni pagane.

5 . TIPOLOGIA E ANAGNORISIS

Gli studi sulla tipologia neotestamentaria dicono in generale che


l'antitipo Gesù conduce alla perfezione ciò che fu operato e vissuto
dai tipi veterotestamentari. Ma, supponendo che questa connota­
zione sia presente, essa non predomina nel racconto marciano del­
la passione: non vi si dice che il grido di Gesù e le sue sofferenze
portano alla perfezione quelli dei giusti perseguitati delle suppliche.
Infatti, in questo racconto, il ruolo primario della tipologia consiste
nel raccogliere la sfida dei bioì di allora - in altri termini, nel mostrare
che, pur essendo morto in croce, Gesù era nondimeno degno del più

41 Su questo versetto, si veda B.K. GAMEL, Mark 15:39 as a Markan Theology o/


Revelation, T & T dark, coll. L NTS 574, Bloomsbury 2017, in particolare le pp. 69-
1 14 . Per questo autore, la menzione della lacerazione del velo dà la chiave di lettura
dell'enunciato del v. 39 (87s.).
60 Capitolo 3

alto riconoscimento, quello stesso di Dio, e che un riconoscimento


orizzontale, da parte dei suoi correligionari, e a fortiori degli stranieri,
non era un criterio pertinente ed essenziale per determinare l'eccel­
lenza del suo personaggio.

Conclusioni

Quando il narratore marciano racconta i miracoli di Gesù ricor­


rendo lui stesso alla tipologia, abbiamo visto che rimanda piuttosto a
Eliseo e, indirettamente, ai «segni e prodigi» operati da Dio durante
l'Esodo. Di conseguenza, possiamo chiederci perché non ha insistito
(come faranno Matteo e Luca) sul fatto che, essendo un profeta, Gesù
non poteva che essere stato, come i profeti, rifiutato e messo a morte
dai suoi correligionari. Come gli altri due Sinottici, Marco avrebbe
mostrato allora che, lungi dall'essere controproducenti, il rifiuto e
la morte subiti da Gesù confermavano invece la sua identificazione
come profeta. Se non l'ha fatto, evidentemente è per non seguire co­
loro che identificavano Gesù con Elia, poiché per lui questo profeta
era il tipo soltanto di Giovanni Battista. E siccome né Elia né Eliseo
subirono la morte dolorosa della maggior parte dei profeti, egli do­
vette trovare un altro modello per narrare la passione.
La tipologia fu dunque necessaria per rispondere allo scandalo
di un Messia morto in croce e ad un'impossibile anagnorisis. In altri
termini, senza un ricorso alla tipologia, il narratore marciano non
avrebbe mai potuto scrivere una vita (bios) di Gesù. Tutto si giocò
nel racconto della passione e della morte in croce. Nel suo ministero,
Gesù era stato identificato dalle folle con Elia o con uno degli antichi
profeti. Ma si sarebbe sempre potuto dire42 che egli aveva sedotto e
ingannato un "popolino" di analfabeti e ignoranti, e che la sua morte

42 E, come ho segnalato in Gesù, una vita da raccontare, fu un'accusa che si diffuse


fm dalla fine del I secolo.
Cristologia e tipologia nel racconto di Marco 61

in croce aveva infine manifestato la sua vera identità, quella di un


bestemmiatore. Fu dunque il ricorso ai personaggi che erano i tipi
delle suppliche individuali ad aprire la porta del genere biografico
ai primi scrittori cristiani.
4.

Cristologia e tipologia
nel racconto di Matteo

TI racconto della passione di Marco ha mostrato perché e come la


tipologia abbia potuto fornire una risposta allo scandalo di un Messia
morto in croce. Per rispondere alla stessa difficoltà, il macro-racconto
di Matteo ha proceduto in maniera analoga o si è avvalso di un altro
modello1?
Tenuto conto della caratterizzazione di Gesù, se in Marco la tipo­
logia è usata in modo cospicuo soltanto nel racconto della passione,
in Matteo è disseminata nel corso di tutto il macro-racconto; essa
è evidentemente utilizzata nel suo racconto della passione, che ri­
sponde alla stessa sfida che in Marco, cioè quella di un' anagnorisis
finale, ma è presente fin dal racconto detto dell'infanzia (Mt 1-2) e
prosegue con l'aiuto di diversi tipi - Mosè, Geremia ecc. - nel corso
di tutto il ministero. Le scelte tipologiche del racconto matteano
sono, lo vedremo, decisive per comprendere la sua finalità e lo status
che esso si dà.

1 In Gesù, una vita da raccontare, bo detto perché, quando si prende in considerazione


la questione biografica, il macro-racconto di Marco deve essere dichiarato anteriore a
quelli di Matteo e di Luca. Senza riprendere la dimostrazione, aggiungerò soltanto qui
che una disamina della tipologia dei Sinottici si può fare senza che si abbia bisogno di
interrogarsi sulle questioni cronologiche.
64 Capitolo 4

I. Tipologia salmica

Come il racconto della passione in Marco, quello di Matteo segue il


modello delle suppliche dei giusti perseguitati. Nei riquadri che seguo­
no, ogni episodio di Mt 26-27 riprende un motivo di queste suppliche,
a partire dal complotto e dal tradimento fino al grido finale. Come
quello di Marco, il racconto matteano della passione squalifica ogni
riconoscimento/anagnorisis dei correligionari di Gesù, e considera
pertinente soltanto quello di Dio che risuscita Gesù. Tuttavia, mentre
in Marco Pilato non dichiara Gesù innocente - in Mc 15,14 egli chiede
solamente a proposito di Gesù: «Che male ha fatto?» -, in Matteo,
senza giungere al punto di dichiarare esplicitamente Gesù innocente,
a differenza di sua moglie (Mt 27 ,19), egli si svincola dalla volontà del
popolo che grida: <<A morte ! », con un'espressione nondimeno sor­
prendente perché rovescia i ruoli: «Sono innocente (atho6s) di questo
sangue !». Chi è innocente, Pilato o Gesù? Poiché il racconto matteano
insiste sul rifiuto di Gesù da parte del suo stesso popolo, questa modi­
fica non infida né la forza né la portata del modello salmico.

l . RACCONTO DELLA PASSIONE E TIPOLOGIA SALMICA

Unzione a Betania

Passi di Matteo Passi dei Salmi dell'Al

complotto, 26, 1 -5 Sa/ 30/3 1 , 1 4;


detto dal Narratore 63/64,5-7; 70/7 1 , 1 Q-1 1

tradimento, 26, 1 4- 1 6 Sa/ 40/41 , 1 0


detto dal Narratore

Ultima cena di Gesù con i discepoli

Passi di Matteo Passi dei Salmi dell'Al

annuncio da parte 26,20-25 Sa/ 40/41 , 1 0


di Gesù del tradimento
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 65

annuncio da parte 26,3o-35 Sa/ 30/3 1 , 1 2/1 1 ;


d i Gesù della fuga 87/88, 1 9
dei discepoli
e del rinnega mento

Getsemani
• La preghiera di Gesù

preghiera, 26,39-42 1 08/1 09,4


detto da Gesù

stato d'animo di Gesù, detto 26,37-38 41 /42,6.1 2; 42/43,5; 54/55,3.5;


dal Narratore e da Gesù 37/38,1 1 ; 1 08/1 09,21 /22

supplica, detto da Gesù 26,39 88/89,27; 39/40,8

consegnato ai peccatori, 26,45 1 39/1 40,5; 87/88,9


detto da Gesù

• L'arresto

debolezza dei discepoli, 26,3o-31 Zc 1 3,7


detto da Gesù

abbandono da pa rte dei di- 26,56 30/3 1 , 1 2/1 1 ;


scepoli, detto dal Narratore 87/88, 1 9

Pietro segue da lontano, 26,58.69-75 3 7/38,1 2 stessa espressione


rinnega, detto dal Narratore avverbiale, apò makr6then =

e da Pietro da lontano

I processi

• Davanti al Sinedrio

Passi di Mt Passi dei Salmi de l l'AT

vogliono la sua morte, detto 26,59.66 36/37,22; 1 08/1 09,2;


dal Narratore e dai Sined riti 30/3 1 , 1 4

false testimonianze, detto dal 26,6o-61 34/35,1 1


Narratore e dai personaggi
66 Capitolo 4

si lenzio di Gesù, detto dal 26,63 38/39, 1 0


Narratore e dal sommo sa-
cerdote

oltraggi, detto dal Narratore 26,67-68 68/69,8


e dagli oppositori

• Davanti a Pilato

oltraggi dei soldati, detto 27,27-3 1 68/69,8


dal Narratore e dai soldati

La morte in croce

Passi di Mt Passi dei Salmi deii'AT

le vesti di Gesù tirate a sorte, 27,35 2 1 /22,1 9


detto dal Narratore

derisioni da parte deg l i av- 27,39.41 -44 43/44, 1 5-1 6


versari, detto dai passanti

fiele/aceto 27,34 68/69,22


dato da bere,
detto dal Narratore

scuotono il capo, 27,39 21 /22,8


detto dal Narratore

tentano Gesù, detto dal Nar- 27,39-43 2 1 /22,9; 700 1 , 1 1


ratore e dagli oppositori

ultimo grido di Gesù, 27,46 2 1 /22,2


detto da Gesù

gesto del soldato, 27,48 68/69,22


detto dal Narratore

Il grido di Gesù e la confessione dei soldati

L'ultimo grido di Gesù (Mt 27 ,46) e la confessione dei soldati (Mt


27 ,54) sono da interpretare come in Marco. Ma il centurione, sol­
tanto in Marco, ormai è accompagnato da tutti i subalterni incaricati
di sorvegliare la tomba per affermare: «Davvero costui era Figlio
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 67

di Dio ! ». Le ragioni per cui questi uomini fanno atto di anagnorisis


sono diverse: non si tratta più del modo in cui Gesù è spirato, ma dei
segni apocalittici che ne orchestrano la morte; quest'ultima non è più
soltanto quella di un giusto perseguitato, ma l'avvento dell' éschaton
(Mt 27 ,54) .
Fino alla morte di Gesù, il narratore matteano segue il modello
delle suppliche dei giusti perseguitati per sottolineare il rifiuto di
Gesù da parte di quelli del suo popolo, ma ciò che avviene in seguito
è interpretato in modo apocalittico.

Le ragioni del modello salmico


La scelta del modello salmico per narrare la passione potrebbe
stupire. Infatti, come Luca, anche Matteo sviluppa del resto una ti­
pologia profetica, più precisamente geremiana, come vedremo. Ora,
il modello profetico combina il riconoscimento e il rifiuto: i profeti
sono rifiutati e messi a morte prima di essere riconosciuti come tali.
Se il narratore matteano articola il riconoscimento, che predomina
piuttosto durante il ministero in Galilea, e il rifiuto, che è espresso
fin dalla nascita di Gesù (Mt 2) ed è consumato durante la passione,
egli non ha potuto ispirarsi ai racconti della morte dei profeti, poiché
quelli che circolavano erano troppo brevi e non corrispondevano ai
numerosi episodi della passione di Gesù. Ma egli aveva a disposizione
quello di Marco e, di conseguenza, il modello delle suppliche, grazie
al quale si sottolineava l'assenza di ogni anagnorisis da parte dei cor­
religionari di Gesù. Senza rischiare di sbagliarci, possiamo affermare
che il modello salmico, in cui tutti si coalizzano contro l'innocente,
ha permesso al narratore matteano di riprendere un t6pos allora ben
noto sull'indocilità continua che portava gli Israeliti a rifiutare e a
'
mettere a morte gli inviati di Dio. li suo racconto testimonia un as­
senza di conversione e un rifiuto ancora più grave, poiché è quello
dell 'inviato per eccellenza, il Messia di Dio.
68 Capitolo 4

2 . ALLUSIONI A GEREMIA NEL RACCONTO DELLA PASSIONE

Sebbene il racconto matteano della passione si ispiri in larga mi­


sura alle suppliche dei giusti perseguitati, esso sembra riecheggiare
l'uno o l'altro motivo del libro di Geremia. In primo luogo, la volontà
di mettere a morte il profeta (Ger 1 1 ,2 1 )2 espressa da m�acce che
rimandano a Ger 37 /44 ,20; 3 8/45 , 15 .26. Poi, una citazione molto
probabile: Ger 26/3 3 , 15, ripreso in Mt 27 ,4 e 27 ,25, che denota una
ripresa tipologica3:

Ger 26/33,1 5 Mt 2 7,4 e 25

(se mi mettete a morte, v. 4, Giuda: «Ho peccato, perché ho tra-


avrete) dito
il mio sangue innocente (htiima athOon) sangue innocente»
(su di voi)

(avrete il mio) sangue (innocente) su di v. 25, il popolo: «Il suo sangue ricada su
voi (eph'hymas) di noi»

In Mt 27,9-10, il narratore cita esplicitamente Geremia:

Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
E presero trenta monete d'argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu
valutato dai figli d'Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi
aveva ordinato il Signore.

Questa citazione composita (Zc 1 1 , 12 - 13 e Ger 32,8-9) è attribui­


ta a Geremia poiché, secondo i commentatori, allora egli era più
conosciuto di Zaccaria. Anche se le regole seguite da Matteo per
combinare questi due passi non sono fra le più facili da determi-

2 Ger 1 1 ,2 1 : «Riguardo agli uomini di Anatòt che vogliono la mia vita e mi dicono:
"Non profetare nel nome del Signore, se no morirai per mano nostra", così dice il
Signore degli eserciti [. . ]». li sintagma greco zetéo (tèn) psycben, <<Volere la vita di>>, è
.

ripreso forse da Ger 1 1 ,2 1 in Mt 2 , 19. Si veda anche Ger 26/33 , 1 1 .


3 Come è stato detto nel cap. 2, i termini comuni ai passi dell'AT e del NT non basta­
no. Deve esistere anche il parallelismo semantico, fra Geremia e Gesù, fra gli oppositori
di Ger 26/33 e quelli di Mt 27.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 69

nare4, è evidente che l'episodio fu inserito in questo punto del suo


racconto della passione per affermare che i personaggi del racconto
riconoscono loro stessi la loro responsabilità: Giuda esplicitamente
e i sommi sacerdoti implicitamente. Infatti, se il primo dice aper­
tamente di avere consegnato sangue innocente, i sommi sacerdoti,
non lasciando le trenta monete d'argento nel santuario, riconoscono
anche loro che è il prezzo del sangue (Mt 27 ,6), ma, dicendo ciò, si
tradiscono ( ! ) e ammettono implicitamente di avere corrotto Giu­
da con del denaro5 • Quanto alle trenta monete d'argento, esse sono
menzionate per indicare, con l'aiuto dell'oracolo di Zc 1 1, 12-13 , che
è una somma irrisoria:«Questa grandiosa somma, con cui sono stato
da loro valutato ! », ironizza YHWH (v. 12) 6 • Trenta monete d'argento,
il prezzo pagato per mettere a morte Gesù.
Come interpretare questi echi che rimandano al personaggio Ge­
remia? Le rievocazioni dell'innocenza di Gesù e, all'opposto, della
responsabilità dei suoi oppositori, rinviano con ogni evidenza alla si­
tuazione di Geremia e ci fanno dire che, se il modello salmico prevale
a livello narrativo, in realtà esso è al servizio della tipologia profetica.
Non avendo alcun racconto su profeti messi a morte, il narratore
matteano ha adottato il modello marciano delle suppliche, ma vi ha
inserito delle allusioni a Geremia, profeta innocente, minacciato di
morte, di cui la tradizione diceva che era stato lapidato per far capire
che la morte di Gesù era quella di un profeta. Per essere sicura, que­
sta lettura deve verificare se, nel resto del macro-racconto matteano,
esistono allusioni a Geremia che delineano progressivamente una
relazione tipologica.

4 BEN WmrnRINGTON III parla di «ginnastica esegetica>> (Matthew, Balentine, coli.

Smyth & Helwys Bible Commentary, Macon/GA 2006, 507).


5 BEN WITHERINGTON rimanda a Dt 27,25 : «Maledetto chi accetta un regalo per
condannare a morte un innocente! » (ibid. ). La dichiarazione vale a fortiori per l'autore
della corruzione.
6 Si veda anche Es 2 1 ,32: se un bue colp isce uno schiavo, il proprietario del bue non
sarà lapidato, ma darà trenta sicli di argento.
70 Capitolo 4

II. Tipologia profetica

l . l PROFETI IN MATTEO

n narratore matteano utilizza più degli altri racconti evangelici il


sostantivo pro/eta e il verbo pro/etizzare7, in particolare nelle formule
dette di compimento8• Quanto all'interpretazione tipologica in mate­
ria di profezia, essa è enunciata dal narratore, dalle folle o da Gesù.

Il narratore

n narratore matteano lascia praticamente sempre gli enunciati ti­


pologici ai personaggi del suo racconto. La sola volta in cui lui stesso,
come narratore, utilizza la tipologia si trova in Mt 3 ,4, in cui egli lascia
intendere, grazie a un'eco scritturale9, che Giovanni Battista è l'an­
ticipo di Elia10 - una lettura esplicitamente confermata in seguito da
Gesù: <<E, se volete comprendere, è lui [Giovanni Battista] quell'Elia
che deve venire>> (Mt 1 1 , 14) .
Il lettore non dovrebbe stupirsi se anche il narratore usa di rado
(come narratore, s'intende) la tipologia profetica per descrivere
Gesù. Poiché spetta ai personaggi del racconto pronunciarsi su Gesù,
egli lascia loro la responsabilità di questa identificazione e si limita
a riferire, in Mt 2 1 ,46: « U capi dei sacerdoti e i farisei] cercavano di
catturarlo [Gesù] , ma ebbero paura della folla, perché lo considerava
un profeta».

7 Profeta (greco: prophetls) Mt 34 x; Mc 6 x; Le 28 x; Gv 14 x; profetizzare (greco:


prophetéuo) Mt 4 x; Mc 2 x; Le 2 x; Gv l x.
8 Mt 1 ,22; 2,5. 16.17; 3 ,3 ; 4,14; 8,17; 2 1 ,4 . Gesù usa per due volte la formula di com­
pimento in Mt 12,17 (Is 42 ,1-4) e 13 ,35 (Sal 77n8,2).
9 Mt 3 ,3 : «Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sen­
tieri! ». Cfr. Is 40,3-4.
10 Mt 3 ,4 che riprende Mc l ,6: «E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello
e una cintura di pelle attorno ai fianchi, il suo cibo erano cavallette e miele selvatico».
Cfr. 2 Re 1 , 18.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 71

Giovanni Battista e Gesù per le folle


Perfino gli oppositori di Gesù lo ammettono (Mt 2 1 ,26.46) : per
le folle, Giovanni Battista e Gesù sono dei profeti. Quando Gesù
chiede ai suoi discepoli che cosa si dice di lui, questi gli rispondono
con un'identificazione profetica: Elia, Geremia, uno degli (antichi)
profeti (Mt 16, 14). 1n occasione dell'ingresso a Gerusalemme, la città
in subbuglio interroga le folle sull'identità di colui che esse acclama­
no, e queste si esprimono come hanno fatto in precedenza: «Questi
è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 2 1 , 1 1 ) . Al termine del
suo ministero itinerante, Gesù è dunque riconosciuto proprio come
profeta dall'insieme della popolazione - eccettuati i sommi sacerdoti
e i farisei - e questa anagnorisis non è corretta né dal narratore né da
Gesù, come vedremo adesso.

Gesù e i profeti
Quando Gesù parla dei profeti e si designa in modo obliquo come
tale (Mt 13 ,53 ) , è per evocare il suo rifiuto e la sua messa a morte (Mt
5, 12; 23 ,3 0.34.37)11. 1n Mt 12,39, egli annuncia perfino in modo allu­
sivo la propria morte, che presenta come segno (profetico) menzio­
nando il soggiorno di Giona nel ventre del mostro marino12, facendo
così di se stesso l'antitipo di questo profeta. Knowles vede anche a
ragione nella versione matteana della parabola dei vignaioli omicidi
(Mt 2 1 ,33 -44) l'uno o l'altro indizio a favore di una tipologia geremia­
na13. 1nfatti, al v. 35, il verbo <<lapidare» (in greco, lithoboléo), assente
nella versione di Marco e Luca, probabilmente allude al t6pos di una
lapidazione di Geremia, come testimoniano più o meno nella stessa
epoca le Vite dei profeti e i Paralipomeni di Geremia14• La ripresa

11
Si tratta di un t6pos che proviene da Q, presente anche in Le: Mt 5 , 12 = Le 6,23 ;
Mt 23 ,29-32 = Le 1 1 ,47 -5 1; Mt 23 ;37 = Le 13 ,34.
12
ar. Gn 2,1: «il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò
nel ventre del pesce tre giorni e tre notti>>.
13 M. KNoWLES, ]eremiah, cit., 1 1 1 .
14
Vite dei profeti, 2,1; Paralipomeni di Geremia, 9,19-32.
72 Capitolo 4

tipologica è confermata, ai vv. 35 e 38 della stessa parabola, dall'uso


del termine "servitori" , al plurale (in greco: duloi) , per designare i
profeti, un termine che assai probabilmente allude all'espressione «i
miei/i tuoi servi, i profeti», presente più di una quindicina di volte
nell' AT, in particolare due volte nel libro di Geremia, con il medesimo
verbo «inviare» (in greco: apostél/6) 1 5•
Il modo in cui il Gesù di Matteo menziona i profeti è identico a
quello del Gesù di Luca. Nei due testi, il ritornello è lo stesso: in
passato, gli Israeliti rifiutarono e misero a morte i profeti che Dio
aveva inviato loro; attualmente, hanno fatto la stessa cosa a Giovan­
ni Battista, grande profeta, Elia della fine dei tempi, e finiranno col
mettere a morte Gesù, il Figlio (Mt 2 1 ,38-3 9 e passi paralleli) , anche
lui profeta e disprezzato dai suoi come tutti i profeti (Mt 13 ,57) 16 •
Il vocabolario della profezia riaffiora durante la passione, ma una
sola volta e per bocca dei membri dell'entourage del sommo sacer­
dote:

Mt 26,68 Mc 1 4,65 Lc 22,64

Essi dissero: Alcuni si misero a sputar- gli dicevano:


gli addosso e . . . a dirgli:
«Fa' il profeta per noi, Cri- «Fa' il profeta!» «Fa' il profeta!
sto/Messia!
Chi è che ti ha colpito?» Chi è che ti ha colpito?»
E i servi lo schiaffeggia-
vano.

All'apostrofe: «Fa' il profeta ! » (in greco: prophéteuson nelle tre


versioni) Matteo e Luca aggiungono: «Chi è che ti ha colpito?», la­
sciando intendere che Gesù aveva gli occhi bendati - l'imperativo
usato da solo in Marco senza dubbio è sembrato loro incongruo - e
di conseguenza non poteva fornire alcuna risposta. Per gli oppositori
che lo ridicolizzano, Gesù è divenuto un profeta impotente, incapace
di profezia. In compenso, il lettore deve capire che non possono più

15 Dio invia i suoi servi, i profeti: Ger 7 ,25 ; 25 ,4.


16 Stessa idea in Le 4 ,24 .
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 73

esserci profezie: il silenzio di Gesù è quello dei profeti messi a morte;


per questo egli è vero profeta.
La connotazione dell'identificazione di Gesù come profeta differi­
sce dunque secondo i locutori: durante il ministero sulle strade della
Palestina, per le folle è una connotazione positiva ed è al presente,
mentre per Gesù essa è negativa, ed è orientata principalmente verso
il suo rifiuto e la sua morte futura.

2. IL PROFETA GEREMIA IN MATTEO

La monografia di Knowles su Geremia nell'opera matteana segnala


il consenso attuale degli esegeti sull'importanza di questo profeta per
Matteo. Per parecchie ragioni: all'epoca egli era considerato il profeta
per eccellenza, il suo libro era rappresentativo di tutti i libri profetici,
egli aveva annunciato la rovina del tempio di Gerusalemme, e so­
prattutto era stato perseguitato duramente dai gerosolimitani del suo
tempo17• Inoltre, Geremia è menzionato esplicitamente per tre volte in
Matteol8, mentre non è citato in nessuno degli altri racconti evangelici.
Tutti i passi propri di Matteo e quelli paralleli a Luca censiti in
precedenza mostrano l'importanza della tematica profetica in questi
due vangeli, e confermano la presenza di una tipologia geremiana in
più punti di Matteo - una tipologia enunciata quasi interamente da
Gesù stesso.
Nel suo studio, Knowles segue il racconto matteano, pericope
dopo pericope, per rilevare tutte quelle in cui si allude non soltanto
al libro di Geremia, ma anche al personaggio, come tipo di Gesù19•

17 M. KNOWLES, ]eremiah, cit., 81 -95 .


18
Viene menzionato per tre volte: in 2,17 -18; 16,14 e 27 ,9. In 2,17-18 e 27 ,9 si tratta
del libro omonimo, e in 16,14 di un'identificazione tipologica di Gesù con Geremia da
parte delle folle.
19 M. KNOWLES, ]eremiah, cit., 162-222 . M.F. WHITTERS, Jesus in the footsteps o/Jere­
miah, in CBQ 68 (2006) 229-247, ha mostrato l'importanza di Geremia, profeta delle
nazioni e della nuova alleanza in Matteo. Siccome si interessa poco alla tipologia, non
c'è motivo di riprendere qui le sue conclusioni.
74 Capitolo 4

Qui non rifaremo il cammino percorso da questo esegeta, limitandoci


a ricordare soltanto che gli episodi precedenti alla passione, in cui la
tipologia geremiana è presente, permettono di mostrare che quest'u1�
tima si prolunga nel racconto della passione, strutturato peraltro dal­
la tipologia salmica. Nella lista che segue, la relazione tipologica è
stata ricordata tenendo conto dei criteri proposti da Hays e Allison.

Prima della passione


• In Mt 2 1 , 13 : «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.

Voi invece ne fate un covo di ladri». La dichiarazione di Gesù ai venditori


del tempio, che si trova anche negli altri due Sinottici20, è la ripresa quasi
testuale di Ger 7 , 1 1 : «Forse per voi è un covo di ladri questo tempio
sul quale è invocato il mio nome?». Come Geremia, Gesù biasima il
rapporto dei suoi correligionari con il tempio. E, come Geremia, egli
sarà minacciato di morte per avere stigmatizzato questo atteggiamento
(Ger 26, 1 1 ) .

li vocabolario e il parallelismo semantico invitano a vedere qui un'allu­


sione tipologica a Geremia, stabilitata da Gesù stesso.

In Mt 2 1 ,35, nella parabola detta dei vignaioli omicidi, Gesù dichiara:


«i contadini presero i servi [inviati dal padrone della vigna] e uno lo


bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono».

'Come è stato segnalato in precedenza, i termini «servi» e <<lapidarono»


invitano a vedere un'allusione ai profeti e a Geremia in particolare, pòi­
ché allora la lapidazione di Geremia era divenuta un t6pos. Anche questa
volta, l'allusione tipologica è attribuita a Gesù.

• Per quanto concerne Mt 23 ,3 721: «Gerusalemme, Gerusalemme, tu che


uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te», che è sempre
un enunciato di Gesù, possiamo inferirne un'allusione tipologica per le
stesse ragioni che spiegano Mt 2 1 ,35.

• Mt 23 ,3 822: «Ecco, la vostra casa [il tempio] è lasciata a voi deser­

ta ! ». Contiguo al versetto che lo precede (Mt 23 ,37) nel macra-racconto

20
Mc 1 1,17 = Le 19,46.
21
= Le 13,34.
22 = Le 13 ,35. Cfr. M. KNOWLES, ]eremiah, cit., 185.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 75

matteano, questo enunciato di Gesù allude senza dubbio a parecchie


dichiarazioni di Geremia (Ger 7 , 14; 12,7; 22 ,5; 26/33 ,9) . Come Geremia,
Gesù annuncia la rovina di Gerusalemme e la distruzione del tempio.
L'allusione tipologica ha valore poiché si trova nella stessa pericope dei
versetti evidenziati in precedenza e ha le medesime caratteristiche.
• Si può fare la stessa osservazione su Mt 24,2 , che annuncia la distruzio­

ne di Gerusalemme23: «In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su


pietra che non sarà distrutta».

