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Lezione 5 del 28 Febbraio - Lezione 6 del 1 MARZO

RINASCIMENTO (vedi slide)

Rinascimento Periodo di storia della civiltà che ebbe inizio in Italia con caratteristiche già
abbastanza precise intorno alla metà del 14° sec. e affermatosi nel secolo successivo, caratterizzato
da una fruizione consapevolmente filologica dei classici greci e latini, dal rifiorire delle lettere e
delle arti, della scienza e in genere della cultura e della vita civile e da una concezione filosofica ed
etica più immanente.
Destinato a estendersi successivamente e a differenziarsi nei diversi campi della cultura e dell’arte,
ma con vaste risonanze in ogni settore della vita e dell’attività dell’uomo, il moto rinascimentale
oltrepassò presto i confini dell’Italia per diffondersi negli altri paesi europei.
I suoi limiti cronologici possono fissarsi con buona approssimazione tra la metà circa del Trecento e
la fine del Cinquecento, anche se alcuni studiosi tendono a circoscrivere l’arco cronologico tra il
1400 e il 1550, altri tra il 1492 e il 1600.
La parola R. nasce dopo, è una categoria ottocentesca e può individuare un periodo storico (Italia9,
ha il suo centro una produzione di spicco nell’ambito culturale e artistico.

Abbiamo dei presupposti per queste definizioni.


- Un presupposto dovuto a d’Alambert nell’Enciclopedie, sintetizzando e sistematizzando
concetti elaborati da molto tempo, e ampiamente diffusi nel Settecento, imponeva al mondo
della cultura il termine Rinascimento, inteso come: studio degli antichi, soprattutto dei
Greci, e in connessione con la caduta di Bisanzio; erudizione, lettere, le arti, la filosofia, le
scienze, le tecniche; in antitesi con le tenebre medievali.

- J. Burckhardt, Die Kultur der Renaissance in Italien (1860; trad. it. Di D. Valbusa rivista
dall’autore, 1876). Sdoganato dalla Storia della letteratura italiana I Francesco De Sanctis
1872 ------- Rinascimento libero e laico nel Quattrocento e fino a Raffaello.

- Johan Huizinga, L’autunno del Medioevo, 1919: continuità.

La proposta nuova - dal 1494 a 1595 (vedi manuale)


- Dalla discesa di Carlo VIII in Italia alla morte di Tasso (fine dell’autonomia politica italiana
– morte precoce di un autore che ha vissuto dentro la propria opera non solo le stridenti
contraddizioni politiche del secolo, perdita di autonomia della corte di Ferrara, ma anche
tutte quelle lotte che si creano sul paino religioso, dovute al fatto che dal 1517 quando
Lutero attacca le tesi sulla Chiesa Wurtemberg in poi - abbiamo riforma e controriforma
durante il 500 che innescano cambiamenti culturali e letterale forti, quindi Tasso recepisce
nella sua opera tutto questo, e la sua morte viene scelta a simbolo di un’età che viene
chiamato Rinascimento
- Cultura come reazione alla “ruina”, alla perdita di centralità, alla perdita dell’autonomia
politica.
- Rinascimento come cultura della crisi
Cosa vuol dire?
Non tanto un periodo, come diceva Burckhardt, un periodo storico culturale dove ad essere
decisivo è un linguaggio della cultura soprattutto, un linguaggio di pace, ma al contrario siamo a
una reazione, da parte della cultura nei confronti della crisi politica, è come se il ns Rinascimento
reagisse alla fluida crisi storica che deriva da questo ingresso dei francesi e poi degli altri, e la
cultura ha rappresentato una reazione forte, si perde la centralità politica, ma si acquisisce una
centralità culturale.
Proposta che c’è sul nostro manuale.

CARATTERISTICHE DIROMPENTI (Rinascimento letterario)

- Libro a stampa: in Italia Venezia Manuzio


- Primato della lingua latina si sfalda. Nuovo primato del volgare. Questione della lingua.
- Classicismo volgare: cfr. Prose della volgar lingua ---------- imitazione e emulazione
- Frattura del mondo cristiano (1517)
- Non vanno polarizzate le differenze (classicismo vs irregolari) ma unico momento
ricchissimo
- Traduzione: Aristotele primato --------- Traduzione in latino 1548 e poi volgare. Stagione
dei commenti; generi e stili.

Il 500 è il secolo della stampa, inizia in Germania con Guttemberg, e in Italia prende campo con la
tipografia di Aldo Manuzio a Venezia, a lui si deve l’invenzione del corsivo, che viene stampata,
prima si stampava solo in stampatello. L’invenzione della stampa a che fare anche con la necessità
di trovare una lingua comune, dopo la crisi del latino, già nel 400, come lingua universale.
Il nodo linguistico – questione della lingua, si pone come fondamentale a inizio 500. La domanda è
quale è la lingua comune che possiamo trovare per scrivere, non è tanto una questione di lingua
parlata, ma in quale lingua si scrive la letteratura.
Quindi a inizio 500 la vera questione è questa e i maggiori letterati sono impegnati in una risposta e
a uscirne vincente è Pietro Bembo, con le Prose della volgar lingua, e questo libro vince, perchè
non solo propone un modello di lingua volgare, italiana esistente e disponibile a tutti, ma innesta la
questione della lingua su una tradizione che conosciamo e funziona da sempre nella cultura
occidentale, la regola dell’imitazione e dell’emulazione.
Sostanzialmente la vittoria di Bembo porta un meccanismo antico classico dentro una questione di
tipo moderna.
Poi ci sono elementi che non sono letterari, che diventano letterari, come la Riforma e la
Controriforma, che diventa anche una questione letteraria, che viene recepita e detta dalla
letteratura, nasce la scrittura sacra e spirituale, nascono letterature che si pongono come eterodosse (
= di opinione in tutto o in parte contraria a quella imposta o subita dalla maggioranza) dal punto di
vista religioso e da quello formale, e nella storiografia più antica (De Santis) si è tentato sempre
nella letteratura della nostra tradizione una letteratura di serie A e una letteratura di serie B, quindi
la regolare e l’irregolare. Invece la proposta che si fa (manuale) è di sentire tutti i fermenti letterari
allo stesso livello, allo stesso piano.

