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La palazzina di caccia di Stupinigi

I lavori della palazzina di Caccia di Stupinigi iniziarono nel 1729 su progetto di Filippo Juvarra.
Anche se nasce come ritrovo per la caccia, rappresenta una vera e propria reggia settecentesca con una
pianta tra le più originali del tardobarocco e rococò.
Dalla strada che parte da porta nuova a Torino ci si imbatte in due corpi di edifici simmetrici destinati a
servizi; questi si distendono formando prima una corte semicircolare e poi uno spazio ottagonale con i lati
diversi, infine un grande cortile esagonale. In fondo vi è la vera e propria palazzina.
Questa pianta ricorda soprattutto i disegni di Sebastiano Serlio, ma, rispetto alla tradizione che tendeva a
concentrare gli spazi, Juvarra ha realizzato un organismo che interagisce con lo spazio circostante dilatando
uno spazio centrale.

- Il salone: Al centro del complesso vi è un grande salone ellittico a doppia altezza. Al primo piano la sala è
articolata da gallerie ondulate e da una balconata e richiama la forma del quadrifoglio.
- Un baldacchino centrale é sorretto da altissimi pilastri, mentre tutto l’ambiente è coperto da una cupola.
La sala è arricchita da affreschi, ornamenti e da ampie finestre che si aprono sul giardino, creando
continuità tra architettura e natura.

Il parco: Anche il grande giardino è organizzato in modo da integrare architettura e paesaggio.


Le facciate delle ali del palazzo sono immerse nel verde di un giardino alla francese, opera di Michael
Bernard, delimitato da un muro di cinta che segue la forma dell’architettura, e quello all’italiana con la
forma del cerchio prati, aiuole e viali rettilinei.

NAPOLI, MODERNA CAPITALE BORBONICA

Tra 600 e 700 Napoli conobbe un grande rinnovamento urbanistico e architettonico grazie alla committenza
della libertà locale. In particolare, due architetti, Domenico Vaccaro e Ferdinando Sanfelice, furono i
protagonisti della scena. Sanfelice si espresse soprattutto nella tipologia della scala unendo funzionalità ed
estetica: due rampe di scale sono addossate ad una parete esterna in parte coperte da una struttura
muraria alleggerita da archi, come in Palazzo Dello Spagnuolo.
Negli anni ‘30, grazie a Carlo di Borbone, sovrano illuminato, Napoli divenne una capitale moderna. Le
antiche mura furono abbattute, la città fu divisa in quartieri, furono aperte nuove strade e piazze, come il
Foro Carolino, e realizzati grandi edifici pubblici come L’albergo dei poveri, Teatro San Carlo e il Museo
reale borbonico.

-Vanvitelli, architetto borbonico


L’architetto Luigi Vanvitelli realizzó opere ordinate e razionali, come la Reggia di Caserta e il Foro carolino.
La Reggia di Caserta fu realizzata sul modello di quella di Versailles destinata a centro politico culturale e
militare del regno.
-Il Foro Carolino doveva costituire un elemento di cerniera tra la città antica, l’attuale Via dei Tribunale e via
Toledo. Il progetto consisteva in una piazza regolare con al centro la statua equestre del sovrano, su modelli
classicisti, ma fu portato a termine solo un lungo edificio a emiciclo.

L’architettura a Roma: Anche se Roma durante il 700 rimaneva un punto di riferimento per gli artisti, essa
perse il ruolo di guida che aveva nel 600. Le opere principali di questo periodo sono quelle di Ferdinando
Fuga che realizzó il palazzo della consulta e la basilica di Santa Maria Maggiore.

-La reggia di Caserta: Nel 1750 Carlo VII di Borbone decise di realizzare una reggia che fosse residenza del
sovrano e della corte e sede del governo. Affidó l’incarico a Luigi Vanvitelli il cui progetto, che non fu
completato per intero, prevedeva, oltre al palazzo e al parco, un grande acquedotto e le seterie reali
nell’area di San Leucio.
-L’edificio doveva essere collegato a Napoli lungo una strada monumentale di 20 km.
-Il palazzo: Ha forma di rettangolo con un impianto razionale. La facciata é semplice e uniforme con colonne
e finestre ed è realizzata in cotto e travertino sul basamento.
-Il centro del palazzo è un vestibolo ottagonale con spazi aperti e chiusi, circondato da colonne ioniche e
scalinate, come lo Scalone d’onore che porta agli appartamenti reali.
-Al piano terra, secondo la tradizione tardobarocca, una serie di allineamenti in fuga prospettica
allineamento nel corridoio formano il cosiddetto cannocchiale ottico.
-Il parco: Il principio di regolarità è applicato da Vanvitelli anche nella realizzazione dell’immenso parco sul
modello di Versailles: l’architetto disegna forma geometriche e colloca lunghissime fontane in prospettiva
per suscitare meraviglia.
-La veduta corre verso il parco e la collina attraverso una sequenza di fontane e cascate animate da statue
mitologiche.
-Alla fine del secolo la regina di Napoli incaricó il paesaggista inglese john Andrew Graefer di risistemare il
parco secondo il gusto inglese con boschetti, specchi d’acqua e finte rovine.

Diego de Silva y Velázquez (1599-1660)