Durante la passione
La lettura tipologica alla base delle dichiarazioni di Gesù fatte prima
della passione sulla distruzione del tempio e di Gerusalemme invita a
vedere prolungarsi la stessa tipologia, profetica e più precisamente ge­
remiana, durante la passione, e alcuni enunciati come quelli di Mt 27 ,4
e 24 confermano questa lettura24•

Le osservazioni precedenti invitano a concludere che il narratore


matteano riprende il tema veterotestamentario del rifiuto e della mes­
sa a morte dei profeti25, conferendogli un'analoga (se non maggiore)
intensità dramm atica. Ma non è soltanto per segnalare una continuità,
cioè l'insubordinazione degli Israeliti e il loro rifiuto degli inviati di
Dio, ma piuttosto per mostrare, grazie a una synkrisis con Geremia,
che Gesù stesso è veramente pro/eta, con le sue prese di posizione sul
tempio e su Gerusalemme , e anche col suo destino tragico26•
Un'altra conclusione si impone. La tipologia profeti ca attraversa
il macro-racconto matteano, ed è presa in carico principalmente da

23 = Mc 13 ,2. Si veda Ger 7,14; 9,10; 26/33,9.18 e ibid., 188.


24
Secondo parecchi commentatori, le parole di Gesù sul calice in Mt 26,28 («»Que­
sto è il mio sangue dell'Alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati»)
rinviano a Ger 3 1/3 8,3 1-34 a causa del termine alleanza. Non si può tuttavia vedere
in questo versetto una ripresa tipologica, poiché un parallelo semantico fra Geremia
e Gesù non esiste. Infatti, se il sangue di Geremia fu versato, non lo fu per il perdono
dei peccati di tutti.
25
Come sappiamo, si tratta di un tema del Narratore deuteronomista.
26
Cfr. l'osservazione di ibid. , 161: «Paragonando Gesù e i discepoli agli antichi pro­
feti, Matteo vuole mostrare che la sorte di Gesù . è simile a quella di tutti i messaggeri
. .

di Dio».
76 Capitolo 4

Gesù, che insiste sul rifiuto e sulla messa a morte dei profeti e an­
nuncia così la propria morte. Questa tipologia profetica diventa più
precisamente geremiana con l'arrivo di Gesù a Gerusalemme, e si
prolunga durante la passione, con la confessione di Giuda davanti
ai sommi sacerdoti (Mt 27 ,4) e la risposta del popolo a Pilato (Mt
27 ,25) . Per il narratore matteano, la tipologia profetica ha permesso
di risolvere la questione dell'anagnorisis, ma in maniera diversa da
Marco, poiché il rifiuto fa parte integrante, addirittura obbligatoria,
se crediamo al t6pos allora in voga, del destino dei profeti.

lll. Tipologia mosaica

In questi ultimi decenni, sono stati pubblicati parecchi studi sulla


tipologia mosaica del primo vangelo, alcuni per minimizzarla, altri
per valorizzarla. Con la monografia di Dale Allison, è stato infine
redatto uno stato della questione completo e critico27; le sue opzioni
metodologiche permettono di determinare con maggiore sicurezza
ciò che potrebbe essere tipologico in Matteo. Del racconto matteano
questo autore presenta una ventina di passi in cui, secondo il pare­
re di molti, la tipologia mosaica è all'opera28• Senza riprendere nel
dettaglio il suo esame critico, è possibile mostrare che una tipologia
mosaica è presente in parecchie pericopi matteane, determinarne i
contorni e la sua ragion d'essere. Siamo tanto più autorizzati a non

27 D.C. ALusoN, The New Moses, in particolare le appendici delle pp. 293-328.
28 Mt 1,16-2,23 (vangelo dell'infanzia); 4,1- 1 1 (le tentazioni nel deserto); 5 , 1-2 (l'in­
troduzione al discorso della montagna); 5,5 .8 (due beatitudini); 5 , 17-18 (la Legge, non
abrogata, ma compiuta); 7,13-27 (la fine del discorso della montagna); 7,28-29 (le reazio­
ni al discorso), 8--9 (i miracoli di Gesù); 10 (il discorso missionario); 1 1 ,25-30 (l'azione di
grazie di Gesù) 12,15-2 1 (Gesù e il Servo di Isaia); 12,38 e 16, 1 (quale segno?); 14,13-2 1
e 15,29-39 (le due moltiplicazioni dei pani); 17,1-9 (la trasfigurazione); 2 1 , 1-17 (l'ingres­
so a Gerusalemme); Mt 23 (contro gli scribi e i farisei); Mt 24,3 (Gesù sul monte degli
Ulivi e il suo awento); 26,17-3 1 (l'ultima cena); 27 ,45-54 (la morte di Gesù) ; 28,16-20
(le direttive finali ai discepoli).
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 77

riprendere l'insieme del dossier in quanto, per questo autore stesso,


non tutti i passi hanno lo stesso grado di probabilità. Ecco quelli in
cui, a suo avviso, la tipologia mosaica è la più sicura:

La tipologia mosaica, estremamente forte nel vangelo dell'infanzia e nel


Discorso della Montagna, senza dubbio dà forma alla totalità di Mt 1-7 .
Essa è anche del tutto presente nella grande azione di grazie di 1 1 ,25 -30,
nel racconto della trasfìgurazione ( 17 , 1 -9) e nella conclusione del vangelo
(Mt 1 8 , 1 6-20)29•

Resta da verificare se, in questi passi, considerati i più sicuri da


Allison, la tipologia mosaica è davvero all'opera.

l . IL VANGELO DELL ' INFANZIA: MT 1 , 1 6-2 ,2330

Cominciando con il vocabolario, i commentari osservano che la


citazione di Os 1 1 ,1 («dall'Egitto ho chiamato mio figlio») in Mt 2 , 15
rimanda già esplicitamente al tempo dell'Esodo. Essi evidenziano
anche le parole e le frasi di questo libro disseminate nel corso di Mt
1-231:

Matteo Esodo

1,18 1,19
prima che (Maria e Giuseppe) andassero prima che g i u nga da l o ro (le donne
a vivere insieme (coabitare) ebree) la levatrice
(prìn e synelthein autus) (prìn e eiselthéin pròs autas)

2,1 3-1 4 2, 1 5
Erode vuole cercare (zétein) il ba mbino il faraone fece cercare (ezétel) Mosè
per ucciderlo (tiì apo/ésai aut6) per metterlo a morte (anelein)
(Giuseppe) si rifugiò (anech oresen) in Mosè fuggì (anech 6resen) nel territorio
Egitto di Madian

29 Ibid. , 268.
30 Sulla tipologia mosai ca in Mt 1-2, si vedano le analisi illuminanti di A. PAUL, L'évan­
gile de l'en/ance selon saint Matthieu, Cerf, Paris 1968, in particolare alle pp. 153-161.
31 La tabella è quella di D.C. ALLISON, The New Moses, cit., 155 - 156.
78 Capitolo 4

2,1 5 2,23
fino alla morte (tes teleutes) di Erode il re d'Egitto morl (eteléutesen)

2,1 3 4,20
prendi (paralabe) prese (analaboo)
il bambino (tò paidion) e sua madre la moglie e i figli (tà paidia)

Tuttavia, lo abbiamo segnalato al cap. 2, il vocabolario non basta.


I parallelismi semantici sono altrettanto essenziali. Ora, la citazione
di Os 1 1, 1 in Mt 2,15 sembra mettere in relazione Gesù e Israele - il
termine figlio che designa il popolo in Os 1 1 , l - e non Gesù e Mosè.
Si potrebbe obiettare anche che, in Mt 2,13 , Giuseppe deve fuggire e
rifugiarsi in Egitto fino alla morte di Erode, mentre in Es 4,20 Mosè,
che in precedenza era fuggito a Madian, può ritornare in Egitto: i ter­
mini identici sono ingannevoli, poiché rinviano a circostanze opposte
(prima/dopo la morte del re) e a percorsi inversi (fuori dall'Egitto
o verso l'Egitto). Alla prima obiezione, Allison risponde che, con
la tradizione ebraica intertestamentaria, Matteo fa di Mosè, che è il
rappresentante emblematico del popolo, il figlio di Dio. A questo
argomento, basato sull'interpretazione ebraica dell'epoca, bisogna
preferire quello della scrittura matteana, poiché il narratore non esita
a rimodellare il racconto dell'Esodo a modo suo per descrivere la
situazione del neonato Gesù. Di per sé, Os 1 1 , 1 si applica al popolo
di Israele, ma, collocato com'è in Mt 2 , può valere soltanto per il pa­
rallelo Mosè/Gesù, poiché i versetti intorno a questo passo non par­
lano del popolo. Un'altra obiezione sembra minare ancora la ripresa
tipologica: se in Mt 2 sono degli stranieri che adoreranno il re dei
Giudei, e quelli del suo popolo lo rifiuteranno, nei passi dell'Esodo
menzionati è un re straniero, il faraone, che minaccia Mosè. Certo,
ma non è l'origine straniera del faraone ad essere importante per
Matteo, ma piuttosto la sua opposizione alla volontà di Dio; il faraone
e Erode hanno così lo stesso ruolo, quello di oppositori. Malgrado le
differenze, i parallelismi semantici stabiliti fra Gesù e Mosè, di gran
lunga superiori, rendono probabile la ripresa tipologica:
- Mosè e Gesù, appena nati, sono minacciati di morte
- dal re del luogo;
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 79

- ma Dio assicura la loro protezione,


- fa loro fuggire la minaccia,
- poi, essendo morto il re,
- li fa tornare verso il loro popolo.
Che in Mt 1-2 il narratore faccia di Mosè il tipo di Gesù bisogna
tanto più ammetterlo in quanto Mosè è l'unico grande personaggio
biblico minacciato di morte alla nascita. Allora la questione che si
pone è molto più importante: con quale fine il narratore ha fatto opera
tipologica in questo vangelo dell'infanzia? Non lo dimentichiamo, Mt
1-2 è un 'introduzione biografica secondo le forme prescritte32 che dà
avvio alla problematica del riconoscimento dell'identità regale o mes­
sianica di Gesù e del rifiuto di cui sarà oggetto. Fin dalla nascita, il re/
Messia è riconosciuto e rifiutato - riconosciuto da stranieri, e rifiutato
dall'autorità politica superiore del suo popolo; quindi, minaccia e
morte costituiscono, fin dall'inizio, lo sfondo del racconto. Notifican­
do il dramma, il narratore matteano fa conoscere fin dall'introduzione
il suo punto di vista: se, fin da prima della sua manifestazione, Gesù fu
rifiutato e minacciato, è perché non se ne voleva sapere di lui; questo
rifiuto caratterizza il modo in cui, secondo una tradizione ben nota
nel I secolo, Israele trattava coloro che Dio gli inviava.

2 . IL DISCORSO DELLA MONTAGNA: MT 5-7

Le formule matteane che inquadrano l'inizio e la fine del discorso


della montagna riprendono quelle che descrivono Mosè che sale e
scende dalla montagna:
Mosè Gesù

salire sulla montagna Es 1 9,3; Mt 5, 1 ; 1 5,29


(anabdino +eis tò 6ros) 24, 1 2.1 3.1 8;
34, 1 .4, Nm 27, 1 2;
Dt 9,9; 1 0,1 .3

32 Per una dimostrazione, si veda J.-N. ALETTI, ]ésus, cit., 62-65 [trad. it., 72-77] .
80 Capitolo 4

scendere dalla montagna Es 1 9, 1 4; 32,1 .1 5; Mt 8 1


,

(katabOino + ek!apò tO 6rus) 34,29; Nm 20,28;


Dt 9, 1 5; 1 0,5

I paralleli più simili sono quelli in cui Mosè sale per ricevere le
tavole (Es 24 ,12 e Mt 5 , 1 ) , e scende con esse (Es 32,15 e Mt 8, 1 ) .
Siccome queste corrispondenze lessicali non bastano, occorre passare
in rassegna i paralleli semantici esistenti fra Gesù e Mosè, poiché il
fatto di salire e scendere dalla montagna non implica peraltro che
essi svolgano ruoli analoghi.
Ciò che occorre mostrare è che Mosè e Gesù hanno entrambi un
ruolo legislativo33• La difficoltà deriva dal fatto che in nessun mo­
mento Gesù menziona Mosè nel discorso della montagna. Matteo
avrebbe potuto fargli dire: «Mosè vi ha detto». Orbene, egli impie­
ga il passivo - «fu detto (greco: e"éthé) agli antichi/a voi»34 - che
potrebbe essere teologico e avere dunque Dio come soggetto. La
synkrisis non sarebbe più allora fra Gesù e Mosè, ma fra Gesù e
Dio, poiché le direttive di Gesù sono superiori a quelle emesse in
passato da Dio. Si comprende che i commentatori non siano andati
in tale direzione, poiché il Gesù di Matteo non pretende di superare
Dio, suo Padre. Allison ha ragione nel dire che le espressioni: «Fu
detto, ma io vi dico» non significano, da parte di Gesù, un rifiuto

33 In Mt 5,1, si dice: «Gesù salì sul monte: si pose a sedere (kathiz6) e si avvicinarono
a lui i suoi discepoli>>. Secondo D.C. ALusoN, The New Moses, cit., 175- 176, la posi­
zione seduta indica sicuramente la posizione del maestro, come tutti ammettono, ma
denota senza dubbio un t6pos, quello di Mosè seduto presso Dio, come FILONE riferisce
in De sacri/iciis Abelis et Caini, 8: «Ci sono quelli che Dio fece sedere (hidryse) presso
di sé, come Mosè, a cui egli disse: "Tu resta (stethi) qui con me"» (Dt 5 ,3 1). Allison
menziona anche Dt 9,9 in cui il verbo wa'éshéb avrebbe come primo significato: «e io
mi sedetti». Matteo descrive ancora Gesù seduto in posizione di maestro in 15 ,29 con
il verbo kdthemai che è detto anche di Mosè in Es 18,14, in cui Ietro dice al suo genero
Mosè: <<Perché siedi (kdthèmai) tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina
alla sera?». Posizione di maestro e di giudice. Se si attribuisce una tale importanza al
verbo sedersi, evidentemente è per fornire un argomento supplementare alla sjnkrisis
Gesù/Mosè. .
34 Mt 5,2 1 (sull'omicidio; Es 20,13 ; Dt 5,17); 5,27 (sull 'adulterio; Es 20,14; Dt 5,18);
5,3 1 (sul divorzio; Dt 24 , 1 -4); 5 ,33 (sull o spergiuro; Lv 19,12); 5 ,38 (sulla legge del
taglione; Es 2 1 ,24; Lv 24,20; Dt 19,2 1 ) ; 5,43 (sull'amore del prossimo; Lv 19,18).
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 81

di ciò che era stato in precedenza prescritto - il Gesù matteano non


dichiara obsoleta la Torah, come indica la sua risposta al giovane
che lo interroga: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comanda­
menti» (Mt 19,17). La Torah è buona e vale per tutti gli Israeliti; il
«di più» è rivolto ai discepoli di Gesù. Detto ciò, per il narratore
matteano, il legislatore antico è Mosè, come attestano le occorrenze
di questo termine:

- Mt 8,4 - Gesù al lebbroso guarito: «Va' [ . ]. . a mostrarti al sacerdote


e presenta l'offerta prescritta da Mosè».
- Mt 19,7 - i farisei a Gesù: <<Perché allora Mosè ha ordinato di darle
l'atto di ripudio?».
- Mt 19,8 - risposta di Gesù: <<Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre
mogli».
- Mt 22,24 - i sadducei a Gesù: «Mosè disse: Se uno muore senza figlz:
suo fratello ne sposerà la moglie>>.

Per Matteo, le regole della Torah sono state prescritte quindi da


Mosè; il discorso della montagna stabilisce dunque una synkrisis fra
due legislatori, Mosè e Gesù, ma anche e soprattutto fra due tappe
della legislazione, la seconda delle quali porta le prescrizioni della
prima al loro estremo. Possiamo ritornare alla domanda fatta inizial­
mente: se le espressioni «Fu detto» equivalgono a «Mosè vi ha detto
che», perché Gesù non menziona questo personaggio del passato,
illustre fra tutti? Non nominandolo, il Gesù matteano lascia inten­
dere che il punto essenziale del discorso non riguarda l'inferiorità
del primo legislatore, ma il rapporto fra le istruzioni, poiché quelle
di Gesù sono superiori. Nel discorso della montagna, la tipologia
principale si applica alle istruzioni, dato che quelle di Mosè sono il
tipo di quelle di Gesù.
Qual è allora la funzione di questa tipologia? n paragrafo seguente
permetterà di rispondere.
82 Capitolo 4

3 . LA CARTA DEL DISCEPOLO : MT 28, 16-20

La funzione del racconto matteand5

Il racconto matteano termina con un discorso del Risorto:

A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate
discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho co­
mandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

Il narratore non conclude l'episodio raccontando che cosa divenne


il Risorto e segnalando la reazione degli Undici, ciò che essi hanno
potuto dire e fare in seguito. Non chiudendo il discorso del Cristo,
egli lo lascia in atto di enunciazione, per significare che il Risorto si
rivolge ancora agli Undici e, attraverso di loro, a chiunque lo ascolti
nel presente della lettura.
La composizione della dichiarazione è interessante, poiché indica
nello spazio stesso del testo che la sovranità e la presenza del Risorto
(a ) abbraccia e circonda la missione degli Undici (B) :

{
a Gesù Risorto, che h a ogni autorità in cielo e sulla terra

B invio degli Undici in missione:


obiettivo = fare discepoli
mezzo battezzare + insegnare ciò che egli ha prescritto loro
=

a Gesù Risorto con loro per sempre

Gesù comincia col dichiarare (i) che egli ha piena autorità (ii) ,
che questa autorità è di origine divina (iii) e di estensione illimitata,
poiché tutto il creato gli è sottomesso, dagli esseri celesti agli esseri

35 Qui riprendo più o meno alcune pagine di un articolo pubblicato nel 2005 : J.-N.
ALETTI, Lesfinales des récits évangéliques et le statut du livre et des lecteurs, in Revue des
Sciences religieuses 79 (2005) 27-3 1 (23 -37). Si veda ancheJ.-P. SONNET, De la généalogie
au «Faites disciples» (Mt 28, 19). Le livre de la génération de ]ésus, in C. FocANT - A.
WÉNI N (edd.), Analyse narrative et Bible. Deuxième colloque international du Rrenab,
Louvain-la Neuve, avri/ 2004, Peeters, coli. BETL 191, Louvain 2005, 199-209.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 83

terreni36• Si comprende perché la dichiarazione sulla competenza


preceda l'invio in missione degli Undici: è in virtù del potere che gli
è stato conferito che egli li invia e assicura loro il suo appoggio. Ciò
che importa qui è dunque la competenza totale e continua del Cri­
sto, la quale determina quella degli Undici, il contenuto stesso della
loro missione e i mezzi con i quali essa sarà svolta. Ma se la durata
di questa presenza efficiente è specificata, in compenso non si dice
niente sulle sue modalità: sarà visibile, invisibile, equivarrà al dono
dello Spirito Santo? Non è questo che interessa al narratore, bensì
la realtà e la durata della presenza, con i suoi effetti.
Quanto alla missione dei discepoli (vv. 19-20a), essa non ha limiti:
tutti gli esseri umani, senza alcuna eccezione, ne sono i destinatari. Lo
status è dunque offerto a tutti dal Risorto stesso: il narratore notifica
così che non si tratta di una decisione apostolica posteriore, dovuta
all a congiuntura - il rifiuto del Vangelo da parte di una maggioranza
di Ebrei -, ma proviene da un ordine del Risorto stesso.
Così, gli Undici devono a loro volta fare discepoli. Ma discepoli di
chi? Di Gesù o degli Undici e di coloro che, a loro volta, andranno
in missione? I versetti precedenti (Mt 28, 16) hanno segnalato che gli
Undici sono anch'essi discepoli e, quanto a Gesù, egli non dice che
i destinatari a cui pensa saranno discepoli di discepoli; se tutti sono
discepoli, lo sono del Risorto stesso. Dopo tutto, il resto della frase
indica che questi discepoli saranno i suoi, poiché gli Undici devono
insegnare loro ciò che il Maestro stesso ha prescritto loro. La stessa
frase esprime inoltre la funzione del macro-racconto matteano, poi­
ché il lettore, che è venuto a conoscenza di tutti i discorsi di Gesù
riferiti da Matteo, non può più dubitare (il Risorto glielo conferma)
che vi ha trovato e vi troverà sempre la carta dell'essere-discepolo.

36 I commentatori accostano questo finale a Dn 7 , 14 LXX; «A lui [il Figlio dell'uomo


glorioso] fu data sovranità (greco: exusia) , gloria e regalità: tutte le nazioni e lingue lo
servivano. La sua sovranità è una sovranità eterna che non passerà, e la sua regalità è
una regalità che non sarà mai distrutta>>. Senza dubbio, ma, occorre ripeterlo, il solo
vocabolario non basta a determinare lo sfondo - il backdrop direbbero gli anglofoni - di
Mt 28, 16-20.
84 Capitolo 4

Così, la condizione del discepolo descritta nel vangelo non è appa­


naggio dei soli compagni storici del Gesù terreno, ma al contrario è la
condizione in cui ogni uomo è ormai invitato a entrare. Ogni uomo,
cioè quelli che sono ebrei e quelli che non lo sono, di ogni cultura e
di ogni lingua.
Il lettore non può non capire la tecnica con la quale il racconto
matteano fissa i diversi status e li enuncia in modo apodittico, poiché
voluti e fissati dal Risorto
- che è onnipotente,
- la cui parola è creatrice di nuove relazioni e di nuovi status,
- quelli del discepolo e del libro (Mt) in cui il discepolo troverà la
sua carta.

Il finale di Matteo termina dunque con una rivelazione finale, da


parte del Risorto, di tutti gli status: il suo, che è quello di essere padro­
ne di tutte le cose, quello di coloro che evangelizzeranno - i discepoli
autorizzati, il cui insegnamento non è altro che quello del Maestro -,
quello di coloro che saranno evangelizzati e saranno discepoli, come i
primi, e infine quello del libro stesso, come testimonianza apostolica
e contenuto fedele dell'insegnamento di Gesù, insegnamento sempre
valido, poiché il Risorto ne conferma il valore per tutte le epoche: i
comandamenti riferiti dai discorsi e dalle parole del Gesù di Matteo
restano dunque il bene della Chiesa fino alla fine dei secoli.
L'interesse del passo deriva soprattutto dalla scelta del termine
«discepolo» (in greco: mathetes) che esprime la nostra relazione con
il Risorto. Questo termine deriva dalla preoccupazione del narrato­
re, per il quale Gesù non lascia i suoi privi di mezzi: grazie al libro,
cioè al racconto matteano, carta dell'essere-discepolo, essi sapranno
come compiere ogni giustizia, come essere perfetti sull'esempio del
loro maestro (Mt 10,24-25) . Matteo deve essere il vademecum indi­
spensabile del discepolo. Il Gesù di Matteo 28,19-20a significa così
implicitamente la necessità del libro: se il discepolo vuole sapere ciò
che il Maestro si attende da lui, deve leggere il racconto di Matteo,
che è la carta del Regno.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 85

Gesù e Mosè, il racconto di Matteo e la Torah


Possiamo tornare così alla tipologia con la quale il narratore matteano
opera una duplice synkrisis, fra Mosè e Gesù e fra la Torah mosaica e il
proprio libro.

(a) Fra Mosè e Gesù, al termine dei loro percorsi rispettivi. L'uno
e l'altro
- salgono su una montagna (Dt 32,49; 34, 1 ; Mt 28, 16) ,
- istituiscono quello/ quelli che succederanno loro, Giosuè ( Dt
3 1 ,7 . 14) e gli Undici (Mt 28, 1 8-20),
- affinché essi dicano ai loro successori ciò che dovranno fare (Dt
3 1 ,23 , Mt 28- 19-20a) ,
- sapendo che Dio (per Giosuè) e Gesù (per i discepoli) saranno con
loro continuamente (Dt 3 1 ,23 ; Mt 28,20).

(b) Fra la legge mosaica e il libro di Matteo.


Mosè scrive il libro della Legge, e Gesù chiede ai discepoli di tra­
smettere i suoi precetti (Dt 3 0, 10; 3 1 ,24 ; Mt 28, 19) . L'uno e l'altro
attribuiscono così una funzione analoga alle prescrizioni ormai fissate
in un libro, quello della Legge, per Mosè, e quello della vita di Gesù,
per Matteo. Quanto al libro di Matteo, esso ha le stesse componenti
di quelle della legge mosaica, poiché le istruzioni - la halakah - valide
per sempre, sono intrecciate in un tessuto narrativo, la haggadah. In
tal modo, le istruzioni sono qua e là presentate come una risposta di
fede e di riconoscimento nei confronti dell'agire potente e fedele di
Dio (per la legge m osai ca) o di Gesù (per Matteo ) 37•
Che cosa concludere? A chi si aspettava un Messia insegnante, che
doveva interpretare e spiegare alla perfezione la Torah, Matteo mostra
che Gesù risponde tanto più alle loro speranze in quanto interpreta

37 Per D.C. ALusoN, The New Moses, cit., 264-265, lo sfondo di Mt 28,16-20 è lo stes­
so del Testamento di Mosè, scritto probabilmente nel I secolo d.C., che racconta anche
la trasmissione dei poteri fra Mosè sul punto di morire e Giosuè. Matteo e il Testamento
di Mosè potrebbero ispirarsi allora a quello che era divenuto un t6pos.
86 Capitolo 4

e legifera in continuità con Mosè. Descrivendo Gesù come antitipo


del Mosè legislatore di cui egli porta i precetti alla perfezione, Matteo
rende così conto della sua identità messianica e del riconoscimento
- la famosa anagnorisis - di questa identità. Se presenta il Messia
legislatore, Matteo procura anche e soprattutto al lettore cristiano il
suo racconto, quale guida del discepolo che egli deve essere.