Abbiamo anche la riscoperta del primato di Aristotele, e la discussione nuova che si intraprende
sulla sua poetica, che viene tradotta in latino, in italiano, viene commentata, un lavoro che occupa
20 anni nel 5000 con molte voci al lavoro, con la conseguenza di dare regole alla letteratura, cosi
come la poetica di A. non era nata per questo motivo, anzi la poetica è un brogliaccio di appunti,
ancor incoerenti, che riguarda l’epica e la tragedia. Però il fatto he A,. parli di questi due generi,
Epica e tragedia divenissero i generi più alti di riferimento della nostra letteratura. E Tasso è
l’autore che consuma nella sua opera la responsabilità di scrivere la prima grande opera epica del
500 con tutte le frizioni dovute alle regole che nel frattempo gli aristotelici avevano pensato.
Questo è un elemento che ha degli echi in Inghilterra, Francia, Germania.
Questa argomentazione aristotelica importante per i generi letterari (500 e 600), non era compreso
da Burckhardt nel sistema rinascimentale, l’equilibrio si sposta con questa proposta di
Rinascimento.
Si passa a un periodo più libero nel fare letteratura a un periodo guidato da regole.

PRIORITÀ PER LO STUDIO DEL RINASCIMENTO ITALIANO LETTERARIO

1. Capire la parabola di Bembo


2. La questione della lingua
3. Il petrarchismo come fenomeno italiano e europeo a partire da Bembo e Sannazzaro
4. I generi: tragedia, commedia, lirica, poema + favola pastorale + poemetti e forme lunghe di
poemetti (terzine modelle atire) + sperimentazioni metrica barbara + prosa per trattati
dialogati (mod. Cicerone, Platone ecc), ecc
5. Primazia dell’epica – genere più importante – poema in ottave – il 500 è il secolo in cui si
scrivono dozzine di poemi in ottave in cui il poeta cerca la fama

PARABOLA DI BEMBO

1501, 1502 edizioni aldine di Petrarca e Dante, su base fisiologica nuova


1505 sistemazione dell’idea neoplatonica di amore (Asolani, dialogo in 3 libri con parti a
prosimetro): nuova edizione 1530
1512-3 polemica con G.P. della Mirandola sulla imitazione (vs docta varietas): De imitatione: chi
imitare? Qui si parla di autori latini
1525 Prose della volgar lingua
1530 e 1548 (postumo) Rime (il classicismo petrarchesco nasce con la canzone
Alma cortese, che dal mondo errante, in morte del fratello Carlo)

L’importanza di Bembo è decisa dalla sua idea vincente di quale possa esser ela lingua per l’italiano
scritto e quindi per letteratura, e quindi poi la dimostrazione pratica che Bembo fa dell’uso di questa
lingua in un canzoniere di rime che pubblica a ridosso delle prose della volgar lingua, dando il via
al PETRARCHISMO. Partiamo da inizio 500 quando Bembo è a Venezia e con Aldo Manuzio
mette a segno un’operazione filologica, derivante da tutta l’attenzione a una filologia prettamente
umanistica. Promuove delle edizioni di Petrarca e di Dante 1501 - 1502, basandosi sul Vaticano
Latino, autografo-idiografo di Petrarca. Tutta la riflessione latina parte da un’attenzione filologica
verso gli autori del 300, perché sono gli unici (400 è secolo diversificato linguisticamente) che
hanno utilizzato e rivendicato l’uso del volgare.
Successivamente si occupa di sistemare l’argomento degli argomenti l’AMORE e lo fa in un
dialogo in tre libri, la cui realtà finzionale viene pensata ad ASOLO alla corte della Cornaro, gli
Asolani, sono questo dialogo in tre libri in cui si ragiona quale sia il perfetto amore. Si parla nei due
libri esordiali dell’amore infelice e dell’amore felice e poi si arriva a una definizione di amore di
tipo neoplatonico.
Tutta quella corte di filosofi che stava intorno a Lorenzo il Magnifico, fino a qualche decennio
prima è molto fitta.
Amore platonico = è un’idea di amore che come diceva Platone e come viene riletto nel 400 è
l’occasione più virtuosa che l’uomo ha di migliorare se stesso, di portarsi verso la perfezione, da
intendersi sempre come vicinanza a Dio, ma anche in un senso laico verso la perfezione umana di
per sé, virtuosa.
Gli ASOLANI, vengono scritti e pubblicati nel 1505 e poi riscritti con una limatura di tipo stilistico
e linguistico nel ’30 proprio vicino alla nascita del suo canzoniere.
Quindi sistema il testo dei grandi classici del 300, che a questo punto sono definiti classici perchè
Bembo applica ad essi lo stesso metodo che si applica a classici come Catullo Cicerone, Virgilio
Orazio cioè l’imitazione. Come si può imparare a scrivere latino? Imitare Cicerone, che non
significa copiare, ma imparare le strutture linguistiche e non solo, imparare anche la struttura
morale, tutto il mono di riferimenti che sta nel mondo di Cicerone e farli propri e restituirli.

