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per il futuro
ISBN 978-88-99780-53-1
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Rua Particular, Edifício Agir
Quinta de Santa Rosa
2680-458 Camarate – Portogallo
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a difenderti e a farti valere in ogni contesto della vita quotidiana. Ci impegniamo ogni
giorno, cercando di offrirti un’informazione corretta, completa e sempre aggiornata al
momento in cui scriviamo.
Tutto, però, è in continua evoluzione e, quando prenderai in mano questa guida,
qualcosa potrebbe essere cambiato.
Per stare al passo con gli argomenti che ti interessano, non dimenticare di consultare le
nostre riviste e di collegarti al sito www.altroconsumo.it. Qui potrai sempre trovare
le ultime news e sapere quando sarà disponibile una nuova edizione di questa guida.
Sommario
Introduzione..................................................................................................... 9
I concetti base.................................................................................................. 19
Il risparmio gestito........................................................................................... 48
Materie prime.................................................................................................. 55
5
Investire per il futuro
Oro.................................................................................................................... 56
Crowdfunding.................................................................................................. 58
Criptovalute...................................................................................................... 59
Strumenti speculativi....................................................................................... 61
Immobili............................................................................................................ 62
Prodotti assicurativi......................................................................................... 68
Le autorità di controllo.................................................................................... 86
6
Sommario
Il decumulo....................................................................................................... 123
Appendice 2 – Bibliografia
Situazione italiana........................................................................................... 135
Glossario........................................................................................................... 139
7
Pagina bianca
Introduzione
9
Investire per il futuro
10
PARTE PRIMA
Il mondo degli
investimenti
Pagina bianca
1
Le basi per investire
Le basi
per investire
13
Investire per il futuro
Obiettivi e tempistiche
Se state consultando questo libro, molto probabilmente è perché non siete privi
di risorse finanziarie. Tuttavia, siete certi di conoscere esattamente a quanto
ammontano? E di sapere quanto di queste risorse è effettivamente disponibile
per i vostri investimenti?
A grandi linee, quello di cui disponete è suddiviso in due categorie: il patri-
monio e il reddito.
• Patrimonio Il patrimonio comprende tutto ciò che c’è sul conto corrente,
eventuali investimenti in titoli finanziari (azioni, obbligazioni, titoli di stato,
fondi ecc.), e investimenti in attività diverse dai titoli, come gli immobili
(case, terreni ecc.). Ivi compreso la prima casa che, però, in prima battuta,
pone già di per sé dei problemi.
Da un lato la casa in cui si abita è, per un italiano medio, una fetta molto
grande e assai rilevante del suo patrimonio. Dall’altro non è un bene di
facile utilizzo dal punto di vista finanziario. Di norma non può essere mes-
sa a reddito (affittata), salvo che in rari casi, quando si affitta una stanza a
qualcuno o il box auto o la cantina a un vicino. E in genere non è un bene
che viene venduto, appunto perché è utilizzato.
Quindi fa parte del patrimonio, ma non è un bene “disponibile”, se non in
particolari casi (per esempio se è necessario venderla per coprire i costi
derivanti da un’emergenza grave, per poi andare in affitto altrove).
Altra particolarità della casa è che, spesso, anche se non sempre, è un bene
su cui grava anche un debito, il mutuo. Per cui il suo peso (al netto del
debito) all’interno del patrimonio tende ad aumentare con il tempo, fino a
corrispondere al pieno valore dell’immobile solo una volta che il mutuo è
stato rimborsato completamente.
14
Le basi per investire
Le finalità di un investimento
A questo punto siete pronti per il secondo passo: stabilire gli scopi. Molto
anche qui dipende dalla situazione di vita personale. Nella seconda parte del
libro, per aiutarvi, abbiamo identificato quattro scenari base: neolavoratore
alle prime armi, coppia con figli minorenni, coppia di mezza età, dopo i 65
anni. Quando avrete compreso in pieno tutti gli strumenti di investimento a
disposizione, sarà utile leggere qualche indicazione pratica su come “assem-
blare” tutte le informazioni. In questa sede limitiamoci però a fare il punto su
alcune possibili finalità dell’investimento.
• Mettere da parte i soldi per comprare casa Magari non tutta ma, visto
che è oramai raro spuntare un mutuo al 100%, servirà una somma almeno
pari a un quinto del valore di ciò che si deve acquistare. Anche qui l’oriz-
zonte temporale è abbastanza breve e determinato. Si sa esattamente quando
servono i soldi.
• Investire i soldi per pagare gli studi futuri a un figlio L’orizzonte tem-
porale si allunga, ma resta determinato. Si sa esattamente quando serviranno
i soldi.
• Mettere da parte dei soldi per un’attività in proprio e per essere sicuri
di non avere problemi in caso di difficoltà Qui l’orizzonte temporale è
del tutto indeterminato: può essere breve, o anche lungo, ma bisogna avere
sempre una disponibilità immediata di soldi. Questa incertezza a fronte di
un tempo apparentemente variabile è un elemento di forte differenza con
quanto abbiamo visto prima.
15
Investire per il futuro
Queste che abbiamo visto fino a ora sono solo alcune delle diverse esigenze.
Molto dipende da due elementi fondamentali della vita umana: la situazione
famigliare e l’età, che determinano in modo puntuale le esigenze che pos-
sono essere sì diverse tra loro, ma non necessariamente una gamma infinita.
Già dal ragionamento fatto se ne possono indicare alcune precise:
16
Le basi per investire
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
10 20 30 40 50 60 64
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Investire per il futuro
• Breve periodo È una definizione adatta per tutti gli investimenti che vanno
dai pochi mesi fino a non meno di 3 anni (che, seppure possano sembrare
un’eternità, finanziariamente non lo sono affatto). La definizione di “breve
periodo” vale anche per tutti gli investimenti di cui non si conosce la fine.
Per esempio, se si ha un’attività in proprio e si sente la necessità di mettersi
al sicuro, può darsi (e ci si augura) che vada bene per 30 anni, ma può
anche capitare che da qui a un anno si abbia bisogno di denaro.
Avere un orizzonte temporale breve comporta però una conseguenza impor-
tante: se si vuole fare investimenti che diano una certa sicurezza, bisognerà
sacrificare i rendimenti. Non significa che non si abbia mai la possibilità di
fare tantissimi soldi in pochissimo tempo. Può capitare, ma solo in attività
finanziarie ad alto rischio, in cui si può anche perdere moltissimo denaro,
o al limite l’intero investimento. Avere tanto, in poco tempo e con granitica
sicurezza è impossibile. Se qualcuno presenta una simile opportunità di in-
vestimento è incompetente o mente. Non ci sono vie d’uscita. Questo è un
elemento che va sottolineato, perché i tempi d’oro in cui un investimento in
BoT dava allo stesso tempo certezza dei rendimenti e pingui profitti sono al
momento finiti. E non dimentichiamo che stavano in piedi perché l’inflazione
era altissima (per cui un 11% di rendimento, tolto un 8% di inflazione crollava
a un ben più basso 3% reale) e perché allora lo stato italiano stava “pagan-
do” tutto questo con una crescita del debito che oggi non è più possibile.
Chi dopo allora cercò conforto in titoli che offrono super rendimenti finì
per incappare in sonore fregature, come il crack argentino. Per questi motivi
ribadiamo che in finanza la botte piena e la moglie ubriaca non esistono.
Poco tempo e certezza, uguale scarsi rendimenti.
18
Le basi per investire
I concetti base
In questo paragrafo abbandoniamo sia il tema introspettivo del perché in-
vestiamo, sia quello oggettivo della misura del tempo in economia per con-
centrarci sui “mattoncini concettuali” con cui costruire la propria strategia di
investimento: rendimento, rischio e liquidabilità. Attenzione: siamo ancora in
una fase introduttiva che precede il corpo a corpo con le diverse forme di
investimento a disposizione. È comunque importante prendere confidenza
con queste basi concettuali che si ritroveranno ogni volta declinate in maniera
diversa a seconda dei prodotti finanziari con cui confrontarsi.
In particolare, il rendimento rappresenta il diritto della medaglia degli inve-
stimenti, e rappresenta la fonte di maggiore ricchezza. Il rischio è, invece, il
rovescio della medaglia, ciò che si vuole evitare. Vedremo che non c’è (qua-
si) mai rendimento senza rischio e che, nella maggior parte dei casi, i due
vanno a braccetto: se cresce uno, cresce pure l’altro. Dove c’è un andamento
divergente bisogna prestare attenzione. Va da sé, in maniera intuitiva, che se
propongono un investimento a rischio alto e rendimento basso è facile non
farsi nemmeno tentare, ma può darsi che propongano investimenti a basso
rischio e alto rendimento, ed è lì che bisogna mettersi in allerta.
Infine, spenderemo due parole sulla liquidabilità degli investimenti, ossia sulla
loro capacità (o meno) di essere monetizzati in fretta.
Per certi versi si tratta di una forma di rischio, per cui potrebbe essere ricon-
dotta alla categoria precedente, ma ha una rilevanza tale nelle scelte di un
risparmiatore che merita una trattazione a parte.
19
Investire per il futuro
in percentuale: per cui 100 euro su 1.000 euro sono un rendimento che
equivale a 100/1.000, cioè il 10%. L’uso delle percentuali aiuta ad applicare
il concetto di rendimento a somme diverse. Per cui 200 euro su 2.000 euro
investiti sono comunque un rendimento del 10%, del tutto identico ai 100
euro ogni 1.000.
Ragionando in termini percentuali non c’è il rischio di confondersi, perché i
risultati sono commisurati al punto di partenza. Per esempio, lo stesso rendi-
mento di 100 euro, ottenuto però a partire da un capitale iniziale di soli 500
euro, è maggiore, ed equivale al 20% (100/500).
Il rendimento dipende in genere dalla durata di un investimento. Se investo
1.000 euro per 2 anni, probabilmente mi aspetterò di avere indietro più soldi
piuttosto che se li investo solo per un anno, magari 200, cioè 100 per ogni
anno: 200 euro su 1.000 sono un rendimento del 20%. Ma, anche qui, è im-
portante fare un confronto.
Torniamo ora al capitale di 500 euro che dopo un anno restituisce 100 euro.
Il guadagno in valore assoluto è diverso (100 contro 200), ma in percentuale
è invece uguale (abbiamo il 20% in entrambi i casi). Tuttavia, nel primo caso
(200 euro da 1.000) abbiamo impegnato 2 anni della nostra vita, nell’altro
(100 euro da 500) ne abbiamo impegnato solo uno. Come si fa a capire qual
è la scelta migliore? Basta calcolare il rendimento che un investimento dà
ogni anno (rendimento annuo). Di conseguenza, se il 20% è da suddividere in
2 anni, avremo un 10% annuo. Che, confrontato con il 20% ottenuto in un anno
soltanto dal nostro investimento di 500 euro, ci conferma che quest’ultimo è
l’affare migliore, perché rende di più.
Tuttavia, dividere la percentuale per il numero di anni è un metodo un po’
“grossolano” dal punto di vista matematico. Non tiene infatti conto del fatto
che il tempo dal punto di vista finanziario non è lineare, ma curvo.
Il grafico alla pagina accanto prova a spiegare meglio questo concetto: la linea
diritta rappresenta quello che sarebbe un rendimento lineare, quella lievemente
curva al di sotto riproduce con maggior dettaglio l’accumulazione del valore
di 200 euro attraverso 2 anni (il grafico è basato su 730 giorni).
Cosa rappresenta tutto questo? Rappresenta il fatto che i rendimenti non
sono frutto di un “salto” da un momento all’altro, da un oggi a tra 2 anni,
ma sono il frutto di un processo che avviene secondo dopo secondo, in
ogni istante del trascorrere del tempo che abbiamo a nostra disposizione.
Il rendimento si accumula con il tempo, e cresce più in fretta man mano
che il tempo passa. Dal punto di vista matematico, la formula che tiene conto
correttamente di questa progressività è la seguente:
Applichiamola al caso che abbiamo visto prima: il 20% in 2 anni. 20% si può
scrivere come 0,2. Quindi (1 + 0,2)(1/2) - 1 = 0,095. In percentuale è il 9,5%.
20
Le basi per investire
200
180
160
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40
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1 gen
1 feb
1 mar
1apr
1 mag
1 giu
1 lug
1 ago
1 sett
1 ott
1 nov
1 dic
1 gen
1 feb
1 mar
1apr
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1 giu
1 lug
1 ago
1 sett
1 ott
1 nov
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La curva del tempo
Un capitale non produce i suoi frutti in maniera costante nel tempo (linea diritta), ma
in maniera più lenta e poi sempre più rapida (linea curva sotto). Il motivo è che anche
i frutti a loro volta producono frutti creando una sorta di effetto accumulo della ric-
chezza che cresce, pertanto, in maniera esponenziale.
21
Investire per il futuro
Il rischio
Il rischio in un contesto finanziario è, banalmente, rappresentato dalla pos-
sibilità di perdere in tutto, o in parte, i soldi che una persona ha deciso di
investire. Il rischio ha diverse fonti, che vedremo descritte nel dettaglio nel
paragrafo seguente.
L’affidabilità
La prima fonte di rischio riguarda l’affidabilità, cioè la possibilità che chi ha
ricevuto i soldi (sotto forma di prestito oppure sotto forma di partecipazione
al suo capitale, nel caso di società) non sia più in grado di restituirli del tutto
o in parte. I soldi investiti, infatti, vengono poi spesso rimpegnati in un’attività
e molto dipende da come va questa attività.
Facciamo alcuni esempi. C’è chi ha acquistato titoli di stato italiani negli an-
ni Novanta (per esempio, nell’autunno del 1996, il BTp che scade il primo
novembre 2026 e offre due cedole annue per un totale di rendimento annuo
del 7,25%); lo stato italiano ha avuto molti problemi finanziari, ma ha sempre
dimostrato capacità di ripagare i suoi investimenti. A distanza di anni potrebbe
quindi aver messo via non pochi soldi sotto forma di cedole, a un ritmo del
7,25% annuo. Oppure, chi ha acquistato azioni di Apple nel corso degli anni
Novanta, ha partecipato al successo di iPod, iPad e iPhone, oltre ai vari com-
puter Mac mettendo via un sacco di soldi. Oppure c’è chi, negli anni Novanta,
ha comprato azioni della vecchia Parmalat (non la società attuale che è un
derivato di quella fallita nel 2003) e non è riuscito a venderle in tempo, a fine
2003 si è ritrovato con l’investimento completamente azzerato. E che dire di
chi, in tempi più recenti, ha perso un sacco di soldi con i titoli di stato greci?
Il mercato
La seconda fonte di rischio riguarda il mercato. Buona parte degli investimenti
sono quotati, ossia ogni giorno (spesso in ogni istante) hanno un prezzo di
mercato a cui possono essere acquistati o venduti. Il prezzo è grosso modo
il risultato dell’incontro tra domanda e offerta di quel tipo di investimento.
Prendiamo i due tipi di strumenti più classici: azioni e obbligazioni. Entrambe
22
Le basi per investire
La “finanza islamica”
Il prestito a interesse è considerato ancora oggi usura nel mondo islamico che,
infatti, per potersi evolvere in maniera finanziariamente efficiente, ha dovu-
to inventarsi la “finanza islamica”. La finanza islamica è un fenomeno che
riscuote sempre maggiore interesse e curiosità all’interno del contesto finan-
ziario mondiale, per la forte crescita degli ultimi anni del patrimonio gestito
e perché, durante la crisi del 2008, ha perso meno delle Borse mondiali.
La finanza islamica è l’insieme di istituzioni finanziarie che operano sui mer-
cati rispettando i dettami del Corano. Vige quindi il divieto di dare denaro a
prestito, di investire in aziende fortemente indebitate o che producono alco-
lici, armi, tabacco e carne suina. Non vi è alcun obbligo, invece, di investire
nei paesi di religione musulmana. Un tipico indice islamico è dunque costruito
con società di tutto il mondo, con la sola eccezione di quelle che operano
nei settori “vietati”. Visto il divieto di tassi d’interesse, i sukuk bond, così
si chiamano le obbligazioni islamiche, sono titoli strutturati in maniera tale
da non essere un prestito vero e proprio, ma come una compartecipazione
nella proprietà di un debito, di un bene o di un progetto. Tale proprietà è poi
strutturata in maniera tale da garantire flussi di denaro simili a quelli offerti
da una normale obbligazione.
23
Investire per il futuro
24
Le basi per investire
per esempio, pago 1.000 euro per ottenere 20 euro ogni anno per 10 anni
e, trascorso questo tempo, avrò indietro i miei 1.000 euro. Passano 5 anni.
I tassi sono saliti. In particolare i tassi a 5 anni (quanto manca alla scadenza
della mia obbligazione) sono al 4%.
Ciò significa che in quel momento posso comprare a 1.000 euro un titolo
che ne restituisce 40 ogni anno per 5 anni e alla fine mi riconsegna indietro
i miei 1.000 euro, a differenza del mio vecchio titolo che me ne restituisce
solo 20. Il nuovo titolo è decisamente più conveniente, mi conviene vendere
quello che ho e comprare quello nuovo. E, invece, non è così. Perché il
potenziale compratore sa che il mio titolo non è conveniente. Quindi po-
trebbe acquistarlo, ma a un prezzo scontato che lo ricompensi dei maggiori
guadagni a cui andrebbe a rinunciare.
Facciamo due conti. Il vecchio titolo rende 20 euro per 5 anni, quindi 100
euro. Il nuovo titolo ne rende 40 per 5 anni, quindi 200 euro. Ci perderebbe
100 euro, che ricadono sul prezzo iniziale, che non sarà più 1.000 euro, ma
1.000 - 100 euro. In pratica, per tenere uguali i rendimenti (200 euro in 5
anni), il vecchio titolo dovrà valere 900 euro.
Da qui possiamo trarre la seguente regola: quando i tassi salgono i prezzi
dei bond a tasso fisso già in circolazione scendono, e viceversa. Questa
variazione è più forte quanto più lunga è la durata del titolo, perché mag-
giore è il numero delle cedole più alte che si vanno a perdere comprandolo.
Un conto, infatti, è perdere 20 euro per 5 anni (sono, come abbiamo visto,
100 euro), un altro conto è perderli per 20 anni (che è molto più di 100 euro).
Ma cosa fa variare i tassi? Un sacco di fattori:
- le azioni delle Banche centrali (che manovrano i tassi d’interesse a cui
prestano soldi alle banche, cosa che, a cascata, finisce per rovesciarsi su
tutti quanti i mercati);
- il riflesso dell’andamento delle Borse e delle azioni. Per esempio, quando
le Borse vanno male, gli investitori fuggono dalle azioni e cercano una meta
per i loro soldi. Le obbligazioni sono una delle più ambite perché viste come
più sicure. Ma se c’è una gran domanda di obbligazioni i prezzi saliranno
per la richiesta, di conseguenza i tassi scenderanno.
- l’inflazione. Più è alta, più i tassi tendono a salire perché i nuovi prestiti
che vengono fatti ne tengono conto e hanno tassi più alti. Ma anche i tassi
d’interesse dei vecchi prestiti si adegueranno imponendo l’adeguamento dei
prezzi che abbiamo visto prima.