Con circospezione, Allison analizza altri passi, più brevi - fra gli
altri la trasfigurazione38, l'azione di grazie39 e l'ultima cena di Gesù -,
in cui la tipologia mosaica è probabilmente all'opera. Non è necessa­
ria una visita approfondita, poiché essa non cambierebbe i risultati
d'insieme. n percorso effettuato finora mostra che un'interpretazione
figurale multipla corre lungo tutto il racconto matteano: messianica
nell'introduzione (Mt 2) e nel discorso della montagna (Mt 5-7 ) ,
profetica durante le peregrinazioni di Gesù (Mt 8-20), e salmica du­
rante il racconto della passione (Mt 26-27) - disposizione illustrata
dal riquadro seguente:

tipologia tipologia ti pologia


mosaica profeti ca sal mica

Gesù Messia Mt 2 ad opera del


Narratore
Mt 5-7 ad opera di
Gesù

38 La voce celeste che chiede ai tre discepoli di ascoltare Gesù alluderebbe, secondo
molti commentatori e studi, a Dt 18,15 («TI Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo
a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me») e 18,18 («lo susciterò loro un profeta in
mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli
comanderò») .
39 Cfr. Mt 1 1,29 («[Io] sono mite (prays) e umile di cuore») e Nm 12,3 (<<Mosè era
un uomo assai umile (prays), più di qualunque altro sulla faccia della terra»), l'unico
passo della Bibbia greca in cui troviamo questo aggettivo. In Mt 1 1 ,29, è possibile anche
un'allusione alla legge mosaica, poiché se con il termine «giogo» (zyg6s) Gesù designa
le sue istruzioni, la medesima metafora è usata per la Legge («il giogo della Legge»)
nell'Apocalirse (siriaca) di Baruc (4 1 ,3 ). Vi è forse un t6pos le cui prime testimonianze
potrebbero trovarsi in Sir 6,24-34 e 5 1 ,26 a proposito della Sapienza che, come sappia­
mo, è identificata con la Legge in questo libro?
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 87

Gesù profeta Mt 8-20 ad opera


del Narratore, del le
folle, di Gesù e della
voce celeste
Mt 27,4.25
a l lusioni a Geremia
ad opera degli
oppositori

Gesù g iu sto Mt 26-27


sofferente ad opera del Nar-
ratore

IV. Tipologia regale40

l. l TITOLI REGALI

TI titolo messianico «figlio di Davide», usato sempre positivamente


per designare Gesù, è più frequente in Matteo che negli altri racconti
evangelici41• Gesù è anche chiamato re più volte, con denotazioni
positive o negative a seconda dei locutori42:

locutori denotazione denotazione denotazione


positiva ambigua negativa

i magi Mt 2,2
(re dei Gi udei)

40 La tipologia regale è più ristretta in estensione rispetto alla cristologia regale. In


altri termini, la tematica regale in Matteo non si sviluppa unicamente con l'aiuto della
tipologia. Sulla tematica regale in Mt 16,20 fino a 20,34, si veda C. BLUMENlHAL, Vorbild­
haftes Gottvertrauen: der matthiiische ]esus zwischen todlicher Ohnmacht und koniglicher
Macht, in Biblica 99 (2018) 226-246.
41 Mt 1 , 1 (a opera del Narratore); 1,20 (detto di Giuseppe e non di Gesù, dalla voce
divina); 9,27 (dai ciechi); 12,23 (dalle folle); 15,22 (dalla Cananea); 20,30-3 1 (dai ciechi
all'uscita di Gerico = Mc 10,47 -48; Le 20,4 1 ) ; 2 1 ,15 (dalla folla al momento dell'ingresso
a Gerusalemme); 22,4 1 -45 (dai farisei = Mc 12,35-37).
42 Mentre i correligionari di Gesù dicono «re d'Israele», i non-giudei dicono «re dei
Giudei>>.
88 Capitolo 4

citazione Mt 2 1 ,5
d i Zc 9,9
ad opera del Narratore

Gesù Mt 25,34.40
re/giudice
escatologico

Pilato Mt 27, 1 1
(re dei Giudei)

i soldati Mt 27,29
di Pilato (re dei Giudei)

la scritta sulla croce, detto Mt 27,37


dal Narratore (re dei Giudei)

oppositori Mt 27,42
ai piedi della croce (re d'Israele)

Il lettore lo avrà notato certamente, l'appellativo «figlio di Da­


vide» è usato quasi sempre dai personaggi che si rivolgono a Gesù
per ottenere una guarigione e riconoscono in lui il Messia, o anche
dalle folle che lo acclamano al momento del suo ingresso a Gerusa­
lemme, mentre «re dei Giudei» o «re d'Israele» è usato durante la
passione da stranieri o da oppositori. Detto ciò, i commentari e gli
studi sono divisi sull'esistenza di una tipologia regale in Matteo. Per
alcuni, essa vi è presente, e per altri assente43, poiché, per descrivere
Gesù, Matteo non ricorda niente della vita e dell'agire di Davide44•
Una tipologia regale è veramente esclusa?

43 M. KNOWLES, ]eremiah, cit., 236-237.


44 Generalmente si ammette che in Mt 12,42 (la regina di Saba <<Venne dagli estremi

confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più
grande di Salomone! ») Gesù procede in modo tipologico, enunciando indirettamente
la sua regalità, proprio come in Mt 12,4 1 («qui vi è uno più grande di Giona>>) il suo
essere-profeta.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 89

2. L'INGRESSO DI GESÙ A GERUSALEMME45

Effettivamente, quando i titoli <<figlio di Davide» o «re d'Israele/


dei Giudei» designano Gesù, essi non veicolano dei paralleli seman­
tici forti fra Gesù e Davide, e possiamo chiederci a ragione se la
lettura del narratore matteano sia tipologica. L'entrata di Gesù a
Gerusalemme (Mt 2 1 , 1 - 1 O), in cui le connotazioni regali sono senza
dubbio più numerose, secondo quanto scrive il narratore, ma anche
secondo la maggior parte dei personaggi, dovrebbe poterei illumi­
nare sull'argomento.

La versione matteana e i suoi paralleli

Se per andare alla ricerca della tipologia all'opera in Mt 2 1 , è super­


flua un'analisi comparativa dettagliata dei tre Sinottici, in compenso
le eventuali allusioni all'AT, in particolare i tratti che connotano la
regalità, sono fra i più utili46•

Mt 2 1 , 1 -1 1 Mc 1 1 , 1 - 1 0 Le 1 9,29-40

Quando furono vicini a Ge- Quando furono vicini a Ge- Qua ndo [Gesù] fu vicino a
rusa lemme e giu nsero pres- rusalemme, verso Bètfage Bètfage e a Betània, presso il
so Bètfage, verso i l monte e Betàn ia, presso il monte monte degli Ulivi, inviò due
deg l i U l ivi, Gesù mandò degli Ulivi, mandò due dei d iscepo l i 30d icendo: «Andate
due discepoli, 2dicendo loro: suoi discepoli 2e disse loro: nel villaggio di fronte; entra n-
«Andate nel villaggio di fron- «Andate nel villaggio d i do, troverete
te a voi e su bito troverete fronte a voi e subito, entra n-
u n'asina, legata, e con essa do in esso, troverete
u n puledro. un puledro legato, sul quale u n puledro legato, sul quale
Slegateli e cond uceteli da nessuno è ancora salito. Sle- non è mai salito nessuno. Sle-
me. gatelo e portatelo qui. gatelo e conducetelo qui.
3E se qualcuno vi dirà qualco- 3E se qualcuno vi dirà: "Per- 31 E se qualcuno vi domanda:
sa, rispondete: ché fate questo?� rispondete: "Perché lo slegate?� risponde-
rete così:
"Il Signore ne ha bisogno, "Il Signore ne ha bisogno, "Il Signore ne ha bisogno"».
ma li rimanderà indietro su- ma lo rimanderà qui subito"».
bito"». 40ra questo avvenne

45 Sulla tipologia all'opera in questa pericope, si veda]. NIEUVIARTS, I:entrée de Jésus


à Jérusalem, cit., capp. 2 e 3 .
46 Esse sono in grassetto nella tabella.
90 Capitolo 4

perché si compisse ciò che


era stato detto per mezzo
del profeta:
5Dite olio tiglio di Sion: Ecco,
o te viene il tuo re, mite,
seduto su un'osino e su un
puledro. tiglio di uno bestlo
do somo.
61 discepoli andarono e fece­ 4Andarono e trovarono 32(jli inviati andarono e trovaro­
ro quello che aveva ordinato no come aveva loro detto.
loro Gesù:
un puledro legato vicino a
una porta, fuori sulla strada,
e lo slegarono.
5Aicuni dei presenti dissero 33Mentre slegavano i l puledro,
loro: «Perché slegate questo i proprietari dissero loro: «Per­
puledro?». 6Ed essi risposero ché slegate il puledro?». 34Essi
loro come aveva detto Gesù. risposero: «Il Signore ne ha
E li lasciarono fare. bisogno».
7condussero l'asina e il pule­ 7Porta rono il puled ro da 35Lo condussero allora da Gesù;
dro, misero su di essi i man­ Gesù, vi gettarono sopra i e gettati i loro mantelli sul pu­
telli ed egli vi si pose a sedere. loro mantelli ed egli vi salì ledro, vi fecero salire Gesù.
8la folla, numerosissima, sopra. 36Mentre egli avanzava,
stese i propri mantelli sulla 8Molti stendevano i propri stendevano i loro mantelli
strada, mentre altri tagliava­ mantelli sulla strada, altri sulla strada.
no rami dagli alberi e li sten­ invece delle fronde, tagliate 37Era ormai vicino alla discesa
devano sulla strada. 9La folla nei campi. 9Quelli che prece­ del monte degli Ulivi, quando
che lo precedeva e quella che devano e quelli che seguiva­ tutta la folla dei discepoli, pieni
lo seguiva, gridava: no, gridavano: di gioia, cominciò a lodare Dio
a gran voce per tutti i prodigi
«Osonno al figlio di Davide! <<Osonnol che avevano veduto, 38dicendo:
Benedetto colui che viene Benedetto colui che viene «Benedetto colui che viene, il
nel nome del Signore/ nel nome del Signore! re, nel nome del Signore. Pace
10Benedetto il Reg no che in cielo e gloria
viene, del nostro padre Da­
Osonno nel più otto dei cie· vide! Osonno nel più otto
li!». dei deli!». nel più alto dei cieli!».
10Mentre egli entrava in Ge­
rusalemme, tutta la città fu
presa da agitazione e diceva:
«Chi è costui?». E la folla ri­
spondeva: «Questi è il profeta
Gesù, da Nàzaret di Galilea». 39Alcuni farisei tra la folla gli dis­
sero: «Maestro, rimprovera i tuoi
discepoli». 40Ma egli rispose: «lo
vi dico che, se questi taceranno,
grideranno le pietre».
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 91

(a) L'allusione più evidente, comune ai tre Sinottici, evidentemen­


te è quella del Sa/ 1 17 /1 1 8,25-26, grazie ai termini hosanntf'7 e alla
formula: «Benedetto (è/sia) colui che viene, nel nome del Signore»48•
Di per sé, questa acclamazione e questa benedizione non hanno con­
notazione regale, ma la loro importanza deriva dal fatto che costitui­
scono un' anagnorisis secondo le forme prescritte. Gesù è acclamato
e riconosciuto. Ma di che riconoscimento si tratta? La colorazione
regale proviene dal contesto immediato:
- in Matteo, la citazione del v. 5 , in cui, per facilitare la comprensione
da parte del suo lettore, il narratore, con l'aiuto di Zc 9,9, segnala
che Gesù è re;
- in Marco, il versetto seguente, in cui, acclamando Gesù, le folle
accolgono il regno che viene, quello di Davide, in altri termini il
regno (escatologico) del Messia. TI riconoscimento collettivo di Mc
1 1 ,9- 10, metonimico49, fa pendant quindi con quello di Pietro in
Mc 8,29 e lo riecheggia.
- in Le, l'aggiunta «il re», al v. 3 8.

(b) La colorazione regale delle acclamazioni permette di inferire


che i termini «asina>> e «puledro» rimandano anch'essi ad un ambien­
te regale, come testimoniano l'uno o l'altro passo veterotestamenta­
rio, in particolare l Re 1 1 ,3 9 e 4 P0• Benché i nomi cambino - mula,
mulo, asina, asino, puledro/asinello -, si tratta sempre di equidi umi-

47 L' hosannd è una traslitterazione dell 'ebraico (hoshy'ah n'a = salva ! ) . n sintagma,
che inizialmente è una richiesta di salvezza, in seguito è divenuto un'acclamazione,
come vediamo in questa pericope. Sull'evoluzione dell'espressione, si veda E. LOHSE,
Hosianna, in Novum Testamentum 6 (1963 ) 1 13 - 1 19.
48 Traduco seguendo l'ordine dd greco, il che può dare adito a confusione. Non
bisogna collegare il sintagma «nel nome dd Signore» con «colui che viene», ma con
«benedetto», come mostrano altri passi: 2 Sam 6,18; 1 Cr 16,2; Sa/ 128/129,8.
49 Regno (in greco, basiléia) per re (in greco, basiléus).
' 0 1 Re 1 ,33: Davide a Sadoc, Natan e Benaià: «Fate montare Salomone, mio figlio,
sulla mia mula>>; 1 ,38 (esecuzione dell'ordine di Davide) . Parimenti, 2 Sam 16,2: Siba
a Davide: «Gli asini serviranno da cavalcatura alla famiglia del re»; 2 Sam 13 ,29: dopo
l'omicidio di Amnon: «Allo ra tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul
proprio mulo e fuggirono».
92 Capitolo 4

li, pacifici, cavalcature di reucci; invece i cavalli sono sempre o quasi


sempre menzionati, nelle Scritture, in un contesto di guerra, poiché
i potenti di questo mondo contano su di essi per sconfiggere i loro
nemici. Matteo è il solo ad esplicitare il legame fra la bestia da soma
e l'umiltà del re che la monta (Zc 9,9)51•

(c) I tre Sin ottici segnalano che le folle stendono i loro mantelli sul­
la strada percorsa da Gesù. Bisogna vedervi un'allusione a 2 Re 9, 1352
o a un gesto di sottomissione praticato durante l'intronizzazione di
un re, al quale 2 Re 9 e i Sin ottici rimanderebbero l'uno e l'altro?

Quale che sia la risposta, la connotazione è indubbiamente regale.

(d) La menzione dei rami (Mt 2 1 ,8; in greco: kltidoi) o delle fronde
(Mc 1 1 ,8), omessa in Luca, probabilmente allude alla festa delle Ca­
panne53, e la sua interpretazione non ha niente di ovvio. Il puledro
e i mantelli stesi infatti suggeriscono già un'intronizzazione regale,
e le fronde ugualmente a terra con i mantelli sembrano arricchire
escatologicamente54 questa connotazione regale. Ma possiamo anche
pensare che le motivazioni delle folle siano nazionaliste55• Quale che
sia l'intenzione delle folle, poiché all'epoca la festa delle Capanne era

51 Tutti i commentari osservano che il primo stico della citazione in realtà è tratto
da is 62, 1 1 .
52 «Allora si affrettarono e presero ciascuno il proprio mantello e lo stesero sui gradini
sotto di lui, suonarono il corno e gridarono "Ieu è re"».
53 Cfr. Lv 23 ,40; Ne 8,13 - 18.
5 4 La festa delle capanne/tende non è soltanto un memoriale de11'Esodo, ma ha anche

una portata escatologica (si veda Zc 14,16).


" Cfr. J. NrntMARTS, I.:entrée de ]ésus, cit., 93 : «Nel suo racconto, Matteo evoca il
rito della festa [Sukkot] , e anche se le connotazioni politico-religiose di tipo nazionalista
non compaiono esplicitamente, il richiamo a questi testi le suggerisce almeno in modo
discreto. Gesù potrà dunque entrare nel tempio e consacrarvi la liberazione di quel
luogo e forse del popolo con la vittoria sull'occupante. È quel liberatore che le folle
intuiscono in lui, e fanno già prorompere sulla sua strada la gioia di Sukkot e l'allegrezza
della nuova dedicazione che ha accenti simili a quelli di Sukkot. Sebbene una tale lettura
sia autorizzata, la strutturazione del racconto di Matteo renderà soltanto più incisivo
il prosieguo del suo racconto: l'occupante vinto da Gesù al suo ingresso nel tempio
sono i capi del popolo, e il popolo non può trattenere la sua allegrezza>>. È impossibile
determinare se le motivazioni delle folle fossero quelle.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 93

probabilmente legata alla purifìcazione del tempid6, sembra preferi­


bile rispondere narrativamente e dire che Matteo, seguendo in questo
Marco, ha saputo trarre vantaggio dal gesto delle folle per preparare
in modo obliquo l'episodio seguente, quello della purifìcazione del
tempio.

(e) Matteo, Marco e Luca menzionano altresì che è dall'alto del


monte degli Ulivi che Gesù invia i suoi discepoli a cercare un pule­
dro. Di per sé, l'informazione è neutra, ma il contesto regale dalla
connotazione escatologica invita a vedervi un tratto ridondante. Fa­
cendo appello a Strack-Billerbeck57, si è detto perfino che «al tempo
di Gesù si era persuasi che il Messia sarebbe apparso sul monte degli
Ulivi»58• Non ho trovato niente di simile in quest'opera. Invece, la
frase può riprendere benissimo Zc 14,5, che annuncia la venuta sul
monte degli Ulivi «del Signore con i suoi Santi» (exei kyrios [ebraico
= YHWH] ho the6s mu kài pdntes hoi haghioi met'autu) . Ora, come

sappiamo, questa venuta regale escatologica di YHWH è attribuita a


Cristo nel NT, e questo fin dalle Lettere paoline ( l Ts 3 , 13 ; 2 Ts 1 ,7),
ma anche nei vangeli (Mt 16,27) . Il legame fra la venuta gloriosa di
Cristo e il monte degli Ulivi è dunque probabile. Un altro elemento
rafforza la probabilità di questa lettura: in questi capitoli di Matteo,
si fanno parecchie allusioni al libro del profeta Zaccaria: oltre a Zc
9,9 in Mt 2 1 ,5; Zc 12,10 e 14 in Mt 24,3 0 (la venuta nella gloria di
Cristo alla fine dei tempi) ; e Zc 14,5 in Mt 25 ,3 1 (altra menzione della
venuta nella gloria di Cristo) ; infine, Zc 1 1 , 12 in Mt 26, 15.

Per i tratti che essi evidenziano - il monte degli Ulivi, i mantelli


stesi a terra - i tre narratori invitano quindi i loro rispettivi lettori a
riconoscere in Gesù il re davidico e messianico. Questa interpretazio-

56 Cfr. l Mac 13,5 1 -52; 2 Mac 10,6-8.


51H.L. STRACK - P. Bn.LERBECK, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und
Midrash, C.H. Beck, Miinchen 1926, vol. l , 84 1 -842 .
58 R. BARrNICKI, Il carattere messianico delle pericopi di Marco e Matteo sull'ingresso di
Gesù in Gerusalemme (Mc 1 1, 1-10; Mt 21, 1-9), in Rivista Biblica 25 (1977 ) 7 .
94 Capitolo 4

ne non è però una loro invenzione, poiché si basa sul riconoscimento


stesso delle folle, che sono un personaggio del racconto. L'originalità
di Matteo consiste nel ricorrere a Zc 9, 9 per esplicitare questa lettura
messianica59•
In realtà la lettura dei narratori e delle folle è suscitata o generata
da Gesù stesso: è lui che dà avvio alla connotazione regale e messiani­
ca. Infatti egli prende l'iniziativa chiedendo che gli si conduca (l'asina
e) il puledro, e vi si siede sopra, invitando indirettamente coloro
che lo accompagnano a riconoscere la sua identità regale. n lettore
lo avrà indubbiamente notato: la citazione di Zc 9,9 interrompe il
filo del racconto - l'ordine di Gesù e la sua esecuzione da parte dei
discepoli - e sarebbe stata in un punto più appropriato dopo il v. 7 ,
quando Gesù, seduto sull'asina e sull'asino ( ! ) , scende verso Geru­
salemme. Citando Zaccaria subito dopo l'ordine di Gesù, il narratore
lascia intendere che, se Gesù chiede che gli siano condotte le bestie
da soma, è perché ha in mente l'oracolo di Zaccaria.
La convergenza delle interpretazioni - quelle di Gesù, delle folle
e dei narratori - e la ridondanza delle allusioni regali permettono di
rispondere alla domanda sulla presenza di una tipologia regale in
Mt 2 1 , 1 -10. Certo, Matteo non riprende niente del gesto liturgico di
intronizzazione dei re - l'unzione con l'olio - né dell'agire di Davide,
essenzialmente militare e guerriero. Nondimeno, il lettore che ricor­
da come Marco (e Matteo con lui) riprende e accumula i tratti delle
suppliche dei giusti perseguitati per descrivere il modo in cui Gesù
visse la sua passione, non può non vedere che la tecnica è la stessa
in questo episodio dell'ingresso a Gerusalemme - in cui i Sinottici
hanno potuto costruire la loro lettura tipologica riprendendo alcuni
dei tratti concreti e significativi di intronizzazione regale esistenti in
1-2 Re. Come quella del racconto della passione, la tipologia non si

59 I commentari ricordano che la letteratura rabbinica ha letto insieme Zc 9,9 e Gen


49 , 1 1 . La prima testimonianza raccolta da H.L. STRACK P. BILLERBECK, Kommentar
-

zum Neuen Testament, cit., vol. I, 842-843 («Sach 9,9 in der rabbinischen Literatur>>,
842-844) risalirebbe al 150 d.C.
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 95

incentra su un grande personaggio del passato biblico, ma evidenzia


soltanto i tratti che permettono di dare awio a una tematica che
proseguirà in modo paradossale durante gli episodi successivi: quella
dell'identità regale e messianica di Gesù.

La tipologia regale e messianica in Matteo

Non era possibile menzionare parecchie difficoltà di Mt 2 1 , 1 - 10,


poiché ci. avrebbero condotto troppo lontano dal nostro argomento.
Ce n'è una, in compenso, alla fine della pericope che non possiamo
tacere. Quando Gesù entrò in città, questa era in subbuglio (letteral­
mente: «scossa») e si chiedeva: «Chi è costui?». Che cosa risposero
le folle: «Questi è il pro/eta Gesù, da Nàzaret di Galilea>>. Perché non
dissero: «È il re Gesù» oppure: «È il Messia, Gesù di Nazaret>>? Non
avevano riconosciuto la regalità messianica di Gesù? Ma il fatto stesso
che stesero i mantelli al suo passaggio indica il contrario. Perché dun­
que non annunciano ai gerosolimitani che egli è re/messia? Dire a dei
gerosolimitani, che notoriamente avevano poca stima per i Galilei, che
Gesù era di Nazaret, non garantiva un'accoglienza chiaramente posi­
tiva. Tuttavia, poiché il narratore non segnala alcuna reazione da parte
dei gerosolimitani, ciò significa che l'informazione nop era fornita per
essere accettata o rifiutata, e che in realtà era destinata al lettore, il
quale deve soltanto ricordare il titolo di «profeta>>. Sempre su questo
punto, è difficile sapere quale fu l'intenzione delle folle, poiché il
narratore non la esprime. È dunque l'intenzione di quest'ultimo che
deve interrogarci. Il titolo pro/eta è preferibile a quello di re, poiché
(i) non essendo lui stesso gerosolimitano, Gesù poteva apparire come
un outsider usurpatore; (ii) egli fa comprendere che il messianismo
di Gesù non è di tipo politico e militare; (iii) Gesù è veramente pro­
feta e subirà la sorte dei profeti. Dopo il riconoscimento, ci sarà il
rifiuto: l'episodio dell'ingresso a Gerusalemme lo annuncia dunque
indirettamente? Una ripresa implicita della reazione precedente della
città in Mt 2,3 lascia intendere che la fine della pericope allude alla
sorte futura di Gesù. Come fu turbata per la domanda dei magi che
annunciavano la nascita di un re, allo stesso modo Gerusalemme ora
96 Capitolo 4

è in subbuglio quando Gesù entra, acclamato dalle folle che lo ac­


compagnano. In breve, sebbene i vv. l 0-1 1 non menzionino un rifiuto
immediato, essi lo lasciano in serbo per la fine del macro-racconto.
L'episodio dell'entrata a Gerusalemme ha quindi una duplice funzio­
ne: mette un punto finale al processo di anagnorisis - poiché Gesù
è riconosciuto e acclamato al termine del suo ministero itinerante
-, ma dà anche avvio alla domanda sulla regalità di Gesù, che qui è
riconosciuta dalle folle, prima di essere ben presto derisa e rifiutata.

Conclusioni

Al termine di questi sviluppi, è possibile concludere che la tipo­


logia svolge un ruolo decisivo nel Vangelo di Matteo. Ricordiamone
le ragioni:
(l) ll racconto della passione di Matteo ha mostrato perché e come
la tipologia salmica ha fornito una risposta allo scandalo di un Messia
morto in croce. Facendo capire, come Marco, che durante la passio­
ne Gesù aveva i tratti dei giusti perseguitati, il narratore matteano
ha potuto mostrare che l'assenza di anagnorisis non screditava né il
suo protagonista né il proprio racconto. Ma se per Marco il modello
salmico permetteva di eliminare ogni anagnorisis orizzontale - quella
del popolo, ma anche quella dei discepoli -, per Matteo lo stesso
modello permette di mostrare che il popolo non poteva andare oltre
nel suo rifiuto delle vie di Dio.
Come si è mostrato in precedenza, se il narratore matteano ha se­
guito lo stesso modello di Marco per raccontare la passione di Gesù,
è perché non esisteva un racconto abbastanza simile e circostanziato
della morte dei profeti, nelle Scritture e negli scritti ebraici interte­
stamentari.

(2) La tipologia pro/etica, in particolare geremiana, ha permesso


da parte sua di verificare che, lungi dall'essere controproducente, la
Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo 97

morte di Gesù faceva parte dell'itinerario obbligato del profeta. È in


generale dopo essere stati messi a morte che i profeti furono ricono­
sciuti. Come i profeti, Gesù muore rifiutato e messo a morte prima di
essere glorificato da Dio e celebrato da un numero sempre maggiore
di credenti. La tipologia profetica ha permesso dunque al narratore
matteano di mostrare che, lungi dal contrapporsi, il riconoscimento
e il rifiuto andavano di pari passo.

(3 ) Anche la tipologia mosaica ha dato occasione al narratore mat­


teano (i) di descrivere Gesù come l' antitipo di Mosè legislatore, di
cui egli porta i precetti alla perfezione, rendendo così conto della
sua identità messianica; ma anche (ii) di fare dello scritto in cui sono
trasmesse le sue istruzioni la carta del discepolo.

(4) Con la tipologia regale, Matteo comincia e termina il suo rac­


conto per mostrare che, se Gesù non fu riconosciuto come re/messia,
è a causa della disobbedienza cronica del suo popolo.

Occorre ricordare che, per i punti ( l ) e (2), Matteo non ha proce­


duto tipologicamente per stabilire una progressione che va dall'antico
verso il nuovo, dall'ombra verso la realtà, ma piuttosto per risolvere
due difficoltà fondamentali: quella di un Gesù non riconosciuto -
l'assenza di anagnorisis - e quella di un Messia morto in croce - poi­
ché il messia delle Scritture e della letteratura ebraica intertestamen­
taria è un personaggio fondamentalmente glorioso. Si obietterà senza
dubbio che non si può dire lo stesso della tipologia mosaica, secondo
la quale Gesù è manifestamente superiore a Mosè, e le prescrizioni
della Torah, benché non eliminate, sono portate alla loro perfezione.
Ritorneremo su tale questione nel corso dell'ultimo capitolo.
5.