Questo pensiero viene messo a fuoco in una polemica che c’è tra il 1512 e 1513 con Pico della
Mirandola che ha un’idea molto diversa d’imitazione, molto vicina a quella di Poliziano, secondo
cui lo scrittore deve imitare fior da fiore i maggior autori, la chiamava la docta varietas. Invece
Bembo promuove una linea molto più chiara, non bisogna imitare fior da fiore secondo la docta
varietas, negli scegliere dei modelli sicuri, certi, unici, i migliori. Questa discussione con Pico della
Mirandola è ancora condotta in latino e su autori latini, Virgilio e Cicerone.
Bembo definisce il suo concetto di imitazione nel De imitatione, che è l’imitazione di modelli
selezionati e non di una varietà di modelli. È questa è la premessa per ciò che poi dirà nelle Prose
della volgar lingua che escono a stampa nel 1525 seguite poi nel 30 nelle Rime e ristampate nel 48
con aggiunte varie.

L’IMITAZIONE REGOLA PER LA SCRITTURA


- Lo scrittore deve porsi in un’ottica di adesione e rifacimento dei testi classici al fine di
interiorizzare lo stile e diventarne poi autonomo creatore.
- Testi classici: sia quelli latini che quelli volgari.
- No alla docta varietas proposta da Pico della Mirandola, ma adozione di pochissimi modelli.
- Imitare è assimilare (metafora del cibo di Petrarca) al punto da far sparire la forma
originaria. Il lessico, le strutture linguistiche, la sintassi…il mondo dei riferimenti culturali
di quegli autori. Se la nostra letteratura è conservatrice perchè si regge di questa
conservazione del sapere costante. L’imitazione fa tesoro del patrimonio culturale.
Assimilazione dei prinncipi culturali ed etici, aspetti fondativi della letteratura
cinquecentesca
- Si tratta di un procedimento formale ma anche etico.

PROSE DELLA VOLGAR LINGUA - 1525


- Dialogo ambientato a Venezia nel 1502
- Interlocutori Ercole Strozzi, Giuliano de’Medici, Federico Fregoso, Carlo Bembo ognuno
portatore di una opzione linguistica.
- Tre libri: 1 e 2 scelta del canone e dello stile, 3 grammatica
- ATTO FONDATIVO DI UNA LINGUA DI UNA LETTERATURA E DI UNA SOCIETÀ

Adozione della formula del trattato, nel 500 che è il dialogo, sulla base dei dialoghi platonici, è in
prosa, è la struttura e la forma della discussione trattattistica, lo fa Bembo, lo fa il Cortigiano, lo fa
Tasso e lo farà anche Galileo Galileo, quando deve discute le questioni scientifiche, in italiano, Il
dialogo sui massimi sistemi.
Il dialogo è la forma di elezione per la trattattistica italiana.
Questo è un dialogo ambientato a Venezia nel 1502, finzione temporale e è una finzione che ci
porta a quel momento veneziano in cui Bembo sta mettendo a segno proprio il testo di Petrarca e
Dante.
Ci sono degli interlocutori e ognuno porta una idea di lingua, tutti ragionano su quale sia la lingua
migliore, e ognuno ragionano in base a un’idea-
Ercole Strozzi----- la sua idea era ritornare al latino
Giuliano de’Medici----- la sua idea era fiorentino contemporaneo (idea che persegue Macchiavelli)
Federico Fregoso (genovese esule per tutto il 400, in simpatia per le corti lombarde, eletti a grandi
interlocutori culturali – esperto di lingua medievale e provenzale)--------la sua idea era lingua
medievale provenzale.
Carlo Bembo, fratello di Bembo, che morirà nel 1505, che qui Bembo fa rivivere, spostando anche
pe questo motivo il dialogo ----- e porta ovviamente sul tavolo l’idea di lingua di Pietro Bembo che
è molto semplice dal punto di vista delle opzione, la lingua della letteratura e scrittura non può
essere che quella dei grandi di Petrarca per la Poesia, quella di Boccaccio per la prosa, soprattutto
quando è più aulico (introduzione, proemi, cornice del Decameron).
Si aggiunge l’idea di Castiglione, che verrà discussa ampiamente nel Cortigiano, quella di scegliere
una lingua volgare parlata nella corte e soprattutto dalla corte di Roma, corte papale.

Nessuna vince rispetto a Bembo, perché la sua proposta è supportata da un modello scritto.

Quindi l’idea che da li in poi sarà di struttura per la nostra letteratura, è quella di Bembo, ricorrere a
una lingua antica di 200 anni (come se noi ricorressimo a Goldoni). Quondo Bembo fa questa
proposta, non c’era una grammatica della lingua Volgare, ma avendo il libro di Petrarca, dai suoi
testi si riesce a ricreare una grammatica (terzo libro – primo libro di grammatica della nostra
tradizione. Di questo manuale offre anche edizione tascabile, per studiare. Soluzione unica nel suo
genere.
Nella cultura 500esca entra la lingua di P. e B, ma entra anche tutto il loro sistema di valori etici e
spirituali.
CRITERI DELLA LINGUA SCRITTA (vedi manuale)

Quali sono i criteri che Bembo da nel dialogo per arrivare a definire la lingua di P. e B. migliore per
la nostra letteratura.
I criteri sono 4:
1. Elezione = La scelta lessicale

2. Diposizione delle voci = disposizione delle parole – sintassi

3. Convenienza col contenuto = rapporto con la forma e il contenuto che si sceglie. Le forme
importanti possono parlare di argomenti importanti come diceva D.

4. Varietà: gravitas e piacevolezza che bisogna saper modulare = Lo stile che si deve
rapportsre al contenuto, Bebo dice che deve essere vario, deve contenere un principio di
varietà, fare incontrare il grave = parola o contenuto e la piacevolezza = la dulcedo,
piacevolezza, vaga e che contenga contenuti conformi. Secondo B. lo stile perfetto è quello
che unisce questi due elementi gravità + piacevolezza.