La diversificazione
Il rischio di un investimento può essere ridotto, per esempio attraverso la
diversificazione. Diversificare significa non legarsi mani e piedi a un solo in-
vestimento. Per esempio, investire solo in titoli di stato italiani tutte le vostre
ricchezze significherebbe fare affidamento solamente alla capacità dello stato
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Investire per il futuro
italiano di ripagare i suoi debiti. Questa è certamente una buona capacità, visto
che il nostro paese ha quasi sempre (quasi perché il prestito Littorio del 1926
imposto dal governo Mussolini fu una ristrutturazione del debito) ripagato i
suoi debiti con puntualità, sempre da quando è Repubblica.
Tuttavia non può essere dato per scontato. Il caso Grecia insegna che anche
i paesi appartenenti all’Eurozona possono subire crack, visto che la Banca
Centrale Europea non è costretta a finanziare gli stati, evitandone l’insolvenza,
quando non ci sono abbastanza sottoscrittori del debito pubblico, come invece
accadeva un tempo (una volta la Banca d’Italia era costretta a sottoscrivere i
titoli di stato italiani invenduti).
Quindi, già intuitivamente, dividere il patrimonio tra titoli di stato italiani
e titoli di stato francesi diminuisce il rischio. Se l’Italia dovesse fallire, non
I rating
Per comprendere quanto sia a rischio di fallimento (o meno) chi emette un’ob-
bligazione, per aiutare a capire i tassi d’interesse che deve offrire sui suoi titoli e
informare meglio il mercato, il mondo della finanza si è organizzato da tempo
con le agenzie di rating. Le più famose sono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch
(ma non sono le uniche). Che cosa fanno?
Si chiamano agenzie, ma in realtà sono società (pagate da chi emette le obbli-
gazioni) che spulciano i bilanci e analizzano la capacità di una società (o di uno
stato) di ripagare i suoi debiti. Il rating è, quindi, una sorta di voto sull’affi-
dabilità che viene rilasciato dopo un’analisi della situazione e poi comunque
monitorato continuamente in modo da essere sempre aggiornato e affidabile.
I rating partono da AAA (tripla A, massimo dell’affidabilità) e scendono via via
(AA, A, BBB, BB ecc.) seguendo l’alfabeto fino alla D (situazione di default).
In genere quelli che iniziano per A e quelli con tre B (Baa nel caso di Moody’s
che ha una notazione lievemente differente) sono considerati adatti a un inve-
stimento, quelli con valutazione inferiore (dalla doppia B o da Ba per Moody’s)
sono considerati più che altro adatti agli speculatori.
I rating funzionano? In tempi normali sì, ma ovviamente quando ci sono
momenti di forte crisi le cose possono cambiare. Per esempio, in presenza di
notizie gravi possono essere tagliati rapidamente (e il prezzo del titolo intanto
è già calato, generando perdite in chi vi ha investito). E poi resta il potenziale
conflitto di interesse per cui è la società che emette i bond a pagare per avere
un rating e quindi ci può essere una qualche forma di pressione per ottenere
una migliore valutazione. Nella bibliografia verranno citati alcuni studi per com-
prendere, a seconda del rating, qual è stata la percentuale storica dei fallimenti.
26
Le basi per investire
La correlazione
Che cos’è la correlazione? La correlazione è quel “vizio” che hanno i prezzi
dei titoli a muoversi tutti insieme e nasce dal fatto che il mondo dell’e-
conomia è tutto collegato, come un grande insieme di vasi comunicanti.
Poniamo per esempio il caso precedente di Intesa San Paolo e di Stellantis.
L’economia italiana va male? Intesa San Paolo, che è una grande banca italiana,
potrebbe avere qualche problema a farsi restituire i soldi da alcuni dei piccoli
imprenditori a cui li ha prestati per far funzionare la loro impresa, sempli-
cemente perché questi falliscono. Questo potrebbe determinare un calo dei
profitti e, quindi, un calo del suo valore in Borsa.
Allo stesso tempo, il fatto che l’economia stia rallentando potrebbe generare
disoccupati, o anche solo paura per il futuro, e la gente potrebbe rinviare
l’acquisto di un’auto. Questo, però, va a danno di Stellantis che vede anch’essa
ridurre i suoi profitti e calare in Borsa come Intesa San Paolo. Quindi, aver
diversificato su questi due titoli potrebbe non mettervi al riparo del tutto da
perdite se l’economia italiana va male.
27
Investire per il futuro
Ma Stellantis non è più solo un’impresa che vende auto per lo più in Italia, è
un’azienda mondiale. Se l’economia americana va bene, per esempio, la crescita
delle vendite negli Stati Uniti potrebbe compensare il calo in Italia, per cui se
Intesa San Paolo sta perdendo terreno, Stellantis potrebbe invece guadagnarne.
In altri termini la correlazione è il legame che c’è fra diversi prodotti finan-
ziari e che ne determina le variazioni dei prezzi in maniera parallela, ma
non è necessariamente un fenomeno forte e, anzi, non è necessariamente
un fenomeno univoco. Spesso (non sempre) quando le Borse vanno male
molti investitori si rifugiano nei titoli di stato (è il cosiddetto flight to qua-
lity, corsa verso la qualità), per cui i prezzi dei titoli di stato sono spinti in
alto dagli acquisti. Questo è un caso di correlazione negativa (quando uno
scende, l’altro sale) ed è uno di quei casi utilissimi per diminuire il rischio
di un portafoglio. Se noi, per esempio, anziché comperare Stellantis e Intesa
San Paolo, compriamo Stellantis e titoli di stato tedeschi, ci troviamo in mano
per metà investimento qualcosa che crolla con le Borse se queste crollano
e per l’altra metà qualcosa che, invece, può compensare (in parte) le nostre
perdite azionarie. In un certo senso, quindi, la correlazione positiva (se sale
uno, sale l’altro) e negativa (se sale uno, l’altro scende), se usata nel modo
giusto, può aiutarci a mettere insieme dei titoli in modo da diminuire il rischio
complessivo del nostro investimento.
Attenzione, però, al concetto di rischio. Per rischio qui intendiamo non solo
il rischio di perdere, ma anche quello di guadagnare. Se le Borse corrono
all’insù, può darsi che chi ha investito in titoli di stato si lasci attrarre dalle
Borse e venda i suoi titoli di stato facendone scendere i prezzi.
È facile notare che vengono usate espressioni del tipo “può darsi” perché
il concetto di correlazione, per quanto abbia un’espressione matematica
precisa, non vuol dire sia un fenomeno che avvenga puntualmente secondo
una legge fisica prevedibile istante per istante. È un fenomeno che si dipana
nella storia, che può essere misurato e sfruttato con una buona probabilità
di azzeccarci, ma comunque sempre in un ambito di statistiche, per cui è
previsto possa anche in qualche misura incepparsi ed è normale che lo
faccia. A ogni modo è un elemento utile per portarci all’idea seguente,
quella di portafoglio.
L’idea di portafoglio
Un portafoglio di titoli è, banalmente, un insieme di azioni, obbligazioni o
altre attività finanziarie in cui è ripartito il patrimonio. Come abbiamo visto è
possibile ridurre il rischio sfruttando al meglio il concetto di diversificazione e
quello di correlazione. E sulla base di questo gli studiosi di economia hanno
sempre studiato il modo migliore per comporlo. I primi importanti contributi
risalgono a oltre mezzo secolo, come quello di Markowitz del 1952 (Portfolio
Selection) e quello di Sharpe del 1964 (Capital asset prices: A theory of market
28
Le basi per investire
equilibrium under conditions of risk), che valsero qualche lustro più tardi un
Nobel all’economia ai loro autori.
In particolare, questi lavori ricordano che, come a ogni singolo mercato è
possibile associare un valore che ne indica il rendimento atteso e un altro
che ne indica il rischio, così è possibile fare per un portafoglio di titoli.
Il rendimento di un portafoglio è dato dalla media dei rendimenti dei singoli
titoli in cui il portafoglio è investito, e la stessa cosa vale in un certo senso
per il rischio. E qui diciamo “in un certo senso” perché, dato il rischio le cose
sono più complicate, non basta fare la media.
Per esempio, su di un portafoglio composto per metà da titoli di stato italiani
in euro e per metà da azioni italiane, non basta prendere il rischio associato
a Milano (per esempio il 18% di volatilità) e quello associato ai titoli di stato
italiani (per esempio il 4%) e fare la media, perché occorre tenere conto di
come questi due mercati sono tra loro correlati. E una scarsa correlazione può
contribuire ad abbassare il rischio complessivo di un portafoglio.
In presenza di più titoli, variando la quantità in cui sono miscelati, è possibile
ottenere una gran varietà di possibili combinazioni. La varietà di soluzioni
è potenzialmente infinita, ma non tutti i portafogli sono interessanti per un
investimento. Quali scegliere? Ovviamente quelli in cui a un rischio minore è
associato un rendimento maggiore.
Una descrizione di questo modo di ragionare è visibile nel grafico alla pagina
seguente: sull’asse verticale ci sono i rendimenti che è possibile aspettarsi da un
investimento, su quello orizzontale il rischio. Ogni punto nel grafico rappresenta
un portafoglio così come è descritto dalla coppia di valori percentuali dati dal
suo rendimento atteso e dal suo rischio che sono a loro volta la combinazione
dei vari rischi e rendimenti di ogni prodotto finanziario di cui sono composti
i nostri portafogli. I punti nella parte superiore del grafico sono associati a
rendimenti più elevati, i punti a destra sono associati a un rischio più elevato.
Quindi i portafogli più redditizi e meno rischiosi sono quelli in alto a sinistra.
Se, invece che solamente alcuni portafogli come in questo grafico, avessimo
considerato tutti quelli possibili e immaginabili, avremmo ottenuto una nuvola
di punti densissima il cui limite superiore è indicato dalla linea (detta dagli
economisti “frontiera efficiente”). Visto che, come abbiamo detto, i portafogli
più redditizi e meno rischiosi sono quelli in alto a sinistra, ciò significa che
su questa linea di confine stanno tutti i portafogli che, per un dato livello di
rischio, hanno il rendimento atteso massimo possibile. I portafogli migliori
sono proprio quelli sul filo di questa curva.
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Investire per il futuro
10%
8%
6%
4%
2%
0%
0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8% 9%
La frontiera efficiente
Ogni punto rappresenta un portafoglio (ossia una miscela di azioni e di obbligazioni)
descritto attraverso due coordinate: quanto è il rendimento atteso (asse verticale)
e quanto è il rischio (asse orizzontale). I migliori portafogli stanno in alto a sinistra
perché rendono di più con un rischio più basso. L’intero universo dei portafogli
possibili è racchiuso da una linea (detta frontiera efficiente) su cui si trovano tutti i
portafogli migliori per un dato livello di rischio.
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Le basi per investire
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Investire per il futuro
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Le basi per investire
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Investire per il futuro
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2
Le forme di investimento
Le forme
di investimento
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Investire per il futuro
la certezza di regole d’oro per fare soldi non sarebbe corretta. Lo scopo, lo
ribadiamo ancora una volta, è aumentare la consapevolezza di quello che si
fa. Da lì e solo da lì discenderà poi un’aumentata bravura nel gestire i risparmi
e il patrimonio.
Azioni
Le azioni costituiscono una piccola quota di proprietà di una società. Insieme
con le obbligazioni sono una delle due categorie principe d’investimento.
Quindi, se siete azionisti Enel, vuol dire che avete un pezzettino della società.
Questo dà diritto ad alcune cose:
• partecipare alla crescita di valore della società man mano che questa va
bene e fa profitti (viceversa, se va male, si partecipa alle perdite) tramite il
prezzo dell’azione che, finché le cose vanno bene, salirà;
• incassare una parte degli utili se la società decide di non tenerseli in pancia,
ma di versarli nelle casse degli azionisti. Questo incasso si chiama dividendo:
le società che vanno male non lo erogano, ma possono anche non darlo
società che vanno benissimo. Esempio principe è quello di Microsoft che
per anni, pur macinando utili, non ha mai dato dividendi perché investiva
tutto nella crescita. Ovviamente il guadagno in termini di prezzo del titolo
è stato enorme, perché comprendeva anche i soldi non distribuiti come
dividendi che, invece, sono sottratti direttamente all’azione;
• intervenire in assemblea e dire la propria sul governo della società.
Vantaggi e svantaggi
Poter intervenire in assemblea non è un vantaggio economico diretto. In genere,
un piccolo azionista non conta nulla e non interviene in assemblea. Questo
diritto, però, a volte, è una fonte indiretta grandissima di guadagno.
Si pensi a una società quotata in cui il principale azionista che comanda ha
il 30% delle azioni (spesso per comandare basta meno del 50%), ma dove c’è
un investitore che vuole prendere il posto. Per farlo deve comprare azioni e
superare il 30% del principale azionista. Andrà quindi da tutti i piccoli rispar-
miatori che hanno una quota piccolina e chiederà loro di vendergli queste
quote in modo che, sommandole, avrà più del 30%, magari il 70%. A che prez-
zo glielo venderanno i piccoli risparmiatori? Al valore delle sole prospettive
della società o potranno magari vedersi offerto qualcosa di più grazie alla loro
posizione di forza, per cui non vendono solo un pezzo di società, ma anche
36
Le forme di investimento
Le caratteristiche
Le azioni possono avere caratteristiche differenti: per esempio (è il caso delle
azioni di risparmio, un tempo abbastanza diffuse) avere delle limitazioni nei
diritti di voto (che in alcuni casi come sappiamo sono importanti anche eco-
nomicamente) in cambio di dividendi più alti rispetto a quelli staccati dalle
azioni ordinarie. Si tratta in ogni caso di variazioni sul tema azionario.
Un’azione in genere è identificata dal suo nome (per esempio Enel), ma anche
da altri elementi, tra cui quello principale è il codice Isin (nel caso di Enel è
IT0003128367), un codice alfanumerico che identifica solo quel titolo e nessun
altro e le cui prime due lettere indicano spesso (ma non sempre, perché ci
sono anche codici internazionali) il paese d’origine (per esempio IT di Italia
nel caso di Enel, DE di Germania nel caso di Volkswagen il cui codice Isin è,
invece DE0007664005 e via dicendo...).
La tassazione sui guadagni delle azioni è al 26% più la patrimonialina (cioè
un’imposta) del bollo sul conto titoli pari allo 0,2% annuo, che grava diretta-
mente sul valore del portafoglio.
Come valutarle
Valutare le azioni è un’attività complessa e soprattutto non è una scienza esat-
ta. Tuttavia esistono modi per tentare di dare delle valutazioni con un colpo
d’occhio. Il più noto e semplice è quello dei multipli.
37
Investire per il futuro
Le bolle speculative
L’euforia irrazionale, come la chiama il Nobel per l’economia Schiller, è una delle
caratteristiche che più colpiscono chi opera sul mercato. Il primo caso ben docu-
mentato nella storia risale al secolo XVII in Olanda ed è noto come la “Bolla dei
Tulipani”: dalla fine del secolo precedente si era venuta a diffondere in Europa la
coltivazione dei tulipani, provenienti dalla Turchia: varietà strane di tulipani vennero
considerate sempre più come un bene di lusso. Nel corso degli anni i prezzi dei
tulipani iniziarono a crescere e il mercato dei bulbi fu inteso come il mercato della
promessa dei fiori futuri che il bulbo avrebbe generato. Si pagava un acconto e poi
alla consegna del tulipano fiorito si sarebbe pagato il prezzo pattuito. Ne nacque un
continuo gioco al rialzo: un bulbo poteva essere scambiato per 2.500 fiorini, quanto
25 tonnellate di burro e 90 maiali. L’euforia irrazionale faceva pensare agli specula-
tori olandesi che il prezzo sarebbe salito ancora e che avrebbero potuto rivendere
i loro bulbi con un forte guadagno. Fino ai primi di febbraio del 1637, quando
un’asta di bulbi ad Harleem andò deserta. E fu il panico. Di colpo nessuno volle più
acquistare tulipani e tutti li volevano vendere. Ma soprattutto chi aveva stabilito un
acquisto a termine (future) dei bulbi, cioè i fioristi, si ritrovò sul lastrico, perché aveva
promesso di pagare agli agricoltori un prezzo ora insostenibile.
Questo fenomeno ebbe modo di ripetersi diverse volte nella storia dei mercati,
come dimostrano la bolla dei mutui subprime con il conseguente crack Lehman del
2008 e il crollo dei mercati cinesi nell’estate del 2015. I meccanismi sono gli stessi:
si acquista ad alti prezzi un titolo sperando di rivenderlo a prezzi superiori.
Poi succede l’inimmaginabile la crisi dei subprime fu innestata da una crescente
consapevolezza degli operatori di un indebitamento eccessivo, ma scatenò le sue
più gravi ripercussioni un anno dopo, quando la banca Lehman Brothers fu lasciata
fallire. La crisi cinese del 2015 scoppiò dopo alcune mosse delle autorità cinesi che
tentavano di mettere un freno a una situazione di prezzi divenuta eccessiva. La lezio-
ne è che a inseguire questi fenomeni di crescita dei prezzi spesso si rischia troppo.
38
Le forme di investimento
quella che li ha più alti è la più cara (e viceversa). Per avere un’idea più chiara
pensiamo che il rapporto prezzo/utili indica quanti anni occorrono affinché gli
utili della società ripaghino la spesa fatta per acquistarne le azioni. Più questo
rapporto è alto, più lungo è il tempo necessario per ripagare (e viceversa).
Attenzione: abbiamo detto tra due società, perché questi indicatori sono buoni
solo per fare dei confronti (con altre società o con la media del mercato), e non
esiste un valore “ottimale” in termini assoluti. Questo tanto più che il valore dei
multipli varia nel tempo, per esempio tende a essere alto quando l’economia
corre e basso quando l’economia ristagna. Infine, non va dimenticato un ultimo
problema (non da poco): gli utili variano di anno in anno e occorre tenere
conto di questo fenomeno per non subire ingannevoli effetti “miraggio”, consi-
derando nel proprio giudizio magari solo i risultati di annate eccezionalmente
buone o di annate eccezionalmente cattive che possono distorcere la realtà.
39
Investire per il futuro
• cedole con fissati ulteriori paletti che indicano un minimo (se il tasso euribor
scende sotto il 3% la cedola sarà comunque del 3%), o un massimo (se il
tasso sale sopra il 6% la cedola non supererà il 6%) o sia un minimo che
un massimo (minimo 3%, massimo 6%);
• cedole che sono pari alla differenza di due tassi (per esempio tasso swap
a 8 anni meno tasso swap a 2 anni, là dove il tasso swap è un tipo di tasso
sul mercato), oppure subordinate a determinati eventi.
E ancora, come abbiamo visto, con i titoli di stato ci può essere un legame
tra carovita e cedole. Un titolo potrebbe anche non dare delle cedole, ma
pagare gli interessi una sola volta, a scadenza. È il caso dei titoli zero coupon.
Per esempio un’obbligazione che tra un anno sarà rimborsata a 100 e che si
acquista a un prezzo “scontato” pari a 95. In tal caso il guadagno sarà quel 5
di differenza tra quanto si paga oggi e quanto sarà dato tra un anno.
Questo è il meccanismo utilizzato, per esempio, per i titoli di stato italiani
a breve scadenza (BoT e CTz che sono di durata non superiore ai 2 anni),
i più noti tra il pubblico. In sintesi, la cosa importante da sapere è che le ob-
bligazioni possono far guadagnare tramite le cedole in diverse maniere e che
a volte l’ammontare del guadagno è noto fin dall’inizio (tasso fisso), mentre
altre volte dipenderà da un futuro che non si conosce (tasso variabile). Per
questo le obbligazioni sono un mondo assai complesso.
