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3
Sabrina Carollo
La vera storia di
400 frasi celebri
e modi di dire
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Sabrina Carollo
La vera storia di
400 frasi celebri
e modi di dire
5
Realizzazione editoriale a cura di Edimedia SAS, via Orcagna 66, Firenze
L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze agli aventi diritto che non è
stato possibile reperire.
www.giunti.it
ISBN 9788844051204
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Realizzazione editoriale a cura di Edimedia SAS, via Orcagna 66, Firenze
L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze agli aventi diritto che non è
stato possibile reperire.
www.giunti.it
ISBN 9788844051204
7
Sommario
8
Potere
Gaudio e tripudio
Pretese
Varie
Successi e insuccessi
Dubbi e perplessità
Pericoli e paure
Qualità
Esiti
Realtà
Desideri
Inizi e conclusioni
Narrazioni
Indice alfabetico
Bibliografia
9
Potere
Gaudio e tripudio
Pretese
Varie
Successi e insuccessi
Dubbi e perplessità
Pericoli e paure
Qualità
Esiti
Realtà
Desideri
Inizi e conclusioni
Narrazioni
Indice alfabetico
Bibliografia
10
A Gregorio che non smette
mai di parlare, a Bianca
che vuole capire,
a Giacomo sempre e comunque
11
A Gregorio che non smette
mai di parlare, a Bianca
che vuole capire,
a Giacomo sempre e comunque
12
Cominciando…
dal principio
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arrivate dalla pubblicità, quelle più comuni, quelle che mettiamo in tavola
con il pane e l’acqua ogni sera.
Ci auguriamo che la lettura sia utile, piacevole, e soprattutto che
ognuno possa ritrovarci un pezzettino di sé e della sua storia.
uttivo.
ché ci
nda, le
mille
do sui
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zzarne
indi a
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i sono
14
arrivate dalla pubblicità, quelle più comuni, quelle che mettiamo in tavola
con il pane e l’acqua ogni sera.
Ci auguriamo che la lettura sia utile, piacevole, e soprattutto che
ognuno possa ritrovarci un pezzettino di sé e della sua storia.
15
CORAGGIO
16
più” erano le parole con cui si concludeva, appunto, la filippica di Tolomei.
ocare
. Il
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pieno,
House,
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17
più” erano le parole con cui si concludeva, appunto, la filippica di Tolomei.
18
AMORE
19
6 L’amico Fritz La locuzione si usa per indicare una persona di cui
non si vuol fare esplicitamente il nome, alludendo alle caratteristiche
ambigue del rapporto che può avere con qualcun altro/a (sottintendendo
insomma una possibile relazione illecita). Serve dunque per indicare un
rapporto che non vuole dichiararsi apertamente per quello che è, per vari
motivi. Deriva dalla omonima commedia lirica in tre atti di Pietro
Mascagni, musicata su libretto di P. Suardon (pseudonimo di Nicola
Daspuro) e rappresentata per la prima volta a Roma nel 1891. Nell’opera si
racconta del benefattore Fritz, irriducibile scapolo, che non vuole
ammettere a se stesso e agli amici di essersi innamorato di Suzel, la
olo ungraziosa e dolce figlia del fattore.
ente e
7 Bello e impossibile È entrato di prepotenza nell’uso quotidiano,
per definire qualcuno molto affascinante ma difficile da conquistare. Deriva
i usadal titolo di una canzone della cantautrice senese Gianna Nannini, diventata
ne, per un grande successo nel 1986.
an era
a, per 8 Galeotto fu il libro Serve per indicare la persona, la cosa o la
ezioni situazione che ha contribuito a creare un legame d’amore. In realtà il
operetermine “galeotto” viene oggi usato nel linguaggio comune riferito anche ad
gan fualtri contesti: “galeotto fu il tram”, “galeotta fu la vacanza” e così via. La
pedire frase vanta una paternità illustre: è stata infatti coniata da Dante Alighieri
nella Divina Commedia. Si legge nel canto V dell’Inferno: «Galeotto fu ‘l
libro e chi lo scrisse:/quel giorno più non vi leggemmo avante». Le parole
sono pronunciate da Francesca da Rimini, condannata alle pene eterne con
20
il suo amante Paolo per essersi lasciata travolgere dalla passione e aver
tradito il marito con il fratello di lui. Sul libro, i due innamorati non ancora
dichiarati stavano leggendo del bacio tra Ginevra e Lancillotto, due
personaggi della saga di Re Artù: il bacio di quelli fu il preludio al loro. Per
questo il libro fu galeotto. Il termine specifico deriva dal personaggio di
Galeotto (in francese Galehaut), che nella vicenda di Ginevra e Lancillotto
favorì il rapporto amoroso fra i due.
di cui
stiche
dendo
are un
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Pietro
Nicola
pera si
vuole
zel, la
9 Happy end La locuzione in inglese significa “lieto fine”. È ormai
entrata nel modo di dire quotidiano, per indicare appunto la conclusione
diano,positiva sperata, in particolare in ambito sentimentale (ma in senso lato
Deriva anche rispetto ad altre questioni). A differenza però del corrispettivo
entataitaliano (legato all’immaginario favolistico), l’happy end ha un sapore
peggiorativo, implica un concetto seriale hollywoodiano che ne consente
l’uso come sinonimo di banale, prevedibile.
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21
il suo amante Paolo per essersi lasciata travolgere dalla passione e aver
tradito il marito con il fratello di lui. Sul libro, i due innamorati non ancora
dichiarati stavano leggendo del bacio tra Ginevra e Lancillotto, due
personaggi della saga di Re Artù: il bacio di quelli fu il preludio al loro. Per
questo il libro fu galeotto. Il termine specifico deriva dal personaggio di
Galeotto (in francese Galehaut), che nella vicenda di Ginevra e Lancillotto
favorì il rapporto amoroso fra i due.
22
CAPACITÀ
23
Generalmente utilizzata in situazioni informali e allegre, per
sdrammatizzare un proprio o altrui gesto particolarmente elegante, o al
contrario per sottolineare (ma sempre in tono bonario e amichevolmente
canzonatorio) una qualche mancanza di stile. Il paradosso della
dichiarazione sta proprio nella mancanza di signorilità di chi si
autoproclama tale. La frase è tratta dal film Signori si nasce (1960) di
re unaMario Mattioli, e viene pronunciata dal mitico Totò. L’attore nella pellicola
ire uninterpreta un barone squattrinato che però cerca di mantenere le apparenze
riveladi una florida famiglia nobiliare. Nel cast sono presenti anche Peppino De
stesso,Filippo e Delia Scala.
a uno
nta, di 13 Cavallo di battaglia È l’argomento o la situazione in cui ci si
ccesso sente forti, vincenti. Il cavallo di battaglia è il pezzo forte di qualcuno,
a solequello in cui è possibile esprimere il meglio di ciò che si sa fare o si è. In
chiaraorigine il cavallo di battaglia era quello del re, del signore che conduceva
»; mal’esercito in guerra. Il cavallo del condottiero doveva essere il migliore:
a, nonobbediente, forte e veloce, allevato con le migliori cure e attenzioni, in
modo da poter assicurare la salvezza del re, la cui figura era fondamentale
per guidare l’esercito e condurlo alla vittoria.
24
perpunto una teoria secondo cui il cranio era diviso in 27 parti, ognuna con
, o alparticolari caratteristiche. L’esame della conformazione del cranio avrebbe
mentereso possibile individuare lo stato e le tendenze di una persona. I detrattori
delladi questa teoria ironizzarono, immaginando una visualizzazione delle
chi sisingole capacità in “bernoccoli”, quasi fosse possibile localizzare tali parti
60) di anche attraverso le protuberanze. Una teoria per certi versi analoga a quella
llicoladi Gall fu formulata da Cesare Lombroso, che attraverso la fisiognomica –
arenze ovvero lo studio della conformazione del viso – pretendeva di individuare
no Dele inclinazioni criminali delle persone.
i ci si
lcuno,
i è. In
uceva
gliore:
oni, in
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na che
lutore.
“fa” e
onico,
mento
dire è
igaro, 16 Mangiare la foglia Questa espressione significa capire al volo
1868),qualcosa, intuire rapidamente un sotterfugio o comunque che le cose non
sono come paiono. Sembra che l’origine del detto risalga al mondo degli
animali: secondo alcuni infatti nasce dal confronto tra le bestie adulte, che
mangiano foglie ed erba, e i piccoli che invece si nutrono di latte. Gli adulti
alcosa,
sono coloro che hanno più esperienza, e che quindi sanno capire e
ità in
distinguere la realtà dalla finzione. Inoltre gli animali sanno capire a istinto
ercata
quali sono le foglie commestibili e quali no. Secondo altri, infine, il modo
1758-
di dire deriverebbe dall’abitudine dei pastori di un tempo di “assaggiare” le
mise a
erbe che il gregge stava per consumare al pascolo.
25
na con 17 Testa d’uovo Nell’originale inglese egghead. È una definizione
vrebbe dispregiativa, che serve a indicare ironicamente gli intellettuali, in
rattoriparticolare quelli un po’ troppo rapiti dai loro pensieri, distratti. La
delledefinizione fu coniata da Richard Nixon nel 1952, allora candidato
i partirepubblicano alla presidenza, per definire sprezzantemente Adlai Ewing
quella Stevenson II (1900-1965), politico statunitense democratico di grande
mica – spessore e di notevole preparazione culturale, la cui testa quasi calva fu
iduare oggetto di scherno (si dice infatti che una fronte ampia sia segno di persone
particolarmente intelligenti). Stevenson fu un governatore indubbiamente
illuminato in Illinois, dove riformò la polizia di Stato e combatté il gioco
d’azzardo. Si dichiarò anche contrario agli esperimenti nucleari durante la
Guerra fredda, cosa che gli causò una delle due sconfitte – contro
Eisenhower – nella corsa alla Casa Bianca.
26
izionepunto debole di Achille, il grande e valoroso eroe omerico quasi
li, inimpossibile da battere, dal momento che la madre Teti lo aveva immerso
ti. La appena nato nelle acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile. Ma nel
didato farlo lo aveva tenuto per un tallone, l’unica parte del corpo che non era
Ewingentrata a contatto con le acque, e pertanto punto debole dell’eroe. Secondo
grandela versione che Virgilio scrive nella sua Eneide, Paride durante la guerra di
lva fu Troia venne a conoscenza di questo particolare e ne approfittò centrando
ersonecon una freccia il tallone di Achille, riuscendo così a ucciderlo.
mente
gioco 20 Essere un vaso di coccio tra vasi di ferro Si dice di chi è in
ante laposizione di debolezza, chi non ha le caratteristiche di forza e
controautorevolezza, oppure le conoscenze necessarie, le sostanze, insomma tutto
ciò che è necessario per essere al sicuro in un mondo difficile, in cui è
evidentemente più esposto alla rottura, al pericolo. La frase è di Alessandro
Manzoni (1785-1873), che nei Promessi Sposi (1827, 1840/1842) descrive
in questo modo il personaggio di Don Abbondio: «Il nostro Abbondio, non
nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima
quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come
un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di
ferro».
meglio
battuto
ce, la
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n. 13):
one il
27
punto debole di Achille, il grande e valoroso eroe omerico quasi
impossibile da battere, dal momento che la madre Teti lo aveva immerso
appena nato nelle acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile. Ma nel
farlo lo aveva tenuto per un tallone, l’unica parte del corpo che non era
entrata a contatto con le acque, e pertanto punto debole dell’eroe. Secondo
la versione che Virgilio scrive nella sua Eneide, Paride durante la guerra di
Troia venne a conoscenza di questo particolare e ne approfittò centrando
con una freccia il tallone di Achille, riuscendo così a ucciderlo.
28
POLITICA
29
D’Alema reagisci, rispondi, di’ qualcosa! Reagisci!… E dai!… Dai,
rispondi! D’Alema di’ qualcosa, reagisci…dai!… Di’ qualcosa, D’Alema
rispondi. Non ti far mettere in mezzo sulla giustizia proprio da Berlusconi!
D’Alema, di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di
civiltà, D’Alema di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci!».
nza e
e, di
come
roprio
orabile
siste a 24 Franco tiratore In politica è chi, approfittando del voto segreto,
incitanon vota in linea con il proprio partito, pur senza dichiararlo. La locuzione
senza viene dal francese franc-tireur, che significa “libero cacciatore”, forse
ortura,derivato a sua volta dal tedesco Freikorps, il nome dei corpi composti dai
presto.cecchini della Prima guerra mondiale. E da questi al cecchino figurato delle
30
Dai,aule parlamentari, il passo è breve.
Alema
sconi!
25 La maggioranza silenziosa Con questa locuzione si intende
tra, di
quell’ampia fascia di popolazione che non esprime in modo esplicito le
proprie opinioni politiche, non partecipa né organizza manifestazioni, non è
tesserata, non sottoscrive e nemmeno gradisce posizioni estreme. La
mododefinizione deriva dall’originale inglese silent majority, espressione usata
azionedal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon (1913-1994) in un discorso
esso edel 3 novembre 1969, in cui si riferiva a tutte quelle persone che non si
ianze.erano unite ai dimostranti contro la guerra del Vietnam. La frase completa
urono era: «And so tonight – to you, the great silent majority of my fellow
validoAmericans – I ask for your support» (“così questa notte chiedo a voi, la
uito la grande maggioranza silenziosa dei cari americani, sostegno”).
i anni
itense
26 Convergenze parallele La frase rappresenta un ossimoro,
essere
ovvero una figura retorica che consiste nell’accostare due concetti opposti
stato
tra loro: le linee parallele infatti non possono convergere. L’immagine delle
cutori
convergenze parallele è un paradosso che vuole sollecitare la possibilità di
un avvicinamento tra due entità apparentemente inconciliabili. Secondo
alcune fonti l’espressione venne coniata da Aldo Moro negli anni Settanta,
per cercare di introdurre il famoso “compromesso storico”, ovvero
l’avvicinamento della Democrazia cristiana e del Partito comunista italiano.
In realtà in diversi hanno smentito la paternità di Moro rispetto a questa
locuzione, e la fanno invece risalire a un discorso di Amintore Fanfani del
1960, quando il politico inaugurò il suo terzo mandato governativo
(interamente democristiano, ma sostenuto anche da liberali e repubblicani,
che avrebbero dato il proprio contributo senza “incontrarsi”). A ogni modo
la definizione rimane il simbolo di un certo tipo di politica del
compromesso.
31
confronti del comunismo (anche a rischio di scatenare una guerra), e chi
invece preferiva scegliere la via della mediazione e del dialogo (i pacifisti).
Ovviamente i falchi stavano a indicare i primi; mentre le colombe, animali
ntende
da sempre simbolo di pace, i secondi.
cito le
non è
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usata
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moro,
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32
confronti del comunismo (anche a rischio di scatenare una guerra), e chi
invece preferiva scegliere la via della mediazione e del dialogo (i pacifisti).
Ovviamente i falchi stavano a indicare i primi; mentre le colombe, animali
da sempre simbolo di pace, i secondi.
33
FORTUNA
28 In bocca al lupo
Celeberrima formula benaugurale a
cui si è soliti rispondere «Crepi!»
(sottinteso il lupo). In realtà la
risposta che si è sedimentata nel
tempo rivela una mancata
comprensione del significato
dell’augurio: infatti il lupo, animale
simbolo della peggiore ferocia,
trasporta i suoi cuccioli afferrandoli
con la bocca. Dunque proprio quelle fauci che tanto sono temute possono
diventare il luogo più sicuro, quello in cui augurarsi e augurare di trovarsi.
In effetti la frase completa, in origine, era “andare o mettere in bocca al
lupo”. Alcune fonti fanno risalire l’augurio ai cacciatori, e alla loro
abitudine di invocare l’uno all’altro buona caccia in questo modo, perché il
lupo era il primo avversario del predatore nella ricerca della selvaggina.
Altri ancora sostengono invece che si tratti di una proposizione antifrastica,
una figura retorica in cui si intende esattamente l’opposto di ciò che si
sostiene.
34
Frankenstein Jr, realizzato nel 1974 da Mel
Brooks. Nella pellicola, il dottor
Frankenstein e il suo aiutante Igor si trovano
nella difficile condizione di scavare per
disseppellire un cadavere pesantissimo, la
notte, in un cimitero: alle lamentele del
dottore («Che lavoro schifoso!») Igor
risponde allegramente proprio con questa
frase.
35
distinguendoli da quelli negativi, che erano contraddistinti da una pietra
nera.
36
pietra sinonimo di “legge della sfortuna”, e si usa
per ironizzare su una situazione che sta
andando storta in modo quasi prevedibile.
Le leggi di Murphy sono state codificate nei
libri scritti a partire dal 1988 da Arthur
Bloch (1948-), scrittore e umorista
statunitense che ha preso spunto dall’antico
adagio americano «se qualcosa può andare
storto, lo farà» per stilare nei suoi libri una
serie di principi, formulati ironicamente con
il linguaggio tecnico degli scienziati. In
realtà la teorizzazione della prima legge
risale a tale Edward Murphy, un ingegnere
ock on
aerospaziale americano che la pronunciò in
santo
occasione del fallimento di un esperimento
occolo
cui aveva partecipato.
rese e
luogo
ato un 37 Nascere con la camicia Si dice di
persone particolarmente fortunate, a cui la vita ha
dato tutto fin dalla nascita. Il modo di dire risale al
Medioevo: quando i bambini nascevano con
nglese
addosso parte del sacco amniotico, erano
peare,
considerati particolarmente fortunati. Anche Paolo
1894),
Minucci, nelle Note al Malmantile riacquistato, ne
ra dei
scrive: «Dicono le levatrici che talvolta nascono
ilitare
bambini con una certa spoglia sopr’alla pelle, la
quale spoglia non si leva loro subito nati, ma si
lascia e casca poi da sé in processo di giorni; e tal
latino,creatura da esse si dice “nata vestita”, ed è preso
h’essoper augurio di felicità di tale creatura».
vuole,
0-271
stata
senso
37
sinonimo di “legge della sfortuna”, e si usa
per ironizzare su una situazione che sta
andando storta in modo quasi prevedibile.
Le leggi di Murphy sono state codificate nei
libri scritti a partire dal 1988 da Arthur
Bloch (1948-), scrittore e umorista
statunitense che ha preso spunto dall’antico
adagio americano «se qualcosa può andare
storto, lo farà» per stilare nei suoi libri una
serie di principi, formulati ironicamente con
il linguaggio tecnico degli scienziati. In
realtà la teorizzazione della prima legge
risale a tale Edward Murphy, un ingegnere
aerospaziale americano che la pronunciò in
occasione del fallimento di un esperimento
cui aveva partecipato.
38
PENTIMENTO
38 Lacrime di coccodrillo
Con questa curiosa locuzione si
intende un pentimento postumo
quanto inutile: proprio come un
coccodrillo che dopo il pasto piange,
pentendosi di aver ingerito il cibo,
così chi lamenta di aver fatto una
sciocchezza senza poter tornare indietro è condannato all’inutilità del suo
pentimento. L’origine è incerta: potrebbe infatti derivare dalla fraintesa
attitudine degli occhi dei coccodrilli a lacrimare (anche se non
necessariamente dopo aver divorato la preda). La lacrimazione è utile a
questi animali per ripulire l’occhio ed è fisiologica: il fatto che aumenti
necessariamente quando il coccodrillo rimane più a lungo fuori dall’acqua
(e questo spesso coincide con il momento dell’aggressione a una preda) può
aver originato il fraintendimento.
39
40 Andare (o venire) a Canossa Si dice di chi alla fine è costretto
a ritornare sui suoi passi e ammettere il proprio errore, o comunque a
umiliarsi per ottenere qualcosa scendendo a patti con ciò che prima si
rifiutava di accettare. L’origine della frase risale a un fatto realmente
accaduto. Nel 1076, nell’ambito della lotta per le investiture, che vedeva
contrapposto il potere del papato a quello dell’imperatore, papa Gregorio
VII scomunicò l’imperatore tedesco Enrico IV: in questo modo i sudditi
non erano più obbligati all’obbedienza nei confronti del sovrano. Per paura
di perdere il suo impero, Enrico IV venne in Italia per riconciliarsi con il
papa, che si trovava dalla contessa Matilde di Canossa. Ma l’imperatore
dovette aspettare fuori dal castello tre giorni e tre notti, sotto la neve e
vestito del solo saio (era il gennaio del 1077) prima che il papa gli
concedesse il perdono.
el suo
intesa
non
utile a
umenti
acqua
a) può
vuole
ultime
orsa, i
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40 Andare (o venire) a Canossa Si dice di chi alla fine è costretto
a ritornare sui suoi passi e ammettere il proprio errore, o comunque a
umiliarsi per ottenere qualcosa scendendo a patti con ciò che prima si
rifiutava di accettare. L’origine della frase risale a un fatto realmente
accaduto. Nel 1076, nell’ambito della lotta per le investiture, che vedeva
contrapposto il potere del papato a quello dell’imperatore, papa Gregorio
VII scomunicò l’imperatore tedesco Enrico IV: in questo modo i sudditi
non erano più obbligati all’obbedienza nei confronti del sovrano. Per paura
di perdere il suo impero, Enrico IV venne in Italia per riconciliarsi con il
papa, che si trovava dalla contessa Matilde di Canossa. Ma l’imperatore
dovette aspettare fuori dal castello tre giorni e tre notti, sotto la neve e
vestito del solo saio (era il gennaio del 1077) prima che il papa gli
concedesse il perdono.
41
DECISIONI
42
ad avere alternative. Il significato è affine a quello del proverbio «o mangi
‘sta minestra o salti ‘sta finestra»: con però la qualità di un motto di rara
efficacia e straordinario impatto, come nella migliore tradizione
pubblicitaria.
43
mangi 45 Fumata bianca e fumata nera
di raraPer fumata bianca si intende solitamente una
izione decisione positiva, oppure l’approvazione di
una proposta. Fumata nera, ovviamente,
rappresenta il contrario della precedente. La
sa perterminologia appartiene al mondo cattolico,
mentoe si riferisce in particolare all’elezione del
la suapapa. Quando i cardinali si riuniscono in
chi “laconclave per eleggere il nuovo pontefice, le
birra,sedute sono assolutamente segrete e la porta
i delladella sala in cui si riuniscono non viene
bbene aperta, secondo il cerimoniale, fino a
tinguequando non sia avvenuta l’elezione. Per
gergo comunicare con l’esterno allora è stato messo a punto un metodo arcaico
cante: ma efficace: il fumo. Le schede impiegate per esprimere il voto vengono
bruciate in una stufa sistemata nella sala, utilizzata per la prima volta
durante il conclave del 1939, il cui fumo si vede uscire dal tetto del
Vaticano: è nero nel caso in cui la votazione non abbia messo d’accordo i
cardinali, è bianco se invece il nuovo papa è stato designato. Per ottenere la
fumata bianca viene aggiunta della paglia umida che schiarisce l’emissione.
Per migliorare la visibilità della fumata è stata recentemente aggiunta
un’apparecchiatura ausiliaria dotata di fumogeni.