Dati questi criteri Bembo arriva a definire P e B come i migliori modelli a cui riferirsi, proprio
perché sono stati gli autori più alti dell’uso della lingua, quindi inducono, spronano gli autori
500eschi a utilizzare la stessa lingua, non in latino o nelle varianti locali della lingua.
Dopo petrarca e Boccaccio a scritto a questi livelli e ritiene che gli autori di fine 400 e 500

Il latino che si è purificato e è arrivato a forme mai più usate, invece la lingua volgare è rimasto
fermo. Sprona gli scrittori italiani a scrivere in volgare perché è la lingua con cui pensiamo,
utilizziamo la lingua con cui parliamo. E P. e B. l’hanno scritta meglio quindi occorre riferirsi a
loro.

Leggere slide scritte da Bembo - Prose della volgar lingua II


Ma perciò….. (slide)
Prima dobbiamo scegliere cosa vogliamo scrivere, poi scegliere le parole giuste e poi bisogna
metterle in un certo ordine (disposizione delle voci) e questo ordine deve essere armonioso.
Qualsiasi argomento si tratta, non bisogna scriverlo tutto con lo stesso stile, perché si deve usare
varietas. Tutto ciò è stato fatto da P. in poesia e B. in prosa.
Secondo B. Dante ha il difetto di saziare la pagina e di eleggere con temi bassi con un linguaggio
basso, saziandolo completamente, per questo motivo Dante usa formule gravi senza piacevolezza,
quindi D. è autore è solo grave e solo basso, e non ha varietas, senza piacevolezza. Questo è un
giudizio pesante che comporterà per lungo tempo la dismissione di D. come modello letterario nel
500, Michelangelo invece lo idolatra, è il suo punto di riferimento anche etico e filosofico. Anche la
dismissione di edizione di D. dipende da questo giudizio sulla lingua di D.

La letteratura per Bembo deve essere un mix, di piacevolezza, gravita e una scelta preventiva di
argomenti, che Bembo dirà non si parla di scabbia in letteratura come fa Dante. Taglia fuori dal
concetto di letteratura, che veicola nella nostra tradizione, tutti quegli elementi di realismo di realtà,
che continuano a essere scritti in letteratura, però veniva considerata una letteratura di serie B,
perché trattava la realtà. Per Bembo la letteratura deve essere alta, etica, ma sempre scelta sia nei
temi che nello stile, escludendo tutto il resto.
Il 500 deve essere letto come azione bembiana e petrarchistica, ma anche come reazione a Bembo,
se nasce la letteratura dialettale è dovuto anche a queste scelte di Bembo, perché c’è una reazione
convinta in sede teatrale, poesie prosa, dove il dialetto rivendica invece il suo aggancio con la
realtà, rispetto a quello che la letteratura Bembiana fa.

Quando Ariosto scrive la commedia La Cassaria, scritta in volgare, con soggetto nuovo, mette un
prologo in cui rivendica la capacità della lingua italiana di essere divertente quanto quella latina.

Ariosto lo fa nel teatro e Bembo lo sancisce per tutta la letteratura.

Come conseguenza della scelta linguistica che Bembo promuove abbiamo l’esercizio pratico delle
sue Rime che escono nel 1530, insieme a quelle di Sannazzaro, che sono un documento importante
per il Petrarchismo 500esco.
Quando escono le Rime di B che si propongono come si possa imitare la poesia di Petrarca esce il
libro di Sannazzaro e un insieme di altri libri che provano a promuovere una visione multicentrica
della poesia molto più vivace anche attingendo a tradizioni diverse, come le Rime di Trissino, che
sono una ripresa di antichi metri della Grecia (Pindarismo che poi troviamo nel 600 molto
praticato), troviamo Bernardo Tasso (padre) che inventa di continuo forme metriche tutte diverse da
Petrarca che avranno fortuna a fine 500 e 600. Oppure le opere toscane di Alemanni, che inventa
dei generi poetici che non sono in Petrarca. Il Petrarchismo è vero che c’è è un fenomeno europeo
però bisogna vedere il comparto della lirica del 500 molto più ricco di quello che siamo soliti
vedere.

PETRARCHISMO: I DOCUMENTI FONDATIVI DI UN MOVIMENTO MOSSO


1529 Rime di GG Trissio (aperture al pindarismo e strofi oraziane)
1530 Bembo e Sannazaro
1531-1537 Amori di Bernardo Tasso
1532-1533 Luigi Alemanni, Opere Toscane (elegia, satira, egloga, poemetto…)
1530 e 1548 (postumo) Rime (il classicismo petrarchesco nasce con la canzone Alma cortese, che
dal mondo errante, in morte del fratello Carlo). Palatino 10245 a Vienna.

Il Petrarchismo non è un’imitazione pura di Petrarca, ma è un panorama mosso, in cui all’indubbia


esercitazione sul sonetto che tutti i poeti intraprendono, poi abbiamo l’ingresso delle donne nella
poesia alta, donne che scrivono e libri di poesia, rispetto a questo c’è anche poi da molti poeti di
mettere mano a metriche diverse, nascono le canzonette, poemetti, le strofe di tipo oraziano….
PATRARCA SI o NO

Forma canzoniere: sì ma…poesie di struttura


Lessico sì
Metrica: non tutto: sonetto passepartout, canzone verso le canzonette, madrigale variato verso la
poesia per musica, sestina no, ballata no, aperture a rinnovamenti metrici (alemanni, Tasso B…)
Sbilanciamento verso la gravitas con uso di inarcature (Della Casa)
Pratica sociale condivisa: antologie
Commenti a Petrarca: Vellutello 1525

