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Investire

per il futuro

PICCOLE E GRANDI RISPOSTE QUOTIDIANE


A PORTATA DI MANO
INVESTIRE PER IL FUTURO
© 2021, 2016 Altroconsumo Edizioni S.r.l.
Via Valassina 22 – 20159 Milano

ISBN 978-88-99780-53-1

Coordinamento editoriale: Sonia Basili


Testi tecnici: Pietro Cazzaniga
Redazione: Laura Sarotto
Copertina e impaginazione: Simona Monfrinotti

Tutti i diritti di traduzione, riproduzione,


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Investire
per il futuro
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a difenderti e a farti valere in ogni contesto della vita quotidiana. Ci impegniamo ogni
giorno, cercando di offrirti un’informazione corretta, completa e sempre aggiornata al
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Tutto, però, è in continua evoluzione e, quando prenderai in mano questa guida,
qualcosa potrebbe essere cambiato.
Per stare al passo con gli argomenti che ti interessano, non dimenticare di consultare le
nostre riviste e di collegarti al sito www.altroconsumo.it. Qui potrai sempre trovare
le ultime news e sapere quando sarà disponibile una nuova edizione di questa guida.
Sommario

Introduzione..................................................................................................... 9

PARTE PRIMA – Il mondo degli investimenti

Capitolo 1 – Le basi per investire


Obiettivi e tempistiche.................................................................................... 14

I concetti base.................................................................................................. 19

Capitolo 2 – Le forme di investimento


Azioni................................................................................................................ 36

Obbligazioni e titoli di stato........................................................................... 39

Conti di deposito (libretti bancari)................................................................. 46

Il risparmio gestito........................................................................................... 48

Prodotti postali (buoni e libretti)................................................................... 55

Materie prime.................................................................................................. 55

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Investire per il futuro

Oro.................................................................................................................... 56

Crowdfunding.................................................................................................. 58

Criptovalute...................................................................................................... 59

Strumenti speculativi....................................................................................... 61

Immobili............................................................................................................ 62

Fondi pensione ................................................................................................ 65

Prodotti assicurativi......................................................................................... 68

Capitolo 3 – Passare all’azione


Diversi tipi di mercato..................................................................................... 76

Il problema dei costi........................................................................................ 79

Scegliere i prodotti d’investimento................................................................ 82

Gli errori da non fare....................................................................................... 83

Le autorità di controllo.................................................................................... 86

La fiscalità dei prodotti finanziari.................................................................. 88

PARTE SECONDA – Quattro casi pratici

Capitolo 4 – CASO 1: Il neolavoratore alle prime armi


Il lento accumulo.............................................................................................. 97

Quanto risparmiare ogni mese....................................................................... 98

Quali prodotti scegliere................................................................................... 99

Proteggere il futuro......................................................................................... 102

Capitolo 5 – CASO 2: Coppia con figli


L’importanza del capitale finanziario............................................................. 104

Investire per il proprio futuro......................................................................... 107

6
Sommario

Investire per i figli............................................................................................ 109

Assicurare il capitale umano........................................................................... 110

Capitolo 6 – CASO 3: La mezza età


Una scelta calcolata......................................................................................... 114

Polizza sanitaria: sì o no?................................................................................. 116

Investire quando si torna in due..................................................................... 117

Pensare ai nipoti.............................................................................................. 117

Capitolo 7 – CASO 4: Dopo i 65 anni


Imprevisti dietro l’angolo................................................................................ 121

Investimenti a seconda dell’età...................................................................... 122

Il decumulo....................................................................................................... 123

Vendere la nuda proprietà della casa............................................................ 124

Le tasse di successione..................................................................................... 125

PARTE TERZA – Appendici

Appendice 1 – Esempi di contabili


Esempi da 1 a 4................................................................................................ 130

Appendice 2 – Bibliografia
Situazione italiana........................................................................................... 135

Educazione finanziaria.................................................................................... 136

Rating e solvibilità........................................................................................... 136

Prodotti complessi........................................................................................... 137

Glossario........................................................................................................... 139

7
Pagina bianca
Introduzione

“Cosa mi riserverà il futuro?” è una domanda che ci accompagna per tutta la


vita, a partire dall’adolescenza. Quando questa domanda da “esistenziale” si
traduce in un interrogativo “pratico”, ecco sorgere il problema di come inve-
stire le risorse economiche.
E ci si ritrova di fronte a un mondo pieno di sottigliezze tecniche che ci
fanno sentire inadeguati; così, al momento di rapportarci con l’addetto del-
la banca che dovrà consigliarci in materia di investimenti, siamo tentati di
andare sulla fiducia e di lasciargli fare.
Lo scopo di questa guida è, quindi, porre le basi per mettervi nelle condizioni
di comprendere il mondo della finanza, aiutarvi a pianificare autonomamente
il vostro futuro finanziario e, allo stesso tempo, indicarvi la via pratica con cui
realizzare quello che avete in testa. E se poi, alla fine, preferiste comunque
affidarvi a un esperto, la guida vi aiuterà a rapportarvi meglio con il vostro
interlocutore e a guidarlo con polso sicuro nella direzione che più vi interessa.
Non è, invece, scopo del volume dare dei consigli di investimento puntuali
sui singoli prodotti finanziari. Questo perché sono in costante evoluzione; la
mutevolezza degli umori dei mercati, il su e giù delle Borse, le dinamiche
con la realtà giorno dopo giorno e a darsi risposte in ogni momento diverse.
La guida è strutturata in due parti. Nella prima cercheremo di fare il punto sui
concetti di rischio, rendimento e liquidabilità degli investimenti. Spiegheremo
come funzionano i mercati finanziari e i singoli prodotti a disposizione (azioni,
obbligazioni, fondi ecc.). Non mancheremo, inoltre, di puntualizzare come si

9
Investire per il futuro

mettono in pratica le indicazioni date, così che anche chi è completamente a


digiuno di finanza possa mettersi autonomamente in marcia. Nella seconda
parte ci focalizzeremo, invece, su esigenze e desideri. Vi aiuteremo a com-
prenderli e a renderli espliciti, e a quel punto riceverete tutte le indicazio-
ni utili a unire le vostre esigenze personali con i giusti prodotti finanziari.
Il tutto attraverso l’aiuto di grafici (fonte: @Thomson Datastream) che aiutino
a rendere il più possibile chiaro e immediato anche il concetto più difficile.
Infine, chiudiamo con quattro casi esemplari. Si tratta di un neolavoratore
alle prime armi, una coppia con figli minorenni, una coppia di mezza età e
un ultra sessantacinquenne. Perché queste scelte? Perché ognuna impegna
necessità differenti, all’interno delle quali potrete anche solo in parte ricono-
scervi e, di conseguenza, fare scelte puntuali (eventualmente anche di servirvi
in maniera adeguata dei servizi e delle pubblicazioni di Altroconsumo, come
Altroconsumo Finanza).
In Appendice sono stati inseriti quattro esempi di contabili con relativa spie-
gazione, una bibliografia per approfondire i temi trattati nella guida e, infine,
un ricco glossario finanziario che vi aiuterà a comprendere anche i termini
più difficili e meno utilizzati.

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PARTE PRIMA
Il mondo degli
investimenti
Pagina bianca
1
Le basi per investire

Le basi
per investire

Investendo gettiamo un ponte tra presente e futuro. È un’attività che ci accom-


pagna fin dall’antichità; nelle società rurali tradizionali avveniva conservando
le sementi nei granai per la primavera successiva, mentre le classi più abbienti
“facevano tesoro” di metalli preziosi, acquistavano terreni e svolgevano attività
commerciali.
Oggi è diventata un’attività estremamente popolare e variegata, alla portata di
tutti (o quasi) e infinitamente più complessa, sia per il ventaglio di strumenti
disponibili, sia per le modalità con cui si può accedere a questi strumenti.
Di base rimane invariato un fatto: per poter investire bisogna avere innan-
zitutto da parte un patrimonio, o almeno disporre di un reddito superiore
alle esigenze di spesa quotidiana, da cui trarre delle risorse da accantonare
periodicamente.
In questo primo capitolo ci occuperemo di questi aspetti di base: come farsi i
conti in tasca e soppesare le proprie ricchezze, quanti soldi è possibile rispar-
miare ogni anno sulla base di questi conti e quanto sarebbe ideale mettere
via a seconda delle proprie finalità. È infatti importante che sia chiara quale
sia la motivazione che spinge a fare un investimento; motivo che può variare
nelle diverse fasi della vita, per via delle mutevoli esigenze di finanziamento.
Decidere di investire ci obbliga a riflettere sul trascorrere del tempo, co-
stringendoci a pensare al futuro. In particolare, si entrerà nel dettaglio della
definizione di “tempo”, sottolineando quanto è importante adottare un certo
rigore nella scelta dei propri obiettivi temporali.

13
Investire per il futuro

Obiettivi e tempistiche
Se state consultando questo libro, molto probabilmente è perché non siete privi
di risorse finanziarie. Tuttavia, siete certi di conoscere esattamente a quanto
ammontano? E di sapere quanto di queste risorse è effettivamente disponibile
per i vostri investimenti?
A grandi linee, quello di cui disponete è suddiviso in due categorie: il patri-
monio e il reddito.

• Patrimonio Il patrimonio comprende tutto ciò che c’è sul conto corrente,
eventuali investimenti in titoli finanziari (azioni, obbligazioni, titoli di stato,
fondi ecc.), e investimenti in attività diverse dai titoli, come gli immobili
(case, terreni ecc.). Ivi compreso la prima casa che, però, in prima battuta,
pone già di per sé dei problemi.
Da un lato la casa in cui si abita è, per un italiano medio, una fetta molto
grande e assai rilevante del suo patrimonio. Dall’altro non è un bene di
facile utilizzo dal punto di vista finanziario. Di norma non può essere mes-
sa a reddito (affittata), salvo che in rari casi, quando si affitta una stanza a
qualcuno o il box auto o la cantina a un vicino. E in genere non è un bene
che viene venduto, appunto perché è utilizzato.
Quindi fa parte del patrimonio, ma non è un bene “disponibile”, se non in
particolari casi (per esempio se è necessario venderla per coprire i costi
derivanti da un’emergenza grave, per poi andare in affitto altrove).
Altra particolarità della casa è che, spesso, anche se non sempre, è un bene
su cui grava anche un debito, il mutuo. Per cui il suo peso (al netto del
debito) all’interno del patrimonio tende ad aumentare con il tempo, fino a
corrispondere al pieno valore dell’immobile solo una volta che il mutuo è
stato rimborsato completamente.

• Reddito Il concetto di “disponibilità” diviene ancora più stringente nel caso


del reddito. Di norma quanto si guadagna (stipendio, affitti, cedole da titoli
di stato ecc.) serve a finanziare spese quotidiane, da quelle necessarie (cibo,
utenze della casa ecc.) a quelle non necessarie (cinema, vacanze ecc.).
Quello che avanza dopo queste spese è il reddito disponibile. Ovviamente
cambia a seconda dei momenti della vita; se si è giovani, si vive ancora in
famiglia con i genitori e già si lavora, probabilmente il guadagno è ancora
limitato, ma il reddito disponibile è una larga fetta dello stipendio o degli
incassi da libero professionista. Se siete adulti di mezza età con figli, proba-
bilmente siete nel momento della vita in cui guadagnate di più, ma con delle
spese fisse assai elevate (mantenimento della famiglia, educazione ecc.) e il
reddito disponibile può paradossalmente essere azzerato. Viceversa, se siete
sulla soglia della pensione, avendo già sistemato i figli, disporrete di una
fetta di reddito molto alta, sia in termini percentuali sia in valore assoluto.

14
Le basi per investire

È evidente che le disponibilità sono diversissime a seconda delle situazioni


in cui ci si trova. E questo a sua volta rende ancora più evidente come sia
fondamentale, prima di ogni scelta, fare un accurato calcolo di quello che si
possiede. In modo da capire il punto di partenza e le risorse a disposizione.

Le finalità di un investimento
A questo punto siete pronti per il secondo passo: stabilire gli scopi. Molto
anche qui dipende dalla situazione di vita personale. Nella seconda parte del
libro, per aiutarvi, abbiamo identificato quattro scenari base: neolavoratore
alle prime armi, coppia con figli minorenni, coppia di mezza età, dopo i 65
anni. Quando avrete compreso in pieno tutti gli strumenti di investimento a
disposizione, sarà utile leggere qualche indicazione pratica su come “assem-
blare” tutte le informazioni. In questa sede limitiamoci però a fare il punto su
alcune possibili finalità dell’investimento.

• Mettere da parte i soldi per acquistare un’auto nuova Di norma per


questo tipo di acquisto si procede con un finanziamento, ma non è abitudine
degli italiani indebitarsi troppo, preferendo mettere da parte almeno una parte
della somma che serve. È un investimento che ha un orizzonte temporale
abbastanza breve e determinato. Si sa esattamente quando servono i soldi.

• Mettere da parte i soldi per comprare casa Magari non tutta ma, visto
che è oramai raro spuntare un mutuo al 100%, servirà una somma almeno
pari a un quinto del valore di ciò che si deve acquistare. Anche qui l’oriz-
zonte temporale è abbastanza breve e determinato. Si sa esattamente quando
servono i soldi.

• Investire i soldi per pagare gli studi futuri a un figlio L’orizzonte tem-
porale si allunga, ma resta determinato. Si sa esattamente quando serviranno
i soldi.

• Mettere da parte dei soldi per un’attività in proprio e per essere sicuri
di non avere problemi in caso di difficoltà Qui l’orizzonte temporale è
del tutto indeterminato: può essere breve, o anche lungo, ma bisogna avere
sempre una disponibilità immediata di soldi. Questa incertezza a fronte di
un tempo apparentemente variabile è un elemento di forte differenza con
quanto abbiamo visto prima.

• Voler risparmiare per la vecchiaia e integrare la pensione Orizzonte


temporale lunghissimo, tempo certo. Ma c’è una differenza importante
con gli investimenti che abbiamo visto prima: si tratta di un campo che il

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Investire per il futuro

legislatore ha particolarmente caro. Le scelte per essere ben fatte devono


tenere conto anche di alcune componenti di tipo fiscale che nei casi prece-
denti si potevano ignorare. Infatti, esistono facilitazioni da parte dello stato
(sotto forma di minori imposte o detrazioni) e da parte delle aziende per
cui si lavora per via dei contratti nazionali ed è un peccato non prenderle
neppure in considerazione.

• Investire per quando non si sarà più autosufficienti Qui l’orizzonte


temporale è incerto, anche se probabilmente lungo, e una situazione
di partenza (la pensione) potrebbe non permettere di rimediare facil-
mente a degli errori; se si dovessero perdere molti soldi, il reddito da
pensione potrebbe non essere in grado di fornire risparmi sufficienti
per rifarsi. È inoltre noto che il reddito da pensione è destinato a calare
con il tempo in termini di potere d’acquisto (a volte si perde qualcosa
dell’inflazione quando viene aumentata la pensione) a fronte di spese
mediche di sicuro in aumento.

• Si dispone di un capitale iniziale, magari ereditato, e si desidera trar-


ne un reddito aggiuntivo da subito Ed è ancora una volta una necessità
diversa da quelle che abbiamo visto finora.

• Risparmiare non per se stessi, ma per proteggere i propri cari


da una propria prematura scomparsa, perché si è la principale
fonte di sostentamento Anche qui, la situazione è assai particolare, a
seconda delle età. Magari si ha già messo via un capitale e serve solo
investirlo perché sia disponibile per le emergenze. Oppure si è giovani
e il capitale lo si sta costruendo poco per volta; in tal caso la speranza
di mettere al sicuro i propri cari esula un po’ dall’investimento puro, in
senso tradizionale, e sconfina nel campo assicurativo. Comunque la si
chiami è una situazione in cui ci si deve mettere dei soldi. A cambiare
sono i prodotti.

Queste che abbiamo visto fino a ora sono solo alcune delle diverse esigenze.
Molto dipende da due elementi fondamentali della vita umana: la situazione
famigliare e l’età, che determinano in modo puntuale le esigenze che pos-
sono essere sì diverse tra loro, ma non necessariamente una gamma infinita.
Già dal ragionamento fatto se ne possono indicare alcune precise:

• avere un capitale in tempi certi e brevi;


• avere un capitale in tempi certi, ma medio-lunghi;
• avere un capitale in tempi certi, ma lunghi;
• avere un capitale non si sa bene quando;
• avere un’integrazione del reddito con proventi finanziari periodici.

16
Le basi per investire

Inoltre, potrebbe cambiare anche il fattore di rischio:

• una situazione in cui ci si può permettere di rischiare, per esempio se si è


giovane e si investe per l’auto. Se qualcosa andasse male, ci sarebbe co-
munque tempo per rifarsi;
• una situazione in cui non ci si può assolutamente permettere di rischiare,
per esempio un neopensionato i cui soldi potrebbero servigli in un futuro,
quando non sarà più autosufficiente.

La teoria del ciclo vitale


Negli anni Cinquanta Franco Modigliani, insieme ad altri economisti, elaborò la teoria
del ciclo vitale. L’idea alla base, riassunta nel grafico, è semplice. Nel corso della vita
lavorativa, una persona, per mantenere costanti i propri consumi (area rettangolare
in basso), deve accantonare una parte del suo reddito (la linea continua) per accu-
mulare un capitale (linea tratteggiata) con cui sostenere i consumi quando alla fine
della vita lavorativa il suo reddito crollerà a zero. In questa fase (decumulo) dovrà
smantellare poco per volta il capitale messo da parte. Questa teoria, per quanto
semplifichi la realtà, evidenzia la principale finalità del risparmio: riuscire a mantenere
la possibilità di effettuare consumi nel tempo. Il risparmio riguarda l’intera esistenza.

450

400

350

300

250

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10 20 30 40 50 60 64

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Investire per il futuro

Il tempo, un fattore cruciale


Abbiamo parlato di tempi brevi, medio-lunghi e lunghi. È un elemento cruciale
per gli investimenti, perché con il tempo molti investimenti (non tutti!) che
fanno guadagnare di più e che di norma sono più rischiosi, possono vedere
il loro rischio “stemperarsi” e quindi diventare delle scelte interessanti anche
per chi non vuole rischiare troppo. Però non è da tutti avere pazienza. E la
pazienza è un fattore cruciale quando si investe, per non doversi pentire di
quanto fatto. Vediamo, quindi, cosa si intende quando si parla dei vari periodi
di tempo in ambito finanziario.

• Breve periodo È una definizione adatta per tutti gli investimenti che vanno
dai pochi mesi fino a non meno di 3 anni (che, seppure possano sembrare
un’eternità, finanziariamente non lo sono affatto). La definizione di “breve
periodo” vale anche per tutti gli investimenti di cui non si conosce la fine.
Per esempio, se si ha un’attività in proprio e si sente la necessità di mettersi
al sicuro, può darsi (e ci si augura) che vada bene per 30 anni, ma può
anche capitare che da qui a un anno si abbia bisogno di denaro.
Avere un orizzonte temporale breve comporta però una conseguenza impor-
tante: se si vuole fare investimenti che diano una certa sicurezza, bisognerà
sacrificare i rendimenti. Non significa che non si abbia mai la possibilità di
fare tantissimi soldi in pochissimo tempo. Può capitare, ma solo in attività
finanziarie ad alto rischio, in cui si può anche perdere moltissimo denaro,
o al limite l’intero investimento. Avere tanto, in poco tempo e con granitica
sicurezza è impossibile. Se qualcuno presenta una simile opportunità di in-
vestimento è incompetente o mente. Non ci sono vie d’uscita. Questo è un
elemento che va sottolineato, perché i tempi d’oro in cui un investimento in
BoT dava allo stesso tempo certezza dei rendimenti e pingui profitti sono al
momento finiti. E non dimentichiamo che stavano in piedi perché l’inflazione
era altissima (per cui un 11% di rendimento, tolto un 8% di inflazione crollava
a un ben più basso 3% reale) e perché allora lo stato italiano stava “pagan-
do” tutto questo con una crescita del debito che oggi non è più possibile.
Chi dopo allora cercò conforto in titoli che offrono super rendimenti finì
per incappare in sonore fregature, come il crack argentino. Per questi motivi
ribadiamo che in finanza la botte piena e la moglie ubriaca non esistono.
Poco tempo e certezza, uguale scarsi rendimenti.

• Medio periodo Si tratta di orizzonti temporali di qualche anno, dai 3 ai


10. Il che significa per molti un tempo lunghissimo. Ma, per come sono gli
investimenti finanziari, non è comunque abbastanza da garantire la possibilità
di portare a casa rendimenti certi dagli investimenti in azioni (quelli che si
fanno a maggior rischio per questi periodi). Bisogna comunque usare delle
cautele.

18
Le basi per investire

• Lungo periodo Si sta parlando di un orizzonte temporale molto lungo, di


oltre 10 anni, meglio se 20. Qui, in alcuni casi (se non in tutti), si può davvero
puntare su prodotti come le azioni che hanno in sé una dose di rischio più
elevata che, tuttavia, viene smussata dal passare degli anni.
Bisogna, però, avere i nervi saldi: anche un -10% nel giro di 15 giorni non
deve provocare ansia, altrimenti è meglio farsi un esame di coscienza. Bisogna
capire se psicologicamente si è pronti a questa lunga attesa. Lungo periodo
significa che i soldi non servono davvero per 10-20 anni.

I concetti base
In questo paragrafo abbandoniamo sia il tema introspettivo del perché in-
vestiamo, sia quello oggettivo della misura del tempo in economia per con-
centrarci sui “mattoncini concettuali” con cui costruire la propria strategia di
investimento: rendimento, rischio e liquidabilità. Attenzione: siamo ancora in
una fase introduttiva che precede il corpo a corpo con le diverse forme di
investimento a disposizione. È comunque importante prendere confidenza
con queste basi concettuali che si ritroveranno ogni volta declinate in maniera
diversa a seconda dei prodotti finanziari con cui confrontarsi.
In particolare, il rendimento rappresenta il diritto della medaglia degli inve-
stimenti, e rappresenta la fonte di maggiore ricchezza. Il rischio è, invece, il
rovescio della medaglia, ciò che si vuole evitare. Vedremo che non c’è (qua-
si) mai rendimento senza rischio e che, nella maggior parte dei casi, i due
vanno a braccetto: se cresce uno, cresce pure l’altro. Dove c’è un andamento
divergente bisogna prestare attenzione. Va da sé, in maniera intuitiva, che se
propongono un investimento a rischio alto e rendimento basso è facile non
farsi nemmeno tentare, ma può darsi che propongano investimenti a basso
rischio e alto rendimento, ed è lì che bisogna mettersi in allerta.
Infine, spenderemo due parole sulla liquidabilità degli investimenti, ossia sulla
loro capacità (o meno) di essere monetizzati in fretta.
Per certi versi si tratta di una forma di rischio, per cui potrebbe essere ricon-
dotta alla categoria precedente, ma ha una rilevanza tale nelle scelte di un
risparmiatore che merita una trattazione a parte.

Il rendimento (premio al rischio)


Iniziamo dal rendimento. E cioè i soldi che ci si attende di trarre da un
investimento: mettiamo 1.000 euro e speriamo di portarci a casa 1.000 euro
più qualcos’altro, per esempio 100 euro. Questo valore è in genere espresso

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Investire per il futuro

in percentuale: per cui 100 euro su 1.000 euro sono un rendimento che
equivale a 100/1.000, cioè il 10%. L’uso delle percentuali aiuta ad applicare
il concetto di rendimento a somme diverse. Per cui 200 euro su 2.000 euro
investiti sono comunque un rendimento del 10%, del tutto identico ai 100
euro ogni 1.000.
Ragionando in termini percentuali non c’è il rischio di confondersi, perché i
risultati sono commisurati al punto di partenza. Per esempio, lo stesso rendi-
mento di 100 euro, ottenuto però a partire da un capitale iniziale di soli 500
euro, è maggiore, ed equivale al 20% (100/500).
Il rendimento dipende in genere dalla durata di un investimento. Se investo
1.000 euro per 2 anni, probabilmente mi aspetterò di avere indietro più soldi
piuttosto che se li investo solo per un anno, magari 200, cioè 100 per ogni
anno: 200 euro su 1.000 sono un rendimento del 20%. Ma, anche qui, è im-
portante fare un confronto.
Torniamo ora al capitale di 500 euro che dopo un anno restituisce 100 euro.
Il guadagno in valore assoluto è diverso (100 contro 200), ma in percentuale
è invece uguale (abbiamo il 20% in entrambi i casi). Tuttavia, nel primo caso
(200 euro da 1.000) abbiamo impegnato 2 anni della nostra vita, nell’altro
(100 euro da 500) ne abbiamo impegnato solo uno. Come si fa a capire qual
è la scelta migliore? Basta calcolare il rendimento che un investimento dà
ogni anno (rendimento annuo). Di conseguenza, se il 20% è da suddividere in
2 anni, avremo un 10% annuo. Che, confrontato con il 20% ottenuto in un anno
soltanto dal nostro investimento di 500 euro, ci conferma che quest’ultimo è
l’affare migliore, perché rende di più.
Tuttavia, dividere la percentuale per il numero di anni è un metodo un po’
“grossolano” dal punto di vista matematico. Non tiene infatti conto del fatto
che il tempo dal punto di vista finanziario non è lineare, ma curvo.
Il grafico alla pagina accanto prova a spiegare meglio questo concetto: la linea
diritta rappresenta quello che sarebbe un rendimento lineare, quella lievemente
curva al di sotto riproduce con maggior dettaglio l’accumulazione del valore
di 200 euro attraverso 2 anni (il grafico è basato su 730 giorni).
Cosa rappresenta tutto questo? Rappresenta il fatto che i rendimenti non
sono frutto di un “salto” da un momento all’altro, da un oggi a tra 2 anni,
ma sono il frutto di un processo che avviene secondo dopo secondo, in
ogni istante del trascorrere del tempo che abbiamo a nostra disposizione.
Il rendimento si accumula con il tempo, e cresce più in fretta man mano
che il tempo passa. Dal punto di vista matematico, la formula che tiene conto
correttamente di questa progressività è la seguente:

(1 + rendimento percentuale totale)(1/numero di anni) - 1.

Applichiamola al caso che abbiamo visto prima: il 20% in 2 anni. 20% si può
scrivere come 0,2. Quindi (1 + 0,2)(1/2) - 1 = 0,095. In percentuale è il 9,5%.

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Le basi per investire

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1 dic
La curva del tempo
Un capitale non produce i suoi frutti in maniera costante nel tempo (linea diritta), ma
in maniera più lenta e poi sempre più rapida (linea curva sotto). Il motivo è che anche
i frutti a loro volta producono frutti creando una sorta di effetto accumulo della ric-
chezza che cresce, pertanto, in maniera esponenziale.

Quindi, il rendimento di 1.000 euro per 2 anni, avendone in cambio 200,


non era del 10% annuo, ma del 9,5% annuo, quindi un po’ meno. Se lo
confrontiamo con il nostro caso di partenza (100 euro su 1.000 euro dopo
un anno, ossia 10% di rendimento) scopriamo che siamo di fronte a un
investimento lievemente meno performante. Ecco cosa è un confronto in-
tertemporale. È da tenere conto, comunque, che questo modo di ragionare
non si applica abitualmente sotto l’anno, perché viene usato soprattutto per
confronti intertemporali lunghi.
Ma perché qualcuno dovrebbe pagare qualcosa sotto forma di rendimen-
to? Ci sono diverse idee alla base: da un lato il denaro presta un servizio,
pertanto remunerato, da un altro lato il rendimento è il premio al rischio

21
Investire per il futuro

che una persona si sobbarca prestando il denaro a chi potrebbe in realtà


anche non restituirlo. Tanto sarà maggiore il rischio, tanto maggiore sarà
il premio, cioè il rendimento. Il che è piuttosto intuitivo e rende conto
del fatto che tutti i nostri comportamenti economici sono basati su degli
incentivi. Idea che ci conduce direttamente al prossimo paragrafo in cui
spenderemo un po’ di tempo e di parole intorno al concetto di rischio.

Il rischio
Il rischio in un contesto finanziario è, banalmente, rappresentato dalla pos-
sibilità di perdere in tutto, o in parte, i soldi che una persona ha deciso di
investire. Il rischio ha diverse fonti, che vedremo descritte nel dettaglio nel
paragrafo seguente.

L’affidabilità
La prima fonte di rischio riguarda l’affidabilità, cioè la possibilità che chi ha
ricevuto i soldi (sotto forma di prestito oppure sotto forma di partecipazione
al suo capitale, nel caso di società) non sia più in grado di restituirli del tutto
o in parte. I soldi investiti, infatti, vengono poi spesso rimpegnati in un’attività
e molto dipende da come va questa attività.
Facciamo alcuni esempi. C’è chi ha acquistato titoli di stato italiani negli an-
ni Novanta (per esempio, nell’autunno del 1996, il BTp che scade il primo
novembre 2026 e offre due cedole annue per un totale di rendimento annuo
del 7,25%); lo stato italiano ha avuto molti problemi finanziari, ma ha sempre
dimostrato capacità di ripagare i suoi investimenti. A distanza di anni potrebbe
quindi aver messo via non pochi soldi sotto forma di cedole, a un ritmo del
7,25% annuo. Oppure, chi ha acquistato azioni di Apple nel corso degli anni
Novanta, ha partecipato al successo di iPod, iPad e iPhone, oltre ai vari com-
puter Mac mettendo via un sacco di soldi. Oppure c’è chi, negli anni Novanta,
ha comprato azioni della vecchia Parmalat (non la società attuale che è un
derivato di quella fallita nel 2003) e non è riuscito a venderle in tempo, a fine
2003 si è ritrovato con l’investimento completamente azzerato. E che dire di
chi, in tempi più recenti, ha perso un sacco di soldi con i titoli di stato greci?

Il mercato
La seconda fonte di rischio riguarda il mercato. Buona parte degli investimenti
sono quotati, ossia ogni giorno (spesso in ogni istante) hanno un prezzo di
mercato a cui possono essere acquistati o venduti. Il prezzo è grosso modo
il risultato dell’incontro tra domanda e offerta di quel tipo di investimento.
Prendiamo i due tipi di strumenti più classici: azioni e obbligazioni. Entrambe

22
Le basi per investire

La “finanza islamica”
Il prestito a interesse è considerato ancora oggi usura nel mondo islamico che,
infatti, per potersi evolvere in maniera finanziariamente efficiente, ha dovu-
to inventarsi la “finanza islamica”. La finanza islamica è un fenomeno che
riscuote sempre maggiore interesse e curiosità all’interno del contesto finan-
ziario mondiale, per la forte crescita degli ultimi anni del patrimonio gestito
e perché, durante la crisi del 2008, ha perso meno delle Borse mondiali.
La finanza islamica è l’insieme di istituzioni finanziarie che operano sui mer-
cati rispettando i dettami del Corano. Vige quindi il divieto di dare denaro a
prestito, di investire in aziende fortemente indebitate o che producono alco-
lici, armi, tabacco e carne suina. Non vi è alcun obbligo, invece, di investire
nei paesi di religione musulmana. Un tipico indice islamico è dunque costruito
con società di tutto il mondo, con la sola eccezione di quelle che operano
nei settori “vietati”. Visto il divieto di tassi d’interesse, i sukuk bond, così
si chiamano le obbligazioni islamiche, sono titoli strutturati in maniera tale
da non essere un prestito vero e proprio, ma come una compartecipazione
nella proprietà di un debito, di un bene o di un progetto. Tale proprietà è poi
strutturata in maniera tale da garantire flussi di denaro simili a quelli offerti
da una normale obbligazione.

possono essere quotate o non quotate, ma di norma un piccolo risparmiatore


comprerà soprattutto azioni quotate e obbligazioni quotate (salvo che non
acquisti obbligazioni non quotate della sua banca, cosa che spesso non è il
caso di fare, proprio perché non sono quotate).

• Le azioni Il valore delle azioni dipende da molti fattori. In primo luogo da


come va in termini di risultati economici la società di cui sono espressione.
Se una società macina utili, allora varrà di più di una in profondo rosso.
In secondo luogo dipendono dall’attesa su come questa società andrà in fu-
turo. Magari oggi non faccio utili perché ho appena iniziato a lavorare e devo
fare forti investimenti, ma potrebbe non essere così quando sarà a regime.
Il mio valore in tal caso sarà più alto. Si pensi alle società che operavano in
internet e che sono state a lungo premiate in Borsa anche se non avevano
ancora iniziato a fare utili, solo perché erano considerate il futuro. Viceversa
anche se sono una società blasonata e piena di storia non è detto che io
abbia in mano il futuro. Basta pensare alle società che facevano pellicole per
macchine fotografiche; con l’avvento del digitale si sono dovute reinventare,
perché ciò che producevano era completamente superato.

23
Investire per il futuro

Il valore delle azioni di una società dipende anche dalle prospettive di un


intero settore di mercato. Se una società produce auto e siamo in una fase
di recessione economica, è molto probabile che i suoi utili crollino indipen-
dentemente che sia un marchio di successo o no, di conseguenza anche il
valore di Borsa ne risente. Viceversa, una società farmaceutica non viene
necessariamente penalizzata da fasi di recessione, perché la gente per tirare
la cinghia è disposta a rinviare l’acquisto di un’auto nuova, ma molto più
difficilmente eviterà le cure mediche che gli servono.
Ogni giorno escono notizie di ogni genere che dicono qualcosa su come
andrà questo o quel settore, questa o quella società. In base al flusso di no-
tizie, ogni singolo titolo potrà salire e scendere anche fortemente. E, questa
è la particolarità dei mercati, potrà farlo anche se non ci sono notizie che
lo riguardano direttamente. Poniamo una società che produce birra; esce
la notizia di un calo di immatricolazioni delle auto che deprime il settore
auto. In teoria il produttore di birra non dovrebbe esserne toccato, mentre
le azioni dei produttori d’auto dovrebbero calare. Però contemporaneamente
potrebbero avvenire diverse cose. Il calo delle immatricolazioni potrebbe
essere interpretato come un calo dei consumi che, prima o poi, riguarderà
anche le birre. E quindi le azioni di chi produce birra caleranno. Oppure,
viceversa, chi ha venduto azioni del settore auto ora ha in mano dei soldi
e cerca dove reinvestirli. Ragiona che se l’auto è calata, non è detto che
così sia per la birra, che è un settore completamente diverso e magari più
rassicurante (sì l’economia sta rallentando, ma non tanto da impedire alla
gente di bersi una birra con gli amici). Risultato: comprerà azioni del settore
birra e queste saliranno.
Si tratta di processi spesso difficili da comprendere e da prevedere, ma
sempre tali da far saltare su e giù i prezzi delle azioni. Il rischio mercato
non è altro che l’applicazione ai prezzi dei titoli azionari di questa forma di
schizofrenia mentale di fronte al fluire delle notizie su come va il mondo.

• Le obbligazioni Il ragionamento è molto simile. Solo che nel settore delle


obbligazioni, a parte il caso in cui ci sono notizie circa un cambiamento
dell’affidabilità di chi le ha emesse (vedi quanto abbiamo detto prima), il mo-
tore degli alti e bassi dei titoli dipende dai tassi d’interesse. E siamo di norma
di fronte a variazioni molto più piccole di quelle che colpiscono le azioni.
Innanzitutto, cosa sono i tassi d’interesse? Sono il costo del prestare denaro.
Variano in base all’affidabilità di chi prende in prestito (paga di più chi è
meno affidabile), in base alla durata del prestito (di norma prestiti a lungo
termine hanno tassi più alti di quelli a breve), e nel tempo variano in base a
una grande quantità di fattori. E come agiscono? I tassi influenzano i prezzi
delle obbligazioni che variano in direzione opposta ai tassi.
Ecco un esempio per semplificare. Poniamo che i tassi per investimenti a 10
anni siano al 2%: compro un’obbligazione che mi dà il 2% annuo. Quindi,

24
Le basi per investire

per esempio, pago 1.000 euro per ottenere 20 euro ogni anno per 10 anni
e, trascorso questo tempo, avrò indietro i miei 1.000 euro. Passano 5 anni.
I tassi sono saliti. In particolare i tassi a 5 anni (quanto manca alla scadenza
della mia obbligazione) sono al 4%.
Ciò significa che in quel momento posso comprare a 1.000 euro un titolo
che ne restituisce 40 ogni anno per 5 anni e alla fine mi riconsegna indietro
i miei 1.000 euro, a differenza del mio vecchio titolo che me ne restituisce
solo 20. Il nuovo titolo è decisamente più conveniente, mi conviene vendere
quello che ho e comprare quello nuovo. E, invece, non è così. Perché il
potenziale compratore sa che il mio titolo non è conveniente. Quindi po-
trebbe acquistarlo, ma a un prezzo scontato che lo ricompensi dei maggiori
guadagni a cui andrebbe a rinunciare.
Facciamo due conti. Il vecchio titolo rende 20 euro per 5 anni, quindi 100
euro. Il nuovo titolo ne rende 40 per 5 anni, quindi 200 euro. Ci perderebbe
100 euro, che ricadono sul prezzo iniziale, che non sarà più 1.000 euro, ma
1.000 - 100 euro. In pratica, per tenere uguali i rendimenti (200 euro in 5
anni), il vecchio titolo dovrà valere 900 euro.
Da qui possiamo trarre la seguente regola: quando i tassi salgono i prezzi
dei bond a tasso fisso già in circolazione scendono, e viceversa. Questa
variazione è più forte quanto più lunga è la durata del titolo, perché mag-
giore è il numero delle cedole più alte che si vanno a perdere comprandolo.
Un conto, infatti, è perdere 20 euro per 5 anni (sono, come abbiamo visto,
100 euro), un altro conto è perderli per 20 anni (che è molto più di 100 euro).
Ma cosa fa variare i tassi? Un sacco di fattori:
- le azioni delle Banche centrali (che manovrano i tassi d’interesse a cui
prestano soldi alle banche, cosa che, a cascata, finisce per rovesciarsi su
tutti quanti i mercati);
- il riflesso dell’andamento delle Borse e delle azioni. Per esempio, quando
le Borse vanno male, gli investitori fuggono dalle azioni e cercano una meta
per i loro soldi. Le obbligazioni sono una delle più ambite perché viste come
più sicure. Ma se c’è una gran domanda di obbligazioni i prezzi saliranno
per la richiesta, di conseguenza i tassi scenderanno.
- l’inflazione. Più è alta, più i tassi tendono a salire perché i nuovi prestiti
che vengono fatti ne tengono conto e hanno tassi più alti. Ma anche i tassi
d’interesse dei vecchi prestiti si adegueranno imponendo l’adeguamento dei
prezzi che abbiamo visto prima.

La diversificazione
Il rischio di un investimento può essere ridotto, per esempio attraverso la
diversificazione. Diversificare significa non legarsi mani e piedi a un solo in-
vestimento. Per esempio, investire solo in titoli di stato italiani tutte le vostre
ricchezze significherebbe fare affidamento solamente alla capacità dello stato

25
Investire per il futuro

italiano di ripagare i suoi debiti. Questa è certamente una buona capacità, visto
che il nostro paese ha quasi sempre (quasi perché il prestito Littorio del 1926
imposto dal governo Mussolini fu una ristrutturazione del debito) ripagato i
suoi debiti con puntualità, sempre da quando è Repubblica.
Tuttavia non può essere dato per scontato. Il caso Grecia insegna che anche
i paesi appartenenti all’Eurozona possono subire crack, visto che la Banca
Centrale Europea non è costretta a finanziare gli stati, evitandone l’insolvenza,
quando non ci sono abbastanza sottoscrittori del debito pubblico, come invece
accadeva un tempo (una volta la Banca d’Italia era costretta a sottoscrivere i
titoli di stato italiani invenduti).
Quindi, già intuitivamente, dividere il patrimonio tra titoli di stato italiani
e titoli di stato francesi diminuisce il rischio. Se l’Italia dovesse fallire, non

I rating
Per comprendere quanto sia a rischio di fallimento (o meno) chi emette un’ob-
bligazione, per aiutare a capire i tassi d’interesse che deve offrire sui suoi titoli e
informare meglio il mercato, il mondo della finanza si è organizzato da tempo
con le agenzie di rating. Le più famose sono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch
(ma non sono le uniche). Che cosa fanno?
Si chiamano agenzie, ma in realtà sono società (pagate da chi emette le obbli-
gazioni) che spulciano i bilanci e analizzano la capacità di una società (o di uno
stato) di ripagare i suoi debiti. Il rating è, quindi, una sorta di voto sull’affi-
dabilità che viene rilasciato dopo un’analisi della situazione e poi comunque
monitorato continuamente in modo da essere sempre aggiornato e affidabile.
I rating partono da AAA (tripla A, massimo dell’affidabilità) e scendono via via
(AA, A, BBB, BB ecc.) seguendo l’alfabeto fino alla D (situazione di default).
In genere quelli che iniziano per A e quelli con tre B (Baa nel caso di Moody’s
che ha una notazione lievemente differente) sono considerati adatti a un inve-
stimento, quelli con valutazione inferiore (dalla doppia B o da Ba per Moody’s)
sono considerati più che altro adatti agli speculatori.
I rating funzionano? In tempi normali sì, ma ovviamente quando ci sono
momenti di forte crisi le cose possono cambiare. Per esempio, in presenza di
notizie gravi possono essere tagliati rapidamente (e il prezzo del titolo intanto
è già calato, generando perdite in chi vi ha investito). E poi resta il potenziale
conflitto di interesse per cui è la società che emette i bond a pagare per avere
un rating e quindi ci può essere una qualche forma di pressione per ottenere
una migliore valutazione. Nella bibliografia verranno citati alcuni studi per com-
prendere, a seconda del rating, qual è stata la percentuale storica dei fallimenti.

26
Le basi per investire

necessariamente finirebbe per fallire anche la Francia, quindi il patrimonio


è un po’ più sicuro. Si può poi dividere ulteriormente il patrimonio su un
altro emittente di titoli di stato, per esempio, restando ai paesi confinanti,
l’Austria, ricavandone ulteriore sicurezza. Già è difficile che fallisca l’Italia,
che fallisca sia l’Italia sia la Francia è ancora più difficile, che falliscano
Italia, Francia e Austria è ancora più difficile. E così potete procedere per
passi ulteriori.
Il discorso vale ovviamente anche per le azioni. Se comprate solo azioni
di una grande banca italiana come Intesa San Paolo vi legate al destino di
questa società. Se comprate metà azioni Intesa San Paolo e metà azioni
Stellantis (e cioè la vecchia Fiat Chrysler dopo il matrimonio con Peugeot)
iniziate già a dividere il rischio. Se poi comprate anche il colosso americano
General Electric, ecco che dividete ancora di più il rischio. Aggiungete Apple?
Ora avete in mano quattro società, che falliscano tutte contemporaneamente
diventa sempre più difficile. Questo è il concetto di diversificazione.
Quest’ultimo esempio ci ricorda un ulteriore tema importante da approfon-
dire. L’unico rischio che corriamo non è quello che la nostra società (o stato)
a cui abbiamo dato i soldi fallisca, ma anche solamente che il prezzo delle
azioni in cui abbiamo investito cali in Borsa e quindi valorizzi meno il nostro
patrimonio. In questo contesto non è sempre detto che la diversificazione in
sé basti a metterci in salvo. In genere, se crolla la Borsa di Milano può anche
capitare che crolli solo un’azione tra Intesa San Paolo e Stellantis, o che una
cali e l’altra salga (dipende dal motivo per cui la Borsa va male quel giorno),
ma molto più spesso assistiamo a un calo che le coinvolge entrambe. E questo
ci porta ad affrontare un concetto importante, quello di correlazione.

La correlazione
Che cos’è la correlazione? La correlazione è quel “vizio” che hanno i prezzi
dei titoli a muoversi tutti insieme e nasce dal fatto che il mondo dell’e-
conomia è tutto collegato, come un grande insieme di vasi comunicanti.
Poniamo per esempio il caso precedente di Intesa San Paolo e di Stellantis.
L’economia italiana va male? Intesa San Paolo, che è una grande banca italiana,
potrebbe avere qualche problema a farsi restituire i soldi da alcuni dei piccoli
imprenditori a cui li ha prestati per far funzionare la loro impresa, sempli-
cemente perché questi falliscono. Questo potrebbe determinare un calo dei
profitti e, quindi, un calo del suo valore in Borsa.
Allo stesso tempo, il fatto che l’economia stia rallentando potrebbe generare
disoccupati, o anche solo paura per il futuro, e la gente potrebbe rinviare
l’acquisto di un’auto. Questo, però, va a danno di Stellantis che vede anch’essa
ridurre i suoi profitti e calare in Borsa come Intesa San Paolo. Quindi, aver
diversificato su questi due titoli potrebbe non mettervi al riparo del tutto da
perdite se l’economia italiana va male.

27
Investire per il futuro

Ma Stellantis non è più solo un’impresa che vende auto per lo più in Italia, è
un’azienda mondiale. Se l’economia americana va bene, per esempio, la crescita
delle vendite negli Stati Uniti potrebbe compensare il calo in Italia, per cui se
Intesa San Paolo sta perdendo terreno, Stellantis potrebbe invece guadagnarne.
In altri termini la correlazione è il legame che c’è fra diversi prodotti finan-
ziari e che ne determina le variazioni dei prezzi in maniera parallela, ma
non è necessariamente un fenomeno forte e, anzi, non è necessariamente
un fenomeno univoco. Spesso (non sempre) quando le Borse vanno male
molti investitori si rifugiano nei titoli di stato (è il cosiddetto flight to qua-
lity, corsa verso la qualità), per cui i prezzi dei titoli di stato sono spinti in
alto dagli acquisti. Questo è un caso di correlazione negativa (quando uno
scende, l’altro sale) ed è uno di quei casi utilissimi per diminuire il rischio
di un portafoglio. Se noi, per esempio, anziché comperare Stellantis e Intesa
San Paolo, compriamo Stellantis e titoli di stato tedeschi, ci troviamo in mano
per metà investimento qualcosa che crolla con le Borse se queste crollano
e per l’altra metà qualcosa che, invece, può compensare (in parte) le nostre
perdite azionarie. In un certo senso, quindi, la correlazione positiva (se sale
uno, sale l’altro) e negativa (se sale uno, l’altro scende), se usata nel modo
giusto, può aiutarci a mettere insieme dei titoli in modo da diminuire il rischio
complessivo del nostro investimento.
Attenzione, però, al concetto di rischio. Per rischio qui intendiamo non solo
il rischio di perdere, ma anche quello di guadagnare. Se le Borse corrono
all’insù, può darsi che chi ha investito in titoli di stato si lasci attrarre dalle
Borse e venda i suoi titoli di stato facendone scendere i prezzi.
È facile notare che vengono usate espressioni del tipo “può darsi” perché
il concetto di correlazione, per quanto abbia un’espressione matematica
precisa, non vuol dire sia un fenomeno che avvenga puntualmente secondo
una legge fisica prevedibile istante per istante. È un fenomeno che si dipana
nella storia, che può essere misurato e sfruttato con una buona probabilità
di azzeccarci, ma comunque sempre in un ambito di statistiche, per cui è
previsto possa anche in qualche misura incepparsi ed è normale che lo
faccia. A ogni modo è un elemento utile per portarci all’idea seguente,
quella di portafoglio.

