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Capitolo 8: Napoleone
Chiusa la parentesi del giacobinismo, il ritorno all’antico regime non è più possibile: si tratta di un periodo di difficile
passaggio, in cui il bisogno di stabilità si collega alla volontà di tenere salde le principali acquisizioni rivoluzionarie. E in
questo contesto che emerge la figura di Napoleone Bonaparte.
La Rivoluzione diventa moderata, ma strutturalmente aggressiva e trova in un giovane ufficiale, Napoleone Bonaparte,
uno strumento strategico e militare di straordinaria efficacia.
La comparsa di Napoleone come protagonista delle guerre sconvolge le strategie belliche; la Francia ottiene un
riconoscimento ufficiale sul piano internazionale con i trattati di pace siglati da Prussia, Olanda e Spagna.
Questo le permette di ridurre la dimensione del fronte nemico, composto da Inghilterra, Austria, Regno di Sardegna e di
Napoli, e di tentare l’aggressione diretta all’Austria.
Napoleone si dimostra uno straordinario condottiero: in un mese sconfigge gli eserciti nemici austro-piemontesi e presto
riesce a conquistare gran parte dell’Italia settentrionale.
Sui vasti spazi conquistati dagli eserciti francesi, Napoleone decide di costruirvi quelle che verranno chiamate
Repubbliche sorelle. Le prime saranno la Repubblica transpadana in Lombardia e la Repubblica cispadana in Emilia,
confluite poi nella Repubblica cisalpina che l’Austria riconosce in cambio dell’annessione di Venezia, ceduta da Bonaparte
agli Asburgo col trattato di Campoformio. Seguiranno la Repubblica ligure, la Repubblica romana, la Repubblica elvetica
(territori svizzeri), la Repubblica partenopea. Gran parte della penisola italiana sarà controllata dalla Francia, dando vita
ad un nuovo fenomeno geopolitico.
Le Costituzioni repubblicane attive nei territori controllati aboliscono i diritti feudali e i titoli nobiliari, sopprimono gli enti
religiosi, incamerano i beni ecclesiastici e riformano il sistema giudiziario.
Queste novità non riservano però alcuna attenzione ai contesti specifici, e spesso non trovano consensi al di là di
circoscritti gruppi intellettuali e politici. Esse realizzano una rivoluzione passiva: i francesi non possono conquistarsi una
legittimità che vada oltre la forza dei loro eserciti; quando gli eserciti si allontanano, nelle repubbliche scoppiano rivolte
popolari intense.
In questo contesto la mossa più brillante dei generali del Direttorio è quella di sfidare l’Inghilterra su un campo lontano,
Napoleone decide di affrontarla attraverso una spedizione militare contro l’Egitto, al fine di assumere il controllo delle
rotte orientali del Mediterraneo, rovinando il traffico inglese con l’India. Ma la flotta di Bonaparte viene velocemente
distrutta da quella inglese. Incoraggiata da questa sconfitta, l’Austria dichiara guerra alla Francia e compone una seconda
coalizione antifrancese, a cui aderiscono l’Inghilterra, la Russia, la Turchia e i Borbone di Napoli. I francesi vengono
ricacciati dentro i loro confini e l’ordine europeo è ripristinato.
Le disfatte militari francesi travolgono il Direttorio da una grave crisi economica ormai segnato dalla corruzione e dai
complotti che si agitano al suo interno; con un colpo di Stato, il Direttorio viene sciolto e la Francia ha un nuovo esecutivo.
Appena dopo entra in vigore la Costituzione dell’anno VIII che sancisce una riduzione dell’elettorato e una forte
concentrazione di potere nell’esecutivo, affidato ad un Consolato composto da tre uomini, fra cui Napoleone Bonaparte
proclamato primo console; egli gestisce il potere esecutivo e gode del diritto di proporre leggi, mentre gli altri due consoli
svolgono una funzione consultiva.
L’esercito è uno degli strumenti principali del successo napoleonico: addestrato a una guerra di movimento rapidissima
che giochi sull’effetto a sorpresa, è composto da uomini reclutati attraverso la coscrizione obbligatoria e la leva di massa.
Napoleone ricava un prestigio e un peso simbolico che riversa sulla propria figura e sulla patria francese nata dalla
Rivoluzione.
Sotto la spinta di Napoleone e sotto il suo diretto comando, gli eserciti francesi tornano ad attraversare le Alpi. Sconfitti gli
austriaci, Bonaparte assume nuovamente il controllo dell’Italia centro-settentrionale e costringe l’Austria a ribadire con
un trattato i termini di Campoformio; restaura la Repubblica cisalpina che chiama Repubblica italiana e che cinque anni
più tardi diventerà Regno d’Italia.