Sin dalle Rime del 1530 di Bembo cosa si imita veramente si imita di Petrarca, Bembo parte dal
modello petrarchesco pe runa questione linguistica, secondo i criteri, che oggi applichiamo anche
noi, non tutto quello che P. ha rappresentato viene preso a modello. La grande invenzione di P.
secondo cui le poesie vengono disposte con un filo narrativo di senso, un macro testo appunto il
Canzoniere, i poeti del 500 imitano ma non ripetendo la formula di P. scrivere poesie in Vita e in
morte di Laura, questo decade, decade anche l’attenzione all’IO lirico, la centralità del tema poetico
non è garantita, come in P., però certamente i libri di poesia del 500 sono libri che tengono una loro
unità, la macro struttura ‘è, e da P. vengono prelevati quegli elementi che strutturavano il
canzoniere, come il PROEMIO, il sonetto che dice al lettore quello che troverà nel Canzoniere, il
frutto dei pentimenti, l’amore che lo ha distolto dal vero amore verso Dio, questo tipo di Proemi,
scritto dopo ma messo per primo, resta nei canzonieri 55eschi, così come la canzone di chiusura,
che potrebbe esser e rivolta a Maria come in Petrarca, oppure altri riferimenti più o meno sacri.
INIZIO di un amore profano e poi una conclusione verso il pentimento, elemento che troviamo
dentro i canzonieri del 500, dentro il canzoniere ci sono i sonetti celebrativi degli anniversari come
succedeva in Petrarca, quindi elementi di struttura che vengono tenuti.
Sicuramente parendo da una questione linguistica, riconosciamo che il lessico amoroso petrarchesco
troviamo riferito alla poeia del 500,c osì come la sua sintassi, il modello petrarchesco funziona
come modello linguistico. Per quello che riguarda la metrica, abbiano sonetti canzoni, ballate,
madrigali, una sestina, tutto questo panorama non c’è nel 500, perchè la ballata e la sestina
decadono, ma il sonetto diventa un passepartout per trattare diversi argomenti e i generi alti come la
canzone presto vanno a sfumare in generi limitrofi come la canzonetta, il madrigale diventa invece
quello strumento duttile per la poesia per musica, va verso una fruizione diversa associato alla
musica.
Per quello che riguarda le scelte indicate da Bembo, stile vari, incontrare gravitas e piacevolzza, nel
500 i testi vanno verso la gravitas, il sonetto diventa sempre di più una piccola macchina per
ragionare di cose alte, gravi, e anche lo stile per questo motivo muta e lascia quell’armonia propria
della piacevolezza petrarchista, ma va incontro a delle SPEZZATURE o INCARCATURE e noi le
chiamiamo con il termine francese ENJAMBEMENT (ANSCIANDEMATN)

enjambement ‹ãˇ∫ãbmã′› s. m., fr. (propr. «scavalcamento»). – Procedimento stilistico frequente


nella poesia delle lingue sia classiche sia moderne, consistente nel dividere una breve frase, o un
gruppo sintattico intimamente unito (per es., un sostantivo e il suo attributo, il predicato e il
soggetto o il compl. oggetto), tra la fine di un verso e l’inizio del verso successivo, operando così
una legatura metrica che ha lo scopo di rendere più ricco e sostenuto il ritmo dei versi, spec. di
quelli brevi, oppure di dare un rilievo a una parola particolarmente significativa, isolandola; per es.,
i versi del Leopardi (L’infinito) «interminati / spazi di là da quella, e sovrumani / silenzi, e
profondissima quiete / io nel pensier mi fingo». In italiano, sono stati talora usati con lo stesso senso
i termini inarcaturae accavalciamento.

Il maestro di questo di questo stile e intende il sonetto come uno strumento portatore di gravitas, che
ragiona di morte, di solitudine, di preoccupazione… è Giovanni della Casa, che pubblica, esce
postumo, il suo libro di poesia nel 1558, dieci anni dopo l’ultima versione di Bembo (30 - 48),
Giovanni della Casa e Bembo vivono nello stesso periodo, corrispondono, intendono la poesia allo
stesso modo.
Il passaggio di Della Casa è importante perché quindi anni dopo permetterà a Tasso giovane,
appena arrivato aa corte di Ferrara, subito dopo 1565, con il padre Bernardo, consentirà a tasso di
fare una orazione accademica in cui porterà ad esempio i sonetti di Della Casa come possibilità per
il sonetto di essere scritto con lo stile sublime, con lo stile più alto che si possa pensare, stile
deputato all’epica, al poema in ottavo. Tasso dimostra che non c’è una divisione così forte fra i
generi, è il tema che importa, e i temi di Della Casa sono talmente importanti che influiscono anche
sull’uso dello stile, che è uno stile alto, dovuto anche a queste INCARCATURE/
ENJAMBEMENT, sono una strategia di innalzamento dello stile. Possiamo ricordare anche le
poesie di Michelangelo, escono postume, anch’esse contengono gravitas.
Il petrarchismo non è imitazione totale, ma ci sono diverse opzioni, inoltre grazie alla stampa la
poesia che davvero che tutti davvero praticano e tutti partecipi di uno stesso clima che è la civiltà
delle corti, la poesia diventa strumento di condivisione e comunicazione a più livelli, che spesso
viene offerta in antologie, nel 500 c’è chi provvede di allestire queste antologie dei più bei soletti
composti nel nostro tempo, che diventano veicolo di comunicazione e tradizione così importante e
tutto questo si accompagna a una pratica di commento, nascono i commenti a Petrarca che
costituiscono un genere, che non avrà mai fine nel 900 (il più famoso Marco Santagata). Il genere
del commento a Petrarca nasce nel 1525, stessa delle Prose della volgar lingua, con Vellutello che
commenta Petrarca.

Individuiamo i temi e il lessico e la loro disposizione, in poesia la disposizione delle voci, come
diceva Bembo, coincide anche con a collocazione nel verso delle singole parole, e quindi per quanto
riguardo la poesia diventa importante capire se ad esempio queste voci diventano parole rima, cioè
collocate in fondo al verso.