L’idea di portafoglio
Un portafoglio di titoli è, banalmente, un insieme di azioni, obbligazioni o
altre attività finanziarie in cui è ripartito il patrimonio. Come abbiamo visto è
possibile ridurre il rischio sfruttando al meglio il concetto di diversificazione e
quello di correlazione. E sulla base di questo gli studiosi di economia hanno
sempre studiato il modo migliore per comporlo. I primi importanti contributi
risalgono a oltre mezzo secolo, come quello di Markowitz del 1952 (Portfolio
Selection) e quello di Sharpe del 1964 (Capital asset prices: A theory of market

28
Le basi per investire

equilibrium under conditions of risk), che valsero qualche lustro più tardi un
Nobel all’economia ai loro autori.
In particolare, questi lavori ricordano che, come a ogni singolo mercato è
possibile associare un valore che ne indica il rendimento atteso e un altro
che ne indica il rischio, così è possibile fare per un portafoglio di titoli.
Il rendimento di un portafoglio è dato dalla media dei rendimenti dei singoli
titoli in cui il portafoglio è investito, e la stessa cosa vale in un certo senso
per il rischio. E qui diciamo “in un certo senso” perché, dato il rischio le cose
sono più complicate, non basta fare la media.
Per esempio, su di un portafoglio composto per metà da titoli di stato italiani
in euro e per metà da azioni italiane, non basta prendere il rischio associato
a Milano (per esempio il 18% di volatilità) e quello associato ai titoli di stato
italiani (per esempio il 4%) e fare la media, perché occorre tenere conto di
come questi due mercati sono tra loro correlati. E una scarsa correlazione può
contribuire ad abbassare il rischio complessivo di un portafoglio.
In presenza di più titoli, variando la quantità in cui sono miscelati, è possibile
ottenere una gran varietà di possibili combinazioni. La varietà di soluzioni
è potenzialmente infinita, ma non tutti i portafogli sono interessanti per un
investimento. Quali scegliere? Ovviamente quelli in cui a un rischio minore è
associato un rendimento maggiore.
Una descrizione di questo modo di ragionare è visibile nel grafico alla pagina
seguente: sull’asse verticale ci sono i rendimenti che è possibile aspettarsi da un
investimento, su quello orizzontale il rischio. Ogni punto nel grafico rappresenta
un portafoglio così come è descritto dalla coppia di valori percentuali dati dal
suo rendimento atteso e dal suo rischio che sono a loro volta la combinazione
dei vari rischi e rendimenti di ogni prodotto finanziario di cui sono composti
i nostri portafogli. I punti nella parte superiore del grafico sono associati a
rendimenti più elevati, i punti a destra sono associati a un rischio più elevato.
Quindi i portafogli più redditizi e meno rischiosi sono quelli in alto a sinistra.
Se, invece che solamente alcuni portafogli come in questo grafico, avessimo
considerato tutti quelli possibili e immaginabili, avremmo ottenuto una nuvola
di punti densissima il cui limite superiore è indicato dalla linea (detta dagli
economisti “frontiera efficiente”). Visto che, come abbiamo detto, i portafogli
più redditizi e meno rischiosi sono quelli in alto a sinistra, ciò significa che
su questa linea di confine stanno tutti i portafogli che, per un dato livello di
rischio, hanno il rendimento atteso massimo possibile. I portafogli migliori
sono proprio quelli sul filo di questa curva.

Il rischio nel tempo: due casi storici


Le azioni sono investimenti adatti per il lungo periodo (e qui intendiamo
anche 20 anni), perché alla lunga le Borse sembrano sempre capaci di
ripagare gli investitori con dei guadagni. Attenzione, però, non stiamo par-

29
Investire per il futuro

10%

8%

6%

4%

2%

0%
0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8% 9%

La frontiera efficiente
Ogni punto rappresenta un portafoglio (ossia una miscela di azioni e di obbligazioni)
descritto attraverso due coordinate: quanto è il rendimento atteso (asse verticale)
e quanto è il rischio (asse orizzontale). I migliori portafogli stanno in alto a sinistra
perché rendono di più con un rischio più basso. L’intero universo dei portafogli
possibili è racchiuso da una linea (detta frontiera efficiente) su cui si trovano tutti i
portafogli migliori per un dato livello di rischio.

lando di singoli titoli, ma di portafogli di titoli azionari, listini borsistici presi


nella loro interezza. Questo ragionamento non vale sempre e comunque, per
comprenderlo correttamente, va adattato ai diversi casi e molto dipende dalle
condizioni dei mercati e dalla loro maturità.
Per esempio, studi condotti sulla Borsa italiana mostrano che, tra gli anni
Sessanta e gli anni Ottanta, Piazza Affari non è stata un buon investimento.
I motivi sono facilmente intuibili: la nostra Piazza in quegli anni era un mer-
cato relativamente piccolo e arretrato, inoltre l’investimento azionario soffriva
pesantemente la concorrenza di un mercato di titoli di stato in espansione
e fiorente. I BoT permettevano, infatti, grandi guadagni con un rischio de-
cisamente contenuto ed erano un’alternativa appetibile e comprensibile alle
azioni. Ora siamo in una fase di mercato completamente differente, ma sono
stati necessari diversi anni e diverse innovazioni strutturali per arrivare a un
simile risultato.

30
Le basi per investire

A livello più significativo portiamo due esempi. Il primo è quello della


Borsa di New York, la principale Piazza mondiale che mostra chiaramente
il concetto per cui le azioni sono un buon investimento di lungo periodo.
Wall Street può essere considerato come un caso scuola e può essere
utilizzato come indicatore affidabile anche per descrivere le Borse mon-
diali nel loro complesso. Alla base di ciò due considerazioni: la prima il
peso notevole di New York (in termini di capitalizzazione) sull’insieme di
Piazze mondiali. La seconda è che è comunque il capitalismo anglosas-
sone che lo guida è modello di riferimento a cui tutti i mercati guardano
nel lungo periodo.
Il secondo esempio è quello della Borsa di Tokyo, che dimostra che l’as-
sunto per cui alla lunga le Borse recuperano sempre terreno non è sempre
vero. Non va preso come un caso scuola da generalizzare a tutto il mondo,
perché le condizioni del paese che esprime sono molto particolari. Tuttavia
è indicativa del fatto che il meccanismo che abbiamo descritto a volte si può
“inceppare”. Sapere quando accade è utile.

• Il caso positivo: prospettive della Borsa di New York su lunghi ar-


chi temporali Iniziamo dicendo che 100 dollari investiti sulla Piazza di
New York nel corso di tutto il secolo XX, nel giro di 100 anni, sarebbero
diventati poco meno di 25.000 dollari. La crescita media annua del capitale
sarebbe stata di poco inferiore al 6%.
Il lasso temporale che abbiamo considerato è sufficientemente lungo da
comprendere momenti di crisi come la grande depressione degli anni
Trenta, la crisi energetica degli anni Settanta, e momenti di euforia come
gli anni Venti o gli anni Novanta. Questo dato di crescita resta importan-
te anche se gli si sconta il peso dell’inflazione. Mantenendo invariato il
potere d’acquisto, quindi, i 100 dollari del 1900 dopo 100 anni sarebbero
comunque diventati 2.000 dollari, con una crescita reale (depurata dal
carovita) di circa il 3% medio annuo.
Esistono diversi studi sull’andamento di New York (presenti anche in bi-
bliografia) e alcuni partono addirittura dall’Ottocento. Nelle percentuali e
negli importi che abbiamo descritto, il risultato può cambiare a seconda
degli indici utilizzati e del periodo preso in considerazione (se i 100 anni
dal 1870 al 1970 o i 100 anni dal 1915 al 2015), ma una realtà resta co-
munque incontrovertibile, ossia che alla lunga la Borsa americana risulta
portatrice di guadagni.
È molto difficile, però, vivere 100 anni; è quindi una considerazione valida
anche per periodi più brevi? La Borsa degli Stati Uniti ha mostrato alcuni
periodi in perdita (soprattutto negli anni Trenta e negli anni Settanta), ma
il più lungo è stato quello registrato a partire dai famosi picchi del 1929
ed è durato per tutta la Grande Depressione, fino alla seconda guerra
mondiale, quando l’economia si è ripresa.

31
Investire per il futuro

• Il caso negativo: la Borsa di Tokyo dal 1989 a oggi L’economia giap-


ponese è oggi la terza economia mondiale, ma per quattro decenni è stata
al secondo posto dietro solo agli Stati Uniti.
La Borsa di Tokyo, che ne è espressione, ha raggiunto i suoi massimi livelli
alla fine degli anni Ottanta, per poi crollare e non riprendersi più. Sono, al
momento in cui scriviamo (2021), oltre 30 anni che i suoi prezzi restano
sotto i livelli massimi. Che cosa è successo? Il paese è entrato nel cosid-
detto ventennio perduto. Da un lato l’economia ha preso a ristagnare o a
mostrare tassi di crescita molto debole, da un altro lato la scarsa natalità e
lo scarso livello di immigrazione ha portato la popolazione a invecchiare,
con tutti i problemi del caso. Meno abitanti, meno lavoratori, spesso meno
pagati dei loro genitori, e di conseguenza i consumi delle famiglie hanno
preso a stagnare e a non crescere.
La spesa pubblica ha cercato di compensare in parte questa mancanza,
ma il risultato è stato una crescita esponenziale del debito pubblico che
è reso sostenibile solo dai bassi tassi d’interesse.
La differenza che si riscontra rispetto agli Stati Uniti è notevole: negli Usa
l’economia non è mai stata stagnante e la popolazione ha continuato a cre-
scere, ed è per questi stessi motivi che il Giappone sembra al momento più
un’anomalia rispetto al mondo preso nel suo complesso (nel mondo si ha
contemporaneamente crescita demografica e crescita economica), anche se
può benissimo rappresentare quello che accade in singoli altri casi (alcuni
pensano che l’Italia sia attualmente in uno scenario simile).
Attenzione, comunque, a non far confusione: il fatto che si sia sotto i
picchi del 1989 non significa che nel frattempo la Borsa di Tokyo non sia
mai stata un buon investimento. Ha, infatti, avuto diverse fasi di crescita
e di frenata come tutte le Borse mondiali. Indica solo che non sempre è
possibile investire in azioni e poi disinteressarsi di quello che si è fatto
per alcuni lustri di fila.

La liquidabilità di un investimento finanziario


Fin qui abbiamo visto diverse caratteristiche legate al rischio di un inve-
stimento; ne esiste un’altra molto importante, con il nome di liquidabilità.
La liquidabilità è la capacità di un investimento di essere dismesso in fretta e
furia trasformandolo in denaro sonante (liquidità, da cui il termine liquidabilità).
Più un investimento è liquidabile, minore è il rischio che si corre; è la via di
salvezza in casi di pericolo. La liquidabilità dipende da molte cose. In primo
luogo se lo strumento finanziario è quotato in Borsa o meno. Di norma gli
strumenti finanziari quotati sono più facilmente liquidabili, gli altri meno.
Per esempio, se si ha acquistato l’azione di una Banca popolare non quota-
ta, a disfarsene si farà molta fatica. Non sarà facile trovare un acquirente e

32
Le basi per investire

Nikkei 225 (Borsa Tokyo)


S&P composite (New York)

New York e Tokyo a confronto su 40 anni


Nonostante ripetute crisi, la Borsa di New York (i prezzi sono in dollari, senza i
dividendi, e il grafico è su base 100, il valore ultimo quadrimestre del 1979) negli
ultimi 50 anni nonostante alti e bassi è andata sempre avanti. La Borsa di Tokyo
(in yen, solo prezzi, sempre base 100) non è invece mai tornata ai massimi di fine
anni Ottanta. Attenzione: la scala del grafico è logaritmica per rendere uniformi le
variazioni delle Borse rispetto ai millimetri di carta occupata.

probabilmente bisognerà rivenderla alla banca stessa sulla base di un prezzo


che viene stabilito mesi prima da un’assemblea. La stessa cosa è se si investe
in una piccola società non quotata: ci sarà sempre un problema a trovare un
acquirente e a stabilire un buon prezzo. Un esempio su tutti è quello degli
investimenti in startup innovative, fatti attraverso i portali di investimento in
equity crowdfunding (vedi pagina 58)
Se il titolo è quotato in Borsa la cosa si fa più facile; la probabilità di trovare
un acquirente aumenta. E soprattutto aumenta la probabilità di avere un prez-
zo aggiornato a cui vendere il titolo. Non vale ovviamente per ogni prodotto
finanziario. Ci sono prodotti finanziari quotati in Borsa che nessuno vuole

33
Investire per il futuro

comprare o scambiare. Tuttavia la Borsa facilita questi scambi. Ovviamente la


facile liquidabilità non è un fatto solo dei prodotti quotati, può appartenere
anche ad altre categorie. Per esempio, un deposito bancario non vincolato
con cui si può prelevare i soldi all’occorrenza. Diciamo un deposito “non
vincolato”, perché questa caratteristica della liquidabilità non è una manna
per le banche, che a volte sono disposte a pagare di più se si rinuncia per un
po’ di tempo, “vincolando” i soldi.
Anche un fondo comune è un prodotto facilmente liquidabile. Attenzione,
lo è meno di un titolo quotato in Borsa (dove, per venderlo, basta essere in
un giorno feriale e in una fascia oraria che va dalla mattina al pomeriggio),
perché tra il momento in cui si chiede di vendere il prodotto e quello in cui lo
si vende passano un paio di giorni. Questo comporta in sé un piccolo rischio.
Se un’azione quotata sta crollando in Borsa, basta venderla e uscire subito
dall’investimento. Con un fondo l’operazione non è istantanea. Avviene dopo
un certo lasso di tempo e si potrebbe uscirne con perdite maggiori rispetto
a quelle di un prodotto quotato in Borsa. Sono piccole differenze e, per la
maggior parte degli investitori, non sono cruciali, tuttavia rendono un’idea
abbastanza chiara di quello che è il valore positivo della liquidabilità. Di norma
conviene scegliere un prodotto facilmente liquidabile.

34
2
Le forme di investimento

Le forme
di investimento

Questo capitolo rappresenta il cuore dell’intero discorso, perché affronta nel


dettaglio tutte le principali forme di investimento. Ovviamente non pretende
di essere un capitolo esaustivo di ogni forma, perché dedicato soprattutto al
buon padre di famiglia e al piccolo risparmiatore, per cui tratteremo perlopiù
i prodotti che hanno come destinatario questo tipo di lettore.
Inizieremo, dunque, a parlare di azioni, obbligazioni e titoli di stato, che sono
le due macrocategorie finanziarie da cui discendono prodotti come fondi ed
Etf che di fatto ne sono una combinazione. Li distingueremo sulla base del loro
significato e del loro rischio, ma anche delle diverse funzioni che svolgono
nel portafoglio di un investitore. Non dimenticheremo comunque di affrontare
anche altre categorie popolari di investimento, come gli immobili o i prodotti
di tipo assicurativo, accennando anche a quelli (tra i prodotti assicurativi) che
tecnicamente non sono una vera e propria forma di investimento, ma che,
tuttavia, contribuiscono in una qualche maniera al benessere economico delle
famiglie, perché proteggono da alcuni rischi che possono avere un impatto
anche profondo sulla vita dal punto di vista finanziario.
Non ci saranno consigli puntuali su come investire: lo scopo del capitolo non
è, infatti, dire dove investire i soldi, ma accrescere la cultura finanziaria di
base sulla scorta della quale fare successivamente delle scelte. Né tantomeno
potrebbe esserlo per il mezzo (un libro) che stiamo utilizzando.
Le corrette strategie di investimento non possono infatti mai essere comple-
tamente slegate dall’attualità e dal mercato e qualunque pubblicazione desse

35
Investire per il futuro

la certezza di regole d’oro per fare soldi non sarebbe corretta. Lo scopo, lo
ribadiamo ancora una volta, è aumentare la consapevolezza di quello che si
fa. Da lì e solo da lì discenderà poi un’aumentata bravura nel gestire i risparmi
e il patrimonio.

Azioni
Le azioni costituiscono una piccola quota di proprietà di una società. Insieme
con le obbligazioni sono una delle due categorie principe d’investimento.
Quindi, se siete azionisti Enel, vuol dire che avete un pezzettino della società.
Questo dà diritto ad alcune cose:

• partecipare alla crescita di valore della società man mano che questa va
bene e fa profitti (viceversa, se va male, si partecipa alle perdite) tramite il
prezzo dell’azione che, finché le cose vanno bene, salirà;
• incassare una parte degli utili se la società decide di non tenerseli in pancia,
ma di versarli nelle casse degli azionisti. Questo incasso si chiama dividendo:
le società che vanno male non lo erogano, ma possono anche non darlo
società che vanno benissimo. Esempio principe è quello di Microsoft che
per anni, pur macinando utili, non ha mai dato dividendi perché investiva
tutto nella crescita. Ovviamente il guadagno in termini di prezzo del titolo
è stato enorme, perché comprendeva anche i soldi non distribuiti come
dividendi che, invece, sono sottratti direttamente all’azione;
• intervenire in assemblea e dire la propria sul governo della società.

Vantaggi e svantaggi
Poter intervenire in assemblea non è un vantaggio economico diretto. In genere,
un piccolo azionista non conta nulla e non interviene in assemblea. Questo
diritto, però, a volte, è una fonte indiretta grandissima di guadagno.
Si pensi a una società quotata in cui il principale azionista che comanda ha
il 30% delle azioni (spesso per comandare basta meno del 50%), ma dove c’è
un investitore che vuole prendere il posto. Per farlo deve comprare azioni e
superare il 30% del principale azionista. Andrà quindi da tutti i piccoli rispar-
miatori che hanno una quota piccolina e chiederà loro di vendergli queste
quote in modo che, sommandole, avrà più del 30%, magari il 70%. A che prez-
zo glielo venderanno i piccoli risparmiatori? Al valore delle sole prospettive
della società o potranno magari vedersi offerto qualcosa di più grazie alla loro
posizione di forza, per cui non vendono solo un pezzo di società, ma anche

36
Le forme di investimento

un pezzo di quei diritti di voto che, messi insieme, ne offriranno il controllo?


Per i piccoli risparmiatori quel diritto vale zero. Ma per il nostro investitore vale
molto. Quindi il prezzo che sarà disposto a “sganciare” terrà conto non tanto
del valore per i piccoli risparmiatori, ma anche di quanto vale per l’investitore
alla conquista della società e questo farà lievitare i prezzi di vendita, e non di
poco. Certo non è un caso che capita spesso, ma quando capita è una manna.
Ovviamente tutti i vantaggi dell’azionista implicano anche svantaggi. Abbiamo
già visto che gli azionisti subiscono le perdite. Ma c’è di più. Se la società fallisce,
gli azionisti sarebbero quelli che più probabilmente finiscono senza avere un
soldo in tasca: infatti, quando una società fallisce e si liquidano tutte le proprietà,
i magazzini, i crediti e la liquidità in cassa sono pagati per primi tutti i creditori
(fisco, dipendenti, banche, bondisti) e solo se avanza del denaro qualcosa vie-
ne in tasca agli azionisti. Con il crack Parmalat gli azionisti non ebbero nulla,
mentre gli obbligazionisti ricevettero in cambio azioni della “nuova Parmalat”.
Questo spiega anche perché le azioni siano uno degli strumenti d’investimento
potenzialmente più redditizi: il rischio è maggiore e là dove il rischio è elevato
il rendimento, che è un premio per chi sostiene il rischio, è più alto.

Le caratteristiche
Le azioni possono avere caratteristiche differenti: per esempio (è il caso delle
azioni di risparmio, un tempo abbastanza diffuse) avere delle limitazioni nei
diritti di voto (che in alcuni casi come sappiamo sono importanti anche eco-
nomicamente) in cambio di dividendi più alti rispetto a quelli staccati dalle
azioni ordinarie. Si tratta in ogni caso di variazioni sul tema azionario.
Un’azione in genere è identificata dal suo nome (per esempio Enel), ma anche
da altri elementi, tra cui quello principale è il codice Isin (nel caso di Enel è
IT0003128367), un codice alfanumerico che identifica solo quel titolo e nessun
altro e le cui prime due lettere indicano spesso (ma non sempre, perché ci
sono anche codici internazionali) il paese d’origine (per esempio IT di Italia
nel caso di Enel, DE di Germania nel caso di Volkswagen il cui codice Isin è,
invece DE0007664005 e via dicendo...).
La tassazione sui guadagni delle azioni è al 26% più la patrimonialina (cioè
un’imposta) del bollo sul conto titoli pari allo 0,2% annuo, che grava diretta-
mente sul valore del portafoglio.

Come valutarle
Valutare le azioni è un’attività complessa e soprattutto non è una scienza esat-
ta. Tuttavia esistono modi per tentare di dare delle valutazioni con un colpo
d’occhio. Il più noto e semplice è quello dei multipli.

37
Investire per il futuro

Le bolle speculative
L’euforia irrazionale, come la chiama il Nobel per l’economia Schiller, è una delle
caratteristiche che più colpiscono chi opera sul mercato. Il primo caso ben docu-
mentato nella storia risale al secolo XVII in Olanda ed è noto come la “Bolla dei
Tulipani”: dalla fine del secolo precedente si era venuta a diffondere in Europa la
coltivazione dei tulipani, provenienti dalla Turchia: varietà strane di tulipani vennero
considerate sempre più come un bene di lusso. Nel corso degli anni i prezzi dei
tulipani iniziarono a crescere e il mercato dei bulbi fu inteso come il mercato della
promessa dei fiori futuri che il bulbo avrebbe generato. Si pagava un acconto e poi
alla consegna del tulipano fiorito si sarebbe pagato il prezzo pattuito. Ne nacque un
continuo gioco al rialzo: un bulbo poteva essere scambiato per 2.500 fiorini, quanto
25 tonnellate di burro e 90 maiali. L’euforia irrazionale faceva pensare agli specula-
tori olandesi che il prezzo sarebbe salito ancora e che avrebbero potuto rivendere
i loro bulbi con un forte guadagno. Fino ai primi di febbraio del 1637, quando
un’asta di bulbi ad Harleem andò deserta. E fu il panico. Di colpo nessuno volle più
acquistare tulipani e tutti li volevano vendere. Ma soprattutto chi aveva stabilito un
acquisto a termine (future) dei bulbi, cioè i fioristi, si ritrovò sul lastrico, perché aveva
promesso di pagare agli agricoltori un prezzo ora insostenibile.
Questo fenomeno ebbe modo di ripetersi diverse volte nella storia dei mercati,
come dimostrano la bolla dei mutui subprime con il conseguente crack Lehman del
2008 e il crollo dei mercati cinesi nell’estate del 2015. I meccanismi sono gli stessi:
si acquista ad alti prezzi un titolo sperando di rivenderlo a prezzi superiori.
Poi succede l’inimmaginabile la crisi dei subprime fu innestata da una crescente
consapevolezza degli operatori di un indebitamento eccessivo, ma scatenò le sue
più gravi ripercussioni un anno dopo, quando la banca Lehman Brothers fu lasciata
fallire. La crisi cinese del 2015 scoppiò dopo alcune mosse delle autorità cinesi che
tentavano di mettere un freno a una situazione di prezzi divenuta eccessiva. La lezio-
ne è che a inseguire questi fenomeni di crescita dei prezzi spesso si rischia troppo.

Il metodo dei multipli funziona esattamente come il prezzo al metro quadro


delle case, che ci dice che, tra due case di dimensioni diverse, quella più cara
non è quella che costa di più, ma quella che costa di più al metro quadro. Se
nel caso delle abitazioni si contano i metri quadri, nel caso delle azioni si con-
tano invece i soldi. In particolare gli utili (cioè i guadagni della società divisi
per il numero delle azioni, in modo da poterli confrontare agevolmente) e il
valore contabile (cioè quanto varrebbe la società se fosse liquidata). Quindi, al
posto del prezzo al metro quadro delle case, per le azioni abbiamo, tra gli altri,
il rapporto prezzo/utili e il rapporto prezzo/valore contabile. Tra due società

38
Le forme di investimento

quella che li ha più alti è la più cara (e viceversa). Per avere un’idea più chiara
pensiamo che il rapporto prezzo/utili indica quanti anni occorrono affinché gli
utili della società ripaghino la spesa fatta per acquistarne le azioni. Più questo
rapporto è alto, più lungo è il tempo necessario per ripagare (e viceversa).
Attenzione: abbiamo detto tra due società, perché questi indicatori sono buoni
solo per fare dei confronti (con altre società o con la media del mercato), e non
esiste un valore “ottimale” in termini assoluti. Questo tanto più che il valore dei
multipli varia nel tempo, per esempio tende a essere alto quando l’economia
corre e basso quando l’economia ristagna. Infine, non va dimenticato un ultimo
problema (non da poco): gli utili variano di anno in anno e occorre tenere
conto di questo fenomeno per non subire ingannevoli effetti “miraggio”, consi-
derando nel proprio giudizio magari solo i risultati di annate eccezionalmente
buone o di annate eccezionalmente cattive che possono distorcere la realtà.

Obbligazioni e titoli di stato


Le obbligazioni sono l’altro grande “principe” dei prodotti finanziari. Mentre
le azioni sono un pezzettino di proprietà della società in cui si va a investire,
le obbligazioni non sono altro che un prestito che si fa alla società.
In quanto creditore di una società, si ha un diritto superiore di essere ripagato
in caso di fallimento rispetto agli azionisti. Ma c’è di più. Innanzitutto, mentre
il prezzo di un’azione può variare in infinite direzioni a seconda di come
vanno i conti della società e, quindi, anche quintuplicare nel giro di pochi
anni, come ridursi a un quinto, il prezzo delle obbligazioni è molto più stabile.
Se una società è solvibile, cioè non è a rischio fallimento, le obbligazioni sono
sempre ripagate a un valore prestabilito che per convenzione viene indicato
a quota 100 (cento centesimi).
La fonte di guadagno principale di un’obbligazione sono le cedole, cioè il
pagamento degli interessi (di solito annuale o semestrale, più raramente trime-
strale) cui l’obbligazione dà diritto. Questi interessi possono essere sotto forma
di una somma fissa, per esempio il 4% del valore complessivo del prestito, o
in forma variabile secondo parametri prestabiliti (per esempio legati ai tassi
d’interesse o al livello d’inflazione, caso non infrequente con i titoli di stato).
Un’obbligazione può prevedere di mescolare cedole fisse e cedole variabili
(per esempio fisse per i primi 2 anni del prestito e variabili per gli anni suc-
cessivi). Nel campo dei tassi variabili c’è un’infinità possibilità:

• cedole a tasso variabile legate a un tasso d’interesse (per esempio l’euribor,


il prezzo a cui si prestano i soldi le banche) e aggiungerci qualcosa in più
(per esempio euribor +2%);

39
Investire per il futuro

• cedole con fissati ulteriori paletti che indicano un minimo (se il tasso euribor
scende sotto il 3% la cedola sarà comunque del 3%), o un massimo (se il
tasso sale sopra il 6% la cedola non supererà il 6%) o sia un minimo che
un massimo (minimo 3%, massimo 6%);
• cedole che sono pari alla differenza di due tassi (per esempio tasso swap
a 8 anni meno tasso swap a 2 anni, là dove il tasso swap è un tipo di tasso
sul mercato), oppure subordinate a determinati eventi.

E ancora, come abbiamo visto, con i titoli di stato ci può essere un legame
tra carovita e cedole. Un titolo potrebbe anche non dare delle cedole, ma
pagare gli interessi una sola volta, a scadenza. È il caso dei titoli zero coupon.
Per esempio un’obbligazione che tra un anno sarà rimborsata a 100 e che si
acquista a un prezzo “scontato” pari a 95. In tal caso il guadagno sarà quel 5
di differenza tra quanto si paga oggi e quanto sarà dato tra un anno.
Questo è il meccanismo utilizzato, per esempio, per i titoli di stato italiani
a breve scadenza (BoT e CTz che sono di durata non superiore ai 2 anni),
i più noti tra il pubblico. In sintesi, la cosa importante da sapere è che le ob-
bligazioni possono far guadagnare tramite le cedole in diverse maniere e che
a volte l’ammontare del guadagno è noto fin dall’inizio (tasso fisso), mentre
altre volte dipenderà da un futuro che non si conosce (tasso variabile). Per
questo le obbligazioni sono un mondo assai complesso.
Le cedole sono uno solo dei modi con cui si può guadagnare dalle obbli-
gazioni, tipicamente quello in cui si comprano le obbligazioni al momento
dell’emissione (quando la società o lo stato che le emette chiedono i soldi
per finanziarsi) e si vendono al momento del rimborso (quando la società o
lo stato paga i suoi debiti).
Tuttavia (soprattutto se un’obbligazione è quotata, il che vale sempre nel caso
dei titoli di stato), è possibile anche acquistarla in Borsa dopo l’emissione e
venderla in Borsa prima del rimborso, guadagnandoci o perdendoci sul prezzo.
Pensate, per esempio, a un bond (cioè un’obbligazione) che stacca cedole
del 4% che in emissione pagate 100 euro e che viene quotato. Dopo qualche
tempo il suo prezzo scende a 90. In quel momento lo comprate e lo tenete
fino a scadenza, quando è ripagato a 100. Alla fine il guadagno arriverà non
solo dalle cedole del 4%, ma anche dalla differenza tra i 100 euro rimborsati
e i 90 spesi, quindi altri 10 euro che si aggiungono al gruzzolo. Viceversa, se
si acquista a un prezzo più alto di quello a cui si rivende o a cui sono rimbor-
sati, la perdita va tolta dalla somma delle cedole incassate, per determinare il
guadagno complessivo. Si potrebbe anche scoprire che anziché guadagnare, si
ha perso. Per esempio, se avete acquistato a 100 un bond rivenduto a 90 e nel
frattempo avete incassato solo due cedole del 4% il guadagno con le cedole
è stato 8, la perdita sui prezzi 10, la perdita complessiva pari a 2.
Ma perché i bond, una volta quotati, possono avere un valore diverso rispetto
a quei due paletti fissi che sono il prezzo di emissione e quello di rimborso?

40
Le forme di investimento

Il motivo è presto detto: i tassi d’interesse variano nel tempo, e questo in-
fluenza i prezzi dei bond.
Poniamo di sottoscrivere a 100 i bond di una società, la cedola sia del 4% e
che il rimborso sia previsto dopo 10 anni a 100. Dopo 2 anni, i tassi d’interes-
se sul mercato per una durata di 8 anni sono saliti al 6%. Ciò significa che in
quel momento c’è qualcuno che emette un bond a 100, lo ripaga a 100 dopo
8 anni e dà ogni anno il 6%.
Quello che si ha in mano, che dà solo il 4%, è chiaro che valga meno del “cu-
gino”, che stacca cedole più grasse. Se lo si vende in quel momento a qualcun
altro, per renderlo appetibile, si dovrà offrire un prezzo che ripaghi l’acquirente
il peso delle minori cedole. In soldoni: il titolo in 8 anni con cedole del 4%
offrirà in tutto un guadagno pari a 4 x 8 = 32, l’altro titolo che dà cedole del
6%, in 8 anni offrirà un guadagno pari a 6 x 8 = 48. La differenza deve essere
in qualche modo ripagata. Quindi, semplificando, il titolo in mano non varrà
più 100, ma solo 100 - 16 = 84. Ecco spiegata la variazione di prezzo.
Questo è un caso limite, che fa riferimento a titoli analoghi e alla situazione
di mercato. Ma ovviamente possono succedere anche molte altre cose.
Per esempio non variano i tassi, ma la società di cui si ha comprato il bond
finisce in uno scandalo che rischia di mettere in crisi i suoi conti, perché po-
trebbe costarle fior di quattrini di risarcimenti in tribunale. Un acquirente per
acquistare il titolo potrebbe non accontentarsi del 4% e pensare che per ripagare
il rischio che la società fallisca per colpa di un giudice troppo severo potrebbe
comunque chiedere il 6%: ecco che il bond sul mercato varrebbe di nuovo 84.
La tassazione sui guadagni dalle obbligazioni è al 26% se sono emesse da società,
ma scende al 12,5% nel caso di titoli di stato italiano o esteri e di enti sovranazio-
nali. Anche in questo caso c’è la patrimonialina del bollo pari allo 0,2% annuo.
Il mondo dei bond può prevedere molte altre sfumature. Vediamone alcune
senza pretesa di esaustività, limitandoci a quelle più rappresentative.

Identificare un’obbligazione
Le obbligazioni in genere sono descritte attraverso tre elementi: il nome dell’e-
mittente, la cedola e la data di scadenza. Per esempio il titolo BEI – 3,5% –
15/04/2027 è emesso dalla Banca europea degli investimenti, stacca una cedola
(annua) del 3,5% e verrà rimborsato il 15 aprile del 2027. Altre indicazioni utili
a definire il titolo sono la valuta in cui è emesso (euro, dollaro Usa, sterlina ecc.)
e, per identificarlo, come nel caso visto prima per le azioni, il codice Isin (qui è
XS0755873253), che definisce il titolo in maniera del tutto inequivocabile.

41
Investire per il futuro

• Bond subordinati Non è detto che tutti i prestiti siano uguali. Qualcuno
potrebbe essere regolamentato in modo da essere meno importante di
altri, cioè venire dopo gli altri nel ripagamento in caso di crack. Sempre e
comunque prima delle azioni, ma dopo gli altri bond. Per esempio i casi di
Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti del 2015. Gli obbligazionisti
“senior” (cioè quelli che vengono prima dei subordinati nei pagamenti) sono
stati tutti quanti salvati. Gli obbligazionisti subordinati hanno fatto la stessa
fine degli azionisti perdendo tutto (salvo provvedimenti governativi a tutela

Tipi di obbligazioni e di titoli di stato

Obbligazioni in base ai tassi


Zero coupon Non danno cedole periodiche, si acquistano a un prezzo scontato.
Il rendimento è la differenza tra il prezzo di rimborso e il prezzo scontato
Tasso fisso Staccano una cedola periodica (di solito ogni 6 mesi/un anno) che si conosce
anticipatamente, fissa o variabile (per esempio crescente) nel tempo
Tasso variabile Staccano una cedola periodica che varia nel tempo a seconda di un
parametro prefissato
Indicizzate a un tasso di mercato (per esempio euribor)
Indicizzate a un tasso di mercato più una percentuale fissa (per esempio
euribor +1%)
Indicizzate all’inflazione (spesso prevedono una rivalutazione del capitale
finale in base all’inflazione)
Indicizzate alla differenza tra due tassi di mercato (per esempio tasso a 8 anni
meno tasso a 4 anni)
Indicizzate con un parametro di cui sopra più un rendimento fisso minimo

Indicizzate con un parametro di cui sopra più un rendimento fisso massimo


Indicizzate con un parametro di cui sopra più un rendimento fisso minimo
e uno massimo
Indicizzate in base all’andamento del Pil di una nazione (per esempio titoli
di stato di nazioni fallite in passato)
Tasso misto Per un po’ staccano cedole con tasso fisso, poi staccano cedole a tasso variabile
Convertibili Oltre alle cedole, hanno la facoltà di essere convertiti in azioni (se il titolo
azionario sale oltre certi livelli ciò offre un guadagno aggiuntivo)

Obbligazioni in base alla solvibilità

Senior Sono le prime a venir pagate in caso di fallimento

Subordinate Sono pagate solo se sono già stati ripagati per intero i creditori senior

42
Le forme di investimento

dei piccoli obbligazionisti). Ovviamente queste obbligazioni, per il solo fatto


di essere meno sicure delle altre, danno in cambio una ricompensa: offrono
di norma cedole più alte. All’acquirente rimane pertanto la scelta tra fare
più soldi (con meno certezze) o farne meno (con più certezze).

• Bond convertibili Si tratta di una forma di bond molto particolare per-


ché è a metà strada tra un’obbligazione e un’azione. In particolare sono
obbligazioni che, a determinate condizioni, possono essere scambiate con
azioni. Il loro rendimento dipende quindi dalla cedola (in genere più bassa
rispetto a quella che la società emittente dovrebbe pagare se vendesse un
bond senza questa possibilità) e dalla maniera in cui si evolverà l’azione
collegata all’obbligazione. Se l’azione va male, il bond non decollerà; se
l’azione va bene questo si rifletterà nel valore del bond in maniera posi-
tiva. Dicevamo che sono una via di mezzo tra obbligazioni e azioni non
solo per questa loro caratteristica, ma anche perché sul mercato tendono
a comportarsi come le azioni, ma smussandone alti e bassi come i bond.
Nella tabella alla pagina accanto riportiamo comunque un riassunto di tutte
le diverse tipologie di obbligazione che abbiamo fin qui raccontato.

I tassi d’interesse
Non esistono metodi miracolosi per prevedere se la Borsa tra un anno sarà
cresciuta o meno, ma, grazie alle obbligazioni e ai loro rendimenti, esistono
strumenti in grado di segnalare con una certa approssimazione se il futuro di
mercati ed economie sarà brillante, o se piuttosto non sarà necessario man-
tenere un comportamento prudente. Tra questi uno dei più semplici e diffusi
è la curva dei rendimenti.
Ecco come si costruisce, come funziona e come la si può interpretare. Il tas-
so d’interesse di un’obbligazione rappresenta la remunerazione del rischio
di prestare a qualcuno il proprio denaro e dipende principalmente da due
fattori: l’affidabilità di chi prende in prestito il denaro (più è inaffidabile più
dovrà essere disposto a pagare in termini di tassi) e la durata del prestito (in
genere, ma come vedremo ci possono essere eccezioni, più si presta il denaro
a lungo, più si ha diritto a interessi elevati).
Escludiamo dall’analisi il primo elemento (l’affidabilità) e concentriamoci
sul secondo: la durata del prestito. Se mettiamo in fila dalla scadenza più
breve a quella più lunga gli interessi dati dai vari titoli, rappresentandoli
graficamente, otteniamo una linea, chiamata, appunto, curva dei rendimenti,
che ci descrive la struttura dei tassi d’interesse in base alla loro scadenza.
Questa curva si muove nel corso del tempo alzandosi e abbassandosi e mu-
tando la pendenza. Ogni posizione ha un significato. Vediamo le posizioni
più importanti:

43
Investire per il futuro

• la curva è inclinata positivamente, ossia parte in basso a sinistra e sale in


alto a destra. È il caso più comune ed è quello in cui si può stare tranquilli: il
mercato si attende che l’economia cresca. L’investitore può stare abbastanza
sereno;
• la curva dei tassi è piatta, al più un poco incurvata al centro: sui mercati c’è
incertezza. L’investitore deve iniziare a sentire aria di bruciato;
• la curva dei tassi è inclinata verso il basso (cioè va da in alto a sinistra a in
basso a destra, l’inclinazione è comunque abbastanza lieve): siamo di fronte
a una prospettiva di crisi.

Quanto sono sicuri?


I titoli di stato sono sicuri? E le obbligazioni? Dipende dagli stati e dalle so-
cietà. E spesso è facile fare confusione. Ci sono alcuni grandi casi storici che
insegnano i rischi di questi investimenti.

• Il caso dell’Argentina All’inizio del XX secolo il paese era considerato uno


dei più ricchi e promettenti, poi l’economia non è mai decollata veramente e il
paese ha fatto default diverse volte nella seconda metà del secolo. L’episodio
più catastrofico è stato nel 2001. Se è vero che i default spesso avvengono
da un giorno all’altro con un precipitare degli eventi rapido e in larga parte
imprevisto, che ci fosse stato qualcosa che non andava lo si poteva capire
già prima dagli alti rendimenti che il paese sudamericano offriva a chi gli
prestava denaro. E come mai, nonostante questo, molte migliaia di italiani
sono rimasti coinvolti nel crack?
Per ripensare alla crisi argentina bisogna ripensare a quegli anni a cavallo
tra la fine dello scorso secolo e il nuovo. L’Italia aveva appena agganciato
l’Europa e l’inflazione e i tassi d’interesse sui titoli di stato e in particolare su
quelli a breve termine, i BoT, erano scesi molto rapidamente. Gli investitori
italiani erano abituati a tassi d’interesse molto alti con investimenti (i BoT)
che alla fine si sono rivelati assai sicuri.
Quando i tassi italiani sono scesi, hanno cercato alternative, ma abituati
com’erano a rendimenti anche a due cifre, non hanno pensato che gli elevati
interessi offerti dall’Argentina fossero un campanello d’allarme.
Per la cronaca, il crack argentino ha causato perdite fino al 70% negli investi-
menti, ma soprattutto ci sono voluti alcuni anni perché fosse possibile rientrare
in possesso dei propri soldi. Solo un manipolo di tenaci sono riusciti a spun-
tare qualcosa di buono in termini di rendimenti, ma hanno dovuto attendere
15 anni e lottare per tutto quel tempo nelle aule dei tribunali. Segno
che spesso il gioco non vale la candela. L’esperienza argentina ha in-
segnato che è molto importante prestare attenzione anche alla storia
degli stati debitori.

44
Le forme di investimento

• Il caso Parmalat In questo caso il debitore fallito (a fine 2003) è una so-
cietà. Attiva nel settore del latte, quindi, un settore tutto sommato tranquillo,
perché l’alimentare è poco soggetto ad alti e bassi, Parmalat era un nome
noto in tutta Italia anche a livello storico, tanto che sono stati molti i piccoli
risparmiatori che si sono lasciati ingolosire dai suoi bond. Qui la crisi è
scoppiata quando è venuto alla luce un enorme buco nei conti, frutto di anni
e anni di bilanci truccati, che ha portato a una lunga serie di procedimenti
giudiziari che si sono conclusi dopo molti anni. In questo caso, diversamente
da quanto successo per l’Argentina, il fallimento si è risolto trasformando
le obbligazioni in azioni della nuova società uscita dalla procedura di am-
ministrazione controllata. Le perdite sono state tanto pesanti quanto quelle
dell’Argentina.
Da allora il sistema si è reso molto più responsabile nel prevenire truffe
contabili, tuttavia è un dato di fatto che in caso di società private qualche
rischio di questo genere sia sempre possibile.
Due gli insegnamenti: il primo è che chi diversifica su obbligazioni di più
emittenti può diminuire il rischio acquistando portafogli diversificati di titoli,
per esempio attraverso un fondo, il secondo che è sempre importante tenersi
aggiornati sulle notizie delle società in cui si è investito. La crisi di Parmalat
è stata rapida, ma ci sono volute comunque alcune settimane perché fosse
chiaro quello che era successo e che sotto vi era una truffa. In questi casi
può essere utile liberarsi dei titoli accettando una perdita, senza troppa
nostalgia.

• Il crack Lehman Risale al 2008 ed è figlio della crisi subprime americana,


ossia dei mutui di scarsa qualità che tra il 2007 e il 2008 hanno portato a
una delle più grosse crisi del dopoguerra. La Lehman Brothers era una delle
grandi banche americane, con alle spalle una storia lunghissima più che
centenaria ed era uno dei salotti buoni della finanza, uno di quei nomi che
sembrano dover esistere per sempre.
Senza entrare nei dettagli della crisi, la lezione che ci insegna Lehman è
quella di non lasciarsi troppo ingannare di fronte a un blasone di nobiltà.
Il fatto che una società sia un nome famoso non vuol dire che sia garanzia
di sopravvivenza.

• La crisi greca Anche qui siamo di fronte a uno stato. Ma di fronte a uno
stato speciale, uno stato dell’eurozona con cui condividiamo alcune istitu-
zioni tra cui la moneta unica. Fino al suo default nel 2012 si era a lungo
sperato che il paese potesse venire salvato dai partner europei. Le lunghe
discussioni in seno all’Europa hanno illuso i risparmiatori che si arrivasse
prima o poi a un salvataggio di Atene, nonostante la situazione del paese
fosse catastrofica. Ci sono state numerose promesse di solidarietà, ma alla
fine è stato tutto inutile. La lezione è che di fronte a grandi crisi epocali,

45
Investire per il futuro

come è stata quella greca, spesso le soluzioni prospettate non sono sempre
quelle messe in atto: se si è un piccolo investitore, quando c’è maretta,
conviene spesso correre ai ripari, anche accettando perdite, perché non si
ha il paracadute.

Conti di deposito (libretti bancari)


I conti di deposito (così come i libretti postali e quelli bancari) sono, tra tutte le
forme di investimento, quella più semplice in assoluto. Di fatto sono un salva-
danaio (con il vantaggio che è prevista una piccola remunerazione, in genere
trimestrale o annuale), che si può rompere in ogni momento (tranne per la
forma “vincolata”, una sorta di cassaforte temporizzata che si apre solo dopo 3,
6, 9, 12 mesi e che per questo rende un po’ di più del normale salvadanaio).
Fino a 100.000 euro i soldi sono messi al sicuro da tutto un complesso sistema
di garanzie messe in piedi da leggi italiane e regolamenti europei (vedi riquadro
“I fondi interbancari” qui accanto). Essendo lo strumento più affidabile perché
difficilmente fallisce (entro i 100.000 euro), non è soggetto ad alti e bassi di
Borsa ed è facilmente liquidabile, i suoi rendimenti sono davvero bassi.
Tuttavia, nel tempo, è stato spesso possibile ricavarne qualcosa in più sfrut-
tando le promozioni offerte dalle diverse banche per attirare nuovi clienti. Si
è sempre trattato di misure “provvisorie” ed estemporanee, ma con cui, tutta-
via, con un po’ di attenzione e considerando la propria infedeltà alla banca
come una virtù anziché come un vizio, poteva portare risultati interessanti
in termini di rendimento. Questo è però il prodotto che ha più sofferto del
periodo di bassi tassi in Europa seguito alla crisi della Grecia, con cui via via
si è arrivati a rendimenti di mercato pari a zero, al punto che le promozioni
sui conti di deposito sono diventate uno strumento di reclutamento assai
costoso. La tassazione sugli interessi è attualmente al 26%, a cui va aggiunta
una patrimonialina, il bollo, dello 0,2%, salvo che giuridicamente non si tratti
di un conto corrente, per cui sono 8,55 euro di bollo trimestrale per giacenze
medie sopra i 5.000 euro.

La sicurezza dei conti correnti


Le norme europee messe in cantiere dopo la crisi di Cipro prevedono che i
conti correnti godano di una “assicurazione” per ogni banca e ogni depositante
fino a 100.000 euro. Per ogni banca significa che se si possiedono 200.000
euro divisi a metà in due banche diverse e per somma sventura falliscono
entrambe, si è assicurati per 200.000 euro.

46
Le forme di investimento

Per ogni depositante significa che con due conti da 75.000 euro presso una
banca, non si vanno a vedere i singoli conti, ma si somma l’importo (150.000
euro) e la somma “protetta” è sempre di 100.000 euro. E così, con un solo
conto cointestato, la garanzia di 100.000 euro va moltiplicata per il numero
dei cointestatari. Attenzione: la garanzia vale per depositi, conti correnti, asse-
gni circolari, certificati di deposito nominativi (nominativi, non al portatore).
Non sono garantite forme diverse di investimento come le obbligazioni (salvo il
caso delle Banche di credito cooperativo, per cui in alcuni casi c’è un apposito
fondo di garanzia). I tempi di rimborso sono fissati in 7 giorni lavorativi dalla
data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa della banca.
Nella pratica, i problemi dei correntisti possono essere comunque risolti ben
prima della liquidazione coatta e quindi il fondo non scatta neppure, d’altro
canto la liquidazione non è un procedimento che necessariamente parte
immediatamente quando scoppia la crisi di una banca. Insomma, tra teoria e
pratica ci possono essere alcune differenze.
In ogni modo il Fondo interbancario di tutela dei depositi interviene solo
quando oramai la situazione è disperata: quando una banca va male e viene
liquidata si fa i conti dei soldi che avanzano e si redistribuiscono tra i creditori.
Se i soldi non bastano si paga solo chi ha priorità più alta. I primi a restare
a bocca asciutta sono gli azionisti, poi vengono gli obbligazionisti e solo in
ultima istanza ci sono i correntisti. Ed è, quindi, solo se i soldi avanzati sono
troppo pochi per pagare pure i correntisti che deve intervenire il Fondo in-
terbancario. E questo accade solo quando una banca muore, e spesso si evita
di arrivare a tanto.
Altroconsumo vi aiuta a scoprire come sta la vostra banca. Al link www.
altroconsumo.it/soldi/conti-correnti potete trovare informazioni sempre
aggiornate sull’affidabilità degli istituti di credito.