44
la qualità della frutta selezionata per essere
commercializzata sotto il marchio Del Monte. La sua
severità è a garanzia del consumatore: al suo laconico
cenno, i produttori festeggiano e cominciano a lavorare
le commesse, perché «l’uomo Del Monte ha detto sì».
L’incontentabile è stato soddisfatto.
est» e
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45
izione
bile, e
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eriore,
46
47
TRADIMENTI
48
che precede il termine. Lo spiega bene Paolo Minucci nelle Note al
Malmantile riacquistato (1688): «Da più si dice Rimanere in asso; e ciò
segue per corruzione nella pronunzia, che tanto suona Rimanere in asso,
che Rimanere in Nasso, come si dovrebbe dire». Nasso è l’isola in cui
Teseo, eroe della mitologia greca, abbandona Arianna che lo aveva aiutato
a sconfiggere il Minotauro con il suo filo. Secondo alcune versioni del
«Parismito, il motivo per cui Teseo abbandonò tanto improvvisamente e
ualcheinspiegabilmente l’amata fu perché venne minacciato dal dio Dioniso, che
senzavoleva la donna per sé.
o III di
cusava 53 Essere un voltagabbana Si dice di chi si comporta in modo
o per opportunista, e cambia la propria posizione a seconda di come più gli fa
93. In comodo, del vantaggio del momento. La gabbana era un giaccone pesante,
itto di che serviva ai soldati per proteggersi da freddo e pioggia. Durante le guerre
quantogli schieramenti portavano casacche differenti, di colore diverso: quando si
ertà disfoderava (voltava) la giacca, il messaggio che si mandava al nemico era
quello di voler passare dalla sua parte. Lo stesso significato ha anche
“cambiare casacca”, ora caduto un po’ in disuso.
», che
quanto 54 Allevare una serpe in seno Narra la leggenda che un uomo,
Giulio trovata una serpe semicongelata, se la mettesse al caldo in petto: ma questa,
o delleuna volta riscaldatasi, si rigirò contro di lui mordendolo. Da qui il detto, che
Giuniosi usa per le persone che abbiamo cresciuto o curato con dedizione e che in
iglio”,cambio ci attaccano facendoci del male e tradendo il nostro amore.
altà la
amoso
dicare,
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49
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uomo,
questa,
o, che
che in
50
SPERANZA
51
coraggio nell’affrontare i problemi, e nel lasciarsi alle spalle le esperienze
negative. È una sorta di mantra della fiducia nel futuro, perché sia migliore
del passato. È la frase conclusiva del film Via col vento, del 1939, tratto dal
romanzo di Margaret Mitchell: tra le lacrime, la capricciosa Rossella
O’Hara – la protagonista che ha appena perso per orgoglio e narcisismo
l’affascinante marito Rhett – pronuncia questa frase, ribadendo così la forza
tipica delle donne del Sud degli Stati Uniti, forti e indomite.
52
rienzelibri con la lista dei creditori e dei corrispondenti crediti: quando sapevano
glioreche non sarebbero riusciti più a recuperare il proprio danaro, facevano una
tto dalcroce accanto all’indicazione del dovuto, in segno di definitivo abbandono
osselladelle speranze.
sismo
a forza
61 Lasciate ogni speranza voi che
entrate Si usa scherzosamente per sottolineare
l’accesso a una situazione di difficile gestione,
si usa oppure quando si sta per affrontare una persona
ortata,particolarmente scontrosa o irragionevole. La frase
ale o è contenuta nella Divina Commedia di Dante
per la Alighieri (1265-1321), dove al canto III
anti aldell’Inferno si legge la frase «Lasciate ogne
ili. Lasperanza, voi ch’intrate» sulla porta d’ingresso alla
mente città dolente, la terra dei dannati.
ancora
questo
62 Dopo di noi il diluvio! Si usa con
e viva
doppia accezione: per intendere che stanno per avvicinarsi tempi brutti, per
rità di
cui succederà una catastrofe dopo la morte di chi parla; oppure perché tale
catastrofe è auspicata, come una sorta di “vendetta postuma” di chi si sente
ingiustamente valutato. La frase «Après nous le déluge!» è attribuita alla
entaremarchesa di Pompadour (1721-1764), celebre amante del re di Francia
sta perLuigi XV, a cui rivolse appunto queste parole per consolarlo, avendo questi
e del intuito quelle tensioni in atto in Francia che sarebbero poi sfociate nella
harles-Rivoluzione del 1789.
nobile,
uando
condo
stione
nte da
modo
so. La
re dei
53
evano
no una
ndono
ti, per
hé tale
sente
ta alla
rancia
questi
nella
54
55
GUERRA E PACE
56
storia, ovvero quello di fomentare le divisioni tra popoli e/o persone per
evitare che si coalizzino contro il potere costituito. Difficile attribuire con
certezza la paternità del motto, che secondo alcuni risale a Filippo il
Macedone, secondo altri a vari imperatori romani (ipotesi questa più
plausibile, sia perché il detto ci è arrivato in latino, sia perché questa era
esattamente la politica che l’Impero romano perseguiva nei territori
vertirecolonizzati). Altro esempio illustre è quello della Francia di Luigi XI, che
a” perappunto usava come motto la traduzione francese del detto latino «diviser
ronde,pour régner», e che mise in contrasto tra loro i feudatari di Francia per
mentomeglio controllarli.
te del
o agli 66 Francamente me ne infischio Nell’originale americano,
no, il «Frankly, my dear, I don’t give a damn». La celeberrima espressione è
Parigi,tendenzialmente usata a suggellare discussioni e amari litigi o, più
si cheraramente, a ridicolizzare situazioni di contrasto. Altro possibile utilizzo è
con ledato dall’inserirla come chiosa, per sottolineare la mancanza di importanza
izzata di tutto l’argomento. È pronunciata dal protagonista maschile di Via col
ario alvento, pellicola del 1939 tratta dal best seller di Margaret Mitchell del 1936,
poveravincitore del Premio Pulitzer nel 1937. La battuta è stata eletta come la più
famosa della storia del cinema, ed è citata in almeno un paio di film.
Nell’originale, il termine inglese damn (che significa “dannazione”) era
inearestato considerato blasfemo: il produttore riuscì a dimostrare che la parola
non laera volgare, ma non blasfema, ottenendo così di dover pagare una semplice
rigine multa, ma senza modificare le battute del copione.
allele,
to dei 67 La madre di tutte le battaglie Da questa espressione originale è
parve,nata poi l’abitudine di definire “la madre di” un appuntamento, un
, e mi momento particolare, una situazione di qualunque genere si tratti. La frase
o nella intera è «La madre di tutte le battaglie è cominciata» ed è stata pronunciata
che lodal dittatore iracheno Saddam Hussein (1937-2006) il 17 gennaio 1991 alla
venne radio nazionale di Baghdad, all’alba del giorno che ha visto cominciare la
da del guerra tra Iraq e Stati Uniti, da questi ultimi ribattezzata Desert storm
“tempesta nel deserto”, e nota anche come Guerra del golfo. In seguito
all’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq il 2 agosto del 1990, la
assimacoalizione capeggiata dagli Stati Uniti stabilì il 15 gennaio 1991 come
nella deadline, entro la quale gli iracheni avrebbero dovuto ritirare le truppe dal
57
ne perpaese invaso. Scaduto l’ultimatum, il rais iracheno salutò il proprio popolo
re con incitandolo ad affrontare «la madre di tutte le battaglie» che si sarebbe
ppo ilscatenata di lì a poco.
a più
ta era
68 Mi è semblato di vedele un gatto Utilizzata in contesti
rritori
familiari e informali per alludere in modo amichevole a un tentativo di
I, che
aggressione malcelato, inteso sia in senso verbale che fisico. Nella versione
diviser
originale «I taut I taw a puddy tat» è la frase più celebre del canarino Titti
ia per
(Tweety), cartone animato della Warner Bros e antagonista di Gatto
Silvestro. L’irritante pennuto dalle fattezze infantili (una grossa testa e un
corpo minuscolo) vive nella sua gabbietta perennemente insidiato dagli
icano,artigli del gatto con la lisca. A ogni fantasiosissimo, quanto vano, tentativo
one èdi agguato, il canarino esordisce con la suddetta frase. Celebre doppiatrice
o, piùitaliana del canarino è Loretta Goggi.
izzo è
rtanza
ia col
1936,
la più
film.
”) era
parola
mplice
nale è
o, un
a frase 69 Ostracizzare Significa allontanare dalla vita pubblica, escludere
nciatauna persona dalla società. Il termine ha origini antiche e nobili: la pratica
91 alla infatti risale addirittura all’antica Grecia, dove rappresentava una
iare laistituzione della democrazia ateniese. L’ostracismo era infatti l’esilio, lungo
storm ma temporaneo, che veniva inflitto a chi era sospettato di costituire un
eguitopericolo per la comunità. Aristotele fa risalire la pratica dell’ostracismo a
90, la Clistene nel 510 a.C., mentre altri sono propensi a posticipare questa
comeistituzione di almeno vent’anni, al tempo della prima applicazione nota. La
pe dalparola deriva dal termine greco ostrakon, che significa “coccio di
58
popoloterracotta”. Era infatti su tali pezzetti di scarto che venivano recuperati per
arebbele votazioni – all’epoca non esisteva la carta come la conosciamo noi – che
venivano segnate le votazioni in merito a un eventuale ostracismo.
ludere
pratica
una
lungo
ire un
smo a
questa
ta. La
cio di
59
ati per
– che
molto
alcuno
n tono
azioni
51 e il
venne
Tullio
tonio,
venne
, a cui 72 Cicero pro domo sua In latino significa “Cicerone per la
sa delpropria casa”. È la locuzione che si usa per indicare chi difende con molta
ate dalpartecipazione una causa, sottintendendo che lo fa perché ne è direttamente
iso dacoinvolto, perché sta parlando per interesse personale. La frase deriva da
un’orazione di Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.), De domo sua appunto,
del 57 a.C., in cui questi chiedeva al collegio dei pontefici che gli fosse
restituito il terreno (ora consacrato dai suoi avversari a una divinità) su cui
erca diun tempo sorgeva la sua casa, che aveva ritrovato distrutta dopo essere
regoletornato dall’esilio.
ox in
otto la
roppo 73 Colpo di grazia È il colpo conclusivo, inferto dopo un lungo
con la combattimento per finire l’avversario. L’origine di questo modo di dire è
molto antica: un tempo durante i combattimenti i soldati venivano straziati
dalle ferite riportate nei sanguinosissimi scontri, che avvenivano con le
truculente armi del passato. Allora dare il colpo finale, aiutando il ferito a
morire rapidamente senza patire troppe sofferenze, era considerato
caritatevole. Ed ecco perché il colpo finale era considerato una grazia:
perché a chi lo riceveva veniva risparmiata la sofferenza di una morte lenta
e dolorosa.
60
che i nativi americani fumavano con gli avversari per sancire la pace
durante una solenne cerimonia. Secondo la tradizione, il cannello
simboleggia l’uomo, mentre il braciere la madre terra. Esistono ovviamente
vari tipi di calumet, a seconda delle tribù che lo utilizzavano: se il legno del
cannello è abitualmente di frassino, il braciere poteva essere realizzato con
pietre di vario colore, dall’alabastro al quarzo, oppure con una speciale
terracotta. Anche le piante scelte per essere fumate erano differenti, a
seconda delle credenze delle diverse tribù che sceglievano di bruciare
quelle da loro considerate sacre.
gnifica 76 A piede libero La locuzione si usa per gli indagati che hanno una
ccesso denuncia contro di loro formulata non da un cittadino ma dall’autorità, e
a pipa quando nei confronti dell’indagato il giudice non ha ritenuto di dover
61
pace attuare nessun provvedimento restrittivo, fermo restando l’eventualità di
nnello ulteriori indagini. Insomma sostanzialmente quando qualcuno è indagato
mente ma non è arrestato. La locuzione affonda le radici nel Medioevo, quando le
no del persone condannate (spesso anche solo sospettate) venivano messe ai ceppi,
to conovvero legate mani e piedi.
eciale
enti, a
77 Rendere pan per focaccia È un modo di dire che serve per
uciare
illustrare una situazione in cui venga resa la pariglia – magari maggiorata –
di un torto subito. È una vendetta in cui a un’offesa si risponde con un’altra
offesa. In realtà si tratta di uno slittamento linguistico di un atteggiamento
che in origine era positivo: il modo di dire risale infatti al tempo in cui la
gente si prestava la farina per fare il pane, ovviamente in casa: se la vicina
aveva già cotto le focacce, ne dava volentieri alla massaia accanto, che poi
ricambiava magari il giorno seguente con del pane. Insomma da
un’originaria gentilezza (contraccambiare le “piccole” focacce con una
“grande” forma di pane), il linguaggio ha forzato la locuzione verso un
significato negativo, e cioè quello di restituire un torto o un’offesa con gli
interessi. Il modo di dire viene usato per la prima volta in letteratura nel
Decameron di Boccaccio, dove nell’ottava giornata si legge in un dialogo
tra due personaggi: «Madonna, voi m’ avete renduto pan per focaccia».
no una
79 Sotto l’egida “Essere sotto l’egida di qualcuno” significa essere
rità, e
sotto la protezione di una persona potente. Non per nulla l’egida era lo
dover
62
lità di scudo di Atena, forgiato da Efesto, con riprodotta
dagatoal centro la testa della Gorgone. La parola egida
ndo lederiva da aigos, “pelle di capra”, materiale con cui
ceppi,era ricoperto lo scudo.
80 Voi
ve personerete le
orata –vostre trombe e
n’altranoi soneremo le
mentonostre campane
cui laLa locuzione si usa
vicina quando si vuole
he poirispondere a tono a
ma dauna minaccia, o
n unadichiarare la propria
so unvolontà al
on glicombattimento, a
ra nelresistere, a non
ialogolasciarsi intimorire.
L’origine della fiera
dichiarazione è
storica: fu pronunciata dal fiorentino Pier Capponi (1447-1496), uno dei
ascia
quattro incaricati a trattare con il re Carlo VIII che era sceso in Italia nel
dopo
1494 con un imponente esercito. Firenze fu l’unica città che si oppose al
re che
passaggio incondizionato del re francese, perché, narra Francesco
ararsi,
Guicciardini, quando Carlo VIII presentò ai quattro ambasciatori (tra cui
zione,
Pier Capponi) la lista delle richieste e dei tributi che i francesi volevano
estern
imporre alla città per non essere saccheggiata, Pier Capponi reagì
cani di
stracciando il cartiglio e dichiarando l’indisponibilità di Firenze ad
k, che
accettare tali vessazioni, affermando appunto che «voi sonerete le vostre
a loro
trombe e noi soneremo le nostre campane». La reazione orgogliosa di
uando
Capponi colpì a tal punto il re che rinunciò ai tributi e fece di Firenze una
delle sue grandi alleate.
essere
81 Una jacquerie Con questo termine si indica un moto
era lo
rivoluzionario spontaneo e non organizzato, una rivolta tanto più violenta
63
quanto più occasionale, di carattere episodico. Il termine deriva dai moti
francesi insurrezionali, particolarmente sanguinosi, che si susseguirono in
Francia dalla primavera del 1358, quando il Paese (devastato dalla Guerra
dei cent’anni ed economicamente in ginocchio) si ribellò al regime
prepotente dei nobili. I contadini della zona di Beauvais, a nord di Parigi,
furono i primi a sollevarsi contro la classe nobiliare, devastando castelli e
aggredendo le persone. La rivolta fu soffocata nel sangue dalle truppe di
Carlo di Navarra. A sua volta, il termine deriva da un modo di definire i
contadini in uso tra i nobili francesi: “Jacques Bonhomme”, che suona un
po’ come il nostro “Mario Rossi”, anche se con maggiore intento di
scherno. Jacques deriva dal termine jacque, la tipica casacca che
indossavano i villani, a cui venne aggiunta la parola Bonhomme
buonuomo.
64
i moti esistono. Il modo di dire è di evidente origine francese, e si è diffuso
ono indurante il XVIII secolo.
Guerra
egime
84 Arrivano i nostri Questo modo di
Parigi,
dire si usa in tono scherzoso per sottolineare
telli e
l’intervento provvidenziale, fisico o verbale,
ppe di
di qualcuno che interrompe una situazione
inire i
sgradevole o difficile, sostenendo le ragioni
ona un
di chi è in minoranza. L a locuzione è
nto di
mutuata dalla cinematografia statunitense,
a che
nello specifico dal genere western anni
omme,
Settanta: i bianchi sono attaccati dai
pellerossa e stanno per soccombere, quando
arriva la carica dell’esercito o del resto del
gruppo dei “buoni” (almeno nell’ingenuo e
politically uncorrect immaginario di alcune
decine di anni fa) che con straordinario
tempismo, coraggio e indomita forza
riescono a salvare gli assediati. Quando
questi li vedono arrivare, esultano gridando
appunto «arrivano i nostri!».
65
iffuso all’immagine del cavaliere che se perde le staffe del cavallo, ovvero la parte
della sella in cui si infilano i piedi, capitombola giù.
mpleta 88 Si vis pacem para bellum “Se vuoi la pace, prepara la guerra”.
», che Questa la traduzione del motto latino ricavato dalla frase «Igitur qui
Sonodesiderat pacem, praeparet bellum», letteralmente “chi aspira alla pace,
ceroneprepari la guerra”. La locuzione è tratta dal III libro dell’Epitoma rei
permilitaris di Publio Flavio Vegezio Renato, scrittore latino vissuto tra la fine
dannidel IV e la prima metà del V secolo d.C. I quattro libri che lo compongono
ennerotrattano della cultura militare romana, che lo scrittore cerca di recuperare
opo laper farla rivivere. Sostanzialmente l’autore si proponeva di rinverdire le
o fecegrandi gesta dell’esercito romano, non più combattivo come un tempo. Tra
i consigli che vengono elargiti, questo, che anche oggi viene usato per
giustificare l’esistenza delle istituzioni militari e l’escalation degli
armamenti.
rsi. In
manda
66
a parte 89 L’ira funesta «Cantami o Diva,
del Pelide Achille l’ira funesta che infiniti
addusse lutti agli Achei» sono i versi iniziali
quella dell’Iliade, il poema scritto da Omero (IX -
gnifica VIII secolo a.C., sempreché non si tratti di
questa un personaggio di fantasia) dedicato alla
costeguerra di Troia, nella traduzione di
asioneVincenzo Monti. Si usa per commentare un
efiniregrande momento di rabbia, un’esplosione di
endosi collera fuori dal comune.
’aereo
piloti 90 Il pomo della discordia Ovvero
l loroil punto per cui si è in disaccordo, ciò che
gnificacausa il dissidio. Il detto trae origine dalla
mikazemitologia. Narra la leggenda infatti che
el Soldurante il matrimonio tra Teti e Peleo si
” per ipresentò Temi, la dea della discordia, adirata
parlatoperché non era stata invitata al banchetto.
nciarsiPer vendicarsi la dea gettò ai presenti un pomo d’oro, con la scritta «alla
ruppo, più bella». Tre divinità si contesero la palma di più avvenente: Venere,
Minerva e Giunone. Per scegliere allora tra le tre, Giove scelse un arbitro
imparziale: Paride, figlio del re di Troia. Le tre dee cercarono di
uerra”.corromperne il voto offrendo regali: Minerva la sapienza, Giunone la
ur qui ricchezza, Venere l’amore. Paride scelse Venere: in questo modo riuscì in
pace,seguito a conquistare la bella Elena, moglie di Menelao di Sparta, che rapì
ma reidando inizio alla guerra di Troia, narrata nell’Iliade. Nella guerra, Venere si
la fineschierò con i Troiani; Minerva e Giunone ovviamente contro.
ngono
perare 91 Ti spiezzo in due Si dice in tono decisamente scherzoso (si
dire lespera) prima di una competizione tra amici, oppure come minaccia, ma
o. Tra sempre ironica. La frase è rimasta nell’immaginario collettivo dopo essere
to per stata pronunciata tra i denti da Ivan Drago, platinato e nerboruto avversario
deglidell’inossidabile boxeur Rocky Balboa, sul ring dell’incontro decisivo,
nella pellicola Rocky IV del 1985. Quando i due si fronteggiano, con i
guantoni infilati, per ascoltare le regole rapidamente riassunte dall’arbitro,
il russo apostrofa minacciosamente
67
in questo modo l’americano, che per
nulla intimorito alla fine, tanto per
cambiare, vince. E con lui vincono
gli Stati Uniti, dal momento che la
pellicola è stata girata prima del
crollo del muro, in pieno governo
Reagan.
92 Un combattimento
all’arma bianca È uno scontro
serrato, con le lame sguainate,
almeno in senso figurato, tra due
persone. L’arma bianca è infatti
l’arma da taglio: come le spade, i
pugnali, e anche le baionette inserite
in cima ai fucili, a cui i soldati ricorrevano una volta finite le munizioni.
Bianco probabilmente deriva dal tedesco blank, che significa “splendente”:
proprio come le armi metalliche che luccicano al sole.
«alla
enere, 93 Modus vivendi Significa, dal latino, “modo di vivere” ed è usata
arbitroper indicare uno stile di vita particolare, oppure come sinonimo di andare
no di d’accordo, o meglio di trovare un accordo per convivere pacificamente. La
one lalocuzione viene usata anche nel diritto internazionale, per indicare un
uscì in accordo di carattere economico provvisorio che disciplina i rapporti
he rapìinternazionali durante delle trattative diplomatiche. Questo modo di dire è
nere si stato utilizzato da Cicerone per la prima volta nel De re publica, nel primo
dei sei libri in cui è diviso il testo, quello dedicato appunto alle tre storiche
forme di governo e alla filosofia politica in generale.
so (si
a, ma 94 Sfida all’OK Corral La frase si usa per indicare una specie di
essereduello tra due litiganti, una situazione difficile in cui ci si trova in forte
ersariocontrasto e il cui esito potrebbe essere fatale. È entrato in uso grazie
cisivo,all’omonimo film western del 1957, ispirato alla leggendaria sparatoria
con iall’OK Corral nel 1881 a Tombstone, in Arizona, e che vide confrontarsi
rbitro,alcuni tra i più noti pistoleri del tempo. L’OK Corral era un ricovero per
68
cavalli.
95 Mezzogiorno di fuoco
L’espressione si usa in tono
scherzoso in vari modi: sia per
indicare un mezzogiorno
particolarmente caldo, sia per
sottolineare un momento difficile.
Mezzogiorno di Fuoco è un film
western del 1952, diretto da Fred
Zinnemann, che ebbe molto successo
anche in Italia: a mezzogiorno,
appunto, si svolgeva il regolamento
di conti a pistolettate.
izioni.