Seppe interpretare la civiltà della Spagna del Seicento. La sua pittura, fondata sul
naturalismo della tradizione spagnola, si ispirò a Caravaggio e all’arte fiamminga. A ciò
si aggiunse la conoscenza delle tendenze classiciste, che l’artista approfondì in Italia.
Tra realismo e pittura ufficiale
Le prime opere di Velasquez si caratterizzano per il realismo e l'attenzione ai particolari,
nel chiaroscuro, nelle riproduzioni dei riflessi e delle trasparenze, come Vecchia che
frigge le ova, 1618L’acquaiolo di Siviglia, 1620). Nel 1623 Velázquez divenne pittore
della corte di Filippo IV e si trasferì presso il Palazzo Reale a Madrid, creando opere
si classiche, distintesi per l’analisi introspettiva del personaggio e la rappresentazione del
ruolopolitico.
L’eredità dell’arte italiana
Di lì a poco i viaggi in Italia gli permisero di entrare in contatto con il colorismo veneto
di Tiziano, Tintoretto, Veronese e Giorgione, con la scultura antica e con quanto si
andava facendo. Trionfo di Bacco, Fucina di Vulcano e Cristo Crocifisso furono 3 opere
in cui si ispirò a Caravaggio
I capolavori della maturità
Tra le opere della maturitá, oltre alla decorazione del Palazzo del Buen Retiro a
Madrid e La resa di Breda (1034-1635), Velazquezdipinse dei ritratti informali e molto
armonici della famiglia reale in abiti da cacciatori e con i loro animali.
Egli racconta la società spagnola con malinconia.Successivamente riprende il
cromatismo di tiziano e sperimenta una destrutturazione del segno pittorico,
cioè non definire i contorni, ma dipingere con larghi e non finiti colpi di pennello carichi
di materia
Gli ultimi anni sono ricchi di capolavori: il Ritratto di Innocenzo, reinterpretato nel
Novecento da Bacon, La Favola di Aracne e soprattutto La famiglia di Filippo IV, noto
come Las Meninas, cioè le damigelle. È un grande dipinto destinato agli appartamenti
privati del sovrano nel Palazzo reale di Madrid, l’Alcazar.
L’operaè complessa concettualmuente e dal punto di vista compositivo.La scena avviene
nella stanza del principe, riprodotta nei quadri appesi sulla parete
di fondo. Rappresenta un momento di svago di Margherita mentre egli dipinge.
La realtà e il suo doppio: il tema dello specchio
Velasquez sta dipingendo ma il pennello è fermo e tra le tante ipotesi, sembrerebbe che
Velázquez stia ritraendo Re Filippo IV e la moglie Marianna, riflessi in uno specchio in
fondo, nello stesso punto occupato dall’osservatore. Dunque i reali sono, nello stesso
tempo, spettatori e protagonisti del quadro.
Il tema dello specchio non era nuovo, si ritrova anche nel celebre Matrimonio
dei coniugi Arnolfini di Van Eyck: lá, però, il pittore sta dipingendo ciò che ha davanti,
esterno al quadro. Pensiamoche lo specchio riflette figure che nella realtà non ci sono: il
vero è il falso e il falso è vero.
La pittura inglese
Cultura aristocratica e morale borghese
La società inglese del primo Settecento incontra cultura aristocratica e morale borghese:
infatti, gli ideali classici che si erano consolidati durante la Restaurazione (1660-1702) si
allargarono anche alla borghesia, accogliendone le istanze morali.
Questo spiega le preferenze della committenza per il genere del ritratto, con il quale si
tramandavano le virtù del personaggio e si affermavano lo stato sociale
dell’intera Casata, In particolare, si fece strada il conversation piece, ossia il ritratto
informale di gruppo: nato in Olanda e nel primo Rococò francese
La ritrattistica tra realismo e idealizzazione
Dopo una fase iniziale di pittura di argomento storico-mitologico e numerosi contributi
come illustratore, William Hogarth (1697-1764), si affermò nella ritrattistica, con un
senso scenico spiccato e per una rappresentazione vivace e impietosa della realtà.
Nel 1732 creò un nuovo genere, il modern moral subject, cioè il ‘soggetto morale
moderno’: si tratta di storie di vitacontemporanea, in dipinti pensati come scene teatrali
Hogarth desiderava che i suoi quadri venissero osservati in scenesequenziali.
Queste “storie comiche”, come egli le definì, affrontavano in chiave satirica i costumi e
la Morale del tempo. I titoli sono eloquenti: Carriera della Prostituta (1729), Carriera del
libertino (1733), Matrimonio alla moda (1743). 
Hogarth ricavò dalle sue tele numerose incisioni accompagnate da didascalie per chiarire
all’osservatore l’identità dei protagonisti e i è stata.
Caratteriistica dei quadri di Hogarth sono i particolari da analizzare poiché riflettono
i caratteri dei personaggi. Per Hogartl’intrigo nella forma è la bellezza, come nel dipinto
Il contratto di matrimonio (1743) concepito come primo episodio del ciclo Il Matrimonio
moda che rappresentava ironicamente le relazioni coniugali tra nobili e fatti per
convenienza economica. In questa opera il gottoso e bancarottiere
Lord lo sperperacampi sta per a stipulare il contratto con il futuro suocero, sperando così
di risanare le proprie finanze. Contemporaneamente, il Lord indica l’illustre albero
genealogico a un impiegato che gli mostra l’ipoteca non pagata. Intanto, sulla sinistra,
il visconte Il Lord si guarda in uno specchio mentre la sua futura moglie riceve le
attenzioni del legale dell’accordo.
Altre personalitá di spicco della pittura ingles: Allam Ramsay(1713-
1784), Joshua Reynolds (1723-1792), ThomasGainsborough (1727-1788),
principalmente ritrattisti e che segnano il passaggio a modalità stilistiche neoclassiche.
Giambattista Tiepolo
Nal stile grandioso, sofisticato e disinvolto di Tiepolo (1696-1770) rappresenta
l'qtto dell’evoluzione della tradizione veneziana. Eglifu un pittore versatile, faceva
affreschi e quadri di cavalletto, arrivando anche all’estero.
Le ragioni del suo vasto successo consistono principalmente enell’uso rivoluzionario del
colore; la luce diventa unificatrice e copre l’intero dipinto riflettendosi
delicatamente su figure e oggetti. Il pittore usa pennellate energiche d colori freddi
rendendo l’immagine fresca e esuberante
Dalle “tenebre” al colore
Dopo gli inizi in stile tenebroso, come il Martirio di SanBartolomeo, nel colore e nella
geometria della composizione, Tiepolo raggiunse un proprio linguaggio negli Affreschi
del Palazzo Arcivescovile di Udine (1726-1728) dove l'espressionismo e gli effetti
chiaroscurali cedono il passo a una nuova luminosità, con forti risalti tonali e stacchi di
tono netti.
Dopo il 1730, l’attività di Tiepolo si rivolse soprattutto aimponenticicli decorativi.
Esemplari gli affreschi a Palazzo Labia e il cicloPittorico per la Scuola Grande dei
Carmini. Nella Sala
Capitolare della sede della prestigiosa confraternita, Tiepolo salta in nove tele la gloria
dello scapolare (un indumento di valore devozionale) della Vergine del Carmine. Le
opere, suscitanoprofondità.
GLI AFFRESCHI DELLA RESIDENZA DI WURZUBURG
Gli affreschi per” la sala imperiale” e per “ la Volta dello scalone” della “ Residenza di
Wurzburg”  sono un monumento importante del Rococò europeo sia per la
monumentalità  sia per l’idea dello spazio settecentesca.
In particolare sono importanti i 3 affreschi della Sala da pranzo. Essi celebrano il
principato e il principe-vescovo. A rafforzare il senso di teatralità contribuisce la cornice
dorata di stucco.
 