I fondi interbancari
Oltre al Fondo interbancario di tutela dei depositi (www.fitd.it) che copre molte ban-
che italiane, ma non tutte, ce n’è uno apposta per le Banche di credito cooperativo
(Bcc), il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo (www.fgd.bcc.it).
Nel caso delle Bcc esiste poi anche il Fondo di garanzia dei portatori di titoli obbliga-
zionari emessi da banche appartenenti al Credito cooperativo (www.fgo.bcc.it) che,
però, copre, a determinate condizioni, solo alcune emissioni su cui è stata prevista
esplicita garanzia, visibili su www.fgo.bcc.it/geremodoc/default.asp.

47
Investire per il futuro

Scegliere il miglior conto


Attenzione che se alla base di un buon investimento c’è sempre un buon
risparmio, alla base di un buon risparmio c’è sempre un contenimento delle
spese. E questo vale anche per le operazioni bancarie di tutti i giorni.
Non tutte le banche fanno pagare nella stessa maniera i loro servizi, quindi
passando da una banca a un’altra, a seconda dell’uso che si fa del conto corrente
(minimale, solo domiciliazioni, massiccio, con anche frequenti operazioni di
acquisto e vendita titoli), si può arrivare a risparmiare anche diverse centinaia
di euro l’anno. La scelta, comunque, non è facile, perché confrontare diverse
banche richiederebbe allo stesso tempo il lavoro di consultare molte decine di
fogli informativi. Altroconsumo offre una scorciatoia: si tratta del comparatore
di centinaia di dati di conti correnti. Si trova sul sito www.altroconsumo.it/
finanza/risparmiare/conti-correnti.

Il risparmio gestito
Abbiamo già detto che la diversificazione è fondamentale per ridurre il rischio;
questo porta dritti al mondo del risparmio gestito, ossia dei fondi comuni. Che
cos’è un fondo comune? Di fatto è un portafoglio ben diversificato di titoli
che possono essere tutti azioni, tutti obbligazioni o un miscuglio di entrambi.
Di questo portafoglio se ne può acquistare anche solo un po’ (una quota),
comprando con pochi soldi e poco sforzo un intero mondo diversificato.
Il vantaggio è evidente: si tratta di una diversificazione adatta per tutte le tasche,
un capitalismo parcellizzato. Dietro a questi prodotti è posto un gestore che
si preoccupa di comporre il portafoglio dei fondi (da qui il termine risparmio
gestito) togliendo il cruccio di dover ragionare su come disporre dei soldi.
La storia dei fondi comuni è lunga alcuni decenni, ma in Italia la loro isti-
tuzione risale solo degli anni Ottanta, e non sono mancati neppure sviluppi
relativamente recenti come la nascita degli Etf dopo il 2000 (si tratta di
particolari fondi che si comprano in Borsa, vedi oltre). Parlando di rispar-
mio gestito faremo, quindi, riferimento ad alcune tipologie di prodotti. In
particolare ci occuperemo di fondi comuni (propriamente detti), di Sicav
(Società di investimento a capitale variabile) e degli Etf, con i loro cugini
che investono in materie prime e valute. La tassazione di questi prodotti in
termini di aliquote è analoga a quella di azioni e obbligazioni. Non parleremo,
invece, di alcune forme di risparmio gestito come le gestioni patrimoniali
che da un lato non sono altro che delle variazioni sul tema dei fondi comuni,
da un altro lato sono prodotti che al momento riscontrano una diffusione
minore rispetto al passato.

48
Le forme di investimento

Fondi comuni
L’idea alla base dei fondi comuni è creare un portafoglio diversificato di titoli
e venderlo ai risparmiatori spezzettandolo in piccole quote alla portata di
tutti. In Italia questi prodotti sono stati introdotti solo nella prima metà degli
anni Ottanta, anche se sul mercato nostrano erano già disponibili alcuni fondi
comuni nati all’estero e di diritto straniero, ma pensati per essere commercia-
lizzati da noi. Il motivo è che l’Italia è stato a lungo un paese finanziariamente
povero e la Borsa è stata a lungo un parterre di lusso e per molti anni è stato
possibile acquistare titoli di stato a tassi particolarmente convenienti. Poi, con
gli anni Ottanta e la ricchezza diffusa, c’è stata la necessità di portare anche
da noi questo genere di prodotti.
Vediamone le caratteristiche. In primo luogo i fondi si distinguono per il
mercato di investimento, le cui categorie tradizionali sono:

• fondi azionari, con cui si comprano azioni tratte da una sola Borsa o da più
Borse insieme;
• fondi obbligazionari, con cui si comprano obbligazioni in euro o in altre
valute o in un mix di valute;
• fondi bilanciati, con cui si comprano azioni e obbligazioni, anche qui con
grandi possibilità di diversificazione;
• fondi flessibili, che offrono la possibilità di investire in azioni o obbligazioni
senza però presentare una caratteristica precisa (azionario, obbligazionario o
un mix bilanciato in percentuali determinate) stabile nel tempo, lasciando a
chi li gestisce la massima libertà di scelta a seconda degli umori dei mercati
e della maniera in cui il gestore è in grado, o meno, di interpretarli.

A differenza delle azioni e delle obbligazioni, questo prodotto complesso mo-


stra delle particolarità in più. La prima è, come abbiamo visto, la presenza di
un gestore, che va comunque pagato per il suo lavoro. I fondi comuni hanno
dunque un costo annuo che è pari a una percentuale del loro patrimonio.
Mediamente intorno all’1% per i fondi obbligazionari, poco superiore al 2%
per quelli azionari. Ciò significa che con 1.000 euro in un fondo azionario,
indipendentemente da come andrà il fondo, 20 euro l’anno finiranno in tasca
al gestore, 10 euro per un fondo obbligazionario.
Visto che, in tempi di vacche magre sui mercati obbligazionari (come il 2021,
per esempio), 10 euro sono, se si è fortunati, più o meno quanto si può gua-
dagnare da un fondo che investe in bond, non si tratta necessariamente di
poco. E anche nel caso di un fondo azionario, dove le possibilità di guadagno
sono maggiori e la somma dovuta al gestore può sembrare ininfluente, è da
considerare con la dovuta attenzione.
E quello della gestione (buona o cattiva) è il problema fondamentale dei
fondi comuni: affidare i propri soldi a un gestore che non è bravo significa

49
Investire per il futuro

perderci o guadagnarci meno di quello che si sarebbe potuto. Per questo è


molto importante valutare attentamente un fondo quando lo si acquista.
Lo strumento principale per valutare il fondo è il benchmark, ossia un indice
di riferimento che descrive l’andamento del mercato in cui investe il fondo
e che funge da termine di paragone. Se il fondo in passato ha battuto il suo
benchmark (cioè ha fatto meglio del mercato in cui investe), probabilmente
il suo gestore ci sa fare e ci si può fidare. Viceversa, no.
È una regola che non vale sempre e in assoluto. Ci sono gestori che per qualche
anno sono i migliori sul mercato e poi, all’improvviso, perdono il loro tocco
magico o la loro capacità di interpretare l’economia e le sue conseguenze
sulle Borse svaniscono. Pur con tutti questi limiti, comunque, il benchmark è
uno strumento utile in molti casi. Per questo i fondi flessibili che, di norma,
non hanno un benchmark per tenersi le mani libere su come investire, sono
tra tutti i fondi quelli che è più difficile valutare e che, nel dubbio, spesso
spingono ad attuare una regola semplice, ma efficace quando si investe: non
capisco, non compro.
Se con le azioni (dove sono in ballo anche grandi guadagni improvvisi) i
gestori dei fondi possono sbizzarrirsi con la loro bravura, nel campo delle
obbligazioni, dove comunque i guadagni sono più limitati, questa bravura
diventa un fattore secondario, ed è secondario soprattutto nei casi dei fondi
che investono in titoli a breve termine (fondi monetari o di liquidità), che per
loro natura scelgono titoli dai rendimenti bassissimi dove fare capriole diven-
ta assai difficile. Bene, qui la scelta molto probabilmente dovrà tenere conto
più dei costi bassi che di supposte bravure dei gestori. Nella tabella in basso
forniamo un breve riassunto delle principali categorie di fondi a disposizione
per gli investimenti, così da avere una panoramica completa.
Per risolvere il problema della qualità della gestione dei fondi, una delle in-
venzioni più utili è stata quella dei fondi indice. Si tratta di fondi che riprodu-
cono fedelmente un mercato comprandone i titoli in una misura pari a quella

Sicav
Il termine è un acronimo e significa Società di investimento a capitale variabile.
Di fatto si tratta di un fondo, né più né meno. Cambia solo la struttura giuridica
per cui, anziché “quote” del fondo, si hanno in mano “azioni” della Sicav, ma la
loro valorizzazione è del tutto analoga a quella di un fondo. In più con la Sicav si
ha diritto di voto quando ci sono le assemblee, ma, dal momento che difficilmente
partecipereste, si tratta più che altro di “carta” che arriva a casa per posta.

50
Le forme di investimento

degli indici di mercato. Per esempio, se un titolo pesa per il 10% del valore
di una Borsa, un fondo indice che investe in quella Borsa avrà giocoforza il
10% investito in quel titolo. Soluzione semplice ed elegante per evitare che il
confronto con il benchmark possa andare male: il fondo lo riproduce come
una fotocopia. Ovviamente visto il minor sforzo messo in atto dal gestore, in
questo caso i costi saranno più bassi.
Si tratta comunque di una categoria di fondi che per lungo tempo non hanno
avuto un grande successo, finché con il nuovo millennio si non si è presen-
tata una nuova tipologia di prodotti, gli Etf, in pratica dei fondi indice che si
scambiano in Borsa.
Già, perché i fondi comuni, diversamente dalle azioni e dalle obbligazioni, in
Italia, salvo eccezioni, non sono scambiati in Borsa. Si comprano direttamente
in banca o da un promotore finanziario (vale a dire una persona incaricata
della loro vendita) o su portali internet dedicati. Il loro prezzo viene stabilito
quindi una volta sola al giorno (azioni e bond hanno una quotazione che
avviene di continuo) e non è quello a cui vengono comprati quel giorno
stesso, perché ci vuole un po’ di tempo tra ordine di acquisto ed effettiva
emissione della quota.
I fondi comportano quindi, rispetto ad azioni e obbligazioni, una certa
macchinosità che, tuttavia, per un investitore di lungo periodo (uno che
compra titoli oggi per tenerli mesi e poi anni) non impatta solitamente molto
sull’investimento.

Le principali categorie di fondi


Tipologia Rischio Rendimento Investimento
atteso
Liquidità (monetari) Molto basso Molto basso Obbligazioni che scadono a breve
Obbligazionari Basso Basso Titoli di stato, obbligazioni; il rischio e il
potenziale guadagno possono salire, e
non di poco, se i fondi investono in valuta
diversa dall’euro o in emittenti rischiosi
Bilanciati Medio Medio Titoli di stato, obbligazioni, azioni.
Più azioni ci sono più il rischio è elevato
Azionari Alto Alto I fondi investono in azioni: possono
concentrarsi su un’area geografica
(per esempio Italia o America) o su un
settore (banche, energia ecc.)
Flessibili Dipende Dipende Ci può essere dentro di tutto: spesso
servono ai gestori per sfuggire a un
confronto chiaro con il benchmark

51
Investire per il futuro

Lo stesso ragionamento vale, per inciso, quando si vende. E vale anche per i
soldi che si ricavano. In genere ci vogliono 3 o 4 giorni dalla vendita perché
arrivi il bonifico sul conto corrente (sono normalmente 2 giorni con azioni e
obbligazioni). Ma questo problema è anche qui coerente con la natura rela-
tivamente complessa del prodotto.

Etf
Gli Etf sono una sorta di versione evoluta dei fondi. Il termine è un acronimo
(Exchange traded fund) ed è tradotto come fondo che si compravende in
Borsa (come le azioni). Si tratta di fondi indicizzati, ossia (salvo pochi rari
casi) prodotti che replicano esclusivamente il mercato in cui investono, senza
una gestione attiva del risparmio.
Quindi hanno, come primo elemento, spese bassissime di gestione. Nell’ordine
di un quinto rispetto ai fondi comuni normali (già lo 0,4% è un prezzo limite,
quelli che costano di più è perché investono in mercati particolarmente esotici).
Il fatto che siano scambiati in Borsa porta delle conseguenze importantissime.
La prima, e di gran lunga la più evidente, è che non hanno un solo prezzo
al giorno, ma ne hanno uno ogni volta che sono compravenduti (nel caso di
fondi molto scambiati uno in ogni istante).
Il prezzo è guidato dal valore dell’indice che riproducono in quel momento.
Per esempio, un Etf sull’indice Ftse Mib (l’indice che descrive le performance
della Borsa di Milano) è sempre confrontabile in ogni istante con l’evoluzione
del listino meneghino. E questo offre al prodotto una grandissima trasparenza.
Qualche problema in più c’è se si compra un indice che investe in un mercato
che in quel momento è chiuso.
Per esempio, se si compra a Piazza Affari un Etf sull’indice Nikkei 225 della
Borsa giapponese. Tra l’Italia e il Giappone ci sono 8 ore di differenza e quando
la Borsa di Milano è aperta, quella di Tokio ha già chiuso i battenti per andare
a dormire. Un Etf non potrà quindi replicare esattamente Tokyo, ma seguirà
l’andamento di società giapponesi che sono quotate anche su mercati diversi
e che in quel momento sono aperti.
L’acquisto in Borsa comporta però anche un problema: se non c’è nessuno
che me lo vende in quel momento oppure se quando si vende non c’è nes-
suno che l’acquista. È un problema non dissimile da quello che si potrebbe
avere con le azioni, ma non grave, perché i regolamenti di Borsa stabiliscono
che la società che vende l’Etf si occupi anche di garantire che ci sia sempre
mercato. E che il prezzo non si discosti troppo dal valore del mercato a cui
l’Etf si riferisce. Anche l’1% o il 2%, che non è necessariamente poco. Tuttavia,
questo costo implicito (si chiama spread denaro lettera ed è la misura di
quanto la controparte stia tirando l’acqua al suo mulino a vostre spese) può
essere rilevante solo in Etf poco scambiati.

52
Le forme di investimento

Se si sceglie un Etf, quindi, bisogna stare attenti che sia molto scambiato
(la Borsa fornisce statistiche in tal senso e si vede comunque dai grafici, molto
più dettagliati per Etf scambiati) in modo da poter ottenere uno spread de-
naro lettera piccolo, in virtù dell’elevato numero di scambi che riduce questo
genere di costi.
Caratteristica molto importante degli Etf è che hanno avuto un successo com-
merciale enorme. Questo fa sì che tramite questi prodotti si possa acquistare
quasi qualunque tipologia di mercato.
Si possono poi scegliere Etf che staccano dividendi periodici (ogni 3, 6, 12
mesi) e che pertanto ridistribuiscono i dividendi che hanno percepito dalle
azioni in cui investono al loro volta (o le cedole percepite dai bond in cui
investono) oppure Etf che capitalizzano tutti i loro incassi e non danno cedole.

I termini “buffi” della finanza


In finanza i termini sono spesso fantasiosi, ma hanno sempre un piccolo anco-
raggio alla realtà.
Uno dei termini spesso utilizzati è benchmark che è il parametro di confronto,
un indice, con cui si valuta l’andamento di un prodotto finanziario. Secondo
alcuni, il termine viene dai segni (mark) sul bancone (bench) dei mercanti di
stoffe di una volta. Secondo altri, il riferimento (meno poetico) è agli strumenti
dell’agrimensore e quindi si riferisce alla misura dei campi.
Un altro termine molto comune è blue chip, che indica le azioni più importanti
del listino. Da dove viene? Dal gioco del poker dove le fiches (in inglese chip) a
cui è attribuito un valore maggiore sono appunto blu. Inizialmente l’indicazione
era riferita al prezzo delle singole azioni, poi con il tempo è passata a indicare il
valore complessivo delle società. Risalirebbe agli anni Ruggenti.
Mercato orso (quando viene giù), mercato toro (quando è esuberante), in
inglese rispettivamente bearish (da bear, orso) e bullish (da bull, toro), sono
altre due espressioni frequentissime e curiose. Non c’è una spiegazione chiara di
come sono nati. Certo pesa sull’uso di questi termini da un lato l’esuberanza del
toro, che si associa a Borse brillanti, così come la proverbiale pigrizia degli orsi.
Una motivazione storica curiosa dell’uso del termine “orso” sta nel fatto che ai
tempi della bolla speculativa dei mari del sud (la South sea company era una
società che aveva il monopolio del commercio con il Sud America), intorno al
1720, i venditori di pelle dell’orso vendevano la pelle dell’animale prima ancora
di averlo cacciato, speculando così su un ribasso dei prezzi di mercato (infatti
questa strategia di fissare prima il prezzo di vendita è vincente solo se il prezzo
poi effettivamente scende).

53
Investire per il futuro

Il vantaggio di questi prodotti è che ogni guadagno va a ingrossare il prezzo


dell’Etf (non va, dunque, perso) e si ha quindi la possibilità di rinvestire i
soldi che arrivano.
Viceversa è meglio scegliere un Etf che distribuisce dividendi se ser-
ve un reddito periodico con cui integrare lo stipendio o la pensione.
Di Etf ce ne sono grosso modo due tipi.

• Etf a replica fisica Acquistano tutti i titoli dell’indice che vogliono replicare,
così come sono.

• Etf a replica sintetica In questo caso il gestore stipula un contratto con


una banca (chiamato swap), che può arrivare a pesare anche per il 10%
del patrimonio e che garantisce l’aderenza del valore del prodotto a quella
del mercato di riferimento. Questo porta un teorico rischio di insolvenza
qualora la controparte fallisse. Il valore del contratto cambia a seconda delle
variazioni dell’indice di Borsa.

Etc e Etn
Gli Etc (Exchange traded commodities) sono strumenti con cui si investe nelle
materie prime, direttamente (Etc fisici, legati a materie prime effettivamente in
possesso di una banca) oppure attraverso contratti derivati sulle materie prime.
Il loro prezzo è legato, quindi, all’andamento delle materie prime e sono
negoziati come azioni in Borsa.
Ce n’è una gran varietà, da materiali di prodotti agricoli e bestiame (carne
di maiale, caffè, cacao, grano, zucchero, mais, soia, cotone) all’energia (gas,
petrolio ecc.), ai metalli preziosi (oro, palladio, platino, argento), a quelli
industriali (alluminio, rame, nickel, zinco, stagno). Ve ne sono diversi tipi,
anche a leva (cioè moltiplicano gli sbalzi di prezzo di questa o quella ma-
teria prima) e anche short (cioè guadagnano quando il prezzo della materia
prima scende e viceversa).
Gli Etn (Exchange traded notes) sono, invece, strumenti finanziari simili che
investono in titoli o contratti. Funzionano come i precedenti, e come gli Etc
non sono dei fondi.
Permettono investimenti su valute o a leva (cioè moltiplicano gli sbalzi di
prezzo) su mercati finanziari.
In entrambi i casi si tratta di prodotti adatti per un esperto di mercati e non
per un principiante. In primo luogo perché le materie prime sono mercati
assai difficili da valutare e richiedono notevoli conoscenze. In secondo luogo
perché i prodotti a leva sono adatti per fini puramente speculativi e quindi
assai soggetti a forti alti e bassi, per cui, anche qui, siamo di fronte a profili
di rischio notevoli che occorre saper maneggiare.

54
Le forme di investimento

Prodotti postali (buoni e libretti)


Le poste sono tradizionalmente una delle più importanti “banche” del paese,
perché ne svolgono gran parte dei compiti e, per la loro tradizionale capilla-
rità (sono presenti anche nei paesi più remoti di montagna), sono uno degli
intermediari finanziari più noti. Alle poste è possibile fare di tutto, dall’apertura
di un conto corrente alla possibilità di acquistare azioni e obbligazioni, ma
soprattutto due prodotti particolari: i libretti postali e i buoni postali. Si tratta
in entrambi i casi di prodotti emessi da Cassa depositi e prestiti (una sorta di
longa manus del Tesoro italiano, con cui lo stato fa da banchiere facendosi
prestare i soldi dei cittadini) e sono garantiti dallo stato italiano.

• I libretti postali Sono dei depositi a vista (cioè i soldi possono essere prele-
vati in qualsiasi momento), esattamente come un conto corrente. Forniscono
un tasso d’interesse che in passato era anche abbastanza interessante, ma
che, complice la crisi economica, attualmente si è di fatto azzerato.

• I buoni postali Sono forme di investimento finalizzate a durare nel tempo


e, benché ne possa essere richiesto il rimborso prima della scadenza, sono
studiati in modo che la loro convenienza sia massima se mantenuti per tutta
la loro durata. I buoni ordinari sono di fatto delle obbligazioni emesse da
un ente dello Stato e garantite dallo Stato. A differenza dei normali titoli di
Stato, sono disponibili anche per pezzature popolari (dai 50 euro in su),
ma rendono generalmente un po’ meno. Oltre ai buoni ordinari, ve ne sono
diverse altre tipologie, tuttavia la varietà dell’offerta di questi prodotti muta
con il tempo (per esempio a inizio 2021 risultavano sospese le emissioni di
alcune tipologie) e non si tratta sempre di prodotti semplici. Vi sono perfino
alcune emissioni che rapportano le cedole all’andamento di indici di mercati
azionari. Quindi, occorre fare molta attenzione quando li si acquista, perché
non sempre la tradizione di questi prodotti presenti sul mercato da decenni
è scissa da una certa volontà di innovare, con tutti i rischi che comporta
quando l’innovazione dei prodotti si sposa con una maggiore complessità.
A livello fiscale lo stato viene incontro agli acquirenti di buoni postali, perché
la tassazione dei rendimenti è al 12,5% (26% invece per i libretti).

Materie prime
Le materie prime sono un altro ambito di investimento: i prezzi del grano,
della soia e perfino della pancetta, come quelli del rame, dell’oro o del pe-
trolio variano nel tempo e pertanto questi prodotti sono una possibile fonte

55
Investire per il futuro

di guadagno molto grossa. Il problema con questi beni è che il rischio di farsi
male è molto alto. In pratica gli alti e bassi dei loro prezzi sono importanti in
termini dimensionali e con i ribassi si può perdere moltissimo, se si sbaglia
scommessa.
Diversamente che per le azioni, su cui esistono metodologie di scelta ab-
bastanza alla portata di tutti (per quanto non siano perfette), per le materie
prime la complessità di fare delle previsioni le rende adatte più che altro
agli specialisti.
Tutto questo non impedisce che vi siano comunque alcuni strumenti alla
portata di tutti per scommetterci. Infatti, in alcuni casi sono facilmente ac-
quistabili in Borsa: è il caso degli Etc e degli Etn, che abbiamo visto alle
pagine precedenti.

Oro
Tra tutte le diverse materie prime, ne esiste comunque una che merita un di-
scorso a parte: stiamo parlando dell’oro. L’oro, infatti, non solo è una materia
prima, ma da sempre è il bene di scambio per eccellenza, tanto che per secoli
è stato oggetto di monetazione e, più recentemente, tramite il gold standard,
ovvero la convertibilità in oro delle principali valute, è stato anche la stella
polare dei mercati valutari mondiali.
Come le altre materie prime l’oro conserva una certa capricciosità di fondo,
e quindi la particolarità di far perdere potenzialmente molti soldi se si com-
pra al momento sbagliato: per esempio chi lo acquistò a fine anni Settanta,
inizio anni Ottanta, dovette attendere una ventina di anni prima di ritrovarsi
nuovamente in utile.
Tuttavia, ha anche due caratteristiche prevedibili che lo rendono talora una
meta interessante su cui diversificare i soldi:

• è un bene rifugio. Per questo motivo le sue quotazioni tendono a salire


quando ci sono forti marette sui mercati, perché la gente che vende azioni
e obbligazioni reinveste qualcosa nell’oro. Questa tendenza a muoversi di-
versamente dagli altri investimenti lo rende efficace nel diminuire il rischio
dei portafogli in determinate fasi di mercato;
• alla lunga resiste all’inflazione. Mentre scriviamo, a inizio 2021, dopo anni
in cui è rimasta completamente fuori da ogni orizzonte, l’inflazione sembra
timidamente rialzare la testa. Non è ancora cresciuta, ma ci sono timori
sul suo ritorno. E non è un caso che questo ha fatto riprendere vigore alle
quotazioni dell’oro, che sono tornate su livelli relativamente elevate.

56
Le forme di investimento

Oro fisico
Un classico per comprare l’oro sono le monete. Le principali in uso sono le ster-
line (che contengono 7,322 grammi d’oro ciascuna), i marenghi (5,806 grammi
di oro) e il ben più corposo Krugerrand sudafricano (31,103 grammi di oro).
Anche se poi non mancano altre tipologie come dollari Usa e peso. In alterna-
tiva, esistono anche i lingottini da un’oncia troy (31,1035 grammi) e poi a salire.
Attenzione ai prezzi: comprare monete d’oro non è detto sia sempre un affare.
Se si va in un negozio di oreficeria, come a volte capita, può essere applicato
un prezzo che è considerevolmente più alto del suo valore in oro quando lo
si acquista e più basso se lo si vende. Il motivo? Quello è il ricavo dell’orefice.
Questo costo cala in banchi metalli specializzati, ma conviene sempre verificarlo.
Comunque, una volta comprata la moneta d’oro, i problemi non sono finiti. C’è
quello di dove conservarli. In cassetta di sicurezza? Ricordatevi che ha un costo.
In casa? C’è comunque il rischio del furto. Insomma, al di là del piacere estetico
(le monete sono peraltro spesso un regalo apprezzato), in genere l’oro in mo-
neta non è una forma d’investimento particolarmente comoda, né tanto sicura.

GOLDBLN

Non è tutto oro quello che luccica


Le quotazioni dell’oro (qui in dollari l’oncia, valori alla fine di ogni trimestre) sono
soggette ad alti e bassi; pertanto non bisogna pensare che sia del tutto privo di rischi.

57
Investire per il futuro

Oro in formato cartaceo


Oro in formato cartaceo: non è un controsenso? No, non lo è. L’oro è uno
strumento d’investimento che può essere benissimo sostituito da certifica-
ti, venendo comunque conservato effettivamente nei caveau di una banca.
È il caso di alcuni strumenti quotati come gli Etfs (gli Etf, vedi il paragrafo a
pagina 52) che investono in metalli.
L’acquisto di tali prodotti rispetto all’oro fisico ha uno svantaggio: non si può
toccare l’oro e non se ne trae alcun piacere estetico.
Ma conservano diversi vantaggi. In primo luogo i costi di compravendita sono
in linea con quelli di un’attività finanziaria, quindi generalmente molto bassi e
competitivi nei confronti di qualunque negozio al dettaglio, che ha spese vive
(se non altro l’affitto del negozio stesso) che la clientela è costretta a pagare.
In secondo luogo la conservazione fisica dell’oro, che in tal caso non è più
un problema personale.

Crowdfunding
Crowdfunding è una parola inglese che viene da crowd (= folla) + funding
(= finanziamento) e si riferisce a una forma di finanziamento collettivo, di
fatto è una raccolta di denaro tra privati.
Oltre alla raccolta per beneficenza (che qui non ci riguarda), il crowdfunding
può avere anche scopo di investimento. In questo caso, può avere diverse
forme (per esempio nel settore degli immobili), ma le categorie su cui ci
concentriamo ora sono due.

• Social lending (prestito sociale) Tramite una piattaforma informatica, si


dà la possibilità a piccoli risparmiatori di prestare denaro a chi ne ha bi-
sogno. In genere la piattaforma fa in modo che questo avvenga a un tasso
d’interesse che rispecchia il rischio di chi prende i soldi.

• Equity crowdfunding Una società che vuole finanziarsi per investire e


crescere chiede denaro ai piccoli risparmiatori tramite una piattaforma in-
formatica; è un’alternativa alla quotazione di Borsa.

Il bello è che sono investimenti in genere d’importo contenuto. Bastano anche


250 euro per diventare socio di un’azienda. Non ci sono spese e c’è qualche
vantaggio fiscale per chi acquista quote di una società.
Nel caso del social lending, si possono investire i propri soldi (anche pochi
per volta) a tassi più elevati di quelli di un conto deposito, con la sensazione

58
Le forme di investimento

di fare qualcosa di etico perché si presta del denaro a chi ne ha bisogno per
realizzare un progetto.
Per partecipare all’equity crowdfunding basta registrarsi alle piattaforme,
fornendo codice fiscale, carta d’identità, Iban da cui fare il bonifico per le
quote e rispondere a un questionario per dimostrare dimestichezza con
questi investimenti.
Il brutto è che non sempre sono investimenti da cui si può uscire con facilità.
Prendiamo per esempio l’equity crowdfunding. Se comprate azioni di società
quotate, quando vi servono i soldi, le vendete in Borsa e stop. Nel caso di
equity crowdfunding non avete azioni, ma siete solo iscritti al libro soci, per
cui, se decidete di vendere le vostre quote, dovrete prima trovare qualcuno
che le compri. E, ancora, non è affatto scontato che sappiate a quale prezzo,
tanto più che spesso si tratta di società giovani che non fanno utili, quindi
non è neppure così facile valutarle. Inoltre, non è così banale giudicare le
attività in cui mettereste i vostri soldi. E questo cozza pesantemente contro
un principio cardine dell’investire bene, “non capisco, non compro”. Ciò non
vuol dire che l’equity crowdfunding sia da evitare, ma, per la sua complessità,
non è adatto a tutti.
Lo stesso problema si pone con il social lending, dove di fatto siete voi
a fare da banca. Certo, i soldi che prestate sono spesso suddivisi tra tanti
debitori (fattore che abbatte il rischio), ma di fatto siete costretti a fidarvi
delle valutazioni dell’intermediario (sempre che ci sia) e a sperare che tutto
vada bene. E fin qui, con la Bce che sostiene i mercati, è andata bene, per-
ché si è cercato di contenere la crisi economica il più possibile, nonostante
la pandemia di Covid-19, ma non sappiamo che cosa ci riserva il futuro.
Anche qui il principio “non capisco, non compro” dovrebbe essere un faro
nei vostri movimenti.
Insomma, il crowdfunding è una bella forma di investimento, moderna e pie-
na di opportunità. Per sua natura è una realtà frammentata in mille progetti,
difficile da valutare e rischiosa. Per avventurarcisi, bisogna avere il tempo
per studiare a fondo i progetti e le competenze tecniche per valutarli. È più
materia da imprenditori che da investitori

Criptovalute
Avrete quasi certamente sentito parlare del BitCoin, che è la più nota crip-
tovaluta. Ma può darsi che non vi sia chiaro esattamente di cosa si tratti.
Se ne siete affascinati, vi diciamo fin da subito che si tratta di un investimento
piuttosto rischioso per il classico risparmiatore e che quindi sconsigliamo.
Vediamo perché.

59
Investire per il futuro

Cos’è il Bitcoin
L’invenzione del BitCoin risale al 2009 e il nome del suo creatore è Satoshi
Nakamoto, ma in realtà si tratta di uno pseudonimo e sulla sua vera identità
si sono fatte in passato diverse ipotesi.
È stato pensato e strutturato in modo che ne siano creati in un numero di pezzi
limitati (massimo 21 milioni). Questo, in linea teorica, ne fa un bene soggetto
a scarsità come l’oro e quindi non a rischio inflazione come le normali valute
(euro, dollaro…), per le quali, anzi, un minimo di inflazione è comunque
programmato (la Bce deve mantenere il carovita per l’Eurozona intorno al
2%). Tuttavia ci sono differenze fondamentali rispetto all’oro.
In primo luogo l’oro ha anche un valore d’uso; in secondo luogo l’utilizzo
dell’oro come riserva di valore è una convenzione con alle spalle migliaia di
anni. Il fatto che il Bitcoin sia una moneta è una convenzione recente.
Il Bitcoin è stato pensato e strutturato per essere una valuta il cui funziona-
mento è decentralizzato presso tantissimi “notai”, che validano ogni transazione
e, quindi, non manipolabile nella misura in cui ogni notaio controlla solo un
piccolo pezzo del mondo del Bitcoin e non può influire sugli altri. La “non
manipolabilità” è legata alla sicurezza delle transazioni. Attenzione, poi, a
non dare per scontato che questa situazione sia stabile e sicura per sempre.
A ogni modo le criptovalute come il BitCoin non sono oggi più una strana
invenzione informatica come lo erano un tempo, ma sono la risposta a un
bisogno reale, sia di riserva di valore (tipica funzione della moneta) sia di
mezzo di scambio (altra tipica funzione della moneta) un po’ in tutto il mondo.
Avendo un valore, in termini di altre valute, piuttosto ballerino, è ancora da
vedere se funzioneranno anche come unità di conto, che è la terza funzione
della moneta. Ma c’è di più: questi bisogni iniziano a essere messi sotto i
riflettori e studiati anche dalla maggior parte delle autorità di tutto il mondo.
Questa nuova moneta elettronica, insomma, inizia a essere vista da più parti
come una valuta vera, anche se alle spalle non ha una banca centrale, bensì
una tecnologia basata sul peer to peer. Questa è una grande opportunità per-
ché ne stabilizza l’uso e in qualche modo attira verso questa valuta virtuale
anche i più diffidenti. Tuttavia, al mondo ci sono anche altre criptovalute e
tra queste ve ne sono alcune che stanno rapidamente erodendo il primato di
BitCoin. Ogni successo rischia, quindi, di essere temporaneo.

Come acquistarlo
L’acquisto è simile a quello di una qualsiasi valuta, come, per esempio, la
sterlina inglese. L’unica differenza è che la sterlina inglese è oggetto fisico,
un pezzo di carta filigranata. Il BitCoin è solo un codice, composto da una
serie di numeri. Ci sono diversi modi per comprarli. Ci sono siti specializzati

60
Le forme di investimento

dove si possono acquistare BitCoin pagando in una ricevitoria o alle Poste,


tramite ricarica su una Postepay o una carta prepagata di proprietà dei gestori
del sito, che in seguito inviano i BitCoin al vostro indirizzo. Oppure in uno
scambio tra privati: esistono i cosiddetti exchange, vere e proprie Borse, dove
si opera un po’ come su Borsa italiana, e piattaforme di scambio tra privati,
dove ci sono gli annunci di chi vuole comprare e chi vuole vendere BitCoin
con cui mettersi in contatto e procedere all’acquisto/vendita. Esistono infine
Atm BitCoin, dove si introducono gli euro in contanti e i BitCoin vengono
accreditati su un portafoglio virtuale.
Una volta comprati, bisogna avere un posto in cui metterli. Se le sterline inglesi
possono essere messe in un portafoglio o in banca, i BitCoin hanno bisogno
di un portafoglio virtuale che si chiama wallet, che può essere tenuto sul
proprio computer (un programma da scaricare che funziona da portafoglio)
o nel web (un sito internet, equivalente della banca). In entrambi i casi, una
volta creato il wallet, viene generato automaticamente un indirizzo BitCoin,
che è ciò che identifica in maniera univoca il portafoglio.
Il mondo delle criptovalute resta comunque in evoluzione, e nonostante il loro
successo, è piuttosto rischioso per i risparmiatori e più adatto agli speculatori.
Per questo motivo, all’interno del contesto di questa guida non lo riteniamo
una buona strategia di investimento.

Strumenti speculativi
Ne facciamo solo menzione, non perché, essendo strumenti finanziari rischiosi,
non appartengano a buon diritto alla materia che stiamo trattando (il rischio
è una componente essenziale dell’attività di investire e non bisogna averne
necessariamente paura, almeno se lo scopo è quello di guadagnare). Non ne
parleremo diffusamente perché sono strumenti spesso assai complessi. O nel
funzionamento, o comunque nel comprenderne in toto i rischi. In altri termini,
richiederebbero un trattato a parte.
Tra l’altro, e la cosa appare buffa, ma non lo è, spesso alcuni di questi strumenti
sono stati concepiti e pensati non come un modo per scommettere sulla finanza,
ma come un modo per proteggersi dai rischi. Infatti, hanno una caratteristica:
la leva finanziaria, che moltiplicando per diverse volte l’andamento di un
mercato in positivo, fa sì che a volte possa bastare un investimento piccolo
in questi prodotti per ottenere grandi risultati.
Quindi, per esempio, se si possiede un portafoglio di 100.000 euro e lo si vuole
proteggere da un calo di Borsa, basterà comprare un prodotto a leva che scom-
mette proprio sui cali di Borsa (e che quindi in caso di crolli, salendo, compen-
serà le perdite del proprio portafoglio), investendo solo poche migliaia di euro.

61
Investire per il futuro

Questo meccanismo della leva è però anche il principale strumento con cui
farsi male. Con poche migliaia di euro si possono fare grandi guadagni (se si
indovina la scommessa), ma ci si può ritrovare nello stesso breve volgere di
tempo con un investimento quasi azzerato. Insomma, sono prodotti da capire
e da usare con cautela. Qui non li sconsigliamo, ma neppure li consigliamo.
Vanno valutati caso per caso e con competenza.
Facciamo, tuttavia, alcuni esempi. Uno lo abbiamo già visto: è il caso di Etc
ed Etn (e talora Etf) a leva. Moltiplicano in positivo o in negativo i guadagni
dei mercati e viceversa. Un’altra grande categoria è quella dei covered war-
rant e i certificati, che permettono di scommettere su una gran messe di fatti:
andamenti delle Borse, valute, singoli titoli.
Ci sono poi futures e opzioni, strumenti classici per scommettere sull’andamento
dei prezzi di un prodotto finanziario. La logica è sempre simile. La leva, molto
variabile, dipende anche dai prezzi del prodotto. E varia molto anche la liquidità
(e quindi i costi occulti di compravendere questi prodotti), come l’affidabilità delle
controparti con cui si va a trattare. Insomma, anche qui è un mondo immenso.
E, attenzione, fin qui ci siamo limitati a prodotti più tradizionali, quotati a
Piazza Affari. Poi ci sono cfd, forex, opzioni binarie ecc., un ampio fronte di
prodotti che viene spesso venduto per gli alti guadagni. È tuttavia importante
ricordarsi sempre la regola che se non si capisce un prodotto finanziario,
meglio non comprarlo. Uno studio condotto qualche anno fa dall’autorità di
vigilanza dei mercati francesi ha rilevato che su 15.000 piccoli risparmiatori
che hanno fatto trading in forex o cfd, circa il 90% ha perso tutto quello che
ha investito (con tutto si intende il 100%). E, per intenderci, non stiamo par-
lando di piccole scommessine e pochi euro, ma di una media di ben 10.000
euro di perdite per ogni risparmiatore. Tra l’altro, sugli stessi siti internet che
offrono la possibilità di operare con questi prodotti sono spesso specificate
le percentuali (alte) di investitori che ci hanno perso denaro.

Immobili
La casa, tra tutti i beni da investimento, è quello che necessita forse di minori
presentazioni, perché gli italiani hanno sempre investito nel mattone al punto
che poco più di sette italiani su dieci risultano proprietari di una casa.
Da questo punto di vista la casa di proprietà ha quindi due funzioni: la prima
è il valore d’uso (cioè il fatto che ci si vive dentro; questo vale almeno per
l’abitazione principale e per le seconde case che si usano per le vacanze),
l’altra è il fatto che funge da riserva di ricchezza (questo vale per tutte le
abitazioni, anche le seconde, terze case che vengono utilizzate solo per rica-
varne un affitto).

62
Le forme di investimento

L’acquisto di una casa


La casa viene di fatto molto spesso acquistata pagando buona parte dell’im-
porto attraverso un mutuo, il che contribuisce a far sì che tale acquisto costi-
tuisca anche una forma di accumulo di ricchezza nel tempo. Questa strategia
di investimento è stata premiante per gli italiani soprattutto nel corso degli
anni Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta. In tale periodo, infatti, il valore
delle case è continuamente salito riuscendo a tenere testa all’inflazione, che
per un decennio (gli anni Settanta e i primi anni Ottanta) è stata su livelli
particolarmente elevati.
Questa funzione salva-denaro è stata così particolarmente gradita, che la casa
ha dominato molto nell’immaginario degli italiani. Il problema è arrivato in
tempi più recenti: gli anni che sono seguiti al 2000 hanno visto prima una
forte espansione del prezzo degli immobili e poi un crollo a seguito della crisi
mondiale che ha iniziato a imperversare dopo il 2008. Il crollo non è stato poi
recuperato almeno fino a tutto il 2020 e questo ha messo un po’ in dubbio la
granitica convinzione che il mattone fosse un buon investimento. In effetti,
esistono alcuni problemi alla base.

• Problema fiscale A partire dalla crisi degli anni intorno al Duemila lo stato
ha aggredito sempre più la proprietà immobiliare con nuove tasse che per
lunghi periodi hanno colpito addirittura la prima casa. Al di là del merito,
per cui per alcuni è un bene tassare gli immobili, per altri un salasso dei
risparmi degli italiani, l’effetto pratico è che le case presentano spesso dei
costi cresciuti rispetto al passato. Senza contare che le diverse normative in
materia di sicurezza e risparmio energetico hanno reso comunque assai più
oneroso che in passato il mantenimento e la messa a norma di un immobi-
le. Vero che una casa in regola con tutte le norme attuali e più aggiornate
vale di più di una vecchia, ma è anche vero che quando si acquista un
immobile il timore di nuovi balzelli diretti, sotto forma di tasse, e indiretti,
sotto forma di nuovi adempimenti normativi, spaventa chi sarà un domani
chiamato all’esborso economico. Anche perché la casa è un bene illiquido
(cioè non se ne traggono soldi se non viene venduta o affittata), mentre le
tasse si pagano con la propria liquidità.

• Rallentamento del mercato È quello più importante e squisitamente demo-


grafico: se gli italiani erano circa 50 milioni al principio degli anni Sessanta,
negli anni Ottanta erano aumentati a circa 56,5 milioni, con una crescita di
circa il 13% nel giro di vent’anni. Da allora sono saliti a poco meno di 61
milioni, negli ultimi anni il loro numero ha preso a calare. Dai primi anni
Novanta il saldo naturale (cioè la differenza tra nati e morti) è stato quasi
sempre negativo. In pratica muoiono più italiani di quanti ne nascano, e se
la popolazione è aumentata è grazie all’immigrazione (sono circa 5 milioni

63
Investire per il futuro

gli stranieri residenti, segno che gli italiani senza immigrazione sarebbero
rimasti fermi a molti anni fa). Le previsioni per il futuro, oltretutto, non sono
affatto rosee. Se si continuerà a fare così pochi figli, la popolazione, che
già sta iniziando a declinare, nel prossimo decennio continuerà a calare e
per la fine del secolo potremmo essere tornati indietro alla popolazione di
quarant’anni fa. Con tanti italiani che mancano all’appello, anche la necessità
di nuove case è inferiore rispetto al passato.
C’è la necessità certamente di una riqualificazione degli immobili che ha
tenuto vivo il mercato del mattone, ma è difficile immaginare che allo stato
attuale delle cose il mattone sia ancora un investimento d’oro come lo fu
in passato, salvo ovviamente il valore d’uso. Certamente queste sono consi-
derazioni generali. Poi le dinamiche abitative sono legate a molti fenomeni
tra cui i movimenti migratori nel paese, per cui alcune aree continuano a
vedere un calo della popolazione (in particolare il Mezzogiorno) e altre
vedono prevalentemente un aumento (in particolare il Nord Italia). Questo
ci porta a una prima considerazione assai importante sull’investimento in
immobili: a differenza di quello in titoli, sfugge completamente a una stan-
dardizzazione. Il che vuol dire che non è possibile considerarlo globalmente,
ma si va caso per caso, tanto più che oggi alcune forme di affitto a breve,
come Airbnb, hanno reso alcuni immobili in zone turistiche di pregio molto
redditizi, almeno fino allo scoppio della pandemia di Covid-19 che sembra
aver rimescolato nuovamente le carte, modifcando le abitudini degli italiani,
anche in campo abitativo.

• Il “taglio minimo” Un investimento in immobili richiede una notevole


quantità di denaro, ed è molto facile che diventi alla fine una parte rilevante
del patrimonio di chi acquista. Questo va a scapito della diversificazione.
A meno di non comprare un box auto, che richiede di norma un investi-
mento relativamente contenuto, salvo il caso in cui sia situato in una zona
di prestigio di grandi città.

I fondi immobiliari
L’acquisto diretto di immobili non è comunque l’unico modo di investire nel
mattone. È possibile farlo anche attraverso fondi immobiliari di tipo chiuso,
che investono direttamente in immobili e sono quotati in Borsa. Sono stati
molto di moda diversi anni fa. Al momento in cui scriviamo, ne esistono ancora
alcuni quotati, ma siccome sono soggetti a scadenza (i fondi immobiliari, se ce
ne sono le condizioni, vengono liquidati pochi lustri dopo la loro quotazione)
e sono tutti quanti un po’ vecchi, non è detto che ve ne siano per sempre.
Ma in che cosa consistono? Si tratta di portafogli di immobili (spesso anche
immobili commerciali come negozi o uffici) impacchettati nella forma giu-

64
Le forme di investimento

ridica di un fondo che possono essere compravenduti in Borsa. Di norma,


staccano sotto forma di dividendo i soldi percepiti dagli affittuari. Due sono
gli elementi che li caratterizzano:

• il net asset value, ossia il valore degli immobili che hanno a disposizione,
che è aggiornato ogni 6 mesi e che è frutto di stime da parte di esperti del
settore immobiliare pagati dal fondo;
• il prezzo di Borsa, quello a cui effettivamente si comprano e vendono le
quote di questi fondi.

In genere il prezzo di Borsa è considerevolmente più basso del costo teorico


presentato dal net asset value. Si dice, infatti, che quotano a sconto. Quanto
più basso? Non è difficile vedere un 40-50%. Il motivo? Il mercato non è mai
certo dei valori di stima e quindi prezza questi fondi un po’ meno, tenendo
conto anche di elementi che nella stima magari non compaiono, come l’anda-
mento dell’economia e i prezzi degli altri titoli quotati (azioni e obbligazioni),
che sono investimenti in diretta concorrenza con questi fondi.
Visto che questi fondi dopo un po’ di anni vengono liquidati (si vendono gli
immobili e si ripartiscono i soldi tra gli azionisti), il fatto che prezzino a sconto
li rende, in teoria, interessanti per lucrare sulla differenza tra il prezzo a cui
saranno venduti gli immobili (si spera più alto) e il prezzo a cui li abbiamo
acquistati sul mercato (più basso).
Attenzione: abbiamo detto in teoria. Non è detto che gli immobili siano poi
effettivamente venduti al prezzo di stima, per due motivi:

• il primo è perché se il mercato immobiliare crolla, possono benissimo es-


sere svenduti. L’idea non è così assurda se pensiamo alle difficoltà in cui
versa il settore immobiliare da qualche anno a questa parte, a cui abbiamo
accennato prima;
• il secondo è perché è una stima, quindi un valore del tutto teorico che può
quindi contenere errori e il prezzo effettivo a cui gli immobili sono mone-
tizzati può dipendere anche dalla possibilità effettiva di riuscire a trovare
un acquirente interessato.