La Francia restituisce l’Egitto all’impero turco-ottomano mentre l’Inghilterra riconosce le conquiste francesi in Europa ma
deve restituire Malta.
Sulla scia di questi eventi, Bonaparte si fa nominare primo console e, con la Costituzione dell’anno X, primo console a vita,
controllando così in forma assoluta il potere politico in Francia.
Il 2 dicembre 1804, al cospetto di Papa Pio VII, Napoleone si incorona imperatore dei francesi nella cattedrale di Notre-
Dame, giurando di rispettare le grandi conquiste della Rivoluzione e i principi di libertà e uguaglianza.
Autoritario e plebiscitario al tempo stesso, il regime napoleonico tende a un controllo via via più marcato della società e
alla creazione del consenso organizzata dai vertici dello Stato. Napoleone arriva praticamente ad abolire la libertà di
stampa: il suo potere personale si allarga a dismisura.
Napoleone riorganizza il paese attraverso una fitta e ben strutturata rete burocratica direttamente dipendente dal
governo centrale; sana le finanze pubbliche, impone il ritorno della moneta metallica, fonda la Banca di Francia; introduce
importanti innovazioni nel campo dell’istruzione, istituendo i licei e politecnici. Asseconda la crescita e l’affermazione dei
ceti borghesi e lo sviluppo dell’economia, istituendo elevate tariffe doganali. Permette ai cattolici di riconciliarsi con il
regime, firmando il Concordato con la Santa Sede.
Realizza un’imponente opera di uniformazione legislativa attraverso il Codice civile, con cui salvaguarda l’abolizione dei
diritti feudali e la tutela della libertà civili; vengono sanciti la libertà di iniziativa economica, di lavoro, l’uguaglianza
giuridica e la laicità dello Stato.
L’insieme delle norme napoleoniche costruisce un modello forte e incisivo sul rapporto fra Stato e società. Esso è fondato
su una macchina burocratica centralistica che ha il monopolio assoluto della legge e della forza necessaria per garantire il
rispetto della legge stessa.
Il consolidarsi del regime napoleonico costituisce comunque agli occhi delle altre potenze europee un elemento di
squilibrio che non può passare inosservato.
Nel 1803 l’Inghilterra infligge a Napoleone una dura sconfitta, formando subito dopo la terza coalizione antifrancese con
Austria, Russia, Svezia e Regno di Napoli. La risposta di Napoleone è di concentrare la sua Grande Armata in Germania.
L’Austria è costretta a uscire dalla coalizione e a rinunciare ai territori annessi con il trattato di Campoformio; nel 1806
Napoleone conquista anche il Regno di Napoli. Nello stesso anno in Germania mette fine al Sacro Romano Impero e
istituisce la Confederazione del Reno. Napoleone gioca con l’Europa, montandone e smontandone pezzi, e provocando
ripetutamente la reazione ripetutamente le reazioni.
La Prussia invece, viene sconfitta duramente; Napoleone fa il suo ingresso trionfale a Berlino e lo Stato prussiano viene
smembrato. La sola potenza che sembra forte abbastanza da resistere ai francesi è la Russia, che però una volta sconfitta
decide di allearsi con Napoleone.
Ancora una volta resta l’Inghilterra da neutralizzare. Alla forza delle armi Napoleone decide di sostituire una strategia
economica: decreta il blocco continentale, con cui vieta ai sudditi del suo Impero ogni commercio con l’Inghilterra.
L’Inghilterra, dal canto suo, risponde alle provocazioni della Francia con un blocco navale.
Il protrarsi dei rispettivi “blocchi” comincia a pesare drammaticamente sulle economie dei paesi coinvolti. La stessa
Inghilterra ne risente molto, ma ciò che Napoleone spera (ovvero il tracollo della sua rivale) non avverrà mai.
Uno dei punti deboli della strategia napoleonica del “blocco” è il Portogallo, che continua ad avere rapporti commerciali
con l’Inghilterra. Alla fine del 1807 la Francia attraversa la Spagna, sua amica, per entrare a Lisbona; ma qualche mese
dopo sarà la stessa Spagna a preoccupare Napoleone.
Infatti nello Stato scoppia una vera e propria guerra di Indipendenza, alimentata dagli inglesi: l’imperatore accorre in
Spagna e vi insedia il fratello Giuseppe; ma gli spagnoli non si piegano e trovano nuove ragioni per la propria lotta nella
decisione di Napoleone di occupare lo Stato Pontificio, facendo prigioniero Papa Pio VII.