La tipologia nel racconto lucano

In Gesù, una vita da raccontare, la tipologia lucana è già stata og­


getto di una presentazione abbastanza nuova e sostanziale1• Questo
capitolo riprenderà le riflessioni che furono allora fatte sulle ragioni,
i mezzi e le finalità della tipologia del terzo vangelo, fornendo altri
esempi e mostrando perché questo racconto non poteva né doveva
procedere come gli altri due Sinottici.
Negli studi precedenti, si è mostrato che:
( l ) nel vangelo dell'infanzia (Le 1-2), la tipologia profetica è già
presente; il suo locutore principale è il narratore; e la sua presenza
è discreta, poiché il narratore non dice mai esplicitamente quando
mette in parallelo i suoi personaggi con quelli dell'AT;
(2) a partire dall'episodio di Nazaret (Le 4 , 1 6-3 0) , la tipologia,
principalmente profetica, è presa in carico da Gesù stesso;
(3 ) la tipologia profeti ca ha permesso al narratore lucano di mo­
strare che il rifiuto finale di cui Gesù fu oggetto non ha niente di con­
troproducente, poiché egli subì la sorte dei profeti, anch'essi perse­
guitati, e molti dei quali furono messi a morte dai loro correligionari.
Per stabilire che Gesù era profeta, Luca ha dovuto trovare quindi
nelle Scritture d'Israele dei profeti con cui mettere Gesù in parallelo,

1 J.-N. ALEITI, ]ésus, cit., 107- 127 [trad. it., 13 1-156] . Si veda anche, dello stesso
autore, il Cahier Évangile 186, sulla tipologia lucana, pubblicato nel settembre 2018.
Avevo già enunciato una prima serie di tesi sulla tipologia di questo vangelo in Le ]ésus
de Luc, pubblicato presso Mame - Desclée nel 2010 (esaurito).
100 Capitolo 5

poiché, come abbiamo detto al cap. 2, il parallelismo ha valore sol­


tanto per la qualità dei tratti semantici analoghi esistenti fra il tipo e
l'anticipo. In Gesù, una vita da raccontare, il modo in cui il narratore
lucano stabilisce questi paralleli semantici è stato presentato per gli
episodi della vedova di Nain (Lc 7 , 1 1 -1 7 ) e dei dieci lebbrosi (Le
17, 1 1 - 1 9 ) 2. Dato che queste pericopi sono presenti soltanto nel ter­
zo vangelo, è stato abbastanza agevole evidenziare il modo in cui il
narratore procede tipologicamente. Resta da mostrare, con l'aiuto di
un esempio semplice, che (anche negli episodi in comune con Matteo
e Marco) il narratore lucano allude ai profeti del passato più spesso
degli altri due Sinottici.

l . La tipologia profetica lucana: primo approccio

L'episodio della guarigione di un ragazzo epilettico si trova nei tre


Sinottici, in una sequenza che è praticamente la stessa:

Mt Mc Le

confessione di Pietro 1 6, 1 3-20 8,27-30 9,1 8-20

. primo annuncio della passione 1 6,2 1 -23 8,3 1 -33 9,2 1 -22

condizione per seguire Gesù 1 6,24-28 8,34-38; 9,23-27


9, 1

trasfigurazione 1 7, 1 -1 3 9,2-1 3 9,28-36

guarigione del ragazzo epilettico 1 7, 1 4-2 1 9,1 4-29 9,37-43a

secondo annuncio della passione 1 7,22-23 9.3Q-32 9.43b-45

l'imposta 1 7,24-27

chi è il più grande? 1 8, 1 -5 9.33-37 9,46-48

2 lD., ]ésus, cit., rispettivamente 1 17- 1 19 e 120-123 [trad. it., 144- 145 e 147-150] .
La tipologia nel racconto lucano 101

È evidente che Matteo e Luca seguono l'ordine di Marco, e il conte­


nuto rispettivo delle pericopi è più o meno lo stesso, come mostra la
guarigione del ragazzo epilettico. N el riquadro seguente, gli elementi
identici o sinonimi comuni ai tre racconti sono in grassetto:

Mt 1 7, 1 4-20 Mc 9, 1 4-29 Lc 9,37-43

E a rriva ndo presso i disce- Il giorno seguente, qua ndo


Appena ritornati presso la poli, videro attorno a loro furono discesi dal monte, una
folla, mo lta folla e alcuni scri bi grande folla gli venne incon-
che discutevano con loro. tro.
15E subito tutta la folla, al ve-
derlo, fu presa da meraviglia
e corse a saluta rio. 16Ed egli
li interrogò: «Di che cosa di-
scutete con loro?». 17E dalla 38A un tratto, dalla fo l la u n
si avvicinò a Gesù un uomo folla uno gli rispose: uomo s i mise a gridare:
che gli si gettò in ginocchio
15e disse: «Signore, abbi pietà «Maestro, ho portato da te «Maestro, ti prego, volgi lo
di mio figlio! mio figlio, sguardo a mio figlio, perché è
l'unico che ho!
� epilettico e soffre molto; che ha uno spirito muto. 39Ecco, uno spirito lo afferra
18Dovunque lo afferri, lo get- e improvvisamente si mette a
ta a terra ed egli schiuma, di- gridare, lo scuote, provocando-
grigna i denti e si irrigidisce. gli bava alla bocca, se ne allon-
cade spesso nel fuoco e so- tana a stento e lo lascia sfinito.
vente nell'acqua.
16L'ho portato dai tuoi disce- Ho detto ai tuoi discepoli di 40Ho pregato i tuoi discepoli di
poli, ma non sono ri usciti scacciarlo, ma non ci sono scaccia rio, ma non ci sono riu-
a guari rlo». 17E Gesù rispose: riusciti». 19Egli allora disse Kiti». 41Gesù rispose: «() gene-
«0 generazione incredula loro: «0 generazione incre- razione incredula e perversa,
e perversa! Fino a quando dulal Fino a quando sarò fino a quando sarò con voi e
sarò con voi ? Fino a quan- con voi? Fino a quando do- vi sopporterò?
do dovrò sopportarvi? Por- vrò sopportarvi? Portatelo Conduci qui tuo figlio». 42Men-
tatelo qui da me». da me». 20E g lielo portarono. tre questi si avvicinava, il de-
Alla vista di Gesù, subito lo monio lo gettò a terra scuo-
spirito scosse con convulsio- tendolo con convulsioni.
ni il ragazzo ed egli, caduto
a terra, si rotolava schiuman-
do. 21Gesù interrogò il padre:
«Da quanto tempo gli acca-
de questo?». Ed egli rispose:
«Dall'infanzia; 22anzi, spesso
lo ha buttato a nche nel fuo-
co e nell'acqua per uccider-
102 Capitolo 5

lo. Ma se tu puoi qua lcosa,


abbi pietà di noi e aiutaci».
23Gesù gli disse: «Se tu puoi!
Tutto è possibile per chi cre­
de». 2411 padre del fanciullo
rispose subito ad a lta voce:
«Credo; aiuta la mia incredu­
lità!». 25AIIora Gesù, vedendo
18Gesù lo minacciò accorrere la fol la, minacciò Gesù minacciò lo spirito i m-
lo spi rito impuro dicendo- puro,
gli: «Spirito muto e sordo,
io ti ordino, esci da lui e non
vi rientrare più». 26Gridando
e scuotendolo fortemente,
e il demonio uscl da lui, uscì. E il fanciullo diventò
come morto, sicché molti
dicevano: « t morto».

e da quel momento il ragazzo guari il fanciullo


fu guarito.
27Ma Gesù lo prese per
mano, lo fece alzare ed egli
stette in piedi.
e lo consegnò a suo padre. 433E
tutti restavano stupiti di fronte
alla grandezza di Dio.

19AIIora i discepoli si avvici­ 28Entrato in casa, i suoi di­


narono a Gesù, in disparte, e scepo l i gli doma ndavano
gli chiesero: «Perché noi non in privato: «Perché noi non
siamo riusciti a scacciarlo?». siamo riusciti a scacciarlo?».
20Ed egli rispose loro: 29Ed egli disse loro: «Questa
specie di demoni non si può
scacciare in alcun modo, se
non con la preghiera».
«Per la vostra poca fede. In
verità io vi dico: se avrete
fede pari a un granello di se­
nape, direte a questo monte:
"Spòstati da qui a là� ed esso
si sposterà, e nulla vi sarà im­
possibile».
La tipologia nel racconto lucano 1 03

Gli elementi comuni sono i personaggi - la folla, il padre, il figlio,


Gesù, i discepoli, lo spirito/ demone3 - e le azioni il padre che si
-

rivolge a Gesù e segnala l'incapacità dei discepoli di guarire, la rea­


zione iniziale di Gesù, dapprima negativa e infine seguita dalla gua­
rigione. I tre evangelisti menzionano anche la duplice complicazione
che dà avvio all'intreccio e gli fa prendere un nuovo sviluppo, cioè
la malattia, in altri termini la mancanza, e l'incapacità dei discepoli
di eliminarla.
A differenza delle peri copi matteana e marciana (Mt 17, 1 9-20; Mc
9,28-29) , che terminano con un insegnamento sulle ragioni dell'in­
successo dei discepoli, quella di Luca è la sola a poter essere definita
come racconto di miracolo: dinanzi alla richiesta di miracolo, Gesù
dà una risposta positiva; il racconto narra abbastanza brevemente il
passaggio dalla malattia alla guarigione. La pericope lucana ha inoltre
parecchi elementi che gli sono propri e che ricordano la guarigione
della figlia di Giairo (Le 8,40-56):
l) la folla che accoglie Gesù (8,40; 9,37);
2) un personaggio della folla fa una domanda (8,4 1 ; 9,38);
3) concernente sua figlia/suo figlio unico (in greco, monoghenes;
8,42a; 9,3 8) ;
4) la reazione delle persone presenti (stupore in 8,56; ammirazione
in 9,43 a) .

I paralleli semantici - il padre, il figlio unico, Gesù che guarisce, la


reazione delle persone presenti - esistenti nell'uno e nell'altro passo
invitano a vedervi un fenomeno di intratestualità.
Un ultimo elemento si trova soltanto nella pericope lucana: la frase
«[Gesù] lo consegnò a suo padre», che non può non ricordare quella
di Le 7 , 15 :
- Le 7 , 15 : «Ed egli l o restituì (in greco, édoken) a sua madre».
- Le 9,42: «e lo consegnò (in greco, apédoken) a suo padre».

3 Ma lo spirito impuro è menzionato soltanto in Marco e Luca, poiché Matteo ha


scelto il termine demone.
104 Capitolo 5

Ora, in Le 7, 1 1 -17, si dice ugualmente che il figlio della vedova era


unico (monoghenes, 7 ,12). Le relazioni parallele esistenti fra i perso­
naggi sono anche tali che è di nuovo diffi cile dubitare del fenomeno
di intratestualità che ritroviamo del resto un certo numero di volte
nel macro-racconto lucano4• Sia nell'episodio di N ain sia in quello
dell'epilettico compaiono degli elementi lessicali comuni: «folla»,
«figlio unico», <do consegnò/restituì a», e la lode finale. Al criterio
del vocabolario si aggiunge quello dei paralleli semantici, come si
è appena constatato. Tuttavia, come ho già mostrato\ Le 7 , 1 1 - 17
rimanda anche a l Re 17,17-24.

7 Re 1 7,1 7-24 Lc 7, 1 1 -l7

la vedova (v, 20) una vedova (v. 1 2)


suo figlio morto (vv. 1 7.20) un morto, unico figlio (v. 1 2)
il bambino gridò (v. 22) il morto cominciò a parlare (v. 1 5)
[Elia] lo consegnò alla madre (v. 23) [Gesù] lo restituì a sua madre (v. 1 5)
tu sei uomo di Dio (v. 24) un grande profeta è sorto tra noi (v. 1 6)

Nondimeno, vi sono differenze fra Le 9,3 7 -43 e Le 7 , 1 1 - 17 : la don­


na è vedova, ma non sappiamo niente dell'uomo di Le 9, se non che
è padre; la prima non chiede niente a Gesù, mentre il secondo grida
rivolgendosi a lui; infine, il figlio della vedova è morto, mentre l'altro
non lo è. Ma le riprese verbali e le relazioni parallele - due figli unici
che Gesù consegnerà, in vita e guariti, all'uno e all'altro genitore -
prevalgono sulle differenze, poiché esse evidenziano sia la gravità
delle rispettive situazioni - perdere un figlio unico - sia il gesto di
Gesù che restaura le relazioni familiari e fa sì che questi due genitori
ricevano dalla sua mano il loro figlio come un dono.
Pertanto, che cosa concludere? Poiché Le 9,37 -43 è semantica­
mente parallelo a 7 , 1 1 - 1 7 , e poiché questo episodio è a sua volta
semanticamente parallelo a l Re 17,17-24, l'episodio della guarigione

4 L'ho mostrato in I:art de raconter ]ésus Christ. I.:écriture narrative de l'évangile de


Luc, Seuil, Paris 1989, passim [trad. it., I:arte di raccontare Gesù Cristo. La scrittura
narrativa del vangelo di Luca, Queriniana, Brescia 199 1 ] .
5 lD., Jésus, cit., 1 18 [trad. it., 144].
La tipologia nel racconto lucano 105

dell'epilettico deve , come Le 7 , 1 -17, essere letto tipologicamente: in


questi passi, Gesù ha Elia come tipo o figurante.
Data la colorazione tipologica di Le 9,37-43 , è possibile leggere
nello stesso modo un altro motivo, cioè l'incapacità dei discepoli
di guarire il ragazzo epilettico. Questo motivo non è una creazione
del narratore lucano: proviene da Marco, ma il narratore lucano
non l'ha evidentemente eliminato in quanto ha conferito all' episo­
dio una colorazione veterotestamentaria. L'incapacità dei discepoli
ricorda infatti quella di 2 Re 4,29-3 1 , dove, essendo morto il figlio
della Sunammita, Eliseo, prima di spostarsi, invia il suo servo Giezi
affinché metta il suo bastone sul ragazzo e gli ridia la vita. E il narra­
tore aggiunge: «Giezi li aveva preceduti, aveva posto il bastone sulla
faccia del ragazzo, ma non c'era stata voce né reazione. Egli tornò
incontro a Eliseo e gli riferì: "li ragazzo non si è svegliato"» (2 Re
4,3 1 ) . Ai paralleli semantici già esistenti - fra il padre e la madre, i
figli unici, Gesù ed Elia - questo motivo ne aggiunge un altro, fra
i discepoli e Giezi. Ma si dirà: se Le 9,40 allude a 2 Re 4,29-3 1 , la
tipologia lucana non diventa incoerente? In effetti, è possibile che,
nella stessa pericope, Gesù abbia due figuranti diversi: Elia - poiché
1 Re 17,17-24 è il primo episodio a cui Luca allude - e Eliseo, se
c'è un'allusione a 2 Re 4 , 18-3 7 ? L'episodio di Nazaret (Lc 4, 16-3 0)
in cui Gesù ricorre a Elia e a Eliseo per descrivere le proprie scel­
te, permette di escludere ogni goffaggine e ogni incoerenza in Le
9,37-43 , in quanto il narratore non fa che prolungare la tipologia
costruita dal suo protagonista,
Riguardo alla lettura di Le 9,3 7 -43 , ricordiamo per il momento
che la tipologia profetica, eliaca ed eliseana, è molto più presente
nel terzo vangelo che negli altri due Sinottici. La tipologia lucana è
principalmente profetica, ed essa irriga in modo decisivo il tessuto
narrativo lucano. È ciò che mi propongo di mostrare, cominciando
dall'inizio !
106 Capitolo 5

ll. La tipologia in Le 1-2

La questione dell'inizio è del massimo interesse. A partire da Le


4,14, Gesù non è soltanto il protagonista del racconto, ma è colui
che conosce gli esseri e le cose, che prevede gli eventi, li interpreta in
modo sovrano e ne mostra la coerenza profonda: gli altri personaggi
e il lettore apprendono dalla sua bocca il " come" delle vie di Dio.
Se il discorso di Gesù a Nazaret in Lc 4 determina a questo punto il
resto del terzo vangelo, la funzione degli episodi precedenti consiste
nel presentare l'origine (in greco, il ghénos) di Gesù e di Giovanni
Battista, come doveva avvenire nelle vite (in greco, bio i) , secondo i
canoni greci. Ma a questa origine e alla cristologia che ciò implica si
aggiungono le tecniche di un autore e la natura del racconto stesso
che è possibile leggere in questo passo.

l . l PARALLELISMI FRA PERSONAGGI

In Le 1 ,5-4 , 13 , Luca riprende un procedimento narrativo, molto


noto alla sua epoca, cioè il parallelismo fra due o più personaggi: fra
Zaccaria e Maria, fra Giovanni Battista e Gesù, fra Simeone e Anna . . .
Basti presentare gli elementi evidenziati da tutti i commentatori:

Giovanni Gesù tratti para ll e l i

1 ,5-7 l 1 ,26-27 presentazione dei genitori


1 ,8-1 1 l 1 ,28 apparizione di un angelo
1,1 2 l 1 ,29 turbamento di Zaccaria e di Maria
1 , 1 3-1 7 l 1 ,30-33 discorso dell'angelo sul bambino
1,18 l 1 ,34 domanda di Zaccaria e di Maria
1 ,1 9-20 l 1 ,35-37 risposta dell'angelo
1 ,24-25 l 1 ,38.39-55 reazione di Elisabetta e di Maria

1 ,57 l 2,1 -7 tempo della nascita


1 ,58 l 2,8-20 l'entourage ascolta, l oda e si ral legra
1 ,65-66 l 2, 1 7-1 8 reazione di timore/stupore
1 ,59-64 l 2,21 circoncisione
1 ,67-79 l 2,22-38 interpretazione e profezie u mane
1 ,80a l 2,40.52 crescita del bambino
1 ,80b l 2,39.5 1 luogo di abitazione deserto/Nazaret
La tipologia nel racconto lucano 107

TI parallelo Giovanni/Gesù giunge anche fino a Lc 4, 1 3 , o addirit­


tura 4,15, cioè prima dell'episodio di Nazaret (4, 16-30), che inizia
chiaramente una tappa nuova nella vita di Gesù:

Giovanni Gesù

3,1 -6 , 3,2 1 -38 presentazione di Giovanni e di Gesù


3,7-1 7 , 4,1 -1 3 la loro missione rispettiva
3,1 8-20 , 4,1 4-1 5 sommari: fine/inizio delle rispettive missioni

Si potrebbero affinare certi parallelismi. Per il nostro discorso,


l'importante è coglierne il significato. Gli esegeti hanno mostrato
che essi mirano a manifestare le somiglianze, ma anche e sopr�ttutto
le differenze fra i due bambini, fra i loro rispettivi genitori, tenuto
conto delle loro identità e dei loro ruoli, delle loro reazioni e dei loro
destini.
I parallelismi non spiegano tuttavia né l'inizio né tutti i meccanismi
del racconto. Se Giovanni Battista è il precursore di Gesù, è normale
che l'annuncio della sua nascita sia raccontato prima di quella di
Gesù. Ciò che è meno normale è il modo in cui il narratore procede
per tratteggiare i suoi personaggi e rivelarne l'identità profonda, lui
che, dopo l'episodio di Nazaret, resta piuttosto discreto. Chi - la
voce del narratore o un personaggio del racconto - indica al lettore
che Giovanni è l'Elia della fine dei tempi, che Gesù è il Messia, il
Salvatore, il Figlio di Dio?

2. L'ANNUNCIO A ZACCARIA

La composizione del passo


La divisione narrativa corrisponde alle diverse s cene: secondo i
luoghi, la comparsa e la scomparsa dei personaggi, il dialogo fra i
personaggi e il racconto alla terza persona:

a vv.5-7 presentazione di Zaccaria e di Elisabetta; senza figli; Eli­


sabetta sterile
1 08 Capitolo 5

b vv. 8-10 servizio; entrata nel santuario; popolo fuori


c vv. 1 1 -20 apparizione e messaggio dell'angelo Gabriele
b' vv. 2 1 -23 popolo in attesa; uscita di Zaccaria; fine del ser­
vtzto
'
a vv. 24-25 concepimento di un bambino e reazione di Elisabetta:
niente più vergogna

Le scene che si corrispondono sono precedute dalla stessa lettera:


in a, Elisabetta è sterile; e in a ' ella avrà un figlio; in b, Zaccaria entra
nel santuario; e in b', ne esce. Si sarà osservato che gli elementi dei
vv. 8-10 sono ripresi in ordine inverso in 2 1 -23 . Quanto alla scena

centrale, la più lunga, in cui l'angelo Gabriele e Zaccaria sono soli,


essa ha la propria composizione, come vedremo subito.

I:apparizione dell'angelo e il suo modello letterario (vv. 1 1-20)

Questi versetti - lo stesso dicasi di quelli dell'annuncio a Maria


- devono la loro composizione a quella di passi dell'AT. Le tappe
dell'incontro sono quelle di certe apparizioni e annunci angelici fatti
nelle Scritture (per esempio, Gen 17 , 1 -2 1 ; 18, 1 - 15; Gdc 13 ,2-23 ):
(a) apparizione di un angelo del Signore, (b) reazione di paura o
perplessità, (c) parole di rassicurazione e (d) messaggio dell'angelo,
(e) obiezione da parte di chi ascolta quelle parole, (f) conferma del
messaggio, (g) per mezzo di un segno:

Le 1 , 1 1 -20 Le 1 ,26-38
motivi ripresi daii'AT
Giovanni Gesù

(a) v. 1 1 v. 28 apparizione di un messaggero divino


(b) v. 1 2 v. 29 reazione di turbamento
(c) v. 1 3 v. 30 parola di rassicurazione del messaggero
(d) w. 1 3- 1 7 w. 3 1 -33 messaggio sul bambino
v. 1 3 v. 3 1 i l concepimento e i l suo nome
w. 1 4-1 7 w. 32-33 descrizione della sua missione
(e) v. 1 8 v. 34 domanda posta al messaggero
(f ) v. 1 9 v. 35 risposta del messaggero
(g) v. 20 vv. 36-37 segno fornito dal messaggero
La tipologia nel racconto lucano 109

Da un inizio all'altro
Il narratore comincia il racconto con alcune indicazioni essenziali
per conoscere Zaccaria ed Elisabetta: la loro origine, la loro vita di
ebrei fedeli, l'assenza di posterità e la sua causa, la loro età (w. 5-7 ) .
Malgrado tutto, la descrizione h a qualcosa di anormale, anche se il
lettore può riconoscervi una certa logica:
- l'origine degli attori (legame con il passato)
- il loro comportamento religioso e morale esemplare (presente)
- l'assenza di discendenza (rottura: nessun futuro) .

Perché, dopo avere insistito sull'estrema fedeltà religiosa di Zacca­


ria ed Elisabetta, il racconto ritorna a dei tratti banalmente materiali:
l'assenza di figli e l'età? Il narratore resta muto sulle ragioni della
sua scelta. Egli invita quindi discretamente a interrogarsi, poiché,
come attestano numerosi testi biblici, chiunque resta fedele alla Leg­
ge riceve le benedizioni divine - discendenza numerosa, lunga vita,
onore e considerazioné. Fin dal primo episodio del racconto lucano,
bisogna dunque ritornare nell'universo biblico, con i suoi valori, le
sue promesse - non sempre realizzate: Luca comincia in qualche
modo a ritroso. Se i due anziani restano irreprensibili, perché non
hanno ricevuto la benedizione promessa? Il Signore li ha dimenticati,
mantiene le sue promesse? E il lettore scopre subito che il racconto
mira a rispondere a queste domande. Se l'angelo appare, è proprio
per eliminare la mancanza segnalata dal narratore: Zaccaria ed Elisa­
betta avranno un figlio, e il loro desiderio - che conosciamo tramite
Gabriele e non tramite Luca - si realizzerà al di là anche di ciò che
avrebbero potuto sperare.
Dicendo che l'inizio del racconto lucano ci riporta all 'indietro, non
avremmo potuto trovare una formula più esatta, poiché è sull'inizio
della storia di Israele che il narratore invita a meditare. Lo svolgi­
mento del racconto e il vocabolario evocano la situazione di Abramo

6 Cfr. Sa/ 127/128; Dt 28, 1-14; ecc.


1 10 Capitolo 5

e l'intervento divino che mise fine alla sterilità di Sara. La maggior


parte delle parole ricordate rimandano al libro della Genesi, e sol­
tanto l'ultimo parallelo non appartiene al ciclo di Abramo: è il grido
di Rachele, anche lei sterile, alla nascita di Giuseppe ( Gen 30,23 ) :

Le 1 ,5-25 Genesi

narratore: irreprensibil i (v. 6) 1 7,1


narratore: avanti negli anni (v. 7) 1 8,1 1
narratore: sterile (v. 7) 1 1 ,30
angelo: non temere (v. 1 3) 1 5,1
a ngelo: tua moglie (v. 1 3) 1 7, 1 9
angelo: un [tuo] figlio (v. 1 3) 1 7, 1 9
angelo: tu lo chiamerai Giovanni (v. 1 3) 1 7,1 9
Zaccaria: come potrò conoscere questo? (v. 1 8) 1 5,8
Elisabetta: [per] togliere la mia vergogna (v. 25) 30,23

Per descrivere il ruolo profetico di Giovanni Battista, ai vv. 15- 17 ,


l'angelo Gabriele riprende anche alcune parole dell'AT: M/ 2,6, per
indicare che egli avrà una missione di conversione e, più esplicita­
mente, M/ 3 , 1 e 3 ,23 -24, per descriverlo come l'Elia della fine dei
tempi. Ritorneremo su questa lettura tipologica.
Luca inizia dunque ricordando il passato biblico e invita il letto­
re a fare la stessa cosa. Ma la memoria del narratore risale proprio
all'inizio delle promesse, quando tutto avvenne grazie a una parola
che bisognò credere. Una parola inaugurale che Le 1 ,5 -25 riprende
a modo suo, poiché è ricordando la prima promessa che ne formula
un'altra, anch'essa intessuta di allusioni bibliche: il futuro viene det­
to con le parole del passato. Qual è il significato di questa ripresa?
Nulla dunque sarebbe cambiato? TI narratore non invita piuttosto a
riconoscere una continuità, una coerenza fra la parola dell'inizio e
quella della fine?
Qui Luca enuncia con discrezione le regole del suo racconto, che
non smetterà di rimandare al passato biblico nel momento stesso in
cui descrive l'avvento della fine. Un andirivieni incessante in cui si
legge la coerenza di una storia e del racconto che la riferisce.
La tipologia nel racconto lucano 111

[}enigma dei vv. 1 8-20


n lettore può avere qualche difficoltà dinanzi al modo in cui l'an­
gelo interpreta la domanda di Zaccaria al v. 20, tanto più che il nar­
ratore mette sulle labbra del sacerdote le parole stesse di Abramo
( Gen 15,8) , che non sono mai state interpretate come una mancanza
di fede. Proprio prima della domanda del patriarca, in Gen 15 ,8, il
narratore ha detto infatti che egli credette nella promessa divina ( Gen
15,6). Ma è proprio questa ripresa che deve avvertire il lettore. Sulla
bocca del patriarca, la domanda si comprende agevolmente, poiché
Sara e lui stesso sono le prime persone molto avanti negli anni a cui
Dio fa la promessa apparentemente insensata di concedere un figlio.
Ora, ripetendo testualmente la frase di Abramo, Zaccaria mostra di
conoscere le Scritture. E, se conosce le Scritture, deve sapere che la
promessa divina si realizzerà: ma allora la sua domanda non ha più
ragion d'essere ! Non si poteva esprimere meglio narrativamente la
situazione contraddittoria in cui si trova Zaccaria.
Ammettiamo peraltro, senza discutere, che l'angelo interpreti la
sua domanda come un segno di dubbio: egli è l'inviato di Dio e
la sua funzione ne fa un attore onnisciente ! La difficoltà proviene
piuttosto dal racconto stesso: se fin dal primo episodio è il dubbio,
in altri termini la mancanza di fede - e da parte di un uomo santo,
irreprensibile - a costituire la risposta umana alla Buona Notizia,
il resto del macra-racconto non lascia presagire niente di buono . . .
Tuttavia, come mostreranno gli episodi successivi, la mancanza di
fede non impedisce alla Buona Notizia di fare il suo cammino: Dio
realizza il suo disegno di salvezza malgrado il dubbio di Zaccaria. In
ciò, l'episodio diventa prolessi, anticipazione del resto del vangelo.
Se l'iniziativa divina si scontra con la mancanza di fede e riesce tut­
tavia a metterla al servizio della propria onnipotenza, è perché niente
fermerà la salvezza. Questa resistenza dell'inizio ne lascia prevedere
altre, nello stesso tempo in cui annuncia la vittoria del Dio che si
ricorda della sua promessa.
1 12 Capitolo 5

Giovanni Battista e la tipologia pro/etica


Rammentiamo in che modo l'angelo Gabriele descrive il futuro
Battista ai vv. 15-17:

Le 1 , 1 5-1 7 AT

«non berrà vino né bevande inebrianti» (v. 1 5) Nm 6,3-4


Gdc 1 3, 1 4

«ricondurrà molti figli d'Israele a l Signore loro Dio» (v. 1 6) M/ 2,6

«Egli camminerà innanzi a lui [Dio]» (v. 1 7) M/ 3, 1

«con lo spirito e la potenza di Elia» (v. 1 7) M/ 3,23

«per ricondurre i cuori dei padri verso i figli» (v. 1 7) M/ 3,24

«preparare al Signore un popolo ben disposto» (v. 1 7) M/ 3,1

L'angelo fa un annuncio che è orientato verso il suo compimento


futuro e non è in sé una ripresa del passato. Ma egli descrive Giovan­
ni rimandando alla potenza e allo spirito di Elia e invitando quindi
Zaccaria e il lettore con lui a ricordarsi dell'impresa del profeta. Nella
bocca dell'angelo, Elia è davvero il tipo di Giovanni.
In Luca, la prima interpretazione tipologica non ha come locutore
il narratore, ma l'angelo Gabriele che è il portavoce autorizzato di
Dio. Dunque è Dio che, attraverso la voce del suo angelo, personag­
gio del racconto, dà avvio alla tipologia profetica.
Se l'interpretazione tipologica ha come primo locutore il perso­
naggio divino Gabriele, quali ne sono i destinatari? Zaccaria eviden­
temente e, con lui, il lettore. Che Zaccaria ha udito e compreso il
messaggio, il prosieguo lo mostra bene poiché nel suo cantico - cono­
sciuto con il nome di Benedictus , egli riprende le parole dell'angelo:
-

«E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai


innanzi al Signore a preparargli le strade» (Le 1 ,76)7. La tipologia
profetica ha quindi come secondo locutore un altro personaggio del
racconto, Zaccaria. Il fatto che egli caratterizzi suo figlio come pro-

7 Ripresa di Le 1,17, che citava già M/ 3 , 1 .


La tipologia nel racconto lucano 1 13

feta e descriva il suo ministero presso Israele come Malachia indica


bene che, se la tipologia profetica ha Dio - mediante la voce dell'an­
gelo - come locutore onnisciente, essa è e deve essere riconosciuta
dai personaggi del racconto, poiché è dapprima fatta per loro, che
devono aderire alle vie di Dio. La problematica dell'anagnorisis co­
mincia in modo positivo fin dal vangelo dell'infanzia8•
Se Elia è il tipo o il figurante di Giovanni Battista, può esserlo di
Gesù? Abbiamo visto, al cap. 3 , che in Marco Elia è soltanto il tipo
di Giovanni Battista. In compenso, per Luca egli è il tipo di entram­
bi, e non c'è qui nessuna incoerenza: Gesù stesso, voce autorizzata
per eccellenza, interpreterà il suo ministero in relazione a Elia (Le
4 ,25 ) ; essendo ambedue dei profeti, Giovanni e Gesù hanno come
tipi l'insieme dei profeti, in particolare quelli più famosi, designati
dalla voce divina/angelica e da Gesù stesso.
TI lettore lo avrà constatato, senza che vi sia incoerenza o contrad­
dizione: in questa pericope Luca rinvia a parecchi episodi dell' AT,
agli annunci fatti ad Abramo nel libro della Genesi, ma anche ai libri
dei Re, dove Elia con forza e potenza si pone come testimone unico
di YHWH, il vero Dio.

