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La sessualità femminile per Krafft

Ebing e Mantegazza.
Negli anni ‘80 dell’800 vengono pubblicati vari studi sulla psicologia collettiva, sul rapporto
uomo/donna, sulla figura sociale femminile, galatei per donne.
Alla fine dell’età vittoriana il pensiero condiviso era che la donna non potesse avere né
l’impulso materno né, tantomeno, quello sessuale.
L’istinto materno si credeva fosse generato dalla natura femminile della donna. L’Impulso
sessuale causato dalla natura maschile dell’uomo.
Per questo si supponeva che ogni donna fosse destinata esclusivamente all’impulso materno
e non avesse desiderio sessuale.
Ciò portava alla conclusione che, se le donne avessero avuto desiderio sessuale, non
avrebbero avuto desiderio materno né voglia di avere figli.
Questa teoria non era scaturita da accurate ricerche scientifiche ma dal giudizio popolare,
dall’opinione comune.
Una figura molto rilevante nel panorama della fine dell’800 fu Richard von Krafft Ebing.
Nacque in una famiglia aristocratica a Mannheim, durante gli anni del liceo visse con il
nonno, famoso avvocato soprannominato “l’ultima speranza dei dannati”. Fu grazie alla sua
influenza che il giovane Ebing sviluppò l’interesse per i comportamenti sessuali deviati dei
criminali e dei pazienti affetti da malattie mentali.
Fu influenzato dalle lezioni dello psichiatra Wilhelm Griesinger (che ispirò anche Theodor
Meynert, professore di Freud.)
Dopo il dottorato lavorò per quattro anni come neurologo e psichiatra nel manicomio di
Illenau. Successivamente aprì una sua clinica e insegnò all’università.
Fu considerato un ottimo professore, tanto da riuscire a mantenere viva l’attenzione degli
studenti per ore. Julius Wagner von Jauregg scriveva al riguardo:
“bisogna vedere quanto era dedicato alla sua materia per
riconoscere che l’insegnamento non era un fardello per lui ma
l’espressione di un nobile impulso.”