Fondi pensione
La realtà con cui dobbiamo fare i conti è impietosa: in futuro si dovrà lavorare
sempre di più per avere sempre meno pensione rispetto a chi ci ha preceduto.
Secondo quanto paventato dall’Inps (ma non è un dato certo) i trentenni di
oggi rischiano di andare in pensione a 75 anni (ora si va intorno ai 67 anni) con

65
Investire per il futuro

un assegno molto basso, anche la metà dell’ultimo stipendio. Il problema non


riguarda solo i giovani: tutti quanti riceveranno una pensione più bassa rispetto
al passato. A essere più penalizzati saranno i lavoratori autonomi (che versano
in proporzione meno contributi) e i lavoratori che non hanno una carriera
continuata, ma periodi più o meno lunghi di inattività o di lavoro irregolare.
Per garantirsi una vecchiaia migliore, non resta dunque che risparmiare di più.
La forma di risparmio esplicitamente dedicata a questa finalità è costituita dai
fondi pensione. E la convenienza non sta tanto nei prodotti in sé che possono
essere bene o mal gestiti a seconda dei casi (quindi non è possibile fornire una
valutazione generale), ma nei vantaggi esplicitamente previsti dal legislatore.
Il primo vantaggio sta nel fatto che i contributi versati nel fondo pensione,
aperto o chiuso, sono deducibili per un importo massimo annuo di 5.164,57
euro (rientrano nel calcolo i versamenti più quelli del datore di lavoro, non
il Tfr). Significa che abbattono il reddito imponibile e, quindi, le tasse da pa-
gare per un importo pari all’aliquota Irpef più alta. In soldoni, con un reddito
medio basso (per esempio con l’aliquota marginale Irpef 27%) si risparmiano
270 euro ogni 1.000 versati, con un reddito alto (per esempio con aliquota
marginale Irpef del 41%) si risparmiano 410 euro di tasse ogni 1.000 versati.
Sono soldi che saranno tassati quando si andrà in pensione, ma le aliquote
saranno comprese tra il 9% e il 15% a seconda del numero di anni passati nel
fondo pensione; più saranno gli anni di contributi versati, meno pagherete.
Si tratta di aliquote comunque inferiori all’aliquota Irpef meno elevata.
Il secondo vantaggio è che i fondi pensione pagano una tassazione che è al
più del 20% (può essere meno in base alla quantità di titoli di stato, tassati
al 12,5%, che hanno in pancia). Si tratta di una tassazione più bassa del 26%
chiesto agli investimenti (salvo che ai titoli di stato tassati al 12,5%, ma come
si può vedere nei fondi pensione sono comunque tassati alla stessa maniera).
Un ultimo vantaggio è che sui fondi pensione non si paga il bollo di legge
(0,2% annuo) che si paga invece su tutti gli altri investimenti.

Lavoratore dipendente o autonomo


A fronte del fatto che se siete dipendenti potreste doverci conferire il vostro
Tfr, il vantaggio dei fondi pensione è che al momento della pensione la
tassazione sarà con le aliquote agevolate del 9-15%, più basse di quanto si
finirebbe a pagare sul Tfr (è l’aliquota Irpef media degli ultimi 5 anni). Per
avere un’integrazione alla pensione più ricca è bene iniziare fin da subito.
Se si è dipendenti e si aderisce al fondo di categoria o al fondo aperto con
cui l’azienda ha stipulato un accordo, si ha diritto al contributo economico che
il datore di lavoro verserà al fondo di tasca propria e che costituisce uno dei
principali vantaggi (insieme agli sgravi fiscali) dell’adesione al fondo pensione.
Di norma è intorno all’1% dello stipendio lordo, ma la somma può variare

66
Le forme di investimento

a seconda dei contratti di lavoro. Attenzione: purtroppo oggi, se si vuole il


contributo del datore di lavoro, non è possibile scegliere liberamente il fondo
pensione, ma bisogna scegliere quello chiuso della propria categoria. A meno
che non ci siano accordi diversi con l’azienda per cui si lavora.
Nel caso del lavoratore autonomo, invece, la scelta deve ricadere sui fondi
aperti.

Come scegliere
Quale fondo pensione scegliere? Dipende da quanti anni mancano alla pen-
sione. Se mancano almeno 20 anni, meglio scegliere un comparto azionario,
se mancano tra i 15 e i 20 anni un bilanciato azionario, tra i 10 e i 15 anni
un comparto bilanciato, tra i 5 e i 10 anni un comparto bilanciato obbligazio-
nario, tra i 3 e i 5 anni un comparto obbligazionario, tra gli 0 e i 3 anni un
comparto monetario.
Poi, con il passare del tempo, sarà necessario cambiare comparto. Per esem-
pio, se a oggi i soldi sono in un  bilanciato azionario,  perché inizialmente
mancavano 17 anni alla pensione e ora gli anni sono ridotti a 15, bisogna
passare a un bilanciato, lasciando quanto accumulato nel bilanciato azionario.
Al comparto bilanciato bisognerà destinare solamente i nuovi versamenti (tutti
quanti, anche il Tfr e quelli del datore di lavoro), per i prossimi 5 anni. E via
dicendo, man mano che si avvicina l’ora della pensione. Quando mancheranno
al massimo 3 anni dalla pensione, bisognerà spostare non solo i nuovi versa-

I piani individuali pensionistici


I Pip, Piani individuali pensionistici, sono venduti dalle assicurazioni come se fos-
sero a tutti gli effetti fondi pensione aperti, condividendone i vantaggi. In realtà
non è proprio così. I Pip, come i fondi pensione aperti e chiusi, sono sì strumenti
di previdenza complementare (in questo caso istituita dalle assicurazioni), per cui
sono regolati dalle stesse leggi dei fondi pensione e godono a livello fiscale degli
stessi vantaggi, ma si caratterizzano per due differenze, e non da poco: sono più
costosi e se sei un dipendente, a meno che la vostra azienda non abbia un accor-
do con l’assicurazione (non succede quasi mai) non avete il contributo del datore
di lavoro. Maggiori costi significano meno soldi quando andrete in pensione.
I costi di gestione erodono il valore dei versamenti e i guadagni della gestione del
fondo (o Pip), anche il 40% in meno rispetto a un fondo chiuso.

67
Investire per il futuro

menti, ma anche tutto quanto accumulato in passato nel comparto monetario.


Per farlo bisognerà seguire la stessa procedura vista prima, specificando che,
oltre ai nuovi flussi, dovranno essere spostate anche le posizioni maturate
nei precedenti comparti.

Prodotti assicurativi
Il mondo dei prodotti assicurativi è legato a quello del risparmio, e a volte
si sovrappone. Se lo scopo dell’assicuratore è, in generale, quello di farvi
evitare di correre dei rischi, è anche vero che esistono alcuni prodotti di tipo
assicurativo che sono nati proprio pensando a esigenze di risparmio.
Ma non finisce qui: anche i prodotti assicurativi che più attengono alla mera
tutela dei danni o della salute (e che pertanto non si riferiscono agli inve-
stimenti) possono comportare dei risultati economici importanti ai fini del
bilancio familiare. Per esempio, la Responsabilità civile del capo famiglia:
è un’assicurazione che si preoccupa di pagare dei danni che i familiari possono
procurare ad altri. Non ha nulla a che fare con l’investimento in sé. Tuttavia
i soldi spesi per questi prodotti (sottratti ai consumi o ad altri investimenti)
possono essere visti anche in un’ottica più legata alla gestione familiare, perché
di fatto proteggono i risparmi, non dovendo disinvestire quanto risparmiato
per pagare dei danni procurati, per esempio, da un figlio al proprio vicino di
casa. Ecco perché, seppur brevemente, parleremo anche di questi prodotti.

Polizze vita
Le polizze vita sono un altro classico prodotto d’investimento. La loro astrusa
nomenclatura in questa sede non ci interessa, ma la suddivisione è importante.
Qui ci limitiamo a descrivere quelle di cui parliamo abitualmente.

• Polizze tradizionali (cosiddette ramo I) Sono quello a cui si pensa quando


si compra un’assicurazione, ossia un prodotto sicuro che offre un rendimento
minimo garantito. Sono collegate a una scatola piena in gran parte di titoli
di stato (la chiamano gestione separata, ma la sostanza è quella) con una
manciata di altri titoli.

• Unit linked (chiamate anche ramo III) Funzionano allo stesso modo del
prodotto precedente, solo che i soldi sono investiti in uno o più fondi comu-
ni. Il risultato è che siamo di fronte a un prodotto che espone al rischio dei
mercati finanziari, né più né meno di un Etf, ma a più caro prezzo. Il gioco

68
Le forme di investimento

di scatole ha un grosso limite: se si è abituati a investire in fondi o in Etf,


si ha sempre un’idea diretta e immediata dell’investimento, per lo meno, di
quanto vale. Nel caso della gestione separata la scatola diventa trasparente
solo di tanto in tanto (quando fanno un resoconto).

Sono i costi il principale limite di questi prodotti. In particolare i costi sui


versamenti; spesso una percentuale di quanto vale la polizza, a volte una
somma fissa. Possono essere sempre uguali o diminuire con gli anni o man
mano che cresce l’investimento. Sono spesso pari ad alcuni punti percentuali.
Fate sempre molta attenzione quando ve li offrono, soprattutto dalla quan-
tità di documentazione (in passato abbiamo visto note informative anche di
oltre 2.000 pagine). Prendetevi tempo ogni volta per guardare il malloppo e
soprattutto cercate una voce che si chiama Cpma, cioè il costo percentuale
medio annuo. Dice quanto costa il prodotto a seconda del numero degli
anni in cui resta investito. Per scoprire se è tanto o poco, tenete conto che
un fondo comune azionario mediamente costa poco più del 2% annuo, uno
obbligazionario intorno all’1%, un Etf raramente supera lo 0,5%.

Polizze Long term care


Non tutti i prodotti assicurativi sono ovviamente da temere, in particolare quelli
che svolgono una funzione assicurativa vera e propria. Pensiamo in primo
luogo alle polizze Long term care (cura a lungo termine) destinate a farvi
avere cure mediche e assistenza se e quando non sarete più autosufficienti.
Non si tratta di investimenti, perché la componente assicurativa è predominan-
te, ma la loro sottoscrizione può sottrarre in alcuni casi al rischio di diventare
improvvisamente poveri.
Oggi in Italia una quota importante degli anziani sopra i 75 anni soffre di
limitazioni funzionali e non può provvedere a se stesso. Un tempo questo
problema, più che impattare sulle finanze, avrebbe avuto un impatto sulle
relazioni familiari, perché sarebbe toccato alla rete parentale prendersene cura.
Le cose, però, stanno cambiando. Se le donne nate nel 1940 (la statistica non è
politicamente corretta) potevano contare su 9 persone di rinforzo (tra marito,
fratelli o cognate) per occuparsi di figli e famigliari anziani, quelle nate nel
1960 vedono questo numero crollare a 5. Ciò significa che bisogna sempre più
ricorrere ad aiuti esterni alla famiglia. E le badanti costano. Per sostenere tali
eventuali costi, è dunque possibile sottoscrivere una delle seguenti polizze,
che riconosce un’indennità sostitutiva proprio nel caso in cui non si è più
autosufficienti (alcune sono del ramo danni, altre del ramo vita).

• Polizze Long term care a vita temporanea Quando si perde l’autosuf-


ficienza danno diritto a una rendita. Il premio per ottenerla si paga solo

69
Investire per il futuro

per un certo numero di anni; la copertura, invece, vale per tutta la vita.
Per esempio, sottoscrivendo il prodotto a 40 anni, si paga fino a 55 e se a
80 anni non si è autosufficienti scatta la rendita.

• Polizze Long term care a vita intera Sono come le precedenti, con la
differenza che non si paga il premio solo per alcuni anni, ma per sempre,
fino a quando non si perde l’autosufficienza. Per esempio, se si sottoscrive
il prodotto a 40 anni e si diventa non autosufficiente a 80, si paga il premio
dai 40 agli 80 anni per poi ricevere la rendita.

Le polizze “vita intera” sono più diffuse delle “vita temporanea”. Va da sé


che, a parità di tutte le altre condizioni, sono meno interessanti delle cugine,
perché impegnano per sempre. Tuttavia la forma di copertura non è l’unico
elemento a cui occorre fare attenzione. Ci sono alcuni elementi del contratto
che comportano importanti differenze, tra cui il prezzo. Vediamoli insieme.

• Il recesso Visto che se si sottoscrive una polizza di questo tipo l’impegno è


molto lungo, è importante capire quanto costa recedere, in termini di perdita
della copertura assicurativa. Tecnicamente stiamo parlando di “riscatto” (si
termina di pagare facendosi dare i soldi indietro) o di “riduzione” (si smette
di pagare dopo un po’ di anni, ma mantenendo diritto a una rendita limitata
in proporzione ai versamenti fatti). Di norma nessuno concede il riscatto,
qualcuno concede la riduzione. Chi lo fa è da preferire.

• I presupposti (per avere i soldi) Perché scattino queste polizze bisogna


subire un infortunio o ammalarsi, ma anche scontare un certo livello di
gravità dei mali che metta in crisi la capacità di svolgere queste quattro
attività elementari: lavarsi, vestirsi, muoversi, mangiare. C’è chi considera
non autosufficiente chi non riesce a fare da solo 3 su 4 delle attività ele-
mentari. Ovviamente è meglio una polizza che abbia maglie più larghe su
questo punto.

• Carenza A meno che non si abbia un incidente, affinché l’assicurazione copra


in caso di non autosufficienza provocata da malattia, bisognerà aspettare un
anno per la maggior parte delle malattie (qualcuno chiede meno), ma si sale
anche a 3 anni per le malattie a lento sviluppo (per esempio l’Alzheimer) e
in alcuni casi si arriva a 7 anni (come con l’Aids). È un fattore da controllare
nel contratto: minore è il periodo di carenza, meglio è.

• Esclusioni In caso di tentato suicidio o poca cura nel seguire le prescri-


zioni del medico, oppure in caso di alcolismo o di dipendenza da droga,
ecco che queste assicurazioni spesso non coprono. In realtà, qui c’è poco
da verificare.

70
Le forme di investimento

• Tempistica Per far scattare un rimborso spese o una rendita mensile bisogna
comunicare alla compagnia che non si è più autosufficienti, dopodiché si
potrebbe essere oggetto di controlli. E possono passare mesi tra il momento
in cui si verifica la disabilità e il pagamento. In genere si va da 3 a 6 mesi
(è un dato da verificare con cura). Se avete più di 65-70 anni, le compa-
gnie non vi permetteranno più di sottoscrivere queste polizze. Ma anche
se di anni ne avete 55 o 60 resta un problema di fondo: più si aspetta a
sottoscriverle, più sono costose. Infatti, se si è in là con gli anni e, quindi,
vicino al momento in cui è più probabile che si perderà l’autosufficienza, la
compagnia disporrà di meno tempo per raccogliere i soldi. Meglio aderire
presto: l’effetto sul lungo periodo magari sarà lo stesso (verserete comunque
molti soldi), ma come peso (percentuale) sul reddito sarà più sopportabile.
Un’idea del costo? Per un uomo di 40 anni che assicura una rendita di 1.500
euro al mese il costo è intorno ai 50 euro al mese.

Altri prodotti
Ci sono alcune forme assicurative che, a seconda dei casi e della situazione,
potrebbero essere utili per garantirsi una maggiore serenità familiare.
Ne vediamo quattro che, anche se non sembrano strettamente correlate a un
discorso sugli investimenti, potrebbero comunque venire utili per proteggere
i propri soldi.

Polizze temporanee caso morte


Sono quelle polizze vita che pagano una somma (dipende da quanto si è
deciso al momento della stipula del contratto) ai beneficiari segnalati nel con-
tratto se chi l’ha stipulata venisse a mancare entro una certa data. Il periodo
di copertura è a scelta, in genere di 10, 20 o 30 anni, durante i quali si verserà
un premio annuale (scaglionabile, pagando un sovrapprezzo, anche in rate
semestrali o trimestrali).
Se, nel corso della durata della polizza, chi l’ha sottoscritta venisse a mancare,
chi è stato indicato nel contratto riceverà la somma assicurata. In caso contrario
l’assicurazione si terrà tutti i premi versati.
Anche qui sono previsti periodi di carenza: la copertura scatta in genere dopo
6 mesi, se non viene fatta la visita medica. Se ci si sottopone agli accertamenti
sanitari necessari, la carenza non si applica. In caso di Aids il periodo di carenza
è maggiore: se l’assicurazione è stipulata senza visita medica, la carenza è di
5 anni. Molte compagnie prevedono che, se ci si sottoponga a visita medica,
ma si rifiuta il test Hiv, la carenza sia di 7 anni. Il nostro consiglio è di sotto-
porsi sempre alla visita medica e al test Hiv così da rendere subito efficace
la copertura assicurativa.

71
Investire per il futuro

Ci sono poi alcune esclusioni, ossia casi in cui comunque non arriveranno i
soldi, tra cui il suicidio (in genere se avviene nei primi anni), se la persona
designata come beneficiario uccide il titolare della polizza, o se questo muore
commettendo un’azione dolosa, in guerra, ma anche a causa di uso di droghe
o corse in auto. In alcuni i casi i soldi non arrivano se la morte si verifica in
paesi sconsigliati dal Ministero degli Esteri, in seguito ad attività sportive rite-
nute particolarmente pericolose (come il paracadutismo) o se si svolge una
attività lavorativa particolarmente pericolosa. Sono tutti elementi da verificare
con attenzione prima di fare un’assicurazione.
Quando serve una simile polizza? Per garantire ai famigliari (o a qualcuno che si
sta mantenendo) la disponibilità immediata di un capitale, se si è l’unica fonte di
reddito. In particolare conviene a un capofamiglia giovane, che non ha ancora
maturato il diritto alla pensione e non ha soldi da parte. Attenzione: il costo
di questi prodotti, come per le Long term care, cresce con l’età: per cui se a
30 anni costa poco (si parte dai 60 euro l’anno per un capitale di 100.000 euro
e un’assicurazione di 10 anni, se non si è fumatori), a 50 anni costa molto di più
(siamo sui 300 euro l’anno per la stessa somma e la stessa durata vista prima).
Sul sito di Altroconsumo, al link www.altroconsumo.it/soldi/assicurazioni,
è presente un calcolatore che indica la polizza vita o Rc capofamiglia migliore
a seconda delle necessità.

Polizza sanitaria
Perché parlarne in un contesto in cui ci stiamo occupando di investimenti?
Perché la salute è fondamentale anche per il reddito. E soprattutto una malattia
potrebbe costare non poco e abbattere lo stock di ricchezza.
Le polizze malattia a formula completa coprono, infatti, le spese relative alla
salute, rappresentando un’alternativa al sistema sanitario. In particolare co-
prono spese di ricovero, degenza, cure, fisioterapia e riabilitazione, acquisti di
medicinali durante il ricovero e accertamenti diagnostici legati a una malattia
o a un infortunio, successivo alla stipula del contratto. In genere, però, sono
scoperti gli interventi estetici, gli infortuni e le intossicazioni da alcolismo, gli
psicofarmaci e le sostanze stupefacenti, ma soprattutto le cure dentarie, che
spesso sono la spesa medica più importante e a cui più frequentemente capi-
terà di andare incontro anche in caso di buona salute. Di fatto, dalle indagini
condotte da Altroconsumo, risulta che conviene fare molta attenzione a questo
genere di prodotti. Interessanti sulla carta, molto spesso sono un semplice
doppione della sanità pubblica, con costi che non giustificano i reali servizi,
perché, per esempio, coprono esami e visite dovute a malattia o infortunio,
ma non sempre quelle preventive, e perché spesso le spese sono direttamente
a carico della compagnia solo se ci si fa curare in strutture convenzionate,
altrimenti bisogna prima anticipare i soldi e poi farsi rimborsare. Insomma,
c’è un po’ di scetticismo sulla loro utilità pratica.

72
Le forme di investimento

Responsabilità civile del capofamiglia


Siamo anche qui al di fuori del contesto degli investimenti, ma per mettere al
sicuro un patrimonio familiare a volte può essere molto utile accedere anche
a questo genere di copertura. Infatti, le polizze assicurative per Responsabilità
civile del capofamiglia tutelano nel caso accadano piccoli e grandi incidenti
nella vita quotidiana, evitando così effetti deleteri sul proprio conto in banca.
Coprono sia da danni a terzi (lesioni o decessi) sia da danni ai loro beni.
A essere coperto non è, ovviamente, il solo capofamiglia, cioè chi material-
mente firma la polizza, ma anche chi coabita con lui e chi dipende da lui, in
particolare i figli minori e i domestici. In ogni caso, nel contratto viene sempre
indicato chi deve ritenersi assicurato e chi no. La copertura è “limitata” alla
vita privata, domestica e non, alle vacanze, al tempo libero (hobby e sport)
e non riguarda i danni provocati dall’attività professionale o dalla violazione
di contratti. L’estensione è quasi sempre mondiale (copre i danni provocati
ovunque). In particolare, le polizze coprono i danni provocati dai minori.
Una copertura molto utile, che però non tutte le polizze offrono, è quella
legata alla guida dei veicoli a motore (coperti da Rc auto) da parte dei figli
minori senza patente e avvenuta all’insaputa dei genitori. In caso di incidente,
l’assicurazione Rc auto paga ai terzi i danni causati anche da un minore senza
patente, anche se poi chiede all’assicurato quanto pagato.
La polizza Rc capofamiglia è utile soprattutto quando la polizza Rc auto non
prevede la rinuncia alla rivalsa. Per un massimale di 1 milione di euro i costi
partono da circa 70 euro l’anno in su, a seconda della compagnia e del profilo
dell’assicurato. Ma per trovare l’assicurazione più adatta, si può utilizzare il
servizio al link www.altroconsumo.it/soldi/assicurazioni. Al link www.
altroconsumo.it/vantaggi-extra si possono poi trovare le convenzioni ri-
servate ai nostri soci, tra cui quelle che riguardano le assicurazioni.

Polizza infortuni
La polizza infortuni è un contratto in base al quale la compagnia, dietro
pagamento di un premio, s’impegna a garantire all’assicurato, entro i limiti
delle somme assicurate, l’indennizzo dei danni conseguenti a un infortunio,
dal quale derivi una limitazione anche parziale e temporanea a espletare la
propria attività quotidiana. Prima di tutto, quindi, è importante conoscere la
definizione di infortunio: un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna,
che cagiona all’assicurato lesioni fisiche. La causa è fortuita quando è acci-
dentale e involontaria; è violenta quando è rapida, improvvisa e concentrata
nel tempo; è esterna quando proviene da un agente esterno all’assicurato.
Tutti questi elementi devono sussistere contemporaneamente perché si possa
parlare d’infortunio indennizzabile ai sensi della polizza.
In queste polizze si parla di invalidità permanente e inabilità temporanea:
vediamo che cosa sono.

73
Investire per il futuro

• Invalidità permanente È definita come la perdita definitiva, parziale o


totale, anatomica o funzionale, della capacità del soggetto a svolgere qual-
siasi lavoro. Le polizze infortuni riconoscono all’assicurato un indenniz-
zo proporzionale alla percentuale di invalidità (misurata in base a tabelle
medico-legali stabilite nel contratto) applicata al capitale assicurato. Dal
grado di invalidità permanente accertata è dedotta anche una franchigia,
per cui per le invalidità fino a una certa percentuale non viene dato alcun
indennizzo e per quelle superiori a tale percentuale si utilizza la differenza
tra l’invalidità riscontrata e la franchigia. La maggior parte delle polizze non
applica alcuna franchigia nel caso in cui l’invalidità accertata sia superiore
a una determinata percentuale, che varia da compagnia a compagnia, ma
in genere è compresa tra il 15% e il 30%.

• Inabilità temporanea È definita come la perdita temporanea (limitata nel


tempo, non definitiva come l’invalidità permanente) in modo totale o parziale
della capacità dell’assicurato a espletare le sue occupazioni. Per esempio
se una persona, per un certo periodo di tempo, non riesce a muoversi e
quindi a svolgere il proprio lavoro, la polizza prevede, per quel periodo, un
indennizzo giornaliero (la cosiddetta diaria). Il massimale giornaliero è a
scelta dell’assicurato, anche se in genere ci sono delle franchigie in giorni,
che possono cambiare in base alla somma assicurata.

Se la persona assicurata muore in seguito all’infortunio, la compagnia liquida


l’indennizzo, nei limiti del massimale, ai beneficiari indicati in polizza o agli
eredi dell’assicurato. Se a mancare a seguito dello stesso incidente sono en-
trambe i coniugi, la polizza infortuni assicura a eventuali figli minori o disabili
un indennizzo aggiuntivo (oltre a quello già spettante), che varia a seconda
della compagnia. Alcune assicurazioni richiedono però che entrambi i coniugi
siano assicurati con la stessa polizza. Le polizze prevedono anche il rimborso
delle spese sanitarie che l’assicurato sostiene in seguito a un infortunio in-
dennizzabile, secondo un massimale che varia da un minimo a un massimo
fissati dalla compagnia.
Al momento di sottoscrivere la polizza, la compagnia chiederà di indicare l’attività
professionale dell’assicurato, in base alla quale è assegnato un particolare profilo
di rischio, che inciderà sul premio. Se al momento del sinistro la persona assicurata
sta svolgendo un’attività più rischiosa rispetto a quella dichiarata, l’indennizzo
verrà pagato solo per una percentuale del massimale, in proporzione all’aggra-
vamento riscontrato. La copertura offerta può riguardare sia la vita professionale
che il tempo libero. Si tratta però di una polizza piuttosto costosa. Può essere
utile soprattutto ai lavoratori autonomi. Per i lavoratori dipendenti, l’inabilità
temporanea può non essere conveniente (dato che si ha diritto allo stipendio
nel periodo di malattia); più interessante invece l’assicurazione per invalidità
permanente, soprattutto se si è la principale fonte di reddito della famiglia.

74
3
Passare all’azione

Passare
all’azione

Ora che abbiamo visto tutti i principali prodotti finanziari, è il momento di


capire dove si comprano. Inizieremo con una spiegazione dei “luoghi” (fisici
e non) in cui si possono effettivamente acquistare azioni o obbligazioni.
Vedremo poi a cosa occorre fare attenzione per non subire delusioni quan-
do si investe. In particolare, ci concentreremo su alcuni elementi: il primo
è il problema dei costi. Soprattutto quando i tassi d’interesse sono bassi, il
problema dei costi può gravare non poco sui rendimenti e rendere una for-
ma d’investimento di scarso interesse. Il secondo elemento, il problema più
complesso, è la scelta vera e propria dei prodotti finanziari.
Abbiamo offerto prima diversi spunti e riflessioni per valutare quali prodotti
sono a basso rischio e quali ad alto rischio, quali sono adatti per un investi-
mento di breve periodo e quali richiedono di pazientare a lungo (o molto a
lungo) prima di trarre soddisfazione dagli investimenti.
Tuttavia, abbiamo presentato tutto senza entrare nel dettaglio di quali titoli
effettivamente acquistare. Si tratta, infatti, di un tema che esula dagli scopi di
questa pubblicazione, ma è anche uno scoglio contro cui ci si andrà per forza
a sbattere, e per questo sono necessari alcuni consigli.
Ripasseremo poi insieme alcuni dei più frequenti errori di ragionamento che
si fanno nel momento in cui si investe e spiegheremo infine qualche concetto
base sulla tassazione dei prodotti finanziari. Spiegazioni queste che varranno,
ovviamente, finché non cambierà la legge, fatto che in Italia in questa materia
ultimamente si è verificato un po’ troppo spesso.

75
Investire per il futuro

Diversi tipi di mercato


Quindi, dove si comprano i prodotti finanziari? In banca, certamente, nel senso
che si deve disporre di un conto corrente e che accanto a questo conto cor-
rente bisogna richiedere l’operatività in titoli, aprendo quindi un conto titoli
su cui fare compravendite di azioni e obbligazioni.
Il conto titoli non è comunque sempre necessario, perché alcuni prodotti
possono essere acquistati in banca anche senza aprirlo (e anzi è buona nor-
ma non aprire un conto titoli se non è necessario, perché comporta spesso
dei costi). Alcuni esempi possono essere rappresentati dai fondi comuni che
possono essere depositati su un conto titoli, ma non necessariamente, così
come dai prodotti di tipo assicurativo (le polizze) o dai libretti di risparmio.
In alternativa alla banca, per alcuni tipi di prodotti, come il caso dei fondi
comuni, ci sono i promotori finanziari, ossia professionisti il cui mestiere è
vendere prodotti finanziari. Possono venire direttamente a casa, una grande
comodità: attenzione, però, perché si pagherà l’intervento della persona, il
che potrebbe significare che il servizio è più costoso.
Altro tipo ancora di venditore è l’assicuratore, cioè chi vende prodotti di tipo
assicurativo, non prodotti finanziari in senso stretto, ma che, come si è visto,
possono avere una certa importanza per la tutela dello stile di vita.
In alternativa al conto in banca, è possibile operare in Posta. L’attività prin-
cipale delle poste, oramai, non sono più le lettere, ma i conti correnti postali
e in Posta è disponibile una gran gamma di scelte, tra cui le obbligazioni e i
prodotti di tipo assicurativo.
Oggi, poi, non è più necessario avere un luogo fisico dove recarsi per investire,
perché con internet molti venditori di prodotti finanziari operano direttamente
online. Attraverso questi canali, certo, si perde il contatto umano, e vengono
meno i consigli (buoni o cattivi) di un impiegato o di un professionista (buono
o cattivo), ma certamente si risparmia denaro, perché si tratta generalmente di
sistemi che, dovendo pagare meno stipendi, hanno costi di gestione bassissimi.
Se ai primi tempi di internet vi erano ancora dubbi sulla sicurezza di questi
sistemi, oramai, dopo oltre tre lustri di operatività, la maturità di questi siste-
mi è tale che sono utilizzati da milioni di persone senza che sorgano grandi
scandali e grandi truffe, anche se certamente è necessario essere diligenti,
per esempio nel conservare le proprie password. L’unico limite alla diffusione
di questi mezzi di investimento pare sia il digital divide (ossia il problema
dell’assenza di banda larga in alcune zone d’Italia).
Tutte le soluzioni citate (e l’elenco non è esaustivo, si pensi per esempio ai
fondi pensione negoziali che non sono venduti da nessuno dei collocatori
che abbiamo visto fin qui), non sono i veri e propri mercati dove comprare i
prodotti finanziari. Sono, in molti casi, per così dire, i commercianti al dettaglio
a cui ci si rivolge per portare a casa l’investimento. I mercati veri, ossia quelli
all’ingrosso, i creatori di prodotti finanziari, sono altrove. Vediamoli insieme.

76
Passare all’azione

Le Borse
La Borsa di Milano (Piazza Affari) è il primo nome che viene in mente quando
si parla di mercati dove sono scambiati prodotti finanziari in Italia.
Fino a qualche tempo fa, quando esisteva l’obbligo di concentrare gli scambi
di titoli su un solo mercato per renderlo più florido e più liquido, Piazza Affari
era anche l’unico posto autorizzato a veri e propri scambi. Ora le possibilità
si sono ampliate, ma questo non deve spaventare, perché la complicazione è
minima. L’operatore a cui rivolgersi (la banca) è tenuto a scegliere il mercato
più conveniente (best execution) a meno che non si richieda diversamente.
Ma esattamente cosa si scambia in Borsa? Principalmente azioni, titoli di stato,
titoli di enti sovranazionali, obbligazioni societarie, Etf, Etc, Etn, fondi immobi-
liari e strumenti speculativi come i covered warrant e le opzioni. In alcuni casi
c’è anche la possibilità di compravendere fondi comuni aperti. Di principio le
possibilità di scambiare titoli in Borsa è infinita. Gli unici limiti sono la fantasia,
che si tratti di prodotti standardizzati e che ve ne sia effettivamente interesse.

Come comprare titoli


Per acquistare azioni o obbligazioni, quotate o meno, su un mercato organiz-
zato, occorre avere ben chiaro che titolo si vuole comprare e in quale quantità.
Ma soprattutto bisogna munirsi di quei codici che identificano in maniera univo-
ca i titoli, in modo da poterli acquistare senza rischiare errori. Facciamo l’esempio
di Enel. Il codice Isin, in questo caso, è IT0003128367. Quindi, se si utilizza quel
codice, si ha la sicurezza di acquistare proprio quel titolo e nessun altro con un
nome simile o con un nome la cui abbreviazione (capita spesso su una lista di
titoli) è confondibile. Per esempio l’obbligazione Enel 5.625% 21/6/27 che alme-
no inizialmente ha un nome simile, ha un codice Isin completamente diverso
(XS0306646042) che non è affatto confondibile con quello dell’azione.
Anche con il codice Isin, tuttavia, nel caso di azioni, come Stellantis, quotate su più
mercati, il codice può non bastare. Stellantis è infatti quotata su più Borse, tra cui
Milano e New York. Per questo è bene distinguere tra i mercati per decidere dove
comprare il titolo.
Per evitare confusione, quindi, di fronte all’addetto di banca bisogna parlare chiaro.
Per esempio dire: “Voglio comprare sulla Borsa di Milano azioni di Stellantis, il
cui codice Isin è NL00150001Q9, per un importo di 2.000 euro”. Se si opera su
computer attraverso una banca online, bisognerà stare attenti a indicare l’Isin nella
finestra di ricerca dell’operatore e assicurarsi anche che il mercato su cui si effettua
l’acquisto sia quello desiderato (per esempio Milano).

77
Investire per il futuro

In Italia la Borsa storica è quella di Milano. In un mondo sempre più globaliz-


zato, però, le possibilità di acquisto non si limitano alla sola Borsa italiana, ma
possono raggiungere agevolmente anche molte Borse straniere. Alcune delle
quali (principalmente quelle americane ed europee) anche a costi contenuti e
concorrenziali rispetto a quelli sostenuti per operare su Piazza Affari che, di norma
resta comunque la Borsa più conveniente. Sulla Borsa italiana sono quotate in
genere azioni di società italiane, ma sono presenti anche alcune società stranie-
re. Infatti non è infrequente la quotazione di un singolo titolo su più mercati.

La storia di Piazza Affari


La Borsa di Milano può vantare oltre due secoli di attività: risale infatti al 1808.
Di fasi ne ha attraversate diverse, soprattutto dopo l’unità d’Italia. Tra 1865 e
il 1882 i codici di commercio iniziarono a dettare norme precise sulla Borsa e
successivamente una legge del 1913 completò il quadro normativo che rimase in
piedi fino agli anni Settanta. Il boom economico del ventennio precedente portò
ricchezza agli italiani che diventarono investitori e si impegnarono, tra l’altro, nel
crescente debito pubblico. Dal 1974 le società quotate furono costrette a mag-
gior trasparenza, con l’obbligo di pubblicizzare i bilanci. Venne anche costituito
l’organismo di controllo della Borsa, la Consob. Nel 1992 si ebbe un ulteriore
salto in avanti: Milano diventò l’unica Borsa italiana. Perché fino a quella data
non lo era, anche se era di gran lunga la più importante.
Le novità dei primi anni Novanta portarono comunque la Borsa a essere ciò che è
oggi: gli agenti di cambio perdettero il monopolio, vennero affiancati dalle Società
di intermediazione mobiliare (Sim) e nacque l’obbligo di concentrare gli scambi in
Borsa (rimasto in vigore fino alla recente normativa Mifid che l’ha di nuovo abolito).
In Borsa non venivano trattate solo azioni, anzi in origine erano i titoli di stato
a farla da padroni. Le azioni arrivarono solo con il tempo e al momento dell’u-
nità d’Italia i titoli azionari quotati erano due: Società delle strade ferrate del
Lombardo-Veneto e Banca nazionale degli stati sardi. Successivamente, lo sforzo
di modernizzare il paese comportò lo sbarco di molti titoli di ferrovie e banche.
Il numero dei titoli quotati superò quota 150 solo alla vigilia della prima guerra
mondiale. Con gli anni difficili della crisi del Ventinove, le banche vennero sal-
vate dallo stato e ritirate dal listino per poi tornarci nel 1956 con Mediobanca.
E di nuovo con il boom degli anni Cinquanta in cui sbarcarono in Borsa le società
impegnate nella ricostruzione, e quello dei primi anni Novanta quando partirono
le grandi privatizzazioni dello stato. Sempre negli anni Novanta arrivarono anche
l’informatizzazione delle contrattazioni e la scomparsa dei certificati azionari
cartacei, sostituiti da scritture contabili.

78
Passare all’azione

Mercati non organizzati


Non tutti i prodotti finanziari sono scambiati effettivamente in Borsa. Vi possono
essere, infatti, contrattazioni fuori dai mercati regolamentati (in gergo si dice
Otc, ossia Over the counter, termini che alcuni vedono originati dai farmaci
da banco, counter, e altri ai banchi dei bar fuori dalla Borsa dove un tempo
si facevano queste contrattazioni). In questo caso abbiamo contrattazioni tra
le parti, senza che vi sia la supervisione di alcuna autorità di Borsa.
L’importanza di questi mercati è rilevante, soprattutto nel caso di prodotti
finanziari non standardizzati, ossia non tutti identici tra loro, che abbiano
particolari specificità, poiché fuori dal canale di Borsa possono avvenire le
contrattazioni dei prodotti finanziari più disparati. Rispetto all’acquisto di
prodotti su mercati organizzati, qui è più facile incontrare problemi di traspa-
renza dei prezzi ed è più difficile far circolare correttamente le informazioni
tra tutte le parti in causa.
Un fenomeno al momento ancora limitato, ma comunque presente, è poi
quello dell’equity crowdfunding, di cui abbiamo parlato a pagina 58.

Il problema dei costi


I costi sono il problema principale, quando si decide di fare un investimento.
Il motivo è presto detto e facilmente intuibile: incidono sui rendimenti. Questi
costi si possono principalmente suddividere in due tipi.

I costi di compravendita
Sono quelli da sostenere quando si acquista (o si vende) un titolo. Il loro
importo è assai variabile e molto dipende dall’intermediario scelto per gli
investimenti. Per esempio comprare un’azione quotata a Piazza Affari allo
sportello della banca (sportello fisico, intendiamo, con tanto di impiegato
che stampa e fa firmare la documentazione) costa di solito circa lo 0,7% di
quanto investito. Questo 0,7% è un costo da sostenere anche al momento
della vendita del titolo.
Poniamo quindi di acquistare azioni di una società per 10.000 euro. Se paga-
te lo 0,7%, sono 70 euro di spese. Rivendete le azioni dopo 3 mesi, quando
sono salite del 10%. L’incasso sarà di 11.000 euro, ma spenderete un altro
0,7% che, questa volta, è calcolato su 1.100 euro e quindi ammonta a 77 euro.
Per guadagnare 1.000 euro avrete speso 147 euro. Il guadagno sarà stato,
pertanto, di 853 euro. Quasi il 15% in meno!

79
Investire per il futuro

Si può risparmiare, e non di poco, operando via internet. In media i costi via
internet scendono allo 0,19%. Nel nostro esempio sarebbero stati rispettiva-
mente circa 19 euro e 19,19 euro, in totale meno di 40 euro.
Attenzione, però, non sempre va così. Bisogna sapersi destreggiare tra minimi
e massimi: i massimi sono a vantaggio, i minimi penalizzano. Per esempio
calcoliamo lo 0,7% con un minimo di 10 euro e un massimo di 25 euro.
Nell’esempio che abbiamo fatto prima, con 10.000 euro divenuti 11.000, il
costo non sarà più di 147 euro, ma di 25 + 25 = 50 euro, perché scatta il tetto
massimo. Un bello sconto. Tuttavia se l’importo fosse stato un decimo, cioè
un investimento di 1.000 euro divenuti poi 1.100, invece di avere spese di
14,7 euro, avreste avuto l’importo minimo, quindi 10 + 10 = 20 euro di spesa,
ossia un costo ben più alto.
Questi importi variano da intermediario a intermediario: in alcuni casi si po-
trebbero avere di fronte solo costi fissi (convenienti per grossi investimenti,
ma svantaggiosi per quelli piccoli), per questo è importante scegliere bene la
banca in modo che il conto corrente si adatti in maniera sartoriale a quelle
che sono le esigenze dell’investitore. Altroconsumo ha previsto un calcolatore
che aiuti a individuare il miglior conto corrente per le spese: si trova sul sito
www.altroconsumo.it/finanza/risparmiare/conti-correnti.
Il problema dei costi può essere ancora più ampio per altre categorie di
prodotti come i fondi comuni. Qui abbiamo una moltiplicazione delle pos-
sibili voci:

• i costi fissi, che sono un’ampia gamma. Alcuni fondi italiani chiedono an-
che solo uno o due euro, altri fondi italiani e molti fondi esteri chiedono
spese fisse nell’ordine di una decina di euro, ma anche fino a qualche
decina di euro;
• i costi in percentuale, che vanno da costi pari a zero per i cosiddetti fon-
di no load (ma in genere hanno spese di gestione più alte rispetto a chi
applica delle spese in entrata in percentuale) a costi che, soprattutto un
tempo, potevano arrivare anche al 5% per certi fondi azionari. In genere,
se le spese fisse valgono sia al momento dell’acquisto sia al momento della
vendita, quelle variabili si trovano solo in un caso: o all’acquisto (capita più
spesso) o al momento della vendita (capita sempre più di rado e si tratta di
costi che dopo un po’ di anni che si mantiene il fondo si possono azzerare).
Poniamo un 3% di costi e che si compri un fondo obbligazionario. Per un
attimo poniamo che questo fondo non abbia altre spese, oltre quelle di
gestione, che ci sono sempre, e che nel momento in cui viene acquistato
il fondo i tassi dei bond sul mercato siano intorno all’1,5% al netto delle
tasse. Poniamo di investire 1.000 euro: 30 euro (il 3% di 1.000 euro) se
ne vanno in spese. I tassi sono dell’1,5%: significa che il fondo produrrà
grosso modo 15 euro di guadagni l’anno e che un costo del 3% potreb-
be mangiare benissimo 3 anni di guadagni di un fondo obbligazionario.

80
Passare all’azione

È un salasso bello e buono. Per questo è consigliato sempre l’acquisto di


fondi attraverso un canale online ben scelto, che può spesso praticare uno
sconto anche fino al 100% di questi costi.
Di norma, con questi canali si pagano solo le spese fisse (o costi di banca
corrispondente per i fondi esteri). Il motivo è semplice: i costi dei fondi
sono stati pensati per remunerare la rete di vendita. Se la rete di vendita
è ridotta a un portale internet e a un ufficio di back office alle sue spalle,
si finisce per pagare molto meno. E, comunque, i fondi comuni non sono
neppure i prodotti più costosi in tal senso. I costi sulle polizze vita in alcuni
casi salgono vertiginosamente anche al di là di quelli che abbiamo visto,
perché tradizionalmente il comparto assicurativo ha costi medi più alti.

I costi di gestione
Sono quelli presenti nel cosiddetto risparmio gestito (ossia i fondi), ma in
senso lato anche il fai da te in azioni e obbligazioni può averne, visto che il
conto titoli su cui si depositano le azioni e le obbligazioni può avere costi
assimilabili sotto forma di costi tenuta conto titoli.
Iniziamo dai fondi. In genere chiedono poco più dell’1% annuo nel caso
siano investiti in obbligazioni e intorno al 2% se sono investiti in azioni.
Ci sono eccezioni come i costi bassi dei fondi che investono in obbligazioni
a brevissimo termine (molto più bassi, perché investono in titoli che rendono
pochissimo), ma non sono la regola. Riprendendo il precedente esempio, con
il fondo che investe in bond che guadagnano l’1,5% al netto delle tasse, avete
15 euro di guadagni ogni 1.000 euro annui. Se il costo di gestione è dell’1%,
10 euro se ne vanno. Il guadagno si abbassa a 5 euro (su 1.000) ogni anno.
Se poi avete pagato il 3% di spese di acquisto, finirete per impiegare 6 anni
(5 x 6 = 30) solo per essere in pari.
È un caso limite (ma non troppo, visti i rendimenti sul mercato negli anni
intorno al 2020/21). L’esempio basta, però, a comprendere l’importanza anche
di questa voce. Soprattutto perché l’1% e il 2% sono casi medi, ma c’è una
grandissima variabilità intorno a questi valori e alcuni prodotti sono ben più
esosi. Bisogna soprattutto fare attenzione che in genere i fondi no load (senza
commissioni) sono anche quelli che hanno costi di gestione più alti, perché
pescano solo da lì la remunerazione per la loro rete di vendita.
L’acquisto via internet non ha costi di gestione scontati. Per cui bisogna fare
attenzione: a volte è meglio scegliere prodotti con costi di acquisto percen-
tuali teoricamente alti (tanto il venditore online li azzera), perché spesso
hanno quelli di gestione più bassi (che non è un vero costo di gestione ma
ci assomiglia).
Nel caso del costo di tenuta conto titoli, siamo invece di fronte a somme che
variano da banca a banca. Consiste in genere in un fisso (pertanto meglio

81
Investire per il futuro

non aprire un conto titoli per poi metterci sopra soltanto poche migliaia di
euro di titoli su cui un fisso pesa percentualmente di più), mentre a volte è
modulato in base ai titoli comprati. Solo 10 euro a semestre se si possiede
solo BoT e BTp, sale se si possiedono anche azioni italiane e sale ancora di
più se si hanno in mano azioni estere.

Scegliere i prodotti d’investimento


L’elemento dei costi è solo uno dei tanti aspetti che determinano le scelte
legate agli investimenti. C’è poi la conoscenza specifica dei singoli titoli.
La scelta dei titoli e l’entrare nel dettaglio delle scelte esula però dai con-
tenuti di questa guida, in quanto certe valutazioni sono sostenute anche
dall’esperienza. Le alternative potrebbero essere continuare a studiare sempre
più approfonditamente singoli strumenti e mercati, oppure affidarsi a una
rivista come Altroconsumo Finanza che, unita al sito www.altroconsumo.
it/finanza, dice esattamente cosa scegliere e in quali quantità. Infine, ci si
può “indicizzare”, ossia replicare pedissequamente i mercati. Ecco dunque
come procedere.

• Approfondire singoli strumenti e mercati Bisogna dire una cosa im-


portante: investire è una attività che richiede pazienza, tempo, capacità di
sopravvivere alle delusioni e molto studio. È una strada impegnativa: è ne-
cessario ampliare la conoscenza pratica tenendosi informati con quotidiani
finanziari e internet, per conoscere di più l’andamento dei mercati (per i vostri
investimenti in fondi e Etf), delle società (per i vostri investimenti in azioni
e bond societari) e dell’economia in generale (per i vostri investimenti in
titoli di stato). La regola qui è sviluppare spirito critico per non farsi ingan-
nare facilmente e diffidare da chi può dare consigli interessati. Il promotore
finanziario, così come l’impiegato di banca, sono senz’altro lì per aiutarvi, ma
ricordatevi anche che hanno pur sempre degli obiettivi commerciali imposti
dal loro datore di lavoro o comunque dalla società per cui lavorano. Per cui,
ogni volta che danno dei consigli, meglio prendersi sempre tutto il tempo
per ragionarci su, per valutare pro e contro e studiare il materiale che si ha
il diritto di chiedere. Non fatevi mai mettere fretta con frasi del tipo “è una
cosa riservata per lei” oppure “è un investimento disponibile ancora per
pochi giorni, da approfittarne” e via dicendo. La fretta è il contrario dello
studio, soprattutto in questo periodo storico, quando sono assai improbabili
investimenti buoni di cui si approfitta “saltandoci sopra al volo”, come fosse
una dritta sussurrata da un bene informato. Anzi, se dovessero fare fretta è
il momento in cui diventare sospettosi.

82
Passare all’azione

• Abbonarsi alla rivista Altroconsumo Finanza Lo scopo è indirizzare al


meglio attraverso ogni forma di investimento, dalle azioni ai fondi, dalle
obbligazioni agli Etf, senza dimenticare anche altre forme d’investimento
come i fondi immobiliari o le polizze vita. Rispetto ad altre realtà di tipo
bancario, è del tutto indipendente nel dare consigli. Il numero dell’ufficio
abbonamenti è 02 6961520 (si può chiamare da lunedì a venerdì, dalle ore
9 alle 13 e dalle ore 14 alle 17).