3 . l SAM 1-3 , SFONDO BIBLICO DI Le 1-2

Le 1-2 e l Sam 1-2

Luca non segue gli scrittori del suo tempo soltanto per le conven­
zioni biografiche, l'imitazione arriva anche al vocabolario e allo stile,
che assai giustamente è stato definito antologico.

8 A questa problematica dell'anagnarisis bisogna ricollegare ciò che è detto, sull 'inse­
rimento di salmi o cantici nd tessuto narrativo biblico, da S. WEITZMAN, Song and Story
in Biblica! Narrative. The History o/ a Literary Convention in Ancient Israel, Indiana
University Press, Bloomington - Indianapolis 1997 . Questo autore mostra che tali lodi
inserite nei racconti biblici mirano a rendere normativo il racconto che esse interpretano,
come racconto in cui si leggono l'azione e il piano di Dio su Israele e sul mondo. Consa­
pevoli del disegno salvifico di Dio, gli attori del racconto lo accolgono, vi acconsentono
e lo confessano a tutti come buona notizia attraverso il loro canto, che riprende tutta la
storia biblica, a partire dalle promesse.
1 14 Capitolo 5

Nel corso degli episodi, la narrazione riprende in effetti termini,


espressioni, costrutti stilistici e schemi della Bibbia greca. Per Le 1-2,
si è mostrato da tempo che il loro autore si ispira in larga misura a
1 Sam 1-3 . In entrambi i testi, le situazioni e le reazioni dei personaggi
sono analoghe; i prestiti non sono dunque soltanto lessicali o stilisti ci:

7 Samue/e Luca elementi in comune

1 , 1 -20 1 ,5-25 sterilità, preghiera, esaudimento


2,1 -1 1 1 ,46-56 cantico di Anna/Maria e ritorno a casa
2,1 8-2 1 2,22-35 presentazione al tempio, a nziano che bene-
dice i genitori,
ritorno a casa
2,2 1 .26 2,40.43.52 crescita e grazia davanti a Dio e agli uomini;
il protagonista resta nel tempio

Oltre a questi motivi che formano il quadro narrativo, ne esisto­


no altri, sempre veterotestamentari, che confermano l'ampiezza del
processo di imitazione:

testi biblici Luca motivi ripresi da Luca

Gen 1 8,3; 7 Sam 1 , 1 8 Le 1 ,28.30 la bontà e la grazia divina verso chi ri-
ceve l'annuncio

Es 3,1 2; Gde 6,1 2. 1 6 Le 1 ,28 «il Signore con te» {+ appellativo elo-
giativo)

Gde 6,23 Le 1 ,1 3; 1 ,30 «non temere»

Gen 1 7,1 9 Le 1 , 1 3.31 il nome del bambino dato da Dio (o dal


suo a ngelo)

Gen 1 8,1 3-1 4 Le 1 ,37 «nulla è impossibile a Dio»

Gen 29,32; 7 Sam 1 ,1 1 Le 1 ,48 «il Signore ha guardato l'umiltà della


sua serva»

Gen 30,1 3 Le 1 ,48 <<tutte le don ne/generazioni mi chia-


meranno beata»

L'imitazione, lo vediamo, opera a vari livelli - frase, episodio, se­


zione, macro-racconto:
La tipologia nel racconto lucano 1 15

livelli del racconto ripreso da passi deii'AT

1 strutturazione del macro-racconto = 1 Sam 1 -3

2 genere e composizione di
ogni episodio
gli annunci = Gen 1 7; 1 8; Es 3; ecc.
le lodi/profezie = 1 Sam 2,1 -1 0; ecc.

3 in ogni episodio: parole, frasi motivi ripresi da vari libri dell'Al

L'arte del narratore consiste nell'avere usato i passi dell' AT senza


farne citazione esplicita - sola eccezione: Le 2,23 -24 -, al punto che,
per chi ha poca familiarità con l' AT, è difficile individuare le nume­
rose allusioni. Per decenni, questi numerosi prestiti hanno fatto dubi­
tare della storicità di Le 1-2 . TI fatto che il narratore abbia intessuto i
suoi episodi con l'aiuto di significanti di varia origine non dice niente
a priori sulla loro storicità (o non storicità). Piuttosto è importante
vedere che, se il narratore ha proceduto in questo modo, è in virtù
della sua concezione del racconto, poiché egli ha voluto che la no­
vità fosse detta con le parole di un tempo e, reciprocamente, che le
promesse del passato biblico trovassero il loro compimento nel gioco
dei significanti di Le 1-2 , in cui l'annuncio di ciò che accadrà - le
parole di Gabriele sono profezia - è ugualmente memoria discreta
delle profezie passate.

Gesù e la tipologia pro/etica

l Sam 1-3 non funge soltanto da ambito narrativo. In Le 2 ,40 e


2,52, il narratore descrive Gesù come l Sam 2 ,26 descriveva il gio­
vane Samuele:

l Sam 2,26: «il giovane Samuele andava crescendo ed era gradito al Si­
gnore e agli uomini».

Le 2,52 : «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli


uomini».
1 16 Capitolo 5

Ciò significa che anche Gesù è profeta? Oltre ai tratti enunciati in


Le 2,40 e 2,52 , ve ne sono altri che permettono di dare una risposta
positiva alla domanda? È importante osservare che le diverse voci
narrative non attribuiscono gli stessi tratti a Gesù; se per l'angelo
Gabriele egli è (esplicitamente) Figlio di Davide e Figlio di Dio,
il narratore invece preferisce attribuirgli (implicitamente) dei tratti
profetici. Queste due letture, lo vedremo, non sono contrapposte;
sono piuttosto complementari. La prima esprime l'identità primaria
del protagonista Gesù, e la seconda risponde alla difficoltà sollevata
dalla morte in croce: se effettivamente Gesù è il Messia, come mai ha
finito per morire così? La tipologia profetica permette di rispondere:
essendo profeta, fu come loro rifiutato e messo a morte.
Così, prima dell'episodio di Nazaret, la tipologia profetica appli­
cata a Gesù compare già in Le 1-2, ma non è esplicita, bensì soltanto
allusiva, ed è messa in atto dal narratore:

- Le 1-2 riprende l Sam 1-2 (Anna e Samuele sono i tipi di Maria e


Gesù) ;
- Le 2,40 e 2-52 alludono a l Sam 2 ,26.

Ma, si obietterà, se in Luca la tipologia profetica ha la funzione


di rispondere alla difficoltà sollevata dalla morte drammatica del
protagonista, facendo di Samuele il tipo di Gesù da bambino, il
narratore menziona un profeta che, se crediamo alle Scritture, non
fu né rifiutato né messo a morte. Non vi sarebbe un'incoerenza qui?
La risposta è duplice: ( l ) interpretando la nascita e l'infanzia di
Gesù con l'aiuto di Samuele, il narratore lucano mostra che Gesù è
profeta fin dal concepimento, e che questo dunque non gli giunse
dall'esterno e posteriormente; (ii) per mostrare che fin dal conce­
pimento Gesù è profeta, nelle Scritture Luca aveva a disposizione
soltanto il concepimento e l'infanzia di Samuele; dunque non ha
dovuto cercare altrove.
La tipologia nel racconto lucano 1 17

III. A Nazaret, Gesù inaugura la sua lettura tipologica

A partire dall'episodio della sinagoga di Nazaret (Le 4, 16-30), la


tipologia profetica diventa esplicita ed è espressa da Gesù stesso. Essa
corre lungo tutto il suo ministero, che va da Nazaret a Gerusalemme.
n discorso nella sinagoga di Nazaret non è il primo che Gesù fa in
una sinagoga; infatti si dice che, prima di arrivare nel suo villaggio,
egli aveva già insegnato altrove e tutti ne cantavano le lodi (Lc 4,15 ) .
È d a uomo che gode di una bella reputazione che egli ritorna a casa
sua. Tuttavia, finora il narratore non ha informato il lettore sul con­
tenuto di questo insegnamento. Con i discorsi tenuti nella sinagoga
di Nazaret, è la prima volta che Gesù si presenta, dice a chi è inviato
e perché. Un episodio importante, questo, poiché permette di vedere
come, attraverso la voce di Gesù, Luca prepari in modo obliquo gli
sviluppi della sua cristologia e le dimensioni della sua tipologia.

l . IL TESTO DI IsAIA E LA TIPOLOGIA PROFETICA

r;inviato di Isaia

Dopo che gli è stato dato il rotolo, Gesù lo apre e trova (il verbo
greco è heurfsko) il passo di Is 6 1 , 1 -2. La formulazione è perlomeno
strana. Difatti, se Gesù ha trovato questo passo, è perché lo cercava,
o perché era quello che bisognava leggere quel sabato, oppure perché
lui stesso voleva leggere quel passo e non un altro. Qualunque sia
la risposta, Gesù ha letto ciò che voleva far ascoltare a coloro che
erano presenti nella sinagoga, cioè il testo di Isaia, grazie al quale
egli presenta indirettamente se stesso. Possiamo dire effettivamente
che questa pericope dà l'avvio a quella che ormai si è convenuto di
chiamare la «cristologia indiretta» di Gesù.
n testo citato è formato da due passi (Is 6 1 , 1 -2 e 58,6b) che Gesù
evidentemente non ha potuto leggere, poiché in Isaia sono separati
l'uno dall'altro. Queste frasi sono messe l'una accanto all'altra grazie
a una gezerah shawah, un'antica tecnica esegetica ebraica che trovia-
1 18 Capitolo 5

mo altrove nel NT e che consiste nel commentare l'uno con l'altro


due passi biblici che hanno uno o più termini in comune (qui, libera­
zione; in greco, dphesis). Siccome il testo che presumibilmente Gesù
legge non esiste come tale, il collage proviene dunque dal narratore,
che evidentemente sa che cosa sia una gezerah shawah.
A quale figura biblica rimanda il v. 18a? La citazione di Is 6 1 , 1 -2
esige che si tratti di una figura profetica. Ma occorre distinguere fra
ciò che è detto per gli abitanti di Nazaret presenti nella sinagoga e
ciò che il lettore deve comprendere. Per i personaggi del racconto,
la figura profetica si impone, nella misura in cui, non avendo ascol­
tato le parole dell'angelo Gabriele a Maria né quelle degli angeli
di Betlemme ai pastori, essi non sanno che Gesù è il Messia atteso.
Menzionando Elia ed Eliseo, ai w. 24-27, Gesù stesso riprende la tra­
dizione profetica eliaca/eliseana. Invece il lettore, che ha in mente le
dichiarazioni degli angeli a Nazaret e a Betlemme, e che ha ascoltato
con Gesù la voce celeste al battesimo (Le 3 ,22), può pensare anche
alla filiazione messianica regale, a causa della presenza del verbo <<U.tl­
gere» in Lc 4,18, che traduce il greco chrfo da cui deriva l'aggettivo
christ6s, Cristo, e del vocabolario della liberazione (in greco, dphesis) ,
che ricorda le formulazioni obliquamente messianiche del cantico di
Zaccaria cfr. Le 1,7 1 .74 e 77). D lettore non può separare Lc 4,18 dalle
dichiarazioni angeliche o divine precedenti, col rischio di ignorare la
tecnica lucana dell'accumulazione. In breve, per il lettore, la denota­
zione è duplice, messianica profetica, ma anche regale.
Ma chi sono i poveri a cui il profeta è inviato a portare la Buona
Notizia?

Chi sono i poveri a cui Gesù è inviato?


Gesù dice agli abitanti di Nazaret: «Oggi si è compiuta questa
Scrittura che voi avete ascoltato» (v. 2 1b) , e i versetti 22-23 indicano
chiaramente che tutti i presenti reagiscono come se fossero i desti­
natari del messaggio, i poveri, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi ai
quali Gesù è inviato. Dopo tutto, è Gesù stesso che ne fa i beneficiari
La tipologia nel racconto lucano 1 19

della Buona Notizia, poiché le sue parole significano che le relazioni


descritte dal profeta si realizzano nel momento in cui egli si rivolge
a loro:

Is 61 lo Spirito sopra di me annunciare ai poveri


Oggi (lo Spirito) (sopra Gesù) (che parla) ai vostri orecchi

Il v. 23 mostra che Gesù ha compreso bene che i suoi compatrioti


si aspettano da lui che egli venga a guarire i loro malati: se è torna­
to nel suo villaggio, non è per operarvi dei miracoli, come altrove?
Ora, nei versetti seguenti, egli sembra escluderli dai. beneficiari del
suo messaggio salvifico. Presentandosi indirettamente come profeta,
dice loro che, in quanto profeta, non può essere accettato nella sua
patria (v. 24) . Quasi tutte le Bibbie traducono questa frase come se si
trattasse di una constatazione, in altri termini di un fatto, enunciato
al presente dell'indicativo: «Nessun profeta è bene accetto - o trova
accoglienza - nella sua patria». L'aggettivo greco dekt6s è tuttavia
un aggettivo verbale e significa «ricevibile»; l'insieme deve quindi
essere reso nel modo seguente: «Nessun profeta è ricevibile», in al­
tri termini: «può o potrebbe essere ricevuto» ecc. Ma, si dirà, lungi
dal rifiutare Gesù, i nazareni sono prontissimi ad accettarlo, poiché
sono meravigliati dal messaggio di grazia che esce dalla sua bocca
(v. 22) . Vedremo più avanti le ragioni per cui Luca ha scelto questo
aggettivo ed ha aggiunto una negazione, che presuppone un rifiuto,
mentre nulla sembrava prepararlo. Diciamo soltanto, qui, che usan­
do questo aggettivo al v. 24, il narratore gioca molto abilmente, alla
maniera omiletica dell'epoca, con il termine dekt6s («favorevole»)
della citazione del v. 19 («un anno del Signore favorevole/accettabi­
le»). I paragoni tratti dai cicli di Elia e di Eliseo ai w. 25-27 indicano
chiaramente le ragioni per cui il profeta Gesù non può essere accolto
dai suoi concittadini:

25molte vedove in Israele 27c'erano molti lebbrosi in Israele


26ma a nessuna di esse 27ma nessuno di loro
120 Capitolo 5

Come Elia ed Eliseo, che furono inviati a dei non-israeliti, Gesù


dichiara ai nazareni che Dio non l'ha inviato per guarire i loro ma­
lati e quindi non può che provocare la loro gelosia. Pertanto non
dobbiamo stupirei se, annunciando il loro rifiuto, Gesù lo provoca
immediatamente. La sua parola diviene così doppiamente profetica,
perché è rifiutando una certa immagine dell'inviato e dei segni attesi
da parte sua (v. 23 ) che Gesù fornisce il criterio che permette di d­
conoscerlo come profeta autentico: l'annuncio del suo rifiuto (v. 24)
e l'attuazione quasi immediata (vv. 28-29) confermano che quello
che dovrebbe essere un contro-segno (essere rifiutato) in realtà è ciò
che suggella la verità del suo invio. Nel momento stesso in cui egli è
escluso e gettato fuori della città dai suoi concittadini, Gesù è profeta
e la sua parola non potrebbe avere più autorità.
L'atteggiamento di Gesù, si potrebbe obiettare, somiglia comun­
que alla provocazione, poiché gli abitanti di N azaret erano ben di­
sposti nei suoi confronti. Senza dubbio, la sua dichiarazione non
può che urtare gli uditori. Tuttavia, precedendo il loro rifiuto, Gesù
può indicare profeticamente l'orientamento e i destinatari della sua
missione. La finalità della provocazione è cristologica: essa non stig­
matizza tanto il rifiuto, ma piuttosto valorizza l'identità profetica di
Gesù, come si vedrà più avanti. Gli esegeti insistono a giusto titolo
sul fatto che l'episodio di Nazaret anticipa o profetizza il rifiuto di
Gesù da parte dell'insieme del popolo. Indubbiamente il testo mira
a questo - ancorché ci si debba interrogare sull'estensione del rifiuto:
tutti o soltanto le autorità religiose? - ma non si deve dimenticare
l� verifica immediata del segno annunciato: essa è una delle compo­
nenti che sottolineano l'efficienza della parola profetica di Gesù, fin
dall'inizio del suo ministero.
In breve, fin dall'inizio del suo ministero, Gesù sa di essere inviato
da Dio, sa a chi è inviato, sa in che cosa consiste la sua missione e
ne accetta le condizioni; e, per evitare ogni fraintendimento, lo dice
solennemente a tutti quelli che, venuti ad ascoltarlo a Nazaret, pen­
savano di essere i primi beneficiari del suo messaggio.
Quanto alla tipologia profetica, evidentemente essa predomina in
questo episodio. Ed è messa in moto da Gesù stesso, che sceglie i per-
La tipologia nel racconto lucano 12 1

sonaggi dell'AT, due profeti, di cui dichiara di essere in modo obliquo


l'anticipo. E della tipologia profetica, egli conserva principalmente il
rifiuto, e lo dice ai suoi uditori, che sono suoi correligionari, che non
possono dire di non avere udito.

2. GESÙ E LA TRADIZIONE PROFETICA

La cristologia obliqua di Gesù

In realtà, se Gesù non designa se stesso come il profeta del testo


isaiano, nemmeno dice ai nazareni che essi sono i poveri, gli oppressi
e i ciechi del medesimo testo, né dice, alcuni istanti dopo, che essi
lo rifiuteranno. Tutto viene fatto capire senza mai essere affermato
in modo esplicito: è ricorrendo a un proverbio, dunque a un detto
universale, che Gesù annuncia il loro rifiuto (v. 24) ; è attingendo nel
passato biblico, distante nel tempo e diverso nei personaggi, che egli
comunica il suo invio ad altre città (vv. 25 -27) . A partire dal v. 23 , il
linguaggio di Gesù è obliquo, poiché egli fa intendere una cosa per
un'altra. Certo, occorrono abbastanza indizi perché gli altri si rico­
noscano in un discorso obliquo, ma il principio di un tale modo di
esprimersi consiste nel fare di tutto perché l'altro capisca anche se
il suo nome non è pronunciato. La reazione aggressiva dei nazareni
in Le 4 mostra che essi hanno compreso che Gesù parlava di loro.
La questione sollevata da ogni discorso obliquo è quella della
sua ragion d'essere. Come tale, la metalepsi è legata al riconosci­
mento. È così a Nazaret, dove Gesù sarà veramente riconosciuto
come profeta a misura dei segni che ci si aspetta da lui (v. 23 ) .
Non designandosi esplicitamente come l'inviato escatologico, Gesù
dovrà lasciar agire i segni, in altri termini la perspicacia dei suoi
concittadini. Ora, egli lascia intendere che non avranno segni, e
in tal modo si espone a non essere riconosciuto da loro. In real­
tà, il linguaggio obliquo permette il riconoscimento, evitando la
trappola di un'attesa partigiana troppo facilmente esaudita. Dopo
tutto, il riconoscimento si attuerà a due livelli -discorsi diversi:
122 Capitolo 5

l ) quello del lettore, a cui si chiede di percepire nel rifiuto di Gesù il


segno paradossale e autentico della sua identità profetica; 2) quello
dei nazareni, che sentono che nessun segno sarà concesso loro ed
espellono Gesù. Se gli uditori di Gesù hanno compreso le relazioni
descritte, ma non la portata teologica e cristologica del loro rifiuto,
il lettore è invitato ad andare oltre, a rileggere le Scritture, poiché
la persona del profeta rimanda a tutto un passato in cui vi furono
profeti riconosciuti o no in virtù di certi segni. In breve, il lettore è
invitato a fare un paragone e, in definitiva, a percepire una coerenza,
misconosciuta dagli uditori di Nazaret.

Gesù pro/eta
Ciò che vi è di paradossale nell'annuncio che Gesù fa del suo
(futuro) rifiuto, è che esso è formulato con l'aiuto del passato - e al
passato ( vv. 25-27). Dicendo che nessun profeta è accettabile nella
sua patria, Gesù non pretende soltanto di descrivere la situazione
dei profeti del suo tempo, in particolare quella del suo predecessore
Giovanni Battista. Usando il presente dell'indicativo «è» (in greco,
éstin) , al v. 24, Gesù rimanda, sotto forma di proverbio, all'insieme
dei profeti del passato biblico inteso come totalità unificata: il pas­
sato della storia profetica illumina gli eventi di Nazaret e l'insieme
dell'itinerario di Gesù.
I due esempi scelti ai vv. 25-27 sono tipici per più motivi. In primo
luogo, perché nei libri dei Re e nel resto della Bibbia i cicli di Elia
e di Eliseo hanno un'importanza quasi senza uguali; soltanto qui, e
in maniera continua, l'attività profetica è descritta in racconti che
presuppongono già una rilettura dell'attività taumaturgica di Mosè.
Poi, perché la stessa tradizione ebraica ha ricordato Elia come figu­
ra escatologica (cfr. già Sir 48, 1 0- 1 1 ) ; tutta la storia profetica può
così riassumersi in lui: egli rimanda al modello passato, Mosè, ed è
promessa del tempo futuro, tempo della collera e della salvezza. Ma
è seguendo il terzo vangelo che vedremo la ragione profonda della
scelta di Elia e di Eliseo.
La tipologia nel racconto lucano 123

Che Le 4,25-27 inauguri la tipologia eliaca ed eliseana (applicata


a Gesù) di Luca Io conferma una rapida occhiata agli episodi che
evocano la figura e l'impresa dei due profeti9:
- Gesù nel deserto 4 , 1 - 13 (cfr. l Re 19, 1 -8) ;
- la chiamata di discepoli: 9,57-61 (cfr. l Re 19,19-2 1 ) ;
- guarigioni di lebbrosi: 5 , 12- 14; 1 7,1 1 - 1 9 (cfr. 2 Re 5 ) ;
- guarigioni di ciechi: 7, 2 1 ; 14, 13; 14,21 ; 18,35-43 (cfr. 2 Re 6,17.20) ;
- miracoli riguardanti il cibo: 9, 10- 17 (cfr. 1 Re 17,7 - 16; 2 Re 4,42-
44);
- risurrezioni di morti: 7, 1 1 - 1 7; 8,40-56 (cfr. l Re 17, 17-24; 2 Re
4,18-37);
- l'incontro di Dio sulla montagna o l'episodio della trasfigurazione:
9,28-36 (cfr. l Re 19,9-18);
- il fuoco distruttore: 9,54 (cfr. 2 Re 1, 10-12);
- l'ascensione: Le 24 e At l (cfr. 2 Re 2,1- 18).

In Le 4,25-27 , i due profeti non sono dunque semplici illustrazioni


passeggere: grazie a loro, Gesù propone una lettura di tutto il suo
ministero, sotto il segno della continuità. Egli farà dei segni analo­
ghi e potrà quindi essere riconosciuto come profeta autentico. Non
è dunque solo il rifiuto (v. 24) a fare di Gesù un vero profeta, ma
anche la sua attività salvifìca (e, di conseguenza, l'insieme del terzo
vangelo) , in cui è possibile leggere lo stesso messaggio, proveniente
dallo stesso Dio, quello vero: l'assenza di un segno a N azaret è già
un segno, ma che non basta. Ci saranno altri segni. Ma quali? E per
chi? Menzionando Elia ed Eliseo, Gesù offre subito la sua griglia di
lettura, annunciando nello stesso tempo il genere e l'orientamento
della sua attività profetica.
Gesù ricorre dunque alle Scritture per mostrare la coerenza del
disegno divino e contemporaneamente il rifiuto del suo popolo, e
per dare così un senso agli eventi presenti e futuri del suo ministero

9 I numeri in corsivo indicano i passi propri di Luca.


124 Capitolo 5

profetico. A prima vista, tuttavia, la scelta che egli opera è drastica e


sembra deformare il contesto letterario come quello storico. Se i vv.
25 -26 riassumono abbastanza bene le condizioni difficili dell'impresa
eliaca, non si può dire lo stesso del versetto seguente, poiché i bene­
ficiari dell'attività taumaturgica di Eliseo non sono unicamente degli
stranieri, e se l'episodio di N aaman in 2 Re 5 esprime un messaggio
universalista, non possiamo trovarvi alcuna polemica nei confronti
di una qualunque gelosia degli Israeliti dell'epoca. Le affermazioni di
Gesù hanno dunque qualcosa di eccessivo? I commentatori di Le 4
si sono sforzati di mostrare che le parole di Gesù riprendono la let­
tura che i Settanta o anche le leggende apocrife ebraiche dell'epoca
facevano delle persecuzioni di cui i profeti erano stati oggetto. Qui
notiamo soltanto l'importanza dei rimandi a Elia o Eliseo (e, attra­
verso di loro, a tutti i profeti) per il resto del vangelo: la volontà di
unificazione, evidente in Le 4,25 -27 , proseguirà nel corso di tutto il
racconto lucano (Le 6,23 ; 1 1 ,47.49-50; 13 ,33 .34) . Fin da Nazaret,
Gesù vede dunque la storia profetica sotto il segno dell'universalità
e del rifiuto, tracciando così una via attraverso le Scritture fino a se
stesso, il profeta dell'oggi escatologico. Possiamo così capovolgere
i termini: se le Scritture permettono di capire il destino di Gesù, in
realtà esse diventano modelli e norma mediante la parola di Gesù,
che acquista così la sua estensione massima, poiché la storia profetica
vi si trova riassunta, unificata nel momento stesso in cui vi si fa ricorso
per illuminare il presente.