Sonetto sulla donna amata, poi nel 500 avremo anche sonetto sull’uomo amato, perchè abbiamo
delle scrittrici
PETRARCA RVF 77
 
Per mirar Policleto a prova fiso
con gli altri ch’ebber fama di quell’arte
mill’anni, non vedrian la minor parte
de la beltà che m’ave il cor conquiso.

Ma certo il mio Simon fu in paradiso


(onde questa gentil donna si parte),
ivi la vide, et la ritrasse in carte
per far fede qua giú del suo bel viso.

L’opra fu ben di quelle che nel cielo


si ponno imaginar, non qui tra noi,
ove le membra fanno a l’alma velo.

Cortesia fe’; né la potea far poi


che fu disceso a provar caldo et gielo,
et del mortal sentiron gli occhi suoi.

Temi in questo sonetto:


- Tema raffronto con Policleto, artista più grande dell’antichità
- tema della bellezza che appartiene all’originale che poi viene ripetuta anche nell’opera -
tema del doppio (nel 500 si sviluppa sul tema del doppio, il tema del doppio cuore, lo stesso
cuore che palpita per l’innamorato palpita anche per il ritratto, o il cuore che palpita per la
donna, è lo stesso che palpita nel ritrarlo)
- tema della citazione dell’artista Simone
- tema del dipingere Laura direttamente in Paradiso dove c’è la sua vera forma
- tema dell’idea che l’arte è nata in cielo, imperfezione del modello terreno rispetto al cielo
- tema che l’arte rappresenta una cortesia fatta all’innamorato e offre un nuovo motivo per
gioire dell’amata, tema della cortesia

Lessino
Arte / parte / parte / arte (citazione artistica poi della carta)
Fiso / conquiso / Paradiso / viso (parte anatomica di laura)
Cielo / velo / gielo
Noi / poi / suoi (riferito agli occhi di Simone Martini – altre parte anatomica)
Nel secondo sonetto, primo e secondo sono un dittico, vedremo che sono dittici i sonetti sia di
Bembo che della Casa, si lavora sul dittico perché Petrarca ha lavorato sul dittico

RVF 78
Quando giunse a Simon l’alto concetto
ch’a mio nome gli pose in man lo stile,
s’avesse dato a l’opera gentile
colla figura voce ed intellecto,

di sospir’ molti mi sgombrava il petto,


che ciò ch’altri à piú caro, a me fan vile:
però che ’n vista ella si mostra humile
promettendomi pace ne l’aspetto.

Ma poi ch’i’ vengo a ragionar co llei, DISCORSO del tacere e dell’ascolto


benignamente assai par che m’ascolte,
se risponder savesse a’ detti miei.

Pigmalïon, quanto lodar ti dêi Chiusa con Pigmalione fa vivere la sua


de l’imagine tua, se mille volte opera d’arte
n’avesti quel ch’i’ sol una vorrei.

Temi in questo sonetto:


- Tema degli affetti che sollecita il ritratto stesso, anche se il ritratto è muto, è un ritratto
potente, promette pace,
- Tema del confronto con il ritratto che promette la pace, il tratto con buono animo sembra
che lo ascolti e finisce con la citazione di Pigmalione.

Lessico
Concetto (il concepire l’idea perfetta del modello) / intellecto /petto / aspetto
Stile (riferimento che l’ekfrasis continua a citare) / gentile / vile / humile (umiltà)

figura voce ed intellecto – quelo che si vede, ma quello chi suppone o auspica che ci possa essere
sospir’ = i sospiri d’amore quelli che sgombrano il petto, consolano e sfogano il petto
Dittico per il ritratto dela donna amata da Bembo, Maria Savorgnan compiuto da Giovanni Bellini
1429-1516).

Pietro Bembo, Rime 1530 3 1538

SONETTO XV.  (XX.)

O imagine mia celeste e pura, imagine = il quadro parola che troviamo nel
Che splendi più che 'l sole agli occhi miei sonetto 78. chi imita prende l’ultima parola
E mi rassembri 'l volto di colei, e la porta all’inizio - celeste = celestiale – sole =
Che scolpita ho nel cor con maggior cura, nel 77 abbiamo caldo et gielo e per variazione
Bembo introduce il tema del sole - occhi miei =
nei 77 e 78 gli occhi di P. non c’è il tema, questa
è una variazione, che però è una variazione
rispetto al 77 “occhi suoi” che sono quelli di
Simone Martini – volto = viso nel 77-
Cor = concetto che l’immagine della donna è
scolpita nel cuore, questo concetto non c’è in P.
ma è un concetto visto nella lirica, immagine
tradizionale.

Credo che 'l mio Bellin con la figura Bellini e Simone 77 sono nella stessa posizione
T'abbia dato il costume anco di lei, Nella seconda quartina P. citava sia l’artista che
Che m'ardi, s'io ti miro, e per te sei il supporto cartaceo su cui è dipinta l’immagine
Freddo smalto, a cui giunse alta ventura. di Laura (viso), invece in Bembo si amplia la
Figura e anche qui c’è il tema del materiale
freddo smalto. Il concetto è che Bellini non ha
impresso solo la figura della donna ma anche il
suo costume = il suo comportamento, perché lo
stesso anche questo ritratto riesce far
innamorare il poeta. Nel ritratto di Bembo, dopo
aver chiamato l’immagine celeste, c’è un
abbassamento al tema più profano
Freddo smalto lo troviamo anche in P.
attribuito al cuore della donna che non ricambia,
qui viene prelevato e attribuito al ritratto, quindi
il ritratto è fatto con i colori del freddo smalto,
in se è un oggetto di forme e colore
Traslitterazione da senso metaforico di petraca
al materiale di cui è fatto il quadro in Bembo

E come donna in vista dolce, umile, Qui abbiamo il tema del ritratto che appare
Ben mostri tu pietà del mio tormento; dolce umile, bel disposta questa e disposta
Poi, se mercè ten prego, non rispondi. mostrare pietà per il tormento del poeta, ma non
risponde ai sospiri e questo tema c’è anche in P.,
siamo in variazione della I terzina del 78 e
anche umile nella II quartina, stesso lessico
disposto leggermente differente.
Stile – vile – humile nel 78
Umile - stile Bembo
Stesso nodo di voci in rima per entrambi i
sonetti.