• Indicizzarsi È possibile comprare un solo prodotto indicizzato o un paio, se


serve un mix di tipologie diverse di prodotti, in base alle prospettive. Avete
un orizzonte temporale di 30 anni? Scegliete un Etf azionario internazionale.
Avete un orizzonte temporale di pochi mesi? Scegliete un conto di deposito.
Avete un orizzonte di 10 anni? Mescolate un Etf azionario internazionale
a un Etf obbligazionario internazionale in modo da farvi un portafoglio
bilanciato e stop. Probabilmente non sarà il meglio sul mercato, tuttavia,
compatibilmente con costi limitati, si ha la certezza di fare almeno quanto i
mercati mondiali. Sarà un investimento di qualità media. Ovviamente que-
sto esempio può farsi comunque più complicato se si associa uno o più
prodotti tra quelli che abbiamo visto fin qui, come un fondo pensione per
esigenze previdenziali, una polizza temporanea caso morte per proteggere
i figli piccoli da una dipartita prematura ecc.

Gli errori da non fare


L’economia è nata tre secoli fa da una branca della filosofia morale che si
occupava dei comportamenti umani: questa attenzione a comportamenti e
psicologia umana successivamente si è persa, per poi tornare alla ribalta negli
ultimi decenni. Oggi esiste proprio una branca delle scienze economiche che si
chiama finanza comportamentale, che è andata a studiare proprio la psicologia
dei comportamenti delle persone in materia economica. In particolare sono
emerse alcune riflessioni interessanti sui principali errori che si compiono in
genere in materia di investimenti. Senza avere la pretese di indicarli tutti, qui di
seguito ne forniamo alcuni esempi da utilizzare come utili spunti di riflessione.

Lasciarsi influenzare
Iniziamo dal momento in cui viene consegnata in mano la documentazione
relativa agli investimenti proposti. Il modo in cui sono rappresentate le cose non
è mai neutro, tende sempre a influenzare chi legge le informazioni. L’uso di

83
Investire per il futuro

colori, tabelle, grafici può benissimo spostare l’attenzione su elementi irrilevanti


e distorcere il senso del rischio. Un esempio pratico: capita che per descrivere
un investimento fatto a rate si faccia un semplice esempio di un fondo e dell’an-
damento delle sue quote da un mese con l’altro, descritto come di seguito:

• investiamo 400 euro per 4 mesi in un fondo, al ritmo di 100 euro al mese;
• la quota vale 50 euro a febbraio (si possono acquistare 2 quote), 100 a marzo
(1 quota), 50 ad aprile (2 quote) e poi di nuovo 100 a maggio (1 quota);
• sommiamo le quote comprate, che sono in tutto 6;
• il risultato è che dopo 4 mesi si avranno 6 x 100 = 600 euro avendone, però,
messi solo 400. Un vero guadagno.

Dove stanno gli inganni? Ve ne sono ben due. L’esempio è scelto apposta.
La sequenza di prezzi è 50, 100, 50 e poi 100. Se si rifanno i conti invertendo
la sequenza con 100, 50, 100, 50 il risultato sarà che alla fine si avrà comunque
investito 400 euro, si avranno in mano 6 quote, ma il valore complessivo sarà
6 x 50 = 300 euro, con una perdita di 100 euro anziché un guadagno di 200.
Poi c’è un altro inganno. Da 50 a 100, poi da 100 a 50 e ancora a 100 sono
tutte variazione di 50 euro. In percentuale, però, sono proporzioni assoluta-
mente sballate. La prima variazione da 50 a 100 è un +100%, la seconda da
100 a 50 è un -50%, la terza è di nuovo un +100%. Anche qui c’è qualcosa
volta a confondere le idee, con variazioni irregolari che paiono regolari.
È importante, quindi, ripensare ogni volta tutto con calma, immaginare ogni
cosa con parole vostre, diffidare e cercare le informazioni veramente importanti.
Questa idea delle variazioni irregolari è importante anche su un altro fronte,
quello della percezione del rischio. Ciò che noi consideriamo come rischio
è un fatto molto soggettivo. Non se ne esce. Tuttavia è anche vero che in
genere si è più propensi a rischiare se si ha appena incassato un guadagno e
si è più propensi alla prudenza se si è scottati da una perdita. Questo accade
indipendentemente da quella che è la vostra percezione base del rischio.
Se quindi si ha guadagnato da un investimento o viene presentato un investi-
mento che è andato molto bene, verrà istintivamente da essere più indulgenti
verso la forma di investimento dimenticando di considerare il rischio reale.
Quando ci fu il boom della bolla internet, molti ebbero la sensazione che il
mondo fosse cambiato e che le società cosiddette dotcom, che allora vola-
vano in Borsa (ma che tuttavia non producevano neppure utili), non fossero
in fondo così azzardate. Il fatto che crescessero faceva dimenticare il rischio.
Fu, invece, un bagno di sangue. Nel 2021 veniamo da un boom dei mercati
azionari durato oltre un decennio, legato a un periodo di bassi tassi d’inte-
resse straordinariamente lungo, c’è da chiedersi quale influenza possa avere
sulla percezione del rischio degli anni a venire. Combattere questa distorsione
mentale richiede molta disciplina, oltre che la necessità di tenere sempre a
mente che i guadagni passati non sono per questo fonte di guadagni futuri.

84
Passare all’azione

Fidarsi degli stereotipi


Questo fenomeno che abbiamo descritto, in cui il passato ci guida al futuro, è
strettamente collegato a un’altra caratteristica umana, che è quella di cercare
sempre delle scorciatoie mentali, semplificando questioni anche molto com-
plesse. È un modo di procedere utile perché tiene tutto sottocchio, ma spesso
fa dimenticare la complessità delle cose e, così facendo, fa perdere per strada
molti concetti importanti, rimodellando spesso la nostra percezione di rischio.
Prima del crack Parmalat molti pensavano che questa società fosse un inve-
stimento sicuro solo per il fatto che operava in un settore, quello alimentare,
che era di per sé molto tranquillo. Infatti, in genere, i titoli alimentari non
sono soggetti a forti alti e bassi, e il latte è un alimento di cui tutti bene o male
hanno bisogno e che non appariva soggetto a particolari scossoni. Quando
iniziarono a esserci avvisaglie di problemi finanziari più grossi e di truffe sui
conti della società, molti ebbero resistenze mentali a rendersene conto con
sufficiente tempestività, proprio perché alle spalle c’era l’idea che da un pro-
dotto tranquillo come il latte non potessero venire grossi inciampi. Anche qui
il segreto è prendere tempo e riflettere. Con un trucco in più: diffidare sempre
degli stereotipi o, per lo meno, chiedersi sempre da che cosa nascono e qual
è il loro significato e il loro limite.

Farsi coinvolgere dal clima


Al di là della mancata percezione del rischio, quando le cose vanno bene c’è
un altro problema di fondo. Il clima ottimistico che si viene a creare e, ancora
di più, il temperamento ottimista degli investitori. Questo fa sì che si finisca
per caricare troppo di valore alcuni scenari (quelli buoni) e svalutare troppo
altri scenari (quelli cattivi). In sé è un errore piuttosto grave. La soluzione
passa anche qui da atteggiamenti mentali più cauti. Se si sa di avere questo
tipo di ottimismo di fondo, una volta lette le informazioni su un investimento,
meglio sospendere il giudizio e ricercare tutti gli elementi negativi. Bisogna,
in pratica, criticare ciò che piace per cercare di saggiarne i limiti.
Ovviamente è bene tener conto anche dell’atteggiamento contrario, quello
pessimista, che può fare evitare buoni investimenti solo perché ci si vedono dei
rischi. Si chiama avversione miope alle perdite e agisce, per esempio, quando
si evita di comprare un fondo azionario internazionale per un investimento di
20 anni solo perché si ha paura della volatilità delle azioni.
Qui il problema si risolve soprattutto con la conoscenza delle caratteristiche
dei prodotti e con un po’ di nervi saldi, ma anche ponendosi davanti un
dubbio: se si ha paura di perdere soldi da qui a un anno, qual è l’orizzonte
temporale? Davvero 20 anni, oppure solo uno? Se si ha già investito e poi si
perde? La reazione sarebbe quella di disinvestire tutto?

85
Investire per il futuro

Se la scelta è stata fatta in maniera corretta e coerente con l’orizzonte tempo-


rale, a meno di grossi cambiamenti nelle situazioni di contorno che possono
spingere a rivedere i presupposti delle proprie perdite, non si dovrebbe ri-
mettere tutto in discussione solo perché è venuto un momento di disincanto.
Vale, ovviamente, qui, anche il problema contrario.
Anche non ritornare sulle proprie decisioni a tutti i costi, anche quando cam-
biano i presupposti per cui le abbiamo prese, è una distorsione psicologica
pericolosa con cui bisogna fare i conti per evitarla. Se ci sono novità rilevanti
bisogna saper cambiare. E farlo anche quando si è in perdita, cosa che a
volte può generare una certa mal disposizione d’animo, perché equivale ad
ammettere di aver sbagliato e scriverlo nero su bianco. Eppure ammettere gli
errori e incassare le perdite se la situazione è peggiorata è una virtù. Bisogna
sempre guardare avanti alle prospettive future e mai a quelle passate o ai
prezzi d’acquisto. Cosa fatta, capo ha.

Addossare la responsabilità ad altri


E infine un’ultima cosa molto importante. Ricordarsi che quando si investe la
responsabilità sarà sempre e solo propria. Quindi anche se può far comodo
attribuire la colpa a chi ha suggerito questo o quell’investimento, meglio pen-
sare piuttosto al perché gli si ha dato retta e perché si ha sbagliato a farlo.
Si potrebbe scoprire semplicemente che è capitato per caso o che è stato
commesso un errore, che, conoscendolo, si potrebbe evitare d’ora in poi.
In questo senso meglio evitare anche un altro rischio: quello di agire come
una pecora investendo dove investono gli altri perché, in questo modo, se la
scelta è sbagliata l’errore sarà stato di tutti, e quindi di nessuno. È un errore
l’imitazione degli altri fatta per cercare un alibi; in questo caso è bene ricor-
dare che la scelta è stata sbagliata e che anche qui la responsabilità è solo di
se stessi. Se non si sbaglia con la propria testa, ma con quella altrui, non si
farà mai tesoro degli errori.

Le autorità di controllo
La Banca d’Italia e la Consob sono le due principali (ma non le uniche) au-
torità di controllo per chi investe.
La Banca d’Italia (www.bancaditalia.it) vigila sulle banche e sulla loro
stabilità. Il suo compito, in altre parole, è controllare che le banche facciano
bene il loro mestiere nel rispetto delle normative. Veglia quindi sui rischi che
si accollano, interviene, se necessario, per imporre il rispetto delle regole e

86
Passare all’azione

La nostra consulenza
Per problemi in materia di investimento, se siete soci Altroconsumo avete una
risorsa in più. Potete infatti usufruire delle nostre consulenze:

• giuridica, per il parere di un avvocato (telefono 02 6961550, da lunedì a venerdì,


dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18);
• economica, se il problema non è strettamente finanziario e riguarda mutui,
prestiti, credito per acquisto rateale e credito revolving con utilizzo cioè di carte
di credito, polizze vita già stipulate, mezzi di pagamento come carte di credito
e bancomat (telefono 02 6961580, da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13);
• fiscale, per rispondere a dubbi sulla dichiarazione dei redditi e i rapporti con il
Fisco (telefono 02 6961570, da lunedì a venerdì dalle 14 alle 18);
• finanziaria, se siete lettori di Altroconsumo Finanza (telefono 02 6961577, da
lunedì a venerdì dalle 9 alle 13).

riveste un ruolo fondamentale nel definire le regole di trasparenza nell’ambito


del rapporto tra le banche e la clientela.
Questo non significa, ovviamente, che sia in grado di blindare il sistema:
il salvataggio tardivo di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti del
2015, i cui azionisti e obbligazionisti hanno dovuto subire delle perdite, è un
chiaro esempio di come la vigilanza non sia una panacea di tutti i problemi
possibili. Ma è anche un esempio di come la Banca d’Italia possa e debba
comunque intervenire ex post per controllare il rispetto delle leggi o per
contribuire a riparare i guasti.
La Banca d’Italia si occupa comunque anche delle controversie con la vostra banca
tramite l’Arbitro bancario e finanziario (www.arbitrobancariofinanziario.it).
Inoltre, si può segnalare un comportamento irregolare o scorretto da parte di
una banca o di un intermediario finanziario tramite esposto sul sito della Banca
d’Italia www.bancaditalia.it/servizi-cittadino/servizi/esposti. Attenzione,
però, che i suoi poteri sono comunque abbastanza limitati.
La Consob, Commissione nazionale per le società e la Borsa (www.consob.it),
vigila sui mercati e su chi gestisce i risparmi. Ne controlla la trasparenza e la
correttezza dei comportamenti. In altri termini, è un po’ il guardiano dei mercati
finanziari di cui crea anche la regolamentazione. Sul sito della Consob, nella
sezione Avvisi ai risparmiatori, è possibile trovare tutte le società segnalate per
mancata autorizzazione a offrire investimenti, e quindi potenziali truffatori.
Anche nel caso della Consob è possibile presentare esposti dal sito www.
consob.it/web/investor-education/l-invio-di-esposti. I temi di competenza

87
Investire per il futuro

della Consob riguardano i comportamenti poco corretti o poco trasparenti di


un promotore finanziario, di una Banca o di una società di intermediazione
quando questa presta un servizio d’investimento.
È stato poi istituito l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf), www.acf.
consob.it, competente per dirimere le controversie tra investitori e interme-
diari per la violazione degli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza
secondo le regole del Testo unico della finanza.
Per i prodotti assicurativi, l’autorità di vigilanza è l’Ivass, Istituto per la vigi-
lanza sulle assicurazioni (www.ivass.it). Sul suo sito è possibile trovare gli
elenchi delle imprese assicurative che sono state “pizzicate” ad agire senza
essere autorizzate, così come i casi di contraffazione. Anche qui è possibile
presentare reclami. Ma anche qui non c’è alcun potere da parte dell’autorità
di risolvere litigi con l’assicuratore.
Per i fondi pensione c’è la Covip, Commissione di vigilanza sui fondi pensione,
sul cui sito (www.covip.it) sono presenti, tra l’altro, gli indicatori sintetici di
costo dei vari prodotti pensionistici, molto utile per fare dei confronti.

La fiscalità dei prodotti finanziari


Limitandoci a cenni di carattere generale, parleremo di quella particolare
forma di patrimoniale prevista dal nostro ordinamento che va sotto il nome
di imposta di bollo, analizzando poi come sono tassati i guadagni sui ricavi.
Un ulteriore cenno a parte meritano i fondi pensione che ricevono anch’essi
un trattamento del tutto speciale, merito del tentativo del legislatore di spingere
gli italiani verso il loro utilizzo.

L’imposta di bollo
Sul conto corrente grava un’imposta di bollo di 34,2 euro all’anno. È da pa-
gare, però, solo se sul conto si hanno in media più di 5.000 euro. La media
si fa sulle date dell’estratto conto.
Prendiamo come esempio un estratto conto trimestrale. Da gennaio a marzo
ci sono sul conto 6.000 euro. Poi da aprile a novembre ci sono in media sul
conto 1.000 euro. Il 20 dicembre vengono incassati 80.000 euro dalla vendi-
ta di qualche titolo che sono depositati sul conto. Visto che l’estratto conto
è trimestrale, la banca va a verificare la giacenza media ogni 3 mesi. Al 31
marzo abbiamo 6.000 euro, quindi saranno 8,55 euro di imposta di bollo (è
un quarto dei 34,2 euro annui). Al 30 giugno e al 30 settembre la giacenza
media è di 1.000, quindi in entrambi i casi non si paga alcuna imposta di bollo.

88
Passare all’azione

Al 31 dicembre la banca va a verificare la giacenza media tra il primo ottobre e il 31


dicembre: l’incasso di 80.000 euro la porta ben sopra i 5.000 euro, quindi si paga
8,55 euro (ricordiamolo, è 34,2 euro diviso 4). Alla fine dell’anno il totale sarà 17,1
euro di bollo, anche se la giacenza media considerata su tutto l’anno è inferiore
a 5.000 euro. In media significa anche che se si apre un conto al primo marzo
versandoci 20.000 euro e non toccando più questa cifra, con un estratto trime-
strale si paga il bollo, ma solo per i 31 giorni in cui si ha avuto aperto il conto.
Il pagamento sarà, quindi, solo di 2,90 euro di imposta (34,2 euro annui diviso
365 giorni e moltiplicato per i 31 giorni di apertura).
L’imposta di bollo da pagare sul conto deposito e sul conto titoli (i prodotti
sono considerati uguali ai fini dell’imposta di bollo) è, invece, pari allo 0,2%
annuo, calcolato sul valore dei soldi nel conto deposito o sul valore di mercato
dei titoli nel conto titoli al momento dell’invio dell’estratto conto. Non vale,
quindi, la media del valore degli investimenti nell’arco del periodo coperto
dall’estratto conto.
Il bollo non si paga solo se nel periodo coperto dall’estratto conto il deposito
titoli o il conto deposito sono rimasti vuoti e non movimentati. Se su un conto
di deposito con estratto conto una volta l’anno, da gennaio a novembre, ci
sono 100.000 euro, poi vengono ritirati e a dicembre e a fine anno ci sono solo
1.000 euro, il pagamento sarà solo di 2 euro di bollo, lo 0,2% dei 1.000 euro
presenti al 31 dicembre. Non si fa quindi la media. Poniamo che l’estratto conto
sia semestrale. Al 30 giugno il pagamento sarebbe stato lo 0,2% calcolato su
metà anno, quindi lo 0,1% di 100.000 euro, cioè 100 euro. Il secondo semestre
1 euro (la metà dello 0,2% di 1.000). Il minimo è 1 euro: se si lasciano solo 10
euro sul conto per un anno, alla fine l’imposta è di 1 euro e non lo 0,2% di
10 euro (ossia 2 centesimi). Quindi in questo caso meglio chiudere il conto.
Il bollo si paga anche sui fondi comuni e sui prodotti di diverso tipo. Solo
le polizze vita di ramo I (quelle legate a una gestione separata) e i prodotti
per la pensione ne sono esenti.

L’imposta sui guadagni


Ovviamente lo stato non si limita a chiedere una patrimoniale sugli inve-
stimenti, ma tassa anche i guadagni. Quanto? Porta via il 26% dei guadagni
con una sola eccezione: i titoli di stato italiani e stranieri dei paesi cosiddetti
white list (quelli che scambiano informazioni con l’Italia), o anche bond di
enti sovranazionali su cui l’aliquota è ridotta al 12,5%.

• Fondi comuni Nel caso dei fondi comuni, che contengono un mix di titoli
con aliquota diversa, si calcola un’aliquota media facendo la media tra quanto
investito in titoli al 12,5% e in titoli al 26% espressa attraverso il cosiddetto
Lie (Livello impositivo equalizzato). Attenzione: non è la media calcolata dei

89
Investire per il futuro

Il caso del titolo in perdita


Nel caso di un titolo in perdita si genera una minusvalenza, il che implica che non si
può essere tassati sul guadagno; lo stato concede un credito d’imposta e la possi-
bilità di tener conto della perdita di oggi nei guadagni di domani (se ottenuti entro
4 anni) attraverso uno sconto sulle tasse. In altri termini, se si compra un’azione a
1.000 e la si vende a 1.100, su 100 euro di guadagni se ne pagano 26 di tasse e ne
rimangono 74. Se il prezzo a cui si vende l’azione è di 900 euro, si ha una perdita di
100 euro. Lo stato riconosce un credito d’imposta di 26 euro. Ciò significa che se tra
un anno si vende a 3.000 euro un titolo comprato a 2.000 euro, con un guadagno di
1.000 euro, anziché pagare imposte per 260 euro, se ne pagheranno per 234 euro
(260 - 26). Per un limite di 4 anni; dopo si perde il diritto allo sconto. Per questo, se
si possiedono minusvalenze molto vecchie, in alcuni casi può convenire vendere dei
titoli in cui si è fortemente in guadagno per farsi scontare le tasse. Non tutto, però, si
compensa: nella tabella vediamo quando le compensazioni sono possibili e quando
non lo sono. L’esempio è costruito in base all’aliquota del 26%, che si usa per le
azioni. Con i titoli di Stato, che pagano il 12,5%, i numeri sarebbero stati diversi.

Che cosa si può compensare


Minusvalenze su
Azioni Bond Fondi Etf Certificate
Plusvalenze su azioni Sì Sì Sì Sì Sì
Dividendi azioni No No No No No
Plusvalenze su bond
Sì Sì Sì Sì Sì
(No zero coupon)
Guadagni Se sì, in Se sì, in Se sì, in Se sì, in Se sì, in
su zero coupon minima minima minima minima minima
parte parte parte parte parte
Cedole bond No No No No No
Plusvalenze su fondi No No No No No
Dividendi fondi No No No No No
Plusvalenze su Etf No No No No No
Dividendi Etf No No No No No
Plusvalenze su certificate Sì Sì Sì Sì Sì
Dividendi su certificate Solo in Solo in Solo in Solo in Solo in
alcuni alcuni alcuni alcuni alcuni
casi casi casi casi casi

90
Passare all’azione

titoli che ci sono in pancia al fondo nel momento in cui lo si detiene, ma,
visto che è impossibile fare un simile calcolo, viene presa la media delle
attività presenti nel fondo (o nell’Etf) negli ultimi due rendiconti disponibili
entro la fine del semestre solare antecedente la vendita.

• Su cedole staccate o dividendi I guadagni possono essere di diverso


tipo, per esempio, sulle cedole staccate o sui dividendi o da plusvalenza,
cioè quando si vende un titolo in guadagno. Spesso il metodo di calcolo è
complesso (per esempio per le obbligazioni zero coupon che non staccano
cedole), quindi meglio non entrare nel dettaglio, anche perché con il regime
del risparmio amministrato è la banca che fa tutti i conti e paga direttamente
l’Erario.

• Su titoli esteri Infine ricordiamo che la tassazione si fa a volte assai com-


plessa sui titoli esteri. Per esempio, i dividendi di società straniere possono
essere anche tassati nel paese in cui vengono emessi (siamo in presenza
di doppia tassazione), cosa a cui si può in parte ovviare grazie agli accordi
che lo stato italiano ha fatto con molti stati esteri. Ma anche qui siamo su
una materia che esula da questa trattazione.

I fondi pensione
La fiscalità dei fondi pensione, infine, merita due righe a parte. Iniziamo dai
vantaggi fiscali: i contributi al fondo pensione sono deducibili dall’imponibile
fino a 5.164,57 euro. Questo vale sia per i dipendenti sia per gli autonomi.
Deducibile significa che restituiscono un importo dei versamenti calcolato
sulla base dell’aliquota Irpef più alta. Le tasse saranno pagate comunque al
momento della pensione e con un’aliquota inferiore anche all’aliquota Irpef
oggi più bassa (è tra il 9% e il 15%; a seconda della durata della permanenza
all’interno del fondo pensione, l’aliquota scende dopo i 15 anni di permanenza
di uno 0,3% annuo).
Inoltre, la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione è diversa. Fermo re-
stando il 12,5% applicato sui titoli di stato e simili, contenuti nel fondo, l’ali-
quota che si paga sugli altri titoli presenti nel fondo è del 20% e non del 26%,
quindi meno che per gli altri prodotti finanziari. Per un fondo che mescola
titoli di stato e altri titoli si fanno ovviamente le medie, un po’ come accade
nei normali fondi comuni. Da ultimo: sui fondi pensione, come abbiamo visto,
non si paga il bollo.

91
Pagina bianca
PARTE SECONDA
Quattro casi pratici
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4
Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi

CASO 1: Il neolavoratore
alle prime armi

Di questo primo caso che prendiamo in esame, un neolaureato che si affaccia


al mondo del lavoro, ci interessa catturare cinque aspetti fondamentali:

• l’inizio di un percorso di vita lavorativa, che durerà ancora molti anni (fino
a una quarantina);
• l’assenza (o quasi) di una storia contributiva ai fini della pensione, conse-
guenza del primo;
• la precarietà del lavoro e quindi la discontinuità, sia nel produrre reddito
sia nel generare contributi pensionistici;
• la consistenza del reddito percepito che, anche quando c’è, non è solitamente
molto elevato in termini assoluti;
• infine, quinto e ultimo aspetto, che a sua volta discende dal quarto, è che
chi si trova in queste condizioni spesso fa riferimento alla famiglia di origine
che contribuisce a sostenerne il potere d’acquisto.

Si tratta in ogni caso di condizioni che riguardano i giovani, ma anche dopo i


trent’anni è possibile riscontrare situazioni simili.
Per esempio nel caso di una giovane madre che ha scelto di crescere i suoi figli
e che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro dopo i trent’anni di età;
oppure chi ha interrotto e ripreso gli studi nel tentativo di migliorare la propria
situazione lavorativa e si ritrova, passati i trent’anni, a ripartire in pratica da zero
con una laurea fresca in mano.

95
Investire per il futuro

La storia di Paolo
Paolo ha terminato gli studi in Comunicazione e media con ottimi
voti ma non ha ancora trovato un posto di lavoro fisso.
Per questo motivo è scontento della sua situazione lavorativa,
ma non si perde d’animo ed è sempre alla ricerca di annunci di
lavoro che possano garantirgli un posto di lavoro a lungo termine.
Così facendo è stato assunto da diverse aziende e sta raccogliendo
molte e preziose esperienze, nonostante le collaborazioni siano
sempre con contratti precari.
Nonostante manchi ancora parecchio tempo, inizia ad avere qual-
che preoccupazione sul suo futuro: riuscirà un giorno a prendere
una pensione “decente”?
Vive ancora con i suoi genitori, e questo gli permette di non af-
frontare grosse spese, ma vorrebbe presto acquistare un piccolo
appartamento che lo renda indipendente. Come può fare per ri-
uscire a mettere via qualche soldo?

Le costanti che contraddistinguono questo profilo sono:

• la disparità tra le necessità (elevate) di avere un capitale e il reddito (basso);


• la prospettiva (un po’ illusoria) di potersi costruire un futuro economico
poco per volta.

Abbiamo parlato di prospettiva un po’ illusoria perché, se è vero che a


vent’anni si ha una vita davanti, è anche vero che il risparmio è una virtù
che va coltivata sin dal principio: è una forma mentale. E soprattutto sì, è
vero che c’è una vita davanti, ma molto dipende anche dal tipo di prospet-
tiva. Se stiamo parlando di una giovane promessa che farà carriera, allora ci
saranno anche possibilità di mettere via denaro sufficiente a una vecchiaia
sicura. Se, invece, stiamo parlando di un individuo che probabilmente avrà
una vita “normale”, con un reddito normale, senza prospettive necessaria-
mente brillanti, allora ogni anno della vita è importante per focalizzarsi sul
proprio accumulo di capitale, trasformando quello che è l’unica ricchezza
che si possiede, cioè il capitale umano, in una ricchezza materiale di tipo
monetario.

96
Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi

Il lento accumulo
Se si hanno tanti anni a disposizione per costruire un capitale, anche una
piccolissima somma messa via ogni mese può portare a possedere alla fine
una somma abbastanza consistente.
Prendiamo l’ipotesi di un giovane lavoratore alle prime armi, con un’età di
25 anni. Mettendo da parte solo 50 euro al mese, costantemente fino all’età
di 65 anni, saranno 40 anni di versamenti, ossia 480 versamenti mensili.
Tenendo conto del carovita (ossia che i 50 euro versati tengano il passo
con l’inflazione, crescendo di pari passo e quindi diventino poco più di
100 dopo 40 anni), alla fine saranno quasi 40.000 euro che, a seconda di
come saranno stati investiti, avranno potuto generare un capitale ancora
più consistente.

Somma investita Rivalutazione al 2% Rivalutazione al 6%

180.000

160.000

140.000

120.000

100.000

80.000

60.000

40.000

20.000

0
gen 21
nov 22
set 24
lug 26
mag 28
mar 30
gen 32
nov 33
set 35
lug 37
mag 39
mar 41
gen 43
nov 44
set 46
lug 48
mag 50
mar 52
gen 54
nov 55
set 58
lug 59

Piccoli capitali crescono


Ecco come cresce un capitale versando 50 euro al mese per 40 anni, sia ipotizzando
il mero accumulo in un salvadanaio, sia ipotizzando un rendimento del 2% dei
soldi messi via (compatibile con un investimento obbligazionario “tranquillo”), sia
ipotizzando un rendimento del 6% (compatibile con un investimento in azioni).

97
Investire per il futuro

I 40.000 euro, infatti, sono l’ipotesi salvadanaio. Se saranno investiti in ob-


bligazioni, nell’ipotesi di un rendimento medio del 2%, già alla fine saranno
diventati 60.000.
Se l’investimento è in Borsa, dove i rendimenti sono mediamente più alti
(ipotizziamo una media del 6% annuo, anche se il dato sarà soggetto a alti e
bassi), dopo 40 anni saranno diventati oltre 160.000. E a questo punto stiamo
già parlando di un gruzzolo interessante.
Tanto più che, viste le aspettative di vita attuali, 65 anni è un’età ancora abba-
stanza “verde”, il che, in altre parole, significa che 40 anni di versamenti prima
di arrivare a godere dei soldi così messi da parte non sono un’ipotesi così
strana e fuori da ogni possibilità. L’importante è stare attenti a non bruciarsi
tutto dopo una vita di risparmi.

Quanto risparmiare ogni mese


Dalla considerazione del fatto che, se c’è tempo sufficiente, bastano anche
pochi soldi per costruire grandi fortune, discende una prima risposta genera-
le alla domanda. Quanto si riesce, anche poco è già un buon inizio. In altri
termini, non è mai troppo presto per iniziare a farlo.
Affinando un po’ meglio la risposta ci sono altri punti da esaminare. In primo
luogo bisogna guardare ovviamente al proprio bilancio familiare. Probabilmente,
se si vive con i genitori, si hanno più risorse disponibili, se si vive da soli di
meno, se si hanno già figli la fatica potrebbe essere maggiore.
Due sono quindi le considerazioni: la prima è che il quanto non è una cifra
fissa, ma dipende anche dalle occasioni di quel momento. La seconda è
che, visto che questo “quanto” varia nel tempo, sarà necessario aumentare i
risparmi mensili in momenti di vacche grasse in modo da poter compensare
quelli di vacche magre. In particolare, se si è ancora in famiglia, è il mo-
mento buono per risparmiare una fetta consistente del reddito. Non esiste
una percentuale precisa. Questa occasione ghiotta di risparmio, a meno
di una carriera brillante, non ci sarà più nella vita. È bene approfittarne.
Compenserà i momenti successivi.
Questa idea ci riporta a un altro elemento molto importante quando si
parla di risparmio mensile: la disciplina e la coerenza rispetto ai fini pre-
posti. Ciò significa, per esempio, che se si sta risparmiando per la vecchiaia,
i soldi messi via, a meno di gravi emergenze, non vanno utilizzati per altre
spese, come per esempio un’automobile, con la promessa di rimetterceli.
Va piuttosto costruito un fondo a parte per seguire quegli scopi. E semmai
adeguare i consumi e gli acquisti alle disponibilità. Sono proprio queste pic-
cole discipline alla base di fortune maggiori.

98
Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi

Certamente in questo contesto diventa importante una gestione attenta delle


spese di casa, e quindi la tenuta di un “diario di bordo” che consenta di sapere
in ogni istante quanto entra e quanto esce, segnando ogni spesa.

Quali prodotti scegliere


Da giovane lavoratore con una vita davanti, i prodotti da scegliere sono tutti
e nessuno. Tutti perché si ha a disposizione un orizzonte temporale sufficien-
temente ampio per stemperare i rischi. Anche gli investimenti azionari sono
perfetti per chi si trova in queste condizioni, a patto di saperli mantenere un
numero sufficiente di anni.
Ma sono allo stesso tempo nessun prodotto, perché si ha probabilmente un
problema di importi minimi. Se le somme da investire sono particolarmente
limitate, molti prodotti sono preclusi. Per esempio con 50 euro al mese non
si possono comprare titoli di stato il cui taglio minimo di norma è intorno ai
1.000 euro.

I prodotti fai da te
• Scelte possibili Si possono comprare buoni postali che partono da somme
molto popolari e, soprattutto, non richiedono il costo fisso per tenere aperto
un conto titoli che su somme piccole può avere un impatto anche conside-
revole (in termini relativi, ovviamente). Attenzione, però, ai rendimenti, che
nel momento in cui scriviamo sono molto bassi, per cui non è detto che sia
la scelta migliore.
Non si ha la possibilità di diversificare su singole azioni, ma si possono
comprare già dei fondi comuni o degli Etf che permettono anche con pochi
euro di capitale di diversificare su interi mercati. Anzi, con ogni probabilità,
se si sta investendo per il lunghissimo periodo, è proprio questa una fase
in cui conviene comprare Etf o fondi azionari internazionali in modo da
portare a casa un universo diversificato fatto per il lungo termine.

• Da evitare Innanzitutto prodotti con costi fissi troppo elevati. Se il risparmio


è composto da somme limitate, il fatto di pagare dei costi fissi elevati significa
perdere in percentuale un sacco di soldi. Un esempio pratico. Decidete di
acquistare Etf di tanto in tanto, ogni volta che si riesce. Di Etf che investono
nelle Borse mondiali ce ne sono anche da poche decine di euro a quota.
Se il conto corrente prevede spese di compravendita titoli minime, per
esempio di 5 euro, ecco che per comprare un Etf, il cui prezzo è di 40 euro,

99
Investire per il futuro

pagando 40 euro alla volta si spederanno 45 euro per ogni acquisto: 5 euro
su 40 sono ben il 12,5% di costi, uno sproposito.
E, ancora, parlavamo prima di costo di conto titoli. Dipende dalla banca,
ma pagare 100 euro l’anno per la sua tenuta (come può capitare) dopo aver
depositato 1.000 euro di titoli, con un costo annuo del 10%, è troppo.
In tal caso non conviene acquistare un prodotto come un Etf. Meglio pun-
tare su altro. Per esempio su quote di fondi comuni su cui almeno evitare
il costo del conto titoli (ma attenzione ai costi fissi sui piani d’accumulo).
Giova, in tal caso, ricordarsi che Altroconsumo ha pronto per voi un servizio
che aiuta a scegliere il conto corrente meno caro, sia per l’uso in termini di
carta di credito, spese, accrediti, domiciliazioni, prelievi, e via dicendo, sia
per l’uso come investitore.

Fondi pensione
Un’alternativa all’investimento fai da te sono i fondi pensione. Comportano
alcuni vantaggi di cui è bene essere consapevoli, ma anche alcune limitazio-
ni che il legislatore ha pensato proprio per rendere stabile questa forma di
investimento:

• è una forma di investimento fiscalmente conveniente (ne abbiamo parlato


prima in un paragrafo dedicato appositamente al tema), perché ogni anno
si può risparmiare qualcosina sulle tasse in base a quanto versato. Non è
molto (e le tasse saranno comunque richieste a fine percorso), ma intanto
alleggerisce la vita e permette di risparmiare un po’ di più;
• è un investimento che ha solitamente costi bassi, soprattutto per un lavora-
tore dipendente che usa il fondo di categoria. Nel panorama del risparmio
gestito italiano è in alcuni casi un’oasi da questo punto di vista. Accanto ai
costi bassi, c’è poi il fatto che i fondi pensione sono comunque adatti in
questi casi, e comportano alcuni limiti nel ritiro dei soldi. Non che questo sia
alla fine impossibile, ma di sicuro disincentivano la tentazione di prelevare
soldi e questo disciplina molto bene il risparmio;
• sono prodotti strutturati esattamente sulle esigenze di lungo periodo e, in
teoria, se non si ha bisogni particolarmente sofisticati e si è nell’ottica di
risparmiare per il pensionamento, tenendo comunque d’occhio la possibilità
di necessità improvvise, come spese mediche o periodi di disoccupazione e
inattività, possono comunque soddisfare in maniera completa ed esaustiva
le necessità di risparmio.

Però hanno una certa rigidità nell’uso, nel senso che non se ne esce con faci-
lità. È un vantaggio perché evita di depredare il gruzzolo per spese voluttua-
rie, ma lo si potrebbe anche considerare uno svantaggio. Poi c’è il problema

100
Caso 1: Il neolavoratore alle prime armi

della scelta. Se siete lavoratori e volete spremere il massimo dei vantaggi


(il contributo del datore di lavoro, vedi pagina 65), allora la scelta finirà con
ogni probabilità per essere limitata al vostro fondo di categoria, con poche
eccezioni (magari c’è un fondo regionale, oppure c’è un accordo aziendale
a favore di altri fondi).
Quindi se il fondo non è buono, la scelta non è ottimale dal punto di vista dei
rendimenti, oppure tocca dover dividere i soldi in più soluzioni, scegliendo
sia il fondo che permette di avere il contributo del datore di lavoro sia un
altro prodotto che conceda di massimizzare i rendimenti attraverso una buona
gestione. Per saperne di più, potete consultare il sito www.altroconsumo.
it/finanza.

Acquistare una casa


L’acquisto della casa è un’altra forma di investimento importante. Stiamo par-
lando, ovviamente, di prima casa, perché solo tramite la prima casa è possibile
tenere conto di un valore d’uso che, anche se non monetizzabile, comunque è
ben presente, e allo stesso tempo è possibile godere di una fiscalità agevolata.
Una casa è senz’altro una riserva di valore importante, tuttavia è un bene
illiquido, un po’ perché ci si vive e un po’ perché resta comunque di difficile
monetizzazione, a meno di non svenderla in fretta e furia pressati da varie esi-
genze. Pertanto una casa non sostituisce comunque un investimento finanziario
puro, anche se poi può risultare in diretta competizione con un investimento
finanziario puro, visto che è difficile affiancare contemporaneamente le rate
di un mutuo e le quote di un risparmio mensile.
È bene ricordarsi che non si può fare assolutamente affidamento su esperienze
passate, come per esempio quella di nonni che hanno acquistato la propria
casa di proprietà tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta e si sono ritrovati
a trascorrere la vecchiaia con una casa cresciuta notevolmente di valore ri-
spetto al costo di acquisto, magari avendo anche approfittato di rate diminuite
(rispetto al loro reddito) da metà anni Settanta in poi.
Questa generazione ha goduto di due vantaggi che difficilmente si ripete-
ranno per le generazioni a venire. Il primo è, appunto, la crescita di valore
delle case sulla scia del boom economico e demografico dell’Italia di quegli
anni (che ora non c’è e non sembra neppure prossimo). Il secondo è stato il
boom d’inflazione degli anni Settanta che si è mangiato molti debiti, tra cui
i mutui a tasso fisso le cui rate non crescevano in valori assoluti e, pertanto,
diventavano gradatamente più piccole rispetto agli stipendi che, invece, spinti
dall’inflazione e dalla richiesta di salari in linea con il carovita, crescevano
in termini assoluti. Questo fenomeno è oggi reso improbabile dal diverso
modo di lavorare delle banche centrali (e della Banca centrale europea nello
specifico) rispetto al modo di lavorare delle banche centrali in quegli anni.

101
Investire per il futuro

Ora l’inflazione intorno al 2% è uno degli scopi della banca centrale europea
e, rispetto ad allora, non c’è potere politico che possa influenzarla con facilità,
visto che le basi di questa istituzione sono trattati internazionali con un certo
peso difficili da emendare.

Proteggere il futuro
Un giovane lavoratore deve ricordare una cosa assai importante: i soldi si
guadagnano principalmente lavorando (a meno di improbabili vincite alla
lotteria o eredità). Quindi, la ricchezza principale di una persona sono le
braccia o le meningi.
Da ciò deriva che la capacità di risparmio è vincolata da quella che è la situa-
zione di salute. Pare molto brutto dirlo, ma la ricchezza futura non dipende
solo da quanto uno sarà in grado di impegnarsi nella vita lavorativa, ma anche
dalle condizioni di salute. Per questo una polizza vita Long term care, una di
quelle che garantisce una certa somma di denaro e una certa rendita mensile,
nel caso di una malattia invalidante, potrebbe completare gli investimenti.
Abbiamo già descritto nel dettaglio questi prodotti. Quindi ci limitiamo a
ricordare due cose:

• se aveste gravi problemi di salute smettereste di guadagnare, oltre ad avere


un’impennata di costi da sostenere per via delle cure mediche e del peso
di una eventuale assistenza domiciliare;
• più giovane si è, meno questi prodotti sono costosi. Quindi, una rata può
pesare anche relativamente poco sul reddito annuo. Certo il motivo del
basso prezzo è sia la bassa probabilità di una malattia invalidante quando
si è giovani, sia il fatto che prima si aderisce e più saranno gli anni durante
i quali si continuerà a versare denaro nella polizza. Tuttavia è anche vero
che con questi prodotti si è assicurati fin da subito sugli incidenti facendo
partire immediatamente il conteggio del periodo di carenza (il periodo in
cui la polizza non copre perché è passato troppo poco tempo dopo la firma
del contratto per essere sicuri che l’insorgere della malattia sia successivo).
In altri termini, prima si inizia e prima la copertura diviene completa ed
efficace per ogni problema che potete riscontrare.

102
5
Caso 2: Coppia con figli

CASO 2:
Coppia con figli

Andando avanti nelle età della vita si suppone una maggiore maturità lavora-
tiva e, di conseguenza, un impegno maggiore per tirare avanti, nel senso che,
seppure spesso a questa età si è ancora favoriti dal supporto della famiglia di
origine, le figure che andremo a esaminare sono in teoria già compiutamente
autonome. Man mano che si cresce, le esigenze finanziarie, anziché diminuire,
tendono a moltiplicarsi.
Inoltre, la visione del futuro non è più lineare come in precedenza, ma molto
variegata. Non c’è solo il proiettarsi nel futuro di molti anni, fin verso alla
soglia della vecchiaia, oppure l’eventuale ricerca di un risparmio a medio
termine per singoli progetti (come comprare l’automobile), ma proprio una
necessità di disponibilità di denaro che cambierà a seconda dell’evoluzione
del ménage familiare.
Le esigenze e le caratteristiche finanziarie mutano (sono comunque crescenti),
nell’ipotesi di un sempre maggior costo del percorso di vita e hanno carat-
teristiche molto diverse rispetto al profilo del giovane neolaureato, visto nel
capitolo precedente. In particolare, potrebbero per esempio comprendere le
spese scolastiche dei figli o la necessità di provvedere economicamente ad
aiutarli anche durante una prima fase della vita adulta.
Tutti questi cambiamenti possono essere affrontati con maggiore serenità se
la disponibilità di reddito, come succede il più delle volte in questa fase del-
la vita, nasce dall’unione di due stipendi (cioè quello di entrambi i membri
della coppia).

103
Investire per il futuro

La storia di Elena e Michele


Elena e Michele sono una coppia sposata e con due figli. Oramai
lavorano entrambi da quando hanno terminato gli studi.
Grazie alle loro entrate, riescono a sostenere il mutuo che grava
sulla proprietà della casa in cui abitano. Tuttavia non man-
cano le difficoltà, e spesso è necessario “fare bene i conti” per
riuscire ad arrivare a fine mese senza andare in rosso sul
conto corrente.
Sono un po’ preoccupati perché Andrea, il figlio più grande, presto
inizierà la scuola media e nuove spese andranno a sommarsi a
quelle che già pesano sul ménage familiare. Inoltre Michele ha
trascorso un periodo in cassa integrazione e, anche se adesso il
lavoro sembra essere ripreso, la paura di rimanere senza un’en-
trata non li ha ancora abbandonati del tutto.
Quali investimenti potrebbero fare per garantirsi un futuro tran-
quillo? Esistono assicurazioni che possano mettere al riparo i loro
figli nel caso dovesse accadere qualcosa a uno di loro o dovesse
presentarsi una grossa spessa imprevista?

Ovviamente non è intenzione di questa guida essere “antimoderna”, per cui


il discorso, con qualche modifica, si adatta benissimo anche alle esigenze di
coppie che per scelta decidono di non aver figli o di coppie che non possono
averne o, ancora, hanno difficoltà ad adottarne.

L’importanza del capitale finanziario


Le esigenze, come abbiano visto, sono diverse di quelle di un neolavoratore:
come molti di noi hanno già sperimentato, la maturità è di solito associata
anche alla ricerca di maggiori comfort e status sociali (tutte cose che hanno
un costo) e gli impegni economici crescono.

104
Caso 2: Coppia con figli

Ci sono impegni all’interno della coppia e verso i figli, in alcuni casi può
comparire anche la necessità di fornire un aiuto economico a genitori in pen-
sione che hanno bisogno di cure o assistenza eccedenti rispetto alla propria
situazione patrimoniale e reddituale.
Stiamo, però, parlando ancora di una giovane età adulta. Quindi è anche
importante notare che non siamo nel pieno della maturità reddituale (per
chi si aspetta una carriera) e che molto probabilmente restano ancora aperti
molti dei temi che abbiamo affrontato per il neolavoratore alle prime armi.
In particolare, pensiamo al tema della casa (anzi è più probabile che la casa
di proprietà sia la scelta di una coppia, piuttosto che di un neolavoratore alle
prime armi, che potrebbe, oltre che vivere con i genitori, anche scegliere un
appartamento in condivisione).
Ugualmente rimane rilevante il tema della previdenza complementare. Ma non
è finita qui: anche la necessità di proteggersi dal rischio di un’interruzione
improvvisa delle proprie capacità lavorative per incidente o malattia resta un
tema di assoluta importanza.
Quindi, la soluzione proposta per un neolavoratore, cioè quella di stipulare una
polizza Long term care resta assolutamente valida, anche se, come vedremo
tra poco, non più sufficiente, perché in questo caso restano da garantire in
caso di morte compagna/o ed eventuali figli. Il risparmio, dunque, si complica.

Gestire le spese quotidiane


La gestione delle spese, ancora una volta, è cruciale. Anche nel caso della
nostra coppia, come in quello del neolavoratore, sarebbe opportuno proce-
dere con un lavoro continuo di contabilità per controllare i costi sostenuti e
le differenti forme di risparmio in atto.
Ponendo l’ipotesi di due stipendi, di un unico luogo in cui vivere, e limitandoci
al solo lato investimenti, i risparmi che la famiglia dovrebbe potersi permettere,
almeno finché i ragazzi sono piccoli, dovrebbero essere superiori rispetto a
quelli a disposizione del giovane lavoratore. In particolare, dovremmo avere
una posizione individuale per ogni membro della coppia che riguarda il fon-
do pensione, e una condivisa per quanto riguarda l’abitazione. Il resto degli
investimenti può essere condiviso o meno dalla coppia.
Ovviamente, in questi casi, oltre che tenere un bilancio a consuntivo (cioè
delle spese sostenute), è bene anche poter fare delle previsioni sull’anno a
venire, tenendo conto che alcune voci di spesa sono piuttosto stabili nel tempo
o comunque prevedibili (per esempio affitti, mutui, utenze di acqua e gas) e
che quindi è possibile fare delle utili previsioni basandosi sul passato, mentre
in altri casi occorre comunque fare delle ipotesi.
Nella tabella alla pagina seguente sono presenti le spese medie delle famiglie
italiane nel 2019 secondo i dati Istat, suddivise per categoria, per un totale di

105
Investire per il futuro

Le spese media mensile delle famiglie italiane - Anno 2019 (dati Istat)

Capitolo di spesa Spesa media (€)

Spesa media mensile 2.571,24

Prodotti alimentari e bevande analcoliche 461,7


Bevande alcoliche e tabacchi 46,57

Abbigliamento e calzature 118,88

Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili 902,77

Mobili, articoli e servizi per la casa 107,93

Servizi sanitari e spese per la salute 120,74

Trasporti 292,39

Comunicazioni 62,06

Istruzione 16,00

Ricreazione, spettacoli e cultura 127,71

Servizi ricettivi e di ristorazione 130,37

Altri beni e servizi 184,13

poco più di 2.500 euro di spesa mensile. Questa indicazione è utile per porsi
qualche domanda sul proprio ménage familiare attraverso dei confronti. Se c’è
uno scostamento forte da questi dati, meglio interrogarsi sul perché e vedere
se si può riportare dei risparmi correggendo questa voce.