La funzione delle Scritture in Le 4


In ciascuna delle due parti dell'episodio di Nazaret, le Scritture
occupano dunque un posto qualitativamente importante. n problema
consiste nel determinarne la funzione rispettiva.
Il passo di Isaia ha una funzione designativa (indiretta) , che non è
la sola, poiché esso genera e definisce le relazioni del racconto di Na­
zaret. La situazione iniziale di mancanza - ci sono poveri, oppressi,
ciechi, prigionieri - che condiziona le relazioni di Is 61 scomparirà:
i poveri riceveranno la Buona Notizia, i prigionieri la liberazione e i
La tipologia nel racconto lucano 125

ciechi la vista. n passo descrive anche le condizioni grazie alle quali


questa mancanza potrà essere eliminata: (l) la scelta di un Inviato
da parte del Signore; (2) il dono dei mezzi che gli permettono di
svolgere la sua missione (l'unzione, la presenza dello Spirito) ; (3 )
l'invio in vista della proclamazione e della liberazione. Ma se ai vv.
16c-20a la Scrittura definisce delle relazioni e apre quindi una storia
della salvezza, resta il fatto che queste relazioni sono ancora formali:
a quali eventi, e dunque a chi, il passo allude? È mediante la parola
di Gesù che i diversi ruoli possono essere attribuiti e che questa
Scrittura trova il suo oggi (v. 2 1 ) .
Anche s e Is 6 1 , 1 -2 determina profeticamente nuove relazioni, non
dice niente sulle modalità di compimento della missione del profeta,
sulle condizioni in cui l'Inviato compirà la sua missione, né soprat­
tutto come sarà riconosciuto dai suoi uditori. Occorrono dunque
una griglia di lettura e criteri che permettano tale riconoscimento:
questa è la funzione, nella seconda parte (vv. 23 -27) , del ricorso ai
cicli di Elia ed Eliseo.
La complementarità dei due rimandi alle Scritture è netta. n testo
di Isaia distribuisce infatti dei ruoli e, mediante la parola di Gesù,
è confermato come profezia degli eventi ultimi, ma non dice niente
sull'insieme della storia della salvezza, nelle sue peripezie e nelle sue
grandi figure. Quanto al passo su Elia ed Eliseo, non farebbe che
enunciare una legge di continuità e discernimento che concerne il
riconoscimento dei profeti, ma senza alcun legame con un possibile
punto culminante nella serie, se non ci fosse il testo di Is 61 e la sua
conferma come profezia escatologica.
Ma i vv. 25 -27 forniscono dei referenti per le categorie enumerate
al v. 18. Chi sono i poveri, i prigionieri, i ciechi, se non questi stra­
nieri in cerca del vero Dio e che sono oggetto della sua misericordia?
Quelli, precisamente, a cui gli interlocutori di Gesù non pensavano.
Ma, ed è la seconda informazione che si ottiene mettendo in paral­
lelo i testi scritturali, se è la Scrittura che permette di interpretare
la Scrittura - del resto, niente è più conforme ai principi esegetici
dei commentari ebraici dell'epoca -, malgrado tutto, essa non lo fa
126 Capitolo 5

senza il passaggio attraverso il compimento: fra Is 61 e le precisazioni


ottenute grazie a l Re e 2 Re, c'è l'evento Gesù. È l'oggi escatologico
che permette di riprendere allo stesso tempo l'insieme delle Scritture
come profezia, come unità coerente orientata verso il suo termine,
e dunque di scegliere i criteri della sua interpretazione, cioè i passi
biblici che illumineranno gli altri. Per il nostro intento, l'importante
è proprio che Gesù stesso - e non il narratore - offra, ai vv 25 -27 , le
.

regole che permettono l'interpretazione di Is 61.


Un'altra questione, quella dei destinatari, è sollevata dal rapporto
fra le citazioni: se c'è una chiara corrispondenza fra i poveri, i prigio­
nieri, ecc. dei vv 18- 1 9 e gli stranieri dei vv. 25-27 , il resto del terzo
.

vangelo non contraddice forse questa corripondenza, nella misura in


cui Gesù non è andato lui stesso tra i pagani - sappiamo che, a diffe ­
renza di Marco e di Matteo, Luca no� menziona i viaggi a Tiro, Sidone
e Cesarea? Certo, e proprio questo fa di questo vangelo un racconto
aperto, almeno a questo livello, sulla seconda sezione del dittico, cioè
il libro degli Atti. In questo senso, la prolessi di Le 4,25 -27 è esterna,
poiché non trova la sua realizzazione all'interno del terzo vangelo.
Ciò che essa indica è però fondamentale: dove, dunque, la Chiesa
delle origini - e noi alla sua sequela - avrebbe trovato le ragioni per
annunciare il Vangelo della misericordia ai peccatori, israeliti e so­
prattutto pagani, se non nell'autorità di una parola inaudita, quella
di Gesù, il solo capace di mostrare come un simile annuncio era in
perfetta continuità con il piano divino della salvezza? Le 4 , 1 6-3 0 ha
la funzione di presentare l'atto fondatore di questa esegesi.

I.:esegesi tipologica di Gesù

Commentando Is 61 con l'aiuto di l Re e 2 Re, e manifestando così


le loro corrispondenze semantiche profonde, Gesù mostra di consi­
derare le Scritture un'unità che trova il suo compimento in lui. Indi­
viduare analogie significa già riconoscere alle Scritture una coerenza
interna, e Gesù non è il primo ad avere proceduto in questo modo.
Ma la relazione tra figuranti e figurato 'implica qualcosa di più: essa
vede questa unità orientata verso un termine: il Cristo. A Nazaret,
La tipologia nel racconto lucano 127

Gesù inaugura questa esegesi, poiché proclama compiute le profezie


concernenti la Buona Notizia della salvezza e indica come la storia
biblica permette di capire questo compimento - in altri termini, come
lo preparava. L'importante è proprio che sia Gesù stesso a praticare
per primo, e nel primo discorso riferito dal narratore lucano, que­
sta lettura tipologica: la sua parola acquista dunque un'estensione
massima. Infatti la sua parola è profetica, nel senso che determina
il presente e il futuro degli attori del racconto rispetto alla salvezza.
Lo è anche per il modo in cui essa unifica il passato biblico. In Le
4,16-30, Gesù è realmente il profeta, l'ermeneuta per eccellenza: delle
Scritture, del passato, del presente, del futuro.
È tuttavia importante osservare che in nessun momento la lettura
tipologica di Gesù dice che Gesù è superiore ai profeti di cui è l'an­
titipo. Più che stabilire una relazione di inferiorità o superiorità, tale
lettura mira a favorire un riconoscimento: egli è un profeta inviato,
come Isaia, per annunciare la liberazione e, come Elia/Eliseo, ai po­
veri che sono gli stranieri. In Le 4 , il fine della tipologia consiste nel
fissare i ruoli grazie ai quali vi sarà o no anagnorisis. Ma il riconosci­
mento a cui invita la tipologia non è e non può essere automatico - i
nazareni ne hanno fatto l'esperienza. L'uditore, il contemporaneo di
Gesù, ma anche il lettore, sono invitati senza sosta a una continua
spola fra le Scritture e gli eventi del ministero pubblico di Gesù,
ma soprattutto fra le Scritture e gli episodi della passione, poiché è
proprio qui che i concetti di coerenza, unità e compimento sembrano
vacillare o dissolversi. Vedremo che la lezione inaugurale di Nazaret
evoca quella dell'indomani della Pasqua (Le 24) . ll rapporto con
la designazione (chi è l'Unto del Signore? ) evidentemente non è lo
stesso nei due capitoli: in Le 4, Gesù non dichiara esplicitamente che
egli è il Cristo, mentre dopo la risurrezione, al termine del cammino,
la designazione potrà farsi esplicita - per i discepoli, dato che essa
è inseparabile dalla fede. Nondimeno, se Le 4, 16-30 invita il lettore
a questa continua spola fra le Scritture e gli eventi riferititi dal rac­
conto lucano, perché non ritroviamo, o ritroviamo così poco - Le
22,37 è la sola eccezione - nei capitoli successivi a questa magistrale
128 Capitolo 5

lezione di esegesi, citazioni esplicite simili a quelle di Matteo (prima


della passione) o di Giovanni (durante la passione) : «Allora si compì
ciò che era stato detto per mezzo del profeta (o della Scrittura) . . . »?
Ritorneremo su questo punto.

3 . LA QUESTIONE DEL RICONOSCIMENTO

Sono numerosi i narratologi che hanno delineato la propria tasso­


nomia, diacronica o sincronica, dei racconti. Senza riprendere tutte
le loro distinzioni, qui ricordiamo soltanto che il racconto lucano non
è guidato soltanto da un intreccio basato sulla risoluzione, nel senso
che il lettore dovrebbe chiedersi dapprima: Che cosa succederà? Chi
avrà la meglio? Metteranno Gesù a morte oppure riuscirà a sfuggire
loro? ecc. Quanto ai personaggi, in particolare Gesù, non sono forse
al servizio di un tale intreccio? Piuttosto è vero il contrario, poiché
sono gli eventi che hanno la funzione di far conoscere in verità o in
profondità Gesù e i suoi interlocutori. Il racconto che si svolge sotto
i nostri occhi è piuttosto un intreccio basato sulla rivelazione, in cui
si dispiegherà il processo di riconoscimento dell'identità profetica
di Gesù: Sarà riconosciuto per quello che è, da chi, quando e per
quali segni? Vi saranno anche dei gradi in tale riconoscimento? La
caratteristica dominante del testo lucano sembra dunque essere la
produzione di un racconto che mira a un riconoscimento di Gesù
interamente determinato da una rivelazione progressiva di questo
stesso Gesù. Ma, si dirà, gli altri vangeli non potrebbero essere de­
finiti in modo analogo? Non hanno il fine di rivelarci l'identità e la
funzione salvifìca di Gesù, e l'artefice primo di questa rivelazione non
è Gesù stesso, con il suo agire e il suo dire? Sì, fino a un certo punto.
Ma solo Luca ha inaugurato il ministero di Gesù con un episodio. (Le
4, 16-30) in cui i princìpi che innerveranno il resto del suo racconto
sono presentati in modo sistematico e in cui la parola stessa di Gesù
genera il resto del racconto.
La tipologia nel racconto lucano 129

4 . ALCUNE DIFFICOLTÀ TIPOLOGICHE

Elia, tipo di Giovanni Battista o di Gesù?


• In Le l, 13 - 1 7 , l'angelo descrive Giovanni Battista con i tratti
di Elia; e in Le 4,25 -27 , Gesù descrive il suo ministero come simile
a quello di Elia. Ma se Giovanni Battista è veramente l'Elia che an­
nuncia il Messia - poiché Gabriele è un inviato celeste e non può
sbagliarsi -, allora Gesù non può essere questo Elia. La tipologia
profetica di Luca è coerente?
Sul fatto che Giovanni Battista sia il solo ad essere l'Elia della fine
dei tempi, la parola dell'angelo, apodittica e divina, non deve essere
messa in dubbio anche perché corroborata da Gesù stesso in Le 7 ,24 -
27, quando chiede a coloro che vann o a farsi battezzare da Giovanni:
«Che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più
che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te
mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via». Se
Gesù dichiara che Giovanni è colui che prepara la via del Messia, è
perché ammette implicitamente di non essere lui stesso l'Elia della
fine dei tempi. Ma la tipologia lucana non consiste in primo luogo nel
rendere identici il tipo e l'antitipo e nel far sì che il tipo valga unica­
mente per un solo personaggio del racconto evangelico, ma piuttosto
nell'individuare tratti comuni che permettono di ricollegare Gesù alla
stirpe profetica. n racconto lucano offre parecchie testimonianze (fra
le altre, nei racconti di miracoli) sul fatto che, oltre alla persecuzione
e al rifiuto, Gesù ha avuto dei tratti comuni con Elia ed Eliseo. Fa­
cendo di Elia il tipo o il figurante di Giovanni Battista e di Gesù, il
narratore lucano non mostra dunque alcuna goffaggine o incoerenza.

Mosè in Mt 5-7 ed Elia in Le 4


A differenza del primo discorso di Matteo in cui Gesù, in riferi­
mento a Mosè, è legislatore e interprete perfetto della volontà di Dio
(Mt 5-7 ) , Luca lo presenta come un profeta simile a Elia ed Eliseo.
Questa differenza evidentemente deve essere attribuita al progetto
13 0 Capitolo 5

di ogni evangelista: se per Matteo Gesù è colui che promulga la carta


del discepolo, e se questa carta è trasmessa nel suo libro, si com­
prende che egli abbia voluto valorizzare questo aspetto fin dall'inizio
del ministero di Gesù. In compenso, proponendosi di mostrare che
Gesù è veramente profeta e compie perfettamente la vocazione e il
destino dei profeti, Luca ci ha tenuto a mostrare che, fin dall'inizio del
suo ministero, il suo protagonista era consapevole di essere tale e di
dover andare fino in fondo nella sorte dei profeti. Queste differenze
derivano dunque dal progetto di ogni narratore. Per il nostro inten­
to, l'importante è evidenziare che queste differenze sono espresse in
modo tipologico, il che sottolinea l'importanza che la tipologia ha
avuto per l'elaborazione dei racconti evangelici.

IV. La tipologia profetica durante il ministero di Gesù

Nell'episodio di Nazaret, Gesù insiste sul rifiuto di cui i profeti


sono oggetto, e dobbiamo chiederci per quali ragioni egli prende
in contropiede i suoi uditori, pur così desiderosi di ascoltarlo e di
vederlo operare guarigioni nel villaggio. Dicendo che un profeta non
è accettabile (in greco, dekt6s) o non può essere accettato nella sua
patria, Gesù riprende un luogo comune che trova la sua conferma
nelle Scritture e che si è trasmesso fin negli scritti ebraici intorno
all'era cristiana, cioè che i profeti sono stati perseguitati dai loro fra­
telli israeliti o addirittura, per molti di loro, perfino messi a morte10•
Perché Gesù riprende questo t6pos anziché andare nel senso dell'a­
spettativa dei suoi uditori? Evidentemente non si tratta di un gusto
pronunciato che egli avrebbe per il dolorismo, ma, come si è già det­
to, di un'idea chiave che fungerà da fil rouge per il racconto lucano.
Nei prossimi sviluppi, vedremo (l) che l'uso della tipologia è sal­
damente legato alla questione dell'anagnorisis; (2) che la tipologia del

1° Cfr. il riquadro di p. 16.


La tipologia nel racconto lucano 13 1

racconto lucano è principalmente profetica, e cercheremo di determi­


narne le ragioni; (3 ) che questa tipologia profetica, cominciata in Le
1-2, in modo implicito dal narratore e poi presa in carico, a partire da
Le 4, da Gesù stesso, che la enuncia e la sviluppa in maniera esplicita,
proseguirà fino alla fine del suo ministero (Le 19).

l. TIPOLOGIA E RICONOSCIMENTO

Prima di mostrare che, nei vangeli, la tipologia ha la funzione di


rispondere alla richiesta di riconoscimento (in greco, anagnorisis) di
Gesù come inviato e Messia di Dio, ricordiamo che allora si scrive­
vano soltanto le vite di uomini illustri, conosciuti e riconosciuti per
il loro insegnamento e le loro azioni - capi militari, uomini politici,
filosofi e oratori. La biografia di uno sconosciuto, come Gesù di Na­
zaret, era impensabile, a fortiori se era stato rifiutato dai suoi contem­
poranei, e se tale rimaneva per le generazioni successive.
La sfida delle prime generazioni cristiane fu così di redigere bio­
grafie di Gesù mostrando che egli era stato riconosciuto durante il
suo ministero, assiduamente seguito e acclamato dalle folle. Un certo
numero di episodi evangelici terminano con lo stupore o con l' accla­
mazione di coloro che assistono ai suoi miracoli e ne ascoltano l'in­
segnamento. Mancava però il riconoscimento finale: Gesù era morto
da solo, abbandonato dai suoi discepoli, accusato di bestemmia e
messo a morte. Come interpretare il contrasto fra l'ammirazione di
molti durante il ministero itinerante e la morte ignominiosa, quella
dei malfattori? I rappresentanti del giudaismo di allora potevano
obiettare al gruppo cristiano che riteneva salvifìca la sua morte che,
sebbene Gesù fosse riuscito a sedurre le folle, egli non aveva potuto
ingannare le élites religiose del paese, e inoltre era stato abbandonato
sulla croce dal Dio di cui pretendeva di essere l'inviato messianico.
Gli autori dei vangeli hanno raccolto la sfida e sono riusciti a mo­
strare che il riconoscimento del loro protagonista, Gesù, certamente
era avvenuto tenuto conto delle sue azioni miracolose, durante il suo
ministero; ma essi hanno anche potuto proporre una lettura della
132 Capitolo 5

sua passione e della sua morte coerente e capace di determinare il


riconoscimento dei loro lettori. Per il ministero di Gesù in Galilea
e nel corso della salita verso Gerusalemme, il riconoscimento della
identità profetica di Gesù da parte delle folle fu possibile grazie al
tipo di azioni compiute, poiché esse ricordavano quelle delle grandi
figure profetiche dei tempi antichi. È questo rapporto di Gesù con le
figure bibliche del passato che costituisce la parte fondamentale della
tipologia dei racconti neotestamentari. Le riflessioni che seguono si
propongono di mostrare che è la tipologia profetica a rendere conto
maggiormente del tessuto narrativo lucano.
Prima di vedere in che modo il racconto lucano elabora la sua
tipologia, è importante fornire alcune indicazioni sulla voce che,
in Luca, enuncia le relazioni tipologiche. ( l ) Certe corrispondenze
sono fatte dal narratore .sotto forma di allusioni. Così, il primo
episodio di Luca, quello dell'annuncio a Zaccaria, è interamente
tipologico, poiché mette la promessa divina e la risposta di Zacca­
ria in serie con la promessa divina di una discendenza numerosa e
con la risposta corrispondente di Abramo in Gen 15 , ma si tratta
di un'allusione, in nessun modo di un rimando esplicito. Lo stesso
dicasi di Le 7 , 15, in cui la voce narrativa dice che Gesù «restituisce
il ragazzo [vivo] a sua madre», come Elia a Sarepta, e con le stesse
parole usate in 1 Re 17 ,23 (in greco, édoken autòn te metrì autu).
Queste allusioni tipologiche sono fatte dal narratore e hanno come
unici destinatari i lettori - quelli che evidentemente hanno una
conoscenza sufficiente dei libri (o delle lingue) biblici. (2) In altri
passi, come vedremo presto, Gesù stesso enuncia le relazioni tipo­
logiche e lo fa in favore degli uditori di allora, discepoli e folle che
lo ascoltano e lo seguono.
Ai due locutori principali, il narratore e Gesù, corrispondono due
serie di enunciati tipologici, rispettivamente in Le 1-3 e in Le 4-19.
In altri termini, la tipologia in Le è ripartita su due insiemi: un primo
che precede l'episodio di Gesù a Nazaret (Lc 4, 16-30), e un secondo
che ha in esso il suo punto di partenza. Come si è già detto in prece­
denza a proposito della lettura tipologica fatta da Le 1-2 e Le 4,16-3 O,
La tipologia nel racconto lucano 133

resta da vedere come funziona la lettura tipologica effettuata dopo


l'episodio di Nazaret.

2. LA TIPOLOGIA DI GES ù DOPO Le 4 E LE SUE RAGIONI

Gesù, pro/eta riconosciuto come tale


Lo abbiamo visto, Lc 4,24-27 dà avvio alla tipologia eliaca ed elisea­
na applicata a Gesù, una tipologia che dominerà praticamente fino alla
confessione di Pietro. Abbiamo già rilevato in precedenza i passi prin­
cipali11. È importante notare che in questa prima parte del ministero,
i diversi personaggi del racconto si interrogano sull'identità di Gesù
e giungono perlopiù a dire che egli è un profeta: la tematica profeti­
ca è menzionata più volte in questi capitoli, e da diversi personaggi.
Infatti, affinché un profeta sia tale, bisogna che sia allo stesso tempo
riconosciuto e rifiutato. Riconosciuto per le sue parole e i suoi atti,
come Mosè, Elia ed Eliseo, ma anche rifiutato dai suoi contemporanei,
poiché denuncia il loro rifiuto di voler adorare soltanto YHWH e di pra­
ticare la giustizia voluta da lui. In breve, queste due componenti sono
essenziali perché si possa dire di qualcuno che è ver�ente profeta.
Se Elia ed Eliseo sono le figure principali usate da Luca, la tipolo­
gia non si limita ad esse, poiché si adopera per mostrare che la sfida
rimane il riconoscimento dell'identità profetica di Gesù. E questa
problematica si svilupperà in due parti complementari. In una prima
parte, si privilegerà l'aspetto del riconoscimento, poiché Gesù sarà
riconosciuto dai suoi compatrioti come profeta e, in una seconda, è
il rifiuto che costituirà il leitmotiv principale. Il ministero di Gesù
può così essere diviso in due parti che riprendono e sviluppano le
componenti profetiche presentate in Le 4. La prima parte va grosso
modo fino alla confessione di Pietro, e la seconda riguarda tutto il
cammino verso Gerusalemme, fino a Le 1 9,44 come è possibile
-

illustrare attraverso uno schema:

11
Cfr. p . 123 .
134 Capitolo 5

e, i m med7 \
Discorso di Gesù a Nazaret Le 4,20-30
Ammirato e riconosciuto in Le 4,22
nte dopo, rifiutato e minacc le 4.2&-29

Gesù, Gesù,
profeta riconosciuto profeta rifiutato e messo a morte
= Le 5,1 -9,2 1 = Le 9,22-1 9,44

L'accumularsi degli interrogativi sull'identità di Gesù dimostra


ampiamente che il riconoscimento prevale nella prima parte del suo
ministero:

reazioni versetti identità di Gesù mediante


dei personaggi affermazione/interrogativo

il popolo 7,1 6 «un grande profeta»

Gesù 7, 1 9-22 che descrive Giovanni Battista


in rapporto a se stesso
(ripresa di /s 61 ,1 ,
passo letto in Le 4,1 8-1 9)

Gesù 7,24-27 che descrive Giovanni Battista


in rapporto a se stesso
come profeta
+ preparare la via

Simone 7,39 «se costui fosse un profeta . . . »

persone presenti a casa di 7,49 «Chi è costui che perdona anche i pec-
Simone cati?»

i discepoli 8,24-25 «Chi è costui a cui gli elementi obbe-


discono?»

un indemoniato 8,28 «Gesù, Figlio del Dio a ltissimo»

la gente 9,7-9 Giovanni Battista, Elia,


uno degli antichi profeti

Erode 9,7-9 «Chi è costui?»

la gente 9,1 8-20 «Elia o uno dei grandi profeti»

Pietro 9,1 8-20 «il Cristo di Dio»


La tipologia nel racconto lucano 135

Lo si sarà notato certamente, i discepoli ripetono a Gesù i discorsi


che la gente raccontava e che erano arrivati fino agli orecchi di Erode.
A partire da Le 7 , 16, Gesù è dichiarato profeta: una dichiarazione
che le voci pubbliche diffonderanno e amplificheranno. Non si può
minimizzare l'importanza di questo appellativo: essa significa che
coloro che si sono avvicinati a Gesù, che ne hanno ascoltato gli in­
segnamenti e visto le azioni, hanno percepito la continuità esistente
fra lui e i profeti d'Israele, dai più famosi, cioè Elia, al più vicino,
Giovanni. Luca vuole così farci comprendere di non avere inventato
l'idea della continuità alcuni decenni dopo - al tempo della Chiesa -,
per giustificare ciò che nessuno avrebbe percepito durante il ministe­
ro di Gesù, ma che essa fu già in quel tempo riconosciuta e amm essa
dai più, anche se non poterono andare oltre nella designazione.
Le reazioni dei personaggi sono ben distribuite nel corso dei primi
capitoli del ministero e si estendono a tutta la popolazione, dai più
wnili ai più elevati (Erode) . Molti seguono Gesù per ascoltarlo o per
farsi guarire, e la sua identità non lascia indifferente nessuno. Nes­
suno può negare che il riconoscimento e la tipologia profetica siano
fortemente associate. Un episodio come Le 7 , 1 1 - 16, proprio di Luca,
lo sottolinea a profusione, poiché riprende il discorso di Gesù in Le
4,25 -26 e riassume idealmente questa sezione del vangelo che verte
sulla questione del riconoscimento dell'identità di Gesù.
I personaggi che, in Le 7 ,16, dichiarano: «Un grande profeta è
sorto tra noi>> hanno fatto l'accostamento fra il gesto di Gesù e quello
di Elia? li testo non lo dice, ma ciò non è impossibile, considerati gli
altri miracoli già compiuti da Gesù - un passo successivo (Le 9,18)
dirà infatti che molti videro in lui l'Elia della fine dei tempi. Per il
lettore, invece, il riconoscimento è facilitato dalle corrispondenze
verbali, in particolare quella di Le 7 , 16 e di l Re 17,24 (<do consegnò
alla madre»), ma soprattutto da Le 4,26-27 in cui si parlava già della
vedova di Sarepta. Questi sono i segni grazie ai quali la visita di Dio si
fa riconoscere. Le analessi invitano però a leggere il contesto del pas­
so, il quale permetterà di dare a questo episodio un rilievo maggiore.
136 Capitolo 5

Dopo il discorso della pianura, Gesù entra a Cafarnao, dove gua­


risce uno schiavo sul punto di morire. Quindi si può leggere una
progressione dall'uno all'altro episodio, poiché in 7 , 1 -10, a Cafarnao,
Gesù guarisce un moribondo, e in 7 , 1 1 - 17 , a Nain, egli risuscita un
ragazzo morto, figlio di una vedova. Questi due miracoli non sono
isolati da ciò che segue: nella sua risposta agli inviati di Giovanni,
Gesù rinvia alle risurrezioni di morti da lui compiute: «l morti risu­
scitano» (7 ,22) . La funzione degli episodi di Cafarnao e Nain appare
allora più chiara: il narratore vi prepara la questione dell'identità di
Gesù e la risposta di Gesù stesso. Grazie a questi due atti di potenza
e alle altre guarigioni - quelle precedenti e quelle che il narratore enu­
mera nel sommario che segue in 7 ,2 1 -, Gesù potrà semplicemente e
implicitamente dire: «Vedete ciò che ho fatto ! ». Ma il riconoscimento
è possibile perché questi segni corrispondono a un'attesa, suscitata a
sua volta da una prom�ssa: nella sua risposta, Gesù fa eco al testo di
Isaia già letto durante l'episodio di Nazaret, e ad altri testi, menzio­
nati in precedenza, che enunciano ancora una volta che in tutto ciò
occorre vedere il compimento delle profezie.
Ciò che bisogna soprattutto ricordare per il nostro argomento è la
relazione esistente fra l'episodio della vedova di Nain e l' enunciazio­
ne di Gesù a Nazaret sull'invio di Elia alla vedova di Sarepta: questa
relazione tipologica ci ricorda che Gesù stesso, fin dall 'inizio del suo
ministero, ha inaugurato la tipologia che lo concerne, e che lui stesso
l'ha attuata con i suoi gesti e le sue parole in Le 7 e, per ciò stesso, in
tutta la prima parte del suo ministero.

Rifiuto e tipologia pro/etica


Una volta giunto a termine il processo di riconoscimento dell'i­
dentità profetica (per le folle) e messianica (per i discepoli) con la
confessione di Pietro, Gesù dà awio al secondo aspetto, ormai ne­
gativo, della tipologia profetica. Siccome il rifiuto sarà effettivo solo
con l'entrata nella passione, si tratta soltanto di annunci formulati
esplicitamente da Gesù - e soltanto da lui.
La tipologia nel racconto lucano 137

Anche se questi annunci non sono disseminati lungo tutto il per'"


corso, si trovano nondimeno in alcuni passi fatti per ricordare agli
uditori dell'epoca e al lettore l'importanza della componente del ri­
fiuto, attraverso la quale Gesù si fa riconoscere come un vero profeta:

annunci versetti rifiuto, sofferenze e morte

Gesù 9,22 1 annuncio della passione


o

Gesù 9,43b-44 2° annuncio della passione

Gesù 1 1 ,29-32 «generazione malvagia . . .


come Giona»

Gesù 1 1 ,47 «costruite i sepolcri dei profeti»

Gesù 1 1 ,48 «i vostri padri li hanno uccisi [i profeti]»

Gesù 1 1 ,5Q-5 1 «il sangue di tutti i profeti»

Gesù 1 3,33-34 «Gerusalemme, tu che uccidi i profeti»

Gesù 1 7,1 7 «E gli altri nove dove sono?»