GLI AFFRESCHI DI VILLA VALMARANA 
Al 1757 risale il ciclo di affreschi per la palazzina principale di Villa Valmarana ai Nani
a Vicenza.
Si tratta di 5 sale nelle quali il pittore affronta episodi eroico-amorosi tratti dall’iliade e
Eneide e dall’Orlando furioso e Gerusalemme liberata.
I soffitti raffigurano allegoricamente l’intervento delle divinità nel guidare le vicende
degli uomini.
L’incorniciatura  ( opera di Gerolsmo colonna) riesce a dilatare  nello spazio la
dimensione ridotta degli ambienti,in modo che lo spettatore abbia la sensazione di
trovarsi immerso negli eventi narrati.
 
La “ Foresteria” della Villa è costituita da 7 stanze, interamente affrescate dal figlio
Giandomenico ad eccezione della Sala degli dei dell’Olimpo , opera di Tiepolo.
I temi qui sono diversi rispetto alla palazzina: vengono rappresentate scene di vita
contadina, i passatempi all’aria aperta dell’alta borghesia veneta, episodi del carnevale
veneziano,
 
GLI AFFRESCHI DI PALAZZO LABIA
Tra il 1746 e il 1750, Tiepolo lavorò alla decorazione di Palazzo Labia, di proprietà di
una delle famiglie più facoltose di Venezia,
L'incarico riguardava la decorazione di due ambienti di rappresentanza: la Sala degli
specchi e la Sala da ballo.
sul soffitto, entro un grande oculo centrale, Tiepolo dipinse una scena mitologico-
allegorica con Bellerofonte che su Pegaso cavalca in volo verso la Gloria e l'Eternità;
sulle pareti realizzò le due scene principali, dedicate all'Incontro tra Antonio e Cleopatra
e al Banchetto di Cleopatra.
L’insieme è di grande effetto e di forte illusionismo.
La prospettiva illusionistica crea uno spazio fittizio con un realismo che provoca stupore
e vertigine,
 
BANCHETTO DI CLEOPATRA
Nel dipinto Antonio domanda a Cleopatra quale regalo voglia e la regina dimostra la sua
ricchezza e potere lasciando cadere in un bicchiere d’aceto una perla per farla sciogliere
e poi berla.
La straordinaria tecnica illusionistica da allo spazio un senso surreale.
Il gesto sospeso della regina crea un clima di tensione .
Dietro la mensa, oltre le colonne spunta un obelisco bianco come la perla, allegoria della
Gloria. La scena dipinta può essere interpretata, allora, come l'immagine di Venezia che
celebra la sua grandezza tra Oriente (Cleopatra) e Occidente (Antonio) e la sua Gloria
effimera.
 
IL VEDUTISMO
Nella seconda metà del 600 a Roma nacque il Vedutismo.
La veduta acquistò lo statuto di genere autonomo,ritraendo panorami urbani con aspetti
pittoreschi e monumenti raffigurati nel contesto quotidiano e naturale.
Vari fattori ne determinarono il successo:
 
innanzitutto, influì il clima culturale illuministico che, con le sue esigenze di verità,
obiettività e razionale semplicità, trovò congeniale la precisione e la chiarezza della
riproduzione naturalistica, propria del Vedutismo, scevro da edulcorate idealizzazioni. 
Altro motivo determinante fu la committenza: il Settecento è l'epoca del Grand Tour e
un nobile straniero non poteva considerarsi un vero gentleman fintanto che non avesse
visitato Firenze, Roma, Napoli, Venezia. Molti di questi visitatori desideravano far
ritorno in patria con dei souvenir e le vedute di città costituirono il ricordo più tangibile, 
 
VANVITELLI
 
A Gaspard van Wittel (italianizzato in Vanvitelli, 1653- 1736) si deve la nascita della
veduta moderna, 
Fu Van Wittel a introdurre nella penisola la ricerca di verità ottica tipica della
figuratività olandese, utilizzandola in ampie vedute urbane che ne fecero il punto di
riferimento della lunga tradizione del Vedutismo
. Attraverso l'uso di una luce limpida e intensa, il pittore definisce gli edifici, la natura e
gli spazi con grande precisione, verisimiglianza e nitidezza, esaltando i particolari
descrittivi. Nelle vedute delle principali città italiane], egli rifiuta sia l'interesse esclusivo
per l'antico e il pittoresco sia uno sguardo idealizzante ed evocativo, per cogliere del
paesaggio urbano nei suoi aspetti più attuali e nella sua anima tipicamente borghese. 
 
CANALETTO
Le vedute di Vanvitelli influenzarono l'opera di Antonio Canal, detto Canaletto (1697-
1768), tra i maggiori protagonisti del genere. Soggetto delle opere di Canaletto è
prevalentemente Venezia , focalizzandosi su aspetti e luoghi che ne identificano
l'identità dinamica e plurale: i monumenti e le architetture tipiche, il via vai delle attività
commerciali e mercantili, le occasioni di feste civili o religiose. Il pittore raffigura le
scene con grandissima precisione, ottenendo una resa pressoché “fotografica". La luce,
ottenuta mediante il colore dato a piccoli tocchi impastato di bianco e ocra, è tersa e
vibrante,l.
All'impressione di riproduzione in presa diretta del paesaggio veneziano contribuiscono
anche le rigorose strutture geometriche che informano le vedute, per le quali il pittore si
serviva della camera ottica. Questo strumento fu essenziale per tutti i pittori vedutisti del
Settecento, perché permetteva di inquadrare prospetticamente, con grande nitidezza e
fedeltà al vero, la porzione di paesaggio da ritrarre. 
 
BERNARDO BELLOTTO
Analogo metodo di lavoro e concezione della veduta si ritrovano nel nipote di Canaletto,
Bernardo Bellotto (1721-1780) che lavorò prevalentemente a Roma, Torino . La grande
tela Piazza della Signoria a Firenze, mostra come il Bellotto si differenzia dallo zio per
un senso più acuto degli effetti atmosferici, resi con una luce più argentata, e per una
visione della realtà più distaccata e a tratti velata di malinconia. Il suo stile si
caratterizza, inoltre, per le decise contrapposizioni di luce e ombra, il segno incisivo,
l'intensificarsi della solidità delle forme e per l'accentuata dilatazione dei rapporti
proporzionali e prospettici.
 