96 Ambasciator non porta
ente”:
pena Ovvero, chi porta le notizie
non è colpevole della pena, della sofferenza che può arrecare: insomma non
deve essere ritenuto responsabile se riferisce informazioni sgradevoli od
usataostili. La frase viene abitualmente usata in modo scherzoso, quando si
andare riferisce una notizia non proprio benaccetta ma che non dipende dalla
te. La volontà di chi la comunica. Da secoli l’ambasciatore è un personaggio
re un delicato, che secondo le più antiche norme della cavalleria e del diritto non
pportipuò essere toccato dai nemici. La sua immunità istituzionale viene presa in
dire èprestito nel linguaggio comune, per salvarsi anche da semplici lamentele.
primo
oriche
97 Oggi è un buon giorno per morire La drammatica frase viene
normalmente utilizzata in senso ironico, quando si sta per affrontare una
prova difficile, anche se non certo la morte. La frase viene pronunciata da
cie diOld Lodge Skins nel film Piccolo grande uomo del 1970, per la regia di
n forte Arthur Penn. La storica pellicola è una delle prime che prova a ribaltare il
graziepunto di vista degli scontri per il possesso del territorio, da quello dei
ratoria “bianchi” a quello dei pellerossa. Narra infatti la storia di Jack Crabb,
ontarsiinterpretato da Dustin Hoffman, che viene allevato dagli indiani e al loro
ro perfianco, dopo mille peripezie, sceglie di schierarsi durante la battaglia di
69
Little Big Horn il 25 giugno del 1876. Prima
del combattimento, il capo indiano
pronuncia questa celebre frase, che peraltro
gli porta fortuna: nonostante la superiorità
bellica degli avversari, i Lakota-Cheyenne
sconfissero il reggimento dell’esercito
statunitense, comandato dal tenente
colonnello George Armstrong Custer.
98
Cortina di
ferro Si usa
questa
espressione
quando si
vuole dire
che qualcuno
si è chiuso in
ma non
una
oli od
condizione di
ndo si
isolamento ostile, oppure che una barriera
dalla
dello stesso genere gli è stata eretta attorno
naggio
da altri per proteggerlo (o comunque
to non
separarlo dall’esterno). Il modo di dire risale
esa in
ai tempi della netta separazione tra
Occidente e Stati comunisti, e venne pronunciata da Winston Churchill,
primo ministro inglese, il 5 marzo del 1946, negli Stati Uniti, durante un
vienelungo discorso. La frase conobbe grande fortuna soprattutto in seguito,
re unadurante gli anni della Guerra fredda tra il blocco sovietico e i paesi alleati.
ata da
gia di
99 Spezzeremo le reni La frase viene usata solitamente in tono
tare il
ironico, quando si vuole sottolineare un intervento difficile ma che alla fine
lo dei
risulterà vittorioso. È un’espressione fascista: lo slogan venne usato da
Crabb,
Benito Mussolini il 18 novembre 1940. Durante l’anniversario delle
al loro
sanzioni economiche stabilite contro la dittatura italiana, il duce tenne un
glia di
discorso pubblico in cui pronunciò la famosa frase: «Dissi che avremmo
70
spezzato le reni al Negus. Ora, con la stessa
certezza assoluta, ripeto assoluta, vi dico che
spezzeremo le reni alla Grecia». Con queste parole
il duce annunciava la fallimentare invasione
italiana della Grecia. L’espressione colorita oggi
viene usata solo in contesti scherzosi, spesso come
parodia dello stesso fascismo.
n tono
102 Homo homini lupus “Ogni uomo è lupo nei confronti degli altri
la fine
uomini”. Il cinico motto latino sta a rappresentare l’egoismo istintivo degli
ato da
esseri umani, capaci di sbranarsi tra loro come bestie. Si usa quando si
delle
vuole commentare un comportamento scorretto ai danni altrui, che non
ne un
tiene conto del prossimo. La locuzione viene usata da Tito Maccio Plauto
emmo
71
(250 a.C.-184 a.C.) nell’Asinaria (La commedia degli asini), commedia in
cui si racconta di Argirippo, venditore di asini, la cui fidanzata è concupita
anche dal padre di lui. Il principio è stato ripreso da Thomas Hobbes (1588-
1679) nel suo volume di filosofia politica il Leviatano, del 1651. Secondo
la visione pessimistica di Hobbes, l’uomo ha una natura profondamente
egoista, e solo il contratto sociale di reciproca non belligeranza rende
possibile la costruzione della società.
103 Ne resterà uno solo Si usa per ironizzare su una situazione tesa,
quando c’è uno scontro acceso tra due persone. La frase è tratta dal film del
1986 Highlander, l’ultimo immortale, che narra appunto le vicende di
Connor MacLeod, uno degli “immortali”, il cui destino è combattere senza
sosta fino a quando, appunto, non sopravviverà che “un solo” immortale.
della
a sua
FBI J.
negli
il suo
zare il
cati: a
carità
leggi
ge del
misura
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Plauto
72
(250 a.C.-184 a.C.) nell’Asinaria (La commedia degli asini), commedia in
cui si racconta di Argirippo, venditore di asini, la cui fidanzata è concupita
anche dal padre di lui. Il principio è stato ripreso da Thomas Hobbes (1588-
1679) nel suo volume di filosofia politica il Leviatano, del 1651. Secondo
la visione pessimistica di Hobbes, l’uomo ha una natura profondamente
egoista, e solo il contratto sociale di reciproca non belligeranza rende
possibile la costruzione della società.
103 Ne resterà uno solo Si usa per ironizzare su una situazione tesa,
quando c’è uno scontro acceso tra due persone. La frase è tratta dal film del
1986 Highlander, l’ultimo immortale, che narra appunto le vicende di
Connor MacLeod, uno degli “immortali”, il cui destino è combattere senza
sosta fino a quando, appunto, non sopravviverà che “un solo” immortale.
73
SOLDI
E POSSEDIMENTI
74
prese da solo il diadema e se lo mise in capo. La corona, realizzata per la
regina longobarda Teodolinda nel VII secolo, reca al suo interno un cerchio
di metallo, che per antica tradizione si ritiene essere uno dei chiodi
utilizzati per la crocifissione del Messia. È per questo nota come Corona
ferrea, ed è oggi conservata nel duomo di Monza.
107 A ufo Significa gratis, senza pagare, con una sfumatura negativa:
o, mageneralmente si utilizza per chi si comporta come un approfittatore, uno che
us. Insfrutta una situazione favorevole a spese altrui. L’etimologia è latina: la
duto alocuzione deriva infatti dall’abbreviazione AUF della frase latina «ad usum
ini delfabricae», ovvero “all’uso della fabbrica”. Con questa sigla erano distinti i
avevaprodotti esenti da dazi, che erano impiegati per opere speciali, come per
tacoloesempio per la costruzione di chiese. Non a caso la frase è ampiamente
llo. Indiffusa a Milano, dove i materiali per la costruzione del duomo arrivavano
i per via Naviglio in barche contrassegnate dalla sigla AUF. Simile, anche se
acolo.leggermente differente, l’etimologia fiorentina, secondo la quale l’origine è
«Ad usum Florentinae Operae», cioè “all’uso dell’opera fiorentina”: quella
istituita per la costruzione del duomo. Quindi, comunque, sostanzialmente
con lo stesso significato.
asa lo
su cui
anche 108 Tesoretto Il tesoretto è un termine che viene oramai abitualmente
resco, usato per indicare un piccolo gruzzolo, una manciata di risparmi, quelli che
un tempo si usava mettere sotto il materasso. Il tesoretto rappresenta il
risparmio dei poveri, la sudata fatica dell’accantonamento. Si usa in senso
sarcastico dopo che il termine è salito agli onori della cronaca nel 2007,
quando l’allora ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa
Schioppa, parlò di “tesoretto” appunto per indicare un extragettito fiscale,
che apparentemente aveva creato un piccolo fondo economico. Derivato
dalle entrate superiori al previsto, il tesoretto era sostanzialmente il
gruzzolo dell’Italia, una risorsa inaspettata.
75
per lalibro della Genesi, quando vengono narrate le vicende di Giuseppe, figlio
erchioprediletto di Giacobbe che viene venduto come schiavo agli egiziani, e poi
chiodidiviene consigliere del faraone. La sua capacità di interpretare i sogni è
Coronapreziosa, e Giuseppe riesce a capire il senso nascosto di un paio di sogni
che assillano il faraone. Uno di questi è appunto il sogno delle vacche
grasse e delle vacche magre: in esso il faraone sogna di trovarsi in riva al
Nilo e di vedere sette vacche grasse che pascolano tranquille, a cui se ne
gativa:
aggiungono altre sette però macilente e in cattivo stato. Giuseppe interpreta
no che
il sogno come sette anni di prosperità, a cui sarebbero seguiti sette anni di
na: la
carestia. L’espressione viene utilizzata anche in economia: indica
usum
l’alternarsi tipico di fasi di sviluppo e di recessione.
stinti i
me per
mente
avano
che se
gine è
quella
mente
mente
lli che
enta il
senso 110 Essere in bolletta Significa essere squattrinati, senza il becco di
2007,un soldo. La locuzione deriva dalla lista dei debitori, che in passato veniva
Padoa marchiata per essere autenticata con una “bolla”, ovvero con un timbro di
iscale,ceralacca abitualmente rotondo. Tale lista, in cui finivano le persone senza
rivatosoldi che dovevano qualcosa a qualcuno, era per questo motivo chiamata
nte il“bolletta”, o “bollettino dei falliti”.
76
figlio con il dovere di rendere omaggio e obbedire
e poia Dio). Nello specifico, l’episodio narrato
ogni ènei vangeli racconta di come, interrogato dai
sogni farisei sul pagamento del tributo a Cesare –
vacchetassa versata da tutte le popolazioni
riva alconquistate e integrate nell’Impero romano
se ne – Gesù colse la malizia della domanda, che
rpretatendeva a coglierlo in fallo rispetto alla
nni dilegge del tempo. Prendendo in mano una
indica moneta e indicando il profilo di Cesare
rappresentato sul sesterzio, disse: «Di chi è quest’immagine?». Alla
risposta di un fariseo: «Di Cesare», Gesù replicò infine: «Allora rendete a
Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio».
112 Ma chi sono io, Babbo Natale? Lo dice chi si ribella a essere
trattato come “quello da fare fesso”, quello da cui si pretende tutto ciò che
si vuole senza pagare, in regalo. Era il pay off dei biscotti, e poi in generale
dei prodotti, della Bistefani negli anni Ottanta. Detto dal personaggio che
rappresentava il titolare dell’azienda, che si lamentava dell’eccessiva bontà
dei prodotti, impagabile.
cco di
veniva
bro di
senza
amata
della
legge
dello
to per
bedire
77
Alla
dete a
essere
iò che
nerale
io che
bontà
78
gli tolsero le vesti, gli gettarono addosso un mantello rosso e intrecciarono
sulla sua testa una corona di spine, mettendogli una canna nella mano
destra. La povertà di Cristo, soprattutto in questa situazione, rappresenta
quindi quella del misero.
79
iarono propria. La frase contiene una sorta
manodi rassegnazione alla condizione di
esenta tassato, e viene usata spesso in
riferimento ai pagamenti richiesti
dallo Stato. Pantalon de’ Bisognosi è
una maschera veneziana della
dicare
commedia dell’arte che rappresenta
ca che
il tipico mercante veneziano avaro e
ncese,
interessato, che si lamenta sempre
oppure
per “i sghei”, i soldi che non vuole
magine
sborsare, ma che proprio per
zza di
contrappasso finisce sempre per
dover tirare fuori. Con il dramma
borghese, messinscena tipica del
Settecento in cui si rappresentavano i
personaggi della piccola borghesia, il
personaggio di Pantalone acquisisce piuttosto i tratti bonari del padre di
famiglia, le cui spese sono un problema di bilancio familiare.
80
principi. Secondo la leggenda questa frase è stata pronunciata
dall’imperatore Vespasiano (9 -79 d.C.), a cui il figlio Tito rimproverava di
aver messo una tassa sui bagni pubblici.
120 Non c’è trippa per gatti Ovvero non c’è niente di interessante,
non c’è modo di ottenere nulla di utile. La frase risale a un episodio curioso
che riguarda Ernesto Nathan (1845-1921), sindaco di Roma, che cancellò
dal bilancio la spesa per l’acquisto di frattaglie per i gatti del Campidoglio,
che a suo parere dovevano nutrirsi di topi.
dre di
detto,
uzione
non si
propri
81
principi. Secondo la leggenda questa frase è stata pronunciata
dall’imperatore Vespasiano (9 -79 d.C.), a cui il figlio Tito rimproverava di
aver messo una tassa sui bagni pubblici.
120 Non c’è trippa per gatti Ovvero non c’è niente di interessante,
non c’è modo di ottenere nulla di utile. La frase risale a un episodio curioso
che riguarda Ernesto Nathan (1845-1921), sindaco di Roma, che cancellò
dal bilancio la spesa per l’acquisto di frattaglie per i gatti del Campidoglio,
che a suo parere dovevano nutrirsi di topi.
82
GENTIL SESSO
83
125 Prendi una donna, trattala
male Usata in tono scherzoso, l’espressione
serve a ironizzare sui piccoli drammi
d’amore e di coppia. È una frase della
canzone Teorema di Marco Ferradini, che si
impose nei primi anni Ottanta: in essa si
illustravano, ingenuamente, le regole con cui
riuscire a non farsi lasciare.
are le
opera
l 1896
vie de
na che
caso,
le sue
gelida
84
125 Prendi una donna, trattala
male Usata in tono scherzoso, l’espressione
serve a ironizzare sui piccoli drammi
d’amore e di coppia. È una frase della
canzone Teorema di Marco Ferradini, che si
impose nei primi anni Ottanta: in essa si
illustravano, ingenuamente, le regole con cui
riuscire a non farsi lasciare.
85
ATTEGGIAMENTI E
COMPORTAMENTI
86
genetista Silvia Bione battezzò Tafazzina, in onore del personaggio, la
proteina responsabile della sindrome di Barth, individuata dopo lunghi
studi.
87
gio, laavventure narrate nel libro, ambientato durante la Rivoluzione francese,
lunghi negli anni del Terrore. La primula rossa è una specie di giustiziere che
cerca di salvare i condannati alla ghigliottina, riuscendo sempre a sfuggire
alla polizia grazie anche a rocamboleschi inseguimenti. Dietro le mentite
spoglie della Primula rossa si nasconde in realtà un “damerino” inglese,
genere
nobiluomo insospettabile di tanta spericolatezza e maestria.
mente
ll’idea
suo e
dalla
che si
nzione
ce dei
e; per
icarne
di dire
88
ncese,utilizzata nei primissimi anni Novanta da Umberto Bossi e dai suoi
re checompagni di avventura politica, appartenenti alla Lega lombarda, ora Lega
uggire nord – per sottolineare la forza e la resistenza del partito nel voler
mentite sovvertire la situazione politica italiana dell’epoca, facendo la guerra ai
nglese,“politici romani” e rivendicando l’indipendenza del nord Italia.
89
i suoi 139 Essere un epigono Gli epigoni sono i degni discendenti dei
Lega predecessori, coloro che proseguono e migliorano il lavoro iniziato da chi li
volerha preceduti. La parola deriva dalla mitologia greca, in cui Epigoni è il
erra ai nome dei figli dei sette prìncipi che combatterono contro Tebe e furono
sconfitti: di loro solo uno si salvò, e questi guidò gli Epigoni contro i
tebani, sconfiggendoli.
È una
gi per 140 Essere un guru Significa essere
lo. Ladei maestri, delle personalità autorevoli in
”, che un certo settore, qualcuno che è esperto di
ambiti una certa cosa. Guru è un termine che deriva
rtanti.dal sanscrito, ed è composto da gu, che
della significa “buio, tenebre”; e ru, che vuol dire
riva al“luce”. Il guru è dunque (come si legge nelle
iativo.Upanishad, le scritture sacre dell’induismo)
dallacolui che guida nel cammino per
mbitosconfiggere le tenebre verso la luce; o anche
chi distrugge il buio dell’ignoranza con la
luce della conoscenza; chi illumina il
nozzo,cammino dall’ignoranza spirituale, e così
gativa. via.
rpi dei
141 Mettere i puntini sulle i La
locuzione si usa quando si vuole fare una
nobiltàprecisazione, una necessaria specificazione, quando si vuole parlare in
bliga amodo chiaro e senza fraintendimenti. L’uso di questo modo di dire affonda
come le radici nella storia della scrittura. Un tempo infatti, graficamente, la “i”
ghi diera un semplice tratto verticale, senza il puntino. Soprattutto in epoca
eriori.medievale questo rendeva difficile distinguerla da altre lettere, tipo la “u” o
1808) la “m”. Ecco perché si introdusse l’uso del puntino, per specificare meglio
i devegraficamente la lettera e facilitare la lettura. Ma questa modifica venne
abilitàritenuta da alcuni come un eccesso di pignoleria: da qui il modo di dire.
De
142 Self-help Tradotto dall’inglese, “autoaiuto”. Si usa per definire
una serie di pratiche, che passano dalla meditazione alla lettura di manuali,
90
nti dei che servono per raggiungere uno stato di benessere, di riconciliazione con
a chi lise stessi, senza l’aiuto di un sostegno esterno. La fortuna del modo di dire è
ni è il cominciata con l’omonima pubblicazione di Samuel Smiles (1812-1904),
uronoscrittore scozzese che pubblicò il volume nel 1859. Il sottotitolo del volume
ntro iera Chi si aiuta Dio l’aiuta, una sorta di variazione su tema del detto
“aiutati che il ciel t’aiuta”: il libro è stato il primo di una lunga e fortunata
serie di pubblicazioni sul self-help, che ancora oggi campeggiano nelle
librerie.
91
ne conalcune fonti la frase risalirebbe al 1895, quando, in occasione della guerra
dire ècontro l’allora Abissinia, il poeta Lorenzo Stecchetti (pseudonimo di
1904), Olindo Guerrini) ironizzò sull’impresa, usando queste parole. Di sicuro la
olume frase fu pronunciata da Totò nel film del 1962 Totò contro Maciste: il
dettoprotagonista, Totokamen, incita i soldati a combattere contro Maciste
tunataappunto dicendo: «Popolo di Tebe, armiamoci, e partite!». Nel film
nelle Totokamen è appunto una specie di truffatore, un attore che si fa passare
per figlio di una divinità e come tale invincibile, ma alla resa dei conti non
è capace di affrontare il combattimento. Nel 1971 la frase fu adottata come
titolo di un film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
gnifica
rderne
be. La 146 Estote parati Dal latino “siate preparati”. È un’esortazione a
ricantiessere sempre pronti a ogni evenienza, all’erta. La frase si legge in due
ere lavangeli, quello di Matteo («Et vos estote parati quia qua nescitis hora,
erchioFilius hominis venturus est»; “Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora
e, perche non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”) e quello di Luca («Et vos
farlo estote parati, quia qua hora non putatis, Filius hominis venit»; “Voi siate
preparati, perché nell’ora che non supponete, il Figlio dell’uomo viene”). In
entrambi i casi si riferisce appunto all’immediatezza con cui la morte
coglie, e a come si deve essere sempre pronti, l’anima pura, a passare a
roprio
miglior vita. La frase è usata dagli Scout per alludere alla propria
ologia,
preparazione ad affrontare ogni situazione.
unici
cadde
147 Essere un supergiovane Piuttosto intuibile il senso della
definizione, che viene utilizzata soprattutto per indicare quelle persone che
giovani in realtà non sono più, ma che non si arrendono al passare degli
anni, rendendosi in qualche modo un po’ ridicole. In generale comunque
l’utilizzo è ironico, anche perché deriva da uno dei grandi successi del
gruppo milanese “Elio e le storie tese”. La canzone Supergiovane,
contenuta nell’album Italyan, Rum Casusu Çikti del 1992, propone una
serie di riferimenti a parole e situazioni per l’epoca ormai passate,
fuorimoda, sottolineando con una vena di nostalgia il paradosso del nome.
92
guerrasi autogiustifica condividendo appunto il peso dell’errore. La dizione
mo dicorretta in realtà è al femminile: Così fan tutte è il titolo di un dramma
uro lagiocoso musicato da Mozart su libretto di Antonio Da Ponte, tra il 1789 e il
: il1790, quando fu rappresentato per la prima volta a Vienna. Il sottotitolo
Maciste recita La scuola degli amanti: la storia infatti narra, secondo la tradizione
l filmdella commedia, delle avventure amorose di un gruppo di giovani che tra
assare loro scambiano ruoli e lanciano sfide per misurare la virtù di fidanzati e
ti nonpromesse spose. Con una vena di leggera misoginia, il titolo deriva da una
comefrase pronunciata da uno dei personaggi, che scusa le donne per i loro
tradimenti, perché è nella loro natura comportarsi in questo modo: “così fan
tutte”.
one a
n due 149 L’avvocato del diavolo È quello che in una discussione si pone
hora,in contrasto con le idee più popolari, cercando a volte capziosamente di
ell’oracontestare le posizioni che la maggioranza sostiene, ponendo questioni
Et vosscomode o insinuando dubbi. Si usa anche per autodefinirsi, quando si
i siate vuole proporre un differente punto di vista, cercando di difendere chi tutti
e”). Inaccusano, e anche chi non si vuole difendere in realtà, per amore di
mortecompletezza. Dal latino advocatus diaboli, la figura storica è quella
sare adell’avvocato del concistoro, colui che nei processi di canonizzazione è
ropriaopposto all’advocatus Dei (che ha il compito di enumerare le virtù, e
inanellare le prove in favore del possibile santo) e che ha invece il compito
di sollevare tutte le possibili obiezioni, in modo da arrivare a dimostrare la
santità della persona in causa oltre ogni ragionevole dubbio.
della
ne che
degli
unque
si del
ovane,
e una
assate,
are in
a, che
93
izione
amma
89 e il
otitolo
izione
he tra
nzati e
da una
i loro
osì fan
i pone
nte di
estioni 150 Avere aplomb È una parola francese che significa “a piombo,
ndo siperpendicolare”. Da quest’immagine di qualcosa che non si piega, ma che
hi tuttirimane perfettamente dritto, in piega, rigidamente verticale, deriva
ore dil’utilizzo comune del vocabolo, per indicare l’atteggiamento sicuro,
quella compito e imperturbabile di alcune persone. Si dice anche “aplomb
one èinglese”, perché è tipico di questo popolo non perdere mai le staffe, e
rtù, e mantenere un atteggiamento più o meno impassibile in qualunque
mpitocircostanza.
rare la
151 Avere l’argento vivo addosso Questa locuzione si usa quando
si vuole definire qualcuno che non riesce a stare fermo, che si muove in
continuazione e ne combina di tutti i colori. È tipico l’utilizzo di questa
locuzione in riferimento ai bambini. L’argento vivo è uno dei modi in cui
viene chiamato dagli alchimisti il mercurio. Si tratta infatti di un metallo
molto particolare, l’unico presente in natura allo stato liquido, che non è
mai stabile ma si muove a seconda di varie condizioni. Senza contare che
quando è nella sua forma tipica è praticamente imprendibile, velocissimo e
perennemente mobile. Anche per questi motivi nell’alchimia è considerato
lo spirito del metallo, oltreché per il fatto che è capace di aggredire anche i
metalli nobili, come l’oro e l’argento. Il suo colore argenteo e la sua
mobilità gli hanno valso la definizione di “argento vivo”: e questa è
attribuita a chi non sta mai fermo, per analogia con le caratteristiche del
94
mercurio.