Le cedole sono uno solo dei modi con cui si può guadagnare dalle obbli-
gazioni, tipicamente quello in cui si comprano le obbligazioni al momento
dell’emissione (quando la società o lo stato che le emette chiedono i soldi
per finanziarsi) e si vendono al momento del rimborso (quando la società o
lo stato paga i suoi debiti).
Tuttavia (soprattutto se un’obbligazione è quotata, il che vale sempre nel caso
dei titoli di stato), è possibile anche acquistarla in Borsa dopo l’emissione e
venderla in Borsa prima del rimborso, guadagnandoci o perdendoci sul prezzo.
Pensate, per esempio, a un bond (cioè un’obbligazione) che stacca cedole
del 4% che in emissione pagate 100 euro e che viene quotato. Dopo qualche
tempo il suo prezzo scende a 90. In quel momento lo comprate e lo tenete
fino a scadenza, quando è ripagato a 100. Alla fine il guadagno arriverà non
solo dalle cedole del 4%, ma anche dalla differenza tra i 100 euro rimborsati
e i 90 spesi, quindi altri 10 euro che si aggiungono al gruzzolo. Viceversa, se
si acquista a un prezzo più alto di quello a cui si rivende o a cui sono rimbor-
sati, la perdita va tolta dalla somma delle cedole incassate, per determinare il
guadagno complessivo. Si potrebbe anche scoprire che anziché guadagnare, si
ha perso. Per esempio, se avete acquistato a 100 un bond rivenduto a 90 e nel
frattempo avete incassato solo due cedole del 4% il guadagno con le cedole
è stato 8, la perdita sui prezzi 10, la perdita complessiva pari a 2.
Ma perché i bond, una volta quotati, possono avere un valore diverso rispetto
a quei due paletti fissi che sono il prezzo di emissione e quello di rimborso?
40
Le forme di investimento
Il motivo è presto detto: i tassi d’interesse variano nel tempo, e questo in-
fluenza i prezzi dei bond.
Poniamo di sottoscrivere a 100 i bond di una società, la cedola sia del 4% e
che il rimborso sia previsto dopo 10 anni a 100. Dopo 2 anni, i tassi d’interes-
se sul mercato per una durata di 8 anni sono saliti al 6%. Ciò significa che in
quel momento c’è qualcuno che emette un bond a 100, lo ripaga a 100 dopo
8 anni e dà ogni anno il 6%.
Quello che si ha in mano, che dà solo il 4%, è chiaro che valga meno del “cu-
gino”, che stacca cedole più grasse. Se lo si vende in quel momento a qualcun
altro, per renderlo appetibile, si dovrà offrire un prezzo che ripaghi l’acquirente
il peso delle minori cedole. In soldoni: il titolo in 8 anni con cedole del 4%
offrirà in tutto un guadagno pari a 4 x 8 = 32, l’altro titolo che dà cedole del
6%, in 8 anni offrirà un guadagno pari a 6 x 8 = 48. La differenza deve essere
in qualche modo ripagata. Quindi, semplificando, il titolo in mano non varrà
più 100, ma solo 100 - 16 = 84. Ecco spiegata la variazione di prezzo.
Questo è un caso limite, che fa riferimento a titoli analoghi e alla situazione
di mercato. Ma ovviamente possono succedere anche molte altre cose.
Per esempio non variano i tassi, ma la società di cui si ha comprato il bond
finisce in uno scandalo che rischia di mettere in crisi i suoi conti, perché po-
trebbe costarle fior di quattrini di risarcimenti in tribunale. Un acquirente per
acquistare il titolo potrebbe non accontentarsi del 4% e pensare che per ripagare
il rischio che la società fallisca per colpa di un giudice troppo severo potrebbe
comunque chiedere il 6%: ecco che il bond sul mercato varrebbe di nuovo 84.
La tassazione sui guadagni dalle obbligazioni è al 26% se sono emesse da società,
ma scende al 12,5% nel caso di titoli di stato italiano o esteri e di enti sovranazio-
nali. Anche in questo caso c’è la patrimonialina del bollo pari allo 0,2% annuo.
Il mondo dei bond può prevedere molte altre sfumature. Vediamone alcune
senza pretesa di esaustività, limitandoci a quelle più rappresentative.
Identificare un’obbligazione
Le obbligazioni in genere sono descritte attraverso tre elementi: il nome dell’e-
mittente, la cedola e la data di scadenza. Per esempio il titolo BEI – 3,5% –
15/04/2027 è emesso dalla Banca europea degli investimenti, stacca una cedola
(annua) del 3,5% e verrà rimborsato il 15 aprile del 2027. Altre indicazioni utili
a definire il titolo sono la valuta in cui è emesso (euro, dollaro Usa, sterlina ecc.)
e, per identificarlo, come nel caso visto prima per le azioni, il codice Isin (qui è
XS0755873253), che definisce il titolo in maniera del tutto inequivocabile.
41
Investire per il futuro
• Bond subordinati Non è detto che tutti i prestiti siano uguali. Qualcuno
potrebbe essere regolamentato in modo da essere meno importante di
altri, cioè venire dopo gli altri nel ripagamento in caso di crack. Sempre e
comunque prima delle azioni, ma dopo gli altri bond. Per esempio i casi di
Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti del 2015. Gli obbligazionisti
“senior” (cioè quelli che vengono prima dei subordinati nei pagamenti) sono
stati tutti quanti salvati. Gli obbligazionisti subordinati hanno fatto la stessa
fine degli azionisti perdendo tutto (salvo provvedimenti governativi a tutela
Subordinate Sono pagate solo se sono già stati ripagati per intero i creditori senior
42
Le forme di investimento
I tassi d’interesse
Non esistono metodi miracolosi per prevedere se la Borsa tra un anno sarà
cresciuta o meno, ma, grazie alle obbligazioni e ai loro rendimenti, esistono
strumenti in grado di segnalare con una certa approssimazione se il futuro di
mercati ed economie sarà brillante, o se piuttosto non sarà necessario man-
tenere un comportamento prudente. Tra questi uno dei più semplici e diffusi
è la curva dei rendimenti.
Ecco come si costruisce, come funziona e come la si può interpretare. Il tas-
so d’interesse di un’obbligazione rappresenta la remunerazione del rischio
di prestare a qualcuno il proprio denaro e dipende principalmente da due
fattori: l’affidabilità di chi prende in prestito il denaro (più è inaffidabile più
dovrà essere disposto a pagare in termini di tassi) e la durata del prestito (in
genere, ma come vedremo ci possono essere eccezioni, più si presta il denaro
a lungo, più si ha diritto a interessi elevati).
Escludiamo dall’analisi il primo elemento (l’affidabilità) e concentriamoci
sul secondo: la durata del prestito. Se mettiamo in fila dalla scadenza più
breve a quella più lunga gli interessi dati dai vari titoli, rappresentandoli
graficamente, otteniamo una linea, chiamata, appunto, curva dei rendimenti,
che ci descrive la struttura dei tassi d’interesse in base alla loro scadenza.
Questa curva si muove nel corso del tempo alzandosi e abbassandosi e mu-
tando la pendenza. Ogni posizione ha un significato. Vediamo le posizioni
più importanti:
43
Investire per il futuro
44
Le forme di investimento
• Il caso Parmalat In questo caso il debitore fallito (a fine 2003) è una so-
cietà. Attiva nel settore del latte, quindi, un settore tutto sommato tranquillo,
perché l’alimentare è poco soggetto ad alti e bassi, Parmalat era un nome
noto in tutta Italia anche a livello storico, tanto che sono stati molti i piccoli
risparmiatori che si sono lasciati ingolosire dai suoi bond. Qui la crisi è
scoppiata quando è venuto alla luce un enorme buco nei conti, frutto di anni
e anni di bilanci truccati, che ha portato a una lunga serie di procedimenti
giudiziari che si sono conclusi dopo molti anni. In questo caso, diversamente
da quanto successo per l’Argentina, il fallimento si è risolto trasformando
le obbligazioni in azioni della nuova società uscita dalla procedura di am-
ministrazione controllata. Le perdite sono state tanto pesanti quanto quelle
dell’Argentina.
Da allora il sistema si è reso molto più responsabile nel prevenire truffe
contabili, tuttavia è un dato di fatto che in caso di società private qualche
rischio di questo genere sia sempre possibile.
Due gli insegnamenti: il primo è che chi diversifica su obbligazioni di più
emittenti può diminuire il rischio acquistando portafogli diversificati di titoli,
per esempio attraverso un fondo, il secondo che è sempre importante tenersi
aggiornati sulle notizie delle società in cui si è investito. La crisi di Parmalat
è stata rapida, ma ci sono volute comunque alcune settimane perché fosse
chiaro quello che era successo e che sotto vi era una truffa. In questi casi
può essere utile liberarsi dei titoli accettando una perdita, senza troppa
nostalgia.
• La crisi greca Anche qui siamo di fronte a uno stato. Ma di fronte a uno
stato speciale, uno stato dell’eurozona con cui condividiamo alcune istitu-
zioni tra cui la moneta unica. Fino al suo default nel 2012 si era a lungo
sperato che il paese potesse venire salvato dai partner europei. Le lunghe
discussioni in seno all’Europa hanno illuso i risparmiatori che si arrivasse
prima o poi a un salvataggio di Atene, nonostante la situazione del paese
fosse catastrofica. Ci sono state numerose promesse di solidarietà, ma alla
fine è stato tutto inutile. La lezione è che di fronte a grandi crisi epocali,
45
Investire per il futuro
come è stata quella greca, spesso le soluzioni prospettate non sono sempre
quelle messe in atto: se si è un piccolo investitore, quando c’è maretta,
conviene spesso correre ai ripari, anche accettando perdite, perché non si
ha il paracadute.
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Le forme di investimento
Per ogni depositante significa che con due conti da 75.000 euro presso una
banca, non si vanno a vedere i singoli conti, ma si somma l’importo (150.000
euro) e la somma “protetta” è sempre di 100.000 euro. E così, con un solo
conto cointestato, la garanzia di 100.000 euro va moltiplicata per il numero
dei cointestatari. Attenzione: la garanzia vale per depositi, conti correnti, asse-
gni circolari, certificati di deposito nominativi (nominativi, non al portatore).
Non sono garantite forme diverse di investimento come le obbligazioni (salvo il
caso delle Banche di credito cooperativo, per cui in alcuni casi c’è un apposito
fondo di garanzia). I tempi di rimborso sono fissati in 7 giorni lavorativi dalla
data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa della banca.
Nella pratica, i problemi dei correntisti possono essere comunque risolti ben
prima della liquidazione coatta e quindi il fondo non scatta neppure, d’altro
canto la liquidazione non è un procedimento che necessariamente parte
immediatamente quando scoppia la crisi di una banca. Insomma, tra teoria e
pratica ci possono essere alcune differenze.
In ogni modo il Fondo interbancario di tutela dei depositi interviene solo
quando oramai la situazione è disperata: quando una banca va male e viene
liquidata si fa i conti dei soldi che avanzano e si redistribuiscono tra i creditori.
Se i soldi non bastano si paga solo chi ha priorità più alta. I primi a restare
a bocca asciutta sono gli azionisti, poi vengono gli obbligazionisti e solo in
ultima istanza ci sono i correntisti. Ed è, quindi, solo se i soldi avanzati sono
troppo pochi per pagare pure i correntisti che deve intervenire il Fondo in-
terbancario. E questo accade solo quando una banca muore, e spesso si evita
di arrivare a tanto.
Altroconsumo vi aiuta a scoprire come sta la vostra banca. Al link www.
altroconsumo.it/soldi/conti-correnti potete trovare informazioni sempre
aggiornate sull’affidabilità degli istituti di credito.
I fondi interbancari
Oltre al Fondo interbancario di tutela dei depositi (www.fitd.it) che copre molte ban-
che italiane, ma non tutte, ce n’è uno apposta per le Banche di credito cooperativo
(Bcc), il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo (www.fgd.bcc.it).
Nel caso delle Bcc esiste poi anche il Fondo di garanzia dei portatori di titoli obbliga-
zionari emessi da banche appartenenti al Credito cooperativo (www.fgo.bcc.it) che,
però, copre, a determinate condizioni, solo alcune emissioni su cui è stata prevista
esplicita garanzia, visibili su www.fgo.bcc.it/geremodoc/default.asp.
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Investire per il futuro
Il risparmio gestito
Abbiamo già detto che la diversificazione è fondamentale per ridurre il rischio;
questo porta dritti al mondo del risparmio gestito, ossia dei fondi comuni. Che
cos’è un fondo comune? Di fatto è un portafoglio ben diversificato di titoli
che possono essere tutti azioni, tutti obbligazioni o un miscuglio di entrambi.
Di questo portafoglio se ne può acquistare anche solo un po’ (una quota),
comprando con pochi soldi e poco sforzo un intero mondo diversificato.
Il vantaggio è evidente: si tratta di una diversificazione adatta per tutte le tasche,
un capitalismo parcellizzato. Dietro a questi prodotti è posto un gestore che
si preoccupa di comporre il portafoglio dei fondi (da qui il termine risparmio
gestito) togliendo il cruccio di dover ragionare su come disporre dei soldi.
La storia dei fondi comuni è lunga alcuni decenni, ma in Italia la loro isti-
tuzione risale solo degli anni Ottanta, e non sono mancati neppure sviluppi
relativamente recenti come la nascita degli Etf dopo il 2000 (si tratta di
particolari fondi che si comprano in Borsa, vedi oltre). Parlando di rispar-
mio gestito faremo, quindi, riferimento ad alcune tipologie di prodotti. In
particolare ci occuperemo di fondi comuni (propriamente detti), di Sicav
(Società di investimento a capitale variabile) e degli Etf, con i loro cugini
che investono in materie prime e valute. La tassazione di questi prodotti in
termini di aliquote è analoga a quella di azioni e obbligazioni. Non parleremo,
invece, di alcune forme di risparmio gestito come le gestioni patrimoniali
che da un lato non sono altro che delle variazioni sul tema dei fondi comuni,
da un altro lato sono prodotti che al momento riscontrano una diffusione
minore rispetto al passato.
48
Le forme di investimento
Fondi comuni
L’idea alla base dei fondi comuni è creare un portafoglio diversificato di titoli
e venderlo ai risparmiatori spezzettandolo in piccole quote alla portata di
tutti. In Italia questi prodotti sono stati introdotti solo nella prima metà degli
anni Ottanta, anche se sul mercato nostrano erano già disponibili alcuni fondi
comuni nati all’estero e di diritto straniero, ma pensati per essere commercia-
lizzati da noi. Il motivo è che l’Italia è stato a lungo un paese finanziariamente
povero e la Borsa è stata a lungo un parterre di lusso e per molti anni è stato
possibile acquistare titoli di stato a tassi particolarmente convenienti. Poi, con
gli anni Ottanta e la ricchezza diffusa, c’è stata la necessità di portare anche
da noi questo genere di prodotti.
Vediamone le caratteristiche. In primo luogo i fondi si distinguono per il
mercato di investimento, le cui categorie tradizionali sono:
• fondi azionari, con cui si comprano azioni tratte da una sola Borsa o da più
Borse insieme;
• fondi obbligazionari, con cui si comprano obbligazioni in euro o in altre
valute o in un mix di valute;
• fondi bilanciati, con cui si comprano azioni e obbligazioni, anche qui con
grandi possibilità di diversificazione;
• fondi flessibili, che offrono la possibilità di investire in azioni o obbligazioni
senza però presentare una caratteristica precisa (azionario, obbligazionario o
un mix bilanciato in percentuali determinate) stabile nel tempo, lasciando a
chi li gestisce la massima libertà di scelta a seconda degli umori dei mercati
e della maniera in cui il gestore è in grado, o meno, di interpretarli.
49
Investire per il futuro
Sicav
Il termine è un acronimo e significa Società di investimento a capitale variabile.
Di fatto si tratta di un fondo, né più né meno. Cambia solo la struttura giuridica
per cui, anziché “quote” del fondo, si hanno in mano “azioni” della Sicav, ma la
loro valorizzazione è del tutto analoga a quella di un fondo. In più con la Sicav si
ha diritto di voto quando ci sono le assemblee, ma, dal momento che difficilmente
partecipereste, si tratta più che altro di “carta” che arriva a casa per posta.
50
Le forme di investimento
degli indici di mercato. Per esempio, se un titolo pesa per il 10% del valore
di una Borsa, un fondo indice che investe in quella Borsa avrà giocoforza il
10% investito in quel titolo. Soluzione semplice ed elegante per evitare che il
confronto con il benchmark possa andare male: il fondo lo riproduce come
una fotocopia. Ovviamente visto il minor sforzo messo in atto dal gestore, in
questo caso i costi saranno più bassi.
Si tratta comunque di una categoria di fondi che per lungo tempo non hanno
avuto un grande successo, finché con il nuovo millennio si non si è presen-
tata una nuova tipologia di prodotti, gli Etf, in pratica dei fondi indice che si
scambiano in Borsa.
Già, perché i fondi comuni, diversamente dalle azioni e dalle obbligazioni, in
Italia, salvo eccezioni, non sono scambiati in Borsa. Si comprano direttamente
in banca o da un promotore finanziario (vale a dire una persona incaricata
della loro vendita) o su portali internet dedicati. Il loro prezzo viene stabilito
quindi una volta sola al giorno (azioni e bond hanno una quotazione che
avviene di continuo) e non è quello a cui vengono comprati quel giorno
stesso, perché ci vuole un po’ di tempo tra ordine di acquisto ed effettiva
emissione della quota.
I fondi comportano quindi, rispetto ad azioni e obbligazioni, una certa
macchinosità che, tuttavia, per un investitore di lungo periodo (uno che
compra titoli oggi per tenerli mesi e poi anni) non impatta solitamente molto
sull’investimento.
51
Investire per il futuro
Lo stesso ragionamento vale, per inciso, quando si vende. E vale anche per i
soldi che si ricavano. In genere ci vogliono 3 o 4 giorni dalla vendita perché
arrivi il bonifico sul conto corrente (sono normalmente 2 giorni con azioni e
obbligazioni). Ma questo problema è anche qui coerente con la natura rela-
tivamente complessa del prodotto.
Etf
Gli Etf sono una sorta di versione evoluta dei fondi. Il termine è un acronimo
(Exchange traded fund) ed è tradotto come fondo che si compravende in
Borsa (come le azioni). Si tratta di fondi indicizzati, ossia (salvo pochi rari
casi) prodotti che replicano esclusivamente il mercato in cui investono, senza
una gestione attiva del risparmio.
Quindi hanno, come primo elemento, spese bassissime di gestione. Nell’ordine
di un quinto rispetto ai fondi comuni normali (già lo 0,4% è un prezzo limite,
quelli che costano di più è perché investono in mercati particolarmente esotici).
Il fatto che siano scambiati in Borsa porta delle conseguenze importantissime.
La prima, e di gran lunga la più evidente, è che non hanno un solo prezzo
al giorno, ma ne hanno uno ogni volta che sono compravenduti (nel caso di
fondi molto scambiati uno in ogni istante).
Il prezzo è guidato dal valore dell’indice che riproducono in quel momento.