FRANCESCO GUARDI
A questa tradizione si rifà anche l'altro grande vedutista veneziano, Francesco Guardi
(1712-1793). 
Anch'egli scelse Venezia come tema preferito;, Guardi offri della città un'interpretazione
più introspettiva ed evocativa. Gli scorci della laguna sono filtrati attraverso uno sguardo
interiore, attento alle vibrazioni profonde che il paesaggio suscita. Guardi preferisce una
tecnica quasi impressionista, basata su una pennellata ve- loce che, sfaldando la
compostezza delle forme, trasfigura la realtà nella varietà della luce atmosferica,
nell'imprecisione delle figure umane (Veduta di San Giorgio Maggiore).
 
Limmagine di Venezia diviene quindi quella di una città evanescente malinconica, quasi
romantica. 
“In Gondole sulla laguna”], mare e cielo si confondono nella caligine, nella vastità dello
spazio e nei silenzi della laguna distante dalla città. Con la sua tecnica quasi
impressionistica, Guardi è il poeta dell'imprecisione e dell'instabilità: se in Canaletto
tutto è immobile e solido e anche l'acqua appare come un piano fermo e immoto, in
Guardi l'acqua è mutevole ed è alla base della magia della città. 
 
LA SCULTURA DEL 700
In scultura non si riscontra l'evoluzione stilistica e che interessò la pittura e l'architettura.
L'approccio dominante si continuità con il Barocco e, in particolare, con i modelli di
Bernini e Algardi, benché aumenti l'importanza degli elementi decorativi e dei criteri
scenografici nel rapporto tra opera e ambiente. 
a differenza del Barocco, l'allegoria perde il suo carattere simbolico e diventa un genere.
Queste trasformazioni sono riscontrabili nei gruppi statuari della Fontana di Trevi (vedi
anche pag. 423 per l'insieme), a cui lavorarono otto scultori tra cui anche i più
significativi dell'epoca: Filippo Della Valle ,Francesco Queirolo e Pietro Bracci .
La palazzina di caccia di Stupinigi
 
I lavori della palazzina di Caccia di Stupinigi iniziarono nel 1729 su progetto di
Filippo Juvarra.
Anche se nasce come ritrovo per la caccia, rappresenta una vera e propria reggia
settecentesca con una pianta tra le più originali del tardobarocco e rococò.
Dalla strada che parte da porta nuova a Torino ci si imbatte in due corpi di edifici
simmetrici destinati a servizi; questi si distendono formando prima una corte
semicircolare e poi uno spazio ottagonale con i lati diversi, infine un grande cortile
esagonale. In fondo vi è la vera e propria palazzina.
Questa pianta ricorda soprattutto i disegni di Sebastiano Serlio, ma, rispetto alla
tradizione che tendeva a concentrare gli spazi, Juvarra ha realizzato un organismo che
interagisce con lo spazio circostante dilatando uno spazio centrale. 
 
- Il salone: Al centro del complesso vi è un grande salone ellittico a doppia altezza. Al
primo piano la sala è articolata da gallerie ondulate e da una balconata e richiama la
forma del quadrifoglio.
- Un baldacchino centrale é sorretto da altissimi pilastri, mentre tutto l’ambiente è
coperto da una cupola. La sala è arricchita da affreschi, ornamenti e da ampie finestre
che si aprono sul giardino, creando continuità tra architettura e natura. 
 
Il parco: Anche il grande giardino è organizzato in modo da integrare architettura e
paesaggio. 
Le facciate delle ali del palazzo sono immerse nel verde di un giardino alla francese,
opera di Michael Bernard, delimitato da un muro di cinta che segue la forma
dell’architettura, e quello all’italiana con la forma del cerchio  prati, aiuole e viali
rettilinei. 
 
 
NAPOLI, MODERNA CAPITALE BORBONICA
 
Tra 600 e 700 Napoli conobbe un grande rinnovamento urbanistico e architettonico
grazie alla committenza della libertà locale. In particolare, due architetti, Domenico
Vaccaro e Ferdinando Sanfelice, furono i protagonisti della scena. Sanfelicesi espresse
soprattutto nella tipologia della scala unendo funzionalità ed estetica: due rampe di scale
sono addossate ad una parete esterna in parte coperte da una struttura muraria alleggerita
da archi, come in Palazzo Dello Spagnuolo.
Negli anni ‘30, grazie a Carlo di Borbone, sovrano illuminato, Napoli divenne una
capitale moderna. Le antiche mura furono abbattute, la città fu divisa in quartieri, furono
aperte nuove strade e piazze, come il Foro Carolino, e realizzati grandi edifici pubblici
come L’albergo dei poveri, Teatro San Carlo e il Museo reale borbonico. 
 
-Vanvitelli, architetto borbonico
L’architetto Luigi Vanvitelli realizzó opere ordinate e razionali, come la Reggia di
Caserta e il Foro carolino. La Reggia di Caserta fu realizzata sul modello di quella di
Versailles  destinata a centro politico culturale e militare del regno.
-Il Foro Carolino doveva costituire un elemento di cerniera tra la città antica, l’attuale
Via dei Tribunale e via Toledo. Il progetto consisteva in una piazza regolare con al
centro la statua equestre del sovrano, su modelli classicisti, ma fu portato a termine solo
un lungo edificio a emiciclo.
 
L’architettura a Roma: Anche se Roma durante il 700 rimaneva un punto di riferimento
per gli artisti, essa perse il ruolo di guida che aveva nel 600. Le opere principali di
questo periodo sono quelle di Ferdinando Fuga che realizzó il palazzo della consulta e la
basilica di Santa Maria Maggiore. 
 
-La reggia di Caserta: Nel 1750 Carlo VII di Borbone decise di realizzare una reggia che
fosse residenza del sovrano e della corte e sede del governo. Affidó l’incarico a
Luigi Vanvitelli il cui progetto, che non fu completato per intero, prevedeva, oltre al
palazzo e al parco, un grande acquedotto e le seterie reali nell’area di San Leucio.
-L’edificio doveva essere collegato a Napoli lungo una strada monumentale di 20 km. 
-Il palazzo: Ha forma di rettangolo con un impianto razionale. La facciata é semplice e
uniforme con colonne e finestre ed è realizzata in cotto e travertino sul basamento.
-Il centro del palazzo è un vestibolo ottagonale con spazi aperti e chiusi, circondato da
colonne ioniche e scalinate, come lo Scalone d’onore che porta agli appartamenti reali. 
-Al piano terra, secondo la tradizione tardobarocca, una serie di allineamenti in fuga
prospettica allineamento nel corridoio formano il cosiddetto cannocchiale ottico. 
-Il parco: Il principio di regolarità è applicato da Vanvitelli anche nella realizzazione
dell’immenso parco sul modello di Versailles: l’architetto disegna forma geometriche e
colloca lunghissime fontane in prospettiva per suscitare meraviglia. 
-La veduta corre verso il parco e la collina attraverso una sequenza di fontane e cascate
animate da statue mitologiche.
-Alla fine del secolo la regina di Napoli incaricó il paesaggista
inglese john Andrew Graefer di risistemare il parco secondo il gusto inglese con
boschetti, specchi d’acqua e finte rovine.