95
«petra scandali», in cui inciampano coloro che non sono guidati dalla fede.
La parola scandalo deriva infatti da scandalum, termine latino derivato dal
greco skandalon che significa “trabocchetto, insidia”. Dunque la pietra
dell’insidia. Da qui deriva poi l’abitudine che si era diffusa dall’epoca dei
Romani di dileggiare pubblicamente chi dichiarava bancarotta, o i debitori
insolventi, in un modo che offendeva profondamente la dignità delle
persone colpite: queste venivano infatti denudate dalla vita in giù, e fatte
sedere sulla “pietra dello scandalo” appunto, un grosso macigno che in
posizione ben visibile serviva proprio come scranno per i falliti. Queste
pietre venivano chiamate anche “pietre dell’infamia”, ed erano diffuse un
po’ in tutta Italia. Alcune di esse sono ancora visibili, come la “pietra
ringadora”, un blocco di marmo rosso all’angolo del Palazzo comunale in
Piazza Grande a Modena, su cui i condannati erano costretti a posare le
terga nude per tre sabati consecutivi, dopo che la pietra era stata unta di
materiale urticante. A Firenze il rito si chiamava “l’acculata”, e si svolgeva
sotto la loggia del Porcellino, in pieno mercato, ed era orchestrata dal
magistrato del Bargello.
156 Vivere sulla Luna Si dice di persone un po’ distratte, o che non
sono molto presenti alla realtà. Oltre a essere naturalmente considerato un
ata da posto lontano, la Luna è il luogo dove lo scrittore e poeta Ludovico Ariosto
rmetta(1474-1533) immagina che si raccolga quello che sulla Terra va perduto,
come per esempio il senno di Astolfo, uno dei protagonisti del suo Orlando
Furioso.
ito ad
ale, o
o può
rtato a
ti. La
arla di
96
a fede.
ato dal
pietra
ca dei
ebitori
delle
e fatte
che in
157 Asilo Mariuccia Si tratta di un modo di dire denigrativo, usato
Queste
per indicare chi si comporta in modo sciocco e infantile, come in un asilo
use un
appunto (“sono discorsi da Asilo Mariuccia”, per esempio). L’origine di
“pietra
questo modo di dire è tutta milanese, e si rifà a un fraintendimento di base,
nale in
quello appunto delle funzioni del celebre “Asilo Mariuccia”. Non è infatti
are le
una scuola materna, questa, bensì un’istituzione storica meneghina che da
nta di
oltre cento anni si occupa di minori abbandonati o in difficoltà. La
olgeva
popolarità della Onlus ha reso in passato il suo nome tanto diffuso da essere
ta dal
usato, ancorché con modalità errate, per indicare una scuola dell’infanzia e
associare il nome, in questa locuzione, ai modi a volte pretestuosamente
litigiosi dei bambini. Il nome dell’istituzione deriva da quello della figlia
enere,della fondatrice, Ersilia Majno Bronzini, che volle intitolare alla sua
ve perbambina morta a 13 anni l’istituzione, che prese vita grazie alla sua
gnare,donazione.
he non
ato un
Ariosto
rduto,
rlando
97
158 Essere il pigmalione È il maestro, colui che sa scoprire i
giovani talenti e li alleva, li propone, li spinge al successo. Il termine deriva
direttamente dalla mitologia greca: Pigmalione era un re scultore, che fu
vittima della sua stessa arte. Scolpì infatti una statua talmente bella che se
ne innamorò, e solo grazie all’intercessione di Venere, che la rese viva,
potè coronare il suo sogno d’amore. In questo senso il pigmalione è non
solo colui che scopre, ma anche che modella e che fa crescere il giovane
usatotalento.
n asilo
ine di 159 Essere il mentore Essere il mentore di qualcuno significa
i base,esserne il consigliere, il padre spirituale, il maestro che ne guida i passi e ne
infattitutela gli interessi. La definizione è omerica: Mentore era infatti il re dei
che daTafi, vecchio custode della casa e di beni dei Ulisse, che gli si era affidato
La prima di partire per la guerra di Troia. In particolare Ulisse gli aveva
essereaffidato il figlioletto Telemaco, di cui divenne il precettore. La diffusione
nzia e del nome come modo di dire si deve al romanzo Les aventures de
menteTélémaque (1699), scritto da François de Salignac de La Mothe-Fénelon
figlia(1651-1715), precettore del duca di Borgogna per il quale scrisse l’opera.
a sua
a sua
160 Dottor Jekyll e Mister Hyde Si
usa questo modo di dire per indicare uno
sdoppiamento di personalità, un
comportamento inspiegabile da parte di
qualcuno di solitamente mansueto, che
invece si rivela in qualche occasione
straordinariamente aggressivo. Deriva dal
racconto di Robert Louis Stevenson (1850-
1894), Lo strano caso del dottor Jekyll e
Mister Hyde, pubblicato nel 1886, in cui lo
scrittore, con brillante intuizione, propone
una riflessione sul tema dell’aggressività,
del bene e del male nell’essere umano, precorrendo alcune argomentazioni
sull’inconscio psicanalitico. Nella storia, il dottor Jekyll è un mansueto e
civilizzato scienziato che sperimenta su di sé una pozione che gli permette
di separare la parte buona da quella malvagia che c’è in ognuno di noi. In
questo modo però scatena Mr Hyde (che si pronuncia in inglese proprio
98
prire i come hide, nascosto), che diventa un pericoloso omicida.
deriva
che fu 161 Fare il fenomeno Significa fare lo splendido, voler dimostrare
che seagli altri le proprie doti, autoesaltandosi ed esponendosi in gesti eclatanti, di
viva,qualunque genere. La locuzione deriva dal vocabolo greco phainòmenon,
è non che è il participio di phainesthai, che significa “apparire”: per questo chi fa
ovane il fenomeno è qualcuno che vuole apparire, farsi notare agli occhi degli
altri. Da qui deriva anche il vocabolo fenomenale, che appunto significa
qualcosa che ha il carattere di fenomeno, e come tale occasionale, fuori dal
gnificacomune.
si e ne
re dei 162 Faccia di bronzo Si dice di chi non si vergogna di nulla, e “come
fidatose avesse il volto di metallo” non fa una piega, anche nelle situazioni più
aveva imbarazzanti. Uno sfrontato, che rimane impassibile anche di fronte a un
usione rimprovero. La locuzione è testimoniata nel Dizionario della lingua
es deitaliana di Niccolò Tommaseo (1802-1874) pubblicato tra il 1861 e il 1874:
énelonvi si legge «faccia di bronzo: audacia svergognata».
99
comporta in modo elegantemente
furfantesco, secondo i canoni del romanzo
d’appendice. Chi insomma è un fuorilegge o
ostrare
comunque un mascalzone di grande fascino,
nti, di
garbato nei modi, generalmente identificato
menon,
con la figura del latin lover. La frase è il
chi fa
titolo di una canzone del cantante spagnolo
degli
Julio Iglesias, che ebbe grande successo
gnifica
quando uscì, nel 1977. Probabilmente la
ori dal
chiave di lettura del boom della canzone, e
di conseguenza della sua diffusione anche
come modo di dire, sta nel fatto che
“comel’interprete impersonava piuttosto bene la
ni piùfigura cantata dalla canzone del “ladro (di
e a uncuori) gentiluomo”.
lingua
1874:
165 Boia chi molla Si dice per incitare ad andare avanti, oppure in
senso parodico per ironizzare su certi atteggiamenti tipici della destra
politica. L’espressione infatti è un motto fascista, anche se probabilmente
menteera già stata usata durante la resistenza della Repubblica partenopea, nel
rire in1799 e nelle Cinque giornate di Milano del 1848.
ri, nel
politici
166 Fatti non foste a viver come bruti Incitazione a migliorare la
rno, o
propria condizione, e a comportarsi da esseri umani, a ragionare. La
pite, e
locuzione è presa dal XXVI canto dell’Inferno di Dante, in cui si parla di
unale,
Ulisse, condannato tra i peccatori che sono stati consiglieri fraudolenti:
ersone
aveva infatti incoraggiato i suoi compagni di viaggio a superare le colonne
sciuta
d’Ercole, lanciando una sfida dell’intelletto contro Dio, con queste parole:
uto di
«Considerate la vostra semenza / fatti non foste a viver come bruti / ma per
penale
seguir virtute e canoscenza».
33 del
che di
he non 167 Rimanere di princisbecco La definizione è analoga al rimanere
di sasso o di sale: significa restare stupiti e senza riuscire a proferire parola
per lo stupore. La parola princisbecco risale al termine inglese pinchbeck,
che a sua volta deriva dal nome dell’orologiaio londinese Christopher
chi si
100
Pinchbeck (1670-1732), inventore di una particolare lega metallica cui
diede il suo nome: una lega, secondo il Vocabolario Treccani «di rame,
zinco e stagno del tipo del tombacco, di aspetto simile all’oro, usata per la
produzione di oggetti che imitano l’oro, per lamine sottili in sostituzione
dell’oro, per fili da ricamo». Da qui l’espressione, che riguarda lo
sbalordimento simile al rimanere ingessati, bloccati per lo stupore, come se
si fosse di metallo.
101
ca cui “equo”. In realtà il termine riassume un concetto più ampio. La prima volta
rame,che viene usato è dalla Corte suprema degli Stati Uniti nel 1793, nel caso
per la Chisholm vs Georgia, in cui Chisholm citò in giudizio l’intero Stato della
uzione Georgia per i danni subiti alla sua piantagione durante la Rivoluzione
da lo americana. La corte diede ragione a Chisholm con una sentenza storica.
me seNella sentenza si legge «not politically correct». In seguito la definizione è
stata usata da Mao nel suo Libretto Rosso, ma è negli anni Sessanta che la
sinistra radicale inglese comincia a usarla, prima seriamente e poi in senso
ironico, una sorta di autocritica per certe posizioni intransigenti e
tono
dogmatiche. Al punto che ora il termine ha assunto una valenza negativa
bio sul
nel gergo politico ufficiale: politically correct è spesso chi è troppo rigido
nsiglio
sulle sue posizioni, mentre chi è uncorrect è più sincero e autentico. Negli
are la
anni Novanta il termine è stato usato negli Stati Uniti per screditare la
ntende
vecchia e nuova sinistra, perché la definizione era legata a posizioni radicali
ione è
e comuniste.
da un
sta del
Totò 170 Orsetto Duracell Si dice di una persona
ominiestremamente resistente da un punto di vista
porali, fisico, che non si arrende ed è capace di sostenere
retti a una fatica straordinaria, in modo stupefacente. La
i sole, locuzione risale al filone pubblicitario delle pile
ia di Duracell, che dal 1983 utilizza i pupazzetti a pile
o, chesolitamente usati dai bambini per dimostrare la
dalla maggiore durata delle pile che produce. Il pay off è
osto diappunto «Duracell, dura di più». Anche se di
con larecente si è affermato piuttosto il coniglietto, negli
sare ilspot iniziali l’orsetto, impegnato in diverse competizioni sportive (dalla
punto corsa alla canoa, dall’arrampicata al nuoto), era il protagonista atletico del
non simovimento infinito garantito dal prodotto.
102
a volta 172 Mi si nota di più se vengo (e me ne sto in disparte) Si usa
l casoin tono scherzoso per definire chi vuole attirare l’attenzione senza
o della dichiararlo, facendo finta di niente, standosene in disparte e recitando la
uzioneparte del disinteressato per calamitare gli interessi degli altri. Si tratta di
torica.una citazione dal film di Nanni Moretti Ecce Bombo, del 1978. Il
ione è protagonista si domanda al telefono, con un amico, se sia opportuno o meno
che laandare a una festa, ai fini di essere appunto maggiormente considerato: «No
senso veramente non mi va, ho anche un mezzo appuntamento al bar con gli altri.
enti eSenti, ma che tipo di festa è, non è che alle dieci state tutti a ballare in
gativagirotondo, io sto buttato in un angolo, no… ah no: se si balla non vengo.
rigidoNo, no… allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e
Neglime ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto
are la così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate: “Michele
adicalivieni di là con noi dai…” e io: “andate, andate, vi raggiungo dopo…”
Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao, arrivederci
Nicola».
103
Si usa 175 Star freschi Significa non illudersi che possa succedere qualcosa
senzache si spera, ma soprattutto si intima a chi ha combinato qualcosa di male, e
ndo la presto sarà punito. Deriva infatti con tutta probabilità dalla Divina
atta di Commedia: Dante (1265-1321) ha immaginato il Cocito, la parte più
78. Il profonda dell’Inferno, come completamente gelato, dove i peccatori stanno,
menoappunto, freschi.
o: «No
i altri.
are in
vengo.
engo e
metto
ichele
po…”
ederci
surdo,
assato
ava in
oba da
dicare
rritori,
senza
ne del
che un
tura e
ditore
i, per
ribelli.
ngono
104
175 Star freschi Significa non illudersi che possa succedere qualcosa
che si spera, ma soprattutto si intima a chi ha combinato qualcosa di male, e
presto sarà punito. Deriva infatti con tutta probabilità dalla Divina
Commedia: Dante (1265-1321) ha immaginato il Cocito, la parte più
profonda dell’Inferno, come completamente gelato, dove i peccatori stanno,
appunto, freschi.
105
DIFFICOLTÀ
106
proprio orgoglio, senza avere la possibilità di fare diversamente. Il modo di
dire si rifà infatti a un episodio della storia romana, quando i soldati di due
legioni sconfitte dai Sanniti in Campania, nel 321 a.C., furono costretti a
passare a capo chino, umiliati e vinti, sotto una specie di arco costituito da
due lance che erano state piantate in terra e una terza messa per orizzontale,
come segno di umiliazione e sottomissione ai vincitori. L’episodio avvenne
dicarea Caudio, luogo non meglio precisato vicino a Benevento.
viene
a volta 179 Vedere o far vedere i sorci verdi Significa patire o far patire
amma una clamorosa sconfitta, una di quelle umilianti. In senso lato significa
llo 13anche trovarsi nelle pesti, in condizioni estremamente difficili con qualcuno
ma unche ci fa impazzire per quanto è complicato da gestire. La locuzione deriva
uti didalla 205ª squadriglia della Regia aeronautica italiana, che tra il 1936 e il
so. La1938 a bordo di aerei trimotori (i primi in Italia) conseguì due successi
Okay, internazionali a cui il regime fascista dette molto risalto: si trattava
uto unrispettivamente di una corsa aerea, Istres-Damasco-Le Bourget (Parigi); e
wigertdi una trasvolata atlantica, Guidonia (Roma)-Dakar-Rio de Janeiro.
, nella Siccome sulla fusoliera di tutti gli aerei di questa squadriglia erano
disegnati tre topolini verdi, questo divenne il soprannome del gruppo, e per
traslato il modo di dire.
ire un
ara a
o le
titolo
re del
uidato
ittorio
uto, è
ale dei
ffone,
mente
lingua 180 Lacrime e sangue Un modo di dire per intendere grandi
sacrifici, dolorosi al punto di piangere. La frase deriva dall’inglese «Blood,
toil, tears and sweat», che tradotto letteralmente suona come “sangue,
gnifica sacrifici, lacrime e sudore”, e venne utilizzata per la prima volta
utto al dall’americano Theodore Roosevelt in un discorso al collegio navale di
107
odo diguerra nel 1897. La locuzione è stata però resa famosa da un altro politico,
di due l’inglese Sir Winston Churchill, che la pronunciò durante il suo discorso in
retti a Parlamento il 13 maggio 1940, per commentare l’ingresso in una delle fasi
ito dapiù delicate e difficili della Seconda guerra mondiale: «I have nothing to
ontale,offer but blood, toil, tears, and sweat».
venne
181 Qui sta il busillis È una locuzione usata per significare una
questione complicata, di difficile soluzione. La parola in realtà non ha
patiresenso: si tratta infatti di un errore di trascrizione da parte di un amanuense,
gnificache mentre copiava un testo del vangelo era erroneamente andato a capo,
alcuno scrivendo non «in diebus illis magnis plenae» (“in quei giorni vi era
derivaabbondanza di grandi cose”) come nell’originale, ma «indie busillis magnis
36 e il plenae» (“in India c’era abbondanza di grandi busillis”), contribuendo a
ccessicreare una questione storica. L’errore di trascrizione è dovuto al fatto che
attavaun tempo non esistevano gli spazi per separare una parola dall’altra –
igi); e proprio come avviene ancora oggi per diverse lingue contemporanee, per
aneiro.esempio il cinese – abitudine che si è imposta solo a partire dal VII secolo
eranocirca. Al posto dello spazio si usava il punto mediano, ovvero un punto a
, e permetà altezza tra due lettere, più difficile da individuare.
182 Per aspera ad astra La frase completa è «Per aspera sic itur ad
astra», che tradotto in modo letterale significa “attraverso le asperità alle
stelle”, ma il cui senso traslato è “il successo si ottiene solo con la fatica”.
La frase si usa per dire che la strada per il successo è dura, difficile, ma allo
stesso modo sottintende che tenendo duro è possibile raggiungerlo. Le
parole sono state scritte dal filosofo, politico e drammaturgo latino Lucio
Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nel suo Hercules furens, che narra il
dramma di Ercole: l’eroe dovette affrontare le celebri dodici fatiche prima
di raggiungere la fama eterna.
108
litico, secondo cui quando pioveva merci e bestie
orso insi appesantivano, alzando così il costo del
le fasidazio da pagare. Secondo il Dizionario
ing to Moderno del Fanzini, la frase va invece fatta
risalire al giornale umoristico “Il Pasquino”,
che nel 1861 pubblicò una vignetta che
ironizzava con questa frase sul fallimento di
e una
una dimostrazione dei mazziniani a Torino,
on ha
che per la pioggia non si era potuta svolgere.
uense,
capo,
vi era 184 La
magnisfatica di
ndo a Sìsifo È una
to chefatica
ltra –immane,
e, perinutile e
secolosoprattutto
unto asenza
soluzione di
continuità.
Sìsifo è un
tur ad
personaggio mitologico condannato a morte da Giove. Ma durante il
tà alle
viaggio verso l’ade, l’aldilà dei Greci, Sìsifo l’astuto riesce a ingannare la
atica”.
Morte e a incatenarla. Per punizione, dopo che Marte ebbe liberato
ma allo
nuovamente la Morte, Sìsifo è condannato a spingere un masso
o. Le
pesantissimo su per un pendio: se avesse smesso di spingere sarebbe
Lucio
rimasto schiacciato dal macigno. Una volta arrivato in cima, comunque, il
arra il
masso è destinato a cadere giù, condannando Sìsifo a una fatica infinita.
prima
109
186 Studio matto e
disperatissimo Si usa per indicare
un periodo di immersione
decisamente intenso sui libri, magari
per recuperare quanto non fatto
prima… La frase è del poeta
Giacomo Leopardi (1798-1837), che
commenta così i sette anni trascorsi
nella libreria del padre, impegnato
nell’apprendimento solitario dello
scibile a sua disposizione, in una
lettera a Pietro Giordani del 1813. Si
legge: «in somma io mi sono
rovinato con sette anni di studio
matto e disperatissimo in quel tempo
che mi s’andava formando e mi si
doveva assodare la complessione».
In questi anni, fino al 1817, Leopardi
imparò senza l’aiuto di insegnanti il
greco e l’ebraico, al punto da
tradurre poemi di notevole importanza.
nte il
nare la 187 Servire su un piatto d’argento Si usa per indicare qualcosa
berato che viene offerto senza fare nessuna fatica, con facilità estrema, quasi senza
massomeriti. La locuzione si deve a un episodio narrato nei vangeli, ed
arebbeesattamente riferito alla vita di san Giovanni Battista. Nelle sue prediche, il
que, ilprofeta rimproverava l’unione irregolare di Erodiade, madre di Salomè (14-
71 d.C.), con il cognato Erode Antipa, re di Giudea. Nonostante Giovanni
fosse già stato imprigionato nelle segrete, Erodiade non era soddisfatta e
ile da chiedeva insistentemente al compagno di farlo uccidere. Vi riuscì solo con
cielo el’inganno: durante un banchetto, Erodiade spinse la sensuale figlia Salomè
quindia ballare la celebre danza dei sette veli (o danza del ventre) per lo zio, che
cielo:le promise in cambio qualunque cosa avesse chiesto. La ragazza, istigata
dalla madre, chiese la testa di Giovanni Battista su un piatto d’argento.
110
di questa locuzione è “qui sta il difficile, il
punto complicato”. L’asino diventa
insomma sinonimo di “busillis”. Pare che la
locuzione derivi dalle caratteristiche
dell’asino: la sua grande resistenza e forza lo
portano a riuscire anche nei percorsi più
impervi, salendo carico di pesi nonostante il
cammino difficile e faticoso: ma anche lui
raggiunge un limite, dove la difficoltà è
eccessiva, e dove dunque rischia di cadere.
111
“questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai».
112
“questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai».
113
SOLUZIONI
114
presentatore del format Chi vuol essere milionario? – in Italia Gerry Scotti
– chiede al concorrente che ha di fronte se è assolutamente convinto della
risposta che sta per dare. La scelta del concorrente può variare tra quattro
possibilità, e quella che secondo lui è giusta viene illuminata dal
presentatore in giallo (“accesa” appunto), dopo la fatidica frase: «È la tua
risposta definitiva? La accendiamo?». Il quiz è stato messo in onda in Italia
ace diper la prima volta nel 2000, e fino al 2002, data dell’avvento dell’euro, si
tempo chiamava Chi vuol essere miliardario?
di dire
o e un 196 L’uovo di Colombo È la soluzione banale ma efficace, quella
passo.che stava sotto gli occhi di tutti ma nessuno aveva notato prima, la
dellasoluzione più semplice possibile a un problema che sembrava irresolubile.
e unoL’origine di questo modo di dire risale a un aneddoto probabilmente falso
resa èlegato al navigatore Cristoforo Colombo. Secondo tale storiella, invitato a
ta peruna cena dopo la scoperta delle Americhe, Colombo sentì dire da alcuni
di dire degli spagnoli presenti al tavolo che intuire la rotondità della Terra non era
poi una cosa tanto difficile, e che l’impresa non fosse così degna di nota.
Invece di ribattere, Colombo invitò i commensali allora a trovare una
e unasoluzione per fare star ritto un uovo. I presenti si ingegnarono per trovare
uno. Ilsoluzioni utili al caso, ideando stravaganti tentativi sempre però inutili.
uzioneAllora Cristoforo Colombo prese l’uovo, lo ammaccò leggermente nella sua
endo aparte più larga, e in questo modo riuscì a farlo rimanere in piedi. In questo
volta modo ribatté alle perplessità spavalde dei presenti, che sostenevano che
desimasarebbero stati anch’essi in grado di fare altrettanto, dicendo: «La
con ladifferenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l’ho
vanti e fatto!».
upo; la
riva e
ntende
esa. È
totale
sultato
mente
cui il
115
Scotti
o della
uattro
a dal
la tua
Italia
uro, si
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e falso
itato a
alcuni
on era
nota.
e una
rovare
nutili.
lla sua
questo
o che 197 Estrema ratio In realtà l’originale latino sarebbe ultima ratio,
: «La“ultima ragione”, inteso come l’ultimo argomento possibile, l’ultima mossa
e l’hopossibile. La locuzione era nota già ai latini, ma venne poi fatta incidere dal
Re Sole Luigi XIV sui cannoni del suo esercito, come ammonimento.