Per esempio, un Etf sull’indice Ftse Mib (l’indice che descrive le performance
della Borsa di Milano) è sempre confrontabile in ogni istante con l’evoluzione
del listino meneghino. E questo offre al prodotto una grandissima trasparenza.
Qualche problema in più c’è se si compra un indice che investe in un mercato
che in quel momento è chiuso.
Per esempio, se si compra a Piazza Affari un Etf sull’indice Nikkei 225 della
Borsa giapponese. Tra l’Italia e il Giappone ci sono 8 ore di differenza e quando
la Borsa di Milano è aperta, quella di Tokio ha già chiuso i battenti per andare
a dormire. Un Etf non potrà quindi replicare esattamente Tokyo, ma seguirà
l’andamento di società giapponesi che sono quotate anche su mercati diversi
e che in quel momento sono aperti.
L’acquisto in Borsa comporta però anche un problema: se non c’è nessuno
che me lo vende in quel momento oppure se quando si vende non c’è nes-
suno che l’acquista. È un problema non dissimile da quello che si potrebbe
avere con le azioni, ma non grave, perché i regolamenti di Borsa stabiliscono
che la società che vende l’Etf si occupi anche di garantire che ci sia sempre
mercato. E che il prezzo non si discosti troppo dal valore del mercato a cui
l’Etf si riferisce. Anche l’1% o il 2%, che non è necessariamente poco. Tuttavia,
questo costo implicito (si chiama spread denaro lettera ed è la misura di
quanto la controparte stia tirando l’acqua al suo mulino a vostre spese) può
essere rilevante solo in Etf poco scambiati.
52
Le forme di investimento
Se si sceglie un Etf, quindi, bisogna stare attenti che sia molto scambiato
(la Borsa fornisce statistiche in tal senso e si vede comunque dai grafici, molto
più dettagliati per Etf scambiati) in modo da poter ottenere uno spread de-
naro lettera piccolo, in virtù dell’elevato numero di scambi che riduce questo
genere di costi.
Caratteristica molto importante degli Etf è che hanno avuto un successo com-
merciale enorme. Questo fa sì che tramite questi prodotti si possa acquistare
quasi qualunque tipologia di mercato.
Si possono poi scegliere Etf che staccano dividendi periodici (ogni 3, 6, 12
mesi) e che pertanto ridistribuiscono i dividendi che hanno percepito dalle
azioni in cui investono al loro volta (o le cedole percepite dai bond in cui
investono) oppure Etf che capitalizzano tutti i loro incassi e non danno cedole.
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Investire per il futuro
• Etf a replica fisica Acquistano tutti i titoli dell’indice che vogliono replicare,
così come sono.
Etc e Etn
Gli Etc (Exchange traded commodities) sono strumenti con cui si investe nelle
materie prime, direttamente (Etc fisici, legati a materie prime effettivamente in
possesso di una banca) oppure attraverso contratti derivati sulle materie prime.
Il loro prezzo è legato, quindi, all’andamento delle materie prime e sono
negoziati come azioni in Borsa.
Ce n’è una gran varietà, da materiali di prodotti agricoli e bestiame (carne
di maiale, caffè, cacao, grano, zucchero, mais, soia, cotone) all’energia (gas,
petrolio ecc.), ai metalli preziosi (oro, palladio, platino, argento), a quelli
industriali (alluminio, rame, nickel, zinco, stagno). Ve ne sono diversi tipi,
anche a leva (cioè moltiplicano gli sbalzi di prezzo di questa o quella ma-
teria prima) e anche short (cioè guadagnano quando il prezzo della materia
prima scende e viceversa).
Gli Etn (Exchange traded notes) sono, invece, strumenti finanziari simili che
investono in titoli o contratti. Funzionano come i precedenti, e come gli Etc
non sono dei fondi.
Permettono investimenti su valute o a leva (cioè moltiplicano gli sbalzi di
prezzo) su mercati finanziari.
In entrambi i casi si tratta di prodotti adatti per un esperto di mercati e non
per un principiante. In primo luogo perché le materie prime sono mercati
assai difficili da valutare e richiedono notevoli conoscenze. In secondo luogo
perché i prodotti a leva sono adatti per fini puramente speculativi e quindi
assai soggetti a forti alti e bassi, per cui, anche qui, siamo di fronte a profili
di rischio notevoli che occorre saper maneggiare.
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Le forme di investimento
• I libretti postali Sono dei depositi a vista (cioè i soldi possono essere prele-
vati in qualsiasi momento), esattamente come un conto corrente. Forniscono
un tasso d’interesse che in passato era anche abbastanza interessante, ma
che, complice la crisi economica, attualmente si è di fatto azzerato.
Materie prime
Le materie prime sono un altro ambito di investimento: i prezzi del grano,
della soia e perfino della pancetta, come quelli del rame, dell’oro o del pe-
trolio variano nel tempo e pertanto questi prodotti sono una possibile fonte
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Investire per il futuro
di guadagno molto grossa. Il problema con questi beni è che il rischio di farsi
male è molto alto. In pratica gli alti e bassi dei loro prezzi sono importanti in
termini dimensionali e con i ribassi si può perdere moltissimo, se si sbaglia
scommessa.
Diversamente che per le azioni, su cui esistono metodologie di scelta ab-
bastanza alla portata di tutti (per quanto non siano perfette), per le materie
prime la complessità di fare delle previsioni le rende adatte più che altro
agli specialisti.
Tutto questo non impedisce che vi siano comunque alcuni strumenti alla
portata di tutti per scommetterci. Infatti, in alcuni casi sono facilmente ac-
quistabili in Borsa: è il caso degli Etc e degli Etn, che abbiamo visto alle
pagine precedenti.
Oro
Tra tutte le diverse materie prime, ne esiste comunque una che merita un di-
scorso a parte: stiamo parlando dell’oro. L’oro, infatti, non solo è una materia
prima, ma da sempre è il bene di scambio per eccellenza, tanto che per secoli
è stato oggetto di monetazione e, più recentemente, tramite il gold standard,
ovvero la convertibilità in oro delle principali valute, è stato anche la stella
polare dei mercati valutari mondiali.
Come le altre materie prime l’oro conserva una certa capricciosità di fondo,
e quindi la particolarità di far perdere potenzialmente molti soldi se si com-
pra al momento sbagliato: per esempio chi lo acquistò a fine anni Settanta,
inizio anni Ottanta, dovette attendere una ventina di anni prima di ritrovarsi
nuovamente in utile.
Tuttavia, ha anche due caratteristiche prevedibili che lo rendono talora una
meta interessante su cui diversificare i soldi:
56
Le forme di investimento
Oro fisico
Un classico per comprare l’oro sono le monete. Le principali in uso sono le ster-
line (che contengono 7,322 grammi d’oro ciascuna), i marenghi (5,806 grammi
di oro) e il ben più corposo Krugerrand sudafricano (31,103 grammi di oro).
Anche se poi non mancano altre tipologie come dollari Usa e peso. In alterna-
tiva, esistono anche i lingottini da un’oncia troy (31,1035 grammi) e poi a salire.
Attenzione ai prezzi: comprare monete d’oro non è detto sia sempre un affare.
Se si va in un negozio di oreficeria, come a volte capita, può essere applicato
un prezzo che è considerevolmente più alto del suo valore in oro quando lo
si acquista e più basso se lo si vende. Il motivo? Quello è il ricavo dell’orefice.
Questo costo cala in banchi metalli specializzati, ma conviene sempre verificarlo.
Comunque, una volta comprata la moneta d’oro, i problemi non sono finiti. C’è
quello di dove conservarli. In cassetta di sicurezza? Ricordatevi che ha un costo.
In casa? C’è comunque il rischio del furto. Insomma, al di là del piacere estetico
(le monete sono peraltro spesso un regalo apprezzato), in genere l’oro in mo-
neta non è una forma d’investimento particolarmente comoda, né tanto sicura.
GOLDBLN
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Investire per il futuro
Crowdfunding
Crowdfunding è una parola inglese che viene da crowd (= folla) + funding
(= finanziamento) e si riferisce a una forma di finanziamento collettivo, di
fatto è una raccolta di denaro tra privati.
Oltre alla raccolta per beneficenza (che qui non ci riguarda), il crowdfunding
può avere anche scopo di investimento. In questo caso, può avere diverse
forme (per esempio nel settore degli immobili), ma le categorie su cui ci
concentriamo ora sono due.
58
Le forme di investimento
di fare qualcosa di etico perché si presta del denaro a chi ne ha bisogno per
realizzare un progetto.
Per partecipare all’equity crowdfunding basta registrarsi alle piattaforme,
fornendo codice fiscale, carta d’identità, Iban da cui fare il bonifico per le
quote e rispondere a un questionario per dimostrare dimestichezza con
questi investimenti.
Il brutto è che non sempre sono investimenti da cui si può uscire con facilità.
Prendiamo per esempio l’equity crowdfunding. Se comprate azioni di società
quotate, quando vi servono i soldi, le vendete in Borsa e stop. Nel caso di
equity crowdfunding non avete azioni, ma siete solo iscritti al libro soci, per
cui, se decidete di vendere le vostre quote, dovrete prima trovare qualcuno
che le compri. E, ancora, non è affatto scontato che sappiate a quale prezzo,
tanto più che spesso si tratta di società giovani che non fanno utili, quindi
non è neppure così facile valutarle. Inoltre, non è così banale giudicare le
attività in cui mettereste i vostri soldi. E questo cozza pesantemente contro
un principio cardine dell’investire bene, “non capisco, non compro”. Ciò non
vuol dire che l’equity crowdfunding sia da evitare, ma, per la sua complessità,
non è adatto a tutti.
Lo stesso problema si pone con il social lending, dove di fatto siete voi
a fare da banca. Certo, i soldi che prestate sono spesso suddivisi tra tanti
debitori (fattore che abbatte il rischio), ma di fatto siete costretti a fidarvi
delle valutazioni dell’intermediario (sempre che ci sia) e a sperare che tutto
vada bene. E fin qui, con la Bce che sostiene i mercati, è andata bene, per-
ché si è cercato di contenere la crisi economica il più possibile, nonostante
la pandemia di Covid-19, ma non sappiamo che cosa ci riserva il futuro.
Anche qui il principio “non capisco, non compro” dovrebbe essere un faro
nei vostri movimenti.
Insomma, il crowdfunding è una bella forma di investimento, moderna e pie-
na di opportunità. Per sua natura è una realtà frammentata in mille progetti,
difficile da valutare e rischiosa. Per avventurarcisi, bisogna avere il tempo
per studiare a fondo i progetti e le competenze tecniche per valutarli. È più
materia da imprenditori che da investitori
Criptovalute
Avrete quasi certamente sentito parlare del BitCoin, che è la più nota crip-
tovaluta. Ma può darsi che non vi sia chiaro esattamente di cosa si tratti.
Se ne siete affascinati, vi diciamo fin da subito che si tratta di un investimento
piuttosto rischioso per il classico risparmiatore e che quindi sconsigliamo.
Vediamo perché.
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Investire per il futuro
Cos’è il Bitcoin
L’invenzione del BitCoin risale al 2009 e il nome del suo creatore è Satoshi
Nakamoto, ma in realtà si tratta di uno pseudonimo e sulla sua vera identità
si sono fatte in passato diverse ipotesi.
È stato pensato e strutturato in modo che ne siano creati in un numero di pezzi
limitati (massimo 21 milioni). Questo, in linea teorica, ne fa un bene soggetto
a scarsità come l’oro e quindi non a rischio inflazione come le normali valute
(euro, dollaro…), per le quali, anzi, un minimo di inflazione è comunque
programmato (la Bce deve mantenere il carovita per l’Eurozona intorno al
2%). Tuttavia ci sono differenze fondamentali rispetto all’oro.
In primo luogo l’oro ha anche un valore d’uso; in secondo luogo l’utilizzo
dell’oro come riserva di valore è una convenzione con alle spalle migliaia di
anni. Il fatto che il Bitcoin sia una moneta è una convenzione recente.
Il Bitcoin è stato pensato e strutturato per essere una valuta il cui funziona-
mento è decentralizzato presso tantissimi “notai”, che validano ogni transazione
e, quindi, non manipolabile nella misura in cui ogni notaio controlla solo un
piccolo pezzo del mondo del Bitcoin e non può influire sugli altri. La “non
manipolabilità” è legata alla sicurezza delle transazioni. Attenzione, poi, a
non dare per scontato che questa situazione sia stabile e sicura per sempre.
A ogni modo le criptovalute come il BitCoin non sono oggi più una strana
invenzione informatica come lo erano un tempo, ma sono la risposta a un
bisogno reale, sia di riserva di valore (tipica funzione della moneta) sia di
mezzo di scambio (altra tipica funzione della moneta) un po’ in tutto il mondo.
Avendo un valore, in termini di altre valute, piuttosto ballerino, è ancora da
vedere se funzioneranno anche come unità di conto, che è la terza funzione
della moneta. Ma c’è di più: questi bisogni iniziano a essere messi sotto i
riflettori e studiati anche dalla maggior parte delle autorità di tutto il mondo.
Questa nuova moneta elettronica, insomma, inizia a essere vista da più parti
come una valuta vera, anche se alle spalle non ha una banca centrale, bensì
una tecnologia basata sul peer to peer. Questa è una grande opportunità per-
ché ne stabilizza l’uso e in qualche modo attira verso questa valuta virtuale
anche i più diffidenti. Tuttavia, al mondo ci sono anche altre criptovalute e
tra queste ve ne sono alcune che stanno rapidamente erodendo il primato di
BitCoin. Ogni successo rischia, quindi, di essere temporaneo.
Come acquistarlo
L’acquisto è simile a quello di una qualsiasi valuta, come, per esempio, la
sterlina inglese. L’unica differenza è che la sterlina inglese è oggetto fisico,
un pezzo di carta filigranata. Il BitCoin è solo un codice, composto da una
serie di numeri. Ci sono diversi modi per comprarli. Ci sono siti specializzati
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Le forme di investimento
Strumenti speculativi
Ne facciamo solo menzione, non perché, essendo strumenti finanziari rischiosi,
non appartengano a buon diritto alla materia che stiamo trattando (il rischio
è una componente essenziale dell’attività di investire e non bisogna averne
necessariamente paura, almeno se lo scopo è quello di guadagnare). Non ne
parleremo diffusamente perché sono strumenti spesso assai complessi. O nel
funzionamento, o comunque nel comprenderne in toto i rischi. In altri termini,
richiederebbero un trattato a parte.
Tra l’altro, e la cosa appare buffa, ma non lo è, spesso alcuni di questi strumenti
sono stati concepiti e pensati non come un modo per scommettere sulla finanza,
ma come un modo per proteggersi dai rischi. Infatti, hanno una caratteristica:
la leva finanziaria, che moltiplicando per diverse volte l’andamento di un
mercato in positivo, fa sì che a volte possa bastare un investimento piccolo
in questi prodotti per ottenere grandi risultati.
Quindi, per esempio, se si possiede un portafoglio di 100.000 euro e lo si vuole
proteggere da un calo di Borsa, basterà comprare un prodotto a leva che scom-
mette proprio sui cali di Borsa (e che quindi in caso di crolli, salendo, compen-
serà le perdite del proprio portafoglio), investendo solo poche migliaia di euro.
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Investire per il futuro
Questo meccanismo della leva è però anche il principale strumento con cui
farsi male. Con poche migliaia di euro si possono fare grandi guadagni (se si
indovina la scommessa), ma ci si può ritrovare nello stesso breve volgere di
tempo con un investimento quasi azzerato. Insomma, sono prodotti da capire
e da usare con cautela. Qui non li sconsigliamo, ma neppure li consigliamo.
Vanno valutati caso per caso e con competenza.
Facciamo, tuttavia, alcuni esempi. Uno lo abbiamo già visto: è il caso di Etc
ed Etn (e talora Etf) a leva. Moltiplicano in positivo o in negativo i guadagni
dei mercati e viceversa. Un’altra grande categoria è quella dei covered war-
rant e i certificati, che permettono di scommettere su una gran messe di fatti:
andamenti delle Borse, valute, singoli titoli.
Ci sono poi futures e opzioni, strumenti classici per scommettere sull’andamento
dei prezzi di un prodotto finanziario. La logica è sempre simile. La leva, molto
variabile, dipende anche dai prezzi del prodotto. E varia molto anche la liquidità
(e quindi i costi occulti di compravendere questi prodotti), come l’affidabilità delle
controparti con cui si va a trattare. Insomma, anche qui è un mondo immenso.
E, attenzione, fin qui ci siamo limitati a prodotti più tradizionali, quotati a
Piazza Affari. Poi ci sono cfd, forex, opzioni binarie ecc., un ampio fronte di
prodotti che viene spesso venduto per gli alti guadagni. È tuttavia importante
ricordarsi sempre la regola che se non si capisce un prodotto finanziario,
meglio non comprarlo. Uno studio condotto qualche anno fa dall’autorità di
vigilanza dei mercati francesi ha rilevato che su 15.000 piccoli risparmiatori
che hanno fatto trading in forex o cfd, circa il 90% ha perso tutto quello che
ha investito (con tutto si intende il 100%). E, per intenderci, non stiamo par-
lando di piccole scommessine e pochi euro, ma di una media di ben 10.000
euro di perdite per ogni risparmiatore. Tra l’altro, sugli stessi siti internet che
offrono la possibilità di operare con questi prodotti sono spesso specificate
le percentuali (alte) di investitori che ci hanno perso denaro.
Immobili
La casa, tra tutti i beni da investimento, è quello che necessita forse di minori
presentazioni, perché gli italiani hanno sempre investito nel mattone al punto
che poco più di sette italiani su dieci risultano proprietari di una casa.
Da questo punto di vista la casa di proprietà ha quindi due funzioni: la prima
è il valore d’uso (cioè il fatto che ci si vive dentro; questo vale almeno per
l’abitazione principale e per le seconde case che si usano per le vacanze),
l’altra è il fatto che funge da riserva di ricchezza (questo vale per tutte le
abitazioni, anche le seconde, terze case che vengono utilizzate solo per rica-
varne un affitto).
62
Le forme di investimento
• Problema fiscale A partire dalla crisi degli anni intorno al Duemila lo stato
ha aggredito sempre più la proprietà immobiliare con nuove tasse che per
lunghi periodi hanno colpito addirittura la prima casa. Al di là del merito,
per cui per alcuni è un bene tassare gli immobili, per altri un salasso dei
risparmi degli italiani, l’effetto pratico è che le case presentano spesso dei
costi cresciuti rispetto al passato. Senza contare che le diverse normative in
materia di sicurezza e risparmio energetico hanno reso comunque assai più
oneroso che in passato il mantenimento e la messa a norma di un immobi-
le. Vero che una casa in regola con tutte le norme attuali e più aggiornate
vale di più di una vecchia, ma è anche vero che quando si acquista un
immobile il timore di nuovi balzelli diretti, sotto forma di tasse, e indiretti,
sotto forma di nuovi adempimenti normativi, spaventa chi sarà un domani
chiamato all’esborso economico. Anche perché la casa è un bene illiquido
(cioè non se ne traggono soldi se non viene venduta o affittata), mentre le
tasse si pagano con la propria liquidità.