È considerato uno dei primi sessuologi, è stata una forte autorità


nel campo della sessuologia e anche della psicologia, ha
influenzato figure come Freud e Jung. Non si sa cosa lo spinse a
scrivere il suo libro, forse il desiderio di spiegare in maniera
scolastica le sue teorie circa le “anomalie e disfunzioni sessuali”.
Nella sua opera “Psychopathis sexualis” del 1886 studia i
comportamenti sessuali deviati con l’intento di dimostrare come le
diverse forme di erotismo non collegate alla procreazione fossero
da imputare a una degenerazione del cervello umano, che ritornava
ai primordi bestiali.
È uno dei primi lavori che studia la sessualità femminile e l’omosessualità. Per scoraggiare i
lettori curiosi e rendere questo testo fruibile solamente a medici, psichiatri e giudici
descrisse e gli atti sessuali in latino. In quel periodo, però, chiunque avesse frequentato il
ginnasio o avesse ricevuto un’educazione religiosa era in grado di leggere quei passaggi.
Inoltre Krafft Ebing non diede istruzioni al suo editore di vendere il libro esclusivamente a
professionisti; chiunque poteva acquistarlo. Il libro fu un successo commerciale; furono
vendute moltissime copie, revisionato e ampliato una dozzina di volte. L’ influenza di questi
scritti ha lasciato molte testimonianze; per esempio, durante il processo che coinvolse Maud
Allan a Londra, l’avvocato d’accusa disse che il comportamento dell’Allan e della sua
cerchia era frutto di atteggiamenti sado-masochistici derivati dalla lettura della Psychopatia
sexualis (e fu proprio in questa sede che vennero per la prima volta impiegati questi due
nuovi termini).
Pur considerandola una parafilia, fin dal 1890 si oppose alla penalizzazione
dell’omosessualità. Fu uno dei primi a firmare la petizione di Hirschfeld che proponeva
l’abolizione del paragrafo 175 del codice legale tedesco che rendeva l’omosessualità
punibile penalmente.
L’opera di Krafft Ebing soddisfò la curiosità nei confronti della sessualità e rese
immaginabile la varietà sessuale. Molti lettori affermarono, attraverso lettere che furono
inserite nelle successive versioni dell’opera, di essersi sentiti sollevati nello scoprire che le
loro tendenze sessuali non erano uniche, che non erano soli.
Inoltre, pubblicando le lettere, Krafft Ebing dava voce a persone che solitamente restavano
inascoltate.
Divenne una celebrità tra l’elite d’Europa.
Lo studioso, inoltre, credeva che la sessualità influenzasse ogni aspetto della vita, anche la
formazione delle religioni.
Inizia il suo libro con una breve storia della sessualità, degna di nota per la sua inclusione di
altre culture e altre religioni nonostante le credesse inferiori rispetto la società occidentale e
cristiana.
Afferma che le donne, una volta trattate solamente come una “proprietà” dell’uomo, durante
il corso della storia, grazie in parte alla cristianità, sono diventate individui a sé stanti, con i
propri diritti e la propria libertà.
Nonostante scriva ciò, dichiara che per quanto riguarda il sesso, uomini e donne devono
comportarsi in modo diverso, questo perché gli uomini hanno forte desiderio sessuale,
mentre le donne, “fisicamente e mentalmente normali“, hanno invece un impulso sessuale
limitato, certamente minore.
Tutto ciò che non rientra in questi parametri è considerato un comportamento deviato.
Tuttavia, Ebing è convinto che sia fondamentale studiare la sessualità femminile tanto
quanto quella maschile, dato che entrambe sono ugualmente importanti per raggiungere una
maggiore comprensione della sessualità e delle malattie mentali.
La sua influenza è incontestabile; egli, infatti, definì come la sessualità dovrebbe essere
studiata. Introdusse termini quali feticismo, sadismo, masochismo ed intuì un elemento che
avrà sviluppi nelle riflessioni successive: nella donna, dice, il “bisogno di amore è più
grande”, e non intende il bisogno fisico quanto il bisogno di essere amata. Si tratta di un
bisogno radicato in ogni essere umano, indipendentemente da distinzioni di genere, età,
cultura o classe sociale. È quella parte della personalità che Jung chiamerà “Anima”, la
parte femminile.
Il bisogno di essere amato si origina nel momento in cui ci si rende consapevoli che una
parte di noi è stata “trasferita” in un’altra persona, per cui l’amore diviene fonte di
debolezza, ci si sente incompleti, privati o spossessati di una parte di sé. Insomma l’amore è
percepito come limitazione o indebolimento dell’ego, che necessita un “ritorno”, un
risarcimento, una dinamica di riequilibrio per ciò di cui si sente di essere stati privati.
Krafft Ebing cita più volte il lavoro di Mantegazza:
quest’ultimo affermava l’inferiorità della donna rispetto
l’uomo poiché questa è meno intelligente, è dominata
dall’“ideologia del sacrificio” ovvero la rinuncia al
presente in previsione di una maggiore compensazione
futura.
Inoltre afferma che la passività della donna è insita nel
suo carattere e non totalmente influenzata dalle norme
comportamentali che la società impone.
“La donna è oggetto di corteggiamento e si comporta
passivamente: ciò deriva dalla sua stessa organizzazione
sessuale e non solamente dalle norme del buon costume
che su questa si fondano.”
Sostiene che il desiderio sessuale della donna è molto
limitato e finalizzato all’ottenimenti dell’amore e alla
creazione di una famiglia.
“Il bisogno di amore è maggiore che nell’uomo,
continuativo anziché episodico, ma l’amore è più
spirituale che sensuale.
Mentre l’uomo ama nell’altro coniuge anzitutto la femmina e in secondo luogo la mamma
dei suoi figli, questa ama in lui anzitutto il padre dei suoi figli e solo secondariamente il
marito. Nella scelta del compagno, la donna guarda piuttosto alle doti morali che fisiche, e
una volta madre, divide il suo amore fra il bambino e il marito.
Di fronte all’amore materno, la sensualità scompare, e negli ulteriori rapporti sessuali la
moglie trova piuttosto che un appagamento dei sensi, una prova dell’amore e dell’affezione
del marito .”
In aggiunta Mantegazza asserisce che la vita della donna dipende dall’amore.
“La donna ama con tutta l’anima. L’amore è per lei la vita stessa, mentre per l’uomo è solo
il godimento della vita. Un amore infelice può soltanto ferire l’uomo, mentre alla donna
costa spesso la vita o almeno la gioia di vivere.” “L’amore è tutta la vita della donna”
Al contempo, e quasi contraddittoriamente, Mantegazza afferma che le donne, coscienti del
loro potere sugli uomini agiscono di conseguenza, manipolandoli: “La violenza dei bisogni
sessuali è causa della debolezza dell’uomo di fronte alla donna, onde questa lo trae in
schiavitù, tanto più facilmente quanto più egli è sensuale” e fa l’esempio del Governo delle
cortigiane di Luigi XIV e Luigi XV.
Con riferimento particolare alla mimica della donna, questi afferma: “L’esperienza,
l’intelligenza, l’educazione hanno insegnato alla donna il valore infinito della suddivisione
del lavoro mimico, e mentre la bambina non fa che strillare, torcendo la bocca, naso e ogni
cosa e facendosi bruttissima; la bella donna vi accarezza con un sorriso pieno di lagrime e in
ogni sorriso depone una promessa di voluttà, come in ogni lagrima attinge una sorgente di
compassione; e con ogni palpitar di muscoli, con ogni carezza di dita, con ogni serpentar di
fianchi, con ogni proterva esposizione di cose belle, che sbucciano come bottoni di rosa da
ogni movimento, vi rinchiude fra le maglie di una rete; che vi darà fra poco legato e
conquiso ai suoi piedi, come prigioniero e come schiavo! E quanti tradimenti in quei baleni
di riso (...); quanto libertinaggio occulto in quei pudori, che sembrano mettere in ordine ciò
che il dolore ha scompigliato; quante frecce lanciate da ogni poro di pelle e da ogni mover
di pupilla, quanto genio di mimica sublime si sprigiona da quel corpicino flessuoso e
grazioso, che affascina e paralizza il grosso corpaccio di un uomo villoso, che osa chiamarsi
il Dio dell’universo ed è in quel momento lo schiavo della mimica femminile!”
Mantegazza crede, inoltre, che “il sesso perfezioni certi gruppi di espressione peculiari a
ciascun sesso; così, mentre l’uomo affina sempre più la mimica della volontà, del comando,
dell’energia; la donna perfeziona all’infinito la grazia insuperabile dei sorrisi e delle
flessuosità assassine dei fianchi“