116
197 Estrema ratio In realtà l’originale latino sarebbe ultima ratio,
“ultima ragione”, inteso come l’ultimo argomento possibile, l’ultima mossa
possibile. La locuzione era nota già ai latini, ma venne poi fatta incidere dal
Re Sole Luigi XIV sui cannoni del suo esercito, come ammonimento.
117
SEGRETI E BUGIE
118
documenti che rivelavano il suo tradimento
della causa della rivoluzione. È allo stesso
Mirabeau che si deve peraltro la frase: «Solo
gli imbecilli non cambiano mai opinione».
ta una
Deriva
ato le
a non
Pietro
vispo
nte, di
i dire
avesse
modo 201 Cavallo di Troia Da non
confondersi con “Cavallo di battaglia”, sta a
significare un tranello, un inganno non facile
da individuare perché dissimulato. La locuzione risale infatti alla vicenda
“avere
narrata nell’Iliade di Omero, in cui si racconta come i Greci riuscirono
scosti,
astutamente a ingannare i Troiani, arroccati nella loro città e ben difesi da
per la
alte e impenetrabili mura, durante la lunga guerra che vide contrapposti i
ton in
due popoli per la riconquista della bella Elena (la moglie greca rapita dal
ue che
principe di Troia, Paride). Fingendo di aver abbandonato la lotta, i Greci
sendo
nascosero le proprie navi e abbandonarono sulla spiaggia un enorme
ay ha
cavallo di legno, che i Troiani interpretarono come un dono degli sconfitti e
uzione
condussero all’interno delle mura cittadine. In realtà nel cavallo erano
abeau
nascosti dei guerrieri che durante la notte aprirono le porte ai loro compagni
r aver
e misero a ferro e fuoco la città. A questo stesso mito si rifanno particolari
anche
virus per pc che spesso infettano i sistemi (chiamati appunto “cavalli di
ndato,
Troia”): si introducono attraverso e-mail che allegano programmi in
conte
apparenza utili (per esempio un aggiornamento). In realtà, una volta
ì uno
lanciati, infettano il software del computer.
ava lo
odire i
119
202 Sepolcro imbiancato La locuzione serve per definire una
persona ipocrita, che predica bene e razzola male, o comunque chi ostenta
superiorità morale quando in realtà è corroso dalla malvagità. La locuzione
è di origine evangelica: è la definizione con cui Gesù Cristo si riferisce agli
scribi e ai farisei, che si permettono di condannare il suo comportamento
facendo sfoggio della propria purezza (che in realtà si limita alle pratiche,
ma non alla sostanza del credere in Dio). Presso gli Ebrei i sepolcri erano
considerati immondi, al punto che durante il periodo di Pasqua era vietato
toccarli. Questo fa capire la forza di tale invettiva: le persone paragonate a
sepolcri sono dunque immonde, e l’imbiancatura è solo un maquillage di
facciata. Nella sostanza rimangono qualcosa di malvagio: «Voi siete come
tombe imbiancate: all’esterno sembrano bellissime, ma dentro sono piene di
ossa di morti e di marciume» (dal Vangelo di Matteo).
204 Bocca della verità Questa locuzione si usa per indicare una
icenda
persona sincera, che non mente mai, il cui giudizio è sacrosanto perché
cirono
autentico. La bocca della verità è una scultura di pietra, uno strano
esi da
mascherone inscritto in un cerchio e murato nella parete esterna della
posti i
chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma, sotto il porticato, dal 1632. La
ita dal
maschera era però nota già da secoli prima, quando si creò la sua leggenda,
Greci
secondo cui un tempo le persone infilavano nella bocca della maschera la
norme
propria mano, per giurare solennemente o comunque per dimostrare la
nfitti e
veridicità delle proprie affermazioni: se le dichiarazioni fossero state false,
erano
infatti, la mano sarebbe rimasta intrappolata nella bocca, e si sarebbe
mpagni
dovuto mozzare l’arto per liberare il bugiardo.
icolari
alli di
mi in
volta
120
e una
stenta
uzione
ce agli
mento
atiche,
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e una
perché
strano
della
32. La
genda,
hera la
are la
false,
arebbe
121
122
GEOGRAFICHE
206 Ultima Thule Ultima Thule è considerata la terra più lontana dal
poeta latino Virgilio (69-18 a.C.) nelle Georgiche (37-30 a.C.): un’isola
leggendaria, la terra più a nord del mondo.
207 Darsi alla macchia Significa nascondersi, darsi alla fuga, sparire
dalla circolazione in modo repentino e senza lasciare traccia. La macchia
infatti è la boscaglia tipica dei paesi del Mediterraneo (è infatti definita
macchia mediterranea) che consiste di arbusti sempreverdi e alberi, di
altezza che può variare dai 50 cm ai 4 metri. In Italia è diffusa soprattutto al
Centro e al Sud. Era in questo tipo di boscaglia che si nascondevano coloro
che volevano sfuggire alla giustizia, o che comunque volevano sparire dalla
circolazione per un po’, o infine, almeno durante la Seconda guerra
mondiale, unirsi ai partigiani. Da qui trae origine il modo di dire, spesso
usato in tono scherzoso.
123
208 Sancta sanctorum È un luogo riservato, dove possono accedere
in pochissimi, e dove si conservano le cose più care. La prima citazione
risale all’Esodo, uno dei libri della Bibbia: il sancta sanctorum (“il luogo
santo dei santi”) è dove per volere di Dio veniva conservata l’Arca.
parire
acchia
efinita
eri, di
utto al
coloro
e dalla
guerra
spesso
124
cedere 211 Terra di nessuno È la traduzione dall’inglese no man’s land, e
azioneserve per definire una zona, un argomento, una condizione che nessuno
luogoaffronta, di cui nessuno parla, perché è sgradevole se non pericolosa per
tutti. È un luogo abbandonato dove può accadere qualunque cosa. Il termine
venne coniato durante la Prima guerra mondiale, e serviva a indicare quella
fascia di terreno compresa tra le due prime linee contrapposte, una fascia di
ne che
terra in cui nessuno Stato è sostanzialmente sovrano, e dove avviene la
do con
battaglia più dura. È il pericolo estremo, ed è una espressione spesso usata
ando a
anche per quelle zone di confine poco controllate.
edesco
1710,
male, 212 Uno spettro si aggira per l’Europa Si
volte usa per ironizzare con chi si dimostra intimorito
dettatodalle novità, oppure quando si vuole presentare
qualcosa di particolare in modo enfatico. Così
iniziava il Manifesto del partito comunista, scritto
da Karl Marx e Friedrich Engels nel 1848.
Era la
ancora
o solo 213 Capitale morale È la definizione
o. Orasinonimo di Milano, capitale morale d’Italia. La
lo chedefinizione venne creata dai milanesi stessi nel 1864, quando Firenze
divenne capitale del Regno d’Italia. I milanesi, offesi perché la loro città era
la più moderna e industriosa del Regno, commentarono in questo modo la
scelta.
125
211 Terra di nessuno È la traduzione dall’inglese no man’s land, e
serve per definire una zona, un argomento, una condizione che nessuno
affronta, di cui nessuno parla, perché è sgradevole se non pericolosa per
tutti. È un luogo abbandonato dove può accadere qualunque cosa. Il termine
venne coniato durante la Prima guerra mondiale, e serviva a indicare quella
fascia di terreno compresa tra le due prime linee contrapposte, una fascia di
terra in cui nessuno Stato è sostanzialmente sovrano, e dove avviene la
battaglia più dura. È il pericolo estremo, ed è una espressione spesso usata
anche per quelle zone di confine poco controllate.
126
LAVORO
127
Dall’originale inglese Mission: impossibile, titolo di una serie televisiva
ideata da Bruce Geller e piuttosto famosa negli anni Sessanta-Settanta. Dal
1996 la popolarità della frase ha raggiunto livelli planetari grazie alla serie
di film omonimi interpretati dall’attore Tom Cruise (1996, 2000, 2006).
Nell’immaginario collettivo la frase è spesso corredata dalla imitazione del
tema musicale, creato da Lalo Schifrin.
quadra
anche 217 Essere un azzeccagarbugli La
dalla definizione viene usata per denigrare certi
iali diavvocati male in arnese, intriganti, cavillosi
duro,e obliqui, che non si comportano lealmente,
e testema cercano di “intortare” il proprio cliente
della con modi di fare un po’ loschi, senza avere
orto diuna reale preparazione e una statura morale
colare, all’altezza del ruolo. Il dottor
izia siAzzeccagarbugli è un personaggio dei
NucleoPromessi Sposi di Alessandro Manzoni: è
ennerol’avvocato cui si affida Renzo per chiedere
ne nelun aiuto contro l’intervento di don Rodrigo e
dei suoi bravi, che si oppongono alle sue
nozze con Lucia. Azzeccagarbugli, invece di aiutarlo, pavidamente si
rva airifugia dietro scuse di ogni genere, commentando che pratica e teoria non
e dellasono la medesima cosa, e facendo in modo di sviare il giovane
mirs, edall’accusare don Rodrigo (e soprattutto dal coinvolgerlo in questo).
lia in
oratori 218 Brain trust Letteralmente, dall’inglese, “organizzazione di
i che cervelli”. La definizione serve a indicare un gruppo scelto di persone
azione altamente qualificate, le cui caratteristiche di eccezionale preparazione e
ennerointelligenza servono da consiglio fidato e personale al servizio di una
specifica causa. Il modo di dire ha origine nel 1932, quando il presidente
degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) si affidò a un
nico egruppo di consulenti universitari e intellettuali per vincere le elezioni, e in
zo perseguito anche per trovare una soluzione alla crisi economica che aveva
ronicaavuto inizio nel 1929, dando vita al cosiddetto “new deal” (il “nuovo
tuttocorso”). A differenza infatti di quanto era precedentemente avvenuto negli
plice).Stati Uniti, dove il libero mercato non era condizionato da alcuna norma, il
128
visivapresidente cercò di stimolare la ripresa economica, grazie all’introduzione
a. Daldi ammortizzatori sociali e un imponente programma di opere pubbliche.
a serie
2006).
219 Essere uno stacanovista La locuzione si usa per indicare chi
ne del
lavora indefessamente, con piacere e devozione al punto da non lasciare
molto spazio al resto. La locuzione deriva dal nome del minatore sovietico
Aleksei Grigorievich Stachanov (1906-1977), che nel 1935 ideò un metodo
di estrazione del carbone che consentì di aumentare fino a quattordici volte
la produttività. Per questo, e grazie all’esaltazione del suo entusiasmo
lavorativo e delle sue qualità da parte del governo sovietico, al nome è
legato il movimento stacanovista e il concetto internazionale di lavoratore
entusiasta e instancabile.
129
uzione
re chi
sciare
vietico
metodo
i volte
iasmo
ome è
ratore
130
spiegazione biblica: Gesù Cristo parla di «destra del padre».
zati in
nistra,
stava
ste la
131
spiegazione biblica: Gesù Cristo parla di «destra del padre».
132
FAMA
226 Pietra miliare Si usa questa locuzione per definire ciò che ha
un’importanza tale da rimanere nell’immaginario collettivo come
riferimento assoluto. La pietra miliare era infatti una piccola colonna, che
veniva sistemata dai Romani lungo il ciglio delle strade, segnando ogni
miglio trascorso, in modo da dare un riferimento costante del percorso già
fatto. Sono insomma le prime indicazioni stradali della storia. La
misurazione delle strade romane fu stabilita per legge nel 123 a. C. per
volere del tribuno della plebe Gaio Gracco.
133
quindi anche di potere. Le arti si dividevano infatti in maggiori e minori: le
prime erano sette (Arte dei Giudici e Notai, Arte dei Mercatanti o di
Calimala, Arte del Cambio, Arte della Lana, Arte della Seta o di Por Santa
Maria, Arte dei Medici e Speziali, Arte dei Vaiai e Pellicciai); le seconde
esattamente il doppio (ovvero Arte dei Beccai, Arte dei Calzolai, Arte dei
Fabbri, Arte dei Maestri di Pietra e Legname, Arte dei Linaioli e Rigattieri,
ginaleArte dei Vinattieri, Arte degli Albergatori, Arte degli Oliandoli e
»), più Pizzicagnoli, Arte dei Cuoiai e Galigai, Arte dei Corazzai e Spadai, Arte
ta agli dei Correggiai, Arte dei Legnaioli, Arte dei Chiavaioli, Arte dei Fornai). Da
meriti.qui il detto andare per la maggiore, che sottintende la parola arte, e che
motiviimplica avere ricchezza e popolarità.
era di
d’ora. 228 Essere in auge Significa essere di moda, essere all’apice del
gativa, successo, aver raggiunto fama e notorietà, insomma essere al top. Il
artistasignificato di questo modo di dire va ricercato nell’etimologia della parola
sa ha auge. Il vocabolo appartiene alla terminologia astronomica: l’auge è una
izzavaparola che deriva dall’arabo aug, ed è la distanza massima di un punto dalla
a e suTerra. Il culmine insomma. Anche in geometria, la parola indica l’apice di
una curva.
he ha 229 Il viale del tramonto Si dice che è sul viale del tramonto
come qualcuno che è stato importante o famoso, e la cui carriera è ormai arrivata
a, cheagli sgoccioli. Il modo di dire deriva dal titolo del film omonimo (in inglese
o ogniSunset Boulevard) realizzato nel 1950 da Billy Wilder. Nel film si narrano
so giàle vicende di un’attempata attrice hollywoodiana che si è ritirata dalle
a. Lascene, ma che non si arrende alla situazione e cerca di comprare l’amore di
C. perun giovane scrittore squattrinato che capita per caso in casa sua. Il film
sottolinea la malinconia delle vecchie star abbandonate dall’industria
cinematografica, la solitudine in cui possono incappare persone abituate a
essereessere sempre al centro dell’attenzione. Il modo di dire solitamente ne
tilizzavuole trasmettere le medesime sensazioni.
le alla
mente 230 Carneade! Chi era costui? Si usa questo modo di dire per
nivanoindicare qualcuno che non si conosce, in particolare qualcuno che dovrebbe
ettore. essere noto ai più ma in realtà risulta essere un illustre sconosciuto.
igio, e
134
ori: leCarneade era un filosofo greco vissuto tra il 213 e il 128 a.C. Ma la frase è
o di stata resa celebre dal don Abbondio del Manzoni: è lui che la pronuncia fra
Santasé, dopo aver letto il nome su un libro, uno dei tanti che legge per occupare
condeil tempo dopo che ha deciso di chiudersi in casa per paura, in conseguenza
rte dei dell’incontro con i bravi che lo hanno minacciato. Pare che la frase di
attieri, Manzoni possa derivare a sua volta da un dialogo scritto da sant’Agostino:
doli equando uno dei due personaggi nomina Carneade, l’altro confessa di non
, Arteconoscerlo. Si usa anche dire, sempre con la medesima origine, “essere un
ai). Dacarneade”, per indicare qualcuno che non è per nulla famoso.
e che
231 Al secolo Con questa definizione si usa di solito distinguere la
vera identità di un artista da quella fittizia, creata per il pubblico.
ce delGeneralmente la locuzione serve per distinguere il nome registrato
op. Il all’anagrafe rispetto a quello d’arte: per esempio l’attrice Ornella Muti, al
parolasecolo (ovvero il cui vero nome è) Francesca Romana Rivelli. La
è una definizione si usa anche per differenziare il nome di origine del papa, da
o dalla quello che prende una volta divenuto pontefice. L’origine infatti era proprio
pice direligiosa: ciò che era “secolare” (cioè appartenente al secolo, al tempo che
passa, al mondo reale) si differenziava da ciò che era connesso alla
religione, alla spiritualità e pertanto all’eternità.
monto
rrivata 232 Essere al (o il) clou La parola è sinonimo di apice, di momento
nglese topico, il momento migliore, centrale. In francese significa “chiodo”: facile
arrano capire dunque la traslazione del significato, per intendere il punto
dalleessenziale di un evento o una conversazione.
ore di
l film
233 Casta diva L’uso della locuzione è piuttosto ampio, poiché è stato
dustria
adottato principalmente dal linguaggio giornalistico, e come tale piegato al
uate a
volere del caso. La “casta diva” è solitamente una donna di spicco con
nte ne
atteggiamento leggermente snob: in tale senso è stato traslato il termine
casta. Casta diva è in realtà la cavatina (o aria di uscita) del personaggio
principale dell’opera lirica Norma di Vincenzo Bellini (1801-1835); l’opera
re pervenne realizzata in un breve lasso di tempo (nel 1831), e rappresentata per
vrebbe la prima volta a Milano. Nonostante il sottotitolo della Norma sia
sciuto.L’infanticidio, nella storia l’orrendo crimine non viene commesso. L’opera
135
rase èè ambientata nelle Gallie all’epoca dell’invasione romana: Norma,
cia fra sacerdotessa che aveva fatto voto di castità, è in realtà innamorata di
cuparePollione, proconsole da cui ha avuto in segreto due figli. Quando scopre il
uenzatradimento di lui con un’altra vestale, sta per cedere alla collera contro il
ase difrutto del loro amore. In realtà alla fine, di fronte alla situazione speculare
ostino: della sacerdotessa con cui il suo uomo l’ha tradita, Norma si immola in un
di non finale ad alto contenuto drammatico. La frase per intero recita «Casta Diva,
ere unche inargenti / Queste sacre antiche piante, / Al noi volgi il bel sembiante, /
Senza nube e senza vel!»: la casta diva è la dea Luna, al cui culto la
sacerdotessa Norma si era votata.
ere la
bblico. 234 Canto del cigno Si dice
istratodell’ultima interpretazione di qualcuno,
uti, al della sua opera definitiva e più bella. Il
li. Lamodo di dire risale a un’antica credenza,
pa, dasecondo la quale prima di morire il cigno
roprioselvatico canta il suo canto più armonioso e
po checommovente. Un’altra leggenda, analoga ma
o alla leggermente differente, vorrebbe che il
cigno muto emettesse il suo unico e
gradevole grido proprio prima di morire.
mento
facile 235 Mostro sacro L’appellativo viene usato spesso per personaggi o
puntoistituzioni la cui storia ha reso autorevoli, quindi, anche se ora hanno
passato il loro momento d’oro, mantengono influenza e prestigio presso i
più. Questo modo di dire deriva dal titolo di una commedia di Jean Cocteau
(1889-1963), scrittore francese, che si intitola appunto Les monstres sacrés
è stato
rappresentata per la prima volta nel 1940.
gato al
o con
rmine
naggio
’opera
ta per
ma sia
’opera
136
è ambientata nelle Gallie all’epoca dell’invasione romana: Norma,
sacerdotessa che aveva fatto voto di castità, è in realtà innamorata di
Pollione, proconsole da cui ha avuto in segreto due figli. Quando scopre il
tradimento di lui con un’altra vestale, sta per cedere alla collera contro il
frutto del loro amore. In realtà alla fine, di fronte alla situazione speculare
della sacerdotessa con cui il suo uomo l’ha tradita, Norma si immola in un
finale ad alto contenuto drammatico. La frase per intero recita «Casta Diva,
che inargenti / Queste sacre antiche piante, / Al noi volgi il bel sembiante, /
Senza nube e senza vel!»: la casta diva è la dea Luna, al cui culto la
sacerdotessa Norma si era votata.
137
TEMPO
236 Alle calende greche La frase indica una data che non giungerà
mai, con il significato di un’azione che non avverrà, che non si farà. La
locuzione originale è latina, che traduce a sua volta una frase greca, ad
kalendas graecas. La frase è stata, secondo lo scrittore Gaio Svetonio
Tranquillo (70-126), biografo di Giulio Cesare, pronunciata proprio da
Cesare per indicare un pagamento che non voleva saldare (riportato nelle
Vite dei Cesari). Questo perché le calende – che corrispondevano
sostanzialmente al primo giorno di ogni mese, ed erano il giorno in cui
venivano saldati i creditori – esistevano solo nel calendario romano e non
greco: un modo sottile per indicare, appunto, che il debito non sarebbe stato
saldato, poiché il giorno preposto non sarebbe mai arrivato.
238 Ora canonica È sinonimo di solita ora, ora abituale, quella in cui
avviene sempre la stessa cosa. Le ore canoniche sono infatti quelle in cui la
Chiesa prescrive ai suoi consacrati di pregare, a momenti precisi e fissi: ben
otto durante la giornata.
239 Quando Berta filava “Ai tempi in cui Berta filava” significa un
sacco di tempo fa, al tempo delle favole, quando la conclusione degli eventi
era sempre positiva. Il modo di dire viene usato insomma quando si vuole
spiegare che i tempi sono cambiati, che il vento è girato e non è più così
favorevole. Infatti l’origine, pur essendo incerta e rifacendosi a differenti
138
storie, ha sempre per protagonista
una Berta, il cui destino cambia
completamente da un giorno
all’altro, trasformandola da povera
filatrice a ricca signora, dopo aver
incontrato un nobiluomo o una
ungerànobildonna che ne riconosce le
rà. Laqualità eccelse nell’arte di filare. Le
addonne del paese, saputo del successo
etoniodi Berta, accorrono per offrire i
rio dapropri filati alla nobile gente, che
nelleperò risponde dicendo che appunto
evano“non è più il tempo in cui Berta
in cuifilava”. Legata a questa storia è quella di Berta di Ungheria, moglie di
e nonPipino il Breve e madre di Carlo Magno: secondo il Minacci, che ne scrive
e stato nel Malmantile, la promessa sposa di Pipino, Berta, si fece sostituire alle
nozze dalla sua ancella Elisetta. In seguito Berta fu tradita dalle persone che
l’avevano aiutata ad attuare questo piano, e dopo aver rischiato la morte
venne accolta in una famiglia di contadini, dove la vide proprio Pipino
a sua mentre stava filando, e se ne innamorò. Lei allora gli spiegò come erano
o). Siandate le cose e lui, ripudiata la falsa Berta, rimise al suo posto quella vera.
di dire L’happy end della storia rinforza il senso del modo di dire. La Berta del
ordineracconto, peraltro, ovvero la madre di Carlo Magno, è la patrona delle
frutta,filatrici.
240 Fare melina Il modo di dire, tipico del linguaggio del calcio in cui
in cuiindica il tentativo della squadra vincente di perdere tempo in passaggi sicuri
cui la per evitare di esporsi al rischio di gol, è poi passato all’uso comune, per
si: benindicare il tentativo di prendere tempo, di aspettare per evitare i rischi di
una decisione o di una presa di posizione. L’origine è dialettale, bolognese:
il gioco della melina, da queste parti, consisteva nel lanciarsi un cappello da
ica ununa testa all’altra, senza farlo acchiappare dal proprietario.
eventi
vuole 241 A babbo morto Si usa per indicare un tempo lontano, indefinito.