Gesù 1 8,31 -34 3° annuncio della passione

Come Le 7 , 1 1 -16 era l'episodio rappresentativo dell'aspetto rico­


noscimento nella prima parte del ministero, Le 17 , 1 1 - 19 (anch'es­
so proprio del racconto lucano) è rappresentativo, per la seconda
parte, dell'aspetto del rifiuto. I commentatori sottolineano a ragione
l'incongruità dell'ingiunzione di Gesù ai dieci lebbrosi («Andate a
presentarvi ai sacerdoti»), poiché essa presuppone che questi uomini
non siano più lebbrosi, mentre lo sono ancora - si andava a presen­
tarsi al sacerdote non per farsi guarire da lui, ma per fargli constatare
una guarigione già effettuata e chiedergli di celebrare il rito della pu­
ri:ficazione (Lv 14). In breve, obbedendo e rimettendosi ad una parola
apparentemente folle, i dieci lebbrosi mostrano tutta la loro fiducia.
Vediamo dunque a fatica perché, alla fine dell'episodio, Gesù sembra
stigmatizzare la mancanza di fede di quelli che non sono ritornati a
«rendere grazie» in sua presenza. Egli non ha chiesto loro di ritor­
nare, e assai certamente loro hanno obbedito al suo ordine andando
a presentarsi ai sacerdoti. Se la fede dei dieci non è da mettere in
138 Capitolo 5

dubbio, è nella colorazione eristica della fede del Samaritano che si


mostra la differenza; questi infatti ha ritenuto più importante ritorna­
re a lodare Dio ai piedi di Gesù, senza che Gesù lo abbia nemmeno
suggerito. Agendo in tal modo, il Samaritano manifesta che, per lui,
lodare Dio e «rendere grazie» a Gesù sono ormai inseparabili. C'è
dunque un di più: sebbene i dieci abbiano avuto totalmente fiducia
nella parola di Gesù, la fede del Samaritano si esprime ormai in modo
cristologico, in quanto associa Dio e Gesù, mediante il quale awiene
la salvezza di Dio. È questo di più che Gesù mette in evidenza, e su
questo di più egli interroga i suoi correligionari, i Giudei: potranno
o vorranno fare lo stesso passo, lodare Dio in Gesù e per mezzo di
Gesù, riconoscere il lui il loro Salvatore? Chiedendo alle folle, che
assistono all'azione di grazie del Samaritano, dove sono gli altri nove
lebbrosi guariti, Gesù solleva implicitamente la questione della sua
identità, e lo fa nei confronti del suo popolo: soltanto un Samaritano,
un uomo considerato bastardo e scismatico dagli Israeliti dell'epoca,
ha compreso che ormai gli era impossibile separare la lode a Dio e
l'azione di grazie a Gesù. Per l'argomento che stiamo prendendo in
esame, la domanda finale di Gesù si ricollega agli annunci del rifiuto
menzionati in precedenza: quelli del suo popolo lo riconosceranno?
La risposta negativa sarà data durante il racconto della passione e
della morte di Gesù.
Proprio come la tematica del riconoscimento era legata in prece­
denza alla tipologia profetica, anche quella del rifiuto e la tipologia
profetica vanno qui di pari passo. Il dramma descritto in questo
episodio è quello del non-riconoscimento, dell'indifferenza o del ri­
fiuto di cui dà prova il popolo di Gesù. Ricordiamo che, oltre alla
sua natura tipologica, l'episodio dei dieci lebbrosi allude, con la stes­
sa discrezione, al discorso di Nazaret, in cui Gesù dichiara ai suoi
compatrioti: «C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta
Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro» (Le
4,27 ). Si compie dunque così la profezia di Gesù relativa al tipo di
ministero a cui egli sapeva di essere chiamato, e allo stesso tempo
si delinea la composizione del dittico lucano, in cui il discorso di
La tipologia nel racconto lucano 139

Nazaret annuncia il ministero di Gesù e si applica alla passione di


Paolo in At 2 1-28. Per il solo vangelo, segnaliamo soltanto gli episodi
interessati in cui si indicano emblematicamente le due componenti
della tipologia profetica lucana, cioè il riconoscimento e il rifiuto:

7 Re 1 7 Le4,25-26 Le 7,1 1 -1 7 riconoscimento

2 Re 5 Le 4,27 Le 1 7,1 1 - 1 9 non-riconoscimento

Segnaliamo infine che la bellezza e la finezza di Le 17 , 1 1 - 1 9 de­


rivano dal modo in cui il narratore lucano unisce e articola le due
componenti cristologiche, regale e profetica, che erano solo contigue
in Le 4. La tipologia è eliseana - Eliseo è il tipo di Gesù -, ma, pro­
strandosi ai suoi piedi, il Samaritano dà nello stesso tempo avvio alla
tematica regale che in modo progressivo subentrerà nel prosieguo
del macro-racconto. In modo discreto, nel corso dei significanti del
racconto, Gesù diventa il punto di convergenza delle attese e delle
speranze del passato.
È ormai possibile descrivere in che modo il narratore lucano ha
proceduto per costruire la sua tipologia a partire dall'episodio di
Nazaret. Dapprima, per concentrazione, focalizzandosi sull'identità
profetica di Gesù, e poi per accumulazione, in altri termini mediante
allusioni o dichiarazioni reiterate durante tutto il ministero di Gesù.
n riquadro seguente riprende questi dati mostrando in che modo il
racconto ha sviluppato le due componenti, positiva e negativa, della
tipologia profetica come chiave di lettura dell'identità di Gesù:

Discorso di Gesù a Nazaret in Le 4,20-30


Ammirato e riconosciuto in Le 4,22
e, i mmediatamente dopo, rifiutato e minacciato in Le 4,28-29

l
Gesù,
profeta riconosciuto
\ Gesù,
profeta rifiutato e messo a morte
= Le 5,1 -9,21 = Le 9,22-1 9,44
140 Capitolo 5

7,1 6 (il popolo: u n grande profeta) Oltre agli annunci della passione da par­
te di Gesù
7,1 9-22 (Gesù: v. 22 = fs 6 1 , 1 )
(9,22; 9,43b-44; 1 8,3 1 -34)
7,24-27 (Gesù: Giovanni Battista = pre­
parare la sua via) 1 1 ,29-32 (Gesù: generazione malvagia . . .
Giona)
7,49 (la gente: chi è costui che perdona
i peccati?) 1 1 ,47 (Gesù: costruite i sepolcri dei pro­
feti . . . )
8,24-25 (i discepoli: chi è costui a cui gli
elementi obbediscono?) 1 1 ,48 (Gesù: i vostri padri uccisero i pro­
feti . . . )
8,28: (l'indemoniato: Gesù, Figlio del Dio
a ltissimo) 1 1 ,5Q-5 1 (Gesù: il sa ngue dei profeti)

9,7-9 (Erode: chi è costui?) 1 3,33-34 (Gesù: Gerusalemme, tu che


uccidi i profeti)
9,1 8-20 (la gente: Elia, uno degli antichi
profeti) 1 7,1 7 (Gesù: gli altri nove dove sono?)

9,1 8-20 (i discepoli: il Cristo di Dio)

episodio rappresentativo episodio rappresentativo


= Lc 7,1 1 -1 7 = Le 1 7,1 1 -1 9

Ragion d'essere della tipologia lucana


Vediamo meglio pertanto perché il racconto lucano ha sviluppato
una tipologia a due risvolti. La componente riconoscimento era in­
fatti necessaria; bisognava che l'identità di Gesù fosse riconosciuta
dalla maggior parte dei suoi correligionari. Ma, siccome le élites non
avevano riconosciuto in Gesù né il profeta della fine dei tempi né il
Cristo o il Figlio di Dio, era importante mostrare che il loro rifiuto di
credere non minacciava in alcun modo la verità dell'identità profetica
e messianica di Gesù; grazie al suo duplice risvolto, la tipologia luca­
na onorò questa necessità. Lungi dall'essere controproducenti, il ri­
fiuto e la morte violenta di Gesù mostravano al contrario che egli era
veramente profeta, poiché messo a morte come i suoi predecessori
dai suoi fratelli israeliti. La tipologia lucana è quindi al servizio della
problematica del riconoscimento dell'identità profetica di Gesù.
Il narratore lucano ha scelto la tipologia profetica per caratteriz­
zare Gesù, poiché il riconoscimento e il rifiuto vi sono indissociabi-
La tipologia nel racconto lucano 14 1

li. Costituendo una componente essenziale dell'identità profetica, il


rifiuto non minaccia in alcun modo la verità dell'identità profetica
(e messianica) di Gesù. La scelta · della tipologia profetica assicura
anche la continuità con il passato biblico e mostra a contrario che non
c'è alcuna separazione fra Gesù e la tradizione a cui egli si richiama.

V. La tipologia della fine del macro-racconto

Finora abbiamo constatato che, ricorrendo alla tipologia profetica,


il racconto lucano aveva potuto rispondere alla sfida di una biografia
in cui il riconoscimento dell'identità del protagonista da parte degli
altri personaggi del racconto non doveva mancare. La tipologia pro­
fetica permetteva infatti di fornire una chiave di lettura valida per
la morte ignominiosa di Gesù, mostrando che tale morte non era
affatto controproducente. Fino all'entrata a Gerusalemme si tratta
però soltanto di annunci; Gesù ripete infatti che un (vero) profeta
deve morire (i) a Gerusalemme (ii) rifiutato (iii) e messo a morte,
consegnato da quelli del suo popolo.

l . INNOCENZA E RICONOSCIMENTO IN Le 22-23

La morte di Gesù, morte di un pro/eta?

Sebbene Gesù abbia annunciato parecchie volte che avrebbe


subìto la morte dei profeti, nel racconto della passione gli echi alle
figure profetiche sono praticamente inesistenti. Troviamo un solo
appellativo esplicito per bocca delle guardie che ridicolizzano Gesù:
«Fa' il profeta! Chi è che ti ha colpito?» (Le 22,64). Ciò non può es­
sere interpretato come un'assenza, poiché il narratore fa degli eventi
della passione l'attuazione degli annunci di Gesù sulla morte dei
profeti (cfr. anche Le 22,37). TI racconto lucano della passione non
può essere letto senza ciò che lo precede, lo annuncia e lo giustifica.
142 Capitolo 5

Se nel racconto lucano della passione troviamo solo una volta il


vocabolario della profezia, dobbiamo tuttavia chiederci se Le 23 al­
luda indirettamente all'accusa di falsa profezia. In Le 23 ,2 e 5 , i capi
religiosi dicono infatti a Pilato che Gesù solleva e svia il popolo - si
veda il verbo greco apostrépho, ripreso da Pilato al v. 15: «Mi avete
portato quest'uomo [Gesù] come agitatore del popolo». Se l'accusa
può essere compresa politicamente, per i membri del Sinedrio che
la formulano essa è anche implicitamente religiosa: sviando col suo
insegnamento il popolo dalle vie di Dio, Gesù sarebbe così un falso
profeta; sembra che l'accusa ebraica a proposito di Gesù come falso
profeta circolasse già al tempo degli evangelisti e in particolare di
Luca. Insistendo sul riconoscimento esplicito (da parte di Pilato, il
giudice; del malfattore crocifisso con lui; e infine del centurione) e
implicito (le donne di Gerusalemme, tutta la folla presente ai piedi
della croce) dell'innocenza di Gesù, il narratore lucano fa quindi del­
la passione e della morte la prova grazie alla quale l'identità profetica
di Gesù trova la sua ultima conferma.

Il necessario riconoscimento
Rispetto ai racconti della passione di Marco e Matteo, in cui il
modello salmico era usato per giustificare l'assenza radicale di un
riconoscimento orizzontale, quello di Luca è al contrario guidato in­
teramente da un processo di riconoscimento orizzontale da parte dei
personaggi del racconto. Come spiegare questo nuovo orientamento?
La caratteristica principale del racconto lucano della passione è infatti
il riconoscimento progressivo e radicale dell'innocenza di Gesù nel
momento stesso in cui egli è schernito e rifiutato. Si obietterà forse
che questo motivo è presente anche in Matteo/Marco, poiché proprio
dopo la morte di Gesù il centurione esclama: «Veramente quest'uo­
mo era Figlio di Dio/giusto». In realtà, in Luca il riconoscimento è
descritto in modo più sistematico e si estende a tutti i personaggi - ec­
cettuate le autorità religiose ebraiche -, a partire dal processo fino alla
morte di Gesù. E di che cosa si dà riconoscimento? Dell'innocenza
di Gesù. Nel corso delle scene, è agevole evidenziare le reazioni che
La tipologia nel racconto lucano 143

si accumulano e mostrano che i personaggi, sempre più numerosi,


sono consapevoli di questa innocenza e la manifestano più o meno
esplicitamente e direttamente, con le loro parole o i loro gesti:

personaggi tipi di
riconoscimento

Pilato esplicito e «non ho trovato in q uest'uo-


ri petuto mo nessuna delle colpe di cui
lo accusate» 23, 1 4 e 23,22

Erode indiretto «e neanche E rode: infatti ce


l'ha rimandato» 23, 1 5

donne di Gerusalemme indiretto «donne che si batteva no i l


petto e facevano la menti s u
di lui» 23,27

malfattore esplicito e diretto «egli i nvece non ha fatto nulla


di male» 23,41

centurione esplicito e di retto «Vera mente q u est'uomo era


giusto» 23,47

tutti, al Calvario indiretto «tutta la folla . . . se ne tornava


battendosi il petto» 23,48

ll fatto che nel racconto lucano della passione l'innocenza di Gesù


abbia anche risonanze profetiche è più che probabile, poiché la mor­
te ingiusta dei profeti era allora un topos ben noto. Certo, il racconto
lucano della passione non è strutturato con l'aiuto di motivi tratti da
racconti biblici che narrano la morte di un profeta, ma ciò deriva dal
fatto che non esisteva un racconto sull' argomento - salvo nell'uno
o nell'altro racconto extrabiblico, come il Martirio di Isaia e le Vite
dei profeti. È l'innocenza dei profeti e l'ingiustizia della loro morte
che Luca ricorda, motivo più volte ripetuto da Geremia, che dice di
essere giusto (Ger 53 , 1 1 ) , di essere oggetto nondimeno di un com­
plotto (Ger 18,2-3 ), e grida chiaramente la sua innocenza davanti ai
suoi oppositori (Ger 26/33 , 15):

«[ ] sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del san­


. . .

gue innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi
ha veramente inviato a voi per dire ai vostri orecchi tutte queste parole».
144 Capitolo 5

TI riconoscimento dell'innocenza, in Le 23 , non è così alto come


quello delle folle e dei discepoli in Le 9, i quali vedevano in Gesù
rispettivamente un grande profeta e il Messia, ma esso esiste inne­
gabilmente e, paradossalmente, è con esso che termina la sezione
della passione in cui pur predomina il rifiuto. Se era importante che
il ministero cominciasse con la ricerca dell'identità di Gesù e giun­
gesse fino al suo riconoscimento, diversificato, ma reale, in Le 7-9,
è altrettanto importante che la sezione della passione si concludesse
con il riconoscimento della sua innocenza da parte di numerosi per­
sonaggi del racconto. Un riconoscimento essenziale, poiché risponde
ai requisiti delle biografie dell'epoca, in cui era necessario il ricono­
scimento finale del protagonista da parte dei suoi contemporanei. In
altri termini, se il narratore lucano non ha ripreso il modello salmico
dei giusti perseguitati come Marco e Matteo (modello che esclude una
qualunque anagnorisis orizzontale) , è perché, scrivendo per uditori e
lettori greci, egli doveva onorare il requisito delle biografie dell' epo­
ca, in cui il protagonista era illustre agli occhi dei suoi contempora­
nei. Certo, Luca non ha potuto né voluto eliminare la morte in croce
e le derisioni che la accompagnano - poiché essa suggellava l'identità
profetica di Gesù -, ma è il riconoscimento della sua innocenza da
parte degli attori del racconto che la spunta alla fine. Attraverso il
suo carattere paradossale - innocente e tuttavia morto con i mal­
fattori - il racconto lucano della passione dà così una risposta agli
interrogativi ebraici - l'impossibile morte del Messia - e soddisfa
allo stesso tempo l'esigenza greca di un riconoscimento orizzontale.

2. LA TIPOLOGIA IN Le 24

Dopo la risurrezione, ai due discepoli che sono in cammino verso


Emmaus, e poi agli Undici, Gesù dichiara che è possibile capire il suo
ruolo messianico e il suo itinerario soltanto rileggendo le Scritture:

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i
profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare
La tipologia nel racconto lucano 145

nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò


loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Le 24,25-27) .

Due punti meritano un breve commento: (i) il «non bisognava


[ . . . ] ?», e (ii) tutti i profeti avevano annunciato che il Messia doveva
soffrire per entrare nella sua gloria?

Il «bisognava» delle sofferenze


Parecchie volte, nel corso delle sue peregrinazioni (Le 9 ,22 ; 13 ,3 3 ;
1 7 ,25), alla fine dell'ultima cena (Le 22,3 7 ) , e dopo la sua risurrezione
(Le 24,7.26.44), Gesù ricorda che bisogna/bisognava passare attra­
verso le sofferenze. Come comprendere questa necessità? Egli non
è come un bravo scolaro che riempie la pagina che gli hanno chiesto
di scrivere, ma come un uomo che offre la sua libertà (Le 22 ,4 1 -44) ,
senza la quale il «bisogna» perde la sua pertinenza. Poiché è , e s a di
essere, pro/eta, egli deve vivere fino in fondo la sorte dei profeti: una
morte ingiusta, eppure una morte per mezzo della quale parados­
salmente egli sarà riconosciuto innocente. Il «bisogna» della morte
ingiusta è dunque al servizio del riconoscimento e della vera identità
profetica di Gesù.

Le Scritture avevano annunciato che il Messia avrebbe sofferto?


Se crediamo alla dichiarazione di Gesù agli Undici, dopo la sua
risurrezione: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti
il terzo giorno» (Le 24,46 - trad. CEI 2008) , le Scritture avevano
effettivamente annunciato che il Messia avrebbe sofferto prima di
risorgere. In A t 3 , 18, dopo la guarigione dello storpio alla Porta Bella,
Pietro ridice la stessa cosa al popolo che lo circo�da, insistendo per­
fino sul fatto che ciò fu annunciato da tutti i profeti: «Dio [ . . . ] aveva
preannunciato per bocca di tutti i profeti che il suo Cristo doveva
soffrire». Orbene, non ci si aspettava un Messia sofferente. E, se era
così, è senza dubbio perché le Scritture non lo avevano esplicitamen­
te annunciato. Dove il lettore può quindi trovare nelle Scritture, in
146 Capitolo 5

particolare nei libri profetici, che il Messia doveva soffrire? Infatti,


se seguiamo il racconto di Luca, è come Figlio dell'uomo e come
pro/eta, e non come Messia, che Gesù prima della sua passione dice
di dover soffrire e morire ingiustamente. Come comprendere allora
le affermazioni di Gesù e di Pietro dopo la risurrezione, perché è
soltanto dopo la risurrezione che Gesù e Pietro dopo di lui dicono
che il Messia, figura gloriosa ed escatologica, doveva prima soffrire?
La risurrezione ha fatto chiaramente capire ai discepoli che ormai
Gesù era il Messia glorioso annunciato. Essa confermava e suggellava
l'itinerario di un Gesù fedele e obbediente in tutto a Dio Padre. Se il
fatto che Gesù siede nella gloria alla destra di Dio come Messia non
risolveva l'enigma della sua morte ignominiosa in croce, nondimeno
mostrava che tale morte non poteva essere contraria alle vie di Dio.
Ecco perché i primi discepoli cercarono nelle Scritture eventuali an­
nunci e prefigurazioni di questa morte che sembrava loro indegna
del Messia glorioso che ormai era Gesù. I racconti della passione e i
vangeli nella loro interezza mostrano che la loro lettura delle Scritture
non fu sterile. Certo, la tipologia che ne fu il risultato non è di per
sé messianica: il Gesù descritto nei racconti della passione ha infatti
i tratti dei giusti perseguitati delle suppliche (in Matteo/Marco) , dei
profeti messi a morte ingiustamente (in Luca) e dell'agnello pasquale
(in Giovanni); ma essa permise di capire perché Gesù, Messia glo­
rioso, dovette passare attraverso la sua morte e perché si poté dire
allora che aveva dovuto soffrire e morire rifiutato prima di entrare
nella sua gloria. La tipologia multipla dei racconti della passione
e più globalmente dei vangeli dette così alla figura del Messia una
dimensione che il solo titolo di discendente davidico non avrebbe
potuto dargli. Grazie ad essa, era ormai possibile annunciare che
Gesù compiva tutte le Scritture.
È così possibile rispondere all'interpretazione che Erich Auerbach
si faceva di ciò che chiama il metodo tipologico. Certo non c'è alcun
legame di causalità tra il figurante e il figurato, ma la relazione tra
Gesù e i figuranti delle Scritture non è artificiale, poiché è rileggendo
la vita di Gesù che i discepoli hanno percepito le somiglianze tra i
La tipologia nel racconto lucano 147

miracoli che egli aveva operato e quelli di Mosè, Elia ed Eliseo, tra
le sofferenze che egli aveva subìto e quelle dei profeti, in particolare
di Geremia, ma anche dei giusti perseguitati dei salmi di supplica.
Da queste somiglianze - le synkriseis - essi hanno compreso che, pur
essendo il Messia, egli apparteneva autenticamente alla stirpe pro­
fetica e, progressivamente, che egli era la figura in cui si compivano
tutte le Scritture.

!:episodio de/tascensione: tipologia sacerdotale e/o eliaca?


• Una tipologia eliaca
Si ammetterà senza ulteriore discussione che il finale del racconto
lucano (Lc 24,50-52) fa ancora di Elia il tipo di Gesù, in quanto 2 Re 2
è l'unico racconto di ascensione presente nell' AT. Esistono peraltro
i paralleli semantici che autorizzano questa lettura:

2 Re 2 Lc 24,50-52

Elia portato verso il cielo Gesù portato in cielo,


Eli seo, il d iscepolo, lo vede quando è i discepoli lo vedono salire in cielo,
portato via e riceve d ue terzi del suo e sono benedetti
spirito

Come Eliseo in 2 Re 2 riceve lo spirito di Elia, che gli dà la com­


petenza e il potere di agire da profeta al pari del suo maestro, allo
stesso modo in Le 24,50 la benedizione ha il ruolo di manifestare che
Gesù garantisce il futuro dei suoi discepoli. Essa assicura loro il suo
sostegno e la sua assistenza.
Ma la benedizione non indica anche che ormai Gesù è sommo
sacerdote onnipotente e intercessore fra Dio Padre e questi stessi
discepoli? Di per sé, lo abbiamo visto in precedenza a proposito di
Le 1 ,5-25 , il narratore lucano può alludere in una stessa pericope a
due o addirittura a più testi dell' AT. Perché dunque Le 24,50-52 non
dovrebbe rimandare contemporaneamente a 2 Re 2 e a Sir 50,20-
2 1 , dato che Elia e il sommo sacerdote erano l'uno e l'altro i tipi o
figuranti di Gesù?
148 Capitolo 5

•Una tipologia sacerdotale12?


Come abbiamo constatato al cap. 2, Le 24,50-52 e Sir 50,20-2 1
hanno parecchi termini in comune, e si è avuto ragione a leggerli in
modo sinottico, poiché sono gli unici passi del Nuovo e dell'Antico
Testamento - ebraico e greco - in cui due riti di benedizione hanno
tanti vocaboli in comune13:

Sir 50,20-2 1 Lc 24,50-52

Allora, scendendo, egli [il sommo sacer- Poi [Gesù] li [i discepoli] condusse fuori
dote Simone] alzava le mani su tutta l'as- verso Betà nia e, alzate le mani, l i bene-
semblea dei figli d'Israele, per dare con disse. Mentre li benediceva, si staccò da
le sue labbra la benedizione del Signore loro e veniva portato su, in cielo.
e per gloriarsi del nome di lui.
2 1Tutti siprostravano di nuovo per riceve- 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi
re la benedizione dell'Altissimo. tornarono a Gerusalemme con grande
gioia [ . . . ] .

Abbiamo segnalato anche che Lv 9,22-24 , in cui si ritrova il me­


desimo vocabolario e il medesimo sfondo - la benedizione del po­
polo da parte del sommo sacerdote Aronne - sembra confermare
la denotazione sacerdotale. D'altra parte, è vero che, se Gesù ha la
posizione del sommo sacerdote in Le 24 ,50-52 , l'eco scritturale mes­
sa in evidenza potrebbe essere in coerenza tematica con l'insieme
del macro-racconto lucano14: Gesù entrerebbe in cielo divenendo
sommo sacerdote, colui per mezzo del quale le nostre preghiere tro­
vano ormai definitivamente grazia presso Dio. Ma, come abbiamo
già segnalato al cap. 2, il vocabolario non basta. I paralleli semantici
sono molto più importanti. È sicuro che il sommo sacerdote - il
Simone di Sir 50 o un altro, poco importa, poiché è la funzione, e
non la persona, che sola può determinare la ragione del parallelo,
se esiste - sia il figurante di Gesù, e che i fedeli che hanno assistito
al culto, in Sir 50, siano i figuranti dei discepoli di Le 24,50-52?

12 Su questo tema, ricordiamo la tesi dottorale di A.G. MEKKAITUKUNNEL, Tbe Priestly


Blessing o/ the Risen Christ, secondo il quale la tipologia di Le 24,50-52 è sacerdotale.
n Le parole comuni ai due passi sono in corsivo. La tabella riproduce quella del cap.

2 per facilitare la lettura.


14 Uno dei criteri di Hays perché vi sia allusione.
La tipologia nel racconto lucano 149

Come mostra Gen 48,8-20, in cui ritroviamo gli stessi termini di Sir
50 e Le 24, il vocabolario della benedizione era usato solo dai sacer­
doti. Inoltre esistono due difficoltà principali che vietano un vero e
proprio parallelismo fra il sommo sacerdote e Gesù ! La prima è che,
in Sir 50, i fedeli si prosternano davanti a Dio e non davanti al sommo
sacerdote, mentre in Le 24 è Gesù ad essere oggetto di adorazione,
come Dio. ll lettore lo avrà senza dubbio notato; il verbo usato - in
greco, proskynein - ha Gesù come complemento soltanto alla fine
del macra-racconto, poiché, essendo risorto, glorioso, egli è ormai
Signore (Kyrios) e condivide l'onnipotenza di Dio. Prima di Le 24,
il narratore non ha mai detto che uno dei personaggi del racconto si
prosternava davanti a Gesù, poiché Gesù stesso aveva dichiarato du­
rante il suo soggiorno nel deserto che si doveva adorare (proskynein)
Dio solo (Le 4,8 che cita Dt 6, 13 ).
Una seconda difficoltà, che non riguarda i personaggi, ma il con­
testo, rende ugualmente improbabile la tipologia sacerdotale. Certa­
mente, si dice che, dopo l'ascensione di Gesù, i discepoli ritornano
a Gerusalemme e stanno sempre nel tempio a lodare Dio (Le 24,53 ).
Però, quando Gesù li benedice, né loro né lui sono nel tempio, men­
tre la benedizione del sommo sacerdote è sempre impartita in questo
luogo santo. Lo spostamento è importante e lascia intendere che è
escluso che si possa interpretare in modo sacerdotale la benedizione
data sul monte degli Ulivi. Senza dubbio è bene ricordare qui ciò
che fu detto del monte degli Ulivi al momento della presentazione
dell'ingresso a Gerusalemme in Mt 2 1 15 •
L'uso che il narratore lucano fa della tipologia vieta infine di vedere
in Gesù l'antitipo dei sommi sacerdoti dell'AT. Lo abbiamo visto, il
suo modo di proceda-e infatti è ripetitivo; le allusioni ai personaggi
del passato biblico presentati come tipi di Gesù si trovano dissemi­
nate lungo tutte le sezioni del suo racconto; Luca ha l'abitudine di
ritornare più volte sugli stessi figuranti, esclusivamente o quasi -
-

1� Cfr. p. 93 .
150 Capitolo 5

profetici. Ora, data questa tendenza alla ripetizione, ci aspetterem­


mo, se Gesù è nella posizione di sommo sacerdote in Le 24,50-52, che
il libro degli Atti riprenda e ripeta a sua volta che Gesù è il sommo
sacerdote che intercede per le nostre richieste presso Dio. Orbene,
non è così.
Se la lettura tipologica di Le 24,50-52 non può essere sacerdotale,
bensì eliaca, perché il narratore descrive Gesù in atto di benedire i
discepoli con gesti apparentemente sacerdotali? I sacerdoti e i sommi
sacerdoti non sono i soli a benedire. Le Scritture e gli scritti interte­
stamentari menzionano benedizioni pronunciate dai patriarchi e dai
re16• Ma col passare del tempo, e allorché, dopo il ritorno dall'esilio,
il corpo sacerdotale e il culto sacrifìcale assunsero un'importanza
sempre maggiore, la benedizione sacerdotale divenne probabilmente
il modello di ogni benedizione. n narratore lucano - e forse già il
Siracide - sembra così riprendere un t6pos.