Il pensiero che sta alla base di tutto è espresso da Mantegazza in Fisiologia dell’amore: “i
sentimenti nell’uomo e nella donna variano non solo in espressione ma anche in intensità.”
L’uomo è più brutale e le sue passioni sono di durata meno lunga rispetto a quelle delle
donne, salvo il caso in cui non siano associate a scopi intellettuali dal carattere più
complicato.
Il sentimento femminile sembra essere più delicato, pieno di riguardo e dotato di gradazioni
estetiche e morali più fini rispetto a quelle dell’uomo. Per di più, nella donna, il sentimento
ha una durata maggiore, anche quando l’oggetto dello stesso presenta una natura banale o
addirittura meschina.
Tra i due regna un’ influenza reciproca atta a conseguire una fine armonia sentimentale
sostenuta anche da una felice comunanza di intenti sessuali. In media si può dire che la
donna abbia maggior scaltrezza, maggior pudore, mentre l’uomo è più cinico e brutale, ma i
due sono equivalenti, si appartengono l’uno all’altro come le due metà di un tutto.”
Emerge dall’esperienza una maggiore predisposizione dell’uomo a soddisfare un bisogno
organico, a differenza della donna, che sente con minore urgenza i bisogni erotici, e presenta
persino una certa predisposizione naturale a privarsi dei piaceri sensuali per il
raggiungimento di più alti sentimenti. È convalidata così, la tesi del maggior ardore
maschile e quella secondo la quale “la donna ama più col cuore che con i sensi”.