Il sentimento antifrancese, nutrito dalle prepotenze commesse, si diffonde e si rafforza.
La percezione di un indebolimento della potenza francese, induce Austria e Inghilterra ad unirsi nella quinta coalizione.
Ma dopo aver subito una grossa sconfitta, l’Austria reputa più proficuo fare di Napoleone un alleato: così diventa uno
Stato satellite della Francia. Si tratta del momento della massima potenza napoleonica.
Delle due rivali, Napoleone è meno preoccupato della Russia, contro la quale decide di sferrare un attacco che prevede
rapido e risolutivo: intraprende allora la campagna di Russia nel giugno del 1812. Le truppe russe, piuttosto che
fronteggiarlo, si ritirano facendo terra bruciata dietro di loro in modo da togliere ogni possibile rifornimento all’Armata
francese; a settembre Napoleone entra a Mosca, trovando una città desolata, data alle fiamme e abbandonata. Ad
ottobre non gli resta che ordinare una ritirata che si rivelerà disastrosa: i francesi devono attraversare in inverno
l’immenso territorio russo, fronteggiando il gelo, la mancanza di viveri, gli improvvisi attacchi dei russi e delle armate
popolari.
Napoleone rientra in Francia con un decimo delle truppe con cui era partito, e al suo ritorno vi trova una situazione
drammatica, con un colpo di Stato appena sventato.
Nel 1813 la Spagna riesce a cacciare i francesi. Inghilterra, Russia, Prussia, Austria e Svezia danno vita alla sesta coalizione.
Napoleone reagisce al nuovo fronte antifrancese e riesce a mettere in piedi un potente esercito; tuttavia verrà duramente
sconfitto a Lipsia. Rendendosi conto di non poter più reagire, l’imperatore abdica il 6 aprile 1814 e sul trono di Francia
sale Luigi XVII, fratello di Luigi XVI. Napoleone viene confinato nell’isola d’Elba.
Dopo qualche mese, però, Bonaparte ritenta disperatamente la sorte: sbarca in Francia provocando la fuga di Luigi XVIII e
della sua corte. E’ un breve ritorno alla gloria, conclusosi dopo cento giorno con la battaglia di Waterloo, durante la quale
le truppe inglesi infliggono a Napoleone e al suo esercito la sconfitta definitiva.
Confinata nella sperduta isola di Sant’Elena sotto sorveglianza inglese, Napoleone muore il 5 maggio 1821.
Intanto, le potenze vincitrici (Russia, Inghilterra, Austria e Prussia) cercano di risolvere i problemi lasciati da Napoleone.
Durante il Congresso di Vienna si rimodella la carta geopolitica dell’Europa; in base al principio di legittimità, sul trono di
ciascun regno europeo torna la dinastia che vi regnava prima dell’inizio delle Rivoluzione (1789).
Olanda e Belgio vengono riuniti nel Regno dei Paesi Bassi; gli Stati tedeschi compongono la Confederazione germanica;
Prussia, Austria e Russia ampliano i relativi domini; la penisola italiana ritorna ad essere frammentata; l’Inghilterra
aumenta i propri possedimenti coloniali.
Per garantire la stabilità dell’equilibrio costruito a Vienna, Prussia, Austria e Russia danno vita alla Santa Alleanza,
un’organizzazione sovranazionale cui partecipano anche altre potenze europee, ad eccezione dell’Inghilterra.
Per costruire una fabbrica moderna occorrono ingenti capitali, che vengono forniti dalle banche oppure messi insieme da
più persone riunite in società per azioni o in società collettive di altro tipo. In tal modo la proprietà passa nelle mani di un
capitalista che affida la proprietà a manager aziendali e direttori di stabilimento.
Il processo di sviluppo non è per niente lineare: vi sono frequenti crisi e si susseguono fasi favorevoli a fasi negative come:
un eccessivo ribasso dei prezzi, che porta al fallimento di imprese industriali e degli istituti bancari ad esse collegati.
Il miglioramento è evidente soprattutto nelle grandi città che, mentre crescendo diventando delle vere metropoli, si
dotano di moderni servizi e infrastrutture, come l’illuminazione elettrica e l’elettricità domestica, le condutture idriche e
fognanti, i tram, le ferrovie sotterranee.
Nonostante l’ottimismo generalizzato e gli indubbi risultati raggiunti, lo sviluppo economico e tecnologico manifesta dei
limiti; ma soprattutto provoca nella società una serie di squilibri: settoriali, territoriali, sociali che sono fonte instabilità
economica, di conflitti di classe e di accese questioni politiche.