In questo hai tu di lei men fero stile, Qui riprende le parole in rima di P77
Né spargi sì le mie speranze al vento,
Ch'almen, quand'io ti cerco, non t'ascondi. Questo tema di essere più buono rispetto
all’originale, perché se l’autore lo cerca almeno
lo trova cosa che on succede con la donna che
sfugge ai suoi richiami è un’estensione
/variazione di ciò che dice nel 78 di questa
disillusione che il disegno non risponde alle sue
parole. Qui il tema varia la conclusione di P.,
idea nuova che il ritratto cmq è una
consolazione.
Tutto serve per riattivare la memoria ai sonetti
di Petrarca.

PETRARCA RVF 77
 
Per mirar Policleto a prova fiso
con gli altri ch’ebber fama di quell’arte
mill’anni, non vedrian la minor parte
de la beltà che m’ave il cor conquiso.

Ma certo il mio Simon fu in paradiso


(onde questa gentil donna si parte),
ivi la vide, et la ritrasse in carte
per far fede qua giú del suo bel viso.

L’opra fu ben di quelle che nel cielo


si ponno imaginar, non qui tra noi,
ove le membra fanno a l’alma velo.

Cortesia fe’; né la potea far poi


che fu disceso a provar caldo et gielo,
et del mortal sentiron gli occhi suoi.
Nel secondo sonetto di Bembo è un sonetto che aggiunge degli elementi in variazione, un elenco in
cui esatamente come si faceva nella poesia antica cominciano ad essere evidenziati glie lementi
anatomici di quel viso che hanno fatto innamorare il poeta. Parte il confronto tra il ritratto e
l’originale, Bambo parla direttamente ala ritratto

SONETTO XVI.  (XXI)

Son questi quei begli occhi, in cui mirando Sono questi i begli occhi che guardandoli
senza difesa far perdei me stesso? hanno fatto perder me stesso
È questo quel bel ciglio, a cui sì spesso È questo il bel ciglio (entriamo nel dettaglio)
invan del mio languir mercé dimando? A cui così spesso chiedo pietà del mio sospirare

Son queste quelle chiome, che legando sono questi gli stessi capelli che i hanno legato
vanno il mio cor, sì ch'ei ne more espresso? il cuore
O volto, che mi stai ne l'alma impresso, questa è una variazione su se stesso perché
perch'io viva di me mai sempre in bando, prima ha detto scolpita nel cuore e qui invece
è scolpita ma nell’anima. C’è qualcosa in più
rispetto a P. , una triangolazione dell’immagine
originale – ritratto – immagine scolpita nel
cuore e poi nell’anima

parmi veder ne la tua fronte Amore Mi sembra di vedere Amore sulla tua fronte
tener suo maggior seggio, e d'una parte sempre ragionando sul volto del ritratto e da una

volar speme, piacer, tema e dolore; parte la speranza, il piacere, il tema, e il dolore

da l'altra, quasi stelle in ciel consparte,


quinci e quindi apparir senno, valore,
bellezza, leggiadria, natura ed arte. e dall’altra la ragione, il valore, la bellezza,
l’eleganza, la natura e l’arte, ma come stelle
sparse nel cielo

Questo ritratto riesce a mostrare tutti questi elementi che sono attributi della donna e degli effetti
della donna.
Ci sono elementi che vengono ripresi dai sonetti di P.
Questa invenzione della descrizione è qualcosa che B. mutua fortemente da P. e fa riferimento ad
altri sonetti come 85.
Elementi mutuati da Petrarca e li mette al servizio del ritratto.
Consparte anche questo da petrarca -. Innesca la rima parte coparte arte - prelevato dal sonetto
77 dove la prima quartina ha come tema centrale arte parte
Il dittico di Bembo finisce laddove quello di petrarca cominciava -. Discorso di circolarità.
Imitazione -. Prelevare il lessico nello stesso contesto assomarci altri prelievi di altri sonetti P e
metterli a sevizio di un’opera d’arte cin cui si citano supporti e materiali come faceva P e D e gli
effetti che questo ritratto comporta. Vengono meno gli elementi divini platonici, viene solo citato
questo celeste ma tutto quello che viene detto del ritratto è a paragone dell’originale, ma non sono
platonici ma va sul terreno dell’amore profano.

RVF 78
Quando giunse a Simon l’alto concetto
ch’a mio nome gli pose in man lo stile,
s’avesse dato a l’opera gentile
colla figura voce ed intellecto,

di sospir’ molti mi sgombrava il petto,


che ciò ch’altri à piú caro, a me fan vile:
però che ’n vista ella si mostra humile
promettendomi pace ne l’aspetto.

Ma poi ch’i’ vengo a ragionar co llei,


benignamente assai par che m’ascolte,
se risponder savesse a’ detti miei.

Pigmalïon, quanto lodar ti dêi


de l’imagine tua, se mille volte
n’avesti quel ch’i’ sol una vorrei.