63
Investire per il futuro
gli stranieri residenti, segno che gli italiani senza immigrazione sarebbero
rimasti fermi a molti anni fa). Le previsioni per il futuro, oltretutto, non sono
affatto rosee. Se si continuerà a fare così pochi figli, la popolazione, che
già sta iniziando a declinare, nel prossimo decennio continuerà a calare e
per la fine del secolo potremmo essere tornati indietro alla popolazione di
quarant’anni fa. Con tanti italiani che mancano all’appello, anche la necessità
di nuove case è inferiore rispetto al passato.
C’è la necessità certamente di una riqualificazione degli immobili che ha
tenuto vivo il mercato del mattone, ma è difficile immaginare che allo stato
attuale delle cose il mattone sia ancora un investimento d’oro come lo fu
in passato, salvo ovviamente il valore d’uso. Certamente queste sono consi-
derazioni generali. Poi le dinamiche abitative sono legate a molti fenomeni
tra cui i movimenti migratori nel paese, per cui alcune aree continuano a
vedere un calo della popolazione (in particolare il Mezzogiorno) e altre
vedono prevalentemente un aumento (in particolare il Nord Italia). Questo
ci porta a una prima considerazione assai importante sull’investimento in
immobili: a differenza di quello in titoli, sfugge completamente a una stan-
dardizzazione. Il che vuol dire che non è possibile considerarlo globalmente,
ma si va caso per caso, tanto più che oggi alcune forme di affitto a breve,
come Airbnb, hanno reso alcuni immobili in zone turistiche di pregio molto
redditizi, almeno fino allo scoppio della pandemia di Covid-19 che sembra
aver rimescolato nuovamente le carte, modifcando le abitudini degli italiani,
anche in campo abitativo.
I fondi immobiliari
L’acquisto diretto di immobili non è comunque l’unico modo di investire nel
mattone. È possibile farlo anche attraverso fondi immobiliari di tipo chiuso,
che investono direttamente in immobili e sono quotati in Borsa. Sono stati
molto di moda diversi anni fa. Al momento in cui scriviamo, ne esistono ancora
alcuni quotati, ma siccome sono soggetti a scadenza (i fondi immobiliari, se ce
ne sono le condizioni, vengono liquidati pochi lustri dopo la loro quotazione)
e sono tutti quanti un po’ vecchi, non è detto che ve ne siano per sempre.
Ma in che cosa consistono? Si tratta di portafogli di immobili (spesso anche
immobili commerciali come negozi o uffici) impacchettati nella forma giu-
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Le forme di investimento
• il net asset value, ossia il valore degli immobili che hanno a disposizione,
che è aggiornato ogni 6 mesi e che è frutto di stime da parte di esperti del
settore immobiliare pagati dal fondo;
• il prezzo di Borsa, quello a cui effettivamente si comprano e vendono le
quote di questi fondi.
Fondi pensione
La realtà con cui dobbiamo fare i conti è impietosa: in futuro si dovrà lavorare
sempre di più per avere sempre meno pensione rispetto a chi ci ha preceduto.
Secondo quanto paventato dall’Inps (ma non è un dato certo) i trentenni di
oggi rischiano di andare in pensione a 75 anni (ora si va intorno ai 67 anni) con
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Investire per il futuro
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Le forme di investimento
Come scegliere
Quale fondo pensione scegliere? Dipende da quanti anni mancano alla pen-
sione. Se mancano almeno 20 anni, meglio scegliere un comparto azionario,
se mancano tra i 15 e i 20 anni un bilanciato azionario, tra i 10 e i 15 anni
un comparto bilanciato, tra i 5 e i 10 anni un comparto bilanciato obbligazio-
nario, tra i 3 e i 5 anni un comparto obbligazionario, tra gli 0 e i 3 anni un
comparto monetario.
Poi, con il passare del tempo, sarà necessario cambiare comparto. Per esem-
pio, se a oggi i soldi sono in un bilanciato azionario, perché inizialmente
mancavano 17 anni alla pensione e ora gli anni sono ridotti a 15, bisogna
passare a un bilanciato, lasciando quanto accumulato nel bilanciato azionario.
Al comparto bilanciato bisognerà destinare solamente i nuovi versamenti (tutti
quanti, anche il Tfr e quelli del datore di lavoro), per i prossimi 5 anni. E via
dicendo, man mano che si avvicina l’ora della pensione. Quando mancheranno
al massimo 3 anni dalla pensione, bisognerà spostare non solo i nuovi versa-
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Investire per il futuro
Prodotti assicurativi
Il mondo dei prodotti assicurativi è legato a quello del risparmio, e a volte
si sovrappone. Se lo scopo dell’assicuratore è, in generale, quello di farvi
evitare di correre dei rischi, è anche vero che esistono alcuni prodotti di tipo
assicurativo che sono nati proprio pensando a esigenze di risparmio.
Ma non finisce qui: anche i prodotti assicurativi che più attengono alla mera
tutela dei danni o della salute (e che pertanto non si riferiscono agli inve-
stimenti) possono comportare dei risultati economici importanti ai fini del
bilancio familiare. Per esempio, la Responsabilità civile del capo famiglia:
è un’assicurazione che si preoccupa di pagare dei danni che i familiari possono
procurare ad altri. Non ha nulla a che fare con l’investimento in sé. Tuttavia
i soldi spesi per questi prodotti (sottratti ai consumi o ad altri investimenti)
possono essere visti anche in un’ottica più legata alla gestione familiare, perché
di fatto proteggono i risparmi, non dovendo disinvestire quanto risparmiato
per pagare dei danni procurati, per esempio, da un figlio al proprio vicino di
casa. Ecco perché, seppur brevemente, parleremo anche di questi prodotti.
Polizze vita
Le polizze vita sono un altro classico prodotto d’investimento. La loro astrusa
nomenclatura in questa sede non ci interessa, ma la suddivisione è importante.
Qui ci limitiamo a descrivere quelle di cui parliamo abitualmente.
• Unit linked (chiamate anche ramo III) Funzionano allo stesso modo del
prodotto precedente, solo che i soldi sono investiti in uno o più fondi comu-
ni. Il risultato è che siamo di fronte a un prodotto che espone al rischio dei
mercati finanziari, né più né meno di un Etf, ma a più caro prezzo. Il gioco
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Le forme di investimento
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Investire per il futuro
per un certo numero di anni; la copertura, invece, vale per tutta la vita.
Per esempio, sottoscrivendo il prodotto a 40 anni, si paga fino a 55 e se a
80 anni non si è autosufficienti scatta la rendita.
• Polizze Long term care a vita intera Sono come le precedenti, con la
differenza che non si paga il premio solo per alcuni anni, ma per sempre,
fino a quando non si perde l’autosufficienza. Per esempio, se si sottoscrive
il prodotto a 40 anni e si diventa non autosufficiente a 80, si paga il premio
dai 40 agli 80 anni per poi ricevere la rendita.
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Le forme di investimento
• Tempistica Per far scattare un rimborso spese o una rendita mensile bisogna
comunicare alla compagnia che non si è più autosufficienti, dopodiché si
potrebbe essere oggetto di controlli. E possono passare mesi tra il momento
in cui si verifica la disabilità e il pagamento. In genere si va da 3 a 6 mesi
(è un dato da verificare con cura). Se avete più di 65-70 anni, le compa-
gnie non vi permetteranno più di sottoscrivere queste polizze. Ma anche
se di anni ne avete 55 o 60 resta un problema di fondo: più si aspetta a
sottoscriverle, più sono costose. Infatti, se si è in là con gli anni e, quindi,
vicino al momento in cui è più probabile che si perderà l’autosufficienza, la
compagnia disporrà di meno tempo per raccogliere i soldi. Meglio aderire
presto: l’effetto sul lungo periodo magari sarà lo stesso (verserete comunque
molti soldi), ma come peso (percentuale) sul reddito sarà più sopportabile.
Un’idea del costo? Per un uomo di 40 anni che assicura una rendita di 1.500
euro al mese il costo è intorno ai 50 euro al mese.
Altri prodotti
Ci sono alcune forme assicurative che, a seconda dei casi e della situazione,
potrebbero essere utili per garantirsi una maggiore serenità familiare.
Ne vediamo quattro che, anche se non sembrano strettamente correlate a un
discorso sugli investimenti, potrebbero comunque venire utili per proteggere
i propri soldi.
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Investire per il futuro
Ci sono poi alcune esclusioni, ossia casi in cui comunque non arriveranno i
soldi, tra cui il suicidio (in genere se avviene nei primi anni), se la persona
designata come beneficiario uccide il titolare della polizza, o se questo muore
commettendo un’azione dolosa, in guerra, ma anche a causa di uso di droghe
o corse in auto. In alcuni i casi i soldi non arrivano se la morte si verifica in
paesi sconsigliati dal Ministero degli Esteri, in seguito ad attività sportive rite-
nute particolarmente pericolose (come il paracadutismo) o se si svolge una
attività lavorativa particolarmente pericolosa. Sono tutti elementi da verificare
con attenzione prima di fare un’assicurazione.
Quando serve una simile polizza? Per garantire ai famigliari (o a qualcuno che si
sta mantenendo) la disponibilità immediata di un capitale, se si è l’unica fonte di
reddito. In particolare conviene a un capofamiglia giovane, che non ha ancora
maturato il diritto alla pensione e non ha soldi da parte. Attenzione: il costo
di questi prodotti, come per le Long term care, cresce con l’età: per cui se a
30 anni costa poco (si parte dai 60 euro l’anno per un capitale di 100.000 euro
e un’assicurazione di 10 anni, se non si è fumatori), a 50 anni costa molto di più
(siamo sui 300 euro l’anno per la stessa somma e la stessa durata vista prima).
Sul sito di Altroconsumo, al link www.altroconsumo.it/soldi/assicurazioni,
è presente un calcolatore che indica la polizza vita o Rc capofamiglia migliore
a seconda delle necessità.
Polizza sanitaria
Perché parlarne in un contesto in cui ci stiamo occupando di investimenti?
Perché la salute è fondamentale anche per il reddito. E soprattutto una malattia
potrebbe costare non poco e abbattere lo stock di ricchezza.
Le polizze malattia a formula completa coprono, infatti, le spese relative alla
salute, rappresentando un’alternativa al sistema sanitario. In particolare co-
prono spese di ricovero, degenza, cure, fisioterapia e riabilitazione, acquisti di
medicinali durante il ricovero e accertamenti diagnostici legati a una malattia
o a un infortunio, successivo alla stipula del contratto. In genere, però, sono
scoperti gli interventi estetici, gli infortuni e le intossicazioni da alcolismo, gli
psicofarmaci e le sostanze stupefacenti, ma soprattutto le cure dentarie, che
spesso sono la spesa medica più importante e a cui più frequentemente capi-
terà di andare incontro anche in caso di buona salute. Di fatto, dalle indagini
condotte da Altroconsumo, risulta che conviene fare molta attenzione a questo
genere di prodotti. Interessanti sulla carta, molto spesso sono un semplice
doppione della sanità pubblica, con costi che non giustificano i reali servizi,
perché, per esempio, coprono esami e visite dovute a malattia o infortunio,
ma non sempre quelle preventive, e perché spesso le spese sono direttamente
a carico della compagnia solo se ci si fa curare in strutture convenzionate,
altrimenti bisogna prima anticipare i soldi e poi farsi rimborsare. Insomma,
c’è un po’ di scetticismo sulla loro utilità pratica.
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Le forme di investimento
Polizza infortuni
La polizza infortuni è un contratto in base al quale la compagnia, dietro
pagamento di un premio, s’impegna a garantire all’assicurato, entro i limiti
delle somme assicurate, l’indennizzo dei danni conseguenti a un infortunio,
dal quale derivi una limitazione anche parziale e temporanea a espletare la
propria attività quotidiana. Prima di tutto, quindi, è importante conoscere la
definizione di infortunio: un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna,
che cagiona all’assicurato lesioni fisiche. La causa è fortuita quando è acci-
dentale e involontaria; è violenta quando è rapida, improvvisa e concentrata
nel tempo; è esterna quando proviene da un agente esterno all’assicurato.
Tutti questi elementi devono sussistere contemporaneamente perché si possa
parlare d’infortunio indennizzabile ai sensi della polizza.
In queste polizze si parla di invalidità permanente e inabilità temporanea:
vediamo che cosa sono.
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Investire per il futuro
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Passare all’azione
Passare
all’azione
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Investire per il futuro
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Passare all’azione
Le Borse
La Borsa di Milano (Piazza Affari) è il primo nome che viene in mente quando
si parla di mercati dove sono scambiati prodotti finanziari in Italia.
Fino a qualche tempo fa, quando esisteva l’obbligo di concentrare gli scambi
di titoli su un solo mercato per renderlo più florido e più liquido, Piazza Affari
era anche l’unico posto autorizzato a veri e propri scambi. Ora le possibilità
si sono ampliate, ma questo non deve spaventare, perché la complicazione è
minima. L’operatore a cui rivolgersi (la banca) è tenuto a scegliere il mercato
più conveniente (best execution) a meno che non si richieda diversamente.
Ma esattamente cosa si scambia in Borsa? Principalmente azioni, titoli di stato,
titoli di enti sovranazionali, obbligazioni societarie, Etf, Etc, Etn, fondi immobi-
liari e strumenti speculativi come i covered warrant e le opzioni. In alcuni casi
c’è anche la possibilità di compravendere fondi comuni aperti. Di principio le
possibilità di scambiare titoli in Borsa è infinita. Gli unici limiti sono la fantasia,
che si tratti di prodotti standardizzati e che ve ne sia effettivamente interesse.
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Investire per il futuro
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Passare all’azione
I costi di compravendita
Sono quelli da sostenere quando si acquista (o si vende) un titolo. Il loro
importo è assai variabile e molto dipende dall’intermediario scelto per gli
investimenti. Per esempio comprare un’azione quotata a Piazza Affari allo
sportello della banca (sportello fisico, intendiamo, con tanto di impiegato
che stampa e fa firmare la documentazione) costa di solito circa lo 0,7% di
quanto investito. Questo 0,7% è un costo da sostenere anche al momento
della vendita del titolo.
Poniamo quindi di acquistare azioni di una società per 10.000 euro. Se paga-
te lo 0,7%, sono 70 euro di spese. Rivendete le azioni dopo 3 mesi, quando
sono salite del 10%. L’incasso sarà di 11.000 euro, ma spenderete un altro
0,7% che, questa volta, è calcolato su 1.100 euro e quindi ammonta a 77 euro.
Per guadagnare 1.000 euro avrete speso 147 euro. Il guadagno sarà stato,
pertanto, di 853 euro. Quasi il 15% in meno!
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Investire per il futuro
Si può risparmiare, e non di poco, operando via internet. In media i costi via
internet scendono allo 0,19%. Nel nostro esempio sarebbero stati rispettiva-
mente circa 19 euro e 19,19 euro, in totale meno di 40 euro.
Attenzione, però, non sempre va così. Bisogna sapersi destreggiare tra minimi
e massimi: i massimi sono a vantaggio, i minimi penalizzano. Per esempio
calcoliamo lo 0,7% con un minimo di 10 euro e un massimo di 25 euro.
Nell’esempio che abbiamo fatto prima, con 10.000 euro divenuti 11.000, il
costo non sarà più di 147 euro, ma di 25 + 25 = 50 euro, perché scatta il tetto
massimo. Un bello sconto. Tuttavia se l’importo fosse stato un decimo, cioè
un investimento di 1.000 euro divenuti poi 1.100, invece di avere spese di
14,7 euro, avreste avuto l’importo minimo, quindi 10 + 10 = 20 euro di spesa,
ossia un costo ben più alto.
Questi importi variano da intermediario a intermediario: in alcuni casi si po-
trebbero avere di fronte solo costi fissi (convenienti per grossi investimenti,
ma svantaggiosi per quelli piccoli), per questo è importante scegliere bene la
banca in modo che il conto corrente si adatti in maniera sartoriale a quelle
che sono le esigenze dell’investitore. Altroconsumo ha previsto un calcolatore
che aiuti a individuare il miglior conto corrente per le spese: si trova sul sito
www.altroconsumo.it/finanza/risparmiare/conti-correnti.
Il problema dei costi può essere ancora più ampio per altre categorie di
prodotti come i fondi comuni. Qui abbiamo una moltiplicazione delle pos-
sibili voci:
• i costi fissi, che sono un’ampia gamma. Alcuni fondi italiani chiedono an-
che solo uno o due euro, altri fondi italiani e molti fondi esteri chiedono
spese fisse nell’ordine di una decina di euro, ma anche fino a qualche
decina di euro;
• i costi in percentuale, che vanno da costi pari a zero per i cosiddetti fon-
di no load (ma in genere hanno spese di gestione più alte rispetto a chi
applica delle spese in entrata in percentuale) a costi che, soprattutto un
tempo, potevano arrivare anche al 5% per certi fondi azionari. In genere,
se le spese fisse valgono sia al momento dell’acquisto sia al momento della
vendita, quelle variabili si trovano solo in un caso: o all’acquisto (capita più
spesso) o al momento della vendita (capita sempre più di rado e si tratta di
costi che dopo un po’ di anni che si mantiene il fondo si possono azzerare).
Poniamo un 3% di costi e che si compri un fondo obbligazionario. Per un
attimo poniamo che questo fondo non abbia altre spese, oltre quelle di
gestione, che ci sono sempre, e che nel momento in cui viene acquistato
il fondo i tassi dei bond sul mercato siano intorno all’1,5% al netto delle
tasse. Poniamo di investire 1.000 euro: 30 euro (il 3% di 1.000 euro) se
ne vanno in spese. I tassi sono dell’1,5%: significa che il fondo produrrà
grosso modo 15 euro di guadagni l’anno e che un costo del 3% potreb-
be mangiare benissimo 3 anni di guadagni di un fondo obbligazionario.
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Passare all’azione
I costi di gestione
Sono quelli presenti nel cosiddetto risparmio gestito (ossia i fondi), ma in
senso lato anche il fai da te in azioni e obbligazioni può averne, visto che il
conto titoli su cui si depositano le azioni e le obbligazioni può avere costi
assimilabili sotto forma di costi tenuta conto titoli.
Iniziamo dai fondi. In genere chiedono poco più dell’1% annuo nel caso
siano investiti in obbligazioni e intorno al 2% se sono investiti in azioni.
Ci sono eccezioni come i costi bassi dei fondi che investono in obbligazioni
a brevissimo termine (molto più bassi, perché investono in titoli che rendono
pochissimo), ma non sono la regola. Riprendendo il precedente esempio, con
il fondo che investe in bond che guadagnano l’1,5% al netto delle tasse, avete
15 euro di guadagni ogni 1.000 euro annui. Se il costo di gestione è dell’1%,
10 euro se ne vanno. Il guadagno si abbassa a 5 euro (su 1.000) ogni anno.
Se poi avete pagato il 3% di spese di acquisto, finirete per impiegare 6 anni
(5 x 6 = 30) solo per essere in pari.
È un caso limite (ma non troppo, visti i rendimenti sul mercato negli anni
intorno al 2020/21). L’esempio basta, però, a comprendere l’importanza anche
di questa voce. Soprattutto perché l’1% e il 2% sono casi medi, ma c’è una
grandissima variabilità intorno a questi valori e alcuni prodotti sono ben più
esosi. Bisogna soprattutto fare attenzione che in genere i fondi no load (senza
commissioni) sono anche quelli che hanno costi di gestione più alti, perché
pescano solo da lì la remunerazione per la loro rete di vendita.