L’AUTORITRATTO ROMANTICO pagina 40


Insofferente alle convenzioni, l’artista romantico  convinto che la sua originalità si fondi
sulla sua sensibilità e rivendica, dunque, la piena libertà a esistere ed esprimersi.  Nasce
così la figura del genio romantico, l’uomo di grandi doti creative, passionale, inquieto,
incompreso, riservato. Egli è consapevole della sua unicità individuale ed è interamente
rivolto alla propria missione.
E’ l’atto di nascita dell’artista moderno, che immagina il suo lavoro non come una
professione, ma come una vocazione.

Gli autoritratti sono opere emblematiche della nuova coscienza di sé che anima l’artista  
romantico; si crea l’immagine dell’artista come una figura eccentrica e imprendibile, genio
creativo, solitario e ispirato, spesso incompreso ma fiero della sua libertà interiore.
 
Nell’”Autoritratto nello studio” di Tommaso Minardi, possiamo cogliere la natura
introspettiva e malinconica dell’essere artista. Il pittore si presenta lontano da ogni
formalismo , steso su un materasso per terra in soffitta, separato dal mondo. Per la
società ottocentesca questo tipo di vita è inaccettabile, ma il pittore vuole trasmettere il
messaggio della figura dell’artista come se fosse un asceta, colui che è pronto a sacrificare
ogni cosa per la propria vocazione religiosa.
 
 
 
 
 
 
Eugene Delacroix si rappresenta nel suo autoritratto come un individuo dalla forte
personalità e dalla fiera indipendenza. Ha uno sguardo intenso, in un atteggiamento di sfida,
ma allo stesso tempo cerca di relazionarsi con la folla. Il chiaroscuro del volto evidenzia
questo contrasto tra il voler aprirsi e il volersi chiudere in sé.
 
 
 
 
 
 
 
 
Theodore Géricault in “ritratto di un artista nello studio” posa con un’espressione
malinconica che indica solitudine e infelicità.
Appartato dal mondo e vittima del mal du siècle (uno stato d’animo tra insoddisfazione e
noia), l’immagine dell’artista condivide la sua natura sognante e fantasiosa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
THEODORE GERICAULT (pagina 49)
La pittura di Gericault segna il momento decisivo di passaggio dal neoclassicismo al
romanticismo.
Il suo lavoro si caratterizza per l’energia che si trasforma in spinta dell’azione drammatica,
la sensibilità per le sofferenze degli uomini, la passione per la realtà e la tensione all’ideale e
all’assoluto.
 
La storia e gli oppressi
L’attenzione alla realtà contemporanea e agli uomini travolti dalla storia è espressa in molti
lavori di Gericault sulla sconfitta napoleonica (ad esempio “la zattera della medusa”).
L’interesse per gli oppressi è alla radice sia di un gruppo di dodici litografie (realizzate nel
1820-21 in Inghilterra) e sia dei dieci ritratti alienati (dipinti nel 1822-23 su incarico
dell’amico Etienne-Jean Georget).
In questa serie l’introspezione romantica di uno stato d’animo si fonde con l’osservazione
realistica delle fisionomie dei malati, i cui ritratti colpiscono per il turbamento, la solitudine.
Essi non hanno gli atteggiamenti eccessivi dei pazzi di Goya, infatti esprimono mitezza e
sensibilità . La novità consiste nel fatto che Gericault comunica anche un senso di
comprensione per i destini di persone instabili ed emarginate.
 
LA ZATTERA DELLA MEDUSA (pagina 50)
 
La scelta del tema e la realizzazione
Gericault per la realizzazione di quest’opera si ispirò a un tragico episodio avvenuto nel
1816: il naufragio della nave medusa.
Più di 150 persone rimasero su una zattera per parecchi giorni, fino a quando la nave Argo
riuscì a salvarne solo una quindicina.
Il pittore scelse di ritrarre il momento più drammatico, quando tra i naufraghi ritorna la
speranza illusoria di essere avvistati da una nave all’orizzonte e si protendono per lanciare
segnali di aiuto.
L’intento del pittore non era però ricostruire l’evento in modo fedele, ma imprimergli un
carattere universale.
 
 
 
 
La scelta finale (pagina 51)
Gericault volle rappresentare tutte le sfumature del dolore fisco e dell’angoscia morale (il
padre addolorato per il figlio morto, i moribondi tutti intorno, il gruppo di persone che si
protende verso la nave in balia delle onde).
Per la prime volta le grandi dimensioni del dipinto e lo stile epico venivano utilizzati per
rappresentare le sofferenze della gente comune. La scena si rivela dunque essere una
metafora della lotta dell’uomo contro le avversità e il destino.
 
Il sistema delle diagonali (pagina 51)
La scena è costruita su un insieme di diagonali che convergono verso due apici a formare
due piramidi.
La prima ha il suo vertice sulla cima dell’albero della zattera, la seconda su una camicia
agitata da un naufrago.
Il vento soffia però in direzione opposta e il mare respinge la zattera.
Il dipinto è romantico negli intenti e nei contenuti, mentre sul piano formale ricorda modelli
michelangioleschi, caravaggeschi e classici.
 
EUGENE DELACROIX (pagina 52)
Delacroix è il caposcuola della pittura romantica francese. Il suo carattere romantico si
rivela nella volontà di coinvolgere emotivamente lo spettatore attraverso la dinamicità delle
composizioni, l’inquieto ritmo delle forme, l’espressività dei soggetti, l’uso di colori accesi.
La pittura di Delacoix fu sconvolgente per la sua passionalità e per la capacità di gettare

luce sull’interiorità dell’artista e per la rottura degli schemi tradizionali.


 
La barca di Dante (pagina 52)
Esso è un esplicito riferimento alla “zattera della medusa” per il trattengo dei nudi e la
struttura a piramide.
Il dipinto è romantico non solo a causa della scelta del soggetto preso dal medievale
fantastico, ma soprattutto per l’intensità dell’azione drammatica. Egli infatti intensifica la
scena attraverso le espressioni di sorpresa, orrore e i gesti istintivi dei personaggi.
La scena turbolenta ricorda anche il “giudizio universale” di Michelangelo.
 