ù cosìGeneralmente impiegato per dire quando avverrà un pagamento: “A babbo
ferentimorto”, ovvero mai o comunque tra tanto tempo. L’origine va fatta risalire
139
all’abitudine dei rampolli di buona famiglia di contare sui soldi che
avrebbero ereditato una volta scomparso il genitore, e di contrarre debiti
mentre il padre era ancora in vita, stabilendo poi di saldarli una volta
diventati legittimi possessori dei beni di famiglia. A babbo morto, appunto.
Secondo altri, in particolare nella zona del maremmano, il significato
sarebbe invece differente: vorrebbe dire infatti compiere un’azione
d’impulso, senza pensarci molto, cadendo senza nemmeno ripararsi con le
mani, proprio come fa un corpo morto che cade.
140
di che erano però tirate senza la didascalia, senza la lettera, e quindi erano dette
debiti“ante litteram”. Ricercatissime come pezzi rari a loro si deve il modo di
voltadire.
punto.
ificato
245 Passare un brutto quarto d’ora Significa passare un brutto
azione
momento, breve ma particolarmente intenso, per drammaticità e difficoltà.
con le
Questo modo di dire risale al tempo di Rabelais (1494-1553) nel XVI
secolo. La dizione corretta infatti è «Passare il quarto d’ora di Rabelais», e
si riferisce a un episodio curioso della vita del famoso scrittore francese.
rno, ilEgli si trovava infatti a Lione senza soldi e senza sapere come fare per
agire e tornare a Parigi. La sua idea fu quella di sistemarsi in un albergo e
ani. Èrimanerci qualche giorno con fare misterioso, in modo tale da incuriosire
Quintol’albergatore. Questi insospettito fece frugare nella stanza dello strano
Odi.ospite, dove trovò una serie di pacchettini ben confezionati dallo scrittore
dallocontenenti una polvere bianca, e con scritto in modo evidente “Veleno per
saperil re“, “Veleno per la regina“, “Veleno per il principino” e per tutti i vari
a del cortigiani e ciambellani di corte. In questo modo Rabelais venne arrestato e
attimo riportato a Parigi per essere condannato. Con questo espediente lo scrittore
lliamsnon pagò né l’albergo né il viaggio di ritorno. Una volta a Parigi spiegò la
sua macchinazione contando sul fatto che il re Francesco I, suo amico ed
estimatore, si sarebbe divertito molto della sua arguzia. Cosa che in effetti
avvenne: ma Francesco, anch’egli burlone, lo fece lasciare per un quarto
ca “a
d’ora circondato da guardie, facendo loro dire che il re aveva dichiarato di
scelta
non conoscerlo e che sarebbe stato condannato a morte per l’attentato. Da
e negli
qui l’origine del modo di dire.
e nelle
libera
petuta
della
da che
usioni
va dal
ta alle
cisioni
141
o dette
odo di
brutto
icoltà.
l XVI
ais», e
ncese.
re per
rgo e
riosire
strano
rittore
no per
i vari
246 Sic transit gloria mundi Tradotto dal latino, “così passa la
stato e
gloria di questo mondo”; in senso lato significa che le cose del mondo sono
rittore
transitorie. Si usa per commentare improvvisi cambiamenti, morte o
egò la
bancarotta: in generale ciò che appartiene a questo mondo, e che
ico ed
improvvisamente scompare, magari dopo un momento di grande fortuna.
effetti
La frase deriva dall’Imitazione di Cristo scritto dal monaco olandese
quarto
Tommaso da Kempis (1379-1471), dove si legge «O quam cito transit
ato di
gloria mundi». La frase è a sua volta derivata dalla Prima lettera di
to. Da
Giovanni, dove l’evangelista scrive «Mundus transit et concupiscentia
eius» (“il mondo passa con la sua concupiscenza”). La frase è celebre,
perché si soleva ripetere per tre volte al papa appena eletto al soglio
pontificio mentre si faceva bruciare uno stoppino, per ricordare appunto
quanto effimero fosse il nostro passaggio in questo mondo.
142
costumi!”. È il grido scandalizzato di chi vuole sottolineare la corruzione
del tempo presente rispetto a un passato che si ritiene migliore, in cui
moralità e bontà erano diffuse. L’esclamazione è di Cicerone e trascritta
nella prima Catilinaria, l’orazione da lui tenuta in Senato per accusare
Catilina di aver tramato contro la Repubblica. Cicerone si scaglia contro la
corruzione dei tempi, e denuncia anche il tentativo da parte di Catilina di
farlo assassinare, per nascondere le sue colpe.
249 Menare il can per l’aia È detto di chi si comporta come se non
volesse arrivare al dunque, chi cerca di sviare l’attenzione perdendo tempo
e girando intorno alla questione, anziché affrontarla direttamente. È
analogo a “ciurlare nel manico”. Letteralmente significa “condurre il cane
per l’aia”, che è lo spazio antistante la fattoria. Probabilmente il modo di
dire trae origine dall’immagine di un cane che viene condotto in uno spazio
in cui abitualmente si muovono gli animali da cortile, creando confusione,
distogliendo l’attenzione da ciò che conta. Altra possibile provenienza è
ssa la
attestata da Paolo Minucci, che nel Malmantile riacquistato, libro del 1688,
o sono
così commenta: «L’aia è un luogo troppo piccolo per un cane da caccia
orte o
abituato a spazi più ampi, a boschi e luoghi scoscesi».
e che
ortuna.
andese
transit
era di
centia
elebre,
soglio
ppunto
antica
omune
ano in
250 Ciurlare nel manico Si usa quando si vuole indicare chi sta
pi, che perdendo tempo, chi tentenna e non sa prendere una decisione precisa. Il
143
uzione verbo “ciurlare” – la cui origine è latina, e sembra sia una forma sincopata
in cuidi circulare, ovvero “muoversi in giro, girare” – significa non essere ben
scritta saldo, e si usa solitamente per gli strumenti da lavoro che non stanno ben
cusarefissi nella loro impugnatura, come appunto il manico di un coltello.
ntro la
ina di
251 Mutatis mutandis “ Cambiate le cose da cambiare”, nella
traduzione letterale dal latino. Si usa sostanzialmente come sinonimo di
“fatte le debite proporzioni”, per sottolineare come, al di là dei
se noncambiamenti circostanziali, delle situazioni contingenti, la questione sia la
tempomedesima, sia in riferimento ai mutamenti nel tempo che nello spazio. A
nte. Èvolte può essere utilizzata anche in modo più letterale, per indicare appunto
l cane qualcosa da cambiare.
odo di
spazio
252 Di punto in bianco Significa
sione,
improvvisamente, senza apparente
enza è
connessione con l’azione o il concetto
1688,
precedenti, di colpo. La locuzione deriva dal
caccia
gergo militare francese, e più precisamente
balistico: era il colpo di cannone sparato in
orizzontale (a zero). Il colpo era possibile
solo a distanza ravvicinata ed era
imprevedibile, perché non si poteva
calcolare in anticipo, non avendo coordinate
e non producendo una parabola. Galileo
Galilei nelle sue Opere fisico-matematiche
spiega che «il tiro parallelo al piano, detto
tiro a livello, ovvero di punto in bianco […].
E dicesi di punto in bianco, perché usando i bombardieri la squadra con
l’angolo retto diviso in dodici punti, chiamano l’elevazione al primo punto,
al secondo, terzo, ecc. […]. Quel tiro poi, che non ha elevazione alcuna,
vien detto tiro di punto in bianco, cioè di punto niuno, di punto zero».
L’originale francese è de but en blanc.
hi sta
isa. Il
144
verbo “ciurlare” – la cui origine è latina, e sembra sia una forma sincopata
di circulare, ovvero “muoversi in giro, girare” – significa non essere ben
saldo, e si usa solitamente per gli strumenti da lavoro che non stanno ben
fissi nella loro impugnatura, come appunto il manico di un coltello.
145
GIUDIZI
146
zabile
rigine
hiati a
sso o
va per
ne che
haniel
palese;
iferire
naggio 255 Il re è nudo L’esclamazione si usa per sottolineare come sia
Il ormai evidente, sotto gli occhi di tutti, l’incontestabile verità di pochezza di
azzataqualcuno, solitamente uomini politici o comunque personaggi di spicco; o
e dellaper denunciare una situazione spinosa di cui nessuno vuole parlare, che si
. Il finge di ignorare. La locuzione risale a una favola dello scrittore danese
minuti Hans Christian Andersen (1805-1875), I vestiti nuovi dell’imperatore
are la(1837): in essa un imperatore vanitoso e stupido si fa ingannare da due
ale, e truffatori che gli promettono un vestito di bellezza straordinaria con una
questostoffa molto speciale, un tessuto impalpabile e sublime che ha la
esa diparticolarità di non essere visibile agli occhi degli stupidi. Quando i due si
presentano senza nulla tra le mani, ma fingendo di star presentando un abito
di squisita fattura, l’imperatore e tutta la corte per non passare da stupidi si
congratulano della creazione. Fino al punto in cui, mentre l’imperatore sta
sfilando per le strade della città con il suo nuovo abito, si imbatte in un
bambino che, con il candore dell’innocenza, esclama: «Non ha niente
addosso!».
147
servizio è scarsa. Spesso l’impiego della locuzione è riferito al cibo. La
frase infatti è diventata celebre grazie al film La grande guerra di Mario
Monicelli del 1959. Nel film, ambientato durante la Seconda guerra
mondiale e che racconta la vita di trincea, il protagonista Alberto Sordi
impersona il tipico individuo meschino e di piccola statura morale, capace
di fare lo spavaldo a parole ma in realtà pavido al momento di agire, e
terrorizzato dai superiori. Al punto che, durante il controllo di rito del
rancio – in questo caso addirittura del comandante in capo – non solo non
ha il coraggio di reclamare per la pessima qualità della brodaglia che
solitamente viene elargita ai soldati (come invece aveva millantato), ma
anzi si complimenta, commentando che il cibo è appunto «ottimo e
abbondante».
148
bo. Lache erano presenti si giustificò spiegando che aveva dovuto prima eseguire
Mariola sua cavalcata quotidiana, esortando i dottori a fare lo stesso, praticando
guerral’ippica anziché l’eccesso di studio, secondo i più ferrei dettami fascisti.
Sordi
capace
gire, e
to del
o non
a che
o), ma
mo e
viene 259 Elogio sperticato Si dice di una lode eccessiva, che supera la
nciaremisura e le aspettative di tutti. “Sperticato” deriva dal termine “pertica”,
mpiuta.che era un’antica unità di misura dei terreni, e che quindi implica il
ornaleconcetto di eccesso, di superamento di una misura di per sé notevole.
tterato
ancese
260 L’abito non fa il monaco Ovvero
Alfred
l’apparenza inganna e ciò che pare non sempre è.
naggio
Il proverbio deriva dal medievale «cucullus non
ancesi.
facit monachum»: il cocullo è in realtà solo il
te, era
cappuccio, ma è altrettanto vero che si tratta della
uyana
parte che più evidentemente caratterizza l’abito
arcere
monacale. È nota una favola trecentesca di Franco
dopo
Sacchetti, poeta e scrittore fiorentino, che si
ide le
intitola Messer Barnabò e il mugnaio. La storia è
quella di un abate condannato da Barnabò
Visconti a pagare una multa, che gli sarebbe però
o, per stata sospesa se si fosse dimostrato in grado di
mpito, rispondere a quattro domande molto difficili.
vare a L’abate allora si fece sostituire da un mugnaio
oliticomolto astuto che, nascosto dal cappuccio, rispose
31, incorrettamente al posto dell’abate. Peccato però che
na perBarnabò, conoscendo l’ignoranza del religioso,
dottoriscoprì l’inganno e costrinse i due a scambiarsi
149
eguire perennemente i ruoli.
cando
261 Non ragioniam di lor, ma guarda e passa Il modo di dire è
utilizzato quando si vuole esprimere disprezzo, mancata considerazione nei
confronti di qualcuno che si sta comportando male; oppure quando si vuole
suggerire di non dare importanza a maldicenze e/o consigli sgraditi. La
frase è dantesca: nel III canto dell’Inferno, Dante passa davanti agli ignavi
accompagnato da Virgilio, che gli suggerisce appunto di non curarsi di
quelle persone, ma di proseguire nel cammino. La frase viene poi
riutilizzata in altre occasioni, sempre nella Commedia, anche se con
sfumature differenti nella composizione.
150
mura abbattute e il porto distrutto. Le guerre puniche si scatenarono tra
Roma e Cartagine per il controllo della Sicilia e la supremazia sul
Mediterraneo. I Romani vinsero sempre, ma dopo la seconda guerra molti
dire è
cittadini dell’Urbe non erano tranquilli, convinti che il nemico avrebbe
ne nei
rialzato prima o poi la testa per attaccare nuovamente Roma. Le distruzioni
vuole
e le perdite durante le guerre erano state talmente ampie da rimanere
iti. La
impresse nella mente del popolo, e Catone faceva in modo di tenerne vivo il
ignavi
ricordo dichiarando ripetutamente a conclusione di ogni discorso: «Ceterum
arsi di
censeo Carthaginem esse delendam» (“Inoltre ritengo che Cartagine debba
e poi
essere distrutta”).
e con
264 Fare una geremiade Si usa per indicare una lamentazione lunga
e noiosa, con cui si è stati afflitti senza cura alcuna del fastidio arrecato,
snocciolando una lunga fila di disgrazie e malanni. Il modo di dire risale
all’opera del profeta biblico Geremia, che scrisse il libro delle
Lamentazioni in cui parla della tremenda distruzione di Gerusalemme da
parte di Nabucosonodor, re dei Babilonesi (587 a.C.).
151
no tra 266 Senza infamia e senza lode Si usa questa locuzione quando si
ia sulvuole parlare di qualcosa, o qualcuno, che non ha particolari difetti, ma
molti nemmeno qualità di spicco. Una persona o una cosa piuttosto mediocre, che
vrebbe non si distingue né per danni gravi ma neppure per aspetti notevolmente
uzionipositivi. La frase è stata creata – o secondo alcuni rielaborata dalla
maneretradizione popolare – da Dante Alighieri, che la utilizzò nella Divina
vivo ilCommedia per definire gli ignavi, nel III canto dell’Inferno, «coloro / che
terumvisser sanza ‘nfamia e sanza lodo».
debba
267 Ai posteri l’ardua sentenza La frase è
tratta dalla poesia Il cinque Maggio, scritta da
lungaAlessandro Manzoni (1785-1873) nel 1821, in
ecato,occasione della morte di Napoleone Bonaparte: il
risaletitolo è proprio la data della scomparsa dell’ex
delle imperatore dei francesi. L’ode, scritta di getto dopo
me daaver letto la notizia sul giornale, canta le qualità del
condottiero, morto in esilio sull’isola di
Sant’Elena, il ricordo delle gesta eroiche del quale
ancora riecheggiava nella mente dei più. In realtà
ciò che colpì Manzoni non fu tanto la grandezza
del condottiero, per il quale non aveva mai
simpatizzato, quanto la notizia che prima di morire
aveva ricevuto i sacramenti cristiani. Nel testo, il
confronto tra le glorie del francese e la fragilità umana, e soprattutto la
benevolenza di Dio sono sottolineati proprio da questa frase, che, completa
della precedente («Fu vera gloria?»), propone il quesito sul senso della vita
e del successo terreno. La locuzione è entrata nel parla to quotidiano, per
enfatizzare come certe situazioni non possano essere giudicate “a caldo”,
ma solo quando sia trascorso un bel po’ di tempo. Altra citazione piuttosto
pe e i famosa tratta dalla medesima poesia è l’incipit, «Ei fu. Siccome immobile»,
etri diusato irriverentemente per appellare qualcuno che non si è dimostrato
da unaparticolarmente attivo o presente all’azione.
ervata
viene 268 Prendere in castagna La locuzione si usa come sinonimo di
cogliere in flagrante errore, beccare qualcuno nel momento in cui sta
sbagliando o facendo qualcosa di non corretto. Deriva dal latino medievale:
152
ndo si si diceva infatti “prendere in marrone”, poiché nel latino dell’epoca marro,
ti, mamarronis significava errore. Nella comune vulgata, la parola si è confusa
e, checon quella dal medesimo suono, che però significa “castagna”. Ecco
mente dunque perché si è arrivati a dire “prendere in castagna” anziché “prendere
dallain errore”.
Divina
/ che 269 Vox populi, vox dei Letteralmente significa “Voce di popolo,
voce di dio”. Si usa per sostenere che quanto diffuso dalle dicerie popolari
abbia in realtà un fondamento. Si tratta di un adattamento di una frase
biblica, che si legge nel libro di Isaia, e che recita appunto «Una voce! Un
tumulto sale dalla città, una voce esce dal Tempio! È la voce del Signore».
La frase è stata poi ripresa da Alcuino di York (735-804) in Capitulare
admonitionis ad Carolum IX, uno dei capitolari da lui compilati, in cui
metteva in guardia Carlo Magno dal prendere in parola tutto ciò che veniva
commentato dal popolo.
mo di 271 Non è tutto oro quel che luccica Ovvero non lasciarsi
ui staingannare dalle apparenze, perché ciò che sembra non sempre è, la sostanza
evale:
153
marro,può essere differente. Questa esortazione, da tempo presente nel linguaggio
onfusa colloquiale, è stata “istituzionalizzata” da William Shakespeare (1564-
Ecco1616) nel suo Il mercante di Venezia (1596 circa). L’originale inglese, che
enderesi legge sul testo scespiriano, è «all that glisters is not gold», dove glisters è
una forma arcaica di glitters, ma il significato è identico. La frase viene
pronunciata dal principe del Marocco, uno dei pretendenti di Porzia, mentre
legge il biglietto contenuto in uno dei cofanetti, uno d’oro, uno d’argento e
opolo,
uno di piombo, tra cui doveva scegliere: se avesse trovato il ritratto della
polari
donna, sulla base degli indizi, l’avrebbe avuta in sposa. Invece, ingannato
frase
dalle apparenze, sceglie quello sbagliato: quello appunto d’oro, in cui
ce! Un
legge: «Non è tutt’oro quello che risplende; questa massima udita hai tu
nore».
sovente».
tulare
in cui
veniva 272 Conoscere i propri polli Ovvero conoscere bene i punti deboli e
le necessità delle persone con cui si ha a che fare. L’origine di questo modo
di dire risale all’epoca in cui i polli vivevano sparsi tra le case dei villaggi
in un’unica comunità, sorvegliati da tutti in collaborazione. Quando però
come
era il momento di tirare il collo alla gallina per cucinarla, era importante
a tutti,
saper riconoscere qual era “il proprio pollo”. Per questo alcuni adottavano il
e. La
metodo del nastrino colorato, legato alle zampe delle proprie bestie. Ma le
rorum
migliori massaie erano quelle che sapevano distinguere a occhio i propri
dalla
animali.
ata da
che la
mente
one, la
Indice
mpresi
venne
rorum
infine
lista.
154
uaggioovviamente: sparare a zero (cioè con alzo zero) significa sparare
1564-orizzontalmente rispetto al terreno, e quindi essere molto vicini al nemico,
e, cheun momento in cui lo scontro, per ovvi motivi, è particolarmente violento.
è
viene
274 Al di là del bene e del male Si dice
mentre
per intendere qualcosa capace di andare oltre i
ento e
tradizionali canoni di giudizio, qualcosa o
della
qualcuno talmente straordinario da essere fuori
annato
dalle normali regole. La frase è stata resa famosa
in cui
dall’omonimo libro scritto nel 1886 dal filosofo
hai tu
tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), uno dei
testi fondamentali della sua produzione, in cui si
scaglia contro gli intellettuali del suo secolo e la
eboli e loro passività, nonché mancanza di giudizio autonomo, soprattutto nei
modo confronti della religione cattolica e della sua morale.
illaggi
o però
275 Pietra di paragone Significa termine di confronto. Il paragone è
ortante
un diaspro nero, una roccia molto dura, che un tempo si usava per saggiare i
vano il
metalli preziosi, strisciandoveli contro e verificando la traccia che
Ma le
lasciavano.
propri
155
parareerano presieduti da alcun giudice preposto dallo Stato.
emico,
277 Prendere un granchio Significa prendere un
abbaglio, una cantonata. L’origine della locuzione sta nella
vita marinara, quando i pescatori lanciavano le reti nella
speranza di pescare qualcosa di importante, e invece
tiravano su solo qualche crostaceo.
156
ione è
do sta
roder,
o una
157
POTERE
158
insolenza. La frase è uno dei tormentoni di Fracchia, il personaggio creato
da Paolo Villaggio prima del ragionier Fantozzi, ma con simili
caratteristiche. Il primo film che ebbe per protagonista questo personaggio
fu Fracchia, la belva umana, pellicola del 1981 diretta da Neri Parenti. Fu
di molto posteriore alla creazione del personaggio e perfino ai film su
Fantozzi, personaggio che in realtà rappresenta una sorta di evoluzione di
questa Fracchia, la cui nascita risale addirittura al 1968.
ile”, o
meno 283 Eminenza grigia In questo
ropriamodo viene solitamente definita una
nvintapersonalità molto potente ma
azioneocculta, che trama nell’ombra
questoconsigliando i potenti di spicco. La
Marcodefinizione venne coniata in origine
.C.) eper il frate François-Joseph Le Clerc
a.C.), du Tremblay (1577-1638), diventato
ovanecelebre per essere uno dei consiglieri
di Richelieu (anche se non prendeva
parte ufficialmente alla vita di corte
né alla politica). Il colore della definizione venne scelto per differenziarlo
dal rosso del cardinale, ovvero Richelieu. La sua figura è stata ben
tratteggiata nel libro di Alexandre Dumas, I tre moschettieri.
159
creatodannazione eterna, che ha la meglio sul suo corpo – ma non sul suo mito.
simili
naggio
285 Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. E più non
nti. Fu
dimandare È la frase di rito che accompagna Dante a più riprese durante
lm su
il suo cammino negli inferi narrato nella Divina Commedia. Il significato è
one di
abbastanza chiaro: «questa è la volontà di chi può ottenere ciò che vuole».
Oggi si usa per indicare una sottomissione a un potere più forte, un po’
come la frase latina «ubi maior minor cessat». Indica insomma la volontà
indiscutibile a cui obbedire senza troppe esitazioni. Dante utilizza la frase
per due volte in maniera identica, e una terza in modo leggermente diverso.
160
288 Chi siete, dove andate, un fiorino La frase è tratta dal
bellissimo film di Roberto Benigni e Massimo Troisi Non ci resta che
ù nonpiangere, del 1984. In una memorabile scena, i due protagonisti, Mario e
uranteSaverio, passano davanti a un doganiere che, meccanicamente e senza
cato èguardare, ripete ossessivamente la stessa domanda ai due, che per un
uole».piccolo incidente sono costretti a ripassare più volte dalla dogana. La frase
un po’è rimasta nell’uso comune a indicare un certo atteggiamento ottuso e
olontà irragionevole della pubblica amministrazione, che non guarda in faccia a
a frase nessuno e si preoccupa solo di saldare i conti.