L’acquisto via internet non ha costi di gestione scontati. Per cui bisogna fare
attenzione: a volte è meglio scegliere prodotti con costi di acquisto percen-
tuali teoricamente alti (tanto il venditore online li azzera), perché spesso
hanno quelli di gestione più bassi (che non è un vero costo di gestione ma
ci assomiglia).
Nel caso del costo di tenuta conto titoli, siamo invece di fronte a somme che
variano da banca a banca. Consiste in genere in un fisso (pertanto meglio
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Investire per il futuro
non aprire un conto titoli per poi metterci sopra soltanto poche migliaia di
euro di titoli su cui un fisso pesa percentualmente di più), mentre a volte è
modulato in base ai titoli comprati. Solo 10 euro a semestre se si possiede
solo BoT e BTp, sale se si possiedono anche azioni italiane e sale ancora di
più se si hanno in mano azioni estere.
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Passare all’azione
Lasciarsi influenzare
Iniziamo dal momento in cui viene consegnata in mano la documentazione
relativa agli investimenti proposti. Il modo in cui sono rappresentate le cose non
è mai neutro, tende sempre a influenzare chi legge le informazioni. L’uso di
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Investire per il futuro
• investiamo 400 euro per 4 mesi in un fondo, al ritmo di 100 euro al mese;
• la quota vale 50 euro a febbraio (si possono acquistare 2 quote), 100 a marzo
(1 quota), 50 ad aprile (2 quote) e poi di nuovo 100 a maggio (1 quota);
• sommiamo le quote comprate, che sono in tutto 6;
• il risultato è che dopo 4 mesi si avranno 6 x 100 = 600 euro avendone, però,
messi solo 400. Un vero guadagno.
Dove stanno gli inganni? Ve ne sono ben due. L’esempio è scelto apposta.
La sequenza di prezzi è 50, 100, 50 e poi 100. Se si rifanno i conti invertendo
la sequenza con 100, 50, 100, 50 il risultato sarà che alla fine si avrà comunque
investito 400 euro, si avranno in mano 6 quote, ma il valore complessivo sarà
6 x 50 = 300 euro, con una perdita di 100 euro anziché un guadagno di 200.
Poi c’è un altro inganno. Da 50 a 100, poi da 100 a 50 e ancora a 100 sono
tutte variazione di 50 euro. In percentuale, però, sono proporzioni assoluta-
mente sballate. La prima variazione da 50 a 100 è un +100%, la seconda da
100 a 50 è un -50%, la terza è di nuovo un +100%. Anche qui c’è qualcosa
volta a confondere le idee, con variazioni irregolari che paiono regolari.
È importante, quindi, ripensare ogni volta tutto con calma, immaginare ogni
cosa con parole vostre, diffidare e cercare le informazioni veramente importanti.
Questa idea delle variazioni irregolari è importante anche su un altro fronte,
quello della percezione del rischio. Ciò che noi consideriamo come rischio
è un fatto molto soggettivo. Non se ne esce. Tuttavia è anche vero che in
genere si è più propensi a rischiare se si ha appena incassato un guadagno e
si è più propensi alla prudenza se si è scottati da una perdita. Questo accade
indipendentemente da quella che è la vostra percezione base del rischio.
Se quindi si ha guadagnato da un investimento o viene presentato un investi-
mento che è andato molto bene, verrà istintivamente da essere più indulgenti
verso la forma di investimento dimenticando di considerare il rischio reale.
Quando ci fu il boom della bolla internet, molti ebbero la sensazione che il
mondo fosse cambiato e che le società cosiddette dotcom, che allora vola-
vano in Borsa (ma che tuttavia non producevano neppure utili), non fossero
in fondo così azzardate. Il fatto che crescessero faceva dimenticare il rischio.
Fu, invece, un bagno di sangue. Nel 2021 veniamo da un boom dei mercati
azionari durato oltre un decennio, legato a un periodo di bassi tassi d’inte-
resse straordinariamente lungo, c’è da chiedersi quale influenza possa avere
sulla percezione del rischio degli anni a venire. Combattere questa distorsione
mentale richiede molta disciplina, oltre che la necessità di tenere sempre a
mente che i guadagni passati non sono per questo fonte di guadagni futuri.
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Passare all’azione
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Investire per il futuro
Le autorità di controllo
La Banca d’Italia e la Consob sono le due principali (ma non le uniche) au-
torità di controllo per chi investe.
La Banca d’Italia (www.bancaditalia.it) vigila sulle banche e sulla loro
stabilità. Il suo compito, in altre parole, è controllare che le banche facciano
bene il loro mestiere nel rispetto delle normative. Veglia quindi sui rischi che
si accollano, interviene, se necessario, per imporre il rispetto delle regole e
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Passare all’azione
La nostra consulenza
Per problemi in materia di investimento, se siete soci Altroconsumo avete una
risorsa in più. Potete infatti usufruire delle nostre consulenze:
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Investire per il futuro
L’imposta di bollo
Sul conto corrente grava un’imposta di bollo di 34,2 euro all’anno. È da pa-
gare, però, solo se sul conto si hanno in media più di 5.000 euro. La media
si fa sulle date dell’estratto conto.
Prendiamo come esempio un estratto conto trimestrale. Da gennaio a marzo
ci sono sul conto 6.000 euro. Poi da aprile a novembre ci sono in media sul
conto 1.000 euro. Il 20 dicembre vengono incassati 80.000 euro dalla vendi-
ta di qualche titolo che sono depositati sul conto. Visto che l’estratto conto
è trimestrale, la banca va a verificare la giacenza media ogni 3 mesi. Al 31
marzo abbiamo 6.000 euro, quindi saranno 8,55 euro di imposta di bollo (è
un quarto dei 34,2 euro annui). Al 30 giugno e al 30 settembre la giacenza
media è di 1.000, quindi in entrambi i casi non si paga alcuna imposta di bollo.
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Passare all’azione
• Fondi comuni Nel caso dei fondi comuni, che contengono un mix di titoli
con aliquota diversa, si calcola un’aliquota media facendo la media tra quanto
investito in titoli al 12,5% e in titoli al 26% espressa attraverso il cosiddetto
Lie (Livello impositivo equalizzato). Attenzione: non è la media calcolata dei
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Investire per il futuro
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Passare all’azione
titoli che ci sono in pancia al fondo nel momento in cui lo si detiene, ma,
visto che è impossibile fare un simile calcolo, viene presa la media delle
attività presenti nel fondo (o nell’Etf) negli ultimi due rendiconti disponibili
entro la fine del semestre solare antecedente la vendita.
I fondi pensione
La fiscalità dei fondi pensione, infine, merita due righe a parte. Iniziamo dai
vantaggi fiscali: i contributi al fondo pensione sono deducibili dall’imponibile
fino a 5.164,57 euro. Questo vale sia per i dipendenti sia per gli autonomi.
Deducibile significa che restituiscono un importo dei versamenti calcolato
sulla base dell’aliquota Irpef più alta. Le tasse saranno pagate comunque al
momento della pensione e con un’aliquota inferiore anche all’aliquota Irpef
oggi più bassa (è tra il 9% e il 15%; a seconda della durata della permanenza
all’interno del fondo pensione, l’aliquota scende dopo i 15 anni di permanenza
di uno 0,3% annuo).
Inoltre, la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione è diversa. Fermo re-
stando il 12,5% applicato sui titoli di stato e simili, contenuti nel fondo, l’ali-
quota che si paga sugli altri titoli presenti nel fondo è del 20% e non del 26%,
quindi meno che per gli altri prodotti finanziari. Per un fondo che mescola
titoli di stato e altri titoli si fanno ovviamente le medie, un po’ come accade
nei normali fondi comuni. Da ultimo: sui fondi pensione, come abbiamo visto,
non si paga il bollo.
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PARTE SECONDA
Quattro casi pratici
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Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi
CASO 1: Il neolavoratore
alle prime armi
• l’inizio di un percorso di vita lavorativa, che durerà ancora molti anni (fino
a una quarantina);
• l’assenza (o quasi) di una storia contributiva ai fini della pensione, conse-
guenza del primo;
• la precarietà del lavoro e quindi la discontinuità, sia nel produrre reddito
sia nel generare contributi pensionistici;
• la consistenza del reddito percepito che, anche quando c’è, non è solitamente
molto elevato in termini assoluti;
• infine, quinto e ultimo aspetto, che a sua volta discende dal quarto, è che
chi si trova in queste condizioni spesso fa riferimento alla famiglia di origine
che contribuisce a sostenerne il potere d’acquisto.
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Investire per il futuro
La storia di Paolo
Paolo ha terminato gli studi in Comunicazione e media con ottimi
voti ma non ha ancora trovato un posto di lavoro fisso.
Per questo motivo è scontento della sua situazione lavorativa,
ma non si perde d’animo ed è sempre alla ricerca di annunci di
lavoro che possano garantirgli un posto di lavoro a lungo termine.
Così facendo è stato assunto da diverse aziende e sta raccogliendo
molte e preziose esperienze, nonostante le collaborazioni siano
sempre con contratti precari.
Nonostante manchi ancora parecchio tempo, inizia ad avere qual-
che preoccupazione sul suo futuro: riuscirà un giorno a prendere
una pensione “decente”?
Vive ancora con i suoi genitori, e questo gli permette di non af-
frontare grosse spese, ma vorrebbe presto acquistare un piccolo
appartamento che lo renda indipendente. Come può fare per ri-
uscire a mettere via qualche soldo?
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Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi
Il lento accumulo
Se si hanno tanti anni a disposizione per costruire un capitale, anche una
piccolissima somma messa via ogni mese può portare a possedere alla fine
una somma abbastanza consistente.
Prendiamo l’ipotesi di un giovane lavoratore alle prime armi, con un’età di
25 anni. Mettendo da parte solo 50 euro al mese, costantemente fino all’età
di 65 anni, saranno 40 anni di versamenti, ossia 480 versamenti mensili.
Tenendo conto del carovita (ossia che i 50 euro versati tengano il passo
con l’inflazione, crescendo di pari passo e quindi diventino poco più di
100 dopo 40 anni), alla fine saranno quasi 40.000 euro che, a seconda di
come saranno stati investiti, avranno potuto generare un capitale ancora
più consistente.
180.000
160.000
140.000
120.000
100.000
80.000
60.000
40.000
20.000
0
gen 21
nov 22
set 24
lug 26
mag 28
mar 30
gen 32
nov 33
set 35
lug 37
mag 39
mar 41
gen 43
nov 44
set 46
lug 48
mag 50
mar 52
gen 54
nov 55
set 58
lug 59
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Investire per il futuro
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Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi
I prodotti fai da te
• Scelte possibili Si possono comprare buoni postali che partono da somme
molto popolari e, soprattutto, non richiedono il costo fisso per tenere aperto
un conto titoli che su somme piccole può avere un impatto anche conside-
revole (in termini relativi, ovviamente). Attenzione, però, ai rendimenti, che
nel momento in cui scriviamo sono molto bassi, per cui non è detto che sia
la scelta migliore.
Non si ha la possibilità di diversificare su singole azioni, ma si possono
comprare già dei fondi comuni o degli Etf che permettono anche con pochi
euro di capitale di diversificare su interi mercati. Anzi, con ogni probabilità,
se si sta investendo per il lunghissimo periodo, è proprio questa una fase
in cui conviene comprare Etf o fondi azionari internazionali in modo da
portare a casa un universo diversificato fatto per il lungo termine.
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Investire per il futuro
pagando 40 euro alla volta si spederanno 45 euro per ogni acquisto: 5 euro
su 40 sono ben il 12,5% di costi, uno sproposito.
E, ancora, parlavamo prima di costo di conto titoli. Dipende dalla banca,
ma pagare 100 euro l’anno per la sua tenuta (come può capitare) dopo aver
depositato 1.000 euro di titoli, con un costo annuo del 10%, è troppo.
In tal caso non conviene acquistare un prodotto come un Etf. Meglio pun-
tare su altro. Per esempio su quote di fondi comuni su cui almeno evitare
il costo del conto titoli (ma attenzione ai costi fissi sui piani d’accumulo).
Giova, in tal caso, ricordarsi che Altroconsumo ha pronto per voi un servizio
che aiuta a scegliere il conto corrente meno caro, sia per l’uso in termini di
carta di credito, spese, accrediti, domiciliazioni, prelievi, e via dicendo, sia
per l’uso come investitore.
Fondi pensione
Un’alternativa all’investimento fai da te sono i fondi pensione. Comportano
alcuni vantaggi di cui è bene essere consapevoli, ma anche alcune limitazio-
ni che il legislatore ha pensato proprio per rendere stabile questa forma di
investimento:
Però hanno una certa rigidità nell’uso, nel senso che non se ne esce con faci-
lità. È un vantaggio perché evita di depredare il gruzzolo per spese voluttua-
rie, ma lo si potrebbe anche considerare uno svantaggio. Poi c’è il problema
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Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi
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Investire per il futuro
Ora l’inflazione intorno al 2% è uno degli scopi della banca centrale europea
e, rispetto ad allora, non c’è potere politico che possa influenzarla con facilità,
visto che le basi di questa istituzione sono trattati internazionali con un certo
peso difficili da emendare.
Proteggere il futuro
Un giovane lavoratore deve ricordare una cosa assai importante: i soldi si
guadagnano principalmente lavorando (a meno di improbabili vincite alla
lotteria o eredità). Quindi, la ricchezza principale di una persona sono le
braccia o le meningi.
Da ciò deriva che la capacità di risparmio è vincolata da quella che è la situa-
zione di salute. Pare molto brutto dirlo, ma la ricchezza futura non dipende
solo da quanto uno sarà in grado di impegnarsi nella vita lavorativa, ma anche
dalle condizioni di salute. Per questo una polizza vita Long term care, una di
quelle che garantisce una certa somma di denaro e una certa rendita mensile,
nel caso di una malattia invalidante, potrebbe completare gli investimenti.
Abbiamo già descritto nel dettaglio questi prodotti. Quindi ci limitiamo a
ricordare due cose:
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Caso 2: Coppia con figli
CASO 2:
Coppia con figli
Andando avanti nelle età della vita si suppone una maggiore maturità lavora-
tiva e, di conseguenza, un impegno maggiore per tirare avanti, nel senso che,
seppure spesso a questa età si è ancora favoriti dal supporto della famiglia di
origine, le figure che andremo a esaminare sono in teoria già compiutamente
autonome. Man mano che si cresce, le esigenze finanziarie, anziché diminuire,
tendono a moltiplicarsi.
Inoltre, la visione del futuro non è più lineare come in precedenza, ma molto
variegata. Non c’è solo il proiettarsi nel futuro di molti anni, fin verso alla
soglia della vecchiaia, oppure l’eventuale ricerca di un risparmio a medio
termine per singoli progetti (come comprare l’automobile), ma proprio una
necessità di disponibilità di denaro che cambierà a seconda dell’evoluzione
del ménage familiare.
Le esigenze e le caratteristiche finanziarie mutano (sono comunque crescenti),
nell’ipotesi di un sempre maggior costo del percorso di vita e hanno carat-
teristiche molto diverse rispetto al profilo del giovane neolaureato, visto nel
capitolo precedente. In particolare, potrebbero per esempio comprendere le
spese scolastiche dei figli o la necessità di provvedere economicamente ad
aiutarli anche durante una prima fase della vita adulta.
Tutti questi cambiamenti possono essere affrontati con maggiore serenità se
la disponibilità di reddito, come succede il più delle volte in questa fase del-
la vita, nasce dall’unione di due stipendi (cioè quello di entrambi i membri
della coppia).
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Investire per il futuro
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Caso 2: Coppia con figli
Ci sono impegni all’interno della coppia e verso i figli, in alcuni casi può
comparire anche la necessità di fornire un aiuto economico a genitori in pen-
sione che hanno bisogno di cure o assistenza eccedenti rispetto alla propria
situazione patrimoniale e reddituale.
Stiamo, però, parlando ancora di una giovane età adulta. Quindi è anche
importante notare che non siamo nel pieno della maturità reddituale (per
chi si aspetta una carriera) e che molto probabilmente restano ancora aperti
molti dei temi che abbiamo affrontato per il neolavoratore alle prime armi.
In particolare, pensiamo al tema della casa (anzi è più probabile che la casa
di proprietà sia la scelta di una coppia, piuttosto che di un neolavoratore alle
prime armi, che potrebbe, oltre che vivere con i genitori, anche scegliere un
appartamento in condivisione).
Ugualmente rimane rilevante il tema della previdenza complementare. Ma non
è finita qui: anche la necessità di proteggersi dal rischio di un’interruzione
improvvisa delle proprie capacità lavorative per incidente o malattia resta un
tema di assoluta importanza.
Quindi, la soluzione proposta per un neolavoratore, cioè quella di stipulare una
polizza Long term care resta assolutamente valida, anche se, come vedremo
tra poco, non più sufficiente, perché in questo caso restano da garantire in
caso di morte compagna/o ed eventuali figli. Il risparmio, dunque, si complica.
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Investire per il futuro
Le spese media mensile delle famiglie italiane - Anno 2019 (dati Istat)
Trasporti 292,39
Comunicazioni 62,06
Istruzione 16,00
poco più di 2.500 euro di spesa mensile. Questa indicazione è utile per porsi
qualche domanda sul proprio ménage familiare attraverso dei confronti. Se c’è
uno scostamento forte da questi dati, meglio interrogarsi sul perché e vedere
se si può riportare dei risparmi correggendo questa voce.
E se si perde il lavoro?
La perdita del lavoro è un problema non da poco: rende privi di capacità di
risparmio e costringe a “smontare” i risparmi.
La prima cosa da ricordare è che nel caso di un lavoratore dipendente si
dovrebbe avere a disposizione la liquidazione, oltre, in alcuni casi, a talune
forme di sussidio (ma noi stiamo parlando di investimenti e i sussidi pubblici
esulano). La liquidazione è una voce di risparmio che non abbiamo citato
esplicitamente prima perché non è una forma vera e propria di risparmio su
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Caso 2: Coppia con figli
cui mettere mano, tuttavia in questi casi è importante. Ammonta a una somma
pari a circa uno stipendio mensile per ogni anno lavorato, che viene rivalutata
a un tasso pari al 75% dell’inflazione più l’1,5%. Ciò significa che per livelli
di inflazione inferiori al 6% è un meccanismo che propone una rivalutazione
dei soldi che batte l’inflazione, per lo meno al lordo delle tasse.
Se si ha aderito a un fondo pensione probabilmente non si dispone della
liquidazione (così come non ne dispone un lavoratore autonomo) perché
entrata nel fondo. Tuttavia, anche quanto accumulato nel fondo pensione è,
comunque, a disposizione in questi casi, visto che la legge prevede esplici-
tamente che si possa accedere a questi soldi anche prima della pensione, se
nella necessità di una disoccupazione che si prolunga per molti mesi.
In linea di massima, infine, è bene ricordare che, in costanza di periodi di
disoccupazione, l’orizzonte temporale crolla. Finché non si ha un lavoro,
asciugando poco per volta i propri risparmi, l’orizzonte temporale è di pochi
mesi/anni, a seconda di quanto messo via.