Conclusioni

Dal modo in cui il narratore lucano e il Gesù del suo racconto


rinviano o alludono alle Scritture è possibile formulare alcune con­
clusioni.
- Riprendendo i termini, le idee e le figure delle Scritture, il narra­
tore lucano vuole mostrare che il suo racconto è in perfetta con­
tinuità con esse: è la stessa parola divina che annuncia la Buona
Notizia, dalla promessa alla sua realizzazione. Identico è il Dio,

16
Oltre a Gen 48,8-20, in cui ritroviamo le stesse parole (benedire, mano, proster­
narsi) , si veda, per esempio, la benedizione pronunciata da Salomone in 1 Re 8,14 ( 2 =

Cr 6,3 ) . Sebbene i gesti non siano attribuiti agli stessi personaggi, troviamo anche in Ne
8,6 alcuni termini comuni a Sir 50,20-2 1 e a Le 24,50-52, termini che sono indicativi di
uno stesso sfondo cultuale: «Esdra benedisse il SIGNORE, Dio grande, e tutto il popolo
rispose: "Amen, amen", alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia
a terra dinanzi al SIGNORE». Cfr. anche Il libro di Giuseppe e Aseneth 17,5-6.
La tipologia nel racconto lucano 15 1

quello vero; e simili sono le figure attraverso le quali egli si rivela.


Per questa ragione la tipologia fu essenziale per il racconto lucano.
- Infatti il Gesù di Luca non è affatto deviante rispetto alla promessa
e alle vie per le quali Dio voleva che essa si realizzasse. Grazie alla
tipologia profetica, il racconto lucano suggella in un certo qual
modo l'unità e la coerenza delle vie di Dio.
- La funzione della sy �krisis tipologica è duplice: Gesù è ricono­
scibile come profeta grazie alle sue parole e alle sue opere, ma
anche, e soprattutto, perché la sua sorte fu simile, essendo stato,
come i profeti, perseguitato, rifiutato e messo a morte dai suoi
correligionari.
- La lettura tipologica di Luca cerca innanzitutto di mostrare che
Gesù appartiene alla stirpe profetica in virtù delle sue azioni e
della sua morte violenta, mentre invece cerca molto meno di la­
sciar intendere che Gesù è superiore ai profeti che lo hanno pre­
ceduto. In altri termini, la tipologia lucana è basata innanzitutto
sulle synkriseis, e praticamente non sulla relazione preparazione/
compimento, e ancora meno sulla coppia ombra/realtà.
- Anche se, come Matteo, Luca sviluppa una tipologia profetica ben
individuabile, essi seguono due modelli diversi per la passione.
Matteo segue il modello marciano delle suppliche dei giusti per­
seguitati per portare a termine il rifiuto e dunque l'assenza finale
dell'anagnorisis da parte degli Israeliti, mentre il racconto lucano
della passione è invece interamente guidato da un processo di ri­
conoscimento orizzontale da parte dei personaggi del racconto.
Scrivendo per dei Greci, Luca aveva il dovere di valorizzare questo
riconoscimento orizzontale che faceva parte dei requisiti per le
biografie di allora.
- Grazie alla tipologia profetica, la :figura messianica presentata e
messa in atto da Gesù diventa udibile e ricevibile (dekt6s), e dun­
que possiamo credere che «il Messia [poiché anche profeta] do­
veva soffrire per entrare nella sua gloria>>.
6.

La tipologia dei Sinottici


Alcune tesi

Alla fine del percorso, senza dubbio è utile ricordare che la tipolo­
gia non è il solo metodo usato dai tre vangeli sinottici per costruire il
loro protagonista Gesù. Ma, anche se, a causa della sua discrezione,
essa resta ignota a molti lettori, nondimeno è lo strumento senza il
quale la cristologia dei narratori ne avrebbe risentito in termini di
forza ed estensione. Si dirà però: la morte di Gesù non fu confessata
come salvifica subito dopo la risurrezione? E i primi discepoli non
lessero Is 53 in questo modo, ancora prima che i Sinottici ricorressero
all a tipologia salmica e profetica? La fede fu la prima, ma affinché si
potesse dire che il Messia doveva soffrire per entrare nella sua gloria,
bisognò mostrare nondimeno che Gesù apparteneva veramente, a
motivo del suo agire e della sua morte, alla stirpe dei profeti.
Affin ché Gesù fosse riconosciuto come Messia sofferente e rifiu­
tato, Marco, Matteo e Luca sono così dovuti ricorrere alla tipologia:
questa è stata la tesi sviluppata nel corso dei capitoli precedenti.
Ciò significa, ripetiamolo, che la tipologia dei Sinottici è subordinata
all'anagnorisis, e che senza il suo uso non ci sarebbero mai stati dei
racconti evangelici.
Detto ciò, siccome quasi tutti gli studi sulla tipologia biblica, incen­
trati sulla relazione tra il figurante veterotestamentario e il figurato
neotestamentario, vedono nel primo un annuncio, un'anticipazione,
o addirittura una preparazione del secondo che, per la sua superio­
rità, porta a compimento il primo, è importante considerare in modo
154 Capitolo 6

più attento il processo della lettura tipologica effettuata dai Sinottici


per rivisitare questa interpretazione.
Prima, però, presentiamo brevemente i risultati del percorso ef�
fettuato.

I. Breve ripresa del percorso

La tipologia di Marco

Per rispondere allo scandalo di un Messia rifiutato e crocifisso,


Marco ha scelto di leggere la passione ricorrendo alle suppliche dei
giusti perseguitati, poiché in queste preghiere la sola anagnorisis che
conta è verticale: essendo nella posizione dei giusti perseguitati (che
sono i suoi figuranti) , Gesù non poteva né doveva essere riconosciuto
da nessun altro se non da Dio. Durante il suo ministero, Gesù era
stato identificato dalle folle con Elia o con uno degli antichi profeti.
Ma si sarebbe sempre potuto dire che egli aveva sedotfo e ingannato
folle ignoranti, e che la sua morte in croce aveva manifestato infine
la sua vera identità, quella di un bestemmiatore. Fu dunque il ricorso
ai personaggi tipi delle suppliche individuali che permise di risolvere
la questione dell' anagnorisis e aprì la porta del genere biografico ai
primi scrittori cristiani.
Marco avrebbe potuto usare il modello profetico, come faranno
dopo di lui Matteo e Luca, per dire che Gesù fu sia riconosciuto
sia rifiutato, come la maggior parte dei profeti. Sviluppando i due
motivi principali del modello profetico, il riconoscimento e il rifiuto,
egli avrebbe potuto mostrare che la-morte violenta non era contraria
all 'essere-profeta di Gesù, e che, lungi dall'essere controproducenti,
il rifiuto e la morte ne facilitavano invece l'identificazione come pro­
feta. Perché egli non ha insistito sul fatto che, essendo un profeta,
Gesù non poteva che essere stato, come i profeti, rifiutato e messo a
morte dai suoi correligionari? Se non lo ha fatto, è per non seguire
quelli che identificavano Gesù con Elia, poiché per lui questo profeta
La tipologia dei Sinottici 155

era il tipo soltanto di Giovanni Battista. E siccome né Elia né Eliseo


furono messi a morte dagli Israeliti del loro tempo, dovette trovare
un altro modello, cioè quello delle suppliche dei giusti perseguitati,
per narrare la passione e la morte del suo protagonista.

La tipologia di Matteo
Come Marco, anche Matteo ha seguito il modello salmico per il rac­
conto della passione. Ma se per Marco il modello salmico permetteva
di fare a meno di ogni anagnorisis orizzontale - quella del popolo,
ma anche quella dei discepoli -, per Matteo lo stesso modello servì
piuttosto per mostrare che gli Israeliti non potevano andare oltre nel
loro rifiuto delle vie di Dio.
Quanto alla tipologia profetica, essa ha permesso al narratore
matteano di mostrare che, lungi dal contrapporsi, il riconoscimento
- l'anagnorisis e il rifiuto dovevano andare di pari passo per con-
-
.
fermare l'essere-profeta di Gesù.
Anche la tipologia matteana è mosaica. Grazie ad essa, è stato
possibile descrivere Gesù come l'antitipo del Mosè legislatore di cui
egli porta alla perfezione i precetti, ma anche fare del libro in cui sono
trasmesse le sue istruzioni la carta del discepolo.
Matteo comincia e termina il suo racconto con la tipologia regale;
essa gli servì per mostrare che, se Gesù non fu riconosciuto come re/
messia, è a causa della disobbedienza cronica del suo popolo.

La tipologia di Luca
Ricordiamo che la lettura tipologica di Luca cerca prima di tutto
di mostrare che Gesù appartiene alla stirpe profetica, a causa delle
sue azioni e delle sua morte violenta, e molto meno di lasciar inten­
dere che Gesù è superiore ai profeti che lo hanno preceduto. In altri
termini, la tipologia lucana si basa innanzitutto sulle synkriseis, e
praticamente non sulla relazione preparazione/compimento, e an­
cora meno sulla coppia ombra/realtà.
Matteo e Luca seguono due modelli diversi per la passione. TI pri­
mo riprende il modello marciano delle suppliche dei giusti perse-
156 Capitolo 6

guitati per portare a termine il rifiuto e dunque l'assenza finale di


anagnorisis da parte degli Israeliti, mentre il racconto del secondo è
guidato invece interamente da un processo di riconoscimento oriz­
zontale da parte dei personaggi del racconto.
Infine, grazie alla tipologia profetica, la figura messianica - es­
senzialmente gloriosa per la tradizione ebraica - è potuta divenire
udibile, ricevibile; e ormai è possibile credere alle parole di Gesù in
Le 24,26 e di Pietro in At 3 ,18, cioè che «il Messia doveva soffrire per
entrare nella sua gloria».

In breve, prima di essere un'interpretazione sull 'inferiorità del tipo


e sulla superiorità dell' antitipo, la tipologia dei racconti sin ottici è
una ricerca dei tratti e dunque dei tipi che possono mostrare l'iden­
tità profetica di Gesù.

II. La lettura tipologica dei Sinottici nella sua progressione

Ricordiamo brevemente le due difficoltà inizialmente dirimenti


per chiunque avesse la folle intenzione di scrivere una biografia - un
bios - di Gesù. Per divenire protagonista di una biografia, bisognava
essere illustre, in altri termini essere riconosciuto dai propri contem­
poranei. Essendo stato rifiutato e messo a morte in croce in quanto
ribelle e bestemmiatore, agli occhi dei suoi correligionari Gesù non
poteva divenire un eroe nazionale; dato che gli mancavano tutte le
qualità che costituivano gli eroi - le vittorie militari, gli scritti filoso­
fici e scientifici, i grandi discorsi politici e di altro genere, la cultura
e la lingua greca -, egli non poteva nemmeno essere riconosciuto
dai non-ebrei. Bisognava dunque mostrare che, nonostante questi
handicap, Gesù meritava una biografia1• Ma come mostrarlo? TI mio

1 Ho mostrato in Gesù, una vita da raccontare che, per la prima generazione cristiana
(un gruppo ancora sconosciuto e non ancora in vista), una biografia di Gesù era il solo
mezzo per rispondere alle critiche provenienti dall'esterno.
La tipologia dei Sinottici 157

saggio precedente ha avuto l'obiettivo di presentare i modelli biblici


grazie ai quali Marco, seguito da Matteo e da Luca, raccolse la sfida.
A questa sfida - l'assenza di anagnorisis orizzontale da parte dei
contemporanei - se ne aggiungeva tuttavia una seconda, corollario
della prima. Infatti, se per mezzo della sua risurrezione, Gesù era
divenuto per i discepoli la figura regale gloriosa attesa dalle tradizioni
ebraiche, il rifiuto di cui era stato oggetto e la sua morte ignominiosa
erano contrari alle aspettative; infatti, le Scritture non annunciavano
un Messia sofferente. Ora, se la risurrezione e la glorificazione con­

fermavano l'essere-Messia di Gesù, la sua morte non poteva essere


quella di un ribelle, di un impostore o di un bestemmiatore: essa non
poteva essere estranea e contraria alle vie di Dio. Ecco perché Marco,
Matteo e Luca rivisitarono le Scritture per cercarvi dei personaggi,
perseguitati e rifiutati e tuttavia giusti e fedeli, atti a rendere conto
del destino tragico di Gesù.
n primo modello fu quello dei fedeli perseguitati dei salmi di sup­
plica2. n lavoro del narratore marciano consistette nel riunire, dopo
averli individuati e identificati, tutti i motivi comuni alla passione di
Gesù e alle suppliche dei giusti perseguitati. n ruolo primario della
messa in parallelo - in altri termini, della synkrisis - fu quello di
fornire un modello atto a raccogliere la sfida posta dalla necessità di
un'anagnorisis. In breve, è principalmente nelle suppliche dei giusti
perseguitati e nei racconti relativi ai profeti - Elia, Eliseo, Geremia
- che Marco, Matteo e Luca hanno trovato i tratti comuni con l'agire
e la morte violenta di Gesù. La sua morte non era più atipica; essa
lo situava sulla linea dei fedeli e dei profeti, rifiutati perché amici di
Dio e araldi delle sue volontà. Come si è mostrato, i racconti della
passione di Marco, Matteo e Luca riprendono i motivi delle suppli­
che dei giusti perseguitati, senza aggiungere che vi fu un "di più " ;
quando Gesù annuncia che avrà l a sorte dei profeti, il "di più" è an­
cora assente. In breve, l'operazione di synkrist"s non ebbe l'obiettivo

2 C/r. il cap . II di ibid., et supra, pp. 50-55.


158 Capitolo 6

primario di mostrare che le sofferenze dei tipi veterotestamentari


prefìguravano quelle di Gesù e che questi portava a compimento la
loro sorte dolorosa.
Ma, se per le sofferenze e la morte, la lettura tipologica ha il fine di
mostrare che Gesù è in diretta continuità con i fedeli perseguitati e
con i profeti, senza aggiungere che egli è superiore ad essi, invece per
il suo agire taumaturgico e il suo insegnamento, il " di più" è presente,
implicitamente, come nel racconto della moltiplicazione dei panP, a
proposito del quale un commentatore ha potuto dichiarare: «Gesù,
da parte sua, compie i miracoli di Eliseo, superandoli infìnitamente»4;
ma anche esplicitamente, come quando, a quelli che gli chiedono
un segno, Gesù risponde che il segno sarà quello del profeta Giona,

e aggiunge: «Qui vi è uno più grande di Giona>>5, oppure quando,


nel discorso della montagna, egli ripete: <<Ma io vi dico»6, portando
all ' acme i comandamenti della legge mosaica.
Se effettivamente la lettura tipologica dei racconti sinottici con­
sistette inizialmente nel cercare e nello stabilire dei paralleli, essa si
sviluppò in seguito rilevando la superiorità di Gesù sui suoi figuranti
veterotestamentari. Non che i paralleli tra figurato e figurante siano
stati dimenticati - essi restavano al primo posto, e senza di essi non
ci sarebbe stata lettura tipologica -, ma la valorizzazione dell'onnipo­
tenza di Gesù, nel suo agire e nel suo insegnamento, era altrettanto
essenziale per la cristologia dei Sinottici. Saremmo dunque precipi­
tosi nel dire che, nei Sinottici, la superiorità di Gesù non appartiene
alla lettura tipologica. Essa ne fa parte, ma è al secondo posto e prati­
camente interviene soltanto negli episodi che precedono la passione.
Che ne è infine dell'idea secondo cui il figurante assumerebbe il
suo significato attraverso il suo compimento nel figurato e ne divente­
rebbe così la profezia? Un'idea di gran lunga privilegiata dai teologi,

3 Mc 6,35-44 Mt 14,13-2 1 Lc 9,10-17.


= =

4 J.-M. VAN CANGH, La multiplication des pains, cit., 66.


5 Mt 12,4 1 Le 1 1 ,32.
=

6 Mt 5 ,22 .28.32.34.39.44
La tipologia dei Sinottici 159

a partire dai Padri della Chiesa. Il vocabolario del compimento è


usato parecchie volte da Matteo, in particolare nelle citazioni che
egli fa dei profeti; e, in alcune, possiamo individuare una lettura
figurale, come mostra per esempio Mt 4,14. Il narratore vi racconta
dove Gesù comincia il suo ministero, e aggiunge che in tal modo si
compie l'oracolo di Isaia7:

Terra di Zàbulon, terra di Nèftali,


via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti !
n popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.

Il testo di Isaia citato da Matteo non è soltanto un oracolo che an­


nuncia la salvezza futura, poiché l'evento di luce fu coevo all'oracolo:
il profeta rimanda a un evento accaduto alla sua epoca. La lettura di
Matteo è dunque figurale, poiché mette in parallelo due avvenimenti
separati nel tempo, quello del passato8 e quello dell'oggi della venu­
ta di Gesù. Senza dubbio, il passo è stato scelto per i paralleli fra i
personaggi (due re, Ezechia e il re-Messia Gesù), i luoghi (la Galilea
e le regioni intorno) e le circostanze (lo stesso popolo nella miseria) .
Si ammetterà volentieri che, con la venuta di Gesù, la Galilea non
abbia potuto ricevere una luce più grande. Ma, se Ezechia è il figu­
rante di Gesù, il narratore matteano ne fa anche una preparazione,
una profezia della luce messianica? Il fatto stesso che egli rimandi al
profeta Isaia e dica che le sue parole trovano in Gesù il loro compi­
mento9 indica effettivamente che, per lui, il primo evento, la nascita
del bambino re al tempo di Isaia, era profezia della venuta luminosa

7 Citazione libera di Is 8,23-9 , l .


8 Secondo numerosi commentatori, si tratterebbe della nascita del re Ezechia.
9 Sulle sedici occorrenze del verbo greco pler66 in Matteo, otto sono al congiun­
tivo aoristo passivo di terza persona singolare, come in Mt 4 , 14: «perché si compisse
[plerothe] ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia . ».
. .
1 60 Capitolo 6

di Gesù. Se non possiamo trovare questa (terza) dimensione tipo­


logica in Marco o in Luca, occorre confessare che essa è presente in
Matteo, dove gli eventi del passato sono profezie di quelli avvenuti
con Gesù. Che il narratore matteano abbia potuto dire, a partire dalle
analogie forti tra gli eventi del passato biblico e quelli del tempo di
Gesù, che i primi preparavano e annunciavano i secondi, constatia­
molo senza poterne rendere conto in modo esegetico. Qui comincia
il lavoro del teologo.
Abbreviazioni

AnBib Studia Analecta Biblica - Studia


Bib Biblica
BETL Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum
Lovaniensium
CBQ Catholic Biblica/ Quarterly
ETL Ephemerides Theologù:ae Lovanienses
]BL Journal o/ Biblica! Literature
]ETS ]ournal o/ the Evangelica! Theological Society
]SOT Journal/or the Study o/ the Old Testament
JSNT ]ournal/or the Study o/ the New Testament
JSNT Sup JSNT - Supplement Series
LD Lectio divina
LNTS Library of New Testament Studies
NovT Sup Novum Testamentum - Supplements
NTS New Testament Studies
RB Revue Biblique
RivBib Rivista Biblica
RHPR Revue d'Histoire et de Philosophie religieuses
RSR Recherches de Science religieuse
SBA Schweizerische Beitrage zur Altertumswissenschaft
ThLZ Theologische Literaturzeitung
TOB Traduction oecuménique de la Bible
TZ Theologische Zeitschri/t
WUNT Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament
Bibliografia

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Indice degli autori

Adna, Jostein 12, 163 Damm, Alex 164


Agostino 6, 18 Dautzenberg, Gerhard 33, 3 8s., 164
Aletti, Jean-Noel 5, 7-9, 13, 18s., 28, 3 0- Davidson, Richard M. 164
32, 50, 55, 60, 63 , 79, 82, 99s. , 104 ' Dawson. John D. 164
156, 163
Deneken, Michel 13, 1 64
Allison, Dale C. 2 1 , 25s., 28, 3 1 , 74, 76s.,
80, 85 , 163 Donaldson, Terence L. 164
Attridge, Harold W. 45 , 58 Dubois, Jean-Daniel 164
Auerbach, Erich 6, 14s., 17
Eichrodt, Walther 14, 164
Baker, David L. 163 Ellis, Earl E. 164
Bartnicki, Roman 93 Ernst, Josef 3 8
Beauchamp, Paul 18, 163
Beaude, Pierre-Marie 163 Filone 80
Beda il Venerabile 24 Fishbane, Michael 18, 165
Benzi, Guido 164 Focant, Camille 26, 82, 167
Foster, Paul 2 1 , 28s., 165
Billerheck, P. 93 s.
France, Richard Th. 165
Blumenthal, Christian 87
Frye, Northrop 5, 165
Bovon, François 23s.
Brodie, Thomas L. 17, 164
Bultmann , Rudolf 164 Gamel, Brian K. 59
Gnilka, Joachim 3 8
Cahill, P. Joseph 164 Goppelt, Leonhard 165
Carey, H.J. 55s. Goulder, Michael D. 165
Caritone di Mrodisia 19 Grogan, Geoffrey W. 6, 165
Carmignac, Jean 164 Gundry, Robert H. 165
Collado Bertomeu, V. 28
170 Indice degli autori

Harris, Sarah 165 Omero 19


Hays, Richard B. 8, 2 1 -25 , 28, 30, 74, Ostmeyer, Karl-Heinrich 166
165
Hengel, Martin 12, 165 Paul, André 77
Horsley, Richard A. 165 Pellegrini, Silvia 166
Hugenberger, Gordon P. 165 Pesch, Rudolf 38
Huizenga, Leroy A. 7, 165 Poirier, John C. 167
Hummel, Horace D. 165 Powery, Emerson B. 167
Husser, Jean-Marie 165 Pseudo-Diogene 45

Jackson, Bernard S. 165 Rad, Gerhard von 167


Janowski, Bernd 12, 165 Rindos, Jaroslav 167
Jeremias, Gert 164 Romer, Thomas 18, 167

Katz, Peter 166 Sonnet, Jean-Pierre 18, 82, 167


Kimball, Charles A. 166 Sparks, Kenton 1. 167
Kloppenborg, John S. 164 Stek, John H. 167
Knowles, Michael 6, 2 1 , 3 1s., 7 1 , 73s., Strack, Hermann L. 93s.
88, 166 Stuhlmacher, Peter 12, 165
Kuntzmann, Raymond 5s., 13 , 165-167 Svetonio 9

Lampe, Geoffrey WH. 166 Tuckett, Christopher M. 12


Lohse: Eduard 91
Liihrmann, Dieter 38 Van Cangh, Jean-Marie 47, 158
Lunn, Nicholas P. 166 Van Iersel, Bas M.F. 45
Van Segbroeck, Frans 38
Marcus, Joel 26, 40, 43 , 45s., 49, 166 Vanhoye, Albert 7
Mascilongo, Paolo 3 9 Verheyden, Josef 167
Mekkattukunnel, Andrews G. 23 , 148,
166 Watts, Rikki E. 1 67
Menken, Maarten J.J. 166 Weitzman, Steven 1 13
Miller, Robert J. 166 Wénin, André 82, 167
Minear, Paul S. 166 Westermann, Claus 14
Moessner, David P. 166 Whitters, Mark F. 73
Moo, Douglas J. 166 Winlcle, Ross E. 167
Mulder, Martin Jan 164 Witherington III, Ben 69
Woollcombe, K.J. 166
Neirynck, Frans 38
Niclclas, Tobias 167 Yarbro Collins, Adela 12, 45, 49, 58
Nieuviarts, Jacques 29, 89, 92, 166
Zamfir, Korinna 167
Indice generale

Introduzione.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

l La tipologia del Nuovo Testamento 5


IL Alcune distinzioni importanti 8
III. I limiti e i destinatari del saggio 9

l. La tipologia dei Sinottici oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

I. Le ragioni della tipologia dei Sinottici 11


IL La tipologia neotestamentaria
al di là della sua messa in causa 14
III. Un enigma della tipologia dei Sinottici 17
Iv. Cambiare paradigma 20

2. La tipologia dei vangeli sinottici... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

I. Echi e allusioni - i criteri 22


l. Richard Hays e le allusioni alla Scrittura 22
2. I criteri di Dale Allison per le allusioni tipologiche 25
II. TI dispiegamento della tipologia dei Sinottici 30
III. Le tappe dell'analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3. Cristologia e tipologia nel racconto di Marco . . . . . . . . . . . . 37

l Giovanni Battista e la tipologia eliaca 37


l. Mc 6,14-16 e 8,27-28 37
172 Indice generale

2. Mc 6,17-29: Elia e la morte di Giovanni Battista 40


3. Un modello eliaco per Gesù? 45
II. Gesù e la tipologia eliseana 47
III. Gesù e la tipologia salmica 49
l. I giusti perseguitati dei salmi, tipi di Gesù 50
2. La logica del ricorso alle suppliche 53
3. Il grido di Gesù 55
4. I..;anagnorisis e la dichiarazione del centurione 58
5. Tipologia e anagnorisis 59
Conclusioni 60

4. Cristologia e tipologia nel racconto di Matteo.. . . . . . . . . . . 63

I. Tipologia salmica 64
l. Racconto della passione e tipologia salmica 64
2. Allusioni a Geremia nel racconto della passione 68
II. Tipologia profetica 70
l. I profeti in Matteo 70
2. Il profeta Geremia in Matteo 73
III. Tipologia mosaica 76
l. Il vangelo dell'infanzia: Mt 1,16-2,23 77
2. Il discorso della montagna: Mt 5-7 79
3. La carta del discepolo: Mt 28,16-20 82
Iv. Tipologia regale 87
l. I titoli regali 87
2. I.;ingresso di Gesù a Gerusalemme 89
Conclusioni 96

5. La tipologia nel racconto lucano.... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99


l. La tipologia profetica lucana: primo approccio 100
II. La tipologia in Le 1-2 106
l. I parallelismi fra personaggi l06
2. r; annuncio a Zaccaria 107
3. l Sam 1-3, sfondo biblico di Le 1-2 113
Indice generale 173

III. A Nazaret, Gesù inaugura la sua lettura tipologica 117


l. Il testo di Isaia e la tipologia profetica 117
2. Gesù e la tradizione profetica 121
3. La questione del riconoscimento 128
4. Alcune difficoltà tipologiche 129
IV. La tipologia profetica durante il ministero di Gesù. . . 13 O
l. Tipologia e riconoscimento 131
2. La tipologia di Gesù dopo Lc4 e le sue ragioni 133
V. La tipologia della fine del macra-racconto 141
l. Innocenza e riconoscimento in Le 22-23 141
2. La tipologia in Le 24 144
Conclusioni 150

6. La tipologia dei Sinottici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

I. Breve ripresa del percorso 154


Il. La lettura tipologica dei Sinottici
nella sua progressione 156

Abbreviazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

Indice degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

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