E se si perde il lavoro?
La perdita del lavoro è un problema non da poco: rende privi di capacità di
risparmio e costringe a “smontare” i risparmi.
La prima cosa da ricordare è che nel caso di un lavoratore dipendente si
dovrebbe avere a disposizione la liquidazione, oltre, in alcuni casi, a talune
forme di sussidio (ma noi stiamo parlando di investimenti e i sussidi pubblici
esulano). La liquidazione è una voce di risparmio che non abbiamo citato
esplicitamente prima perché non è una forma vera e propria di risparmio su

106
Caso 2: Coppia con figli

cui mettere mano, tuttavia in questi casi è importante. Ammonta a una somma
pari a circa uno stipendio mensile per ogni anno lavorato, che viene rivalutata
a un tasso pari al 75% dell’inflazione più l’1,5%. Ciò significa che per livelli
di inflazione inferiori al 6% è un meccanismo che propone una rivalutazione
dei soldi che batte l’inflazione, per lo meno al lordo delle tasse.
Se si ha aderito a un fondo pensione probabilmente non si dispone della
liquidazione (così come non ne dispone un lavoratore autonomo) perché
entrata nel fondo. Tuttavia, anche quanto accumulato nel fondo pensione è,
comunque, a disposizione in questi casi, visto che la legge prevede esplici-
tamente che si possa accedere a questi soldi anche prima della pensione, se
nella necessità di una disoccupazione che si prolunga per molti mesi.
In linea di massima, infine, è bene ricordare che, in costanza di periodi di
disoccupazione, l’orizzonte temporale crolla. Finché non si ha un lavoro,
asciugando poco per volta i propri risparmi, l’orizzonte temporale è di pochi
mesi/anni, a seconda di quanto messo via.
In linea di massima si dovrebbe, quindi, investire in prodotti poco rischiosi
come titoli di stato, bond ultrasicuri e conti di deposito. Attenzione anche alla
tentazione di mettersi a giocare in Borsa per integrare il reddito. Se non lo si
ha mai fatto prima (e si ha bisogno di leggere questo libro) probabilmente
non si è esperti e, quindi, meglio non farsi tentare da qualcosa che non si ha
avuto modo di approfondire.

Investire per il proprio futuro


Tornando a tempi normali, quando entrambi lavorate o comunque il vostro
reddito vi permette di sostenere un certo risparmio, siamo nel caso in cui i soldi
abbondano più che per il neolavoratore. Tutte le opportunità d’investimento
risultano quindi aperte: azioni, obbligazioni, fondi comuni, Etf.
Ricordatevi sempre di ragionare in un’ottica di portafoglio, diversificando il
più possibile e, soprattutto, tenete presente che anche passati i trent’anni molti
investimenti sono inquadrati in un’ottica di lungo periodo. Questo vale sia per
il fai da te sia per il fondo pensione che, in questa fase della vita, può essere
ancora un comparto azionario internazionale. Infatti, la pensione non arriverà
prima di 25 anni, per cui meglio continuare a dedicare i soldi alla forma più
aggressiva di investimento.
Nel grafico a pagina seguente si possono osservare come l’investimento rateale
in un fondo pensione internazionale, anche in presenza di forti scrolloni da
parte dei mercati, porta a risultati positivi nel lungo periodo. Abbiamo ipotizzato
un investitore che mette 100 euro al mese in un fondo che investe in mercati
azionari internazionali. Siamo andati a scegliere il 2000 come data d’inizio

107
Investire per il futuro

in modo da ricomprendere due fenomeni di crack di Borsa particolarmente


gravi: quello che ha seguito lo scoppio della bolla di internet (e l’attentato alle
torri gemelle), così come la crisi subprime e i crolli successivi al 2007-2008.
Sono dati indicati chiaramente dalla linea. Si vede innanzitutto che a furia di
mettere 100 euro al mese, ora dell’ottobre 2007 avreste avuto in mano circa
13.500 euro (con 9.400 euro versati). Il crollo dei mercati dopo la crisi subpri-
me, nonostante il continuo apporto di denaro, avrebbe distrutto risparmi fino
a portarli intorno a 8.000 euro a febbraio 2009 (con 11.000 euro versati a
quella data, quindi in perdita). Successivamente, però il patrimonio si sareb-
be ripreso. Che cosa se ne trae dal panorama che abbiamo descritto? Da un
lato che è in ogni caso necessario disporre di lassi temporali piuttosto lunghi

Borse mondiali (scala destra)


Patrimonio accumulato (scala sinistra)
Soldi versati (scala sinistra)
gen 00
lug 00
gen 01
lug 01
lug 02
gen 02
lug 03
lug 03
gen 04
lug 04
lug 05
gen 05
lug 06
lug 06
gen 07
lug 07
lug 08
gen 08
lug 09
lug 09
gen 10
lug 10
gen 11
lug 11
gen 12
lug 12
lug 13
gen 13
lug 14
gen 14
lug 15
lug 15
gen 16
lug 16
lug 17
gen 17
lug 18
lug 18
gen 19
lug 19
gen 20
lug 20
gen 21

Accumulare il patrimonio nonostante le avversità


Mettere via i soldi poco per volta è una soluzione ideale per far crescere grandi
patrimoni, ma, ovviamente, un investimento nelle Borse mondiali è soggetto a
importanti alti e bassi e questo in parte rovina il processo di accumulo. Tuttavia se
si ha molto tempo (il grafico, non a caso, è costruito su 20 anni di storia delle Borse)
il rischio via via si stempera.

108
Caso 2: Coppia con figli

(qui abbiamo esaminato 20 anni in cui, tra l’altro, le Borse hanno avuto una
importante fase di espansione). Da un altro lato che è necessario diversificare
ampiamente (se aveste fatto un investimento solo a Piazza Affari non sarebbe
andata così bene e il grafico avrebbe forma ben diversa).

Investire per i figli


La vita scolastica dei bambini della coppia è un’altra cosa di cui tenere conto.
Di base, il costo della gestione di un figlio è abbastanza alto all’età del nido e
della materna (se privata), scende all’età delle elementari per poi riprendere a
salire in maniera più corposa nel periodo delle scuole medie e delle superiori,
per non parlare dell’università. In tale fase si ha da un lato l’aumento dei costi
del materiale scolastico, e magari dei trasporti da e per la scuola (ancor più nel
caso dell’università che spesso è fuori sede), oltre che un aumento generale
di gestione dei ragazzi che dall’adolescenza in poi sviluppano anche nuove
esigenze. Quindi, pur tenendo conto di una carriera lavorativa crescente che
dovrebbe migliorare le disponibilità finanziarie, è più facile risparmiare in una
prima fase dell’adolescenza dei ragazzi che nella fase successiva degli studi.
E pure qui non mancano le considerazioni che è possibile fare a tal proposito.

Buoni postali
Una prima considerazione vale sul risparmio diretto a favore dei bambini. Solo
per fare un esempio, pensiamo ai buoni postali, tipico risparmio a favore dei
minori, e alle monete d’oro che spesso sono regalate dai nonni per rendere
evidente presso i bambini un certo valore affettivo. In questo contesto giova
ricordare che un investimento in titoli, quale quello dei buoni postali, se fatto
a favore dei minori, è vincolato fino alla loro maggiore età (salvo decisione
del giudice tutelare, cosa che non è di tutti i giorni), quindi non può venire in
alcun modo utile per gli studi che precedono l’università. E anche in questo
caso bisogna ricordare che i 18 anni oggi sono un’età in cui non sempre c’è
un’ottica abbastanza matura per usare i soldi esclusivamente per ciò che è
importante. Il rischio è quello di impegnare oggi dei soldi con uno scopo e di
scoprire che, giunto a 18 anni, il ragazzo o la ragazza per cui abbiamo investito
sceglie di comprarsi la moto o di farsi una vacanza importante anziché usare
quei soldi per gli studi. In altre parole un investimento a favore dello studio
dei figli dovrebbe essere sempre fatto con una certa cautela e con la piena
consapevolezza dei limiti della natura umana, soprattutto in una fase difficile
come l’adolescenza il cui andamento non è prevedibile con 10 anni di anticipo.

109
Investire per il futuro

Monete d’oro
Una seconda considerazione tocca le monete d’oro. Come abbiamo detto prima
non sono un grande investimento, non necessariamente per i rendimenti, quanto
soprattutto per i costi e i rischi che comporta. In linea di massima andrebbe
evitato. Questo anche nel caso di un figlio. Può rappresentare senz’altro un
oggetto di tangibile valore affettivo, ma non è il modo migliore per conservare
del valore nel corso degli anni. Ferma restando poi l’osservazione che nella
piena disponibilità del minore potrebbe andare perso (o venduto) nel mo-
mento meno appropriato, sulla scia di esigenze di consumo che nulla hanno
a che fare con quelle di risparmio per lo studio. E con questo ci pare di aver
fatto chiarezza che il risparmio a favore di un minore e del suo studio deve
essere essenzialmente compito del genitore che deve mantenerne le redini e
il controllo il più a lungo possibile.

Orizzonte temporale
I soldi investiti (magari poco per volta) per un bambino, con la finalità di
sostenere le spese dei libri del liceo, hanno un orizzonte temporale intorno
ai 10 anni; quelli per l’università hanno un orizzonte temporale intorno ai 15
anni. In ogni caso si tratta di tempi medio lunghi, ma non lunghissimi, per
cui accanto a una componente azionaria, occorre inserire anche una quota
di obbligazioni che ne contenga il rischio. Questa quota di obbligazioni deve
diventare preminente man mano che ci si avvicina al momento in cui i soldi
potranno essere utilizzati. Quindi siamo di fronte a investimenti che richiedono,
comunque, una certa manutenzione.

Assicurare il capitale umano


In età adulta il capitale umano è importante come non mai. Ora si parla anche
di un partner e dei figli. Abbiamo identificato chiaramente che per quel che
riguarda le personali esigenze è utile un’assicurazione Long term care. Tuttavia
questo tipo di provvedimento al più metterà il partner al riparo da quel tipo
di costi. Ma non tiene ancora conto dei rischi che comporta avere dei figli e
provvedere a loro nel caso di una morte prematura. Si tratta certamente qui
di considerazioni che vanno ben oltre l’investimento finanziario in sé e per
sé, ma che toccano anche altri prodotti di diverso tipo. Nel caso particolare,
stiamo parlando di prodotti assicurativi, che comunque contribuiscono a creare
una forte base di benessere economico alla vostra famiglia.

110
Caso 2: Coppia con figli

• Assicurazione per rischi Stiamo pensando a un’assicurazione per Responsabilità


civile del capofamiglia: si tratta di una forma assicurativa che copre la fa-
miglia dai danni che possono fare bambini o eventuali animali domestici.
È un investimento? No! Protegge il patrimonio? Sì, in casi estremi e parti-
colarmente costosi, ossia in caso di incidenti involontari a sconosciuti che
poi tocca risarcire. In genere sono prodotti che costano abbastanza poco
e coprono più o meno tutti i danni colposi, cioè involontari (non quelli
intenzionali, cioè dolosi). Sono coperti tutti i danni tranne quelli causati ai
propri famigliari. Quindi non copre il vaso di vetro che un figlio rompe in
sala da pranzo, ma il vetro della finestra del vicino che rompe giocando a
palla in giardino sì.

• Assicurazioni vita Qui invece non sono i danni sui vicini a essere protetti,
ma i figli e il partner. Stiamo parlando delle polizze temporanee caso morte.
Il prodotto è importante soprattutto nel caso in cui non lavorino entrambi i
membri della coppia, ma uno solo. Si chiamano temporanee perché copro-
no solo alcuni anni e un periodo determinato, da un minimo di 1 o 2 anni
a un massimo di 10 o 20, ma non oltre una certa età (in genere 75 anni).
Se in questi anni si viene a mancare, il beneficiario riceve la somma pattuita.
Se dopo la scadenza del contratto si è in vita, la compagnia si tiene i soldi
dell’assicurazione. Queste assicurazioni sono particolarmente convenienti
finché si è giovani, poi, con gli anni, ovviamente, le probabilità di morire per
malattia (non quelle di morire per incidenti) crescono e, quindi, la conve-
nienza di queste polizze viene meno. Dal punto di vista del funzionamento,
per esempio del periodo di carenza, valgono considerazioni simile a quelle
fatte prima per le polizze Long term care.

111
Pagina bianca
6
Caso 3: La mezza età

CASO 3:
La mezza età

I dati Istat parlano chiaro su questa fase della vita, che si avvicina alla
pensione: nel 2018 il reddito medio degli italiani tra i 45 e i 54 anni era di
34.753 euro, tra i 55 e i 64 anni era 39.291 euro; maggiore rispetto agli an-
ziani (27.156 euro sopra i 65 anni) e alle classi più giovani (31.747 euro tra
i 35 e i 44 anni, 26.758 euro sotto i 34 anni). Stando così le cose, è evidente
che la mezza età della vita è anche quella in cui è possibile portare a casa
risparmi maggiori.
Nell’età più adulta, si pensa a consolidare il tenore di vita della famiglia e
a risparmiare per poter superare eventuali imprevisti, dovuti per esempio
a problemi di lavoro o salute. Prima non ce n’era stata la possibilità, dopo
le possibilità saranno fortemente ridotte, dato che si va verso la cosiddetta
fase di decumulo.
E su questo punto bisogna concentrarsi bene: è questa probabilmente l’ultima
fase della vita in cui si può espandere in maniera massiccia il proprio patri-
monio sfruttando il reddito lavorativo. Successivamente, la ricchezza deriverà
più dai guadagni che si sarà capace di trarre dagli investimenti che da reali
possibilità di impiego.
Questo rende ancora più evidente l’importanza di un risparmio che va effettuato
sin dal principio, come dicevamo, ma che evidentemente in questa fase della
vita può essere fatto con maggiori disponibilità. E l’importanza di tutto ciò sarà
evidente nel prossimo paragrafo: in media a 50 anni ci si aspetta ancora una vita
molto lunga.

113
Investire per il futuro

La storia di Luigi e Francesca


Luigi e Francesca hanno da poco festeggiato le nozze d’argento.
In questi anni di matrimonio sono nati tre figli, che oramai sono
grandi e vivono tutti “fuori casa”; il primo sta studiando all’estero,
un altro si è sposato e ha già due figli, il terzo ha da poco scelto
la convivenza.
Entrambi lavorano oramai da parecchio tempo: Francesca ha
conquistato con il tempo un buon posto da dirigente in un’azienda
di comunicazione, mentre Luigi è insegnante. Finalmente, dopo
tanti anni di lavoro, tra qualche anno si potranno godere la tanto
sospirata pensione.
Inoltre, ora che sono tornati a essere solo in due a vivere in casa,
anche le spese famigliari si sono ridotte e, a fine mese, i risparmi
permettono loro qualche “vizio” in più, come una vacanza al
mare o un’uscita a cena.
Non vogliono, però, che i loro risparmi vengano utilizzati solo in
questo modo; vorrebbero quindi capire come e quanto investire
dei soldi accumulati in questi anni e se è il caso di stipulare una
polizza sanitaria per fronteggiare con più tranquillità gli anni
futuri. Inoltre, vorrebbero lasciare qualcosa anche ai propri ni-
potini, in modo da aiutarli nelle loro carriere scolastiche.

Una scelta calcolata


Anche se nessuno può sapere quanti anni ha esattamente ancora da vivere e
se la salute lo assisterà fino alla vecchiaia, le statistiche ci dicono che, anche
se a 50 anni si sentono i primi acciacchi, la vita che abbiamo di fronte può
essere ancora molto lunga.
Secondo i dati Istat, infatti, l’Italia è uno dei paesi più longevi d’Europa e
uno di quelli con il maggior numero di ultracentenari. Un maschio italiano si
attende di vivere in media fino a 80 anni, una donna fino a 84 (vedi grafico
accanto). Ovviamente ciò non significa che a 80-84 anni la vita cessi, ma che
si ha la possibilità di avere ancora un bel po’ di anni davanti a sé. Quanti?

114
Caso 3: La mezza età

Uomini Donne

90

80

70

60

50

40

30

20

10
Fino a 4
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-69
70-74
75-79
80-84
85-89
90-94
95-99
100-104
105-109
110-114
115-119
0

Anni

Aspettative di vita degli italiani dalla nascita in poi


Uomini e donne hanno differenti aspettative di vita alla nascita. Dai dati Istat risulta
che vivono in media non meno di 80 anni.

Si calcolano ancora circa 8 anni per gli uomini e intorno ai 10 anni per le don-
ne. La possibilità di raggiungere età ragguardevoli è quindi piuttosto concreta.
Il secondo grafico alla pagina seguente, relativo a un ultracinquantenne, ci
dice che un uomo ha di fronte ancora un’aspettativa di vita di 32 anni e una
donna di ben 36. Stiamo parlando di un lungo lasso di tempo, ma soprattutto
di un periodo ancora sufficiente per avere modo di provvedere al proprio
futuro (che è quello che ci interessa in questa sede). E di farlo bene, perché
è molto probabile che, con gli anni che avanzano, la salute cominci a essere
meno stabile e le spese mediche siano destinate a salire (mentre con la pen-
sione le entrate calano).
Pertanto si può dire che gli investimenti adatti sono tutte forme di risparmio
di lungo periodo: a 50 anni si investe comunque una quantità di denaro pre-
ponderante in azioni, perché si presume che buona parte del denaro servirà
dopo una ventina d’anni. Si può scegliere a questo punto di investire anche
direttamente in azioni e in obbligazioni, senza necessariamente passare per
il risparmio gestito.

115
Investire per il futuro

Uomini Donne
40

35

30

25

20

15

10

0
50-54

55-59

60-64

65-69

70-74

75-79

80-84

85-89

90-94

95-99

100-104

105-109

110-114

115-119
Anni

Aspettative di vita degli italiani dai 50 anni in poi


Il grafico presenta una maggiore focalizzazione sulla mezza età, per rendere più
chiara la visione di quello che succede dopo i 50 anni di vita.

Polizza sanitaria: sì o no?


Una cosa da valutare in questa situazione è farsi una polizza sanitaria che copra
in caso di malattia le spese di ricovero, di degenza, le cure, la fisioterapia e la
riabilitazione, gli acquisti di medicinali durante il ricovero e gli accertamenti
diagnostici legati a una malattia o infortunio successivo alla stipula del contratto.
Si tratta di qualcosa che abbiamo analizzato nella nostra rivista Soldi & Diritti
rilevando, però, diverse criticità:

• il costo elevato;
• non coprono spese per visite di routine, spese dentistiche e check-up pre-
ventivi, ma solo esami e visite legate a malattie e infortuni. Di fatto sono un
duplicato del sistema sanitario pubblico che, pure, c’è già. In più, affinché
le spese siano direttamente a carico della compagnia, è in genere necessario
ricorrere a strutture già convenzionate;
• permettono di assicurarsi solo in un’età in cui il rischio medico è basso;

116
Caso 3: La mezza età

• la clausola di aggravamento del rischio. In pratica, l’assicurato deve comuni-


care immediatamente alla compagnia qualsiasi elemento che faccia variare
il suo rischio malattia, dando così alla compagnia la possibilità di recedere
dal contratto entro un mese. È una clausola che apre spazio alle più ampie
interpretazioni ai danni dell’assicurato;
• ci sono categorie non assicurabili, come tossicodipendenti e alcolisti: se si
finisce in questa categoria durante il contratto l’assicurazione può recedere;
• alcune assicurazioni prevedono l’arbitrato obbligatorio in caso di disaccordo
sui sinistri impedendo il ricorso al giudice ordinario.

Investire quando si torna in due


Una cosa interessante da fare è gestire al meglio gli immobili in proprio pos-
sesso. Chi ha detto che una casa debba durare una vita intera? Normalmente
quando si è una giovane coppia basta un piccolo appartamento, poi man mano
che la famiglia si allarga può essere necessario un appartamento più grande.
Dopodiché, i figli si sposano e ci si ritrova con più stanze del necessario,
economicamente inutilizzate. Chi vive in affitto a questo punto può valutare
di passare in una casa più piccola e meno costosa, ma il ragionamento vale
bene anche per chi ha una casa di proprietà, anche se in questo caso non c’è
un guadagno tanto evidente quanto il risparmio sul canone d’affitto. Eppure
anche a fronte di costi nascosti è possibile fare economie.
Ridurre le dimensioni della casa comporta innanzitutto un risparmio sulle
spese di manutenzione e riscaldamento. In secondo luogo dalla differenza
di prezzo pattuita tra una casa più grande e una più piccola può venire una
rilevante liquidità che a sua volta può essere reinvestita in un altro immobile
più piccolo, in un box auto, o in titoli (più liquidi). Si può ovviamente anche
scegliere di non monetizzare la parte di casa che non usate e tenerla da parte.
Ma in questa sede preme sottolineare la presenza di un valore economico
inespresso che potrebbe esserci nascosto tra le mura di casa.

Pensare ai nipoti
Abbiamo visto prima che un investimento diretto a favore dei figli per certi versi
può essere sconsigliato, perché non avete la garanzia che il minore faccia dei
vostri soldi l’uso preventivato. In particolare, se si intende mettere del denaro
da parte per gli studi o per aiutarli a iniziare una vita lavorativa autonoma:

117
Investire per il futuro

i soldi destinati ai figli rientrano pienamente nelle loro disponibilità al com-


pimento dei 18 anni e a quel punto non ci sarà più nessun vincolo formale
che garantisca che l’uso corrisponda alle finalità per cui li avete risparmiati
e non finiscano piuttosto a finanziare dei consumi immediati. Si può anche
pensare di investire per conto proprio e, semmai, provvedere a loro favore un
domani, quando saranno grandi. È comunque possibile prevedere un lascito
testamentario a favore del loro studio, come si trattasse di una borsa di studio.
Lo stesso discorso può valere anche per i nipoti.
Delle varie forme di investimento abbiamo parlato prima. Innanzitutto ab-
biamo quelle chiaramente finanziarie, come i buoni postali. La caratteristica
dei buoni postali dedicati ai minori è che rendono più o meno quanto un
titolo di stato italiano (al momento in cui scriviamo, la resa è bassa, ma non
è sempre stato così) e ne hanno la stessa affidabilità. Entrano nella piena
disponibilità del minore solo al compimento della maggiore età. I genito-
ri non possono, nel frattempo, metterci sopra le mani. Valutate sempre se
è il caso nella vostra situazione familiare. Se invece volete fare un regalo
che possa essere utilizzato anche dal ragazzo, bisogna accontentarsi di de-
positare i soldi su un libretto postale o bancario là dove la banca prevede
libretti dedicati ai minori. Attenzione, prima di scegliere il libretto, a valutare
una casistica ampia, perché le condizioni (tassi d’interesse, costi ecc.) varia-
no da banca a banca, da confrontare con l’alternativa classica delle poste.
In alcuni casi sono previste, a seconda dell’età, piccole possibilità di prelievo
direttamente da parte del minore. La casistica non è amplissima, ma se si in-
tende utilizzare questo strumento conviene comunque fare qualche confronto
tra prodotti, almeno tra quello offerto dalla banca di cui si è già correntisti e
quello offerto dalle poste per verificare chi offre di più.
Prima abbiamo parlato delle monete d’oro. Ci sono tuttavia altri regali tipici
con un certo valore, per esempio i francobolli, per cui è comunque richiesta
una certa conoscenza del mercato. Sull’oro, più facile da gestire e, in un certo
senso, investimento “standard” storciamo comunque il naso in quanto la mo-
neta d’oro non sempre è acquistata nelle condizioni migliori per farlo. Spesso
si finisce da un negozio di filatelia o da un orefice che poi applicano prezzi
che superano il reale valore in oro della moneta. E lo fanno semplicemente
perché è il costo di fare da commercianti. Inoltre sono forme di investimento
che possono essere facilmente depredate dai ladri, se conservate in maniera
non ottimale. Tuttavia questi regali conservano, rispetto al denaro messo su
un conto o su un libretto, il fatto di mantenere un legame affettivo visibile tra
chi fa il regalo e chi lo riceve. In questo senso bisogna comunque ricordare
che il valore affettivo ha un costo monetario.

118
7
Caso 4: Dopo i 65 anni

CASO 4:
Dopo i 65 anni

Questa potrebbe sembrare una categoria piuttosto omogenea, in realtà siamo


di fronte a una tipologia di investitore che può assumere diverse forme a
seconda dell’età.
Se finora, infatti, tutte le categorie che abbiamo visto avevano comunque
davanti un profilo temporale assai lungo, quando arriviamo al pensionato ci
troviamo di fronte a un ventaglio di possibilità.
Non esiste una soluzione o un profilo unico per gli anziani, ma bisogna veri-
ficare caso per caso. Faremo di seguito solo un esempio delle varie possibilità
che possono esistere a seconda dell’età e dell’attesa di vita, della necessità
o meno di liquidità per spese urgenti, dell’esistenza di eredi a cui si voglia
lasciare una parte di eredità.
Un uomo tra i 65 e i 69 anni ha ancora davanti mediamente 18 anni, una
donna 22. Stiamo parlando di periodi piuttosto lunghi, ossia di periodi in
cui un investimento in azioni può ancora avere una sua valenza, ovviamente
accanto alla parte obbligazionaria. A 80 anni le attese di vita per un uomo
sono di 8 anni, per una donna di 10. Qualche rara azione ci può ancora stare,
ma in misura molto ridotta e limitandosi a titoli attivi in settori piuttosto tran-
quilli (per esempio il settore di pubblica utilità le cui azioni, essendo legati
a consumi relativamente stabili, come il trasporto di luce e gas, in mercati
regolamentati sono tendenzialmente più difensivi) e contando sul fatto che
si vada avanti in ottima salute o di non aver bisogno di liquidità urgente per
far fronte a spese mediche.

119
Investire per il futuro

La storia di Mario
Mario è un uomo di 70 anni ed è in pensione da poco meno di 10.
Ha lavorato per 40 anni in una grande azienda di mobili e ora
si sta finalmente godendo il periodo della pensione nella sua casa
di proprietà, che ha acquistato grazie ai risparmi che è riuscito
ad accumulare nel tempo.
Frequenta un gruppo di amici che spesso organizzano uscite e
gite fuori porta, è sportivo e va spesso a camminare per mante-
nersi in forma. Tuttavia l’età avanza e gli acciacchi iniziano a
farsi sentire più insistentemente. La paura è che in futuro dovrà
aver bisogno di una persona di sostegno, nel caso non dovesse
più essere autosufficiente. Vorrebbe quindi continuare a vivere
tranquillo, ed essere certo di assicurarsi i soldi necessari per far
fronte a qualsiasi tipo di imprevisto possa capitargli nel futuro.
Allo stesso tempo, non si sente ancora vecchio e vede davanti a
sé ancora molti anni in cui vorrebbe godersi i soldi risparmiati
e, se possibile, continuare a mettere qualcosa da parte. È ancora
realistico pensare a qualche forma di investimento?

Lo abbiamo già detto, più passano gli anni, minori sono purtroppo le attese
di vita. Da un certo momento in poi, quindi, le azioni non sono più un tipo di
investimento consigliabile (vedremo, in seguito, un approfondimento di questo
discorso tenendo conto che esiste la possibilità che ci si ammali). A meno
che, ovviamente, non pensiate di investire pensando ai vostri eredi. E qui la
situazione cambia, perché allora la durata dell’investimento non va calcolata
in base alle vostre attese di vita, ma in base a una durata in vita legata alle
esigenze degli eredi. Allora le azioni tornano a prevalere.
In questo caso, però, il discorso si complica ulteriormente per altri aspetti.
C’è la variabile tasse di successione: i titoli di stato ne sono esenti, le azioni no.
Un investimento in BTp ve le evita. Ma, anche qui, non sempre si pagano
tasse di successione, perché per gli eredi più prossimi (coniuge, figli ecc.)
sono previste delle franchigie (cioè somme ereditate sotto le quali non si
pagano tasse).

120
Caso 4: Dopo i 65 anni

Imprevisti dietro l’angolo


Come già anticipato, c’è un elemento che caratterizza l’età anziana più di
ogni altra, anche se presente fin dalla gioventù: l’evento “imprevisto”. Ossia il
caso in cui ci si ritrova ad affrontare una spesa improvvisa e non preventivata.
Nei casi precedentemente trattati si potevano tentare diversi approcci, e alcuni
li abbiamo descritti. Ci riferiamo all’idea di una polizza Long term care, di una
polizza temporanea caso morte o di una polizza sanitaria. Ognuna copriva
qualche evento: malattia grave e permanente, morte prematura con parenti a
carico che non si vogliono lasciare abbandonati al loro destino, spese sanitarie
improvvise. Accanto avevamo anche forme diverse di copertura delle emer-
genze, come la possibilità di riscattare in parte o del tutto i soldi accumulati
nel fondo pensione in caso di perdita del lavoro. Bene, ora buona parte di
queste possibilità vengono meno. Le assicurazioni non accettano più clienti
di una certa età, perché oramai è certo che ci sarà l’evento assicurato e che
capiterà in tempi brevi. In teoria sarebbe ancora possibile assicurare le per-
sone (in tal caso di fronte a un evento certo il costo è vicinissimo al beneficio
economico dell’assicurazione), ma ovviamente il meccanismo che la rende
appetibile commercialmente si è inceppato.
Le uniche assicurazioni che conviene continuare a fare sono quelle attinenti
non al rischio vita, ma al ramo danni. Si tratta cioè della protezione da spese
improvvise (per esempio per la casa). Siamo fuori dall’orizzonte dell’investi-
mento, ma comunque all’interno del problema della protezione del denaro.
Se si tiene conto che da pensionati è anche improbabile avere una famiglia
di provenienza alle spalle (mamma e papà che coprono le vostre emergenze)
e che i figli sono spesso più poveri dei genitori, si finisce giocoforza in un
una situazione in cui si deve provvedere da soli a ogni emergenza. Tanto più
che oramai è stata incassata anche la liquidazione o si è optato per la rendita
con il fondo pensione, quindi non restano “tesoretti” nascosti da valorizzare.
L’unica cosa che potete fare è dedicare una parte dei soldi alla liquidità, ossia
a soluzioni di investimento da cui poter disinvestire in qualsiasi istante senza
essere particolarmente penalizzati. In altri termini a un conto di deposito o a
delle obbligazioni a breve termine, prodotto che, al momento in cui scriviamo,
ossia la primavera del 2021, non sono un buon investimento per via dei tassi
bassi, ma che lo è stato in passato e che potrebbe tornare a esserlo nuovamente
in futuro quando, e se, ci troveremo di nuovo in tempi normali per i mercati.
A quanto deve ammontare questa fetta di denaro? Non c’è una percentuale
esatta. Conta in termini assoluti quanto vi volete assicurare da un infortunio.
Al limite se i risparmi sono limitati e dopo una vita intera ammontano solo
a poche decine di migliaia di euro, questo cuscinetto di sicurezza potrebbe
costruire una parte assolutamente predominante di quello che si possiede,
più del 50% o anche l’intero patrimonio. Diversamente se al termine della
vita lavorativa avete messo via dei risparmi importanti, a cui aggiungere la

121
Investire per il futuro

liquidazione, la liquidità da tenere da parte può essere anche solo una fetta
piccolina dei soldi. Quanto deve essere in valore assoluto? Dipende. Quali
sono gli imprevisti a cui potreste dover far fronte? Guasto all’auto? Una cal-
daia da rifare? Spese mediche improvvise? I lavori straordinari della facciata
di casa? Questa, per sommi capi, è la misura di ciò a cui dovete provvedere.

Investimenti a seconda dell’età


La terza età prevede, dunque, un investitore molto attivo e attento. All’inizio
del periodo della pensione va valutato con attenzione l’orizzonte tempo-
rale. Non solo c’è da considerare l’attesa di vita, ma anche all’interno di
questo lasso temporale quali saranno gli anni in buona salute e quali no.
Con il declinare della salute, infatti, è probabile che peggiori la situazione
complessiva in termini di maggiori spese e che dalla fase di risparmio o del
mantenimento in vita dei risparmi si passi direttamente alla fase successiva
che è quella del decumulo.

• A 65 anni Prima abbiamo detto che a 65 anni una donna ha una attesa di vita di
ben 22 anni e un uomo di 18 anni. Questo ci fa propendere per un investimento
che può ancora avere una quota azionaria. Stiamo però ipotizzando una salute
di ferro. In realtà, è probabile che solo una parte di questi anni sia in buona
salute. Di fatto, il declino più pesante avviene dopo gli 80 anni. Quindi è media-
mente dopo questa età che è prevedibile un aumento serio delle spese e l’inizio
del periodo di decumulo. In quest’ottica, le prospettive sono mediamente di
15 anni. Con 15 anni davanti è ancora possibile ragionare (al netto di quanto
lasciato da pare per imprevisti) con un’ottica bilanciata, mescolando azioni
e obbligazioni. La quota di azioni deve però assottigliarsi di anno in anno.
Al limite azzerarsi dopo gli 80 anni. In realtà quelle che abbiamo visto fin
qui sono le previsioni a 65 anni.

• 80 anni Se uno arriva a compiere 80 anni ed è in buona salute non c’è


alcun motivo per cui sia costretto a pensare che finirà allettato dall’oggi al
domani per poi morire nel giro di pochi anni. A 80 anni le attese in vita
sono di 10 per una donna e 8 per un uomo.
Idealmente è il caso di avere soldi investiti per lo più in obbligazioni, ma
è un discorso generale. Se ci si trova alle spalle una crisi di Borsa appena
terminata, c’è una ragionevole possibilità che le Borse si riprendano negli
anni subito a venire. Qualche azione, ben scelta, sulla scia di buoni con-
sigli, ci può ancora stare in portafoglio. È una situazione particolare che
implica una buona pratica dei mercati, che i mercati siano reduci da una

122
Caso 4: Dopo i 65 anni

crisi e che la salute prometta ancora di stare bene. Ovviamente questo è


l’ultimo momento della vita in cui, se si investe solo per se stessi, ha senso
avere in mano qualche titolo azionario. Successivamente si dovrà avere in
tasca solo obbligazioni e la durata media di queste obbligazioni non dovrà
essere troppo lunga (infatti, se i tassi salgono, i prezzi dei bond già emessi
scendono e lo fanno tanto più quanto è lontana la scadenza del bond) e
la loro affidabilità essere troppo bassa (per evitare rischio di incorrere in
fallimenti).
Più in generale, ed è questo il concetto che preme far passare, al di là della
trasformazione puntuale degli investimenti da più rischiosi a meno rischiosi
(o meglio da coerenti con un orizzonte temporale lungo a coerenti con un
orizzonte temporale breve), bisogna abituarsi all’idea che l’epoca dei grossi
rendimenti è tramontata. Man mano che il tempo a disposizione si assotti-
glia bisogna resistere alle tentazioni. Pare un discorso deprimente e triste
(in parte forse lo è), ma anche molto serio.
Quando l’Italia stava per entrare nell’euro, i rendimenti sui titoli di stato italiani
erano crollati portandosi in linea con i rendimenti più bassi dei più sicuri
titoli di stato tedeschi. Molti italiani, non abituati a cedole piccole, hanno
pensato bene di comprare bond argentini o titoli Parmalat. La tentazione di
recuperare rendimenti elevati, in una fase in cui non ce n’erano proprio, ha
portato molta gente a esporsi a un rischio eccessivo e assolutamente non
in linea con le attese. Di queste illusioni è pieno il mondo: l’ultima stagione
della vita è quella in cui meno bisogna farsene, perché è quella in cui siamo
comunque finanziariamente più fragili e più impossibilitati a tornare indietro.

Il decumulo
E qui veniamo al problema fondamentale della vecchiaia. Da risparmiatore
ci si trasforma in qualcuno che smonta il proprio capitale. Quando avviene
questo passaggio? Si spera che avvenga solo negli ultimi anni, quando la
salute declina. Una buona fetta degli anziani, infatti, soffre di limitazioni
funzionali e molte famiglie si trovano a questo punto a utilizzare tutti i loro
risparmi per fare fronte a spese di assistenza, anche vendendo l’abitazione
e mantenendo la nuda proprietà o indebitandosi. In particolare, sono a
rischio gli anziani soli, che non possono approfittare pienamente di una rete
di cure informali all’interno della famiglia.
Quale che sia la vostra situazione è evidente che a un certo momento le
necessità supereranno il reddito prodotto dalla vostra pensione e che sarà
necessario procedere al cosiddetto decumulo: il disinvestimento progressivo
dei soldi accumulati durante un’intera vita.

123
Investire per il futuro

L’essere arrivati a smontare gli investimenti significa che l’orizzonte tempo-


rale è diventato particolarmente breve. In tal senso gli investimenti di tipo
azionario saranno certamente i primi da smobilizzare. Il processo avverrà
quindi per tipologie di rischio: dal più rischioso al meno rischioso. Quindi,
in linea di massima: prima singoli titoli azionari, poi fondi o Etf azionari,
e in contemporanea anche singoli titoli obbligazionari che hanno un alto
rendimento, vuoi perché investiti in una valuta particolarmente rischiosa,
vuoi perché emessi da una società poco affidabile; quindi seguono eventuali
fondi o prodotti bilanciati, poi le obbligazioni, a cominciare da quelle a più
lunga scadenza, passando poi per quelle a scadenza più breve, via via fino
ai soldi sul conto corrente.
Tempi e modalità del decumulo devono tenere conto da un lato del vincolo dei
costi da sostenere (cure mediche, assistenza domiciliare ecc.), da un altro lato
delle aspettative di vita (per quanto tempo andare avanti a spendere i soldi).
Fino a un certo punto sarà possibile anche fare delle economie. Risparmiare
sulle vacanze, sull’auto di proprietà, magari affittare anche il garage rimasto
vuoto dopo aver venduto l’auto. Se, però, tutto questo non dovesse bastare,
bisognerà mettere mano anche all’ultima risorsa che rimane, ossia la casa.
Molti italiani lo fanno, effettuando quella che si chiama vendita della nuda
proprietà (ossia vendete la casa, ma riservate il diritto di utilizzarla finché
siete in vita).
Le caratteristiche della vendita della nuda proprietà e ciò che questo com-
porta lo diremo nel paragrafo che segue. Qui, prima di concludere, ci preme
un’ultima considerazione. Abbiamo detto che molti italiani hanno smontato
i loro investimenti, che molti hanno venduto la casa e che molti si sono
indebitati. Ecco, quest’ultima è una situazione che nel modello che stiamo
descrivendo non dovrebbe avere molto spazio. Indebitarsi magari cedendo
il quinto della pensione è un modo per anticipare oggi delle spese e tirare
la cinghia domani quando si ripagherà il debito. Questo genere di strategie
funzionano da giovani quando il reddito cresce, ma si inceppano da vecchi
quando il reddito tendenzialmente è stabile e le spese inevitabili dell’assi-
stenza tendono a salire.

Vendere la nuda proprietà della casa


Un altro modo per smontare i propri investimenti quando si è anziani è la
vendita della nuda proprietà della propria casa. Con una simile vendita cedete
le mura della casa, riservandovi di viverci dentro e di utilizzarla finché serve.
La soluzione è buona se non si hanno eredi o se questi hanno già ricevuto un
aiuto sostanzioso. Attenzione a farlo se siete appena andati in pensione: più si

124
Caso 4: Dopo i 65 anni

è anziani, più soldi si possono incassare per la casa. Inoltre, in periodi di crisi
i tempi di compravendita possono essere assai lunghi; dovete avere pazienza.
Quando si vende l’acquirente non paga per intero l’importo della casa, visto
che una casa occupata vale meno di una vuota. Il prezzo è calcolato così:

nuda proprietà = valore della casa - valore dell’usufrutto.

Il valore della casa dipende dalle condizioni del mercato della zona in cui è
situata. Il valore dell’usufrutto è, invece, il valore del reddito che la casa può
produrre ogni anno (per esempio se in affitto) moltiplicato per il numero di
anni di vita attesi. Questo valore è più basso quanto più si è anziani, per cui
più anni si hanno e più è alto il valore della nuda proprietà. L’incasso dipen-
de ovviamente dalla contrattazione con l’acquirente. Un aiuto, tuttavia, viene
dalle tabelle che ogni anno il Ministero dell’economia pubblica nel mese di
dicembre in un decreto relativo all’adeguamento delle modalità di calcolo dei
diritti di usufrutto. Contengono un tasso d’interesse legale e un coefficiente che
insieme sono utili al calcolo del valore della nuda proprietà a seconda dell’età.
Per calcolare il valore di una nuda proprietà, potete più semplicemente utiliz-
zare il calcolatore a disposizione al link www.altroconsumo.it/soldi/mutui/
calcola-risparmia/nuda-proprieta: partendo dal valore della proprietà e
dall’età dell’usufruttuario, con un clic potrete visualizzare i valori della nuda
proprietà e dell’usufrutto. Ovviamente i dati reali dipendono anche dalla
capacità di contrattare.

Le tasse di successione
Una nota finale riguarda le tasse di successione. La paura di pagarle può fare
danni, per cui conviene stare attenti. Innanzitutto le tasse di successione sono
un problema solo di fronte a una ricchezza che abbia un minimo di consistenza
e a eredi che non siano i figli. Quello che c’è da sapere è che:

• se investite in titoli di stato non dovranno essere pagate;


• se l’erede è il coniuge o un parente in linea retta (genitore, figlio, nipo-
te ecc.) non si pagano tasse fino a 1.000.000 di euro per ciascun erede.
Si scende a 100.000 euro di franchigia a persona per fratelli o sorelle.
Quanto è il costo di queste tasse? È il 4% (per le somme che eccedono
le soglie viste, per esempio con una moglie con 1.100.000 euro è il 4%
di 100.000, ossia 4.000 euro) per un parente in linea retta, il 6% per un
fratello o sorella, l’8% per gli altri. Norme favorevoli sono previste nel caso
di portatori di handicap gravi.

125
Investire per il futuro

Spesso per evitare queste tasse di successione, agli anziani vengono proposte
delle polizze vita. Attenzione quando ve ne propongono una: questi prodotti
sono mediamente assai costosi, più dei normali fondi comuni e molto più
degli Etf. Anno dopo anno il rischio è di pagare in commissioni somme che
possono ben raggiungere e superare i costi percentuali previsti dalle tasse di
successione.

126
PARTE TERZA
Appendici
Pagina bianca
Appendice 1 – Esempi di contabili

Appendice 1
Esempi di contabili

La contabile è un documento riportante tutti i dati necessari e previsti dalle


norme vigenti che certifica un atto di vendita o di acquisto.
A volte, di fronte a questo tipo di documenti, può sembrare complicato de-
streggiarsi tra argomenti così complessi o termini che possono apparire, a
primo impatto, incomprensibili. E subentra il timore di sbagliare.
Per questo motivo abbiamo deciso di fornire in questa prima appendice al-
cuni esempi di contabili di vendita, in modo che argomenti, a volte difficili,
possano divenire di semplice fruizione per tutti.
I modelli riportati sono relativi a:

• vendita di un Etf;
• acquisto di un fondo e di un’obbligazione, che sono le contabili con cui un
semplice investitore avrà probabilmente maggiormente a che fare;
• accredito di un dividendo estero.

Ricordiamo che un Etf è un fondo che si compravende in Borsa (come le


azioni), è indicizzato e replica esclusivamente il mercato in cui investe, senza
l’intermediazione di promotori finanziari.
Il dividendo è invece quella parte di utile che una società decide di distribuire
tra i suoi azionisti al termine di un periodo amministrativo (che potrebbe
essere, per esempio, l’anno solare) come remunerazione del capitale inizial-
mente investito.

129
Investire per il futuro

Esempio 1 Contabile di vendita di un Etf


Esempio di contabile di vendita di un Etf che investe sulla Borsa di Milano.
Non tutti i riquadri sono compilati, perché la contabile di vendita in questo caso
riguarda un Etf, mentre il modello su cui è stampato è standard e vale anche
per le obbligazioni (e le voci come “interessi lordi” riguardano questi titoli).
Sono presenti data e ora di esecuzione (in alto a sinistra), diverse da quella
della valuta (in basso a destra), che è quando si riceveranno i soldi. Si speci-
fica il nome del titolo, con il relativo codice e la percentuale di ritenuta che
il fisco applica sulla differenza tra quanto pagato per acquistarlo e quanto
si paga ora per venderlo. L’importo in euro è nel campo Ritenuta/imposta
e viene sottratto dalla colonna dei ricavi insieme alle commissioni. Il ricavo
(voce Importo) è pari al prezzo moltiplicato per la quantità, ma l’incasso finale
(Totale) è pari al ricavo della vendita, meno le tasse e le spese.

Data esecuzione Ora esecuzione Mercato


20.04.2015 17,27 Mercato regolamentato
Codice titolo Titolo Ritenuta
10010827 LYXOR UCITS ETF FTSE MIB 26%
Val. nominale o quantità Prezzo Controvalore Interessi lordi Importo
100 18,488 1.848,80 1.848,80
Scarto emissione Ritenuta/imposta
soggetto a imposta 53,90
53,90

Commissioni 13,20

Valuta Totale
25.04.2015 1.781,70

130
Appendice 1 – Esempi di contabili

Esempio 2 Contabile di acquisto di un fondo


In questo esempio abbiamo prima alcuni dati amministrativi, poi il nome
del fondo, il tipo di quota e l’importo lordo versato. Abbiamo le spese per-
centuali (qui è il 3%) e quelle fisse dovute a un collocatore, quindi l’importo
effettivamente investito. A questo importo (se in valuta diversa dall’euro) si
applica il cambio: qui abbiamo quote in euro, per cui il cambio risulta 1 e
la data della conversione in valuta resta vuota (il prezzo moltiplicato per la
valuta, qui è stato moltiplicato per uno). Segue il valore della quota (il Nav),
che è chiamato prezzo di emissione delle quote, e il numero delle quote
emesse, pari all’importo netto investito in divisa, diviso per il prezzo di emis-
sione. Infine abbiamo le date dell’operazione, con distinzione tra quando è
arrivata la richiesta e quando è stata effettivamente eseguita.

Codice posizione: XXXXXXXXXXXXXXXXXXX


Numero operazione: XXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Fondo/comparto oggetto dell’ordine: Nordea 1 global bond BP (EUR)
Classe di appartenenza: BP
Importo lordo versato: 10.000,00 EUR
Commissioni applicate: 300,00 EUR
Spese amm.ve ag. incaricato/collocatore: 10,00 EUR
Importo netto investito: 9.690,00 EUR
Tasso di cambio applicato: 1,00000 EUR/EUR
Data della conversione:
Importo netto investito in divisa: 9.690,00 EUR
Prezzo di emissione: 17,710 EUR
Quote/azioni emesse: 547,149
Data di ricezione della richiesta: 25 febbraio 2016
Data di esecuzione: 29 febbraio 2016
Mezzo di pagamento usato: Addebito in C/C

131
Investire per il futuro

Esempio 3 Contabile di acquisto di un’obbligazione


In questo esempio, sono indicati dati amministrativi, il mercato, il nome del
titolo e il codice Isin. Finita la parte anagrafica, abbiamo i dettagli dell’ordine.
La tipologia è l’ordine scelto; qui è con limite di prezzo, il che significa che
non si era disposti a pagare una somma superiore a 102,30 euro.
C’è poi la quantità che si è deciso di comprare, 50.000 euro, una quantità ele-
vata, ma corrisponde al minimo (elevato) di questo titolo preso come esempio.
Segue il prezzo effettivamente pagato che, in questo caso, è proprio quello
massimo che si era disposti a pagare. La voce successiva, quella del rateo di
interesse, indica la parte di cedola maturata fino al momento dell’acquisto, da
pagare a chi vende il bond per incassarla (a novembre) al suo posto.
La voce seguente, Ritenuta, è relativa al fisco. Quando si compra il titolo, si paga-
no le tasse sulla cedola e sull’eventuale differenza tra prezzo di rimborso (100) e
prezzo di emissione (per questo titolo fu 99,255). Quindi, se è vero che bisogna
pagare a chi vende il titolo i soldi della parte di cedola che gli spetta, perché ma-
turata quando lui aveva in mano il titolo, è anche vero che lui deve dare la sua
parte di tasse, ossia quelle relative alla differenza tra prezzo di rimborso e quello
di emissione (nel nostro esempio, poco meno di 100 euro) e quella da pagare
quando saranno incassate le cedole relativamente solo al suo rateo (in questo
esempio siamo a poco più di 300 euro). In totale, la cifra indicata come ritenuta
è quanto arriva di rimborso tasse. Abbiamo quindi il controvalore, che è il prez-
zo per quantità, sommato al prezzo più rateo. Infine le spese (che si sommano
al controvalore) e il totale, che è controvalore, più le spese, meno la ritenuta.