In linea di massima si dovrebbe, quindi, investire in prodotti poco rischiosi
come titoli di stato, bond ultrasicuri e conti di deposito. Attenzione anche alla
tentazione di mettersi a giocare in Borsa per integrare il reddito. Se non lo si
ha mai fatto prima (e si ha bisogno di leggere questo libro) probabilmente
non si è esperti e, quindi, meglio non farsi tentare da qualcosa che non si ha
avuto modo di approfondire.
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Investire per il futuro
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Caso 2: Coppia con figli
(qui abbiamo esaminato 20 anni in cui, tra l’altro, le Borse hanno avuto una
importante fase di espansione). Da un altro lato che è necessario diversificare
ampiamente (se aveste fatto un investimento solo a Piazza Affari non sarebbe
andata così bene e il grafico avrebbe forma ben diversa).
Buoni postali
Una prima considerazione vale sul risparmio diretto a favore dei bambini. Solo
per fare un esempio, pensiamo ai buoni postali, tipico risparmio a favore dei
minori, e alle monete d’oro che spesso sono regalate dai nonni per rendere
evidente presso i bambini un certo valore affettivo. In questo contesto giova
ricordare che un investimento in titoli, quale quello dei buoni postali, se fatto
a favore dei minori, è vincolato fino alla loro maggiore età (salvo decisione
del giudice tutelare, cosa che non è di tutti i giorni), quindi non può venire in
alcun modo utile per gli studi che precedono l’università. E anche in questo
caso bisogna ricordare che i 18 anni oggi sono un’età in cui non sempre c’è
un’ottica abbastanza matura per usare i soldi esclusivamente per ciò che è
importante. Il rischio è quello di impegnare oggi dei soldi con uno scopo e di
scoprire che, giunto a 18 anni, il ragazzo o la ragazza per cui abbiamo investito
sceglie di comprarsi la moto o di farsi una vacanza importante anziché usare
quei soldi per gli studi. In altre parole un investimento a favore dello studio
dei figli dovrebbe essere sempre fatto con una certa cautela e con la piena
consapevolezza dei limiti della natura umana, soprattutto in una fase difficile
come l’adolescenza il cui andamento non è prevedibile con 10 anni di anticipo.
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Investire per il futuro
Monete d’oro
Una seconda considerazione tocca le monete d’oro. Come abbiamo detto prima
non sono un grande investimento, non necessariamente per i rendimenti, quanto
soprattutto per i costi e i rischi che comporta. In linea di massima andrebbe
evitato. Questo anche nel caso di un figlio. Può rappresentare senz’altro un
oggetto di tangibile valore affettivo, ma non è il modo migliore per conservare
del valore nel corso degli anni. Ferma restando poi l’osservazione che nella
piena disponibilità del minore potrebbe andare perso (o venduto) nel mo-
mento meno appropriato, sulla scia di esigenze di consumo che nulla hanno
a che fare con quelle di risparmio per lo studio. E con questo ci pare di aver
fatto chiarezza che il risparmio a favore di un minore e del suo studio deve
essere essenzialmente compito del genitore che deve mantenerne le redini e
il controllo il più a lungo possibile.
Orizzonte temporale
I soldi investiti (magari poco per volta) per un bambino, con la finalità di
sostenere le spese dei libri del liceo, hanno un orizzonte temporale intorno
ai 10 anni; quelli per l’università hanno un orizzonte temporale intorno ai 15
anni. In ogni caso si tratta di tempi medio lunghi, ma non lunghissimi, per
cui accanto a una componente azionaria, occorre inserire anche una quota
di obbligazioni che ne contenga il rischio. Questa quota di obbligazioni deve
diventare preminente man mano che ci si avvicina al momento in cui i soldi
potranno essere utilizzati. Quindi siamo di fronte a investimenti che richiedono,
comunque, una certa manutenzione.
110
Caso 2: Coppia con figli
• Assicurazioni vita Qui invece non sono i danni sui vicini a essere protetti,
ma i figli e il partner. Stiamo parlando delle polizze temporanee caso morte.
Il prodotto è importante soprattutto nel caso in cui non lavorino entrambi i
membri della coppia, ma uno solo. Si chiamano temporanee perché copro-
no solo alcuni anni e un periodo determinato, da un minimo di 1 o 2 anni
a un massimo di 10 o 20, ma non oltre una certa età (in genere 75 anni).
Se in questi anni si viene a mancare, il beneficiario riceve la somma pattuita.
Se dopo la scadenza del contratto si è in vita, la compagnia si tiene i soldi
dell’assicurazione. Queste assicurazioni sono particolarmente convenienti
finché si è giovani, poi, con gli anni, ovviamente, le probabilità di morire per
malattia (non quelle di morire per incidenti) crescono e, quindi, la conve-
nienza di queste polizze viene meno. Dal punto di vista del funzionamento,
per esempio del periodo di carenza, valgono considerazioni simile a quelle
fatte prima per le polizze Long term care.
111
Pagina bianca
6
Caso 3: La mezza età
CASO 3:
La mezza età
I dati Istat parlano chiaro su questa fase della vita, che si avvicina alla
pensione: nel 2018 il reddito medio degli italiani tra i 45 e i 54 anni era di
34.753 euro, tra i 55 e i 64 anni era 39.291 euro; maggiore rispetto agli an-
ziani (27.156 euro sopra i 65 anni) e alle classi più giovani (31.747 euro tra
i 35 e i 44 anni, 26.758 euro sotto i 34 anni). Stando così le cose, è evidente
che la mezza età della vita è anche quella in cui è possibile portare a casa
risparmi maggiori.
Nell’età più adulta, si pensa a consolidare il tenore di vita della famiglia e
a risparmiare per poter superare eventuali imprevisti, dovuti per esempio
a problemi di lavoro o salute. Prima non ce n’era stata la possibilità, dopo
le possibilità saranno fortemente ridotte, dato che si va verso la cosiddetta
fase di decumulo.
E su questo punto bisogna concentrarsi bene: è questa probabilmente l’ultima
fase della vita in cui si può espandere in maniera massiccia il proprio patri-
monio sfruttando il reddito lavorativo. Successivamente, la ricchezza deriverà
più dai guadagni che si sarà capace di trarre dagli investimenti che da reali
possibilità di impiego.
Questo rende ancora più evidente l’importanza di un risparmio che va effettuato
sin dal principio, come dicevamo, ma che evidentemente in questa fase della
vita può essere fatto con maggiori disponibilità. E l’importanza di tutto ciò sarà
evidente nel prossimo paragrafo: in media a 50 anni ci si aspetta ancora una vita
molto lunga.
113
Investire per il futuro
114
Caso 3: La mezza età
Uomini Donne
90
80
70
60
50
40
30
20
10
Fino a 4
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-69
70-74
75-79
80-84
85-89
90-94
95-99
100-104
105-109
110-114
115-119
0
Anni
Si calcolano ancora circa 8 anni per gli uomini e intorno ai 10 anni per le don-
ne. La possibilità di raggiungere età ragguardevoli è quindi piuttosto concreta.
Il secondo grafico alla pagina seguente, relativo a un ultracinquantenne, ci
dice che un uomo ha di fronte ancora un’aspettativa di vita di 32 anni e una
donna di ben 36. Stiamo parlando di un lungo lasso di tempo, ma soprattutto
di un periodo ancora sufficiente per avere modo di provvedere al proprio
futuro (che è quello che ci interessa in questa sede). E di farlo bene, perché
è molto probabile che, con gli anni che avanzano, la salute cominci a essere
meno stabile e le spese mediche siano destinate a salire (mentre con la pen-
sione le entrate calano).
Pertanto si può dire che gli investimenti adatti sono tutte forme di risparmio
di lungo periodo: a 50 anni si investe comunque una quantità di denaro pre-
ponderante in azioni, perché si presume che buona parte del denaro servirà
dopo una ventina d’anni. Si può scegliere a questo punto di investire anche
direttamente in azioni e in obbligazioni, senza necessariamente passare per
il risparmio gestito.
115
Investire per il futuro
Uomini Donne
40
35
30
25
20
15
10
0
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85-89
90-94
95-99
100-104
105-109
110-114
115-119
Anni
• il costo elevato;
• non coprono spese per visite di routine, spese dentistiche e check-up pre-
ventivi, ma solo esami e visite legate a malattie e infortuni. Di fatto sono un
duplicato del sistema sanitario pubblico che, pure, c’è già. In più, affinché
le spese siano direttamente a carico della compagnia, è in genere necessario
ricorrere a strutture già convenzionate;
• permettono di assicurarsi solo in un’età in cui il rischio medico è basso;
116
Caso 3: La mezza età
Pensare ai nipoti
Abbiamo visto prima che un investimento diretto a favore dei figli per certi versi
può essere sconsigliato, perché non avete la garanzia che il minore faccia dei
vostri soldi l’uso preventivato. In particolare, se si intende mettere del denaro
da parte per gli studi o per aiutarli a iniziare una vita lavorativa autonoma:
117
Investire per il futuro
118
7
Caso 4: Dopo i 65 anni
CASO 4:
Dopo i 65 anni
119
Investire per il futuro
La storia di Mario
Mario è un uomo di 70 anni ed è in pensione da poco meno di 10.
Ha lavorato per 40 anni in una grande azienda di mobili e ora
si sta finalmente godendo il periodo della pensione nella sua casa
di proprietà, che ha acquistato grazie ai risparmi che è riuscito
ad accumulare nel tempo.
Frequenta un gruppo di amici che spesso organizzano uscite e
gite fuori porta, è sportivo e va spesso a camminare per mante-
nersi in forma. Tuttavia l’età avanza e gli acciacchi iniziano a
farsi sentire più insistentemente. La paura è che in futuro dovrà
aver bisogno di una persona di sostegno, nel caso non dovesse
più essere autosufficiente. Vorrebbe quindi continuare a vivere
tranquillo, ed essere certo di assicurarsi i soldi necessari per far
fronte a qualsiasi tipo di imprevisto possa capitargli nel futuro.
Allo stesso tempo, non si sente ancora vecchio e vede davanti a
sé ancora molti anni in cui vorrebbe godersi i soldi risparmiati
e, se possibile, continuare a mettere qualcosa da parte. È ancora
realistico pensare a qualche forma di investimento?
Lo abbiamo già detto, più passano gli anni, minori sono purtroppo le attese
di vita. Da un certo momento in poi, quindi, le azioni non sono più un tipo di
investimento consigliabile (vedremo, in seguito, un approfondimento di questo
discorso tenendo conto che esiste la possibilità che ci si ammali). A meno
che, ovviamente, non pensiate di investire pensando ai vostri eredi. E qui la
situazione cambia, perché allora la durata dell’investimento non va calcolata
in base alle vostre attese di vita, ma in base a una durata in vita legata alle
esigenze degli eredi. Allora le azioni tornano a prevalere.
In questo caso, però, il discorso si complica ulteriormente per altri aspetti.
C’è la variabile tasse di successione: i titoli di stato ne sono esenti, le azioni no.
Un investimento in BTp ve le evita. Ma, anche qui, non sempre si pagano
tasse di successione, perché per gli eredi più prossimi (coniuge, figli ecc.)
sono previste delle franchigie (cioè somme ereditate sotto le quali non si
pagano tasse).
120
Caso 4: Dopo i 65 anni
121
Investire per il futuro
liquidazione, la liquidità da tenere da parte può essere anche solo una fetta
piccolina dei soldi. Quanto deve essere in valore assoluto? Dipende. Quali
sono gli imprevisti a cui potreste dover far fronte? Guasto all’auto? Una cal-
daia da rifare? Spese mediche improvvise? I lavori straordinari della facciata
di casa? Questa, per sommi capi, è la misura di ciò a cui dovete provvedere.
• A 65 anni Prima abbiamo detto che a 65 anni una donna ha una attesa di vita di
ben 22 anni e un uomo di 18 anni. Questo ci fa propendere per un investimento
che può ancora avere una quota azionaria. Stiamo però ipotizzando una salute
di ferro. In realtà, è probabile che solo una parte di questi anni sia in buona
salute. Di fatto, il declino più pesante avviene dopo gli 80 anni. Quindi è media-
mente dopo questa età che è prevedibile un aumento serio delle spese e l’inizio
del periodo di decumulo. In quest’ottica, le prospettive sono mediamente di
15 anni. Con 15 anni davanti è ancora possibile ragionare (al netto di quanto
lasciato da pare per imprevisti) con un’ottica bilanciata, mescolando azioni
e obbligazioni. La quota di azioni deve però assottigliarsi di anno in anno.
Al limite azzerarsi dopo gli 80 anni. In realtà quelle che abbiamo visto fin
qui sono le previsioni a 65 anni.
122
Caso 4: Dopo i 65 anni
Il decumulo
E qui veniamo al problema fondamentale della vecchiaia. Da risparmiatore
ci si trasforma in qualcuno che smonta il proprio capitale. Quando avviene
questo passaggio? Si spera che avvenga solo negli ultimi anni, quando la
salute declina. Una buona fetta degli anziani, infatti, soffre di limitazioni
funzionali e molte famiglie si trovano a questo punto a utilizzare tutti i loro
risparmi per fare fronte a spese di assistenza, anche vendendo l’abitazione
e mantenendo la nuda proprietà o indebitandosi. In particolare, sono a
rischio gli anziani soli, che non possono approfittare pienamente di una rete
di cure informali all’interno della famiglia.
Quale che sia la vostra situazione è evidente che a un certo momento le
necessità supereranno il reddito prodotto dalla vostra pensione e che sarà
necessario procedere al cosiddetto decumulo: il disinvestimento progressivo
dei soldi accumulati durante un’intera vita.
123
Investire per il futuro
124
Caso 4: Dopo i 65 anni
è anziani, più soldi si possono incassare per la casa. Inoltre, in periodi di crisi
i tempi di compravendita possono essere assai lunghi; dovete avere pazienza.
Quando si vende l’acquirente non paga per intero l’importo della casa, visto
che una casa occupata vale meno di una vuota. Il prezzo è calcolato così:
Il valore della casa dipende dalle condizioni del mercato della zona in cui è
situata. Il valore dell’usufrutto è, invece, il valore del reddito che la casa può
produrre ogni anno (per esempio se in affitto) moltiplicato per il numero di
anni di vita attesi. Questo valore è più basso quanto più si è anziani, per cui
più anni si hanno e più è alto il valore della nuda proprietà. L’incasso dipen-
de ovviamente dalla contrattazione con l’acquirente. Un aiuto, tuttavia, viene
dalle tabelle che ogni anno il Ministero dell’economia pubblica nel mese di
dicembre in un decreto relativo all’adeguamento delle modalità di calcolo dei
diritti di usufrutto. Contengono un tasso d’interesse legale e un coefficiente che
insieme sono utili al calcolo del valore della nuda proprietà a seconda dell’età.
Per calcolare il valore di una nuda proprietà, potete più semplicemente utiliz-
zare il calcolatore a disposizione al link www.altroconsumo.it/soldi/mutui/
calcola-risparmia/nuda-proprieta: partendo dal valore della proprietà e
dall’età dell’usufruttuario, con un clic potrete visualizzare i valori della nuda
proprietà e dell’usufrutto. Ovviamente i dati reali dipendono anche dalla
capacità di contrattare.
Le tasse di successione
Una nota finale riguarda le tasse di successione. La paura di pagarle può fare
danni, per cui conviene stare attenti. Innanzitutto le tasse di successione sono
un problema solo di fronte a una ricchezza che abbia un minimo di consistenza
e a eredi che non siano i figli. Quello che c’è da sapere è che:
125
Investire per il futuro
Spesso per evitare queste tasse di successione, agli anziani vengono proposte
delle polizze vita. Attenzione quando ve ne propongono una: questi prodotti
sono mediamente assai costosi, più dei normali fondi comuni e molto più
degli Etf. Anno dopo anno il rischio è di pagare in commissioni somme che
possono ben raggiungere e superare i costi percentuali previsti dalle tasse di
successione.
126
PARTE TERZA
Appendici
Pagina bianca
Appendice 1 – Esempi di contabili
Appendice 1
Esempi di contabili
• vendita di un Etf;
• acquisto di un fondo e di un’obbligazione, che sono le contabili con cui un
semplice investitore avrà probabilmente maggiormente a che fare;
• accredito di un dividendo estero.
129
Investire per il futuro
Commissioni 13,20
Valuta Totale
25.04.2015 1.781,70
130
Appendice 1 – Esempi di contabili
131
Investire per il futuro
Dettagli dell’operazione:
Deposito titoli numero: XXXXXXXXXXXXXXX
Intestato a: XXXXXXXXXXXXXX
Modalità di inoltro richiesta: internet
Numero d’ordine: XXXXXXXXXXXXXXXX
Mercato: xxxx
Titolo: A2a 4,5% 02nv16
Isin: XS0463509959
Tipologia ordine: al limite di prezzo 102,3000 centesimi
Quantità: 50.000 euro
Prezzo eseguito: 102,3000 centesimi
Rateo di Interesse: 2,4098
Ritenuta: 410,24 euro
Controvalore: 52.354,90 euro
Commissioni di ricezione ordini: 20 euro
Spese: 5 euro
Totale euro: 51.969,78
132
Appendice 1 – Esempi di contabili
Totale accreditato
EUR 19,37
(con valuta il 1/04/2016)
133
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Appendice 2 – Bibliografia
Appendice 2
Bibliografia
Situazione italiana
Il sito dell’Istat è una miniera inesauribile di informazioni per quanto riguarda
i dati che fotografano la situazione italiana su diversi aspetti. In particolare
segnaliamo:
135
Investire per il futuro
Educazione finanziaria
Per quanto riguarda l’educazione finanziaria, ricordiamo:
A proposito della teoria del ciclo vitale, abbiamo citato le opere dell’eco-
nomista Franco Modigliani. Riportiamo di seguito i riferimenti bibliografici
in italiano:
• Modigliani Franco. L’ipotesi del ciclo vitale del risparmio 20 anni dopo, in
F. Modigliani e E. Tarantelli, a cura di, Mercato del lavoro, distribuzione
del reddito e consumi privati, il Mulino, Bologna, 1975, pp. 245-93.
Rating e solvibilità
Per saperne di più e documentarsi sul rapporto tra giudizio di affidabilità
(rating) e solvibilità delle obbligazioni e dei titoli di stato:
• Chapter 26 (Data Appendix) from Robert J. Shiller, Market Volatility, MIT Press,
Cambridge MA, 1989 (consultabile al link www.econ.yale.edu/~shiller/
data/chapt26.html);
• Daily Closing Values of the Dow Jones Average in the United States, May
2, 1885 to Present (consultabile al link www.measuringworth.com/
datasets/DJA);
136
Appendice 2 – Bibliografia
• Dash Mike. La febbre dei tulipani. La prima grande crisi economica della
storia, 2009;
Prodotti complessi
Per saperne di più sul rischio di farsi male con prodotti complessi:
• Autorité des marchés financiers, Étude des résultats des investisseurs particuliers
sur le trading de CFD et de Forex en France, 13 octobre 2014 (consultabile
al link www.amf-france.org/fr/actualites-publications/publications/
rapports-etudes-et-analyses/etude-des-resultats-des-investisseurs-
particuliers-sur-le-trading-de-cfd-et-de-forex-en-france).
137
Pagina bianca
Glossario
139
Investire per il futuro
Aim Italia Si tratta del segmento di mercato di Borsa italiana dedicato alle
società di piccola e media dimensione.