161
ta dalsi usa per indicare il “numero legale”, ovvero il numero di voti o di
a chepresenze necessarie perché una deliberazione sia legittima. Il quorum è
ario eanche il numero di voti necessari perché un referendum sia considerato
senza valido, e perché un candidato possa essere eletto in un determinato collegio.
per unIl termine deriva da un’antica legge inglese, secondo la quale il numero
a fraseminimo di giudici per la validità di un processo doveva essere due: la legge
uso ecominciava appunto con “quorum”, e i giudici erano definiti “giustizieri di
ccia apace”.
162
i o dimiracoli”, quella zona della città dove, sotto l’Ancien Régime, si
rum èraccoglievano la notte i mendicanti e vi sparivano, infrattati negli angoli,
deratocome per miracolo.
llegio.
umero
294 Ad personam Si dice dei provvedimenti presi non per il bene
legge
della comunità ma di una singola persona, a vantaggio di uno solo, o
ieri di
meglio tagliate su misura per il singolo. La sfumatura negativa deriva
dall’impiego relativamente recente della definizione, per indicare una legge
che regali un privilegio: ma in realtà l’espressione serve anche a indicare,
dallaper esempio, un’assistenza medica particolarmente sollecita e studiata su
entare misura per il paziente, anziché standardizzata. La locuzione è di origine
iuta alatina; la traduzione letterale è appunto “per la persona”. L’impiego riferito
mentea leggi costruite per salvaguardare l’interesse di uno solo si deve al
teatrogiornalista toscano Indro Montanelli (1909-2001) negli anni Sessanta, in
ivinità riferimento a una legge che permise a Giovanni De Lorenzo (1907-1973),
via dicontroverso generale italiano che organizzò il mai attuato colpo di stato del
so un“Piano Solo”, di rimanere a capo del Servizio informazioni forze armate
. In(Sifar), il servizio segreto italiano.
tra gli
295 Alti papaveri Sono gli ingessati e potenti protagonisti della
politica, o comunque della vita pubblica, le persone importanti e
sussiegose. L’origine della locuzione è latina. Livio, nelle sue Storie
racconta di come Tarquinio il Superbo mandasse suo figlio Sesto in una
città vicino Roma, per conquistarla. Questi, entrato nelle grazie dei
cittadini, mandò un messo dal padre per sapere come dovesse comportarsi.
Tarquinio, anziché rispondere al messo, passeggiando nel proprio giardino
troncò le teste dei papaveri più alti. Tornato da Sesto, il messo riferì ciò che
aveva visto e che il figlio di Tarquinio interpretò correttamente, facendo
are in uccidere tutti i cittadini più in vista della città.
tori o
specie
zie al
1831.
essere
ora di
te dei
163
miracoli”, quella zona della città dove, sotto l’Ancien Régime, si
raccoglievano la notte i mendicanti e vi sparivano, infrattati negli angoli,
come per miracolo.
164
GAUDIO
E TRIPUDIO
298 Chi vuol esser lieto sia Questo modo di dire si usa quando si
vuole invitare a non pensare alle preoccupazioni, o a un problema che non
si può risolvere, incitando a cercare di stare bene nel momento che si sta
vivendo e a non pensarci troppo. La locuzione possiede una venatura
malinconica, tipica del poema a cui appartiene, la Canzona di Bacco
composta da Lorenzo de’ Medici (1449-1492), che recita «Quant’è bella
giovinezza, /che si fugge tuttavia! /chi vuol esser lieto, sia: /di doman non
c’è certezza». E con lo stesso tono viene pronunciata: quello di chi sa che la
felicità dura poco, e che va costruita anche con il proprio atteggiamento
165
positivo.
ndo si
he non 301 Cena luculliana Si dice di un pasto particolarmente abbondante,
si sta ricco di piaceri della gola e di cibi originali e gustosi. Deriva dal nome di
naturaun generale romano, Lucio Licinio Lucullo (110 a.C.-56 a.C.). Valente
Baccocondottiero, sconfisse Mitridate, re del Ponto, e tornò a Roma carico di
bellatrofei e ricchezze razziate in guerra. Con tale bottino si ritirò a vita privata
n nonin ville lussuose, collezionando oggetti di valore e organizzando feste
che lamemorabili, i cui banchetti erano talmente ricchi di ogni ben di dio da
mentodiventare leggendari. Plutarco ha tramandato la storia dell’opulenza delle
166
tavole luculliane nel suo libro delle Vite parallele dedicato a Lucullo e
Cimone.
zione,
mbiato 302 Home sweet home Ovvero “casa dolce casa”. La frase è detta
di direper cantare le lodi del proprio rifugio domestico, e in senso lato di ciò a cui
e notosiamo abituati, che è quotidiano nella nostra vita, sia fisicamente che
lzate),sentimentalmente. Si dice di ritorno da un viaggio, ma anche quando si è
ttanta,lontani, con una punta di nostalgia. È il titolo di una canzone inserita in una
quellicommedia musicale del 1823 dell’americano John Howard Payne, Clary,
Smiththe Maid of Milan (“Clary, la fanciulla di Milano”). I versi sono stati
ersità,improvvisati dall’autore, che doveva aggiungere un’aria cantata dalla
ne delprotagonista.
itolato
mente
are un
a loro
gioia,
fonti
ui per
senso
ista di
, un
ndo si
167
ullo eai beati. Il settimo cielo dunque era quello più elevato possibile per gli
esseri viventi.
168
per gli 306 Non plus ultra La versione originale, in realtà, recita «Nec plus
ultra», ovvero “non più oltre, non avanti di più”. La locuzione si deve a
Pindaro (518-438 a.C.), poeta greco, che ne scrisse nelle sue Nemee
uzionecomponimenti dedicati a Zeus. Si usa per indicare qualcosa di eccellente,
“su diqualcosa che appunto non si può superare, anche se in senso qualitativo e
azioni non fisico. Narra la leggenda che questa fosse la scritta posta sopra le
in unocolonne d’Ercole, allo stretto di Gibilterra. Dopo la missione di Cristoforo
Colombo, Carlo V re di Spagna e sacro romano imperatore (1500-1558)
fece togliere il non (o nec) e trasformò il detto in «plus ultra», a imperituro
incitamento a superare i propri limiti e confini.
169
c plusnelle Epistole: «jucundum tamen nihil agere», “tuttavia non fare nulla è
deve a piacevole”. Del resto anche Cicerone aveva scritto nel De oratore («Nihil
Nemee,agere delectat») sul dilettarsi a non fare nulla.
llente,
tivo e 309 Doggy bag Letteralmente dall’inglese, “pacchetto per il cane”. È
pra leil modo in cui gli americani definiscono gli avanzi del cibo consumato al
tofororistorante. Negli Stati Uniti è infatti molto diffusa l’abitudine di farsi
1558)impacchettare gli avanzi per portarseli a casa: i ristoranti sono forniti di
erituroapposite vaschette per il take away, destinate esclusivamente all’impiego
per gli avanzi di ciò che è stato mangiato al tavolo, e non per portare via il
cibo integro da consumare altrove. Non viene percepito come indice di
spilorceria, ma anzi di apprezzamento della cucina. Il nome è comunque
indicativo del fatto che anche nei moderni Stati Uniti un po’ di forma
evidentemente era d’uso: gli avanzi, almeno a parole, erano da portare al
cane.
170
ulla è creano il consenso popolare, organizzando manifestazioni utili a distrarre
«Nihil l’attenzione pubblica dai veri problemi dello Stato. La frase è del poeta
latino Giovenale (55/60 d.C.-127 d.C.), che la scrive nelle Satire, l’opera in
cui racconta dell’epoca in cui viveva. Anche allora infatti i giochi potevano
avere la funzione di distogliere i cittadini dalla vita politica, in modo da
ne”. È
lasciarla in mano a pochi.
mato al
farsi
niti di 312 Mens sana in corpore sano
mpiegoLetteralmente, “una mente sana in un corpo sano”.
via ilSi usa per sottolineare l’importanza dell’esercizio
ice difisico, che aiuta a rasserenare la mente e a
unque migliorarne le prestazioni. La locuzione è di
forma Giovenale, che la scrive nella decima Satira,
are al quella in cui parla della vanità dei desideri umani
quando si focalizzano sui beni terreni effimeri. Al
contrario, secondo il poeta, chi è davvero sapiente
aspira solo a due condizioni, il benessere
dell’anima e quello del corpo, le uniche due
preghiere da rivolgere alla divinità. Molto sentito
era, tra i Romani, il problema della salute: non per
nulla argomentazioni simili a queste si trovano
anche nelle Epistole di Seneca e nelle Odi di
Orazio.
chi del 314 Possedere una vis comica Si dice di comici o attori che hanno
nostro una straordinaria capacità di provocare la risata negli astanti, a volte anche
overnisolo con la mimica. Questo avviene per una errata interpretazione delle
171
strarreparole vis comica, tradotte letteralmente come “forza comica”, e che invece
poetaderivano da questo passo di Svetonio: «Lenibus atque utinam scriptis
pera inadiuncta foret vis, Comica ut aequato virus polleret honore Cum Graecis»
evano (e cioè: “Fosse stata aggiunta nei tuoi versi gentili la forza, il tuo valore
do da nella commedia avrebbe uguagliato in onore i Greci”). Il biografo
attribuisce la frase a Giulio Cesare (100-44 a.C.), che avrebbe commentato
in questo modo il lavoro del commediografo Publio Terenzio Afro (185-
159 a.C.).
172
nveceloro volta mutuano il nome dall’aggettivo spagnolo bravo, che significa
criptis“turbolento, impetuoso, selvaggio”. Allo stesso ambito risale il termine
aecis»bravata.
valore
ografo
317 Campioni del mondo Si usa per celebrare un successo, di
entato
qualunque genere, nel modo enfatico tipico del calcio, spesso
(185-
accompagnata da braccia alzate. La frase, ripetuta tre volte, è ricordata per
essere stata gridata con entusiasmo dal telecronista Rai Nando Martellini
nel 1982, alla vittoria dell’Italia sulla Germania nella finale del mondiale di
calcio in Spagna. Il cronista ripetè tre volte la frase, perché era la terza volta
che l’Italia vinceva la prestigiosa coppa.
173
gnifica
rmine
so, di
spesso
ta per
tellini
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licet
ie”. Si
edersi
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ganos,
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latino,
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come
mente
ta nel
stanno
sione;
L’uso
del
174
175
PRETESE
321 Tenere i piedi in due scarpe Si dice di chi, con fare ambiguo,
mantiene un comportamento doppio, tale da non decidere né in un senso né
in un altro. Chi insomma si comporta in modo sleale, mantenendo una
doppia posizione, in modo da poter prendere il meglio di entrambe le
situazioni. Pare che il modo di dire derivi da una leggenda, secondo cui
un’avvenente fanciulla avrebbe usato il suo fascino per ammaliare un
ciabattino, e convincerlo a lasciarle provare una scarpa destra di un
determinato modello e una sinistra di un’altra foggia, per un periodo di
tempo troppo lungo. Le scarpe si rovinarono, e lui fu costretto a venderle
anche l’altro paio della coppia a un prezzo basso. Questa locuzione ha una
corrispondenza nel latino «duabus sedere sellis» (“sedere su due sedie”), la
frase che rivolse Decimo Laberio a Cicerone per criticarlo della sua
indecisione politica tra Pompeo e Cesare, così come riportato da Seneca
nelle sue Controversie.
176
biguo,
nso né
o una
mbe le
do cui
re un
di un
odo di
nderle
ha una
e”), la
a sua
Seneca
a per
uando
quindi
vino.
el suo
mento
177
178
VARIE
179
alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel
tempo… come lacrime nella pioggia. È tempo… di morire». Pare che nella
sceneggiatura originale il monologo fosse previsto diversamente: molto più
lungo e meno incisivo. Rutger Hauer suggerì i tagli da apportare, e
improvvisò la frase conclusiva, «come lacrime nella pioggia».
180
ti nelcambiavano nuovamente le maniche. Anche le dame solevano donare le
e nella proprie maniche ai loro eroi nei tornei cavallereschi, che se le annodavano
to più attorno alle spalle. Da questa abitudine trae origine anche la parola
are, e“mancia” e il detto “lasciare la mancia”: mancia è l’italianizzazione del
francese manche, “manica” appunto.
181
are ledi dire è legata all’ambito musicale, in particolare a quello dell’opera. Ogni
avanopersonaggio infatti è caratterizzato da un leitmotiv, una melodia o un’aria
parolache ritorna ogni volta che il personaggio rientra in scena, e serve per
ne delindividuarlo meglio. È utile per aiutare il compositore oltre le parole nel
raccontare la storia, e all’auditorio per seguire meglio i passaggi. La parola
deriva in origine dal francese motif, che significa “tema”, ma è stata
riadattata in tedesco, con l’aggiunta del prefisso leit (dal tedesco leiten,
“condurre”). Il risultato finale è appunto Leitmotiv, un motivo che conduce.
Nell’opera lirica, il primo compositore ad aver impiegato il leitmotiv è stato
il compositore tedesco Carl Maria von Weber (1786-1826), almeno
secondo il critico musicale Jähns, che nel 1871 definì in questo modo la
tecnica usata da Weber. Ma il compositore con cui questo tipo di espediente
diventa celebre è Richard Wagner, che nella sua saga immortale L’anello
del Nibelungo (Der Ring des Nibelungen) creò ben 74 leitmotiv.
uzione
uscire
cante,
essere
331 ET Telefono casa Si usa scherzosamente quando si vuole
di
ironizzare sull’uso del telefono, oppure quando qualcuno prova nostalgia
Albio
per la propria famiglia e sente il bisogno di stabilire un collegamento.
citata
Spesso la frase viene accompagnata dal gesto della mano, con l’indice
debolmente sollevato. Il modo di dire ha infatti origine da una scena del
film di Steven Spielberg ET l’extraterrestre, del 1982, un successo
elodiaplanetario che affermò definitivamente il regista americano. Nel film, il
ggi, epiccolo alieno ET, dimenticato sulla Terra, cerca di ristabilire un contatto
modocon i suoi compagni per tornare a casa, aiutato da un bambino e dalla sua
182
. Ognifamiglia.
n’aria
ve per
332 Seguire il fil rouge “Il filo rosso”, in francese. Colloquialmente
le nel
si usano entrambe le definizioni, sia quella italiana che quella francese, resa
parola
nota nel nostro Paese grazie all’appuntamento televisivo con i Giochi senza
stata
frontiere, programma in cui si sfidavano squadre di diverse nazionalità in
leiten,
giochi stravaganti, e il fil rouge rappresentava la possibilità di saltare un
nduce.
turno in un gioco in cui la squadra non si sentiva forte. “Il filo rosso” è
è stato
comunque “il filo conduttore”, ciò che caratterizza un evento, un
lmeno
avvenimento o anche una vita intera, al di là delle piccole variazioni o dei
odo la
particolari. Se largo uso del modo di dire è stato fatto da Freud (1856-
diente
1939), che nei suoi studi di psicoanalisi ha usato anche questa locuzione per
anello
definire l’inconscio, è Goethe (1749-1832) che ha reso famosa la
definizione, impiegandola nel suo romanzo Le affinità elettive. In realtà
l’uso letterario deve il suo significato alla pratica marinaresca, dove il filo
rosso è l’espediente usato per districare le gomene, quando sono
aggrovigliate tra loro.
vuole
stalgia
mento.
indice
na del
ccesso
ilm, il
ontatto
la sua
183
famiglia.
184
SUCCESSI
E INSUCCESSI
185
che noi conosciamo, e che pronunciata per esteso si legge appunto okay.
KO, ovvero il suo contrario, non è però semplicemente l’inversione delle
due lettere, ma deriva dal gergo pugilistico, in cui il KO è il knock out,
ovvero “il mettere fuori combattimento l’avversario”.
186
okay.insuccesso bruciante. Viene comunque molto impiegato soprattutto in
delleambito calcistico, che poi è il medesimo da cui trae origine: il termine risale
k out, infatti ai mondiali di calcio di Spagna del 1982, quando i mondiali
divennero il mundial, e molte delle parole usate sul campo vennero dette
alla spagnola, tra cui appunto goleada.
tenuto
endere
ttoria,
hi l’ha
nella
triano,
urono
porre,
utarco,
oia per
Livio
Brenno 339 Mordere la polvere Si usa per schernire chi è stato battuto,
rra nel sottolineandone la rabbiosa impotenza nella sconfitta. La polvere è infatti
ano laquella dei cavalieri disarcionati in battaglia, che dall’alto del cavallo
nno sifiniscono in terra, dove il polverone sollevato è così fitto da finire in bocca.
oro daNell’antichità il modo di dire era leggermente diverso, e si utilizzava la
ntandoparola “terra” anziché “polvere”. Come fa Virgilio (69-18 a.C.), che scrive
la sua nell’Eneide: «mandit humum»; e ancora Torquato Tasso (1544-1595), che
ancoranella Gerusalemme liberata si esprime in questo modo: «La terra ove
a essiregnò, morde morendo». L’espressione infine è stata ripresa dal gruppo pop
anto leinglese Queen, che ne ha fatto il titolo di una canzone: Another one bites
he sethe dust (1980). Da non confondersi con “mangiare la polvere”, che si dice
imastainvece a chi in una competizione sta perdendo, ed essendo sulla scia
subisce e “ingoia la polvere” sollevata da quello che gli sta davanti.
187
tto in successi. In senso lato si usa anche per chi non viene ascoltato tra le
risale persone che lo conoscono, i familiari o gli amici stretti, e invece viene
ondiali stimato da chi lo conosce poco. È un adattamento di una frase riportata dai
dettevangeli: Matteo e Marco dicono: «non est propheta sine honore, nisi in
patria sua», ovvero “non c’è profeta che non sia onorato altrove fuorché
nella sua patria”; mentre Luca scrive: «Nemo propheta acceptus est in
patria sua», “nessun profeta è bene accetto nella sua patria”; e infine
Giovanni: «Propheta in sua patria honorem non habet», “il profeta non
viene onorato nella sua patria”.
attuto,
infatti
avallo
bocca.
ava la
scrive
), che
a ove
po pop
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si dice
a scia
nifica:
sono
avere
188
successi. In senso lato si usa anche per chi non viene ascoltato tra le
persone che lo conoscono, i familiari o gli amici stretti, e invece viene
stimato da chi lo conosce poco. È un adattamento di una frase riportata dai
vangeli: Matteo e Marco dicono: «non est propheta sine honore, nisi in
patria sua», ovvero “non c’è profeta che non sia onorato altrove fuorché
nella sua patria”; mentre Luca scrive: «Nemo propheta acceptus est in
patria sua», “nessun profeta è bene accetto nella sua patria”; e infine
Giovanni: «Propheta in sua patria honorem non habet», “il profeta non
viene onorato nella sua patria”.
189
DUBBI
E PERPLESSITÀ
343 Forse che sì, forse che no Si usa un po’ scherzosamente per
esprimere un’incertezza rispetto a quanto sta per avvenire. La locuzione è
in realtà il titolo di un libro di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), un
190
romanzo che scrisse nel 1910. A dire il vero, per sua stessa ammissione, la
frase è un motto che campeggia in una delle sale di palazzo Gonzaga a
Mantova, che probabilmente alludeva alla difficile situazione di Vincenzo
Gonzaga al tempo delle guerre con i Turchi. O forse è semplicemente
riportata da una canzonetta di Marchetto Cara (1470-1525), cantore alla
corte dei Gonzaga, le cui strofe cominciano proprio con la suddetta frase.
ropria
a una
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co nel
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191
romanzo che scrisse nel 1910. A dire il vero, per sua stessa ammissione, la
frase è un motto che campeggia in una delle sale di palazzo Gonzaga a
Mantova, che probabilmente alludeva alla difficile situazione di Vincenzo
Gonzaga al tempo delle guerre con i Turchi. O forse è semplicemente
riportata da una canzonetta di Marchetto Cara (1470-1525), cantore alla
corte dei Gonzaga, le cui strofe cominciano proprio con la suddetta frase.
192
PERICOLI E PAURE
346 Avere una fifa blu È la paura incontrollata e irrazionale, che non
è ancora terrore ma garantisce inquietezza. Generalmente si usa in
previsione di una prova, un esame o una verifica di vario genere. Pare che
l’origine del modo di dire stia proprio nell’impressione che dà il colorito di
una persona che si spaventa: siccome il sangue defluisce, la colorazione
della pelle prende una sfumatura bluastra e pallida. “Fifa” è un termine di
origine milanese o veneta, che significava “uomo pauroso”, e poi per
transizione è passato a indicare appunto la paura.
193
348 Relazioni pericolose Si dice
appunto di rapporti pericolosi, che possono
danneggiare chi li intrattiene con troppa
leggerezza. Il modo di dire è mutuato dal
libro omonimo (titolo originale francese: Les
Liaisons dangereuses), romanzo epistolare
ricoloscritto da Choderlos de Laclos (1741-1803)
di direnel 1782. Nel libro si narra la scommessa tra
ti altrila marchesa di Merteuil e il visconte di
nno di Valmont: quest’ultimo si prefigge di
Ma purconquistare l’onesta Madame de Tourvel,
ccorsesposa fedele. Il visconte vince la
vallo escommessa, rovinando moralmente e fisicamente la Tourvel e, nel
farglifrattempo, almeno un’altra giovane.
realtà
349 Passare la notte in bianco La frase è di epoca medievale,
quando i cavalieri, il giorno prima del combattimento, facevano un bagno
amentipurificatore e poi trascorrevano la notte a pregare in chiesa, vestiti di
albianco: da qui il modo di dire “notte bianca” e “notte in bianco”.
194
e, nel
evale,
bagno
titi di
o, che
gono”.
propri
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e non
i dire,
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o era
infatti
facile
rittura
grado
195
QUALITÀ
196
354 Un concetto lapalissiano Si definisce
lapalissiana un’osservazione banale, inutile per quanto è
evidente l’oggetto dell’osservazione stessa, fino a
diventare stupida per tanta superfluità. L’origine risiede
nella strofa di una canzone dedicata a Jacques Chabanne,
signore di La Palice (1470-1525), dai soldati che
combatterono con lui, e che lo videro morire in battaglia,
a Pavia, nel 1525. La canzone, che voleva esaltarne le doti
di combattente irriducibile, recitava «Hélas, La Palice est
mort, il est mort devant Pavie; hélas, s’il n’estoit pas mort
il ferait encor envie», che tradotta: “Ahimè, La Palice è morto, è morto
davanti a Pavia; ahimè, se non fosse morto farebbe ancora invidia”. Per un
errore linguistico, l’ultima frase è stata storpiata in «il serait encor en vie»,
ovvero “sarebbe ancora in vita”, osservazione quantomeno banale poiché
preceduta dal “se non fosse morto”. In seguito l’accademico francese
Bernard de la Monnoye (1641-1728) ripropose la canzoncina; fu però solo
nell’Ottocento che lo scrittore francese Edmond de Goncourt (1822-1896)
usò il termine lapalissade per indicare qualcosa di ovvio e superfluo.
ulgata 355 Est modus in rebus La locuzione latina, che significa “c’è
ocrità”misura nelle cose”, è un suggerimento a comportarsi sempre in modo
che lamisurato ed equilibrato, evitando gli eccessi. La frase è di Orazio (65 a.C.-8
le suea.C.) che l’ha scritta nelle Satire.
ligit»,
ontano
nzioni 356 Colosso con i piedi d’argilla Si dice di chi ha molta forza, è
senzaimponente e mette quasi soggezione, ma in realtà non ha basi solide, e
quindi rischia di crollare (se non l’ha già fatto) molto presto e facilmente.