Gli altri petrarchisti non si dedicano a una sola donna, ma a diverse donne. Se qui c’è questo dittico
è perché P. lo ha messo nel canzoniere, nel momento in cui P. scrive che avere un ritratto della
donna amata è un unicum, che P. di fatto inventa e porta in poesia, invece il ritratto dal vero
dell’amata/o nel 500 è tutt’altro oggetto artistico che si colloca in un contesto pittorico culturale del
tutto differente. Parliamo di ritratti che veramente esistono, molti di questi ritratti li abbiamo invece
e il ritratto di per sé il ritratto artistico funziona esattamente come il sonetto come comunicazione
culturale di tipo cortigiano.
Il ritratto diventa un oggetto di Ekprasis ripetuto per la sua importanza culturale e anche nella
Galeria di Marino c’è una sezione dedicata ai ritratti.

La scelta del lessico/voci e disposizione è fondamentale, il lettore della poesia di Bembo deve
attivare la memoria sull’originale e goderne sul confronto e sulla variazione, perché è così che
funziona l’imitazione pur preservando lo stesso campi di valori, in questo caso di concetto –
concezione dell’arte.
In Bembo non c’è riferimento ad artisti dell’antichità come in P che dice che Simone è riuscito a
superare Policleto e gli altri, in Bembo questo aspetto non c’è. Poi in altri punti li troveremo questi
elementi di competizione e raffronto.
Simone ha catturato un’immagine divina di Laura, mentre in Bembo non c’è questo tema di divinità
a parte celeste (vedi sopra), la concezione platonica viene meno.

GIOVANNI DELLA CASA

Condivide lo stesso linguaggio di Bembo - campione dello stile grave

Canzoniere 1558 - Rime – sonetto XXXIII

Qui il pittore è Tiziano che ha fatto ritratto di Elisabetta Quirini


Circuito di imitazione di Bembo, risponde a Bembo, rinvio consapevole al sonetto di Bembo
Il lessico è sempre lo stesso dove però spiccano delle novità: tema di Febo (apollo) oggetto di un
appello; tema ella meraviglia che troviamo alla fine di questo dittico; Tema NUOVO - 1 terzina
primo sonetto - tema in cui si incammina Tasso e poi Marino dell’interrogativo che il poeta rivolge
a se stesso di come poter fare con la parola, con la poesia a rappresentare quella che dice la parte
interiore di questa straordinaria immagine, l’intimo di questa sublime immagine, la bellezza
dell’animo. C’è l’ingresso dell’elemento di competizione della parola poetica rivelato – TEMA del
come faccio io poeta “oscuro fabbro” rispetto a Tiziano capace di queste opere eccelse.
Tema competizione tra parola e immagine. Il poeta parte già sconfitto, da cui appello a Febo (dio
Apollo) che deve in quanto principe di tutte le muse, che deve sorreggere lo stile del poeta –
Tema dello stile che in Petrarca e Bembo è associato al pittore, qui invece è recuperato da Della
Casa come attributo del poeta pur restando uguale la parola, quindi il lessico è esattamente lo stesso
(occhi / carte / membri / imago /stile /arte. Arte che fa rima con parte come in Petrarca e Bembo e
poi su questa sequenza di rime – parte / arte, comincia questa fila di rime che struttura tutto il
secondo sonetto sparte / parte / comparte / parte / quindi amplifica ancora di più quel binomio di
rime che ha colpito Bembo quando ha scritto il dittico su imitazione di Petrarca e qui Della Casa
amplifica il tutto.
Abbiamo esempi di ENJAMBEMENT.
Il tema del cuore doppio c’è. Il cuore trova doppio conforto. La variazione tra le più importanti è lo
spostamento del ome del pittore, messo subito all’inizio.

Il secondo sonetto è chiaramente una ripresa pressochè letterale di quello di bembo, c’è lo stesso
discorso… prima i capelli, i colori che hanno a che fare con il volto, c’è il tema più di vendetta e
violenza taciuta (le trecce bionde che desidera prendere….), il ciglio, gli occhi, c’è lo stesso elenco
di Bembo rovesciato; la carta viene citata di nuovo e poi ribadisce nella stessa posizione il problema
la questione che ha la poesia di ripetere quello che fa il pittore, il poeta gara con il pittore.
Rispetto a Bembo l’artista riceve un elogio più profondo.

Questo dittico noto a stampa nel 1558 ma noto già prima.


Della Casa ha uno stile poco spezzato
XXXIII
Ben veggo io, Tiziano, in forme nove questo è un ENJAMBEMENT – in forme nove
l’idolo mio, che i begli occhi apre e gira non significa nulla, per capire dobbiamo leggere
in vostre vive carte, e parla e spira il secondo verso
veracemente, e i dolci membri move;
 
e piacemi che ’l cor doppio ritrove questo è un ENJAMBEMENT
il suo conforto, ove talor sospira,
e mentre che l’un volto e l’altro mira,
brama il vero trovar, né sa ben dove.
 
Ma io come potrò l’interna parte questo è un ENJAMBEMENT
formar giamai di questa altera imago,
oscuro fabro a sì chiara opra eletto?
 
Tu Febo (poi ch’Amor men rende vago),
reggi il mio stil, che tanto alto subietto
fia somma gloria a la tua nobil arte.

XXIV
Son queste, Amor, le vaghe trecce bionde,
tra fresche rose e puro latte sparte,
ch’i ‘ preder bramo, e far vendetta in parte
de le piaghe ch’io porto aspre e profonde?

È questo quel bel ciglio, in cui s’asconde


Chi le mie voglie, com’ei vuol, comparte?
Son questi gli occhi, onde ‘l tuo stral si parte?
Né con tal forza uscir potrebbe altronde.

Deh che ‘l bel volto in breve carta ha chiuso?


Cui lo mio stil ritrarre indarno prova:
né in ciò me sol, ma l’arte inseme accuso.

Stiamo a veder la meraviglia nova,


che ‘n Adria il mar produce, e l’antico uso (Venezia dove Tiziano lavora)
di partorir celesti dee rinova.

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