Il massacro di Sciò (pagina 52)
Esso racconta un tragico episodio della lotta d’indipendenza del popolo greco contro i turchi
: la distruzione del villaggio di Sciò.
La vivacità fa sentire lo spettatore incluso nella scena, ma il trattamento pittorico della scena

trascende la cronaca e fa dell’opera una rappresentazione della sofferenza dell’uomo.


Il dipinto infrange le le tradizionali regole di prospettiva e simmetria.
Gli elementi paiono disposti in maniera arbitraria, il taglio dei bordi fa sembrare che il
dipinto vada oltre. Su questa strutta dell’immagine domina lo spazio infinito, aperto e
desolato dello sfondo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La morte di Sardanapaolo (pagina 52)
Delacroix affronta un personaggio biblico ma attraverso l’omonima tragedia di Byron.
Per l’artista il mondo della bibbia appariva selvaggio e primordiale, mai egli stravolge i
criteri creando un’opera sensuale e drammatica nella quale una massa di personaggi e
dettagli è organizzata in una fuga prospettica che ha il suo vertice nel volto del protagonista.
Si ha un uso anticonvezionale del colore evidente, mentre le forme si organizzano in modo
fluido e complesso, creando un clima di turbamento.
 
 
 
 
 
L’ARTE DEI SALONS (pagina 55)
Nell’ottocento il Salon di Parigi era la principale esposizione di arte contemporanea della
città.
Prese forma nel settecento (1725) e divenne in pochi decenni importantissimo in tutta
Europa.
All’inizio esso aveva svolgimento biennale, ma a causa del grande successo e della grande
affluenza di pubblico, divenne annuale.
I dipinti venivano esposti per 3 mesi e venivano appesi a copertura totale delle pareti.
Serviva sia ai giovani artisti che per quelli già affermati per far conoscere le proprie opere
ad un largo pubblico.
Anche se i criteri erano molto rigidi e i dipinti dovevano essere esaminati da una giuria.
I canoni dell’istituto erano quelli della pittura accademica e classica, e seguivano il gusto
della classe politica al governo.
Durante la rivoluzione, il Salon si aprì a tutti gli artisti viventi, ma rimase comunque
prevalente l’impostazione classica.
Col romanticismo la politica artistica divenne più aperta e venne apprezzata la
partecipazione di pittori non allineati.
Successivamente il dissenso tra l’orientamento accademico e governativo della giuria e le
nuove tendenze della pittura aumentò sempre di più, fino a che nel 1855 Courbet
protestò con l’allestimento autonomo di una propria mostra, il Pavillon du Réalisme.
Nel 1863, grazie all’intervento di Napoleone III, si decise di dare agli artisti rifiutati dalla
giuria la possibilità di esporre i propri dipinti in una sezione apposita (il Salon des Refusés),
che ottenne addirittura maggior successo del salone vero e proprio.
Il Salon verrà affiancato da polemiche fino a inizio novecento, quando l’evento
andrà esaurendo la sua autorevolezza, sostituito da esposizioni di gruppi anonimi
 
Neoclassicismo e Rococó:
Il Neoclassicismo la fase culminante della cultura generata dall’Illuminismo.
L’arte fu espressa come espressione di armonia e perfezione, considerata modello di
qualità estetica e morale.
Per i pensatori e gli artisti neoclassici, l’arte doveva avere una necessità.
Il recupero settecentesco dell’antico si caratterizzó per una maggiore e approfondita
comprensione degli originali di epoca classica. Roma, fu la tappa irrinunciabile per la
formazione di un artista. 
‘’È Roma la grande scuola di tutto il mondo’’, disse Winclemann.
Le sue idee estetiche di concentrano in tre concetti:
•bellezza ideale, in quanto il bello è modello ideale di perfezione, puro. La bellezza, si
ottiene operando in sintesi superiore dei singoli aspetti del bello presenti in natura, cioè
ne deriva un’immagine mentale che origina dalla realtà.
•imitazione, in quanto l’arte greca è vista come modello di bellezza superiore da imitare,
e proprio per questo l’imitazione da un lato impegna le più elevate facoltà di selezione,
dall’altro presuppone anche grandi capacità di invenzione.
•nobile semplicità e ‘quieta grandezza’, in quanto il principio dell’arte antica è visto
da Wincklemann in due caratteristiche: nobile semplicità e quieta grandezza, cioè un
ideale di perfezione estetica i cui caratteri fondamentali sono la dignità, la grazia,
la serenitá, la compostezza (che attraverso la forma, sacrifica i tratti troppo espressivi).
 
La pittura neoclassica e Jacques-Louis David: 
Il Neoclassicismo ebbe un carattere omogeneo. La nuova aspirazione etica si tradusse
nella brillantezza dei colori e sugli effetti illusionistici in favore di uno stile severo e
sobrio che mirava alla chiarezza e alla purezza di sapore arcaico. 
Si privilegiavano il disegno lineare, le stesure piatte di colori chiari e tendenti ai toni
primari. Per quanto riguarda il piano compositivo, si optava sulla veduta frontale e
schemi prospettici semplici. 
Jacques-Louis David:
Dopo una lunga esperienza rococó, David soggiornó a Roma dove venne a contatto con
l’arte italiana del rinascimento e con la scultura antica, mantenendo però quel rigore e la
nitidezza formale che sono alla base del suo classicismo.
Il giuramento degli Orazi:
Dipinto da David: sul piano formale il linguaggio è forte è coinciso: un’intensa luce
laterale illumina la scena, i colori brillanti hanno una stesura compatta che procede per
contrasti tra rosso e bianco, tinte fredde e calde, con poche sfumature, e i vuoti si
alternano ai pieni.
Anche la composizione è limpida ed essenziale: l’ambiente è uno scarno atrio cubico
ottenuto mediante una prospettiva centralizzata. Le figure si collocano sotto la linea
d’orizzonte disponendosi per gruppi, mentre la triplice arcata di fondo, sottolinea la
tripartizione logica dei personaggi (i figli, il padre, le donne).
Il punto focale del quadro sono le mani dei figli protese verso quelle del padre. La
chiarezza e la composizione è rafforzata tra la disperazione delle donne e le volontà delle
figure maschili. In tal modo il quadro mette in scena un mondo antico di passioni
semplici, di idealismo e di moralità fondata sulla fede nella ragione e nei diritti
dell’individuo: i tre uomini sono disposti a sacrificare quanto hanno di più caro, i parenti
e se stessi, per la volontà generale. 
La morte di Marat:
È un quadro simbolo della Rivoluzione Francese ed è uno dei capolavori di David. 
Rappresenta l’assassino di Marat, uomo politico tra i protagonisti della rivoluzione.
La scena è organizzata in maniera geometrica; la luce proveniente dall’alto a sinistra
crea armonia e contrasti tra i colori caldi con cui è dipinto il quadro, accentuando la
realtà delle cose. Il fondo oscuro del dipinto fa sembrare che il corpo di Marat giace
abbandonato dal nulla.
Il corpo è raffigurato in una nudità eroica, ovvero dentro un lenzuolo. Tutte le tracce di
violenza sono scomparse, e la ferita sul collo è pulita e il sangue basta appena a
macchiare il lenzuolo e l’acqua in cui è immerso: il volto calmo lascia trapelare quasi un
sorriso. Le poche cose presenti nel dipinto, raccontano la dimensione di Marat: la
povertà dell’uomo politico, la sua generosità, la dedizione alla politica attiva e alla
verità.
 