140
Glossario
Assemblea generale Si tratta di una riunione in cui sono convocati tutti gli
azionisti di una società, per votare una decisione relativa alla gestione della
società, alla distribuzione dei dividendi ecc. I piccoli azionisti vengono convocati
all’assemblea generale attraverso avvisi pubblicati sulla stampa. L’assemblea
generale può essere ordinaria (in genere una volta l’anno per approvare il
bilancio) oppure straordinaria (in occasione di eventi eccezionali).
Azioni difensive Si tratta di titoli il cui prezzo è poco sensibile alle variazio-
ni del mercato nel suo complesso. Generalmente un’azione si dice difensiva
141
Investire per il futuro
quando appartiene a un settore come quelli che offrono servizi alla colletti-
vità, quali l’energia elettrica e il gas (si tratta, infatti, di servizi di cui i clienti
solo in casi estremi possono fare a meno), oppure il settore farmaceutico
(la popolazione difficilmente può privarsi dei farmaci, indipendentemente
dalla congiuntura economica del paese).
Bce (Banca centrale europea) Istituita il 1 giugno 1998, nasce dal preceden-
te Istituto monetario europeo. È l’autorità che governa la politica monetaria
dell’Unione europea. Persegue lo scopo di mantenere la stabilità dei prezzi
nell’Eurozona. Agisce attraverso le Banche centrali dei singoli paesi dell’Unione
monetaria stabilendo il livello dei tassi d’interesse.
142
Glossario
Big cap/ large cap/ mid cap/ small cap Si definiscono big cap o large cap
i titoli che beneficiano di una elevata capitalizzazione di Borsa. Fra esse si tro-
vano le blue chip, ossia le azioni considerate, per notorietà e capitalizzazione,
come le più importanti del listino. In Italia le società large cap sono presenti
nell’indice FtseMib. Si definiscono invece mid cap e small cap rispettivamente
le società a media e piccola capitalizzazione.
Blue chip Si definiscono così le azioni che beneficiano di una grande capi-
talizzazione di Borsa e che hanno la più grande notorietà fra gli investitori.
BoT (Buoni ordinari del tesoro) Titoli di stato, sottoscrivibili per un im-
porto minimo di 1.000 euro. Sono rimborsati in un’unica soluzione alla data
di scadenza e non pagano cedole, acquistabili presso banche e uffici postali.
143
Investire per il futuro
Brent Indica il petrolio del Mare del Nord e il suo prezzo al barile viene
utilizzato per indicare il prezzo del petrolio in Europa.
BTp (Buoni del tesoro poliennali) Sono titoli di stato rimborsati in un’unica
soluzione a scadenza, ma che, al contrario dei BoT, pagano semestralmente
delle cedole. Sono emessi per un arco temporale che va da un minimo di
3 anni a un massimo di 30.
BTp Italia Sono titoli di Stato simili ai BTp, ma nelle cedole riconoscono la
variazione acquisita dall’inflazione italiana.
BTp Futura Sono titoli di Stato che riconoscono un “premio fedeltà” il cui
importo dipende dall’andamento del Pil italiano.
144
Glossario
Cash flow Sono le entrate di cassa al netto delle relative uscite. Rappresenta la
capacità della società di generare liquidità e di investire senza ricorrere all’in-
debitamento. Si può calcolare anche partendo dall’utile netto e sommandovi
gli ammortamenti e le altre poste che non generano entrate o uscite monetarie
(come apprezzamenti o deprezzamenti straordinari di beni).
145
Investire per il futuro
146
Glossario
vano tutti i ricavi ottenuti e i costi sostenuti dalla società nel corso di un
esercizio, che sommati algebricamente danno come risultato l’utile (o la
perdita) di esercizio.
Conto titoli È un tipo di conto bancario che consente di operare sui titoli
mobiliari (azioni, obbligazioni, titoli di stato ecc.). Il conto consente quindi
la custodia dei titoli, la compravendita, l’incasso delle cedole e dei dividendi.
Per operare sui mercati finanziari occorre aprire un conto titoli, visto che con
un normale conto corrente non è possibile.
Corporate Con questo termine ci si riferisce alle società private. Per corporate
bond, o obbligazioni corporate, si intendono le obbligazioni emesse da società
private in contrapposizione a quelle emesse dagli stati sovrani (i titoli di stato).
Per corporate governance si intende l’insieme delle regole di convivenza tra
manager, soci di controllo e azionisti di una società.
147
Investire per il futuro
Current ratio Si chiama così il rapporto tra attivi correnti (crediti a breve
termine, liquidità ecc.) diviso per i debiti a breve termine. Questo rapporto
permette di apprezzare la capacità della società di far fronte alle sue scadenze
finanziarie a breve e a disporre su liquidità sufficiente per andare avanti. In
genere i valori pari a 1 o superiori sono indice di una buona salute finanziaria.
Day trader È l’investitore che acquista un titolo, di solito tramite internet, con
lo scopo di rivenderlo entro breve tempo, per guadagnare sulle oscillazioni
di prezzo giornaliere dello stesso.
148
Glossario
Data di stacco Con riferimento ai dividendi delle azioni e alle cedole delle
obbligazioni e dei titoli di stato, si intende la data in cui il dividendo o la ce-
dola viene staccato dalla società o dall’emittente. Chi possiede i titoli alla data
di stacco, avrà diritto al pagamento del dividendo o della cedola. Se per le
cedole la data di stacco e la data di pagamento coincidono, per i dividendi le
due date differiscono. Per i dividendi di società quotate a Milano il pagamento
deve avvenire entro due giorni dalla data di stacco, per quelli di società estere
i tempi possono allungarsi.
Delisting È l’operazione con cui una società quotata in Borsa viene ritirata
dal listino.
Delta Valore numerico che esprime il rapporto tra la variazione del prezzo
di un’opzione su un titolo e il prezzo a pronti del sottostante, mantenendo
invariati gli altri fattori che incidono sul prezzo del derivato.
Derivato Prodotto finanziario il cui prezzo dipende dal valore sul mercato
di altri titoli o attività, detti sottostante. Esistono derivati quotati, trattati su
specifici mercati regolamentati e derivati non quotati, scambiati su mercati
non regolamentati.
149
Investire per il futuro
Dogs (cani) Con questo termine si è soliti riferirsi alla teoria dei Dogs of the
Dow, locuzione inglese che sta per i cani del Dow Jones, indice della Borsa
Usa, secondo la quale un modo semplice per investire battendo la Borsa è
quello di acquistare i 10 titoli del listino che ogni anno hanno distribuito i
150
Glossario
Ebit (Earnings before interest and taxes) Si tratta dunque dell’utile prima
delle poste finanziarie, di quelle straordinarie e delle tasse.
151
Investire per il futuro
Eps (Earning per share) Significa utile per azione. È calcolato come rapporto
tra utile netto e numero di azioni in circolazione.
Esercizio Indica l’anno contabile di una società. Nella maggior parte dei casi
corrisponde all’anno solare, ma per talune società europee (e per molte società
Usa) può iniziare e terminare in modo diverso. Al termine di ogni esercizio
contabile, le società sono tenute a presentare il bilancio annuale.
Etf plus È il mercato di Borsa italiana in cui vengono negoziati gli Etf.
Eva (Economic value added) È una sigla che indica la capacità di un’azienda
di produrre valore aggiunto, e che costituisce quindi un indice di performance
per la redditività della stessa.
152
Glossario
Fed (Federal reserve) È la Banca centrale degli Usa, fondata dal Congresso
nel 1913. I compiti della Fed sono simili a quelli di ogni banca centrale. Con
provvedimenti di politica monetaria, agisce per garantire la stabilità del sistema
economico statunitense.
Flottante È la parte del capitale di una società non detenuta dagli azionisti
di maggioranza, e quindi disponibile per le negoziazioni in Borsa. Il concetto
di flottante è in genere associato a quello di liquidità: maggiore è la liquidità
di un titolo (misurata dal volume delle transazioni e dal flottante), più gli in-
vestitori possono acquistare e vendere titoli senza provocare grosse variazioni
nei prezzi.
Fondo aperto Fondo comune d’investimento che emette nuove quote ogni
volta che ve ne sia richiesta da parte degli investitori, e viceversa provvede ad
annullare le quote qualora gli investitori ne chiedano il rimborso.
153
Investire per il futuro
Fondo di fondi È un fondo che investe a sua volta in altri fondi. Il vantaggio
dei fondi di fondi è una diversificazione assai più accentuata. Un eccesso di
diversificazione limita tuttavia le possibilità di “battere” la media di mercato
e l’acquisto di un fondo che investe a sua volta in altri fondi, ma soprattutto
comporta una moltiplicazione dei costi di gestione.
154
Glossario
Gamma Valore numerico che nasce dal rapporto tra la variazione del delta
di un’opzione su un titolo e la variazione del prezzo dell’attività sottostante.
Misura la velocità con cui si muove l’opzione al muoversi del sottostante.
155
Investire per il futuro
Green shoe (scarpa verde) È un’opzione che permette all’atto della colloca-
zione in Borsa di una società di riservarsi la facoltà di aumentare la quantità
collocata. Questo termine nasce dall’azienda americana Green Shoe Corporation
che ha usato questa tecnica per la prima volta.
Hedge fund Detti anche fondi speculativi, gli hedge fund ricorrono a una
qualunque strategia di gestione per ottenere un rendimento, indipendente
dall’evoluzione dei mercati.
High yield fund Sono obbligazioni di debitori con scarsa solvibilità. Tali
titoli offrono interessi più alti, ma nello stesso tempo sono caratterizzati da
un rischio di insolvenza superiore.
156
Glossario
Indice di prezzo Si chiamano così gli indici di Borsa che non tengono conto
dei dividendi distribuiti dalle azioni che li compongono, ma solamente del
prezzo di Borsa delle azioni e delle sue variazioni. Gli indici di prezzo sono
applicabili anche alle obbligazioni.
Indice di Treynor È un indicatore che offre, per un fondo o una Sicav, una
valutazione del rendimento ponderato per il rischio. Si ottiene sottraendo dal
rendimento del fondo il tasso d’interesse di un investimento senza rischio (in
genere il tasso d’interesse sui titoli di stato). Il risultato di questa differenza è
quindi diviso per il rischio sistematico (vedi la voce Beta) del fondo rispetto
al mercato. Più questo rapporto è elevato, più il prodotto è interessante.
Un confronto dei fondi sulla base di questo rapporto ha senso però solo per
fondi di una stessa categoria.
157
Investire per il futuro
Irs (Interest rate swap) Accordo in base al quale due controparti si scam-
biano periodicamente dei flussi di pagamenti: il primo flusso è tipicamente
fisso, l’altro variabile; come le cedole di un BTp con le cedole di un CcT.
Chi cede il tasso fisso si protegge dal rialzo dei tassi rinunciando ai benefici
di un loro eventuale ribasso; chi cede il tasso variabile si protegge dalla ridu-
zione dei tassi stessi.
158
Glossario
Libor (London interbank offered rate) È la media dei migliori tassi d’inte-
resse ai quali le banche primarie offrono depositi a 3 e a 6 mesi ad altre banche
primarie presenti sulla piazza di Londra. Altro parametro simile è l’euribor.
Margine d’interesse Tipica posta dei bilanci bancari, indica l’utile legato alla
compravendita di denaro. È la differenza tra gli interessi attivi incassati da una
banca, ricavati dai prestiti concessi, e gli interessi passivi, cioè il costo di farsi
prestare il denaro, per esempio, tramite i conti correnti.
159
Investire per il futuro
Margine operativo lordo Posta di bilancio che indica l’utile industriale della
società. Si ottiene sottraendo dai ricavi i costi commerciali, tecnici, ammini-
strativi e quelli relativi al personale.
Mezzi propri Questa espressione indica i capitali forniti dai proprietari della
società (direttamente o tramite gli utili maturati e non riscossi), e non “prestati”
da finanziatori. A livello contabile, corrisponde all’insieme delle attività della
società (immobili, impianti, crediti ecc.) a cui vanno sottratti i debiti e i fondi
accantonati per coprire i rischi.
Moody’s Insieme a Fitch e Standard & Poor’s, è uno dei maggiori enti che
danno giudizi sull’affidabilità finanziaria di società e stati.
160
Glossario
Multipli di mercato (ratio) Sono così definiti valori di sintesi, di solito calcolati
attraverso il rapporto tra prezzo di un titolo e voci di bilancio che si ritengono
significative nel valutare lo “stato di salute” dell’azienda. Tra i più usati, il price/
earning o prezzo/utile per azione, il price/book value o prezzo/valore conta-
bile, il price/cash flow o prezzo/flusso di cassa per azione, il dividend yield .
Nav (Net asset value) È il metodo di calcolo che permette di ottenere il valore
delle quote di un fondo comune di investimento. Si ottiene moltiplicando il
prezzo di mercato di ogni titolo contenuto nel fondo per la quotazione dei
titoli presenti.
161
Investire per il futuro
162
Glossario
metalli ecc.) a un prezzo prestabilito (strike price), in ogni momento entro una
determinata data (opzione americana) o solo a scadenza (opzione europea).
Otc (Over the counter) Modalità di negoziazione per molti titoli che può
anche affiancare la quotazione in Borse ufficiali. Gli scambi sono garantiti
dagli intermediari che offrono quotazioni in acquisto, o in vendita, per uno
specifico titolo. È una modalità di scambio tipica delle eurobbligazioni.
Pari (par) Valore nominale del titolo. Per un’obbligazione il termine “parità”
è legato al prezzo di emissione. Di un’obbligazione emessa a 100, si dice che
è stata emessa alla pari, sotto 100 che è stata emessa sotto la pari, e sopra 100
che è stata emessa sopra la pari.
Parità del potere d’acquisto È un modo per confrontare le valute, che parte
dall’idea che un prodotto debba costare la stessa cifra in tutti i paesi (altrimenti
converrebbe acquistarlo dove è meno caro e venderlo dove costa di più).
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Investire per il futuro
Pay out (dividend pay out) Rapporto tra il totale dei dividendi distribuiti
agli azionisti e l’utile d’esercizio della società. Una società che distribuisce di-
videndi generosi fa la felicità degli azionisti, ma nel contempo priva l’azienda
di risorse che potrebbe investire in nuovi progetti di espansione. Il fatto che
una società distribuisca scarsi dividendi, o non ne distribuisca affatto, può
anche essere considerato come la volontà di tenere all’interno dell’azienda
capitali per finanziare lo sviluppo di nuove attività.
Perimetro costante Nel confronto tra i conti di una società, tra un anno e
il precedente, si usa questa espressione per dire che i risultati che si stanno
paragonando sono rettificati per tener conto di eventuali variazioni nelle di-
mensioni e nella struttura della società, includendo eventuali operazioni di
fusioni, acquisizioni e cessioni.
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Glossario
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Investire per il futuro
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Glossario
Put Opzione con cui il compratore si riserva la facoltà di vendere una de-
terminata quantità di un dato titolo a un prezzo prefissato. È uno strumento
utilizzato da chi crede nel ribasso del prezzo di un’attività (azioni, valuta ecc.):
se il sottostante a cui l’opzione put è collegata perde valore, la put, al con-
trario ne guadagna. Viene anche utilizzata per proteggere un portafoglio da
ribassi globali.
Rateo Parte della cedola di un’obbligazione già maturata e che deve essere
pagata al precedente proprietario quando si acquista un’obbligazione sul
mercato.
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Investire per il futuro
Scissione Attraverso il meccanismo della scissione una società cede una parte
del proprio complesso aziendale a un’altra società beneficiaria, già esistente
o da poco costituita.
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Glossario
Spese di custodia Sono gli importi trattenuti dalla banca come remunerazione
per la gestione di un conto titoli.
Spin off Termine inglese usato per identificare lo scorporo di un ramo d’im-
presa e consentire alla stessa di essere maggiormente focalizzata nella sua
attività principale.
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Investire per il futuro
Standard&Poor’s Insieme a Fitch e Moody’s, è uno dei più importanti enti che
esprimono giudizi sull’affidabilità finanziaria delle società e degli stati sovrani.
Stop loss Limite di prezzo che segnala la soglia oltre la quale scatta l’ordine
di vendita, in modo da limitare le perdite.
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Glossario
Target price Si può definire target price l’obiettivo di prezzo fissato in se-
guito all’analisi tecnica o fondamentale di un titolo azionario. Il target price
non è un dato oggettivo, ma dipende dal modello di valutazione utilizzato
dall’analista per definirlo.
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Investire per il futuro
diversi fattori come la durata del prestito, l’ammontare dello stesso e l’affida-
bilità di rimborso del prenditore.
Tasso di sconto (discount rate) È il costo applicato ai capitali che una Banca
centrale presta al sistema bancario.
Tasso fisso Sono così definite le obbligazioni che producono cedole annue
costanti, non legate all’andamento di mercati o strumenti finanziari.
Tasso repo È il tasso a cui la banca centrale remunera i depositi a lei affidati
dalle banche commerciali. Si contrappone al tasso di sconto che è il tasso a
cui le banche centrali prestano la liquidità alle banche commerciali.
Ter (Total expense ratio) Esprime il totale dei costi di un fondo o di una
Sicav, in rapporto al valore di libro della medesima. Permette all’investitore di
comparare i costi di diverse offerte, anche se per il momento non esiste nessuno
standard di calcolo che definisca i parametri in maniera chiara e dettagliata.
Titoli di stato Sono le obbligazioni emesse da uno stato sovrano per finan-
ziare il proprio debito, come i BoT, i CcT e i BTp emessi dallo stato italiano.
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Unit linked Termine usato in ambito assicurativo per quelle polizze vita
legate a fondi o quote di fondi il cui rendimento è dato dall’andamento di
fondi comuni d’investimento o degli indici di Borsa.
Utile (perdita) corrente Indica la parte di utile (perdita) che deriva dall’atti-
vità abituale della società, esclusi quindi gli elementi straordinari. Dal 2005, in
seguito all’applicazione dei nuovi principi contabili, e soprattutto nel caso dei
bilanci consolidati, questo concetto di fatto si avvicina molto all’utile tout court.
Utile d’esercizio È la differenza tra la somma totale dei ricavi di una società
e il totale dei costi da questa sopportati in un periodo specifico, di solito un
anno fiscale. Viene anche definito utile netto.
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Investire per il futuro
Valore di libro (book value) È il valore a cui un bene o un’attività (per esem-
pio il marchio) viene iscritto all’interno del bilancio di una società. Riferito a
un’intera società è il valore della stessa se chiudesse in quel momento e se tutti i
beni potessero essere liquidati allo stesso valore presente all’interno del bilancio.
Vendita allo scoperto Vendita di azioni, o altre attività, che non si pos-
siedono, sfruttando il fatto che su molti mercati un’operazione effettuata e
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Glossario
Vulture fund (fondi avvoltoio) Sono fondi comuni che investono in società
o in paesi che stanno attraversando situazioni di crisi e minacciano di non
rimborsare i debiti emessi o che sono in default. Dopo aver comprato i loro
titoli a prezzi irrisori avviano cause legali per recuperare il valore dell’intero
credito.
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INVESTIRE PER IL FUTURO
AL SUO INTERNO
D Tempo, rendimento e rischio
e perché sono legati fra loro
D Azioni, obbligazioni, fondi comuni
e tutte le altre forme di investimento
D Casi pratici esemplificativi
per individuare il proprio profilo
di investitore