Nel corso del XIX secolo la popolazione cresce in maniera costante, senza l’alternarsi di periodi di ascesa e di declino. Ciò è
dovuto al progressivo declino dei tassi di mortalità e alla presenza di alti livelli di natalità.
Nonostante l’incremento della popolazione urbana, l’Europa resta un continente rurale.
Comincia a diminuire il peso della ricchezza prodotta dall’agricoltura rispetto a quella degli altri settori produttivi: tuttavia
la meccanizzazione dell’agricoltura consente un vertiginoso aumento della produzione del grano.
Ma a causa della sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine, cresce la disoccupazione o sottoccupazione
agricola: molti contadini sono costretti ad abbandonare le campagne per cercare lavoro altrove. Una parte dei contadini si
sposta in città, mentre un’altra parte decide di emigrare verso l’America, l’Australia o la Nuova Zelanda.
Questi fenomeni portano allo spopolamento delle campagne: ciò aggrava ulteriormente la situazione dei proprietari
rimasti. Così, mentre i proprietari chiedono la protezione delle loro produzioni, i braccianti si organizzano in sindacati e
lottano per ottenere un salario maggiore. Di conseguenza, nelle città industrializzate la popolazione aumenta.
Gli operai, riconoscendosi come “corpo comune”, possono rivendicare i propri diritti.
Forti dell’appoggio dei sindacati, i lavoratori organizzano con sempre maggior frequenza scioperi e dimostrazioni: i
conflitti si inaspriscono e si concludono spesso in tragedia. Ciò accade a Chicago il 1° maggio 1886, quando molti operai
innocenti verranno condannati a morte dopo una giornata di scontri; dal 1890 il 1° maggio sarà scelto come giorno di
commemorazione e festa per tutti i lavoratori del mondo. Ben presto però ci si accorge che il mercato e la libera
concorrenza, lasciati a se stessi, non determinano progresso e sviluppo.
Nel 1837 una crisi finanziaria scoppiata alla Borsa di Vienna si propaga a tutte le maggiori piazze europee e statunitensi,
invertendo bruscamente la tendenza alla crescita dell’economia internazionale. Ha inizio un periodo di recessione
economica definito “Grande Depressione” che durerà fino al 1896 e sarà caratterizzato da un generale calo dei prezzi,
soprattutto dei prodotti agricoli.
La crisi e la ricerca di misure per arginarla accendono il confronto fra liberisti, sostenitori del libero scambio, e
protezionisti, coloro cioè che teorizzano la necessità per gli Stati di difendere le nascenti industrie dagli effetti della
concorrenza estera.
Il ruolo dello Stato nella promozione dello sviluppo industriale è fondamentale in Russia e Italia, paesi che intraprendono
il processo di industrializzazione negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo e nei primi del ventesimo. Nonostante le
notevoli diversità delle rispettive strutture economiche, in Russia e in Italia l’intervento statale è reso necessario dalla
limitata disponibilità di capitali privati e dal fatto che entrambi i paesi cominciano a dotarsi di strutture di tipo industriale
negli anni della Grande Depressione.
In Russia, lo zar Alessandro II decreta l’abolizione della servitù della gleba e vara una riforma agraria che prevede la
distribuzione di terre ai contadini liberati, che non dà i risultati auspicati. Ai contadini vengono dati territori in condizioni
disastrose, ridotti alla fame e sono costretti ad abbandonare le campagne per lavorare nelle fabbriche in città.
Al momento dell’unificazione nazionale nel 1861, l’Italia presenta un apparato produttivo arretrato. La Destra storica
mette in atto politiche di tipo liberistico: vengono perciò estese a tutto il territorio nazionale le tariffe doganali. 7
Tale misura favorisce le esportazioni di agricole, ma mette in gravissime difficoltà tutto il sistema industriale.
Tra 1873 e 1888 ha luogo la prima fase dell’industrializzazione italiana: il processo concerne in primo luogo il settore
tessile. Mentre l’industria metallurgica e siderurgica comincia a concentrarsi fra Milano, Torino e Genova.
Dopo alcuni anni di crisi, l’industria italiana riesce approfitta dell’espansione economica internazionale che si apre grazie
all’afflusso di investimenti tedeschi e allo sfruttamento delle risorse idrogeologiche delle Alpi.
Mentre il Nord si arricchisce, il Sud si impoverisce: è in questi anni che si definisce la questione meridionale, che assume
le dimensioni di un problema politico nazionale e arriva ad indebolire la coesione fra gli italiani delle diverse regioni.