Le testimonianze di Krafft Ebing e Mantegazza non devono essere interpretate come


pensieri di folli ma come voci della società in quel momento storico.
In quel periodo c’era una paura collettiva per l’emancipazione femminile e per i disastri che
essa avrebbe comportato.
“Con la donna è molto diverso: se ella è mentalmente sviluppata in modo normale, e ben
allevata/educata, il suo desiderio sessuale è moderato [ristretto]. Se non fosse così l’intero
mondo diventerebbe un bordello e matrimonio e famiglia sarebbero impossibili. È certo che
l’uomo che evita le donne e la donna che cerca gli uomini sono anormali”
La paura di un cambiamento nella società, del sovvertimento dei ruoli considerati “normali”
portavano a stigmatizzare tutto ciò che era diverso, considerato come una minaccia
all’ordine.
Avendo anticipato la situazione presente in quel periodo, abbiamo un’idea di come vennero
accolte, come sconvolsero la società le figure di Salome ed Elettra.(Si deve sottolineare che
queste due figure non vanno lette in chiave positiva, sarebbe anacronistico.)
Le figure di Strauss proprio per la loro seduzione, per il loro atteggiamento “maschile”
(Salome che corteggia l’amato come farebbe un uomo, esaltandone la bocca, i capelli,...) o
per la loro maniacale sete di violenza (Elettra) risultano repellenti, suscitano quello stesso
orrore che fuori della simbologia teatrale gli autori di studi sociali manifestano in questi
anni.
Sia Salome che Elektra sono
proiezioni in senso differente, sono il
segno dei tempi nuovi, preludio alla
emancipazione, per ora solo
aggressiva o provocatoria,
sanguinaria. Entrambe, sia pur in
modi diversi e lontanissimi da
dinamiche civili, nel loro
comportamento cercano un
risarcimento in quanto donne ferite,
private di una parte di loro che
vogliono indietro (anche se nel
sangue).
Salome è una figura perturbante in
quanto vuole ottenere una
soddisfazione sessuale con delle parti
del corpo recise dal suo amante, ma
non sarebbe tanto questo il problema
quanto il fatto che il piacere che vuole procurarsi è senza alcuna intenzione né possibilità
generativa, è la fine della specie, è contro natura.
Salome è dipendente da Giovanni, lo brama così ardentemente che la sua castità viene
corrotta e genera un desiderio di morte, la necessità di distruggere ciò che l’ha corrotta.
Salome perde la sua castità a causa della voce di Giovanni.
Lo sguardo è, prima di ogni altra cosa, insidia. La principessa vuole vedere Giovanni ed
Erode è costretto a pagare a caro prezzo lo sguardo con cui l’ha insidiata tanto a lungo.
Riguardo sguardo e bocca, Mantegazza scriveva: “il pieno possesso di un uomo o di una
donna, si possono avere attraverso il contemporaneo agire degli occhi e della bocca.”
Accanto allo sguardo, dal quale si evince la forza di un uomo, assume rilievo e importanza
la bocca che diviene, a suo avviso, <<il principale organo attraverso cui esprimere la
sessualità umana, e anzi, la vera e propria mimica del cuore, della voluttà e della parola>>
Egli è convinto che: <<Le bellezze d’una bella bocca ci aprono le porte dell’harem, quelle
degli occhi ci spalancano le porte del pensiero, del cuore e dei sensi in una volta sola,
dandoci tutto l’uomo o tutta la donna a nostra discrezione.
Il possesso estetico per via della bocca ci dà mezzo l’uomo, il possesso degli occhi è resa
completa>>.

Cecilia Palazzo

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