Dettagli dell’operazione:
Deposito titoli numero: XXXXXXXXXXXXXXX
Intestato a: XXXXXXXXXXXXXX
Modalità di inoltro richiesta: internet
Numero d’ordine: XXXXXXXXXXXXXXXX
Mercato: xxxx
Titolo: A2a 4,5% 02nv16
Isin: XS0463509959
Tipologia ordine: al limite di prezzo 102,3000 centesimi
Quantità: 50.000 euro
Prezzo eseguito: 102,3000 centesimi
Rateo di Interesse: 2,4098
Ritenuta: 410,24 euro
Controvalore: 52.354,90 euro
Commissioni di ricezione ordini: 20 euro
Spese: 5 euro
Totale euro: 51.969,78

132
Appendice 1 – Esempi di contabili

Esempio 4 Contabile di accredito di un dividendo estero


Quest’ultimo esempio di contabile è il caso dell’accredito di un dividendo estero.
C’è il titolo, la data di stacco (11 marzo), che differisce dalla data di pagamento
(1 aprile), su cui è pure calcolato il cambio dell’accredito. Prima è trasformato
l’importo in euro, poi si va a vedere quanto è stato trattenuto dal fisco Usa
(15%) e lo si calcola sull’importo lordo. Il risultato viene sottratto all’importo
lordo e, a questo punto, si applica la tassazione italiana (26%), con a destra
il relativo importo. Il totale netto accreditato è pari al dividendo lordo, meno
la tassazione Usa e la tassazione italiana.

Denominazione del titolo Data di stacco Divisa Quantità Cambio


Coca - Cola 11.03.2016 USD 35 1,138

Divisa Importo lordo Percentuale ritenuta Importo ritenuta

EUR 30,76 15,00 4,61

EUR 26,15 26,00 6,78

Totale accreditato
EUR 19,37
(con valuta il 1/04/2016)

133
Pagina bianca
Appendice 2 – Bibliografia

Appendice 2
Bibliografia

Le principali fonti di questo libro sono due pubblicazioni di Altroconsumo,


ossia il settimanale Altroconsumo Finanza e il bimestrale InTasca, con ana-
lisi, ricerche e inchieste condotte negli ultimi venticinque anni. Per questo
motivo il materiale da cui è stata tratta questa guida è comunque reperibile
su www.altroconsumo.it/finanza e su www.altroconsumo.it/soldi.
Qui di seguito elenchiamo alcune fonti d’informazione aggiuntive (articoli,
libri o link) che da un lato hanno contribuito alla stesura del volume, da
un altro possono offrire ulteriori spunti di riflessione e approfondimento
per il lettore.

Situazione italiana
Il sito dell’Istat è una miniera inesauribile di informazioni per quanto riguarda
i dati che fotografano la situazione italiana su diversi aspetti. In particolare
segnaliamo:

• su demo.istat.it si trovano statistiche sulla situazione demografica italiana;

• su www.istat.it/it/archivio/popolazione si possono consultare docu-


menti relativi alla popolazione italiana.

135
Investire per il futuro

Educazione finanziaria
Per quanto riguarda l’educazione finanziaria, ricordiamo:

• il portale istituzionale dell’autorità di vigilanza sui mercati (www.consob.it),


alla sezione Educazione Finanziaria, dove segnaliamo in particolare la
pagina dedicata agli errori e alle trappole comportamentali e quella de-
dicata alla tutela.

A proposito della teoria del ciclo vitale, abbiamo citato le opere dell’eco-
nomista Franco Modigliani. Riportiamo di seguito i riferimenti bibliografici
in italiano:

• Modigliani Franco. Avventure di un economista. La mia vita, le mie idee,


la nostra epoca, a cura di Paolo Peluffo, Laterza, Roma-Bari, 1999;

• Modigliani Franco. L’ipotesi del ciclo vitale del risparmio 20 anni dopo, in
F. Modigliani e E. Tarantelli, a cura di, Mercato del lavoro, distribuzione
del reddito e consumi privati, il Mulino, Bologna, 1975, pp. 245-93.

Rating e solvibilità
Per saperne di più e documentarsi sul rapporto tra giudizio di affidabilità
(rating) e solvibilità delle obbligazioni e dei titoli di stato:

• Moody’s Investor service, Corporate Default and Recovery Rates, 1920-


2010, 28 febbraio 2011 (consultabile al link www.moodys.com/Pages/
Default-and-Recovery-Analytics.aspx?stop_mobi=yes).

Per saperne di più sull’andamento di mercati azionari e azioni nel lungo


periodo, e per saperne di più sulle bolle speculative, una serie di dati e
di riflessioni:

• Chapter 26 (Data Appendix) from Robert J. Shiller, Market Volatility, MIT Press,
Cambridge MA, 1989 (consultabile al link www.econ.yale.edu/~shiller/
data/chapt26.html);

• Daily Closing Values of the Dow Jones Average in the United States, May
2, 1885 to Present (consultabile al link www.measuringworth.com/
datasets/DJA);

136
Appendice 2 – Bibliografia

• Dow Jones Industrial Average 1912-2021 (consultabile al link www.tra-


dingeconomics.com/united-states/stock-market);

• Dash Mike. La febbre dei tulipani. La prima grande crisi economica della
storia, 2009;

• Shiller Robert J. Irrational Exuberance, Princeton University Press, 2000.

Prodotti complessi
Per saperne di più sul rischio di farsi male con prodotti complessi:

• Autorité des marchés financiers, Étude des résultats des investisseurs particuliers
sur le trading de CFD et de Forex en France, 13 octobre 2014 (consultabile
al link www.amf-france.org/fr/actualites-publications/publications/
rapports-etudes-et-analyses/etude-des-resultats-des-investisseurs-
particuliers-sur-le-trading-de-cfd-et-de-forex-en-france).

137
Pagina bianca
Glossario

AAA (tripla A) È il massimo rating assegnabile dalle principali società in-


ternazionali (Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch) specializzate nel giudicare
l’affidabilità di chi emette obbligazioni. Indica, quindi, titoli estremamente
affidabili, caratterizzati dal minimo grado di rischio.

Abi (Associazione bancaria italiana) Ha il compito di rappresenta-


re, tutelare e promuovere gli interessi del sistema bancario e finanziario
(www.abi.it).

Abs (Asset-backed security) Titolo garantito da parti di patrimonio dell’emit-


tente. Un esempio di Abs sono le obbligazioni, garantite da immobili appar-
tenenti alla società che emette il titolo oppure da crediti della stessa società.

Accantonamenti Sono un’applicazione del diritto contabile che obbliga le


imprese ad anticipare gli avvenimenti che possono avere un impatto negativo
sul loro patrimonio, mettendo da parte del denaro per far fronte a situazioni
di rischio o a oneri improvvisi.

Acconto sul dividendo Consiste nell’anticipazione agli azionisti, rispetto


alla normale distribuzione, di un dividendo sugli utili previsti per l’esercizio.
È una forma più diffusa all’estero che in Italia, dove deve essere specificamente
prevista dallo statuto della società.

139
Investire per il futuro

Adr (American depositary receipt) Si tratta di certificati emessi da una


banca (generalmente americana) e che rappresentano una o più azioni di
una società. Sono generalmente usati per quotare negli Usa società non
americane.

Aggio di emissione Per un titolo obbligazionario, è la differenza tra il prez-


zo di emissione e il valore nominale, quando il prezzo è superiore al valore
nominale. È però più frequente il caso di emissioni obbligazionarie sotto la
pari (si parla in questo caso di disaggio di emissione).

Aggiotaggio Si tratta del reato che si commette quando si alterano volutamente


e in modo artificioso le quotazioni di Borsa di determinati titoli mediante la
diffusione di notizie false e tendenziose, il tutto al fine di lucrare sui movimenti
del prezzo del titolo provocati dalla diffusione delle notizie stesse.

Aim Italia Si tratta del segmento di mercato di Borsa italiana dedicato alle
società di piccola e media dimensione.

Al meglio Si tratta di un ordine di acquisto non sottoposto a limite di prezzo.

Al portatore Il solo possesso di un titolo al portatore conferisce a chi lo pos-


siede, cioè appunto al portatore, tutti i diritti dal titolo implicati. Le banconote,
per esempio, sono titoli al portatore.

Alfa È un indicatore statistico che, all’interno del processo di valutazione di


un fondo comune, descrive la parte della performance ottenuta dal fondo che
è riconducibile alla bravura del gestore.

Ammortamento Si tratta della quota di un costo pluriennale che è possibile


imputare ai costi dell’anno in corso. È uno strumento contabile che permette
di tenere in considerazione il deprezzamento dei beni nel corso del tempo.

Analisi fondamentale Si tratta del metodo di valutazione di un’azione basato


sul patrimonio e sulla redditività di una società. Si contrappone all’analisi tecnica.

Analisi tecnica È un metodo di analisi finanziaria che offre indicazioni sul


vendere o acquistare un titolo sulla base dell’andamento dei prezzi passati.
L’analisi tecnica si contrappone all’analisi fondamentale.

Arbitraggio Si tratta della vendita e acquisto simultanei di titoli dello stesso


tipo su due diversi mercati per approfittare della differenza di prezzo esistente
fra i due. La speculazione può effettuarsi anche su valute (acquisto e immediata
vendita su diversi mercati), quando i cambi non sono allineati.

140
Glossario

Assemblea generale Si tratta di una riunione in cui sono convocati tutti gli
azionisti di una società, per votare una decisione relativa alla gestione della
società, alla distribuzione dei dividendi ecc. I piccoli azionisti vengono convocati
all’assemblea generale attraverso avvisi pubblicati sulla stampa. L’assemblea
generale può essere ordinaria (in genere una volta l’anno per approvare il
bilancio) oppure straordinaria (in occasione di eventi eccezionali).

Asset allocation (allocazione delle risorse) Prima fase della gestione di


un fondo o di un portafoglio, durante la quale sono selezionate le categorie
di attività finanziarie in cui investire in futuro.

Assogestioni Associazione dell’industria del risparmio gestito. È la “Confindustria”


dei fondi comuni.

Asta di apertura/chiusura Modalità di negoziazione propria dei mercati MTA,


SeDeX o MOT che ha lo scopo di giungere a determinare un prezzo unico
di contrattazione degli strumenti finanziari che sarà poi il prezzo di apertura
della seduta durante la quale saranno contrattati.

Attualizzazione È un’operazione tramite cui si calcola il valore oggi di una


certa somma futura. Per calcolare il valore attuale di una somma si usa la se-
guente formula: valore attuale = valore futuro / (1 + tasso di sconto) elevato
al numero di anni alla scadenza.

Aumento di capitale Operazione tramite cui gli azionisti apportano nuovo


denaro a una società; viene effettuata tramite l’emissione di nuove azioni da
parte della società stessa, e questi titoli sono solitamente offerti agli azionisti
e agli obbligazionisti convertibili a un prezzo inferiore al corso di Borsa.

Avviamento È il sovrapprezzo, rispetto al valore dei beni di una società,


che verrebbe pagato nel caso di acquisizione. Descrive il valore di elementi
immateriali quali la forza di vendita, un marchio conosciuto, l’esistenza di una
clientela fedele o di fornitori selezionati, la presenza di conoscenze tecnolo-
giche e commerciali e via dicendo. È una voce che viene iscritta nell’attivo
dello stato patrimoniale. Un suo valore elevato, all’interno del bilancio di una
società, può anche essere indice di rischio elevato.

Azioni cicliche Si tratta di azioni particolarmente sensibili al ciclo economi-


co, ossia che possono subire consistenti movimenti al rialzo o al ribasso, in
funzione dei movimenti congiunturali.

Azioni difensive Si tratta di titoli il cui prezzo è poco sensibile alle variazio-
ni del mercato nel suo complesso. Generalmente un’azione si dice difensiva

141
Investire per il futuro

quando appartiene a un settore come quelli che offrono servizi alla colletti-
vità, quali l’energia elettrica e il gas (si tratta, infatti, di servizi di cui i clienti
solo in casi estremi possono fare a meno), oppure il settore farmaceutico
(la popolazione difficilmente può privarsi dei farmaci, indipendentemente
dalla congiuntura economica del paese).

Azioni di risparmio Azioni i cui possessori godono di un privilegio nella


distribuzione degli utili della società. Queste azioni però non consentono ai
possessori di esprimere il proprio voto nelle assemblee ordinarie o straordinarie
degli azionisti. Possono essere emesse solo da società con azioni ordinarie
quotate in Borsa.

Azioni privilegiate Sono azioni che godono del “privilegio” di ricevere


un dividendo più alto di quello distribuito ai possessori di azioni ordinarie.
Non hanno però diritto di voto nelle assemblee ordinarie degli azionisti.

Azioni volatili Sono le azioni più rischiose, in genere di società giovani e


in piena crescita o che operano in settori più sensibili al ciclo economico. Le
azioni volatili possono subire fluttuazioni relativamente forti, inattese e frequenti.

Banca centrale È l’istituzione che ha il compito di assicurare il controllo


dell’inflazione, del cambio della valuta di un paese e in alcuni casi della cre-
scita. Nella zona euro la Banca centrale è la Bce, negli Usa la Fed.

Banca d’affari Istituto di credito specializzato nel procurare finanziamenti


a medio e lungo termine. Offre anche servizi di consulenza soprattutto nel
campo della finanza straordinaria.

Bce (Banca centrale europea) Istituita il 1 giugno 1998, nasce dal preceden-
te Istituto monetario europeo. È l’autorità che governa la politica monetaria
dell’Unione europea. Persegue lo scopo di mantenere la stabilità dei prezzi
nell’Eurozona. Agisce attraverso le Banche centrali dei singoli paesi dell’Unione
monetaria stabilendo il livello dei tassi d’interesse.

Bear market (mercato orso) Si definisce così un periodo prolungato di


ribasso della Borsa.

Benchmark È un indice che descrive l’andamento di un mercato (che può


essere azionario o obbligazionario) e che viene utilizzato per valutare l’anda-
mento di un titolo (azione, obbligazione o fondo).

Beta È un indicatore statistico usato per descrivere la sensibilità di un’a-


zione rispetto al mercato di riferimento. Se il suo valore è pari a 1, allora il

142
Glossario

prezzo dell’azione si muove in linea con il mercato. Se invece il suo valore


è superiore a 1, vuol dire che l’azione amplificherà, nel bene o nel male, i
movimenti delle Borse; viceversa se è inferiore a 1. Nell’ambito della valu-
tazione di un fondo comune, il Beta indica il livello di rischio di un fondo
in rapporto al mercato.

Big cap/ large cap/ mid cap/ small cap Si definiscono big cap o large cap
i titoli che beneficiano di una elevata capitalizzazione di Borsa. Fra esse si tro-
vano le blue chip, ossia le azioni considerate, per notorietà e capitalizzazione,
come le più importanti del listino. In Italia le società large cap sono presenti
nell’indice FtseMib. Si definiscono invece mid cap e small cap rispettivamente
le società a media e piccola capitalizzazione.

Blue chip Si definiscono così le azioni che beneficiano di una grande capi-
talizzazione di Borsa e che hanno la più grande notorietà fra gli investitori.

Bolla È il rialzo eccessivo delle quotazioni di una società (o di un intero


mercato) in rapporto alla reale situazione della società (o del mercato). Un
tale rialzo esagerato è sovente seguito da un crollo o da un periodo di forte
ribasso.

Bond (obbligazione) Strumento finanziario che consente a investitori privati


e pubblici di raccogliere fondi presso i risparmiatori, o obbligazionisti, che
lo sottoscrivono. Sono caratterizzati da una scadenza, e il loro rendimento
deriva dal prezzo di emissione e dalle cedole staccate, dall’apprezzamento o
deprezzamento della valuta in cui sono denominate. Il rimborso può essere
effettuato a scadenza in un’unica soluzione o in modo graduale.

Book di negoziazione È una sequenza di schermate video che raccolgono


le proposte di vendita e di acquisto di ogni strumento finanziario trattato dagli
operatori di Borsa impegnati nella negoziazione. In esse sono indicati il prezzo
di acquisto e di vendita di ogni strumento finanziario trattato, le quantità, il
codice di identificazione dell’operatore interessato alla transazione e il momento
in cui la proposta è stata inserita. Il book viene automaticamente aggiornato
per registrare la variazione di una delle caratteristiche sopra indicate.

BoT (Buoni ordinari del tesoro) Titoli di stato, sottoscrivibili per un im-
porto minimo di 1.000 euro. Sono rimborsati in un’unica soluzione alla data
di scadenza e non pagano cedole, acquistabili presso banche e uffici postali.

Break even Si definisce così la situazione di pareggio di un investimento.


È il momento in cui l’attività considerata non è più in perdita, ma non sta
ancora guadagnando.

143
Investire per il futuro

Brent Indica il petrolio del Mare del Nord e il suo prezzo al barile viene
utilizzato per indicare il prezzo del petrolio in Europa.

Broker online È un intermediario finanziario che offre ai clienti la possibilità


di trasmettere gli ordini di Borsa via internet.

BTp (Buoni del tesoro poliennali) Sono titoli di stato rimborsati in un’unica
soluzione a scadenza, ma che, al contrario dei BoT, pagano semestralmente
delle cedole. Sono emessi per un arco temporale che va da un minimo di
3 anni a un massimo di 30.

BTp Italia Sono titoli di Stato simili ai BTp, ma nelle cedole riconoscono la
variazione acquisita dall’inflazione italiana.

BTp Futura Sono titoli di Stato che riconoscono un “premio fedeltà” il cui
importo dipende dall’andamento del Pil italiano.

BTpi (Buoni del tesoro poliennali indicizzati all’inflazione) Sono titoli


di Stato simili ai BTp, ma capitale rimborsato e cedole sono rivalutati in base
all’andamento dell’inflazione europea.

Bull market (mercato toro) Si definisce così un periodo prolungato di


rialzo della Borsa.

Call (opzione call) È un contratto che dà a chi lo detiene il diritto, ma non


l’obbligo, di acquistare dalla controparte un determinato strumento finanziario
(per esempio un’azione) in un determinato periodo di tempo e a un prezzo
prefissato (prezzo d’esercizio).

Capitale di debito È il capitale di un’impresa costituito dall’insieme dei cre-


diti a essa concessi da soggetti terzi. Questi crediti possono essere suddivisi
in due categorie. La prima è quella dei crediti di finanziamento, tra cui sono
annoverati i mutui, i prestiti bancari e i prestiti obbligazionari, mentre della
seconda categoria fanno parte, per esempio, le dilazioni dei tempi di paga-
mento concesse dai fornitori.

Capitale di rischio È la parte di capitale di un’impresa investito dall’impren-


ditore o dai soci. È costituito dal capitale sociale versato in denaro o attraverso
conferimenti in beni mobili e immobili, al momento della costituzione dell’a-
zienda o in tempi successivi. Chi partecipa al capitale di rischio di un’azienda
non ha la certezza del compenso che verrà corrisposto in seguito sotto forma
di dividendi e di rivalutazione dei beni conferiti.

144
Glossario

Capitale sociale Insieme dei conferimenti, in denaro o beni, apportati dai


soci in una società, il cui importo è definito in sede di costituzione della stessa
e indicato nell’atto costitutivo e nello statuto della società.

Capitalizzazione di Borsa Espressione che indica il valore di una socie-


tà quotata in base al prezzo di Borsa delle azioni. Si ottiene moltiplicando
quest’ultimo per il numero di azioni esistenti.

Cartolarizzazione La cartolarizzazione è l’operazione di trasformazione dei


propri crediti pecuniari in titoli negoziabili sul mercato finanziario.

Cash flow Sono le entrate di cassa al netto delle relative uscite. Rappresenta la
capacità della società di generare liquidità e di investire senza ricorrere all’in-
debitamento. Si può calcolare anche partendo dall’utile netto e sommandovi
gli ammortamenti e le altre poste che non generano entrate o uscite monetarie
(come apprezzamenti o deprezzamenti straordinari di beni).

Cedola Vedi Coupon.

Certificato al portatore Se si possiedono quote di fondi comuni, si può fare


richiesta di averle rappresentate da un certificato al portatore, che ne certifica il
possesso. La sua richiesta ha un costo. Senza costi aggiuntivi è invece la custodia
delle quote presso la banca depositaria mediante un certificato cumulativo.

Certificato cumulativo È una sorta di elenco, custodito presso la banca de-


positaria del fondo, che contiene l’elenco dei possessori di un fondo comune
e l’importo delle quote da essi possedute.

Commissione d’entrata È l’importo aggiuntivo, rispetto al valore delle quote,


pagato nel momento in cui si sottoscrivono delle quote di un fondo comune di
investimento. In genere è una percentuale dell’investimento iniziale e spesso
tale percentuale decresce man mano che aumenta la somma investita.

Commissione di performance È una commissione incassata dalla società


di gestione, ma solo se i risultati conseguiti riescono a superare gli obiettivi
predeterminati. È in genere calcolata sulla differenza tra il valore delle quote
e il parametro preso come riferimento.

Commissioni di gestione Nei fondi comuni e nelle Sicav, si intendono le


commissioni pagate dai sottoscrittori per la gestione del patrimonio del fon-
do. Sono solitamente calcolate in percentuale in base al patrimonio investito.
Il valore delle quote pubblicato dalla società è già al netto di queste spese.

145
Investire per il futuro

Commissione di uscita È l’importo fatto pagare all’investitore quando


riscatta le quote di un fondo comune di investimento. In genere diminuisce
con il passare del tempo. Ha lo scopo di “scoraggiare” il disinvestimento,
soprattutto nel breve periodo, e rappresenta una remunerazione per chi
colloca il fondo.

Comparti Le Sicav (Società di investimento a capitale variabile) sono solita-


mente suddivise in diversi comparti che investono in differenti categorie di titoli
secondo specifiche politiche di gestione: obbligazionario euro a medio-lungo
termine, azionario Italia, azionario Europa. Il sottoscrittore può scegliere in quali
comparti investire il proprio denaro. Spesso anche i diversi fondi di una stessa
banca sono chiamati comparti, anche se la definizione è meno appropriata.

Compensazione (clearing) È la chiusura di due posizioni opposte di titoli,


valute e simili. Principalmente si tratta quindi di consegnare i titoli venduti e
pagare quelli acquistati.

Concambio Utilizzato nelle fusioni d’azienda, è il numero di azioni, o quote,


di società che ricevono i soci della società che si estingue, a seguito di un’o-
perazione di fusione, in cambio della loro partecipazione originaria.

Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) Istituita


nel 1974, ha il compito di controllare il mercato mobiliare italiano a tutela
degli investitori, dell’efficienza e della trasparenza. Tra i suoi compiti ci so-
no la regolamentazione dei servizi di investimento prestati da intermediari,
delle offerte al pubblico di strumenti finanziari e degli obblighi informativi
delle società quotate; l’autorizzazione dei prospetti informativi relativi a
fondi comuni, offerte pubbliche di vendita o di acquisto, e dei documenti
d’offerta per le stesse; la vigilanza sulle società di gestione e di revisione
e sulla correttezza e trasparenza delle negoziazioni e del comportamento
degli intermediari e dei promotori finanziari; il controllo delle informazioni
fornite dalle società quotate; l’accertamento di andamenti anomali di titoli
in Borsa, delle violazioni relative all’utilizzo delle informazioni privilegiate
(insider trading) e dell’aggiotaggio.

Consolidamento Si intende il processo di raggruppamento dei conti di una


società e delle sue controllate. La pubblicazione del bilancio consolidato con-
sente di fotografare in modo più fedele la società nel suo insieme. Si parla
anche di consolidamento di un settore, quando si assiste al raggruppamento
di diversi attori (società) dello stesso, tramite alleanze e fusioni.

Conto economico È il prospetto contabile che, insieme allo stato patri-


moniale, compone il bilancio delle società. Nel conto economico si tro-

146
Glossario

vano tutti i ricavi ottenuti e i costi sostenuti dalla società nel corso di un
esercizio, che sommati algebricamente danno come risultato l’utile (o la
perdita) di esercizio.

Conto titoli È un tipo di conto bancario che consente di operare sui titoli
mobiliari (azioni, obbligazioni, titoli di stato ecc.). Il conto consente quindi
la custodia dei titoli, la compravendita, l’incasso delle cedole e dei dividendi.
Per operare sui mercati finanziari occorre aprire un conto titoli, visto che con
un normale conto corrente non è possibile.

Corporate Con questo termine ci si riferisce alle società private. Per corporate
bond, o obbligazioni corporate, si intendono le obbligazioni emesse da società
private in contrapposizione a quelle emesse dagli stati sovrani (i titoli di stato).
Per corporate governance si intende l’insieme delle regole di convivenza tra
manager, soci di controllo e azionisti di una società.

Corporate governance Riferita a una società, indica l’insieme delle regole


interne che definiscono i rapporti tra amministratori, manager e soci di control-
lo della società da una parte, e piccoli azionisti diffusi dall’altra. La corporate
governance di una società sarà tanto migliore quanto più limiterà i rischi che
i primi possano compiere operazioni a proprio vantaggio che ledano gli inte-
ressi dei secondi. In seguito ai crack finanziari degli ultimi anni avvenuti sia
negli Stati Uniti sia in Europa, essa ha assunto un’importanza sempre maggiore
nella valutazione delle aziende da parte degli analisti.

Correlazione Questo concetto indica se due variabili (economiche) tendono a


muoversi insieme, oppure no. La sua misura è il coefficiente di correlazione. Se
è uguale a 1 le due variano in modo perfettamente proporzionale nella stessa
direzione. Viceversa, se è uguale a -1, le due variano in modo perfettamente
opposto, mentre è uguale a 0 se non c’è alcuna dipendenza tra le due. In
Borsa e finanza, si parla di titoli con stretta correlazione quando si muovono
in modo simile; per esempio, quando una holding e una sua controllata, che
rappresenta gran parte del fatturato, sono quotate in Borsa, la correlazione
tra i titoli è molto forte.

Coupon (cedola) Gli interessi a cui dà diritto un’obbligazione al suo possessore.


Originariamente, il coupon era il tagliando di carta dietro alla presentazione
del quale venivano pagati gli interessi maturati.

Covered warrant È un’opzione incorporata in un titolo negoziabile, emessa da


istituzioni finanziarie, che attribuisce il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare
(in tal caso si chiama covered warrant di tipo call) o di vendere (si chiama
covered warrant di tipo put) una determinata attività finanziaria o una merce

147
Investire per il futuro

(sottostante) a un prezzo prefissato (che è chiamato strike price), entro una


certa data (stile americano) o a una certa data (stile europeo).

Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) Istituita nel 1993, è


l’autorità che ha il compito di vigilare sul funzionamento dei fondi pensione.

Credit crunch Indica l’inasprimento improvviso delle condizioni a cui viene


offerto il credito, tipicamente dalle banche alle imprese. Può essere conseguen-
za di eventi economici e finanziari occorsi alla società che minano la fiducia
relativa alla capacità di ripagare il debito a livello di sistema.

Crescita interna/esterna Quando una società persegue una “strategia volta


alla crescita interna”, si intende che investirà sviluppando attività già parte
della società, mentre per crescita esterna si intende che la società acquisterà
altre aziende inglobandole.

Cum warrant Ad alcune obbligazioni è associato un warrant, un titolo che


consente a chi lo detiene di acquistare, in un periodo e a condizioni prede-
finiti, una certa quantità di altri titoli (obbligazioni o azioni). Finché il diritto
esiste, si dice che l’obbligazione quota cum warrant. Quando la data limite
per l’esercizio è passata, la quotazione è detta ex warrant e subisce un ribasso.
Il titolo diviene di fatto un’obbligazione normale.

Current ratio Si chiama così il rapporto tra attivi correnti (crediti a breve
termine, liquidità ecc.) diviso per i debiti a breve termine. Questo rapporto
permette di apprezzare la capacità della società di far fronte alle sue scadenze
finanziarie a breve e a disporre su liquidità sufficiente per andare avanti. In
genere i valori pari a 1 o superiori sono indice di una buona salute finanziaria.

Day trader È l’investitore che acquista un titolo, di solito tramite internet, con
lo scopo di rivenderlo entro breve tempo, per guadagnare sulle oscillazioni
di prezzo giornaliere dello stesso.

Data di pagamento Con riferimento ai dividendi delle azioni, la data di


pagamento è quella in cui il dividendo viene effettivamente pagato dalla so-
cietà. Per le società quotate a Milano il pagamento deve avvenire entro due
giorni dalla data di stacco, per quelle estere i tempi possono allungarsi. Anche
per le cedole delle obbligazioni e dei titoli di stato si intende quella data in
cui la cedola viene pagata. In questo caso non c’è differenza con la data di
stacco. Sia per i dividendi sia per le cedole, l’accredito sul conto corrente
dell’azionista o dell’obbligazionista avviene il giorno stesso o al massimo il
giorno lavorativo successivo alla data di pagamento; per titoli esteri i tempi
possono allungarsi.

148
Glossario

Data di stacco Con riferimento ai dividendi delle azioni e alle cedole delle
obbligazioni e dei titoli di stato, si intende la data in cui il dividendo o la ce-
dola viene staccato dalla società o dall’emittente. Chi possiede i titoli alla data
di stacco, avrà diritto al pagamento del dividendo o della cedola. Se per le
cedole la data di stacco e la data di pagamento coincidono, per i dividendi le
due date differiscono. Per i dividendi di società quotate a Milano il pagamento
deve avvenire entro due giorni dalla data di stacco, per quelli di società estere
i tempi possono allungarsi.

Data di valuta È la data a partire dalla quale una transazione ha realmente


effetto economico sui conti e può essere differente da quella della tran-
sazione. Può riguardare per esempio l’addebito o l’accredito di interessi e
di assegni, e il debito o il credito in un conto in seguito all’acquisto o alla
vendita di titoli.

Dealer Intermediario finanziario che si propone come controparte di transa-


zioni. È una figura intermedia tra quella del broker e quella del market maker.

Delisting È l’operazione con cui una società quotata in Borsa viene ritirata
dal listino.

Delta Valore numerico che esprime il rapporto tra la variazione del prezzo
di un’opzione su un titolo e il prezzo a pronti del sottostante, mantenendo
invariati gli altri fattori che incidono sul prezzo del derivato.

Dematerializzazione Un titolo è dematerializzato quando non è possibile


averlo in forma cartacea, ma solo sotto forma di sottoscrizione bancaria.

Denaro (prezzo) È così definita la miglior proposta in acquisto inserita nel


mercato telematico.

Derivato Prodotto finanziario il cui prezzo dipende dal valore sul mercato
di altri titoli o attività, detti sottostante. Esistono derivati quotati, trattati su
specifici mercati regolamentati e derivati non quotati, scambiati su mercati
non regolamentati.

Diluizione È la situazione che si verifica a seguito dell’aumento del numero


di azioni della società (per esempio ciò accade per un aumento di capitale).
L’utile distribuito dalla società verrà diviso su più azioni. Quindi, a parità
di utile totale, l’utile per azione diminuirà. In tal caso si parla di diluizione
degli utili.

Diritto di opzione Vedi Diritto di sottoscrizione.

149
Investire per il futuro

Diritto di sottoscrizione Viene così definita la priorità accordata agli azionisti


di una società nella partecipazione all’aumento di capitale della stessa. Questi,
quindi, potranno aderire o meno all’aumento di capitale sottoscrivendo le
nuove azioni secondo il rapporto deciso dalla società (per esempio: 2 azioni
nuove ogni 5 possedute, se l’aumento di capitale è pari al 40% di quello già
esistente). In alcuni casi i diritti sono trattati in Borsa e gli azionisti che non
vogliono aderire all’aumento di capitale potranno vendere i diritti in Borsa.

Disaggio di emissione Vedi Aggio di emissione.

Dividend yield È il rapporto tra il dividendo per azione distribuito da una


società ai suoi azionisti e il prezzo corrente dell’azione in Borsa. Indica la
rimuneratività dell’azione stessa.

Dividend discount model (modello di sconto dei dividendi) È uno dei


modelli utilizzati per la valutazione dei titoli azionari, basato sull’attualizzazione
dei dividendi futuri secondo cui il prezzo massimo da pagare per un’azione
è pari al valore attuale dei dividendi futuri.

Dividendo È la remunerazione che viene data agli azionisti di una società o


ai sottoscrittori di un fondo comune, di solito a scadenza annuale in Europa.
Il dividendo può essere pagato anche in azioni.

Dividendo opzionale Frequente all’estero ma molto raro in Italia, dove deve


essere specificamente previsto dallo statuto della società. In pratica la società
lascia la scelta agli azionisti tra il dividendo monetario e il dividendo in azioni.

Dividendo straordinario È un dividendo aggiuntivo rispetto a quello ordinario,


che la società può decidere di distribuire agli azionisti in qualunque periodo
dell’anno per determinati motivi. Per esempio per motivi fiscali, oppure per
entrate straordinarie che la società decide di redistribuire agli azionisti per
rendere più appetibili le proprie azioni sul mercato.

Diversificazione Quando si investe, una condizione indispensabile per ridurre


i rischi è quella di scegliere strumenti finanziari differenti. La diversificazione
può essere a diversi livelli: si può diversificare su titoli di diverso tipo, cioè su
azioni e obbligazioni; poi c’è la diversificazione su più azioni e più obbliga-
zioni; poi quella su più settori di attività e infine la diversificazione geografica.

Dogs (cani) Con questo termine si è soliti riferirsi alla teoria dei Dogs of the
Dow, locuzione inglese che sta per i cani del Dow Jones, indice della Borsa
Usa, secondo la quale un modo semplice per investire battendo la Borsa è
quello di acquistare i 10 titoli del listino che ogni anno hanno distribuito i

150
Glossario

dividendi maggiori. Ogni anno la composizione del portafoglio sarà rivista,


e i titoli vecchi saranno sostituiti con quelli che nell’anno hanno distribuito i
dividendi più alti.

Doppia imposizione In genere si riferisce all’imposizione fiscale che grava


sui dividendi di azioni estere e italiane, che sono tassati nel paese di origine e
poi in Italia. È poi possibile detrarre parte dell’imposte pagate al fisco estero.

Doppia quotazione Alcune società decidono di quotarsi, oltre che sulla


Borsa nazionale, anche su altre Borse. I motivi che spingono le società a fare
tale scelta, nonostante i maggiori oneri che comporta, sono principalmente di
tipo “pubblicitario”, cioè la società aumenta la propria visibilità facilitando le
relazioni con investitori, analisti finanziari, ma anche con clienti e fornitori. Un
altro vantaggio della quotazione “plurima” è dato dalle maggiori opportunità
di crescita nei mercati di quotazione, per esempio attraverso acquisizioni e
offerte pubbliche di scambio.

Due diligence Si intende la fase di analisi dettagliata di una società, volta ad


approfondirne le attività, le strategie, le prospettive, l’ambito concorrenziale,
i risultati economici e finanziari e le possibili sinergie, condotta da un’altra
società prima di una fusione o di un’acquisizione, ma dopo un pre-accordo
tra le due. Per due diligence si intende anche la fase di analisi di una società
prima della sua quotazione in Borsa condotta dai coordinatori della quotazione.

Duration Misura del rischio di variazione del prezzo di un’obbligazione a tasso


fisso al variare dei tassi di interesse. Per un rialzo dei tassi dell’1%, il prezzo
del titolo dovrebbe cadere percentualmente di un importo pari approssima-
tivamente alla sua duration. È utile per determinare l’effetto di variazioni dei
rendimenti di mercato sui prezzi dei titoli.

Ebit (Earnings before interest and taxes) Si tratta dunque dell’utile prima
delle poste finanziarie, di quelle straordinarie e delle tasse.

Ebitda (Earnings before interest, taxes, depreciation and amortization)


L’utile prima delle poste finanziarie straordinarie, delle imposte e prima degli
ammortamenti.

Effetto leva È la capacità di alcuni strumenti finanziari di moltiplicare i gua-


dagni e le perdite. Per esempio warrant e opzioni riflettono le fluttuazioni
del corso del sottostante ma in modo esponenziale.

Emissione Per un’obbligazione, è l’operazione che consiste, per un’istituzione


pubblica o un’impresa privata, nel lanciare un prestito sul mercato a delle

151
Investire per il futuro

condizioni predeterminate: tasso di interesse, durata, modalità di rimborso ecc.


Per un’azione, indica il lancio di nuove azioni sul mercato in caso di aumento
del capitale. Per fondi comuni di investimento e Sicav, indica la creazione di
nuove quote.

Eps (Earning per share) Significa utile per azione. È calcolato come rapporto
tra utile netto e numero di azioni in circolazione.

Eseguito Comunicazione di conferma al committente dell’esecuzione dell’or-


dine di compravendita titoli.

Esercizio Indica l’anno contabile di una società. Nella maggior parte dei casi
corrisponde all’anno solare, ma per talune società europee (e per molte società
Usa) può iniziare e terminare in modo diverso. Al termine di ogni esercizio
contabile, le società sono tenute a presentare il bilancio annuale.

Etf (Exchange traded fund) Si tratta di un particolare tipo di fondo comune


il cui obiettivo è di replicare l’andamento di un indice di Borsa o di un paniere
di azioni. È negoziato in Borsa, come le azioni.

Etf plus È il mercato di Borsa italiana in cui vengono negoziati gli Etf.

Euribor (Euro interbank offered rate) È il tasso di interesse al quale le


banche si prestano denaro fra loro.

Eurobbligazioni Un’eurobbligazione è un’obbligazione emessa simultanea-


mente in più paesi e la cui valuta non è necessariamente quella dell’emittente
né quella del paese di emissione.

Euromot Comparto della Borsa italiana in cui si negoziano, in quantitativi


minimi (lotto minimo) o loro multipli, eurobbligazioni, obbligazioni di emit-
tenti esteri.

Ex-dividendo Si dice che un’azione quota ex-dividendo a partire dalla data


di stacco del dividendo stesso. Il prezzo di Borsa dell’azione si riduce nei
momenti dello stacco di un ammontare pressoché pari al valore del dividendo.

Ex warrant Vedi Cum warrant.

Eva (Economic value added) È una sigla che indica la capacità di un’azienda
di produrre valore aggiunto, e che costituisce quindi un indice di performance
per la redditività della stessa.

152
Glossario

Fair value (valore teorico) Rappresenta il valore intrinseco di un bene o


di un’attività finanziaria. Nell’analisi fondamentale, il fair value rappresenta il
valore effettivo del titolo.

Fatturato È la somma dei ricavi ottenuti da un’azienda dalla vendita di pro-


dotti e servizi in un determinato periodo.

Fed (Federal reserve) È la Banca centrale degli Usa, fondata dal Congresso
nel 1913. I compiti della Fed sono simili a quelli di ogni banca centrale. Con
provvedimenti di politica monetaria, agisce per garantire la stabilità del sistema
economico statunitense.

Fissato bollato È un documento che permette, attraverso un bollo certificante


il pagamento della tassa sul trasferimento di valori mobiliari, di dimostrare
l’avvenuta esecuzione di un contratto di Borsa.

Fitch È una delle più importanti società al mondo, insieme a Moody’s e


Standard & Poor’s, che calcolano i rating di società e di prestiti obbligazionari.

Flottante È la parte del capitale di una società non detenuta dagli azionisti
di maggioranza, e quindi disponibile per le negoziazioni in Borsa. Il concetto
di flottante è in genere associato a quello di liquidità: maggiore è la liquidità
di un titolo (misurata dal volume delle transazioni e dal flottante), più gli in-
vestitori possono acquistare e vendere titoli senza provocare grosse variazioni
nei prezzi.

Flusso di cassa (cash flow) Esprime la liquidità che l’impresa è in grado di


produrre nel corso dell’esercizio. Nella sua formulazione più semplice viene
calcolato come somma di utile netto, ammortamenti e accantonamenti.

Fmi (Fondo monetario internazionale) Si tratta di un’istituzione delle Nazioni


Unite che ha lo scopo di favorire lo sviluppo di una solida economia mon-
diale, di promuovere la cooperazione monetaria internazionale e la stabilità
dei cambi, e che fornisce assistenza finanziaria a paesi in difficoltà. Ha sede
a Washington.

Fondo aperto Fondo comune d’investimento che emette nuove quote ogni
volta che ve ne sia richiesta da parte degli investitori, e viceversa provvede ad
annullare le quote qualora gli investitori ne chiedano il rimborso.

Fondo bilanciato Fondo comune d’investimento che investe in percentuale


significativa in diverse tipologie di strumenti finanziari (sia azioni sia obbliga-
zioni). A seconda della prevalenza di azioni o obbligazioni, i fondi bilanciati

153
Investire per il futuro

possono essere definiti difensivi (se hanno prevalenza di obbligazioni), neutri


(con proporzioni analoghe di azioni e obbligazioni) o dinamici (se hanno
prevalenza di azioni).

Fondo chiuso Fondo comune d’investimento il cui patrimonio da gestire, di


importo fisso, è stato raccolto solo al momento della sua costituzione. Non è
quindi possibile chiedere l’emissione o l’annullamento delle quote, come nel
caso dei fondi aperti: si può investire o disinvestire solo tramite operazioni di
compravendita delle quote già esistenti che spesso sono negoziate in Borsa.

Fondo comune d’investimento È una sorta di “cassa comune” in cui conflu-


iscono i patrimoni dei risparmiatori, che poi vengono investiti dalla società di
gestione in diversi strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, titoli di stato) in
relazione al tipo di fondo. Ogni sottoscrittore ha diritto a una quota di questo
patrimonio comune, in proporzione al capitale investito.

Fondo di fondi È un fondo che investe a sua volta in altri fondi. Il vantaggio
dei fondi di fondi è una diversificazione assai più accentuata. Un eccesso di
diversificazione limita tuttavia le possibilità di “battere” la media di mercato
e l’acquisto di un fondo che investe a sua volta in altri fondi, ma soprattutto
comporta una moltiplicazione dei costi di gestione.

Fondo flessibile Fondo comune di investimento che lascia ampia discreziona-


lità al gestore, che non ha vincoli specifici nella composizione del portafoglio
d’investimento.

Fondo settoriale Fondo comune di investimento che sceglie le azioni in


cui investire non in base al paese di appartenenza della società che le ha
emesse, ma in base al tipo di attività svolto dalla società. Date le sue carat-
teristiche, quindi, l’investimento in un fondo settoriale dovrebbe riguardare
solo una parte del portafoglio, nell’ambito di una più ampia strategia di
diversificazione.

Free float Vedi Flottante.

Fusione Operazione finanziaria attraverso la quale una o più aziende unisco-


no le proprie attività, creando una nuova società. In questo caso si parla di
fusione in senso stretto e le società preesistenti perdono personalità giuridica.
Un’altra tipologia prevede l’incorporazione di una o più aziende in un’unica
società, operazione che prende il nome di fusione per incorporazione, dove
la società principale mantiene il suo status giuridico e assume anche quello
delle aziende subentrate che si estinguono.

154
Glossario

Future È uno strumento finanziario derivato, ovvero il suo rendimento dipen-


de dall’andamento di un altro strumento finanziario (azioni, indici di Borsa,
beni) definito sottostante. Con questo contratto, le due parti si impegnano ad
acquistare o vendere, a una data futura, un determinato bene (il sottostante) a
un prezzo predeterminato. Questo tipo di contratto, utilizzato come strumento
speculativo, e decisamente rischioso, è quotato su mercati regolamentati e
in genere non si conclude con la consegna “fisica” del sottostante ma con
la stipula di un secondo contratto di segno opposto al primo. A differenza
delle opzioni, il contratto è vincolante per entrambe le parti e non solo per
una di esse.

Gamma Valore numerico che nasce dal rapporto tra la variazione del delta
di un’opzione su un titolo e la variazione del prezzo dell’attività sottostante.
Misura la velocità con cui si muove l’opzione al muoversi del sottostante.

Gearing (effetto leva) È il rapporto fra l’indebitamento finanziario di una


società e il suo capitale proprio. Se è elevato, diventa indicativo di un rischio
elevato.

Gestione attiva A differenza di quella passiva, questo tipo di modalità di


gestione di portafogli (fondi comuni, gestioni patrimoniali ecc.) si pone come
obiettivo un rendimento maggiore al benchmark. Tale proposito è raggiungibile
mediante il market timing (attività volta ad anticipare il mercato) e/o lo stock
picking (attività volta a selezionare alcuni titoli a discapito di altri). Il costo di
questa gestione è più elevato di quella passiva.

Gestione passiva In questo caso la gestione dei fondi comuni d’investimento


ha come obiettivo principale mantenere il valore del portafoglio in linea con
il valore del benchmark, obiettivo che raggiunge investendo negli stessi titoli
con le medesime proporzioni che questi hanno nell’indice che fotografa il
mercato di riferimento. Il costo sopportato dal fondo gestito dovrebbe essere
più basso rispetto a quello della forma attiva.

Gestore (money manager) È l’operatore che si occupa della gestione di un


fondo o di un patrimonio.

Giardinetto Nel gergo borsistico è un portafoglio o paniere costituito da titoli


azionari e obbligazionari differenziati allo scopo di ridurre il rischio derivante
da tali tipi di investimento.

Global bond Prestito obbligazionario collocato contemporaneamente sulle


principali piazze finanziarie internazionali.

155
Investire per il futuro

Green shoe (scarpa verde) È un’opzione che permette all’atto della colloca-
zione in Borsa di una società di riservarsi la facoltà di aumentare la quantità
collocata. Questo termine nasce dall’azienda americana Green Shoe Corporation
che ha usato questa tecnica per la prima volta.

Golden share È un pacchetto azionario posseduto dal governo che permette di


intervenire nelle decisioni più importanti di una società privatizzata garantendo
al possessore poteri speciali, indipendenti dal numero di azioni in questione,
come la possibilità di veto in caso di un’Opa da parte di altre società oppure
il diritto di eleggere un certo numero di consiglieri di amministrazione.

Godimento Giorno di maturazione degli interessi di un’obbligazione o dei


dividendi di un’azione.

Growth stock Rappresentano le azioni di società a elevato potenziale di


crescita. Questi titoli sono caratterizzati da un rapporto prezzo/utile (p/e)
superiore alla media e dal fatto di non distribuire i dividendi che, invece,
vengono reinvestiti nell’attività della società.

Guadagno in conto capitale (capital gain) Si definisce come guadagno


realizzato, o potenziale, sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di
vendita o di valutazione di un titolo o di un bene.

Hedge fund Detti anche fondi speculativi, gli hedge fund ricorrono a una
qualunque strategia di gestione per ottenere un rendimento, indipendente
dall’evoluzione dei mercati.

High yield fund Sono obbligazioni di debitori con scarsa solvibilità. Tali
titoli offrono interessi più alti, ma nello stesso tempo sono caratterizzati da
un rischio di insolvenza superiore.

Holding Società che detiene partecipazioni azionarie (di controllo o comun-


que rilevanti) in altre aziende, tali da controllarne le attività. È normale che il
loro prezzo di Borsa sia inferiore a quello dei titoli posseduti.