Napoleone nell’arte neoclassica: un’icona del suo tempo
David fu affascinato dalla figura di Napoleone. 
Napoleone valica il Gran San Bernardo, un ritratto idealizzato nel quale si celebra il
condottiero delle grandi virtù militari che calca le orme dei grandi del passato. Il grande
mantello scosso dal vento, il cavallo impennato, il gesto sicuro che indica la destinazione
in un cielo tempestoso, sono tutti elementi che fissano il mito dell’azione fulminea e
titanica. 
Napoleone nel suo studio:
Con Napoleone nel suo studio David offre una diversa immagine di Bonaparte: qui è
ritratto l’uomo di Stato che ha lavorato tutta la notte. Con lo sguardo e i capelli di chi ha
trascorso lunghe ore insonni, Napoleone è vestito come un soldato semplice e posa
davanti allo scrittoio su cui sono accostate carte e libri molto grandi. 
Napoleone come Marte Pacificatore:
Napoleone Bonaparte come Marte Pacificatore rappresentól’imperatore nella figura
mitologica di Marte, il dio della guerra, con in mano il globo sormontato della vittoria:
Napoleone è colui che grazie ai successi militari domina  stabilendo pace e stabilità.
 
La scultura neoclassica:
Nell’estetica neoclassica la scultura occupó un ruolo di primo piano dal momento in cui
in essa venne individuata l’ideale di bellezza greco.
Winckelmann giudicava questa scultura come la forma d’arte più alta in quanto
era l’imitazione di ciò che c’è di più bello, ossia il corpo umano.
Antonio Canova
Protagonista assoluto della scultura europea.
L’opera di Canova si fonda su una riflessione sull’antico e su uno studio dei modelli
classici.
Teseo e il Minotauro:
Il corpo perfetto nelle forme idealizzate esprime al tempo stesso la forza fisica e la quieta
grandezza.
Sul volto, non trapela la furia della lotta, ma solo la tranquillità e la fierezza di chi non
ha ottenuto una difficile vittoria, simbolo dell’affermazione della ragione sulle forze
dell’irrazionalità.
La ricerca della bellezza è intesa da Canova come perseguimento di un ideale
‘moderno’.
Per l’artista la bellezza non significava inseguire un’astratta perfezione ideale, bensì un
processo di mediazione tra ragione e passione che l’arte doveva compiere: il bello non
era pensato fuori da questo mondo, ma calato nella realtà contingente con tutta la varietà
e vitalità delle emozioni espresse in una forma depurata e controllata razionalmente. 
Paolina Bonaparte come Venere vincitrice:
In essa viene raffigurata una donna reale trasformata dall’arte nella dea della bellezza.
Il passaggio graduale dalla posizione orizzontale della parte inferiore del corpo a quella
verticale del busto avviene attraverso uno schema di linee curve, morbide: in alcune parti
il marmo è lavorato in modo da farlo sembrare carne, in altre appare lucido, luminoso,
mentre sulle parti nude del corpo, Canova stese uno strato di cera perché potessero
risultare appena rosate. Il corpo della donna comunica l’emozione della bellezza e della
grazia come ‘’piacevolezza secondo ragione’’.
Le tre grazie:
Rappresentano una sintesi tra l’idea di bellezza, che Canova rappresenta con il gruppo
delle tre grazie.
Le tre figlie di Zeus che accompagnano Venere, rappresentano la castità, la bellezza e
l’amore, e si mostrano abbracciate a formare un leggero movimento circolare a spirale. 
Sono sculture pure, nelle quali il perfetto equilibrio delle forme e la levigatezza degli
incarnati esprimono l’atemporalità della bellezza e l’armonia che regna sulle passioni.
Il monumento funerario per Maria Cristina d’Austria:
Il tema della morte è uno dei più frequentati dal Neoclassicismo.
Il monumento funerario per Maria Cristina d’Austria, raffigura lo snodarsi di un corteo
costituito dalla Pietà, recante l’urna con le ceneri della defunta, seguita da un gruppo di
figure che rappresentano la Beneficienza mentre si dirige lentamente verso la piramide,
il più antico monumento funerario.
Il gruppo allude alle tre età dell’uomo che procedono verso la tomba, cioè verso il
significato ultimo dell’esistenza. 
Al lato opposto della piramide sta il Genio del Dolore appoggiato al leone della fortezza,
mentre sopra la porta, il ritratto di Maria Cristina incorniciato da un serpente che si
morde la coda, simbolo dell’immortalità, sorretto dalla figura della felicità.
Il momento di quest’opera sembra proporsi come un tendere oltre la soglia della vita,
accompagnata dalla tristezza e nostalgia per la luce.
 
Amore e Psiche:
La scultura raffigura il momento in cui il dio Amore restituisce vita con un bacio la
giovane e bellissima psiche, avvolta in un sonno infernale per avere aperto il cofanetto
contenente un po’ della bellezza di Proserpina, dea e regina dell’oltretomba.
L’episodio può essere rappresentata sia come l’amore che unisce il divino al mortale, o
come la celebrazione della giovinezza nella sua innocenza e dell’amore come sentimento
vivificante. 
Struttura e significato simbolico:
Il vuoto assume un valore formale analogo alle parti scolpite. Lo spazio tra le labbra dei
due è il centro focale della composizione. I due corpi sono disposti in diagonale e
formano una struttura piramidale alleggerita da una triangolare formata dalle ali di
Amore. 
Il centro di questa composizione definisce un’altra costruzione geometrica, ovvero il
movimento delle braccia dei due amanti inscritti tra i due archi.
 