L’immagine è presa dalla Bibbia, dal libro di Daniele: il riferimento è alla
statua di Nabucodonosor, che ha la testa d’oro, il petto d’argento, il ventre
on undi bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d’argilla (di
enso”.creta in realtà): allegoria, come spiega lo stesso Daniele, del succedersi dei
inio ilregni dopo quello di Nabucodonosor. Il riferimento biblico venne poi
bro, il“secolarizzato” dall’illuminista francese Denis Diderot (1713-1784), che
ssuntousò l’immagine per definire l’impero russo, dopo aver risieduto a San
Pietroburgo nel 1773 e aver lavorato con Caterina II di Russia.
197
357 Rara avis La traduzione letterale è “uccello raro”. Si usa nel
parlato per significare una persona speciale, fuori dal comune, che si
distingue. La locuzione è tratta da un verso di Giovenale (55/60-127 d.C.),
che nelle Satire scrive «rara avis in terris, nigroque simillima cygno», che
significa “un uccello raro a questo mondo, e molto simile a un cigno nero”.
Il cigno nero è una specie rara, tipica del Sudamerica e dell’Australia.
Nell’opera il riferimento è fatto per esaltare le poche donne dalle alte
qualità morali: nel quotidiano noi la usiamo indifferentemente per gli
uomini e per le donne.
morto
Per un
n vie»,
poiché
ancese
ò solo
1896)
a “c’è
modo
a.C.-8
358 Di tre cotte Si usa solitamente per assolutizzare un concetto
negativo, per aumentare la portata dell’aggettivo, tendenzialmente “ladro,
furfante, imbroglione” e così via. L’origine di questa locuzione va fatta
orza, è risalire al concetto di cottura, che implica il miglioramento della qualità di
ide, eun prodotto alimentare: per esempio il latte bollito, nel quale quindi sono
mente.stati uccisi i germi, o lo zucchero, che viene raffinato. Proprio in
è allariferimento a questo alimento troviamo la definizione più corretta di “tre
ventrecotte” sul Malmantile dell’abate Anton Maria Biscioni: «La prima cottura si
lla (dichiama Cottura di Sciroppo, la quale serve per gli Sciroppi e i Giulebbi: la
rsi deiseconda Cottura di Riccio, e con essa si fanno le Confetture e Conserve: la
ne poi terza si dice Cottura di Manucristi, la quale s’adopera per le Pasticche».
), che
a San
359 Di straforo Significa di nascosto, di sfuggita, furtivamente.
L’espressione deriva dalla parola “straforo”, ora caduta in disuso, che
198
sa nel significa traforo di piccole dimensioni. Per esempio il lavoro di straforo è
che siun sinonimo di filigrana, dei cui sottilissimi fili è intessuta la carta moneta.
d.C.), Dunque di straforo dà l’idea di un buco di dimensioni molto ridotte,
», cheattraverso il quale è solo possibile “sbirciare”.
nero”.
stralia. 360 Molto rumore per nulla Si dice a proposito di arrabbiature
e alteinutili, di chiacchiere senza fondamento, in generale di quanto finisca in
er gliuna bolla di sapone. La locuzione deriva dal titolo di una commedia di
William Shakespeare (1564-1616), Much ado about nothing in originale,
scritta nel 1598-1599. In essa, i numerosi attori giocano e combattono tra
loro all’insegna dell’amore, come nella migliore tradizione della commedia
scespiriana.
199
foro è 364 Essere la quintessenza Si usa per
oneta. intendere qualcosa che incarna profondamente il prototipo, o qualcosa che
idotte,ne è la parte più tipica e pura. Gli antichi infatti erano convinti che il mondo
fosse composto da quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco. Aristotele vi
aggiunse l’etere, una sostanza purissima che era appunto, “la quinta
biature essenza”. Inoltre gli alchimisti creavano gli estratti più puri, la parte più
sca inpura di un elemento, solo con la quinta distillazione.
dia di
ginale,
no tra
media
ormai
“belli
condo
– di
spetto
ponde
365 L’enfant terrible Dal francese, “il bambino terribile”. Si usa per
indicare qualcuno che non rispetta le regole sociali, divertendosi a
scherzare come fanno i bambini. L’accezione è positiva: l’enfant terrible è
chi ha mantenuto la freschezza creativa dei bambini, che non ha inibizioni
né vergogna nel dire ciò che pensa, anche se a volte è un po’ irriverente. La
frase è stata coniata da Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente
degli Stati Uniti, riferendosi all’architetto francese Pierre Charles L’Enfant
(1754-1825), assunto dal presidente Washington per costruire alcuni edifici
di Washington DC, allora Georgetown. Il temperamento intransigente e
difficile dell’architetto lo portò ben presto in contrasto con i committenti,
che lo licenziarono nel 1792.
200
sa che
mondo
tele vi
quinta
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sa per
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nte. La
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Enfant
edifici
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ittenti,
201
202
ESITI
203
368 Cui prodest Letteralmente dal latino “a chi giova?”. Si usa
solitamente nel linguaggio giuridico, ma è passato anche nell’uso
quotidiano quando con enfasi si vuole chiedere a vantaggio di chi avviene
qualcosa, solitamente per intendere che le cose non stanno come sembrano,
e che bisogna individuare chi davvero si avvantaggia di una data situazione.
Le parole sono pronunciate da Medea nell’omonima tragedia scritta da
oversi Seneca (4 a.C.-65 d.C.) e rappresentata per la prima volta tra il 61 e il 62
sione.d.C. La frase intera pronunciata dalla scellerata protagonista recitava: «cui
se ne prodest scelus, is fecit», il cui significato è “colui al quale il crimine porta
per levantaggio, è quello che l’ha compiuto”.
iffuso
endere
iona i 369 Avere un alibi Nel dialogo comune, l’alibi è la scusa, la
dà ungiustificazione che si presenta in caso di accusa. L’alibi è la dimostrazione
ché ladella propria estraneità ai fatti, dal momento che non si era presenti. Il
mentetermine viene largamente usato sulle pagine di cronaca dei giornali, oppure
deriva nei telefilm e nei film polizieschi. La sua origine è latina: alibi significa
acoltàesattamente “altrove”. L’alibi è infatti l’altrove, il luogo dove si trovava un
accusato durante l’atto delittuoso, e che dimostra dunque l’innocenza del
sospettato.
poteva
soliti
allora
gio e
204
Si usa
ell’uso
vviene
brano,
zione.
tta da
e il 62
: «cui
porta
205
mantenere lo Stato: i mezzi saranno sempre
giudicati onorevoli e da ciascuno lodati». Questo
modo di ragionare ha dato vita all’aggettivo
“machiavellico”, che si usa per attribuire
caratteristiche di spregiudicatezza, opportunismo e
complessità.
206
del mondo, proprio come nella narrazione che
riguarda Eva.
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riguarda Eva.
208
REALTÀ
209
non riuscirà a far desistere don Chisciotte dalle sue deliranti imprese. Il
personaggio, poetico e testardo, ha dato vita anche a un altro modo di dire,
“fare il donchisciotte”, ovvero “gettarsi in imprese più grandi di sé”.
210
ese. Ilanaloga o identica. La frase è biblica, presa dal
i dire,libro dell’Ecclesiaste, in cui si legge: «nihil sub
sole novum», appunto.
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analoga o identica. La frase è biblica, presa dal
libro dell’Ecclesiaste, in cui si legge: «nihil sub
sole novum», appunto.
385 La vita è sogno Si usa con tono disilluso per sottolineare come
viviamo addormentati. È il titolo di un dramma del 1635 di Pedro Calderón
de La Barca (1600-1681), il cui titolo originale è La vida es sueño.
212
DESIDERI
213
di potere dei Tudor. Il ritratto che il drammaturgo fa del re è severo e
terribile: un pazzo sanguinario che conclude la sua parabola terrena nel
contrasto con Enrico Tudor, che lo uccide dopo che Riccardo ha cercato
inutilmente di fuggire (qui appunto il grido disperato con cui chiede un
cavallo per scappare).
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di potere dei Tudor. Il ritratto che il drammaturgo fa del re è severo e
terribile: un pazzo sanguinario che conclude la sua parabola terrena nel
contrasto con Enrico Tudor, che lo uccide dopo che Riccardo ha cercato
inutilmente di fuggire (qui appunto il grido disperato con cui chiede un
cavallo per scappare).
215
INIZI
E CONCLUSIONI
389 Essere in procinto di Significa “stare per, essere sul punto di,
stare per cominciare a compiere una determinata azione”. La parola
procinto è di origine latina: la particella pro significa “davanti”, e cinctum
deriva dal verbo cingere, sottintendendo le armi. Il senso è infatti “avere le
armi in pugno”, quindi essere pronto a intervenire, essere in assetto di
guerra. Da qui è passato nell’uso comune, a significare un’azione che sta
per accadere. Il primo che ha usato la locuzione in questo senso è stato lo
scrittore Matteo Maria Boiardo (1441-1494).
216
fare un bis. Paganini, nonostante la richiesta arrivasse dal re, dovette
rifiutare: egli amava infatti improvvisare, e a volte durante i concerti si
faceva molto male alle dita, come in quell’occasione. Il re, non conoscendo
i motivi del rifiuto, ordinò di sospendere il concerto che sarebbe dovuto
seguire a quello.
391 Addio ai monti Si usa dire “dare l’addio ai monti” per intendere
partireun saluto commosso e definitivo a qualcosa a cui si è legati affettivamente.
voletta La locuzione deriva da un brano dei Promessi Sposi (1840-1842) di
nativaAlessandro Manzoni (1785-1873), in cui Lucia Mondella è costretta ad
evanoabbandonare il suo paese, quello che non aveva mai lasciato prima, per
ata da sfuggire alle mire di don Rodrigo. Il brano comincia appunto con i pensieri
truita,di Lucia messi su carta: «Addio/ monti sorgenti dall’acque – ed elevati al
evanocielo/ cime inuguali/ note a chi è cresciuto tra voi/ e impresse nella sua
ima dimente/ non meno che l’aspetto de’ suoi familiari».
392 Addio mia bella addio Saluto scherzoso e ironico, che affonda
nto di,le radici in una canzone militare composta da Carlo Alberto Bosi (1813-
parola1886). La citazione intera recita: «addio mia bella addio, l’armata se ne va,
nctumse non partissi anch’io, sarebbe una viltà». L’inno si intitola Addio del
vere le volontario, e venne scritto nel 1848, quando il primo battaglione di
etto difiorentini partì per la guerra di indipendenza.
he sta
ato lo 393 Rompere il ghiaccio Si dice quando si cerca un modo per
sciogliere l’impaccio tra due persone che non si conoscono, cominciando
una conversazione. L’espressione deriva dall’abitudine dei naviganti che si
muovevano in acque fredde di mandare avanti dei marinai muniti di mazze
a rompere il ghiaccio che si era formato sul fiume o sul mare, in modo tale
da poter procedere con le navi.
394 Che la forza sia con te In originale inglese «May the Force be
with you». Si usa come augurio semiserio prima di qualche prova, o
comunque come buon auspicio; equivale al cristiano «Che Dio ti protegga»,
e in generale al comune «buona fortuna». È una delle battute più ricorrenti
nella popolarissima saga cinematografica di Guerre stellari, ideata dal
217
ovetteregista George Lucas, i cui tre film principali sono apparsi nel 1977, 1980,
erti si1983, seguiti dai prequel del 1999, 2002, 2005. Ambientata in una galassia
cendo molto lontana, la storia narra le vicende di un manipolo di ribelli che
dovutocombattono contro l’Impero. La Forza è l’energia che i cavalieri Jedi – ma
anche alcuni malvagi – riescono a impiegare per potenziare le proprie
prestazioni militari. La frase è entrata talmente nel gergo che è stata ripresa
anche in film successivi, tra cui la parodia dell’originale fatta da Mel
endere
Brooks, che storpia l’augurio in «Che lo Sforzo sia con voi».
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regista George Lucas, i cui tre film principali sono apparsi nel 1977, 1980,
1983, seguiti dai prequel del 1999, 2002, 2005. Ambientata in una galassia
molto lontana, la storia narra le vicende di un manipolo di ribelli che
combattono contro l’Impero. La Forza è l’energia che i cavalieri Jedi – ma
anche alcuni malvagi – riescono a impiegare per potenziare le proprie
prestazioni militari. La frase è entrata talmente nel gergo che è stata ripresa
anche in film successivi, tra cui la parodia dell’originale fatta da Mel
Brooks, che storpia l’augurio in «Che lo Sforzo sia con voi».
219
NARRAZIONI
220
si sta cominciando a raccontare un aneddoto.
L’originale inglese, «It was a dark and
stormy night», è da ascriversi a Edward
Bulwer-Lytton, nel suo racconto intitolato
Paul Clifford, del 1830. Ma la vera fama
planetaria è stata data alla frase da Snoopy,
logicauno dei protagonisti della striscia Peanuts
di diredel disegnatore Charles M. Shulz (1922-
Teseo2000), creato nel 1950: nel fumetto spesso
ro chelo si vede impegnato a iniziare un
fantomatico romanzo, che inizia sempre allo
stesso modo, e appunto «Era una notte buia
e tempestosa…».
curato
cisa e
ni. Gli 400 Flusso di coscienza La
no condefinizione deriva dall’inglese «the stream of consciousness». Si usa per
ezza edefinire un tipo di discorso che segue liberamente l’andamento dei propri
colore.pensieri, senza uno schema o un percorso rigidamente istituiti, ma che
in cui libera la mente per associazioni. Talvolta viene usato anche come sinonimo
anevadi sfogo, di monologo istintivo. Il nome è in origine quello di una tecnica
e fattonarrativa mutuata dalla psicanalisi freudiana e, infatti, applicata ai romanzi
psicologici. La sua fama e diffusione sono dovute principalmente
all’Ulisse, il monumentale romanzo dello scrittore irlandese James Joyce
(1882-1941), composto tra il 1914 e il 1921 e pubblicato a Parigi nel 1922.
frase Pur essendo un tomo di notevoli dimensioni, il romanzo racconta di
a e al un’unica giornata, il 16 giugno 1904, nella vita di Leopold Bloom, “novello
a fraseUlisse” dublinese. Il flusso di coscienza è l’insieme di sensazioni che
a, perinvadono il protagonista durante la giornata, narrate come vuole il pensiero
senza punteggiature, in un accavallarsi di immagini e percezioni.
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221
si sta cominciando a raccontare un aneddoto.
L’originale inglese, «It was a dark and
stormy night», è da ascriversi a Edward
Bulwer-Lytton, nel suo racconto intitolato
Paul Clifford, del 1830. Ma la vera fama
planetaria è stata data alla frase da Snoopy,
uno dei protagonisti della striscia Peanuts
del disegnatore Charles M. Shulz (1922-
2000), creato nel 1950: nel fumetto spesso
lo si vede impegnato a iniziare un
fantomatico romanzo, che inizia sempre allo
stesso modo, e appunto «Era una notte buia
e tempestosa…».
222
Indice alfabetico
223
Ambasciator non porta pena 96
Ammazzare il vitello grasso 296
Andare (o venire) a Canossa 40
Andare in solluchero 300
Andare in tilt 366
Andare in visibilio 319
Andare per la maggiore 227
Ante litteram 244
Appendere al chiodo 367
Aprire il vaso di Pandora 375
Armata Brancaleone 177
Armiamoci e partite 145
Arrivano i nostri 84
Asilo Mariuccia 157
Asino di Buridano 44
Attrazione fatale 4
Aurea mediocritas 352
Aut aut 48
Avere aplomb 150
Avere fegato 2
Avere il bernoccolo 15
Avere l’acquolina in bocca 310
Avere l’argento vivo addosso 151
Avere un alibi 369
Avere un déjà vu 326
Avere una fifa blu 346
224
Averne a bizzeffe 113
Averne a gogo 115
225
Cherchez la femme 126
Chi siete, dove andate, un fiorino 288
Chi vuol esser lieto sia 298
Ci rivedremo a Filippi 64
Cicero pro domo sua 72
Ciurlare nel manico 250
Cogito ergo sum 342
Colosso con i piedi d’argilla 356
Colpo di grazia 73
Com’è umano, Lei! 282
Combattere contro i mulini a vento 379
Come volevasi dimostrare 382
Conoscere i propri polli 272
Convergenze parallele 26
Convitato di pietra 284
Cortina di ferro 98
Così è, se vi pare 378
Così fan tutti 148
Cui prodest 368
Cum grano salis 353
226
Dare un colpo al cerchio e uno alla botte 143
Darsi alla macchia 207
Datti all’ippica 258
De profundis 39
Delenda Carthago 263
Desaparecidos 163
Deus ex machina 292
Di punto in bianco 252
Di straforo 359
Di tre cotte 358
Di’ qualcosa di sinistra 22
Dio me l’ha data, guai a chi la tocca! 106
Dìvide et ìmpera 65
Doggy bag 309
Dolce far niente 308
Domani è un altro giorno 57
Dopo di noi il diluvio! 62
Dormire sugli allori 171
Dottor Jekyll e Mister Hyde 160
227
Eppur si muove 341
Era una notte buia e tempestosa 399
Essere al (o il) clou 232
Essere al settimo cielo 303
Essere al verde 116
Essere il braccio destro di qualcuno 223
Essere il factotum 14
Essere il leitmotiv 330
Essere il mentore 159
Essere il pigmalione 158
Essere il tirapiedi di qualcuno 137
Essere in auge 228
Essere in bolletta 110
Essere in procinto di 389
Essere in rodaggio 279
Essere la pecora nera 262
Essere la quintessenza 364
Essere povero in canna 114
Essere un asso 18
Essere un azzeccagarbugli 217
Essere un crumiro 215
Essere un epigono 139
Essere un guru 140
Essere un mammalucco 152
Essere un narciso 144
Essere un pirata e un signore 164
228
Essere un supergiovane 147
Essere un vaso di coccio tra vasi di ferro 20
Essere un voltagabbana 53
Essere un’arpia 122
Essere una cariatide 129
Essere una megera 127
Essere uno stacanovista 219
Essere uno yesman 220
Est modus in rebus 355
Estote parati 146
Estrema ratio 197
ET Telefono casa 331
Eureka! 307
229
Fare melina 240
Fare tabula rasa 388
Fare un brainstorming 221
Fare un briefing 222
Fare una filippica 70
Fare una geremiade 264
Fatti non foste a viver come bruti 166
Flusso di coscienza 400
Forse che sì, forse che no 343
Francamente me ne infischio 66
Franco tiratore 24
Fumata bianca e fumata nera 45
Furbetto del quartierino 136
Galeotto fu il libro 8
Giornata nera 31
Gola profonda 128
230
Homo faber fortunae suae 35
Homo homini lupus 102
Houston, abbiamo un problema 176
I have a dream 58
Il capro espiatorio 265
Il fine giustifica i mezzi 373
Il migliore dei mondi possibili 209
Il mio regno per un cavallo! 387
Il nostro agente all’Avana 174
Il pomo della discordia 90
Il principio della fine 59
Il re è nudo 255
Il viale del tramonto 229
Impresa titanica 185
In bocca al lupo 28
In brodo di giuggiole 297
In primo luogo, in secondo luogo ecc. 323
Indorare la pillola 198
Ipse dixit 290
J’accuse! 257
231
L’abito non fa il monaco 260
L’amico Fritz 6
L’avvocato del diavolo 149
L’enfant terrible 365
L’ira funesta 89
L’ottava meraviglia del mondo 315
L’uomo Del Monte ha detto sì 47
L’uomo giusto al posto giusto 34
L’uovo di Colombo 196
La accendiamo? 195
La casalinga di Voghera 325
La corte dei miracoli 293
La donna è mobile 123
La fatica di Sìsifo 184
La fortuna aiuta gli audaci 29
La goccia che scava la roccia 329
La madre di tutte le battaglie 67
La maggioranza silenziosa 25
La montagna ha partorito un topolino 370
La paura fa novanta 345
La pietra dello scandalo 154
La primula rossa 133
La quadratura del cerchio 193
La sventurata rispose 372
La verità viene sempre a galla 278
La vita è sogno 385
232
Lacrime di coccodrillo 38
Lacrime e sangue 180
Laissez faire 384
Lasciate ogni speranza voi che entrate 61
Le forche caudine 178
Licenza di uccidere 11
Linciaggio morale 276
233
Mutatis mutandis “ 251
Nascere con la camicia 37
O così o Pomì 42
O tempora, o mores! 248
Obbedisco 49
Occhio per occhio, dente per dente 101
Oggi è un buon giorno per morire 97
OK, okay 335
Ora canonica 238
234
Ora o mai più 3
Orsetto Duracell 170
Ostracizzare 69
Ottimo e abbondante 256
235
Politically correct 169
Possedere una vis comica 314
Potevamo stupirvi con effetti speciali 10
Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere 30
Prendere in castagna 268
Prendere un granchio 277
Prendi una donna, trattala male 125
Promettere mari e monti 203
Proposta indecente 134
Provvedimento draconiano 289
236
Restare di sale 132
Ridi pagliaccio! 305
Rimanere di princisbecco 167
Roba da chiodi 173
Rompere il ghiaccio 393
237
Spada di Damocle 344
Sparare a zero su qualcuno 273
Speranza ridotta al lumicino 55
Spezzeremo le reni 99
Star freschi 175
Studio matto e disperatissimo 186
Su di giri 304
Subire una goleada 338
Sui generis 131
Supplizio di Tantalo 386
Tafazzata 130
Tagliare la corda 347
Tallone d’Achille 19
Tavola rotonda 224
Tenere bordone 155
Tenere i piedi in due scarpe 321
Tenere in scacco 287
Tenere sulla corda 398
Terra di nessuno 211
Tesoretto 108
Testa d’uovo 17
Teste di cuoio 214
Ti spiezzo in due 91
Tirare un colpo basso 71
238
Toccare ferro 33
Tornare con le pive nel sacco 334
Trascorrere una notte brava 316
Tu quoque 51
239
Volo pindarico 333
Vox populi, vox dei 269
Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. E più non dimandare 285
240
Volo pindarico 333
Vox populi, vox dei 269
Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. E più non dimandare 285
241
Bibliografia
242
Bibliografia
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