Importo minimo Riferito a un fondo, è la somma minima da investire.

Index linked Obbligazioni o polizze la cui prestazione a scadenza dipende


dall’andamento di un parametro di riferimento, che può essere un indice
azionario, un paniere di titoli o un altro indicatore.

Indice di capitalizzazione (total return) Indici di Borsa che tengono con-


to delle variazioni di prezzo delle azioni che li compongono e dei dividendi

156
Glossario

distribuiti dalle stesse. Applicabili anche alle obbligazioni: oltre ai prezzi,


includono le cedole staccate.

Indice d’informazione È un indicatore che offre, per un fondo o una Sicav,


una valutazione del rendimento in funzione del mercato in cui investe. Questo
rapporto è ottenuto sottraendo dal rendimento del fondo il rendimento dell’in-
dice che descrive il mercato in cui investe il fondo (benchmark), quindi il
risultato viene diviso per il tracking error del fondo (che descrive la stabilità e
la volatilità di questo fondo). Più questo rapporto è alto, più il valore aggiunto
dato dal gestore è importante e più il fondo è interessante.

Indice di liquidità (quick ratio) Si ottiene sommando liquidità, contanti


e crediti a breve termine e dividendo il risultato per i finanziamenti a breve
scadenza sommati ai debiti a breve scadenza. Valori maggiori a 1 indicano
che la società gode di relativa tranquillità finanziaria.

Indice di prezzo Si chiamano così gli indici di Borsa che non tengono conto
dei dividendi distribuiti dalle azioni che li compongono, ma solamente del
prezzo di Borsa delle azioni e delle sue variazioni. Gli indici di prezzo sono
applicabili anche alle obbligazioni.

Indice di Sharpe È un indicatore che offre, per un fondo o una Sicav,


una valutazione del rendimento ponderato per il rischio. Questo rapporto
si ottiene sottraendo dal rendimento del fondo il tasso d’interesse di un
investimento senza rischio (in genere il tasso d’interesse sui titoli di stato).
Il risultato di questa differenza è quindi diviso per la volatilità del fondo.
Più questo rapporto è elevato, più il prodotto è interessante. Un confronto
dei fondi sulla base di questo rapporto ha senso però solo per fondi di una
stessa categoria.

Indice di Treynor È un indicatore che offre, per un fondo o una Sicav, una
valutazione del rendimento ponderato per il rischio. Si ottiene sottraendo dal
rendimento del fondo il tasso d’interesse di un investimento senza rischio (in
genere il tasso d’interesse sui titoli di stato). Il risultato di questa differenza è
quindi diviso per il rischio sistematico (vedi la voce Beta) del fondo rispetto
al mercato. Più questo rapporto è elevato, più il prodotto è interessante.
Un confronto dei fondi sulla base di questo rapporto ha senso però solo per
fondi di una stessa categoria.

In the money È definito così un warrant o un’opzione, quando il prezzo di


esercizio è inferiore o uguale (nel caso di call) o superiore o uguale (nel caso
di strumenti chiamati put) al prezzo di mercato in quel momento. Nel caso
contrario, il warrant o l’opzione sono definiti out of the money.

157
Investire per il futuro

Investimenti etici Indica quelle forme di investimento che non si indirizzano


ad attività considerate pericolose o dannose per il genere umano. In un primo
tempo indicava forme di investimento che escludevano titoli di società le cui
attività erano relative, per esempio, al commercio di armi, all’energia nuclea-
re, al tabacco. In un secondo momento il termine ha preso a indicare anche
titoli scelti in base a criteri positivi piuttosto che di esclusione (investimenti
in società operanti in campo sociale, nella ricerca contro le malattie ecc.).

Ipo (Initial public offering) Vedi Opv.

Irr (Internal rate of return) In italiano è tradotto come tasso interno di


rendimento. È il tasso di sconto in corrispondenza del quale il valore attuale
dei flussi di cassa generati da una determinata attività è pari al prezzo richiesto
per l’acquisto dell’attività medesima.

Irs (Interest rate swap) Accordo in base al quale due controparti si scam-
biano periodicamente dei flussi di pagamenti: il primo flusso è tipicamente
fisso, l’altro variabile; come le cedole di un BTp con le cedole di un CcT.
Chi cede il tasso fisso si protegge dal rialzo dei tassi rinunciando ai benefici
di un loro eventuale ribasso; chi cede il tasso variabile si protegge dalla ridu-
zione dei tassi stessi.

Isin Identifica le obbligazioni in circolazione in Italia e all’estero. È un codice


alfanumerico che contraddistingue in modo inequivocabile le varie emissioni.

Issuer (emittente) Si definisce così un soggetto (impresa, governo o ente


sovranazionale) che offre i propri titoli ai sottoscrittori, rendendosi garante
degli obblighi derivanti dalla particolare categoria di appartenenza degli stessi.

Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) Istituito nel 2012, è un


ente pubblico che esercita funzioni di vigilanza nei confronti delle imprese di
assicurazione. Sostituisce la precedente Isvap.

Lbo (Leverage buy out) È l’acquisizione di un’impresa finanziata in gran


parte tramite ricorso al debito e quindi alla cosiddetta leva finanziaria (leve-
rage). Il debito contratto viene poi generalmente ripagato con i flussi di cassa
generati dall’impresa acquisita. L’acquisto di Telecom Italia da parte di Olivetti
ne fu un esempio, così come l’acquisto di Telecom Italia e Olivetti insieme da
parte del gruppo Pirelli.

Lead manager Si definisce così la banca organizzatrice e capofila di un con-


sorzio di collocamento di titoli.

158
Glossario

Leading indicator È un indicatore macroeconomico che anticipa l’anda-


mento di un altro indicatore economico che a sua volta misura l’andamento
dell’economia. Un esempio sono i sussidi di disoccupazione settimanali Usa,
che anticipano il dato mensile sul tasso di disoccupazione che, a sua volta,
anticipa il dato trimestrale dell’andamento del Pil.

Libor (London interbank offered rate) È la media dei migliori tassi d’inte-
resse ai quali le banche primarie offrono depositi a 3 e a 6 mesi ad altre banche
primarie presenti sulla piazza di Londra. Altro parametro simile è l’euribor.

Libretto di risparmio È una delle possibili forme per depositare soldi in


posta, ma anche presso le banche. Sul libretto, che è in forma cartacea, ven-
gono riportate tutte le operazioni di deposito e di ritiro di contanti. Il libretto
può essere al portatore o nominativo. Se è nominativo l’addetto dell’istituto è
tenuto a verificare che chi lo presenta sia l’intestatario del conto o altra per-
sona autorizzata, mentre se è al portatore è sufficiente presentare il libretto,
ma non vi può essere depositata una cifra superiore a quelle previste dalla
legge per l’uso del contante.

Limite di prezzo Quando vendete o acquistate azioni, per evitare di subi-


re fluttuazioni improvvise, potete inoltrare ordini con un limite di prezzo.
Nel caso di ordine di acquisto con limite di prezzo, si deve ordinare di ac-
quistare non oltre un prezzo massimo; nel caso di ordine di vendita si deve
ordinare di vendere non al di sotto di un prezzo minimo.

Liquidità In senso stretto, indica il denaro sotto forma di monete e banconote.


Considerata la pronta disponibilità del denaro depositato sui conti correnti,
il termine liquidità indica anche il denaro depositato sul conto corrente. Per
estensione si parla di liquidità ogni volta si parla di denaro di cui si può dispor-
re in tempi rapidi: BoT e fondi monetari sono quindi assimilati alla liquidità.

Lock up È una clausola posta sulle azioni che impedisce la negoziazione


prima di una certa data. Soprattutto nel caso delle matricole di Borsa, serve
per rendere stabile l’azionariato di una società.

Margine d’interesse Tipica posta dei bilanci bancari, indica l’utile legato alla
compravendita di denaro. È la differenza tra gli interessi attivi incassati da una
banca, ricavati dai prestiti concessi, e gli interessi passivi, cioè il costo di farsi
prestare il denaro, per esempio, tramite i conti correnti.

Margine d’intermediazione È il margine d’interesse a cui si aggiungono i


ricavi, al netto dei costi, per commissioni.

159
Investire per il futuro

Margine operativo lordo Posta di bilancio che indica l’utile industriale della
società. Si ottiene sottraendo dai ricavi i costi commerciali, tecnici, ammini-
strativi e quelli relativi al personale.

Market maker Intermediario finanziario che si impegna a incrociare le propo-


ste di acquisto e di vendita di uno o più strumenti finanziari per concluderne
le trattative. Si dice che il market maker “fa mercato”, riferendosi al fatto che
il suo lavoro rende più liquidi mercati che lo sono poco.

Maturity (scadenza) Indica la data di rimborso di un’obbligazione.

Media mobile Media di valori calcolata su un numero fisso di osserva-


zioni diverse, però, nel tempo. Per esempio la media mobile a 15 giorni di
un’azione indica la media dei prezzi del titolo negli ultimi 15 giorni: ogni
giorno che passa si considera nel calcolo il prezzo del titolo quel giorno
e si esclude quello più vecchio, cioè quello di 16 giorni prima. La media
mobile serve a comprendere meglio l’andamento del prezzo del titolo; inol-
tre alcuni traggono segnali positivi quando il prezzo del titolo è superiore
alla sua media mobile.

Mercato primario Mercato in cui vengono scambiati i titoli azionari e obbli-


gazionari al momento della loro emissione.

Mercato secondario Mercato dove sono quotate le azioni e le obbligazioni


subito dopo la loro emissione.

Mercato sottile Si definisce così un mercato nel quale vengono realizzate


limitate operazioni e nel quale le quotazioni degli strumenti finanziari sono
caratterizzate da rilevanti differenze tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.

Merchant bank Espressione traducibile in italiano come banca di investi-


mento. Le attività più comuni per una merchant bank sono la sottoscrizione
e il collocamento di titoli, il trading sui titoli di proprietà, la consulenza alla
clientela, le fusioni e le acquisizioni.

Mezzi propri Questa espressione indica i capitali forniti dai proprietari della
società (direttamente o tramite gli utili maturati e non riscossi), e non “prestati”
da finanziatori. A livello contabile, corrisponde all’insieme delle attività della
società (immobili, impianti, crediti ecc.) a cui vanno sottratti i debiti e i fondi
accantonati per coprire i rischi.

Moody’s Insieme a Fitch e Standard & Poor’s, è uno dei maggiori enti che
danno giudizi sull’affidabilità finanziaria di società e stati.

160
Glossario

Mot È il mercato su cui sono quotate le obbligazioni e i titoli di stato italiani.


È gestito da Borsa italiana.

Msci (Morgan Stanley capital index) Sono numerosi indici elaborati da


Morgan Stanley, grande banca statunitense. Sono molto usati come benchmark
per i fondi comuni d’investimento.

Mta (Mercato telematico azionario) Mercato di Piazza Affari in cui vengono


negoziati i titoli azionari.

Multipli di mercato (ratio) Sono così definiti valori di sintesi, di solito calcolati
attraverso il rapporto tra prezzo di un titolo e voci di bilancio che si ritengono
significative nel valutare lo “stato di salute” dell’azienda. Tra i più usati, il price/
earning o prezzo/utile per azione, il price/book value o prezzo/valore conta-
bile, il price/cash flow o prezzo/flusso di cassa per azione, il dividend yield .

Nav (Net asset value) È il metodo di calcolo che permette di ottenere il valore
delle quote di un fondo comune di investimento. Si ottiene moltiplicando il
prezzo di mercato di ogni titolo contenuto nel fondo per la quotazione dei
titoli presenti.

Obbligazione Vedi Bond.

Obbligazione a tasso fisso Obbligazione caratterizzata dal pagamento degli


interessi attraverso lo stacco di una cedola fissa per tutta la durata del presti-
to, ogni 6 mesi o una volta l’anno. Un esempio di obbligazione a tasso fisso
sono i BTp.

Obbligazione a tasso variabile Obbligazione che paga gli interessi attraverso


lo stacco di cedole di importo via via diverso, che muta con il cambiare dei
rendimenti offerti da titoli con scadenza molto ravvicinata o dei tassi di breve
periodo, cui si aggiunge una leggera maggiorazione, lo spread. Celebri titoli
a tasso variabile sono i CcTeu, la cui cedola è indicizzata al tasso euribor.

Obbligazione convertibile Obbligazione che, oltre al pagamento di una ce-


dola, permette di scegliere se convertire il titolo in azioni della società emittente
(convertibile diretta) o di un’altra società (convertibile indiretta), secondo un
predeterminato rapporto di conversione (il numero di azioni corrisposte per
ogni obbligazione) entro una determinata scadenza. Di norma pagano una
cedola più bassa rispetto alle obbligazioni tradizionali.

Obbligazione droplock (droplock bond) Obbligazione a rendimento va-


riabile, che in virtù della clausola droplock, quando il tasso a cui è indicizzata

161
Investire per il futuro

scende sotto il livello prefissato dal contratto, si trasforma in un’obbligazione


a tasso fisso.

Obbligazione domestica Obbligazione emessa sul mercato dell’emittente.

Obbligazione estera Obbligazione emessa in un mercato diverso rispetto a


quello dell’emittente, nella valuta che ha corso legale in quel paese.

Obbligazione indicizzata Obbligazione che paga una cedola variabile, il


cui importo è legato all’andamento di un paniere, che può essere formato da
indici (index linked) o titoli azionari (equity linked).

Obbligazione ipotecaria Obbligazione il cui rimborso è garantito dall’emit-


tente attraverso ipoteche stipulate su propri beni immobili.

Obbligazione spazzatura (junk bond) Obbligazione caratterizzata da un


rating del titolo particolarmente basso, indice della scarsa probabilità dell’e-
mittente di pagare le cedole o rimborsare i capitali ricevuti. Generalmente il
rendimento del titolo è molto elevato.

Oicr (Organismi di investimento collettivo del risparmio) Sono i fondi


comuni d’investimento e le Sicav.

Opa (Offerta pubblica di acquisto) Con questo termine si indica la propo-


sta di acquisto delle azioni di una società da parte di un’altra, in un periodo
predeterminato e a un prezzo fissato.

Ops (Offerta pubblica di sottoscrizione) Con questa operazione si offrono


al pubblico, senza distinzioni o privilegi, nuovi titoli azionari o obbligazionari.
In questo modo alla società affluiscono nuovi capitali.

Opv (Offerta pubblica di vendita) In inglese Ipo. È l’operazione con cui


una società offre dei titoli già esistenti, da lei posseduti o di proprietà di alcuni
azionisti di riferimento. Con questa operazione alla società non affluiscono
nuovi capitali.

Opvs (Offerta pubblica di vendita e sottoscrizione) Quest’operazione è


una combinazione delle due precedenti; vengono offerti al pubblico in parte
titoli azionari già esistenti e in parte titoli azionari di nuova emissione.

Opzione Strumento finanziario derivato che offre la facoltà, ma non l’obbli-


go, di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put) una determinata
attività finanziaria (azioni, obbligazioni ecc.) o un determinato bene (petrolio,

162
Glossario

metalli ecc.) a un prezzo prestabilito (strike price), in ogni momento entro una
determinata data (opzione americana) o solo a scadenza (opzione europea).

Orso Vedi Bear Market.

Otc (Over the counter) Modalità di negoziazione per molti titoli che può
anche affiancare la quotazione in Borse ufficiali. Gli scambi sono garantiti
dagli intermediari che offrono quotazioni in acquisto, o in vendita, per uno
specifico titolo. È una modalità di scambio tipica delle eurobbligazioni.

Overnight rate Espressione inglese che si può tradurre letteralmente con


“tasso d’interesse da una notte all’altra”. È il tasso interbancario che viene
applicato a un prestito contratto oggi e che, potenzialmente, potrebbe essere
estinto l’indomani mattina. Sono soprattutto le banche a prestarsi vicendevol-
mente denaro a questo tasso per impiegare gli avanzi o coprire i disavanzi
giornalieri di cassa.

Pari (par) Valore nominale del titolo. Per un’obbligazione il termine “parità”
è legato al prezzo di emissione. Di un’obbligazione emessa a 100, si dice che
è stata emessa alla pari, sotto 100 che è stata emessa sotto la pari, e sopra 100
che è stata emessa sopra la pari.

Parità del potere d’acquisto È un modo per confrontare le valute, che parte
dall’idea che un prodotto debba costare la stessa cifra in tutti i paesi (altrimenti
converrebbe acquistarlo dove è meno caro e venderlo dove costa di più).

Patrimonio netto (net asset) Grandezza contabile molto importante nella


valutazione di un’azienda, che esprime quanto rimarrebbe nelle mani degli
azionisti di una società se in un dato momento fossero vendute tutte le attività
della società al prezzo a cui sono contabilizzate in bilancio e contemporane-
amente fossero saldati tutti i debiti.

Patto di sindacato Patto attraverso il quale due o più azionisti si impe-


gnano a comportarsi in un determinato modo nelle attività aziendali, per
esempio nell’espressione del voto durante l’assemblea societaria. Modalità di
controllo molto diffusa, ha la funzione di accentrare di fatto il potere nelle
mani di un gruppo ristretto di azionisti. I patti di sindacato possono esse-
re di diverse tipologie, a seconda del vincolo stabilito tra gli azionisti. Per
esempio il sindacato di blocco, che è un patto tra gli azionisti che vincola il
trasferimento di quote di azioni, impedendo a un socio di vendere il proprio
pacchetto azionario, per evitare che le azioni della società siano acquistate
da soci non graditi alla maggioranza di controllo; oppure il sindacato di voto,
che impegna gli azionisti del patto a votare in una determinata maniera o

163
Investire per il futuro

a non votare affatto in certe circostanze, con lo scopo di esercitare meglio


il controllo sulla società.

Pay out (dividend pay out) Rapporto tra il totale dei dividendi distribuiti
agli azionisti e l’utile d’esercizio della società. Una società che distribuisce di-
videndi generosi fa la felicità degli azionisti, ma nel contempo priva l’azienda
di risorse che potrebbe investire in nuovi progetti di espansione. Il fatto che
una società distribuisca scarsi dividendi, o non ne distribuisca affatto, può
anche essere considerato come la volontà di tenere all’interno dell’azienda
capitali per finanziare lo sviluppo di nuove attività.

Perdita in conto capitale Perdita realizzata durante la compravendita di stru-


menti finanziari quando il prezzo di vendita, al netto di eventuali commissioni
e oneri aggiuntivi, è inferiore al loro prezzo di acquisto.

Performance Termine inglese che definisce il rendimento di un investimento.


Riferito a un fondo comune di investimento, si riferisce alla variazione del
valore della singola quota in un determinato periodo, espresso in percentuale.

Perimetro costante Nel confronto tra i conti di una società, tra un anno e
il precedente, si usa questa espressione per dire che i risultati che si stanno
paragonando sono rettificati per tener conto di eventuali variazioni nelle di-
mensioni e nella struttura della società, includendo eventuali operazioni di
fusioni, acquisizioni e cessioni.

Politica del dividendo Indica la scelta da parte una società di distribuire


o meno) dividendi e per quale importo. Tale decisione non è necessariamen-
te legata all’evoluzione degli utili. Per esempio, alcune società (che operano
principalmente in settori ciclici in cui gli utili possono variare di anno in anno)
possono offrire un dividendo costante o in rialzo quando gli utili sono in ri-
basso (in caso di avvenimenti eccezionali, o perché i suoi principali azionisti
traggono buona parte dei loro utili dai suoi dividendi, o per conservarne la
fiducia). Le società a elevata crescita spesso non danno dividendi o ne corri-
spondono di piccolo importo, perché intendono utilizzare questi capitali per
finanziare i loro investimenti e accrescere il loro valore di Borsa, compensan-
do così gli azionisti con un guadagno sui prezzi del titolo in Borsa capace di
controbilanciare la debolezza dei dividendi.

Politica monetaria È così definito l’insieme di decisioni con cui una


Banca centrale muove i tassi d’interesse per influenzare l’evoluzione della
sua moneta, dell’inflazione, dell’economia del proprio paese. Infatti, la
modifica dei tassi a cui la Banca centrale presta denaro alle altre banche
influenza tutte le successive operazioni di queste ultime. Il credito può

164
Glossario

essere incoraggiato o frenato, l’investimento in capitale di rischio (cioè


azioni) può essere stimolato o dissuaso, e così possono essere incoraggiati,
con tassi d’interesse bassi, o scoraggiati, con elevati tassi d’interesse, gli
investimenti nella valuta del paese.

Portafoglio Indica l’insieme degli investimenti in titoli mobiliari (azioni, ob-


bligazioni, fondi ecc.) detenuti da una società, una persona o da un ente.

Premio al rischio Si definisce così il rendimento supplementare che viene


corrisposto ai risparmiatori per un investimento in titoli mobiliari (azioni,
obbligazioni ecc.) per compensare il maggior rischio di rimborso di questi
rispetto ai titoli di stato, che sono considerati privi di rischio.

Premio di conversione Quando si converte un’obbligazione convertibile in


azioni, il prezzo pagato può essere più elevato della quotazione dell’azione
in quel momento. Questa differenza è il premio di conversione.

Premio di emissione Se un’obbligazione è emessa a più di 100 (per esem-


pio si pagano 101 o 102 euro per un titolo il cui valore nominale è 100), la
differenza tra il prezzo di emissione e 100 è detta premio di emissione.

Prezzo di esercizio (strike price) Per le opzioni e i warrant si definisce


“prezzo d’esercizio” il prezzo, fissato in precedenza, a cui si avrà diritto di
vendere o acquistare il titolo sottostante.

Prezzo di riferimento A Piazza Affari è il prezzo di un titolo ottenuto calco-


lando la media ponderata del prezzo di acquisto degli ultimi titoli negoziati.
Il prezzo di riferimento di un giorno è utilizzato come raffronto per l’inizio
delle negoziazioni il giorno successivo.

Prezzo limite Nell’inoltrare a un intermediario finanziario un ordine di ac-


quisto, o di vendita, di un titolo, è possibile porre un limite al prezzo al quale
effettuare l’operazione, per proteggersi da eventuali sue oscillazioni improvvise.
È possibile immettere un ordine di vendita con limite inferiore di prezzo, per
evitare di cedere il titolo nel caso in cui il prezzo scenda improvvisamente, o
un ordine di acquisto con limite superiore di prezzo per evitare di comprarlo
a un prezzo ritenuto troppo elevato.

Price/book value È il rapporto tra il prezzo di Borsa di un’azione e il valore


di libro della corrispondente società, ottenuto sommando capitale sociale,
riserve iscritte a bilancio e utili conseguiti, ma non distribuiti agli azionisti
sotto forma di dividendi. È utile sia per avere un’idea della valutazione di una
società espressa dal mercato sia per fare paragoni con altre società omogenee,

165
Investire per il futuro

per attività e per dimensioni, ottenendo un prezzo di riferimento per l’azienda


oggetto dell’analisi.

Price/cash flow Rapporto tra prezzo di mercato di un titolo e flusso di cassa


per azione generato dall’attività aziendale. Questo multiplo esprime il tempo
necessario affinché la somma investita nel titolo ritorni sotto forma di flusso di
cassa nelle tasche degli investitori. Più è piccolo questo rapporto e meno tempo
sarà necessario per vedersi rimborsato l’investimento tramite flussi di cassa.

Price/earning (p/e) È il rapporto tra il prezzo di Borsa di un titolo e gli


utili conseguiti per azione. Indica quante volte il prezzo del titolo incorpora
gli utili. Un rapporto basso può essere interpretato come sintomo di scarse
aspettative sulla crescita futura della società da parte degli investitori, oppure
si può pensare che il titolo sia conveniente, cioè che il suo valore reale sia
superiore al prezzo espresso dal mercato in quel momento. Viceversa, si può
leggere un alto rapporto di p/e sia come segnale di un titolo caro sia come
indicatore di elevate aspettative di crescita futura della società da parte del
mercato, che è disposto a pagare molto per comprare quel titolo.

Private equity Acquisizione di partecipazioni in società non ancora quotate in


Borsa, ma con elevate prospettive di crescita nel medio lungo periodo, da parte
di investitori istituzionali, banche, fondi chiusi o altri operatori specializzati.

Profit warning Annuncio da parte della società anticipante le comunicazioni


ufficiali dei dati di bilancio, che di solito comunica dei dati inferiori alle attese
degli analisti a precedenti comunicazioni della società.

Pronti contro termine (con p/t) È un contratto sottoscritto tra un soggetto


e una banca, in base a cui la banca vende al cliente titoli che si impegna a
riacquistare a scadenza a un prezzo convenuto. La differenza tra controvalore
di vendita e quanto pagato all’acquisto è il rendimento dell’operazione per i
risparmiatori.

Public company Si definisce così una società caratterizzata da un azionariato


diffuso, in cui non ci sono concentrazioni di capitale nelle mani di pochi inve-
stitori, che possiedono quote rilevanti del capitale sociale ai fini del controllo
dell’azienda. È un modello di sviluppo dell’impresa più diffuso nel mondo
anglosassone, dove le dimensioni aziendali sono in genere maggiori. Tra i
vantaggi di questa struttura aziendale c’è la maggiore facilità a reperire i capitali
per gli investimenti e a crescere dimensionalmente, mentre, tra gli svantaggi,
invece, vi può essere un’elevata concentrazione di potere decisionale nelle
mani del management, che può privilegiare il raggiungimento di obiettivi a
breve, a scapito dell’equilibrato sviluppo della società.

166
Glossario

Put Opzione con cui il compratore si riserva la facoltà di vendere una de-
terminata quantità di un dato titolo a un prezzo prefissato. È uno strumento
utilizzato da chi crede nel ribasso del prezzo di un’attività (azioni, valuta ecc.):
se il sottostante a cui l’opzione put è collegata perde valore, la put, al con-
trario ne guadagna. Viene anche utilizzata per proteggere un portafoglio da
ribassi globali.

Quick ratio Indice usato per determinare il grado di solvibilità di un’impresa.


È calcolato come rapporto tra le attività a breve termine (crediti verso clienti a
breve termine, vale a dire riscuotibili entro 12 mesi, denaro in cassa ecc.) e debiti
a breve termine (debiti verso fornitori da onorare entro 12 mesi). Valori superiori
a 1 indicano che l’azienda ha una buona solvibilità e riuscirà a far fronte al pa-
gamento dei debiti a breve con le sole risorse a breve termine, senza intaccare
le risorse economiche immobilizzate. Valori superiori a 1 indicano l’esistenza
di un rischio per l’impresa nel far fronte ai debiti a breve termine. L’indice ci
dice quanta parte di 1 euro di impegni a breve scadenza siamo in grado di
onorare con le disponibilità a breve dell’impresa. È anche chiamato acid test.

Quoziente di liquidità immediata È il rapporto tra le disponibilità liquide di


una società (denaro in cassa, assegni ecc.) e i debiti a breve termine. Questo
indice dice quanta parte di 1 euro di debiti a breve termine l’azienda può
subito onorare facendo uso delle sole disponibilità liquide.

Rateo Parte della cedola di un’obbligazione già maturata e che deve essere
pagata al precedente proprietario quando si acquista un’obbligazione sul
mercato.

Rating È la valutazione effettuata da società internazionali specializzate


(Standard&Poor, Moody, Fitch) che serve per determinare l’affidabilità di chi
emette obbligazioni. Questa valutazione è espressa attraverso l’uso di una serie
di lettere. Per esempio la lettera A indica i titoli più affidabili (per esempio per
Moody AAA indica affidabilità eccellente, AA ottima, A1 buona, A2 discreta,
A3 sufficiente); B e C un’affidabilità in calo (inferiore in ogni caso a quella dei
titoli che vi consigliamo) e D una situazione di default dell’emittente.

Rendimento annualizzato È il rendimento, espresso in percentuale, di un


fondo o di un’obbligazione calcolato come il suo rendimento medio annuo
per facilitare il confronto tra i diversi fondi, ottenuto attraverso il processo di
attualizzazione.

Rendimento immediato (current yield) Rendimento derivante dalla cedola


di un titolo a reddito fisso o dal dividendo per le azioni. È dato dal rapporto
tra la cedola corrisposta e il prezzo di acquisto del titolo.

167
Investire per il futuro

Rendimento lordo È il rendimento di un investimento prima che siano state


pagate le imposte. Si contrappone al rendimento netto, che esprime il rendi-
mento dopo il pagamento delle imposte.

Rendimento netto È definito in questo modo il rendimento di un investi-


mento dopo il pagamento delle imposte. Si contrappone al rendimento lordo
che non tiene conto delle imposte pagate.
Reverse convertible È un titolo che offre una cedola elevata (di solito supe-
riore alle condizioni di mercato) e garantita. Alla scadenza, però, l’emittente
decide la modalità di rimborso più vantaggiosa per lui, ossia se rimborsare il
capitale iniziale in denaro o in azioni. Il rischio per l’investitore è costituito dalla
possibilità di avere alla fine un capitale inferiore a quello investito inizialmente.

Reverse floater Obbligazione che paga un tasso di interesse variabile.


La caratteristica dei reverse floater è che il loro rendimento varia in modo in-
verso rispetto all’andamento del tasso a cui sono indicizzati. Paga un tasso di
interesse fisso piuttosto alto a cui va però sottratto, una o due volte, un tasso
di interesse a brevissimo termine, solitamente l’euribor.

Reverse split Si definisce in questo modo il raggruppamento delle azioni da


parte di una società. In seguito a un reverse split cala il numero delle azioni
in circolazione, ma non diminuisce il loro valore complessivo. Per esempio,
una società decide di raggruppare 2 azioni del valore di 1 euro ciascuna in
una. Chi ha 1.000 azioni (per una somma pari a 1.000 euro) si ritroverà in
mano 500 azioni (1 ogni 2), ma il loro valore in Borsa sarà di conseguenza
raddoppiato di valore (2 euro per azione anziché 1), così l’importo complessivo
dell’investimento (1.000 euro) resterà invariato. Vedi anche Split.

Scadenza È il momento in cui l’investimento giunge al suo termine e in cui


l’investitore riceve l’importo del capitale investito (intatto o meno, secondo le
condizioni di investimento e le circostanze) e, eventualmente, il rendimento
di questo investimento.

Scalata (buyout o take over) Acquisizione di una quota di azioni di una


società tale da assumerne il controllo. È realizzata attraverso un’offerta pubblica
d’acquisto o la negoziazione diretta con gli azionisti di riferimento. In alcuni
casi si parla di scalata ostile, riferendosi a un’operazione di acquisizione della
maggioranza assoluta o relativa dei diritti di voto con l’obiettivo di sottrarre
il controllo della società all’azionista di maggioranza contro la sua volontà.

Scissione Attraverso il meccanismo della scissione una società cede una parte
del proprio complesso aziendale a un’altra società beneficiaria, già esistente
o da poco costituita.

168
Glossario

Sec (Security exchange commission) L’organo di controllo della Borsa


americana che ha scopi analoghi all’italiana Consob, vigilando sui mercati con
lo scopo di mantenerne l’integrità e di proteggere gli investitori.

Sentiment indicator (indicatori di aspettative) Indicatori che tentano


di misurare il livello e l’andamento delle aspettative degli investitori. Sono
utilizzati dagli operatori del settore finanziario per evidenziare condizioni di
euforia dei mercati finanziari.

Sgr (Società di gestione del risparmio) Sono le società che amministrano


i soldi versati dai sottoscrittori (piccoli e medi investitori), prevalentemente in
fondi comuni di investimento.

Share Termine inglese utilizzato per indicare le azioni.

Sicav Società assimilabile a un fondo comune di investimento aperto, con


la differenza che il sottoscrittore assume la figura di socio, con la possibilità
teoricamente di influire, mediante l’esercizio del diritto di voto, sulla politica
gestionale.

Soggetto promotore Il termine designa chi si occupa della commercializza-


zione di un prodotto finanziario e partecipa alla sua gestione.

Sottostante Attività reale, finanziaria o indice di mercato che è alla base di


un contratto derivato.

Spese di custodia Sono gli importi trattenuti dalla banca come remunerazione
per la gestione di un conto titoli.

Spin off Termine inglese usato per identificare lo scorporo di un ramo d’im-
presa e consentire alla stessa di essere maggiormente focalizzata nella sua
attività principale.

Split Processo attraverso il quale viene incrementato il numero di azioni


in circolazione di una società e contestualmente viene ridotto il loro valore
nominale, lasciando inalterato l’ammontare del capitale sociale. L’operazione
opposta è definita raggruppamento.

Spread (differenziale) Termine inglese che può assumere diversi significati.


Rappresenta la differenza tra la più alta proposta di acquisto (bid) e la più
bassa proposta di vendita (ask) di un titolo presente sul mercato in un dato
momento. Si usa anche per indicare la differenza tra i rendimenti di diversi
titoli di stato, per esempio tra il BTp italiano e il Bund tedesco.

169
Investire per il futuro

Standard&Poor’s Insieme a Fitch e Moody’s, è uno dei più importanti enti che
esprimono giudizi sull’affidabilità finanziaria delle società e degli stati sovrani.

Stato patrimoniale È uno dei prospetti contabili che compongono il bilancio


di una società. Ha lo scopo di descriverne il patrimonio distinguendo tra le
voci che ne compongono l’attivo (per esempio immobili, crediti, macchinari,
rimanenze ecc.) e le voci che ne compongono il passivo (per esempio capi-
tale, debiti ecc.).

Step down Si definisce così un’obbligazione le cui cedole sono fissate in


anticipo e decrescenti nel tempo (per esempio 10% il primo anno, 5% il se-
condo, 3% il terzo ecc.).

Stock option È una forma di incentivo e di remunerazione che una società


può concedere al proprio personale. Consiste nell’assegnazione di diritti d’op-
zione che permettono di sottoscrivere o di acquistare in futuro azioni della
società a un prezzo prefissato, in una data prefissata (opzione europea) o in un
intervallo di tempo prefissato (opzione americana). Questa assegnazione può
avvenire attraverso un aumento di capitale gratuito, un aumento di capitale a
pagamento o utilizzando azioni già in circolazione. Attraverso i piani di stock
option, una parte della remunerazione del personale è legata ai risultati della
società che dovrebbero riflettersi nel valore di mercato del titolo. È un modo
per rafforzare la condivisione con il personale degli obiettivi della società.

Stock picking Modalità di composizione di un portafoglio azionario basta


sulla scelta di uno specifico titolo in base ai risultati dell’analisi fondamentale
o tecnica.

Stop loss Limite di prezzo che segnala la soglia oltre la quale scatta l’ordine
di vendita, in modo da limitare le perdite.

Strategia bottom up Strategia che consiste nel comporre un portafoglio


partendo dall’analisi dei singoli titoli che sono presenti sul mercato, indipen-
dentemente dall’andamento di Borse e settori. La strategia opposta è definita
top down.

Strategia top down Strategia che consiste nel comporre un portafoglio


partendo dall’individuazione di paesi e settori dai quali ci si attendono buoni
risultati e, quindi, dei titoli più appetibili al loro interno. Vedi anche Strategia
bottom up.

Strike price Vedi Prezzo di esercizio.

170
Glossario

Stripping È l’operazione di stacco delle cedole da un titolo per la loro ven-


dita separata.

Svalutazione Se una moneta vede il proprio valore scendere rispetto a quello di


un’altra valuta con cui ha degli accordi di cambio o oscillazione predeterminati,
si dice che svaluta. Senza accordi di cambio la perdita di valore è chiamata
deprezzamento. Una moneta svalutata/deprezzata rende più competitive le
esportazioni di merci locali, perché saranno meno costose, ma penalizzerà le
importazioni dall’estero.

Swap È un contratto finalizzato allo scambio di due flussi finanziari (per


esempio una serie di cedole a tasso fisso, contro una serie di cedole a tasso
variabile). Può essere sottoscritto nel mercato delle obbligazioni (bond swap)
e comporta lo scambio di titoli di diversa durata e rendimento; nel mercato
dei cambi lo swap (currency swap) implica lo scambio di flussi di pagamento
periodici in valute diverse; nel mercato dei capitali lo swap (interest rate swap)
si riferisce allo scambio di flussi di interessi periodici, nella stessa valuta; sul
mercato delle commodity (ossia dei beni, come l’oro, il petrolio, la gomma
ecc.), la sottoscrizione di un commodity swap comporta lo scambio di un flusso
monetario legato al prezzo del bene oggetto del contratto. La sottoscrizione di
uno swap può servire a ottenere una copertura contro il rischio di un rialzo
dei tassi, o contro il rischio di cambio.

Switch Si definisce così il passaggio da una attività finanziaria a un’altra. Nella


maggior parte dei casi indica il passaggio da un fondo comune di investimento
a un altro della stessa famiglia. Tuttavia può anche indicare il passaggio da
un tipo di strumento derivato a un altro, da una categoria di titoli a un’altra
e via dicendo.

T-bond Titolo di stato obbligazionario Usa di durata trentennale.

Target price Si può definire target price l’obiettivo di prezzo fissato in se-
guito all’analisi tecnica o fondamentale di un titolo azionario. Il target price
non è un dato oggettivo, ma dipende dal modello di valutazione utilizzato
dall’analista per definirlo.

Tasso di cambio (exchange rate) È calcolato come rapporto tra il prezzo


unitario della valuta di un paese e il numero di unità di valuta di un altro
paese con cui può essere scambiata. In sintesi, rappresenta il prezzo di una
valuta rispetto a un’altra.

Tasso di interesse (interest rate) È il tasso di remunerazione del capitale


prestato. Non esiste un unico tasso di interesse che è infatti dipendente da

171
Investire per il futuro

diversi fattori come la durata del prestito, l’ammontare dello stesso e l’affida-
bilità di rimborso del prenditore.

Tasso di sconto (discount rate) È il costo applicato ai capitali che una Banca
centrale presta al sistema bancario.

Tasso fisso Sono così definite le obbligazioni che producono cedole annue
costanti, non legate all’andamento di mercati o strumenti finanziari.

Tasso nominale È il tasso d’interesse dichiarato su un titolo obbligazionario e


utilizzato per calcolare la cedola di interessi corrisposta dal titolo. Si distingue
dal rendimento effettivo dell’investimento, perché quest’ultimo dipende da
diversi altri parametri, per esempio prezzo di acquisto, commissioni e spese,
imposizione fiscale.

Tasso repo È il tasso a cui la banca centrale remunera i depositi a lei affidati
dalle banche commerciali. Si contrappone al tasso di sconto che è il tasso a
cui le banche centrali prestano la liquidità alle banche commerciali.

Tasso variabile Si definiscono in questo modo le obbligazioni la cui cedola


staccata non è predeterminata, ma si evolve a ogni scadenza secondo l’anda-
mento di un parametro di riferimento prestabilito (tassi d’interesse, indici ecc.).

Tax call Il termine è talvolta presente nelle condizioni di certe obbligazioni;


si tratta di una clausola in base alla quale l’emittente si riserva il diritto di
procedere al rimborso anticipato dell’obbligazione in caso di cambiamenti
nella legislazione fiscale.

Tax rate È la percentuale di imposta pagata da una società, in rapporto


all’utile conseguito.

Ter (Total expense ratio) Esprime il totale dei costi di un fondo o di una
Sicav, in rapporto al valore di libro della medesima. Permette all’investitore di
comparare i costi di diverse offerte, anche se per il momento non esiste nessuno
standard di calcolo che definisca i parametri in maniera chiara e dettagliata.

Theta È un numero che permette di quantificare la riduzione giornaliera del


valore di un’opzione man mano che si avvicina la data di scadenza, a parità
di altri fattori incidenti sul prezzo dell’opzione.

Titoli di stato Sono le obbligazioni emesse da uno stato sovrano per finan-
ziare il proprio debito, come i BoT, i CcT e i BTp emessi dallo stato italiano.

172
Glossario

Toro (mercato) Vedi Bull market.

Tracking error È un elemento utile per analizzare la regolarità dei risultati di


una Sicav o di un fondo rispetto ai risultati ottenuti dall’indice di riferimento.
Più è elevato il tracking error e più il rendimento del fondo è imprevedibile.
Viene considerato un indice di rischiosità, anche se improprio.

Trader Indica gli investitori che acquistano e vendono in Borsa strumenti


finanziari a scopo speculativo, per approfittare delle variazioni dei prezzi a
breve termine.

Trend È la tendenza (al rialzo o al ribasso) che caratterizza una variabile


economica. Nel caso di azioni o Borse si parla di trend al rialzo (o al ribasso)
quando il prezzo del titolo o la Borsa da qualche tempo tende a salire (o a
scendere).

Unit linked Termine usato in ambito assicurativo per quelle polizze vita
legate a fondi o quote di fondi il cui rendimento è dato dall’andamento di
fondi comuni d’investimento o degli indici di Borsa.

Utile (perdita) corrente Indica la parte di utile (perdita) che deriva dall’atti-
vità abituale della società, esclusi quindi gli elementi straordinari. Dal 2005, in
seguito all’applicazione dei nuovi principi contabili, e soprattutto nel caso dei
bilanci consolidati, questo concetto di fatto si avvicina molto all’utile tout court.

Utile (perdita) straordinario Indica la parte di utile (perdita) straordinario


realizzata in seguito ad attività diverse da quella abituale della società, come
per esempio la vendita di un immobile per società diverse da quelle immobi-
liari, di partecipazioni per società diverse da quelle finanziarie, e così via. Dal
2005, in seguito all’applicazione dei nuovi principi contabili, e solo nel caso
dei bilanci consolidati, questo concetto di fatto viene confinato a una casistica
assai limitata (catastrofi naturali ecc.).

Utile d’esercizio È la differenza tra la somma totale dei ricavi di una società
e il totale dei costi da questa sopportati in un periodo specifico, di solito un
anno fiscale. Viene anche definito utile netto.

Utile netto Vedi Utile d’esercizio.

Valore contabile Il valore contabile di una società è l’importo dei mezzi


propri diviso per il numero di azioni. Il rapporto tra il prezzo di Borsa e il
valore contabile è uno degli indicatori utilizzati per valutare se un’azione è
cara o conveniente.

173
Investire per il futuro

Valore contabile tangibile A differenza del valore contabile, che utilizza il


totale dei mezzi propri, il valore contabile tangibile è una misura più “prudente”
del valore di una società, perché prende in considerazione solo i beni reali.
Per calcolare il valore contabile tangibile, dall’insieme dei mezzi propri viene
sottratto il valore del goodwill (il sovrapprezzo, rispetto al valore di bilancio,
pagato per acquisire una società. Vedi anche Avviamento).

Valore di libro (book value) È il valore a cui un bene o un’attività (per esem-
pio il marchio) viene iscritto all’interno del bilancio di una società. Riferito a
un’intera società è il valore della stessa se chiudesse in quel momento e se tutti i
beni potessero essere liquidati allo stesso valore presente all’interno del bilancio.

Valore intrinseco È il valore “reale” di una società o di un’attività in con-


trapposizione al prezzo sul mercato o al book value. Riferito a un’opzione, è
la differenza tra il prezzo di mercato dell’attività a cui si riferisce e il prezzo
di esercizio.

Valore netto d’inventario Per le Sicav e i fondi comuni, esprime il valore


complessivo dei titoli posseduti diviso per il numero delle quote. È dunque
il valore della quota.

Valore nominale Riferito a un titolo azionario, il valore nominale è il valore


del capitale sociale che un’azione rappresenta. Per i titoli obbligazionari, il
valore nominale corrisponde, invece, al valore di rimborso del titolo da parte
dell’emittente al momento della scadenza.

Valuta Si può intendere il giorno in cui, indipendentemente dalla data di


esecuzione di un’operazione bancaria, iniziano a maturare gli interessi (attivi
e passivi) sul conto corrente relativamente all’operazione effettuata. Oppure
si può intendere come la moneta in circolazione nel paese in cui ha corso
legale, oppure una generica moneta estera.

Valuta forte (strong currency) Con questa espressione ci si riferisce di so-


lito a monete come il dollaro, lo yen, il franco svizzero e, in passato, il marco
tedesco. Le valute forti sono tipiche di paesi con economia sviluppata, bassa
inflazione e contesti politici stabili.

Vega Valore numerico che esprime la variazione del prezzo di un derivato al


variare di un punto percentuale del prezzo dell’attività cui il derivato si riferi-
sce, mantenendo invariati gli altri fattori che incidono sul prezzo del derivato.

Vendita allo scoperto Vendita di azioni, o altre attività, che non si pos-
siedono, sfruttando il fatto che su molti mercati un’operazione effettuata e

174
Glossario

contabilizzata oggi verrà regolata (pagamento e consegna dell’attività) solo


dopo qualche tempo. La fanno gli speculatori che si aspettano un ribasso del
prezzo: vendono oggi sperando di ricomprare a un prezzo inferiore prima
della data stabilita per la consegna del bene.

Venture capital Sono i fondi messi a disposizione di società, o anche solo


di chi ha progetti, con grandi potenzialità di sviluppo. Li forniscono le società
di venture capital assieme a consulenze e competenze manageriali entrando
nel capitale dell’azienda. Dopo un certo periodo la società che ha ricevuto il
finanziamento viene rivenduta o quotata in Borsa.

Volatilità È la misura degli alti e bassi del prezzo di un’attività finanziaria.


Più il prezzo subisce oscillazioni di ampia portata, maggiore è la volatilità, e
quindi la rischiosità, di un titolo.

Volume Indica il numero di azioni scambiate in un determinato periodo,


per esempio in un’intera giornata di Borsa. Il concetto di volume può essere
applicato anche a un’intera Borsa (volume delle transazioni di tutte le azioni).

Vulture fund (fondi avvoltoio) Sono fondi comuni che investono in società
o in paesi che stanno attraversando situazioni di crisi e minacciano di non
rimborsare i debiti emessi o che sono in default. Dopo aver comprato i loro
titoli a prezzi irrisori avviano cause legali per recuperare il valore dell’intero
credito.

Warrant È il diritto conferito all’investitore di acquistare (warrant call) o


vendere (warrant put) una certa quantità di azioni in un periodo determinato
e a condizioni predefinite. Il warrant call permette di aumentare i guadagni
su un’azione in fase di crescita, mentre il warrant put permette di coprirsi
dal rischio di ribasso di un’azione in portafoglio. Le variazioni del prezzo del
warrant, amplificano le variazioni del prezzo del titolo sottostante.

Writer Sono gli emittenti, quelli che “scrivono” i contratti d’opzione.

Yield È il rendimento di un titolo. Riferito alle obbligazioni, è dato dal rapporto


tra le cedole corrisposte e il prezzo di acquisto. Nel caso di un titolo azionario è
il rapporto tra il dividendo staccato dal titolo e il prezzo di acquisto dell’azione.

Zero coupon Sono obbligazioni che non distribuiscono interessi periodici


mediante lo stacco di cedole: il loro rendimento è dato dalla differenza tra
quanto incassato al rimborso e quanto sborsato all’emissione. BoT e CTz sono
tipici zero coupon.

175
INVESTIRE PER IL FUTURO

Il mondo della finanza è talmente complesso, che può spa-


ventare i meno esperti, scoraggiandoli dall'investire i pro-
pri soldi, faticosamente accumulati.
Eppure, investire è importante, per beneficiare di mag-
giori opportunità di rendimento rispetto a un conto cor-
rente bancario e per assicurarsi una crescita e un futuro
più sereni, almeno dal punto di vista economico.
Ed è qui che entra in gioco questa guida, fatta per aiutarvi a
chiarire dubbi e perplessità e per offrirvi gli strumenti per
capire come gestire i vostri risparmi.
Non vi diciamo in cosa investire, ma vi diamo una mano a
porre le basi che vi permettano di scegliere in autonomia.

AL SUO INTERNO
D Tempo, rendimento e rischio
e perché sono legati fra loro
D Azioni, obbligazioni, fondi comuni
e tutte le altre forme di investimento
D Casi pratici esemplificativi
per individuare il proprio profilo
di investitore

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