Teatro alla Scala:
A Milano l’architettura era dominata da Giuseppe Piermarini, nominato architetto di
Stato.
La sua opera più significativa fu il Teatro alla Scala, che rivela l’attenzione che
l’architetto diede alla funzionalità dell’edificio: ne sono la prova l’organizzazione degli
spazi interni che rispondono a diverse esigenze, quali incontrare un pubblico
vasto eterogeno, la pianta a ferro di cavallo con palchetti a fasce sovrapposte, e la
presenza in facciata della terrazza sostenuta da un avancorpo che permette una zona
riparata per gli spettatori che dovevano salire e scendere dalle carrozze.
 
L’incubo di Johann Heinrich Füssli:
Il quadro è in assoluto il più famoso del pittore: la tela rappresenta la persona che sogna
e il contenuto del sogno. La teatralità della scena è data dal corpo di una donna
violentemente illuminato, che vietava sul letto con la testa e le braccia abbandonate
all’indietro. Seduta accovacciata sopra la donna vi è una brutta creatura, simbolo
dell’incubo, mentre da una cortina si affaccia il muso di un cavallo dalle pupille cieche,
anch’esso simbolo della parola incubo in inglese. 
 
La bagnante di Valpinçon:
Dal punto di vista tematico, presenta un’immagine femminile vista di spalle e con un
turbante che richiama Raffaello della Fornarina, (si definisce nello sfondo grigio di un
ambiente non riconoscibile, attraverso un disegno di grande plasticità e nettezza di
contorno che delinea forme ampie e morbide).
Il corpo presenta un sistema di linee di torsione rese da un uso del colore e dalla luce
sensibile di modulazione chiaroscurale. La forma del disegno e la tonalità coloristica si
integrano: al tono caldo del corpo si contrappone quello freddo della tenda verde e dei
lenzuoli sullo sfondo, la rigidità della tenda invece si contrappone al modellato del
corpo.
La ritrattistica: 
In questi lavori egli unica la precisione realistica e la comprensione psicologica.
Monsieur Bertin:
Ingres in questo ritratto fornisce un’immagine sintetica della società borghese. 
Oltre al definire il volto, il pittore si concentra sui particolari, a partire dalla verruca
sull’occhio destro, all’orologio nel taschino del panciotto, fino al riflesso della finestra
sul bracciale della poltrona.
La luce colpisce il modello da sinistra. 
Lo spazio è occupato dalla figura massiccia dell’uomo, che guarda verso di noi in una
posa di taglio fotografico. 
 
Le pitture chiare e le pitture scure:
Con Goya siamo davanti a una doppia vita: da una parte abbiamo l’uomo ufficiale calato
nella realtà del suo tempo, dall’altra si ha una dimensione privata, isolata e sofferente. 
Questo riflette il motivo per il quale Goya segue due filoni di pittura diversi: una chiara,
legata alla realtà, dai colori luminosi, conforme alla tradizione, aperta al gusto pubblico;
l’altra nera, rivolta all’analisi del profondo e tesa a cogliere le forme
dell’immaginazione. (Al filone scuro appartengono gli album di disegni e le tele sul
tema dell’incubo e della follia, dove un universo di demoni, spettri e streghe, danno
forma ai fantasmi dell’inconscio dell’autore).
Maia desnuda e Maja vestida:
Goya affronta il tema della bellezza femminile presentando due immagini della stessa
donna.
Nella Maya Desnuda, attraverso il richiamo a Tiziano e a Veláquez, Goya intende
rappresentare una Venere la cui bellezza ‘moderna’ è spogliata da ogni significato
sublime, mitologico o arcaizzante. 
Il tema è la sensualità e la vita: la donna nuda, semisdraiata, dallo sguardo diretto, in un
atteggiamento di seduzione, rappresenta un’immagine di vitalità che sfida l la moralità
della Spagna dell’epoca. Lo scandalo suscitato dal primo, porto Goya a fare il secondo,
questa volta vestita ma, ancor più voluttuosa della prima per la ricchezza delle forme, lo
sguardo penetrante, e i raffinati rapporti cromatici.
 
 
Il 3 maggio 1808 o le fucilazioni:
La tela è ispirata a un episodio del 1808 quando, il generale Murat dette l’ordine di
catturare e fucilare i popolani che nelle strade di Madrid si erano ribellati all’invasione
francese.
Per il pittore la guerra è priva di ogni grandezza e idealità, come dimostrano nella tela i
soldati francesi che uccidono in nome dei nobili valori di fraternità, libertà e giustizia.
Il 3 maggio è la rappresentazione di un massacro.
Le figure sono disposte senza soluzione di continuità, quelle delle vittime e dei carnefici
sono ordinate in file oblique parallele fronteggiate tra loro. 
Goya allinea i personaggi e gli elementi del quadro su una serie di assi verticali. 
La drammaticitá della composizione è data dalla contrapposizione tra il gruppo di soldati
e quella dei condannati. Le vittime, ci mostrano i volti, le mani e i corpi ridotti, che
esprimono la paura, l’orrore e la morte. 
I fucilieri sono raffigurati di spalle, senza volto, uguali nelle loro uniformi, tanto da
sembrare più manichini che uomini. 
Il páthos dei contrasti:
I gruppi sono illuminati da una grande lampada che da terra proietta la luce gialla,
facendo risaltare gli elementi più emozionanti della scena. I contrasti cromatici forti, le
opposizioni tra luce e ombra, e le immobilità o il movimento, lasciano esprimere la
drammaticità dell’evento.
La scena è percorsa da tanti sentimenti, dalla paura alla disperazione, fino
all’accettazione del martirio, che spalanca le braccia in segno di crocifissione, mentre la
sua camicia bianca si fa simbolo della purezza del martire. 
 
L’estetica romantica: 
I romantici, sono rivolti a far fuoriuscire la profondità della propria vita interiore e ad
esprimerla nella realizzazione delle opere d’arte. 
L’espressione del proprio monto interiore deve rispondere ai criteri di genuinità e
sincerità. 
Di conseguenza, l’individualità acquista importanza centrale nel fare artistico: invece di
riflettere i valori senza tempo, ogni opera d’arte è unica in quanto manifestazione
dell’esperienza personale dell’artista. 
 

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